Ristorazione & Ospitalità - Amira-Italia

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Ristorazione & Ospitalità All’interno: - Protocollo d’intesa Amira - Istituto Eccelsa - Dopo Covid, Bar e Ristoranti, le 10 regole da rispettare - La Docg Montecucco - I formaggi del Friuli Venezia Giulia - Qual è la differenza tra spumante e Prosecco? Organo ufficiale dell’AMIRA Anno 45 - Numero 5 Associazione Maîtres Italiani Ristoranti e Alberghi Maggio 2021

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Ristorazione & Ospitalità

All’interno:- Protocollo d’intesa Amira - Istituto Eccelsa- Dopo Covid, Bar e Ristoranti, le 10 regole da rispettare- La Docg Montecucco- I formaggi del Friuli Venezia Giulia- Qual è la differenza tra spumante e Prosecco?

Organo ufficiale dell’AMIRA Anno 45 - Numero 5 Associazione Maîtres Italiani Ristoranti e Alberghi Maggio 2021

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Ristorazione& Ospitalità

Anno 45 n° 5Maggio 2021

Rivista di alimentazione,gastronomia, enologia e turismo

EDITORE AMIRAAssociazione Maîtres Italiani

Ristoranti e Alberghi

DIRETTORE RESPONSABILEDiodato Buonora

[email protected]

DIRETTORE EDITORIALEValerio Beltrami

GRAFICA E IMPAGINAZIONEVeronica Gatta

CONTRIBUTI EDITORIALISabrina Abbrunzo, Simone Bartoli, Valerio Beltrami, Diodato Buonora,

Nicola Chielli, Marisa Conte, Marco Contursi, Mario Di Cristina, Alessandro Dini, Giovanni Favuzzi,

Luigi Franchi, Enrik Gjoka, Adriano Guerri, Valentina Iatesta, Rodolfo Introzzi,

Alberto Lupini, Ernesto Molteni, Fabio Pinto, Michele Policelli,

Claudio Recchia, Antonino Reginella, don Beppe de Ruvo, Luca Stroppa.

SITO UFFICIALEwww.amira.it

FILO DIRETTO CON AMIRATel. 02 49458768

dalle 9 alle 12dal lunedì al venerdì

[email protected]@amira.it

REGISTRAZIONE TRIBUNALEn. 16754 del 26 marzo 1977

Sommario

L’EDITORIALE Ricominciamo insieme Mario Di CristinaATTUALITÀ Protocollo d’intesa AMIRA – Istituto Eccelsa - Nicola ChielliATTUALITÀ Si torna al bar e al ristorante. Ecco le 10 regole da rispettare - Alberto LupiniATTUALITÀ L’ospitalità e l’accoglienza dopo Covid Ernesto MolteniATTUALITÀ Covid Italia, i Maîtres italiani: “Riaprire bar e ristoranti in sicurezza, accelerare su vaccini”ATTUALITÀ Coccolare il cliente, la carta vincente in sala Valerio BeltramiATTUALITÀ Non solo tecnica in sala ma rapporti umani Luigi FranchiATTUALITÀ Tutti lo sanno ma pochi lo fanno: servono gestioni diverse fra Sala e Cucina - Enrik GjokaATTUALITÀ “Come affrontare la nuova normalità alberghiera?” Le opinioni di Gianni Filisdeo - Sabrina Abbrunzo

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Sommario

LA STORIA Il Testamento del Tastevin Simone BartoliCULTURA DEL SOMMELIER Qual è la differenza tra spumante e Prosecco? - Luca StroppaLE NOSTRE DOCG Montecucco, una Docg che farà “molta strada” - Adriano GuerriVINI DAL MONDO I vini della Turchia Rodolfo IntrozziIL MAESTRO Il Gran Maestro Alvaro Fantini si racconta... - Claudio RecchiaALLA SCOPERTA DEI NOSTRI FORMAGGI Il Friuli Venezia Giulia Michele PolicelliSTORIE DI BIRRA La Liguria, terra con un’antica storia brassicola - Marisa ContePER SAPERNE DI PIÙ I colori a tavola (1ª parte) Valentina IatestaALIMENTAZIONE E NUTRIZIONE Le differenze tra carni bianche e carni rosse - Giovanni FavuzziA TAVOLA CON IL MAÎTRE La frittata di cipolle Alessandro Dini

“COME COLUI CHE SERVE” (LC 22, 27) Riflessione spirituale don Beppe de RuvoL’ANGOLO BAR “BOULEVARDIER” Fabio PintoDISTINTI SALUMI Dal Molise, la “Signora di Conca Casale” Marco ContursiR. & O. 30 ANNI FA Ristorazione & Ospitalità di maggio 1991 Diodato BuonoraSEZIONE VENETO COLLI EUGANEI Anche l’Amira protagonista alla promozione del Bigolo di Monterosso De.Co. - D. BuonoraA-Z / DiZionArietto Per Gli ADDetti Al ServiZio Di SAlA/BAr 5 / Colazione – Dotazioni di sala, tovagliato Antonino Reginella e Mario Di Cristina

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L’editoriale

Per esprimere il mio pensiero sarò costretto a ripetere quello che è

stato detto e ridetto a proposi-to della maledetta pandemia, del vaccino e della crisi eco-nomica: si muore di virus o di fame? Si apre o non si apre? La speranza per il futuro e la paura del presente si frammi-schiano e ci confondono sem-pre di più. Il pensiero unico in tutto questo resta l’interroga-tivo di come finirà. Milioni di posti di lavoro sono in perico-lo e molte imprese rischiano la chiusura definitiva. Intan-to, in tutto siamo gli ultimi d’Europa. Il nostro è un Pae-se bloccato dalla burocrazia e dalla politica troppo diversi-ficata che rimpalla le respon-sabilità e crea molta confusio-ne. Mi pongo una domanda che sicuramente si saranno posti tutti i miei colleghi che sono abituati ad avere un pia-no “B”: “Come è possibile che tanti scienziati e gli organi preposti si siano fatti trovare così impreparati ad una simi-le emergenza?” È veramente una scoperta amara e crudele!

Sempre in tema di confusione abbiamo assistito e subìto del-le incongruenze del tipo: finta cassa integrazione, falsi risto-ri, negozi per bambini aperti e mercati all’aperto chiusi, ristoranti in autostrada pieni zeppi e ristoranti di città chiu-si, bambini sacrificati a scuo-la e trasporti fuori controllo. Intanto Israele ha ripreso la vita normale, Londra è sulla buona strada e in Spagna arri-vano i turisti che sono impos-sibilitati a venire nel nostro paese. Il tutto a riprova che, come ora sostengono alcuni scienziati, a fermare il virus è il vaccino e non certo le chiu-sure. Intanto, mentre sto scri-vendo, si comincia a parlare di aperture, di spostamento di bilancio e di opere pubbliche. Dal 26 aprile, in zona gialla, si sono aperti tutti i ristoranti che hanno posti all’aperto e si sta programmando di aprire tutto a scaglioni, spingendo la campagna vaccinazione e attenzionando la prevenzione (mascherine, distanziamenti etc.). Lo spostamento di bilan-cio permetterà l’investimento

che procurerà la rapidità del sostegno ai lavoratori e alle imprese. Winston Churchill diceva: “Per migliorare biso-gna cambiare” … ecco il no-stro cambiamento. Il Maître d’Hotel 3.0 si è preparato in questi mesi di inattività. Si è accorto che, oltre al bisogno di empatia e di accoglienza, necessita della conoscenza e dell’uso della tecnica digitale. In pratica, nella professione del maître, l’avere ampliato le tecniche digitali necessari ad una conduzione di ristorazio-ne moderna è il vero valore aggiunto. Le lezioni in dad, i webinar, il flambé web, i menu digitalizzati e l’uso del-le app ne sono la prova. Ades-so, siamo pronti e con tante accortezze finalmente sembra che si torni alla vita. Consi-derando che le imprese non sono tutte multinazionali, oc-corre sin da subito un’oculata e attenta collaborazione, per il bene della professione, tra i maître e gli imprenditori per ricominciare insieme a vivere.

Mario Di CristinaVicepresidente Nazionale

Ricominciamo insieme

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Attualità

Nello splendido scenario della Murgia, circonda-ta dai Trulli, è stato sot-

toscritto ad Alberobello, in data 2 aprile, il protocollo di intesa tra l’A.M.I.RA. (Associazione Maîtres Italiani Ristoranti e Alberghi) e l’I-stituto Eccelsa.L’accordo propone di sviluppare un’intensa e proficua collabora-zione fra 2 contesti di eccellenza sul territorio, che rappresentano rispettivamente l’associazione più rappresentativa dei Maîtres pro-fessionisti in Italia e la scuola di cucina diventata il punto di riferi-mento nel Sud per professionisti ed aspiranti che vogliono quali-ficarsi e specializzarsi nel settore eno-gastronomico.Vale la pena specificare che l’Isti-tuto Eccelsa è accreditato presso la World Association of Chefs’ Socie-ties e riconosciuto fra le 42 scuole di cucina più importanti al mondo, oltre a rappresentare l’agenzia for-mativa regionale della Federazione Italiana Cuochi e palestra ufficiale della Nazionale Italiana Cuochi. Inoltre, si configura in qualità di Organismo Formativa accreditato presso la regione Puglia.Gli obiettivi che si prefigge questo importante accordo stipulato nei giorni scorsi nasce dalla constata-zione che il mondo dell’istruzione scolastica e della formazione pro-fessionale, nel settore dei servizi turistici in generale e con parti-

colare riferimento al mondo del cibo, è destinato a fallire se non tiene conto delle evoluzioni ne-gli ultimi anni: anche nel settore dei servizi turistici di accoglienza e servizio sussiste un divario evi-dente fra quanto richiesto dal mer-cato e quanto offerto dalle figure professionali in uscita dal ciclo di apprendimento pubblico e/o pri-vato.Diventa necessario progettare la formazione delle figure profes-sionali in uscita a partire da quel-le preposte al servizio di sala con “menti” e logiche innovative, oltre ad avvalersi di strumenti didattici ed operativi funzionali allo scopo, nonché di una visione comples-siva del sistema alimentare, che richiede lo sviluppo di logiche di rete ed azioni di sistema sul terri-torio fra soggetti pubblici e/o pri-vati accreditati per qualificare l’of-ferta formativa e generare eventi ed attività mirate. Emerge allora che l’intendimento di partenariato fra l’A.M.I.RA. e l’Istituto ECCELSA parte proprio dalla voglia di contribuire alla di-scussione ed alla costruzione di

una nuova prospettiva per la for-mazione professionale nell’ambito dei servizi nel settore alimentare, per creare figure professionali ade-guate e funzionali a questo percor-so di crescita e collaborazione reci-proca improntata al concetto delle buone prassi.Come ha avuto modo di ribadire il direttore di Eccelsa Nicola Chielli all’atto di sottoscrizione dell’accor-do, con la presenza del fiduciario AMIRA Sezione PUGLIA - BARI Giuseppe D’Elia “... i momenti difficili sono i più propizi per pro-muovere e favorire sinergie comu-ni e sviluppare linee strategiche in grado di fare la differenza sul territorio, oltre a generare modelli formativi improntati all’apprendi-mento trasformativo della perso-na”.Il nostro intendimento è proprio questo: fare della Formazione un principio di crescita costante, con-dividendo nuovi percorsi formati-vi e promuovendo insieme attività per valorizzare il territorio ed ele-vare la professionalità dei servizi nel comparto turistico a partire dall’accoglienza.

Protocollo d’intesa AMIRA – Istituto Eccelsa

di Nicola Chielli

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Attualità

Mentre i politici liti-gano su come ap-plicare il decreto

riaperture che hanno varato in Consiglio dei ministri, sui social impazzano le interpre-tazioni più diverse, in certi casi a seguito dell’intervento di ministri o di leader poli-tici. Cerchiamo di fare quin-di un po’ di ordine per quel che riguarda in particolare il mondo di bar e ristoranti, presentando un sintetico de-calogo di regole base. Il tutto senza dimenticare che ci sono sanzioni per chi non rispetta le norme: da 400 a 1.000 euro, ridotte se il pagamento avvie-ne entro 5 giorni.1 - Chi ha potuto aprire dal 26 aprile? È obbligatorio pre-notare?Tutti i pubblici esercizi in zona gialla hanno riaperto. Si può accedere anche senza la prenotazione (che è consiglia-ta), ma il gestore dovrebbe conservare per 14 giorni i dati dei clienti presenti. Chi ha spazi all’aperto può servire ai tavoli fino alle 22, chi non li ha

può fare solo asporto di cibo e bevande. Per tutti l’asporto è consentito nei bar fino alle 18 e nei ristoranti fino alle 22. Ovviamente vale con gli stessi orari anche il servizio di con-segna a domicilio. Dal 1° giu-gno ci si potrà invece sedere e consumare anche all’inter-no di bar e ristoranti, ma solo dalle 5 alle 18, mentre al mo-mento resta vietata la cena.2 - Se piove, se si deve paga-re il conto o si deve usare il bagno, si può entrare nel lo-cale?No, fino al 1° giugno non è

consentito il servizio al tavolo all’interno. Per pagare ci po-trebbero essere delle eccezioni se il locale non è provvisto di un pos portatile (mantenendo un distanziamento dalla cassa e fra i singoli clienti di almeno un metro), anche se i proto-colli raccomandano il servizio Pos anche all’esterno. Si può invece accedere all’interno per usare i servizi igienici, ma lo possono fare solo i clienti seduti al tavolo all’esterno e muovendosi nel tragitto con la mascherina.3 - Come devono essere posi-

Si torna al bar e al ristorante. Ecco le 10 regole da rispettare

di Alberto LupiniDirettore Italia a Tavola

Dopo la confusione creata dalle polemiche fra i politici sul coprifuoco o i consumi al bancone, ecco una sintesi

di cosa prevedono il decreto riaperture e i protocolli.

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Attualitàzionati i tavoli all’aperto?I tavoli devono essere distan-ziati di almeno un metro fra loro e ad ogni tavolo ci pos-sono stare solo 4 persone (di più se dichiarano di essere conviventi). Il controllo della condizione non è a carico dei gestori, ma potrebbe essere fatta dalle forze dell’ordine. Le regole sono quelle dei pro-tocolli a suo tempo predispo-sti dalla Fipe.4 – Chi deve portare la ma-scherina?Tutto il personale di servizio deve indossare la mascheri-na. I clienti devono indossare sempre la mascherina quan-do sono in piedi e si spostano nel locale, la possono togliere solo se sono seduti.5 – Si può consumare in pie-di o al bancone?No, è vietato. La sommini-strazione di cibo o bevande è consentita solo a clienti sedu-ti al tavolo (o per l’asporto). Non è possibile quindi con-sumare nulla al bancone in piedi, anche se è posizionato all’aperto (il che creerà non poche polemiche negli stabi-limenti balneari…). Resta il dubbio se ci si può “sedere” a un bancone inteso come un tavolo... È ugualmente vieta-to acquistare bevande o cibo d’asporto e consumarlo nei pressi del locale. Nessun as-sembramento o gruppo di movida è permesso. Resta il dubbio su una norma che non è chiara e comunque non vale per i locali in zone di transito,

tipo stazioni e autogrill. Il che fa cadere ogni pretesa scienti-fica di sicurezza...6 - I locali che non hanno giardini o terrazze cosa pos-sono fare?Si possono utilizzare parcheg-gi e marciapiedi, ma servono autorizzazioni del Comune e al momento l’Anci sta lavo-rando ad un protocollo con la Fipe per sveltire le pratiche. La tassa per l’occupazione del suolo pubblico è sospesa fino a giugno, ma è quasi certa una proroga.7 – Da quando scatta il copri-fuoco?Alle 22 scatta il divieto di spo-stamento per chiunque (salvo che per motivi di salute, ur-genza e lavoro, fra cui ovvia-mente il personale di bar e ristoranti che deve sistemare sale e cucine). Una tolleranza di 15 minuti potrebbe essere consentita da alcuni Comuni, come quello di Roma per rien-trare nelle abitazioni per chi è in ritardo. La circolare del mi-nistero degli Interni Viminale ha richiamato prefetti e que-stori al rispetto della norma, esiste un margine in caso di imprevisto giustificato.8 – Si può stare nei bar e nei ristoranti al chiuso degli ho-

tel?Sì, il servizio è consentito (an-che al bancone del bar), ma soltanto per i clienti che al-loggiano nell’hotel e con il di-stanziamento previsto di un metro fra i tavoli.9 – È consentito il servizio a buffet?Si può tornare ad organizzare un servizio al buffet ovunque, ma solo se è gestito dal perso-nale oppure se vengono pro-poste monoporzioni. Il cliente deve stare con la mascherina e mantenere il distanziamen-to.10 – Si possono organizzare eventi, feste o ricevimenti?Al momento il decreto vie-ta ogni evento, e quindi an-che le feste. In pratica, però, in ambienti all’aperto che lo consentono, si potrebbero prenotare più tavoli (tutti da 4 posti), purché le prenotazio-ni non siano fatte dallo stes-so soggetto (non è una norma del decreto, ma una possibile applicazione...). Ovviamente sono vietati stazionamenti in piedi, salvo che si usi la ma-scherina, e non si possono distribuire bomboniere o al-tro. Il servizio deve avveni-re come per qualunque altro cliente, perché in caso di con-trolli e ci fossero problemi, i clienti rischiano multe da 400 a 1.000 euro se non sono rego-larmente seduti al tavolo.

Da: Italia a Tavola

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Attualità

Abituati oramai da anni a seguire la scuola classica dell’accoglienza e del Bon

Ton dove il cliente è considerato un’ospite cui regalare tutta la no-stra umanità e sensibilità oltre alla competenza, quali saranno le pre-rogative nel prossimo futuro dopo Covid?Il nostro obiettivo nel servire bene stava nel saper creare quella pia-cevole atmosfera nella quale l’o-spite si sentiva a proprio agio. Né il prodotto preparato, né la gestio-ne e la bellezza del locale possono esercitare un’influenza così di-retta sull’ospite quanto il servizio e l’accoglienza. Il servizio è una professione artistica legata a tan-ti preliminari, all’organizzazione, all’ordine, dove far valere l’ele-ganza dei propri gesti. Imparare a valutare e osservare gli ospiti nelle loro differenti reazioni ed esigenze, saperli riconoscere assecondando le loro attenzioni con l’obiettivo di raggiungere la massima soddisfa-zione e fidelizzazione. La necessità di saper scoprire al primo momen-to le loro intenzioni e aspettative che sono diverse e vanno sempre interpretate psicologicamente con l’obiettivo di creare quella tipica sensazione di sentirsi un privile-giato. Le varie tecniche di vendita finalizzate nell’intuizione e nel sa-perli orientare con le nostre rac-

comandazioni. I comportamenti attivi dove si raccomandano i no-stri punti di forza e quelli passivi dove si lascia prendere l’iniziativa all’ospite, dove agire vuol dire non ignorare alcun desiderio per la ri-cerca della qualità anche umana.Ora però ci stiamo domandando come si trasformerà in futuro il no-stro settore dopo la pandemia. C’è chi sostiene che ci saranno sostan-ziali cambiamenti nell’organizza-zione e nella fruizione del servizio così come nella stessa professio-nalità di chi lavora. Fondamen-talmente le ipotesi sono due: se il virus sarà sconfitto tutto ritornerà come prima anche perché abbia-mo constatato come le persone non hanno paura, anzi hanno desiderio di uscire e vivere l’ospitalità alber-ghiera piuttosto che i Ristoranti e i Bar. In questo caso la ripresa sem-brerebbe più facile. Se però non riusciamo a sconfiggerlo subito? Se non riusciamo a debellarlo com-pletamente, ma solo in parte? A questo punto allora sì, ci sarà una vera e propria rivoluzione nel no-stro settore. La limitazione dei posti a sedere, degli spazi per evitare gli assembramenti, gli ospiti aspettan-do all’ingresso del locale dove un incaricato li farà entrare dopo ave-re preso loro la temperatura, fatto disinfettare le calzature con tappe-tini appositi, spostandosi all’inter-

no seguendo delle vie forzate per mantenere le distanze, pagamenti effettuati solo con i contactless, ob-bligo di mascherine e disinfezione mani. Muteranno tutte le abitudini e le socialità. A partire dal Ricevi-mento e dal servizio ai piani in un Hotel, ma soprattutto nei Bar e nei Ristoranti, dove diventeremo mae-stri della delivery e del take away organizzato con tecniche di prepa-razione pre-butch e sottovuoto con bicchieri e stoviglie riutilizzabili che ognuno può lavare in casa pro-pria per evitare grandi quantità di rifiuti e diventare quindi più eco-sostenibili. Saranno in previsione un nuovo e differente assetto dei locali e nuove modalità di con-sumo. La vera rivoluzione sarà la quasi assenza di socializzazione e un servizio unitamente all’acco-glienza del tutto diversa, imposta-ta sull’utilizzo di nuove tecnologie che garantiranno il distanziamento sociale e l’igiene. Verranno pur-troppo meno tutte le nostre carat-teristiche e i nostri requisiti appre-si dalla scuola classica in secoli di storia. Il tutto sostituito appunto da nuove forme di tecnologie, di organizzazione e igiene nonché da iter imprenditoriali e manageriali differenti, i quali saranno la chiave vincente, unitamente alla qualità del prodotto offerto, per far ritor-nare gli ospiti nel proprio locale.

L’ospitalità e l’accoglienza dopo Covid

di Ernesto Molteni, Vicepresidente Solidus

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Attualità

(adnkronos) - “Noi chiediamo di riaprire bar e ristoranti, ma di farlo in sicurezza, seguen-do tutti i controlli possibili. E poi serviranno i controlli mi-rati, per evitare dopo di do-ver richiudere per pochissimi che non seguono i protocolli. Non ce lo possiamo permet-tere”. È l’appello al governo che arriva, intervistato da Adnkronos/Labitalia, da Sil-vio Pannace, vicepresidente dell’Amira, storica Associa-zione Maîtres Italiani Risto-ranti ed Alberghi, nata nel 1955 nel ristorante Savini di Milano, e che rappresenta oltre 3.500 professionisti im-pegnati nel turismo e nella ristorazione, in Italia e all’e-stero.Secondo Pannace, quello che è fondamentale “è che si se-guano scrupolosamente tutte le prescrizioni previste dal ministero e dagli organi com-petenti: i contagi sono ancora troppo alti”. “E che ci siano gli adeguati controlli, perché lo scorso anno alla riparten-za tante aziende hanno fatto grossi investimenti per mette-re tutto in regola e poi si sono trovati a dover richiudere per colpa di pochi scellerati che non hanno seguito le norme”,

aggiunge.La situazione per i professio-nisti del comparto, a causa della pandemia, è drammati-ca. “Io sento spesso i fiducia-ri della nostra associazione nelle diverse regioni e la si-tuazione è drammatica: tan-tissimi colleghi -sottolinea Pannace- non hanno ancora ricevuto la cassa integrazione che gli spetta, tantissimi sono disoccupati e percepiscono solo la Naspi. C’è disperazio-ne, specie tra i più giovani. Il governo deve intervenire su-bito con adeguati sostegni, il nostro settore è stato travolto dalla pandemia”.La soluzione per l’associazio-ne Amira sta nei vaccini. “Noi chiediamo -sottolinea Panna-ce- che si velocizzi la campa-gna vaccinale, è la strada per

uscire da questa situazione. Dobbiamo mettere in sicurez-za i più anziani, poi tutto an-drà di conseguenza, e speria-mo che arrivi presto il nostro turno. Ma non chiediamo cor-sie preferenziali. Fino a quan-do non saremo vaccinati, se-guiremo tutte le prescrizioni per lavorare in sicurezza”.E anche con le riaperture è necessario comunque conti-nuare a sostenere i lavoratori del comparto. “Anche se bar e ristoranti riapriranno, non potranno mai avere la stessa forza lavoro precedente alla pandemia, sarà al massimo del 30-50%. E quindi tutti i nostri colleghi e gli altri di-pendenti non devono essere lasciati soli: servono ristori e sostegni veri e subito, non a parole”, conclude.

Covid Italia, i Maîtres italiani: “Riaprire bar e ristoranti in

sicurezza, accelerare su vaccini”

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Attualità

13Maggio 2021 | R & O |

Sono passati 12 mesi, 54 settimane, 365 giorni da marzo 2020, quando nella no-stra vita è arrivato, anzi, si è insedia-

to un ospite indesiderato: il Covid-19. Dopo tutto questo tempo sorge spontanea una ri-flessione. Noi operatori del settore siamo abi-tuati a chiamare cliente chi entra nel nostro locale; io personalmente lo chiamo ospite, per trasmettergli un senso di casa: un po’ come se si stesse ricevendo in famiglia un nostro parente, conoscente o amico... Si fa di tutto per farlo stare bene, per farlo sentire gradito. Così deve essere per un cliente, deve sentirsi un ospite che entra nella nostra casa, nel no-stro hotel, bar o ristorante. L’ospite è lo scopo del nostro lavoro, la persona più importante, la ragione della nostra fortuna, una persona, non una cosa.Non dobbiamo - né possiamo - dimenticare che la prima impressione che l’ospite-cliente riceve inciderà su un suo eventuale ritorno al locale. Potrei perfino dire che un buon piatto, una volta degustato, può essere dimenticato, ma chi ci serve e ci coccola resterà nei nostri ricordi. L’ospite-cliente farà molta attenzione all’ospitalità, la pulizia, la cortesia, la soler-zia: queste sono le nostre armi vincenti... Ri-cordate, un sorriso non ci costa nulla ma da solo è capace di arricchire colui a cui è rivol-to, senza impoverire chi l’ha donato.Dobbiamo imparare a riconoscere i nostri ospiti-clienti: possiamo trovare l’apatico, l’arrabbiato, il difficile, il taciturno, il timido,

l’indeciso, l’abituale, quello di passaggio, il turista, i bambini e molti altri. Ognuno avrà bisogno di un’attenzione particolare, perso-nale. Ricordate, non sappiamo mai chi abbia-mo di fronte, per questo i nostri comporta-menti e savoir-faire saranno fondamentali. La comunicazione e il fare accoglienza ci consen-tono una migliore relazione con i clienti e allo stesso tempo ci possono aiutare a proporre e vendere i nostri prodotti, a gestire eventuali reclami. Tutti dettagli che entrano a far parte dell’arte di non farsi dimenticare. È vero che questa pratica non può essere acquisita da un giorno all’altro, ma sono sicuro che, appena tutto quello che sta succedendo oggi termi-nerà (spero molto presto), riproporla al me-glio sarà fondamentale. Sarà questa la carta vincente che l’ospite-cliente cercherà.

Da Italia a Tavola

Coccolare il cliente, la carta vincente in sala

di Valerio Beltrami

Una volta terminata la fase emergenziale, dovremo tornare in sala e far sentire i nostri clienti come ospiti, come a casa loro.

Comprenderne i bisogni e dar loro attenzioni per farci ricordare.

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Attualità

Non solo tecnica in sala ma rapporti umani

“Il personale di sala è l’ultimo anello della catena che possa tra-

smettere il significato autenti-co di un prodotto o di un piat-to” sono parole pronunciate in un’intervista da Théophile Pourriat, un manager francese della ristorazione che pone l’ac-cento su un problema comune alla ristorazione di ogni parte del mondo: il servizio di sala.Ne abbiamo parlato molte volte, intervistando i grandi maestri di sala che sono presenti nella ristorazione italiana, esempi di come questa professione resta ancora una delle più belle del mondo ristorativo perché ti consente di conoscere il mondo senza allontanarti troppo dalla sede del lavoro: il ristorante.Perché è così? Perché la risto-razione italiana è uno dei prin-cipali motivi di viaggio in Ita-lia, lo è stato fino a prima del Covid, tornerà ad esserlo con forza maggiore alla ripartenza. E quando si ha a che fare con il mondo intero che viene nei ristoranti italiani capita quello che racconta sempre Vincen-zo Donatiello, direttore di sala di Piazza Duomo ad Alba: “le possibilità di incontro e di co-noscenza che ti dà, se fatto bene, sono enormi. Ogni tavolo è un universo di racconti, paro-le, immagini che puoi fare tue, elaborarle, costruirci un viag-gio futuro”.

Basterebbe questo a spostare i ragazzi e le ragazze ad in-traprendere la carriera in sala, eppure non è così. Ancor oggi negli istituti alberghieri il rap-porto tra studenti di cucina e di sala è di quattro a uno.Come risolvere questo dilem-ma che si ripercuoterà inevi-tabilmente entro pochi anni sull’intero sistema della ristora-zione?Risposte che hanno portato verso una soluzione chiara non ce ne sono state tante. Qualche scuola sta individuando dei corsi post-diploma, negli istituti alberghieri qualche docente vo-lenteroso si prende a cuore per-sonalmente il problema, i corsi di formazione vengono fatti ma la massa critica di cui c’è neces-sità vera è ancora molto lontana dall’essere raggiunta. Addirit-tura, oggi i migliori camerieri sembrano essere quelli che han-no intrapreso il mestiere per guadagnare inizialmente qual-che soldo mentre studiavano materie che nulla c’entravano con l’ospitalità. Che sia proprio qui il problema?Il cameriere è una figura che, dagli anni ’50 dove l’istruzione per svolgere questo lavoro era considerata come sufficiente e le qualità principali erano gen-tilezza di animo e cortesia dei modi, pulizia del corpo e pron-tezza di mente, disciplina ed onestà, calma e tolleranza, oggi

vede la cultura come un valore estremamente importante per gestire gli ospiti di una sala. Forse il sistema formativo non ha ancora capito l’importanza di tutto ciò e non fa nulla per elevare la figura del cameriere tra le professioni ambite.Ha ragione Théophile Pourriat nella sua affermazione, ma per poter trasmettere il significato autentico di un prodotto o di un piatto occorrono solide basi di storia, geografia, grandi doti di umanità che solo attraverso la cultura si possono far pro-prie.Occorre ripensare il significa-to dell’atto di ricevere, sono cambiati i clienti dei ristoran-ti e cambieranno ancor di più nel nuovo ordine sociale del post-pandemia, vogliono co-noscere il territorio, i prodotti, non gli interessa più la moda-lità tecnica del servizio ma l’u-manità nei rapporti. Cose che si imparano facendo, ben oltre allo studio che deve essere co-munque rinnovato pensando alle migliaia di persone che un cameriere incontra nella sua vita, ognuna con una lingua diversa, con abitudini e culture diverse. Il mondo intorno. Cosa c’è di più stimolante!

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di Luigi Franchi, Direttore Sala & Cucina

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15Maggio 2021 | R & O |

Attualità

Tutti lo sanno ma pochi lo fanno: servono gestioni diverse

fra Sala e Cucina

La caratteristica fondamentale della risto-razione commerciale è la concomitanza fra produzione (reparto cucina) e vendita

(reparto sala), la quale pone la ristorazione in bilico fra il settore secondario (quello della pro-duzione industriale) e il settore terziario (quello dei servizi).

L’attività economica della nostra società vie-ne solitamente divisa in quattro macro-settori produttivi. Il settore primario comprende tutte le attività di sfruttamento delle risorse e mate-rie prime presenti nell’ambiente. Rientrano nel settore primario l’agricoltura, l’allevamento, la pesca, l’estrazione delle risorse minerarie e lo sfruttamento delle foreste. Il settore seconda-rio si occupa della trasformazione delle materie prime in prodotti finiti o in semilavorati, cioè in prodotti intermedi, che hanno bisogno di ulte-riori fasi di lavorazione per diventare dei pro-dotti finiti. Il settore secondario racchiude tutte le attività industriali e artigianali (siderurgiche, meccaniche, chimiche, tessili, edili, alimentari, ecc.). Il settore terziario riguarda le attività che offrono servizi alle persone, sia quelli destina-ti alla vendita che quelli rivolti alla persona. Il settore terziario include tutte le attività di com-mercializzazione dei beni prodotti dal settore primario e secondario, oltre alle attività di ser-vizi. Per questa ragione possiamo dire che il settore terziario comprende una serie di attività che sono di sussidio e di completamento rispet-

to alle attività del settore primario e di quello secondario. Rientrano nel settore terziario il commercio, i servizi bancari, i trasporti, i servi-zi pubblici (sanità, istruzione, giustizia, difesa, ecc.), i servizi assicurativi, i servizi alla perso-na (parrucchieri, estetisti, ecc.) e il turismo. Il settore quaternario rappresenta un’evoluzio-ne dei servizi del terziario, includendo tutte le attività che utilizzano personale fortemente specializzato, forniscono servizi innovativi e impiegano sistemi di lavoro altamente automa-tizzati e all’avanguardia. Rientrano nel settore quaternario l’innovazione, la ricerca, la con-sulenza, l’informatica e le telecomunicazioni, ovvero quelle attività che determinano il gra-do di sviluppo di un paese e che devono essere scorporate dal settore terziario per permettere di tracciare le prospettive di crescita dell’econo-mia. Le due principali funzioni di un ristorante

di Enrik Gjoka

Spesso ci si dimentica del corretto inquadramento della ristorazione commerciale fra i macro-settori dell’economia:

i cuochi producono e i camerieri vendono. Settore secondario e settore terziario hanno logiche manageriali diverse.

In un ristorante occorre applicarle al meglio entrambe.

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sono:• la lavorazione e preparazio-ne delle pietanze (cucina = re-parto produzione)• e l’erogazione del servizio (sala = reparto di servizio, vendita e assistenza)Essendo la ristorazione uno dei comparti del sistema turi-stico viene classificata come fa-cente parte del settore terziario (quello dei servizi) e, in teoria, dovrebbe essere gestita se-guendo principi manageriali, tecniche amministrativo-con-tabili e strategie di marketing adatti al settore terziario.

Ci terrei a precisare che la cu-cina, essendo un reparto mera-mente produttivo (trasforma le materie prime in prodotti finiti pronti per la vendita/servizio) sfugge a questa classificazione, rientrando nel settore secon-dario. Paradossalmente questo porta che spesso, nella pratica, un’attività ristorativa viene gestita come facente parte al settore secondario. Cerchiamo di afferrare la causa di questa distorsione. Il reparto cucina genera costi, e all’opposto, il reparto sala genera ricavi.

Come conseguenza di un bias cognitivo, ben conosciuto in economia comportamentale (la teoria del pensiero lento vs. pensiero veloce di Daniel Kahneman), avviene che i co-sti generati dalla cucina sono maggiormente tangibili per un imprenditore o un ristoratore dei ricavi generati dalla sala, anche se ambedue partecipano all’allargamento della forbice del profitto.

La formula del profitto (risul-tato della differenza fra i ricavi e i costi) è largamente cono-sciuta, ma tuttavia, la sensibili-tà verso i costi è molto più alta della percettibilità dei ricavi.

Dunque, anche se in teoria un’azienda ristorativa dovreb-be essere gestita come un’at-tività del settore terziario e con logiche di un’azienda di servizi, nella pratica succede che viene gestita con l’ottica di un’azienda facente parte del settore secondario, quello del-la produzione.Sarebbe invece opportuno ge-stire la cucina con le logiche del settore secondario e la sala con le logiche del settore ter-ziario.

Questo non per essere pigno-li nella classificazione dei ma-cro-settori o per essere preci-si dal punto di vista teorico. Sono un appassionato di ra-gionamenti teorici, ma solo quando producono dei risulta-ti concreti nella pratica e non quando sono fini a loro stessi. Come dicevo, sarebbe oppor-tuno gestire i due reparti con le rispettive logiche manageriali e sviluppare una concezione bisistemica sia per produrre risultati migliori dal punto di vista economico sia per au-mentare l’efficienza dei repar-

ti. Considerando queste due funzioni (produzione e servi-zio) come i due pilastri dell’a-zienda ristorativa, così come le due gambe lo sono per il cor-po umano, non si può pensare di correre con una delle due stando fermi con l’altra, ne ri-sentirebbe l’equilibrio. Ciono-nostante, moltissimi ristoratori (ma anche tante scuole alber-ghiere e non solo) considerano il servizio come funzione com-plementare della produzione (lavorazione/preparazione delle pietanze), sottovalutan-do il fatto che la vendita del prodotto, l’assistenza al cliente e soprattutto la fidelizzazione della clientela si svolgono pro-prio durante questo delicato processo. D’altro canto possia-mo tranquillamente afferma-re che, se da un lato i colleghi del reparto cucina si sono dati un bel da fare fra sviluppare nuove metodologie di lavora-zione e innovative tecniche di preparazione, per non parlare dell’alta visibilità che si sono guadagnati nei mass e social media, non altrettanto si può dire dei colleghi del reparto sala.

Diventa essenziale per lo svi-luppo del comparto ristorativo colmare questo gap fra i repar-ti, ed un primo passo in questa direzione sussisterebbe nella migliore comprensione della funzione “servizio” all’interno dell’operatività di un’azienda ristorativa. Buon lavoro.

Da Italia a Tavola

Attualità

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C on i nuovi decre-ti sulle riaperture delle attività, si è

dato il via a una parven-za di ripresa commerciale, ma sempre con grandi re-strizioni e, nel frattempo, attendiamo fiduciosi che riparta velocemente anche il turismo. Come affron-teremo la ripresa del turi-smo? Incontriamo Gianni Filisdeo, CEO di Hotels Revenue, che di strategie commerciali se ne intende e ascoltiamo la sua opinio-ne. “Ciao Gianni, come sarà possibile incrementare il turismo fermo ormai da troppo tempo?” Gianni ri-sponde: «Come ben sappiamo, c’è una forte crisi e nelle città d’arte si osserva un maggiore calo di occupazione del 95%. Le strutture meno sofferenti sono invece quelle nei luoghi di vacanza e soprattutto nel-le località di mare, che hanno visto ridotta la stagionalità ma con punte occupazionali addirittura più marcate in alta stagione». “Ti occupi di consulenza alberghiera, quale ruo-lo ricopri nelle aziende

e quanto è importante?” : «Hotels Revenue è un’azien-da specializzata in consulen-za di revenue management alberghiero che, per la preci-sione, letteralmente significa “gestione dei ricavi”. Il mio compito è di utilizzare le cor-rette strategie commerciali e soprattutto di pricing per le strutture ricettive, occupan-domi della gestione dei ricavi che si possono ottimizzare. Questo è uno dei principa-li motivi per cui credo ci si deve avvalere di un consu-lente». “Quindi, dopo un periodo di buio, diventa ancor più

importante capire come ottenere maggiori rica-vi?”: «Proprio così, ritengo che per le strutture alber-ghiere ed extralberghiere, il “fai da te” non debba più esi-stere e se da questa crisi ab-biamo imparato qualcosa, la prima cosa da comprendere è che ogni figura professionale ha una specializzazione fatta di studi ed esperienze. Il vero imprenditore, se vuole far decollare la propria azienda, deve affidarsi a delle perso-ne con le giuste competenze, perché da solo non potrebbe gestire e controllare troppi ruoli. Si devono cancellare i vecchi schemi per ampliare le vedute, imparando a offrire più servizi e proporre up-sel-ler ai clienti in modo da fide-lizzarli e non spingerli a fare confronti con la concorrenza. In questo caso, il consulen-te lavora per avere un qua-dro completo della valutazio-ne dei costi e come vendere i propri prodotti, dalle camere a tutto il resto. Il mio lavo-ro consiste proprio nel fare un’attenta analisi prelimina-re che serve a monitorare co-stantemente gli andamenti di mercato, al fine di compiere

“Come affrontare la nuova normalità alberghiera?”Le opinioni di Gianni Filisdeo

CEO di Hotels Revenuedi Sabrina Abbrunzo

Attualità

Gianni Filisdeo, CEO di Hotels Revenue

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tutte le manovre correttive per consentire il raggiungi-mento degli obiettivi prefis-sati». “Quindi, affidandosi ai consulenti non si corre il rischio di avere camere invendute?” : «Pianificando il lavoro in modo corretto e con una visione oggettiva di ciò che succede sul mercato turistico, non s’incorre nel rischio di sbagliare i prezzi o renderli spropositati. Questo è il valore aggiunto di Hotels Revenue che, gestendo più strutture, riesce ad avere un quadro completo delle analisi di mercato». “Operate su tutto il terri-torio nazionale?” : «Siamo partiti da Ischia, dove risie-de la nostra sede ma, a oggi, siamo fieri di poter fornire consulenze a molte strutture, che si ritengono soddisfatte, che vanno da Bergamo a Ra-gusa». “Su quale servizio punti per ottenere più ricavi?”: «Io consiglio di rivalutare la ristorazione in albergo, an-che per i clienti esterni. Gli ospiti potrebbero innamorar-si della struttura e ritornarci nuovamente a cena o addirit-tura per le vacanze e in un momento delicato come que-sto, avere un punto di rife-rimento sicuro che rispetti le norme anticovid, diventa un punto a favore per l’azien-da. I clienti eviterebbero di fare lunghe file nei ristoranti esterni, rischiando anche di ricevere un servizio sbaglia-to, pregiudicando così la va-canza e la stessa località. Bi-sogna puntare, però, su una

cucina di livello e rinnovarsi nello stile e nella qualità. È fondamentale affidarsi alla professionalità del maître che cura gli ospiti, offrendo spiegazioni sui piatti e vini da degustare». “Che cosa pensi dell’im-provvisazione?”: «Oggi, non c’è più spazio per chi s’improvvisa e noi di Ho-tels Revenue siamo pronti ad

aiutarli a crescere studiando costantemente gli andamen-ti del mercato, adattando le tecniche di vendita ai nuovi trends insieme alle caratte-ristiche della struttura e al target di riferimento. È così che si crea il business». “La nostra responsabilità nei confronti dei turisti?”: «Dobbiamo farci trovare pronti nell’accoglienza. Non possiamo commettere altri errori, altrimenti si assisterà inevitabilmente al calo della propria brand reputation e di conseguenza anche il reve-nue, poiché questi due valori sono strettamente legati». “Nel ringraziarti Gian-ni, mi piacerebbe che in molti leggessero le tue di-chiarazioni a sostegno dei professionisti e che ne fa-cessero tesoro”: «Grazie a te che, insieme alla redazio-ne, mi avete dato l’opportu-nità di esprimere le mie opi-nioni a favore dello sviluppo dell’ospitalità che, se è fatta bene, offre lavoro a tutti!».

Attualità

Gianni Filisdeo in un evento turistico

Uno degli alberghi ischitani che segue Gianni Filisdeo

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Per quanto dal titolo si pos-sa pensare ad un elogio funebre di uno strumento

ormai inutilizzato, “le Testament du Tastevin, Roy de Pions” del 1488 è il primo documento scritto in cui troviamo la parola Taste-vin. In questo poetico testamen-to la parola Tastevin descrive un uomo dedito alla frequentazione delle osterie. Il primo riferimento ad un oggetto per la degustazio-ne del vino lo abbiamo invece nel 1517 da Maitre Brunet. La parola Tastevin è chiaramente indicati-va del suo ruolo, ma non è l’uni-co termine che viene utilizzato per descrivere tale oggetto. In-fatti, in alcune zone della Francia viene chiamato Tasse a Vin, che significa tazza da vino. Anche se il nome odierno è relativamente recente, il Tastevin non è un’in-venzione francese. In Grecia esi-steva il Kyathos, strumento che già a prima vista ricorda il mo-derno Tastevin. Altro indizio che queste coppe di terracotta fossero dedicate all’assaggio è il fatto che, avendo un bordo molto basso, potevano contenere una quantità limitata di liquido e quindi erano poco adatte per bere. Inoltre, gli scavi archeologici documentano il loro ritrovamento in aree dedi-cate alla coltivazione della vite. Nel corso dei secoli anche i ma-teriali sono stati tra i più dispa-rati, dalla terracotta ed il legno dell’antica Grecia siamo arrivati

alla ceramica, ai metalli e al più pregiato argento. Ed è proprio il Tastevin in argento che riempie adesso la nostra memoria col-lettiva, divenuto ormai simbolo di conoscenza e competenza sul vino ed utilizzato da varie asso-ciazioni di Sommellerie in Italia e nel mondo come emblema. Il Tastevin in realtà non nasce come medaglia al valore da sfog-giare su elegantissimi smoking, ma come strumento nelle mani sporche di terra dei vignaioli per assaggiare l’evoluzione del vino in fermentazione e affinamento. Cresce nelle polverose tasche dei mercanti che lo utilizzavano per valutare e dare un prezzo al vino che compravano e vendevano. Con il tempo, l’utilizzo di mate-riali sempre più pregiati e una la-vorazione sempre più raffinata, i Tastevin entrarono a far parte degli oggetti di valore delle fa-miglie nobili e abbienti. Anche se non la si può definire una vera e propria decorazione, spesso tro-viamo inciso sulle pareti esterne un nome e una data. Si tratta del nome di chi ha commissionato il tastevin al maestro orafo, al qua-le si aggiungevano quelli degli

eredi, divenendo in alcuni casi un vero albero genealogico. Ed è qui che da strumento il tastevin diviene ornamento nelle vetrine dei nobili francesi. Per quanto ri-guarda le forme, sarà opportuno fare alcuni chiarimenti perché le informazioni che troviamo su internet sono le medesime che rimbalzano da una parte all’altra e sono errate. In particolare, si evidenziano due tipi di tastevin in base all’impugnatura, mentre in realtà le tipologie sono molte di più e si distinguono per for-ma, decorazione e per l’assenza o meno di impugnatura. Queste tipologie sono legate ad aree ge-ografiche molto conosciute per la loro vocazione vinicola. Spesso nelle zone confinanti troviamo Tastevin con particolarità uniche e promiscue. Per fare chiarezza, le due tipologie più diffuse sono il Tastevin di Borgogna, che è il classico tastevin che usano i som-melier oggi e il Tasse a Vin Bor-dolese che invece non ha impu-gnatura e che può essere legato tramite una cordicella sulla sua base. Le tipologie sono molte al-tre fino a raggiungere dei livelli decorativi che rendono questi oggetti delle vere opere d’arte. Nel caso qualcuno volesse fare degli approfondimenti in mate-ria, gli unici volumi interamente dedicati al Tastevin sono: “Il Te-stamento del Tastevin” e “Le ta-stevin à travers les siècles”.

La storia

Il Testamento del Tastevin

di Simone Bartoli, Amira Montecatini Terme

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21Maggio 2021 | R & O |

In questo articolo vogliamo ri-spondere ad una delle doman-de sul vino che riceviamo più

frequentemente: qual è la diffe-renza tra spumante e Prosecco?Spumante e Prosecco vengono spesso utilizzati come se fosse-ro sinonimi, ma in realtà non lo sono. Si tratta piuttosto di due termini che indicano qualcosa di diverso tra loro e che solo in certi casi possono essere accostati. Fac-ciamo un po’ di chiarezza …Che cosa s’intende per spuman-te?Lo spumante è una categoria di vini che comprende tutti quelli ottenuti dalla prima o dalla se-conda fermentazione alcolica di uve fresche, di mosto di uve o di vino, caratterizzati, all’apertura della bottiglia, da uno sviluppo di anidride carbonica, proveniente esclusivamente dalla fermenta-zione. Ciò che caratterizza questa categoria di vini è la seconda fer-mentazione, chiamata “presa di spuma”, durante la quale gli zuc-cheri aggiunti si trasformano in alcol etilico e anidride carbonica, che rimane imprigionata all’inter-no della bottiglia, formando così le tipiche “bollicine”. Se la secon-da fermentazione avviene diret-tamente in bottiglia si parlerà di spumante prodotto con “metodo Classico”, se invece avviene in autoclave si parlerà di spumante prodotto con “metodo Martinotti o Charmat”.

Che cosa s’intende per Prosecco?Il Prosecco è uno specifico vino bianco, DOC o DOCG, prodotto in una determinata zona geogra-fica, ricavato da determinate tipo-logie di uve, seguendo specifiche norme di viticoltura e vinificazio-ne. È poi importante sottolineare che la denominazione Prosecco comprende diverse versioni: fer-ma o tranquilla, frizzante e spu-mante. Insomma, il Prosecco può essere uno spumante, ma non lo è necessariamente …Spumante e Prosecco: differenzeLa confusione che si può gene-rare tra i termini spumante e Prosecco dipende dall’enorme successo della versione spuman-te del Prosecco, uno dei vini ita-liani più apprezzati e ricercati in Italia e nel resto del mondo, tanto che, nell’immaginario collettivo, quando si parla di Prosecco si pensa immediatamente allo spu-mante. Ed è proprio intorno a

questa tipologia che si concentra gran parte della produzione di Prosecco. Tutto ciò può causare un uso improprio del termine, a cui molti ricorrono come sinoni-mo di spumante. Ma, in realtà, come abbiamo visto, con il termi-ne Prosecco si può indicare anche altre tipologie di vino bianco. Il Prosecco, dunque, può essere uno spumante, e nella maggior parte dei casi lo è, ma non neces-sariamente.Un’altra considerazione che dob-biamo fare è che il Prosecco può essere una particolare tipologia di spumante. Per esaltare le carat-teristiche del Prosecco spumante si adotta, infatti, il metodo “Mar-tinotti o Charmat”, che prevede la rifermentazione naturale del vino base in autoclavi. Il Pro-secco spumante è dunque uno spumante metodo “Martinotti o Charmat”. Per concludere, pos-siamo dire che spumante e Pro-secco non sono affatto sinonimi perché il primo è una categoria di vini, mentre il secondo è un vino bianco che può essere prodotto in varie tipologie. I due termini sono comunque accostabili, ma non sovrapponibili, per indicare il Prosecco in versione spumante, appunto, e dunque rientrante in quest’ampia categoria.

Da: wineshop.it

Qual è la differenza tra spumante e Prosecco?

Cultura del sommelier

di Luca Stroppa

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22 | R & O | Maggio 2021

La D.o.c. Montecucco è stata costituita nel 1998. Il suo straordinario terri-

torio è incastonato tra due gi-ganti ad anima rossista, Mon-talcino a nord, a pochi passi dal fiume Orcia e Morellino di Scansano a sud, a pochi passi dal mare. All’interno della de-nominazione vengono prodot-ti varie tipologie di vino. Per quanto riguarda i vini rossi, il vitigno Principe è il Sangiovese e per i vini bianchi il Vermen-tino, tuttavia vengono coltivati altri vitigni, sia autoctoni che alloctoni. I comuni ove viene prodotto il Montecucco sono: Cinigiano, Campagnatico, Arcidosso, Castel del Piano, Seggiano, Civitella Paganico e Roccalbegna. L’areale si trova alle pendici dell’antico vulca-no Monte Amiata, nel versante grossetano e la Maremma. Qui si coltiva la vite sin dagli Etru-schi ed è stata meta di impor-tanti famiglie, alcune su tutte i Medici e gli Aldobrandeschi. I terreni sono altamente voca-ti per la produzione di vino e danno origine a vini di elevata qualità. Le dolci colline che cir-condano tutto l’areale sono di rara bellezza. La vicinanza al mare e alla montagna le dona un microclima unico, con forti escursioni termiche tra giorno e notte, che contribuisce ad un quadro aromatico ideale. La

perfetta ventilazione favorisce l’evitare dei fenomeni di mar-ciume dell’uva, poiché riesce a limitare enormemente il rista-gno dell’umidità. I vini così ot-tenuti si distinguono da quelli prodotti a quote più basse, per la loro maggiore ricchezza aro-matica.Alla tipologia Riserva e San-giovese, nel 2011, è stata attri-buita la meritata D.o.c.g.. Una denominazione non troppo conosciuta ma, a mio mode-sto avviso, sono convinto che in futuro ne sentiremo parla-re molto e ovviamente bene. Ho visitato varie volte alcune aziende all’interno della de-nominazione, altre ho avuto la possibilità di conoscerle in varie kermesse enoiche, sia in

loco che altrove in Toscana, ap-prezzando sempre i vini da me degustati. Ho infine percorso la Strada del Vino Montecucco svariate volte. Il Sangiovese in questo areale ha trovato un ha-bitat ideale e si esprime in ma-niera maestosa, sia in purezza che con saldo di altri vitigni. Il nuovo Presidente del Consor-zio Tutela Vini Montecucco è Giovan Battista Basile, eletto lo scorso 25 febbraio.Alcune delle aziende più im-portanti e che meglio conosco sono: Amiata – Basile azien-da Agricola Biologica - Cam-pi Nuovi - Colle Massari - Le Calle – Peteglia - Poggio Man-dorlo – Salustri - Tenuta L’Im-postino - Vasco Sassetti e Villa Patrizia.

Le nostre Docg

Montecucco, una Docg che farà “molta strada”

a cura di Adriano Guerri

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I vini della Turchia

di Rodolfo Introzzi

La Turchia ha una delle più antiche tradizioni enolo-giche. Anche se è difficile

considerarla oggi come uno dei Paesi principali nella produ-zione di vino, non c’è dubbio che sia uno dei primi posti al mondo dove si è iniziata la col-tivazione della vite. Per lungo tempo è stata il ponte tra la cul-tura del vino dell’Europa medi-terranea e quella del Caucaso meridionale. Anche se l’Impero Ottomano, con l’islamizzazione del territorio e il conseguente divieto del consumo di alcool, ha pesantemente fiaccato la cul-tura del vino, non ha potuto di-struggere però quella della vite; oggi non manca di vigneti ed è considerato, anzi, come uno dei principali produttori mondiali d’uva. Ma si tratta soprattutto di frutta per il consumo quoti-diano, di uva passa, di succhi di frutta, ecc. Le tasse elevate non facilitano la cosa, rendendo la produzione e la distribuzione dei vini più costosa di quanto non lo sia per altri alcoolici. La tassa stessa (del valore di cir-ca 2 euro) raddoppia quasi il prezzo di ogni bottiglia, il che rende relativamente cari anche i vini base. Bere vino al risto-rante è un lusso. Va notato che nell’Islam, il vino è considerato l’incarnazione del male, il di-vieto del suo consumo è uno degli elementi essenziali della legge islamica. Può vantare nu-

merose varietà autoctone della specie vitis vinifera. Gli ampe-lografi ne hanno identificate ol-tre 600, ma soltanto una quin-dicina sono le più utilizzate. Le aree in cui le viti sono coltivate si trovano in condizioni clima-tiche diverse e spesso difficili.La Tracia (Marmara), cioè la parte “europea” della Turchia, dove il Mar di Marmara ha un forte impatto sul clima, è dove nasce circa il 40% di tutti i vini turchi. Sono coltivati Gamay, Cinsault, Sémillon, Merlot, Ca-bernet Sauvignon e Riesling, ma ci sono anche i vitigni autoc-toni turchi come Yapincak e Pa-pazkarasi. Vi è poi la parte oc-cidentale del paese, sulla costa Egea, intorno alla città di Izmir dove sono coltivate le varietà europee come Sémillon, Grena-che e Carignan, il Merlot e Ca-bernet Sauvignon. Ma le zone di produzione più importanti e pregiate sono Denizli, Manisa e Çal. I vigneti di questi terre-ni molto poveri si arrampicano fino a circa 1.000 metri s.l.m. e producono circa il 20% dei vini turchi (per lo più bianchi). Qui si sente maggiormente l’im-patto del clima mediterraneo,

con inverni relativamente miti ed estati calde e secche. Fra le varietà locali si coltiva il deli-cato vitigno rosso Çal Karasi. L’Anatolia vanta una delle più antiche culture del vino, le cui tracce archeologiche risalgono fino al Neolitico. I vigneti rag-giungono altitudini anche su-periori agli 800 metri s.l.m. e devono dimostrare resistenza ai gelidi inverni e alle secche, calde estati. Una delle varietà locali è la Narince, che dà vini bianchi aromatici. Condizioni un po’ migliori si trovano nel-la parte orientale dell’Anatolia, nei vigneti situati nel bacino dell’Eufrate e intorno alle città di Elaziğ, Diyarbakir e Malatya. Qui dominano le varietà locali rosse Oküzgözü (traduzione: Occhio di bue) e BogÏazkere (da cui nasce il succoso vino Buzbağ, tipico della regione e ricco di tannino). Questa zona è interessante anche perché se-condo la Bibbia sarebbe la loca-lità in cui Noè, dopo il diluvio, stabilì sulle pendici dell’Ararat il primo vigneto. La base per la produzione del Raki, la bevan-da fra le più rappresentative turche, è l’alcool etilico distil-lato dalle uve (a volte dall’uva passa o dai fichi), cui si aggiun-gono anice e finocchio per con-ferirgli un aroma e un sapore particolari con la caratteristi-ca torbidezza che si manifesta quando si aggiunge acqua.

Vini dal mondo

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25Maggio 2021 | R & O |

Il Maestro

Continua la rubrica del Can-celliere Claudio Recchia con i maestri che vogliono

“raccontarsi”. L’appuntamento di questo numero è con Alvaro Fan-tini della sezione Abruzzo - Mo-lise.1 - Ci puoi raccontare in breve la tua carriera?Tutto è iniziato negli anni ’60. Studente della scuola media, un amico di famiglia mi pro-pose di fare una prova in un ristorante d’albergo a pochi km da casa. Così, rinuncian-do alle vacanze estive, questo semplice approccio ha delinea-to il mio futuro, la mia vita e la mia professione mai rinnegata. Dopo aver conseguito il diplo-ma all’Istituto Alberghiero Sta-tale di Cascia (PG), ho avuto le prime esperienze al Monteca-gno Hotel (Rocca di Cambio, AQ), al Grand Hotel Mion (Sil-vi Marina, TE) e all’Hotel Pun-ta Rossa (San Felice di Circeo, LT). Successivamente mi sono trasferito a Roma ed ho lavora-to all’Hotel Parco dei Principi e all’Hotel Residence Ville Ra-dieuse. Poi, tappa in Svizzera al Hotel Beau Rivage di Losan-na. Rientro in Italia ed inizio la mia carriera da maître al Park Hotel Alcione a Francavilla al Mare (CH) e in seguito mi è stato affidato l’incarico d’In-

segnante Tecnico Pratico di Sala-Bar presso l’Istituto Pro-fessionale Alberghiero di Stato De Cecco di Pescara. Contem-poraneamente ho continuato ad esercitare la professione di maître in diverse strutture abruzzesi come: l’Hotel Pre-sident di Silvi Marina (TE), il Grand Hotel Montesilvano ed il Grand Euro Hotel, entrambi a Montesilvano (PE). Le ultime esperienze sono state come di-rettore all’Hotel del Camerlen-go di Fara San Martino (CH) e come F&B allo Chalet 4 Vele e Graziani Ristorante di Pescara. Nel 2010 ho concluso la mia vita come docente e collabo-ro come formatore per alcune start up aziendali presso strut-ture del settore accreditate ed

enti camerali.2 - Da quanti anni fai parte di questa grande famiglia chia-mata A. M. I. R. A.? Sono iscritto all’Amira dal 1981, una grande famiglia che mi ha consentito di conoscere tantissimi colleghi. Con molti dei quali ho instaurato rappor-ti di amicizia e reciproca stima. Dal 1983 sono fiduciario della sezione Abruzzo.3 - Che cosa significa per te appartenere all’A.M.I.R.A.?Un vero privilegio. Un’aspet-tativa molto desiderata fin da ragazzo, l’A.M.I.R.A. è l’asso-ciazione professionale di sala più rappresentativa della risto-razione italiana. Ho vissuto la vita associativa con entusiasmo. Appartenere al sodalizio mi ha consentito di relazionarmi con colleghi che vivono realtà in zone, territori e paesi diversi. Lo scambio del-le conoscenze e competenze ed i concorsi nazionali sono risul-tati motivo di aggiornamento professionale e stimolo alla creatività che ho cercato di tra-sferire ai miei alunni nel mio percorso di docente. Ho rice-vuto, con orgoglio, riconosci-menti ed incarichi prestigiosi: Maestro dell’Ospitalità, Gran Maestro della Ristorazione, Cavaliere dell’Ordine di San-

Rubrica a cura di Claudio Recchia,Cancelliere dell’Ordine dei

Grandi Maestri della Ristorazione

Il Gran Maestro Alvaro Fantinisi racconta…

Il Gran Maestro Alvaro Fantini

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26 | R & O | Maggio 2021

TUTTI I VINI CAMPANI(o quasi)

Vuoi inserire vini campani particolari

sulla tua carta dei vini?

Greco, Fiano, Biancolella, Falanghina, Coda di

Volpe, Aglianico, Primitivo, Piedirosso, ecc.

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ta Marta, membro della com-missione didattica, delegato ai rapporti con il MIUR ed anche un’esperienza quadriennale da vicepresidente aggiunto con delega ai rapporti con gli Isti-tuti Alberghieri Nazionali.4 - Cosa distingue un Maître professionista?Nonostante la globalizzazio-ne e le mutate esigenze della clientela, il ruolo del maître professionista resta comunque e sempre quello di leader. Fi-gura carismatica, mai solista, sempre aggiornato e al passo con i tempi. Con la sua empa-tia e le sue capacità deve far vivere all’ospite (che sia una semplice colazione o una sera-ta di gala) un’esperienza unica ed indimenticabile.5 - Ci potresti raccontare un aneddoto che hai vissuto nel-

la tua brillante carriera?Un aneddoto simpatico che si riferisce a quando ero al Grand Hotel Montesilvano, dove era venuta la nazionale di calcio di Bearzot, vincitrice del campio-nato mondiale del 1982. Cono-sciamo le regole e la disciplina alle quali devono attenersi tutti gli atleti e quindi anche i calcia-tori. Finito il servizio e dovendo concludere le solite mansioni di chiusura, da alcune camere mi arrivarono richieste di pa-nini, con tanta circospezione, poiché era stato fatto divieto di somministrare nulla se non autorizzato dal mister. Ma, per l’entusiasmo che sentivamo di ospitare grandi campioni, ab-biamo cercato di accontentarli nei limiti consentiti ed ho dato disposizione di servire quanto richiesto.

6 - Che consiglio daresti ad un giovane cameriere che ha de-ciso di intraprendere la nostra carriera?Alla base della scelta di svolge-re la carriera alberghiera deve esserci la passione, l’ambizio-ne, lo spirito alla condivisione, la propensione al sacrificio nel superare situazioni e momenti critici tipici del settore turisti-co-ricettivo. Poi, consiglio di frequentare un istituto alber-ghiero e dare ampi spazi alla cultura sia generale che profes-sionale investendo in seminari e master. Importante sono le esperienze all’estero per cono-scere usi, abitudini, prodotti e la lingua del posto. Restare con i piedi per terra e mai autorefe-renziarsi… quanto si è bravi e capaci, spetta ad altri valutar-lo.

Il Maestro

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Alla scoperta dei nostri formaggi

Il Friuli Venezia Giulia

di Michele Policelli4 . Il Friuli Venezia Giulia:

1. Caciotta caprina2. Caprino stagionato3. Cuincir4. Formadi frant5. Formaggio asìno*6. Formaggio caprino morbido7. Formaggio di malga*8. Formaggio fagagna9. Formaggio salato10. Formai del c ì t11. Frico12. Latter ia13. Monte Re14. Sot la trape15. Tabor

Elenco delle denominazioni italiane, iscritte nel Registro delle denominazioni di origine protette, delle indicazioni geografiche protette e delle specialità tradizionali garantite

(Regolamento UE n. 1151/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 novembre 2012) (aggiornato al 27 luglio 2020).

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Regione autonoma a statuto spe-ciale dal 1963, si trova nell’Italia nord-orientale, confina a nord con l’Austria, a est con la Slovenia, a sud con il Mare Adriatico e ad ovest con il Veneto.Nell’analizzare la gastronomia del territorio si percepisce uno scambio fra culture diverse, che coglie tutti i suggerimenti della natura, ovvia-mente con le sue differenze da quel-la di pianura a quella di montagna, infatti i suoi formaggi e il loro nome lo dimostrano. Alcuni hanno una storia centenaria: il Montasio nacque nell’Abbazia di Moggio intorno al 1200, grazie all’in-ventiva dei monaci benedettini.Meta ideale per vivere la montagna in tutte le stagioni, si avvale della prestanza naturalistica di aree qua-li la Carnia, le Dolomiti Friulane, le Alpi e le Prealpi Carniche e le Giu-lie, senza dimenticare l’eccellenza dell’enogastronomia che, dal pro-sciutto di San Daniele ai vini del vigneto Friuli, si esprime in mille sfumature, non ultime quelle che ar-rivano dal Mare Adriatico. La cuci-na friulana è ricca di contaminazioni che arrivano dalla vicina Slovenia, cibi slavi nei nomi, nei sapori spe-ziati, nel continuo gioco di equilibri fra l’agro e il dolce. Presentazione del consorzio: http://www.montasio.com/il-consorzio/

Un formaggio di qualità come il Montasio deve essere prodotto se-condo determinati e ben precisi fat-tori di tipicità.Il primo fattore fondamentale è proprio la zona d’origine: il Friuli,

il Veneto orientale nelle province di Belluno e Treviso ed in parte le pro-vince di Padova e Venezia.Il secondo è il latte, un fattore che è strettamente collegato all’ambiente, al suo clima, alla sua vegetazione.La sua corretta produzione compor-ta un controllo accuratissimo della qualità della materia prima e della sua progressiva trasformazione.Il terzo è l’adozione di una tecnolo-gia morbida per assecondare la len-ta formazione del prodotto.Il quarto è la marchiatura del for-maggio alla produzione, che ne ga-rantisce l’origine e il rispetto di tutte le caratteristiche previste dai disci-plinari.Montasio, insomma, è ancora oggi un formaggio fatto come si faceva ieri, sulle loro montagne. Buono oggi, com’era buono ieri. Purché, naturalmente, sia quello vero, con il marchio d’origine del Consorzio per la Tutela del Formaggio Montasio.Estratto dal disciplinare:Descrizione del prodotto a cui si ap-plica la denominazioneIl Montasio è un formaggio di latte di vacca, di media e lunga stagio-natura, di forma cilindrica a scalzo diritto o quasi diritto con facce piane o leggermente convesse. Il formag-gio Montasio è prodotto a partire da latte non pastorizzato, utilizza solo lattoinnesti naturali o fermenti auto-rizzati; deve avere una stagionatura minima di 60 giorni con un tenore di umidità controllata a campione a 10 e a 60 giorni di stagionatura. Al sessantesimo giorno di stagionatu-ra il formaggio a DOP «Montasio» deve presentare le seguenti carat-teristiche: umidità massima non superiore a 36,72 %; grasso nella sostanza secca: minimo 40 %; peso: 5,5-8 kg; diametro: forma 27-35 cm; scalzo: massimo 8 cm; crosta: liscia, regolare ed elastica; pasta: compatta

con leggera occhiatura; colore: natu-rale, leggermente paglierino; aroma: caratteristico; sapore: gradevole e tendente al piccante nel Montasio di lunga stagionatura. Il formaggio «Montasio» può esse-re destinato al consumo dopo una stagionatura minima di 60 giorni. Il formaggio «Montasio» può essere preconfezionato, preporzionato ecc. dopo una stagionatura minima di 60 giorni. Il formaggio «Montasio» può essere commercializzato con la denominazione «fresco» quando ha una stagionatura minima di 60 gior-ni, «mezzano», con una stagionatu-ra minima di 120 giorni, «stagiona-to» con una stagionatura minima di 10 mesi, «stravecchio» con una sta-gionatura minima di 18 mesi.Norme specifiche in materia di eti-chettatura del prodotto cui si riferi-sce la denominazione registrataL’identificazione del prodotto av-viene mediante marchiatura all’ori-gine con fascere personalizzate con apposizione del codice del caseificio e della sigla della provincia e la data di produzione (anno, mese giorno). Il «marchio di origine» della DOP Montasio è costituito dalla parola «montasio» riportata in maniera obliqua in diritto e rovescio (vedi figura).Detto «marchio di origine» si ap-pone su tutta la produzione delle aziende associate o meno, purché ottenuta nel rispetto del Disciplinare di Produzione.

Alla scoperta dei nostri formaggi

Marchio a fuoco della denominazione «Montasio» e

targhetta recante la dicitura «PDM»

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Storie di birra

Ci muoviamo alla sco-perta dei birrifici artigianali della Li-

guria, terra con un’antica storia brassicola ma anche culla di nuovi movimenti e nuove storie fatte di corag-gio e determinazione.

MALTUS FABER – Genova (GE)

Prima tappa del nostro viag-gio in Liguria nel capoluogo di regione per scoprire una realtà storica della birra ar-tigianale italiana.Il birrificio Maltus Faber, in-fatti, è attivo dal 2008, anno in cui i due soci Max Versaci e Fausto Marenco decido-no di dedicarsi a quella che da anni era la loro passione

aprendo il proprio birrificio.Il birrificio ha sede in un luogo storico in quanto dall’inizio del ‘900 ospitava nel suo complesso la Fabbri-ca di Birra Cervisia ed era un vero e proprio simbolo della Birra a Genova. At-tualmente il birrificio ospita una mostra permanente di materiale storico con botti-glie, tappi, bicchieri, foto, libri e pubblicità risalenti a quel periodo.Le produzioni del mastro birraio Fausto abbracciano perlopiù birre di ispirazione belga magistralmente rein-terpretate con quel tocco di personalità che le rende uni-che.La produzione si divide in tre linee: le birre “bandie-ra”, ovvero la linea base, le birre speciali e quelle da meditazione. Una birra per ogni palato e per ogni occa-sione, possiamo dirlo!Dove: Via Fegino, 3/G, 16161 Genova GESito Web: https://www.mal-tusfaber.com/

FABBRICA BIRRA BUSAL-LA – Savignone (GE)Facciamo tappa in un altro luogo storico per la birra ligure, in quella che nasce come la prima fabbrica di birra in Liguria nel 1906, poi

riaperta come microbirrifi-cio artigianale nel 1999 (il primo in Liguria).Una realtà che ha lasciato un segno per ben due volte nel-la storia della birra ligure.Attualmente il birraio Lo-renzo Devoto porta avanti il suo progetto con una gam-ma di birre ampia e varie-gata che spazia tra i diversi stili sia ad alta che a bassa fermentazione.Nella stessa corte del birri-ficio si trova un brewpub/ristorante dove è possibile degustare le loro produzio-ni accompagnandole a piat-ti legati al territorio e non solo.Una realtà dalle radici pro-fonde, da scoprire e dalla quale lasciarsi travolgere.Dove: Località Birra, 3, 16010 Savignone GE

La Liguria, terra con un’antica storia brassicola

Rubrica a cura di Marisa Conte

Max Versaci e Fausto Marenco del Birrificio Maltus Faber

Il birraio Lorenzo Devoto del Birrificio Busalla

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Storie di birraSito Web: http://www.bir-rabusalla.it/

BIRRIFICIO ALTAVIA – Sassello (SV)

Ci spostiamo a Sassello alla scoperta di un Birrificio Agricolo nato nel 2016 per volere di tre giovani amici uniti da una passione comu-ne: Giorgio Masio, Emanue-le Olivieri, Marco Lima.I tre amici decisero di recu-perare un castagneto, farne terreno per la coltivazione di materie prime e dare vita a un birrificio in cui la pro-duzione della birra fosse se-guita durante tutta la filiera.L’impianto di produzione è situato in quella che era la stalla dei nonni di Gior-gio, al quale è stata affidata la produzione. Nonostan-te la passione per le basse fermentazioni e gli stili te-deschi, Giorgio non si pre-clude nessuna strada, la-sciando spazio a produzioni estremamente variegate e di diversa ispirazione stilisti-

ca.Una realtà giovane ma con una grande storia fatta di passione, ambizione e con-sapevolezza che ha portato alla realizzazione di un pro-getto come pochi in Italia.Una tappa obbligata du-rante una passeggiata tra i Monti Liguri!Dove: Località Coletto, 15, 17046 Sassello SVSito Web: https://www.fa-cebook.com/BirrificioAlta-Via/

BIRRIFICIO EL ISSOR – Sassello (SV)Rimaniamo a Sassello per scoprire un’altra realtà lo-cale nata nel 2010 e in conti-nua crescita.Qui Luca Rossi, homebrewer di vecchia data, decide di aprire il suo birrificio con il quale intende valorizzare i prodotti della propria ter-ra. Infatti, parte degli ingre-dienti utilizzati quali grano, luppolo e acqua, nascono nel territorio di Sassello. La produzione prevede una va-

riegata gamma di etichette caratterizzata da impronte stilistiche di vario genere, tutte ad alta fermentazione. Un birrificio estremamen-te dinamico che ha fatto di un momento di crisi come quello che stiamo vivendo, un’opportunità di crescita, provvedendo ad alcune ri-strutturazioni.Il prossimo passo sarà l’a-pertura della tap room e un piccolo shop annesso, e noi aspettiamo con ansia di po-ter bere una birra con loro.Dove: Viale della Rimem-branza, 12/A, 17046 Sassello SVSito Web: https://www.bir-rificioelissor.com/

Luca Rossi del Birrificio El Issor

Giorgio Masio, del Birrificio Altavia

La birra artigianale, un interessante mondo tutto da scoprire

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Per saperne di più

Già nel Medioevo le salse di accompa-gnamento alle pietanze venivano pre-parate con ingredienti colorati e servi-

te in diverse ciotole, le une accanto alle altre. Lo scopo nutritivo di tali salse passava in se-condo piano poiché queste avevano il com-pito di ravvivare e correggere il gusto delle vivande. Il commensale sceglieva la salsa più in base al colore che al sapore presunto. In quel periodo i colori erano ottenuti da ortag-gi, erbe aromatiche e spezie. Non era raro trovare anche colori particolari come il rosa antico, donato dal succo del legno di sandalo. In passato, nella tradizione occidentale, i cibi delle feste e delle occasioni speciali erano identificati con due colori: il banco e il rosso, i quali simboleggiavano abbondanza e pro-sperità. Il colore nero veniva spesso associato ad avvenimenti negativi come la morte. Molti alimenti però, soprattutto nelle famiglie po-vere, erano di colore scuro come il pane o l’o-lio d’oliva ottenuto da olive mal conservate. Le eccezioni erano rappresentate da alimenti come caffè e cacao che venivano molto ap-prezzati dai ricchi e desiderati dai ceti meno benestanti. Anche in oriente, già dall’antichi-tà, si pensava che le pietanze colorate e belle da vedersi, tendevano ad aumentare l’appe-tito. Secondo questo pensiero, i cinesi hanno prestato molta attenzione all’aspetto visivo del cibo preparato. Uno dei principi fonda-mentali che i grandi chef devono seguire è l’aspetto estetico di ciò che viene servito a ta-vola. A questo fine, tutt’ora due o tre ingre-dienti di colori diversi vengono solitamente

aggiunti come decorazione per completare i colori del piatto principale.Il colore ha un effetto incredibile sulle perso-ne, sull’umore, sulla percezione e anche sul-le scelte. Secondo la Cromoterapia e lo Yoga, i colori posseggono vibrazioni energetiche specifiche che agiscono a livello inconscio, influenzando il metabolismo, il senso di fame e l’umore. Un grande esempio di come il co-lore induca a comprare, viene da uno studio sul formaggio magro. Tra i formaggi a bas-so contenuto di grassi, è stato dimostrato che la tonalità è un fattore che influenza il gra-dimento del consumatore. Il colore del for-maggio potrebbe non essere naturale, poiché potrebbe essere semplicemente quello che la maggior parte delle persone pensano dovreb-be essere, in base alle risultanze dei test sui consumatori. Uno studio su questo tema è

I colori a tavola (1ª parte)

di Valentina Iatesta

La psicologia dei colori è la scienza che studia il rapporto che c’è tra i colori, l’individuo

e come questi trasmettono effetti psicologici ed emotivi variabili da persona a persona.

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stato effettuato nell’Università degli studi di Milano-Bicocca. L’esperimento consisteva nel somministrare 62 quesiti, ognuno di questi costituito da una coppia di immagini raffigu-ranti lo stesso alimento (un piatto di pasta, uno di riso, uno di carne e un dolce), ma pre-sentato in un’ambientazione caratterizzata da un colore dominante differente. Il piatto e la tovaglia variavano nei colori arancione, bianco, blu, nero, rosso e verde. Ai sogget-ti veniva chiesto inizialmente di dichiarare il proprio genere (maschio o femmina), do-podiché di scegliere, per ogni coppia, quale delle due immagini preferivano. Dai risultati è evidente come i giudizi maschili siano so-stanzialmente lineari e in accordo fra loro. Innanzitutto, è indiscussa la preferenza del nero come colore d’accompagnamento ai cibi. Il rosso è il secondo colore preferito, ma con valori decisamente più bassi rispetto al nero. Per quanto riguarda il servizio del dolce, ol-tre al nero è stato preferito il bianco, tinta che insieme all’arancione si è collocata in una fa-scia intermedia di preferenza. Colori quali il verde e il blu sono stati infine i meno apprez-zati. Non altrettanto lineari si sono rivelati i giudizi femminili; i colori preferiti sono stati il bianco, il nero e il rosso. Il bianco è stato prediletto in tutte le portate con un eviden-te calo però in corrispondenza della pasta. Il nero, analogamente al caso dei soggetti ma-schi, è stato oggetto di alta preferenza in tutte le portate, con esclusione del dolce. Anche nei

soggetti femminili i colori blu e verde hanno riscontrato poco successo. I risultati hanno quindi confermato parzialmente le ipotesi di partenza. Infatti, le donne hanno preferito il bianco, facilmente associabile alla leggerez-za, quindi agli alimenti light, e il rosso, colore caldo che stimola l’appetito, ma con misura.

Per saperne di più

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Alimentazione e nutrizione

Come fare ad identificare una carne rossa ed in cosa si distingue dalla carne bianca? Innanzitutto, bisogna fare distinzione tra la

classificazione gastronomica e la classificazione nu-trizionale. In gastronomia viene considerata “carne bianca” tutta la carne degli animali giovani, quindi la carne di vitello, agnello e capretto. Infatti, secon-do questa classificazione la carne è rossa se possiede il suo colore rosso caratteristico prima della cottura e se diventa scura dopo la cottura. La carne bianca invece resta pallida e chiara sia prima che dopo la cottura. La carne di maiale appartiene ad una ca-tegoria a sé, definita, secondo la classificazione ga-stronomica, come “carne rosa”, perché a metà tra la carne rossa e la carne bianca. In campo nutrizionale invece?Secondo la classificazione nutrizionale, per “carne rossa” si intende qualsiasi carne che possiede più mioglobina delle carni bianche. La mioglobina è una proteina che si trova all’interno dei muscoli de-gli animali e si occupa di accumulare ossigeno. È fondamentale per permettere agli animali di com-piere sforzi muscolari intensi. Mentre la mioglobina immagazzina l’ossigeno, l’emoglobina lo trasporta all’interno dei vasi sanguigni.È vero che le carni rosse sono più ricche di ferro?Di solito si pensa che le carni rosse siano ricche in ferro eme, in grassi saturi e colesterolo, più delle carni bianche. Invece questi elementi non sono dei buoni marcatori per identificare una carne rossa. Ad esempio, le carni bianche, come pollo e tacchi-no, hanno più o meno la stessa quantità di ferro di quelle rosse, ed è solo la mioglobina a fare la diffe-renza da un punto di vista “cromatico” e non nutri-zionale.Qual è l’apporto di grassi delle carni bianche e delle carni rosse?Dal punto di vista della composizione nutrizionale, le carni bianche sono consigliate perché più magre; questo è generalmente vero, ma non lasciamoci

trarre in inganno dimenticando che vi sono sempre alcune eccezioni: ad esempio, troviamo più grassi saturi e colesterolo nelle alette di pollo consumate con la pelle che non nel filetto di maiale, così come assumiamo più grassi con la sovracoscia di tacchino che non con una bistecca di vitello magro. Dunque, non tutte le pietanze a base di carni bianche sono necessariamente più indicate e salutari.Come varia invece l’apporto di ferro tra i due tipi di carne?Il contenuto di ferro eme è generalmente più ele-vato nelle carni rosse, proprio per il maggior accu-mulo di mioglobina; tuttavia, alcuni tagli di carni considerate bianche, come la coscia del pollo o del coniglio, apportano circa la stessa dose di ferro di certe carni rosse: in 100 g di coscia di coniglio trovia-mo circa 1 mg di ferro, mentre nella stessa quantità di bistecca di maiale sono reperibili 1,2 mg di ferro.Si consiglia di mangiare più carni rosse o carni bianche?Una sana alimentazione prevede una corretta al-ternanza di carni bianche e rosse: il suggerimento delle linee guida è di portare in tavola 2 o 3 volte a settimana la carne bianca e 1 o 2 volte quella rossa, senza superare una frequenza complessiva di 3-4 volte a settimana. Sta a noi però, a prescindere dal colore, prediligere i tagli più magri e limitare al mi-nimo il consumo di carni trasformate.

Le differenze tra carni bianche e carni rosse

Rubrica a cura del dott. Giovanni Favuzzi

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A tavola con il maître

Maggio è arrivato e la primavera tende a farsi da parte. Un mese magico che ci traghetta nella calda estate, ricco di fe-

ste e tradizioni religiose. Una festa a cui ero molto legato nella mia Toscana è la Festa del Grillo Can-terino che si svolgeva proprio a maggio il giorno dell’Ascensione a Firenze alle Cascine. Una festa che si perde fin dalla notte dei tempi. Era solito allora recarsi nel parco per acquistare il tanto ago-gnato grillo, che se cantava o non cantava non im-portava, custodito in una gabbietta di sughero e fil di ferro con foglia di insalata inclusa. Perché proprio il grillo? La Festa era legata ai riti prima-verili contadini, durante i quali si eleggeva il sim-patico insetto canterino, ritenuto apportatore di gioia e benessere con il suo frinire. Un’altra ver-sione più romantica narra che i giovanotti rega-lavano alle ragazze nubili il “grillo incarcerato”, in segno di volersi “incarcerare” a vita con loro, facendo promessa di matrimonio. Esiste anche un aspetto religioso: perché proprio per l’Ascensio-ne, trentanove giorni dopo Pasqua? Poiché la lar-va del grillo dimora in inverno sottoterra e si libra in volo a maggio cantando proprio come segno di Resurrezione e Ascensione. Nel 1999 il comune di Firenze vietò questa antichissima Festa, poiché i grilli dopo tre giorni in gabbia morivano, quindi fu denunciato il pericolo di sparizione di questo insetto. Furono sostituiti i grilli veri con riprodu-zioni che producevano solo il canto. Oggi il Co-mune di Firenze ha ripristinato il tutto con l’obbli-go di liberare i grilli veri dopo tre giorni dalla loro “detenzione”. In onore a questo periodo ho de-ciso di proporvi una ricetta semplicissima, figlia della tradizione contadina più remota: la Frittata di Cipolle. In apparenza sembra facile, ma non lo è affatto. Procurarsi delle cipolle di Tropea con le loro foglie, lavarle, asciugarle e tagliarle a rondel-le compreso le loro foglie. Prendere una padella antiaderente e sciogliervi del burro, attenzione a

non usare l’olio poiché le uova si “strapperebbe-ro”. Far appassire le cipolle tagliate per circa 4’ in burro a fuoco basso coprendo e regolando con poco sale. Nel frattempo sbattere delle uova fre-schissime intere, in genere una per persona, rego-lare con poco pepe. Scoprire le cipolle e lasciarle tirare leggermente e compattarle con la forchetta. A questo punto versare il composto di uova bat-tute nella padella sempre a fuoco basso, bucherel-lare con i rebbi della forchetta la frittata, facondo penetrare il composto di uova anche sotto lo stra-to di cipolle. Quando vediamo che il composto si è quasi totalmente rappreso, porre un piatto pia-no all’interno della padella e con un movimento a scatto girare la frittata nel piatto. Serve manualità ma non è impossibile. Far scivolare di nuovo la frittata dal piatto in padella e terminare la cottura per un altro minuto. Servire in vassoio rotondo. Hai fatto proprio una bella frittata, mi direbbero. Bene, allora mangiamola bella calda in un pani-no, magari accompagnata dal Rosa Mara della Cantina Costaripa, un vino dalla “vinificazione a lacrima”, ottenuto dallo sgrondo statico prima della fermentazione. Leggerissimo colore di rosa fiorita, quasi perla, profumo invitante, speziato, sottile nella più verticale eleganza. Sapore con tes-situra setosa, armonico, con sentori di mandorla amara.

La frittata di cipolle

Rubrica a cura di Alessandro Dini

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Pietro prese la parola e disse: «In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma chi lo teme e pratica la giusti-zia, a qualunque popolo appartenga, è a lui

accetto. (Atti 10,34-35)

Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha cono-sciuto Dio, perché Dio è amore. In questo si è manifestato l’amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo,

perché noi avessimo la vita per lui. In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati. Carissimi, se Dio ci ha amato, anche

noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. (1 Giovanni 4,7-11)

Carissimi,giunto a Cesarea, San Pietro riflette e fa riflettere ciascuno di noi sul fatto

che Dio non fa preferenze e che, davanti ai suoi occhi, ogni uomo è uguale.Queste parole ci rimandano a due situa-zioni di vita quotidiana. Da un lato, a tut-te quelle volte in cui ci capita di giudicare in modo affrettato e superficiale le persone che conosciamo, senza pensare che davanti a Dio ogni uomo ha la sua stessa dignità ed è amato allo stesso modo.Dall’altro, all’esempio di chi, pur non essen-do credente, vive nei fatti e in modo concre-to il vangelo, molto più di quanto talvolta facciamo noi.San Giovanni ci parla dell’amore di Dio. Solo chi ama Dio, lo conosce perché Dio è amore. Lui per primo ci ha amati e ha dato suo Figlio per la nostra salvezza. Così Gesù ci dice che noi siamo stati scelti da Lui, egli

ci ha chiamati amici e non più servi, ci ha indicato la strada della felicità: quella di amarci gli uni gli altri, come lui ha amato noi. Pensando alle situazioni che ci presenta la vita, queste parole sono di conforto e di aiuto, ma anche difficili da capire. Difficile capire perché il Padre, di fronte a tante e continue richieste, non ci concede qualcosa che gli chiediamo, mentre magari a ben ve-dere ci ha concesso dell’altro. Essere amati da Dio ed essere chiamati da lui “amici” ci dà un senso di pace e di serenità, una gran-de forza, ma ci chiede anche un impegno non da poco: dare la vita per i propri amici, prendere la croce e seguire Gesù, osservare i suoi comandamenti.Abbandoniamoci tra le braccia del Signore e fidiamoci di Lui. Un abbraccio a ognuno di voi e buon cam-mino

Vostro don Beppe

“Come colui che serve”(Lc 22,27)

Riflessione spiritualedi don Beppe de Ruvo

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L’angolo bar

Boulevardier per i fran-cesi, Dandy per gli an-glosassoni, Gagà sotto

l’ombra del Vesuvio, si tratta dei damerini e bellimbusti ac-comunabili dalla definizione universale di: “uomini vanesi che ostentano eleganza e raffi-natezza”. 1927, The Boulevardier compa-re per la prima volta nella gui-da “Barflies and Cocktails” di Harry MacElhon con prefazio-ne di David Wondrich, storico americano del bere miscelato.Harry MacElhon, capo barman poi gestore del Harry’s New York Bar di Parigi, ex Manhat-tan Bar, attribuisce la paternità del Cocktail a Erskine Gwyn-ne, scrittore americano espa-triato in Europa proprio come MacElhon, amante della mon-danità e direttore del Boule-vardier, al tempo considerata la guida parigina dei bon vi-vant, da cui Harry prese ispi-razione per realizzare il drink.Come spesso è accaduto dalla sua apertura nel 1911, all’Har-ry’s New York Bar di Parigi si anticipavano mode e tendenze in fatto di gusti e drink misce-lati: White Lady nel 1919, Blo-ody Mary nel 1921, Pick me up nel 1921, Blue Lagoon nel 1960.

“BOULEVARDIER”… oggi lo definiremmo una variante

del Negroni, ma nel 1927, a Parigi, del Conte Camillo Negroni se ne sapeva

davvero poco o meglio nulla a cura di Fabio Pinto, Tesoriere Nazionale Aibes

B O U L E V A R D I E R

4 5 m l B o u r b o n o r R y e W h i s k e y

3 0 m l B i t t e r C a m p a r i3 0 m l V e r m o u t h R o s s o

R a f f r e d d a r e b e n e u n M i x i n g G l a s s f a c e n d o g i r a r e v e l o -c e m e n t e a l l ’ i n t e r n o t a n t o g h i a c c i o c o n l ’ a i u t o d e l B a r S p o o n e d e l i m i n a r e l ’ a c q u a e v e n t u a l m e n t e f o r m a t a s i s u l f o n d o .V e r s a r e t u t t i g l i i n g r e d i e n -t i n e l M i x i n g G l a s s o r m a i b e n f r e d d o c o m e d a r i c e t -t a e m i s c e l a r e c o n c u r a p e r g h i a c c i a r e f i n o a r a g g i u n g e -r e l a d i l u i z i o n e d e s i d e r a t a .V e r s a r e f i l t r a n d o c o n S t r a i -n e r i n u n a c o p p e t t a d a C o c k t a i l a p p e n a u s c i t a d a l f r e e z e r .

G A R N I S H : S c o r z a d i a r a n -c i a o d i l i m o n e .

C u r i o s i t à : n o n è r a r o v e -d e r l o i n v e r s i o n e “ O n T h e R o c k s ” ( c o n g h i a c c i o ) s e r -v i t o i n O l d F a s h i o n e d e c o n p r o p o r z i o n i i n “ S t i l e N e g r o n i ” d e i s u o i t r e i n -g r e d i e n t i …

Page 39: Ristorazione & Ospitalità - Amira-Italia

Artigiani del rame dal 1988

Per informazioni e ordini:

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Distinti Salumi

Siamo in Molise, in un piccolo paese chia-mato Conca Casale di appena 173 abitan-ti. Qui, ancora oggi si produce un salume

che è diventato un presidio Slow Food, per pre-servarlo dalla scomparsa: La Signora di Conca Casale. È un insaccato di carne suina, di grande pezzatura e realizzato coi tagli nobili dell’ani-male. Ormai la sua produzione è casalinga ed è rimasto solo un macellaio del posto a realizzar-lo ancora per la vendita al pubblico. È prodotto nei mesi invernali e stagiona 6/7 mesi prima di essere consumato in estate. La “Signora” non è assolutamente un salume povero, anzi, stori-camente era destinata ai “notabili della zona” (il medico, il notaio, il sindaco…) come omag-gio o per pagare i servigi ricevuti. I tagli usati sono essenzialmente lombo e spalla per la par-te magra, più lardo della pancetta e del dorso per la parte grassa. Da ogni maiale si ricavava una sola Signora e quindi era considerato il più pregiato dei salumi. Oggi si utilizzano anche parti della coscia e il controfiletto. La lavora-zione inizia con lo sminuzzamento a punta di coltello delle carni, una parte a grana fine e una parte a grana doppia per migliorarne l’a-malgama; si procede, poi, alla concia con pepe nero in grani, coriandolo, peperoncino rosso in polvere e finocchietto selvatico raccolto dalle signore del paese. L’impasto è quindi lasciato maturare per alcune ore prima di procedere con l’insaccatura. Intanto il budello cieco del maiale, la cosiddetta zia, viene accuratamente lavato, con un procedimento del tutto partico-lare, che prevede l’utilizzo di farina grezza di mais, succo di arancia e limone, aceto e vino. L’insaccatura è effettuata a mano con l’ausilio

di un imbuto, un tempo di zinco. L’abilità del norcino consiste nel non lasciare buchi all’in-terno che inevitabilmente rovinerebbero la sta-gionatura del salume. Importantissima pure la legatura, a mano con uno spago naturale e la leggera affumicatura di alcuni giorni. La sta-gionatura poi, data la grande pezzatura, si pro-trae per almeno sei mesi, in relazione alle di-mensioni del budello, e quindi la Signora può avere un peso da 800 grammi a 5 chilogrammi. La forma del prodotto finito ricorda un alvea-re. In bocca, dopo averla tagliata a fette spesse, esprime sapori di carne stagionata, con l’ele-gante nota balsamica del finocchietto selvatico e leggeri sentori agrumati. Si abbina all’ottimo pane cotto a fascine prodotto in zona, alla zup-pa di lenticchie locali e ad un generoso calice di Tintilia del Molise.

Dal Molise, la “Signora di Conca Casale”

a cura di Marco Contursi

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R. & O. 30 anni fa

Continua con successo l’appunta-mento con le nostre riviste di 30 anni fa che sta piacendo a molti

soci, soprattutto giovani. Sulla copertina della rivista “Anno XV – N°5 – Maggio1991” troviamo la foto di un’opera di marzapane realizzata dai prof. Verzicco Giuseppe e Gianluca, istruttori presso l’Istituto Alberghiero di S. Tarciso in Roma.Questo numero è composto da 56 pagine, di cui 29 di pubblicità!!! 11 sezioni colla-boravano con una loro pagina che aveva come sponsor soci ristoratori o “amici” della produzione: Calabria, Bologna, San-remo, Viterbo, Napoli, Puglia, Romagna, Piemonte, Brescia, Abruzzo e Taormina; 2 ristoranti avevano una pagina intera (Il Brigantino di Barletta e la Vecchia Bari di Bari); 3 locali avevano ½ pagina (Zeffiri-no a Genova, Concordia Notte e Antonio’s Restaurant a Londra); 15 locali e ristoranti avevano un piccolo spazio; 8 aziende vi-nicole, sempre con una pagina intera: Bol-la, Montresor, Bersano, Ruffino, Gancia, Tenuta di Angoris, Bertani e Libecchio; 2 cantine erano presenti con ½ pagina, Prin-cipi Pallavicini e Leone de Castris; una pagina ognuno, l’avevano Bravi e Frette, abbigliamento professionale per il maître; la lista termina con una pagina per il Con-sorzio Torrefattori caffè bar e una pagina per pubblicizzare le Terme di Chianciano. Tra gli articoli interessanti cito: - Una storia delle tradizioni Amira Capri di Domenico Ferraro.- Meeting A.M.I.R.A. per il gemellaggio “Ticino – Chianciano” 8-9-10 marzo 1991 di Piero Zoi.- Cucina ai germogli di Angelo Bello.

- A Montecatini Terme dal 20 al 26 otto-bre – 8° edizione dell’International Tour-film Festival di Franco Dattilo.- Actinidia, un frutto per tutte le ore e stagioni di Rolando Mariotti.

Ristorazione & Ospitalità di maggio 1991

a cura di Diodato Buonora

Per ricevere il pdf di Ristorazione & Ospitalità di maggio

1991, inviare un’email a [email protected]

oppure un whatsapp al 329 724 22 07

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L'AMIRA Torinopiange la scomparsa del

Gran Maestro della Ristorazione, Fiduciario per tanti anni,

Leone Clivio.

Grazie per quello che ci hai dato.I soci della Sezione AMIRA di

Torino.

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Sezione Veneto Colli Euganei

Si potrebbe affermare “dove c’è gusto, c’è l’A-mira”. Eccone un vali-

do esempio: ad Abano Terme (PD), il “bigolo di Monterosso” è stato scelto per rappresentare il piatto tipico aponense (così si chiamano gli abitanti di Abano Terme). Il bigolo è un prodot-to locale conosciuto in tutto il territorio ed è ottenuto unica-mente da prodotti a km 0. Ma cosa sono esattamente i bigoli? Sono degli spaghetti di pasta fresca con un diametro di 2-3 mm e lunghi 25 cm. Gli ingre-dienti per produrli sono farina di grano tenero, uova, acqua e sale, il tutto passato al bigola-ro. Quest’ultimo è un apposito torchio che nel 1604 è stato bre-vettato da un pastaio di Padova chiamato Bartolomio Veronese e detto Abbondanza. Il termine bigoli deriva dal veneto bigot o bagot che significa appunto baco o bruco, a richiamare la forma della pasta. Tutti nella zona di Abano Terme sanno che i bigoli sono una specialità tipica dei Colli Euganei e sono tradizionalmente preparati con sughi tipici locali come il sugo d’anatra, alla contadina, in sal-sa con acciughe o vegetariano.Da pochi giorni, sui canali so-cial del comune, è visibile un video per promuovere i Bigo-li di Monterosso De. Co. (De-

nominazione Comunale) che è stato realizzato in collabo-razione dell’Agenzia Venice-promex. Il video, oltre a pro-muovere i bigoli, è un buon veicolo pubblicitario della cit-tadina aponense. Infatti, lo slo-gan è «Abano Terme città della salute, del benessere e della ge-nuinità».La tradizione di questo prodot-to continua grazie all’impegno di molti estimatori, come suc-cede da circa trent’anni a Mon-terosso, dove annualmente, a fine agosto, vengono preparati i bigoli “fatti come una volta” e gustati alla sagra di San Bar-tolomeo. Quest’anno, causa pandemia, quasi sicuramente ci sarà la cancellazione della sagra. La commercializzazio-

ne permetterà agli amanti del bigolo di poterselo gustare a casa.A promuovere quest’iniziati-va è stato il sindaco di Abano Terme, Federico Barbierato e il vice Francesco Pozza, i quali hanno avuto la collaborazione di Renato Malaman, giornali-sta del “Mattino” di Padova; Carlo Marzolo, preside dell’I-stituto Alberghiero Pietro d’Abano; Lorenzo Demarco, vicepresidente dell’AMIRA; Filippo Biondi, presidente dell’Associazione Cuochi Ter-me Euganee e Padova; i pastai della Sagra di Monterosso e i pastifici locali. Non vi resta che andare sul sito del Comune di Abano Terme per visionare l’interessante video.

Anche l’Amira protagonista alla promozione del

Bigolo di Monterosso De.Co.di Diodato Buonora

Lorenzo Demarco,Renato Malaman, il sindaco Federico Barbierato, Carlo Marzolo Dirigente scolastico Ipssar di Abano

e Filippo Bondi presidente ass. Cuochi Terme

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Colazione: è il primo pasto del mattino (detto anche prima cola-zione, in contrapposizione alla seconda colazione, cioè il pasto di mezzogiorno).Commensale: chi siede con altri a mensa, convitato.Commis: aiuto - vedi brigata di sala.Comunicazione: vedi accoglienza.Concierge: portiere d’albergo.Condimento: è una sostanza utilizzata in cucina per insaporire i generi alimentari o i preparati culinari, come le salse. Sono per la maggior parte sostanze di origine vegetale, ma possono anche essere di origine animale, come il brodo di carne, o minerale, come il sale.Condizionare: sottoporre a condizionamento, climatizzare.Congelazione: è un sistema di conservazione che ricorre all’u-tilizzo del “freddo sottozero”; può essere di tipo domestico o in-dustriale. I cibi sono portati a temperature tra -7°C e -12°C (per il pesce e la carne arrivano a -18°C) e sono conservati a tem-perature tra -10°C e -30°C. Al momento della scongelazione si verifica una parziale perdita dei valori nutritivi e organolettici, in particolare negli alimenti con struttura cellulare meno resistente. Pur essendo un metodo efficace per allungare la conservazione dei cibi, la congelazione non permette di bloccare al 100% l’at-tività degli enzimi, con conseguente deterioramento nel tempo della qualità originaria del prodotto.Coperto: vedi mise en place.Coriandolo: è un’erba aromatica conosciuta fin dall’antichità, dalle tante proprietà benefiche e molteplici utilizzi, non solo in cucina.Court bouillon: è un brodo ristretto utilizzato per lessare pesci e crostacei.Crespelle: si intendono anche alcuni tipi di frittelle salate o dolci tipiche di alcune regioni italiane.

Croquembouche: è un dolce scultoreo. Una montagna di bignè ripieni di crema pasticcera, crema chantilly o panna.

Curcuma: è una pianta che appar-tiene alla famiglia delle Zingibe-raceae. Oltre ad essere un potente antiossidante e antinfiammatorio, svolge anche un’azione depura-tiva, coleretica e colagoga, utile per il fegato e la colecisti. Ha pro-prietà depurative e antitumorali.

DDamasco: è un tipo di tessuto operato con disegni stilizzati o floreali ad effetto lucido-opaco.Decaffeinato: privo di caffeina.Decanter: caraffa di vetro a collo allungato e corpo largo e piat-to, usata per la decantazione e l’ossigenazione del vino.Decongelare: Riportare a temperatura ambiente sostanze ali-mentari congelate o surgelate.Decotto: pozione ottenuta facendo bollire a lungo nell’acqua sostanze varie.Degustare: assaggiare, specialmente per convincersi delle qua-lità di un prodotto.Delizioso: attraente per la delicatezza, la raffinatezza e l’elegan-za.Demi chef: vedi brigata di sala. Demodè: passato di moda, fuori moda.Denocciolare: privare del nocciolo, snocciolare.Denso: sostanza dalla fluidità notevolmente ridotta, di solito in rapporto con una diminuzione di volume.

A-Z / Dizionarietto per gli addetti al servizio di Sala/Bar (5 / Colazione – Dotazioni di sala, tovagliato)

a cura di Antonino Reginella e Mario Di Cristina

Nota degli autori: Questo dizionarietto non vuole e non ha la pretesa di insegnare niente a nessuno, vuole soltanto essere una sorta di promemoria per gli addetti al servizio di Sala/Bar. Consigliamo di stamparlo e conservarlo in un raccoglitore.

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Desk: scrivania.Dessert: l’ultima portata di un pasto (frutta, formaggio, dolce).Dietetico: che riguarda la dieta alimentare.Digestivo: utile per la digestione.Diliscare: pulire dalle lische, spinare.Disidratare: eliminare o ridurre l’acqua in un corpo o in una sostanza.Disinfettare: sottoporre a disinfezione una parte del proprio corpo, di un oggetto, un attrezzo.Disossare: liberare dall’osso o dalle ossa, riferito a un animale macellato o a una sua parte.Dispensa: ambiente o mobile destinato alle provviste alimentari.Disservizio: pessimo funzionamento di un servizio pubblico o privato.Distillati: vedi acquavite.Distillazione: tecnica di estrapolazione dell’alcool da una so-stanza zuccherina fermentata, mediante evaporazione a caldo, basate sulla differenza di evaporazione dell’alcool (attorno a 78°) e dell’acqua (100°).

Divise di sala: premesso che tutto il perso-nale di sala indossa scarpe nere senza fibbie, calze scure, pantaloni neri con banda e cami-cia bianca. La diversità dell’abbigliamento fra le varie figure professionali si evidenzia dal diverso colore della cravatta e della giac-ca. Generalmente: il maître, di giorno indossa giacca crema e papillon nero; di sera smoking nero o abito scuro con papillon nero; lo chef

de rang di giorno e di sera indossa giacca bianca e papillon nero. Alle prime colazioni può indossare la coreana semplice e per ricevimenti la coreana con spalline e alamari. Non è escluso che indossi il rondin con fascia elastica nera, e papillon nero per tutte le occasioni; il commis di giorno e di sera può indossare giac-ca bianca o rondin con fascia elastica e papillon bianco. Per le prime colazioni può indossare la coreana; il food and beverage manager solitamente indossa pantaloni grigi e giacca bleu con cravatta lunga. Precisazioni: quelle sopra descritte sono le divise ufficiali che ciascun professionista ha nel suo corredo secondo la sua mansione e a sue spese. Se la direzione volesse adottare una divisa diversa da quella ufficiale, é tenuta a fornirla a proprie spese.Dolce: uno dei quattro sapori fondamentali (gli altri sono l’ama-ro, il salato, l’acido) per il quale a prototipo viene preso quello dello zucchero di canna o del miele.Dotazioni di sala: per dotazioni di sala si intende tutto quan-to occorre per la funzionalità del servizio di sala del ristorante: porcellane (piatti, etc.), cristalleria (bicchieri, etc.), posateria, vasellame, tovagliato ed attrezzature per il servizio.

Dotazioni di sala (bicchieri): posso-no essere a calice, con gambo e piede o gotti senza gambo e a bocca larga. Dotazioni di sala (bicchieri - tipolo-gie): per acqua (solitamente è il bic-

chiere più grande del servizio), per vino (sono più piccoli dei bicchieri per acqua), per i vini rossi di pregio o invecchiati si usano bicchieri speciali, più grandi per far ossigenare meglio il vino e per coglierne al meglio i profumi e il bouquet; per vino da dessert (per spumante secco la flûte, per spumante dolce la cop-

pa), per vino da dessert “tranquillo” il bicchiere più piccolo del bicchiere da vino, per degustazione bicchieri grandi a tulipano o grossi ballon per vini rossi invecchiati, per cocktail di gamberi (coppetta dentro una coppa).Dotazioni di sala (cristalleria): secondo la categoria del risto-rante la cristalleria può essere in cristallo o in vetro. Compren-de bicchieri, coppe, bowl, caraffe, brocche, decanter, insalatie-re, oliere, formaggiere, portafiori, salini, raviere, seau à glace e quant’altro il ristoratore o il maître convengono essere utile al servizio o all’estetica del ristorante. Il materiale di più largo consumo è rappresentato dai bicchieri.Dotazioni di sala (porcellane): sono ottenuti da impasti di caolino e argilla posti a cottura fino alla vetrificazione (1400-1500°). In caffetteria: tazze e sotto tazze da caffè e da latte e caffè; lattiere, teiere, caffettiere, zuccheriere e bricchi. In cucina: pirofile, piatti di portata, salsiere, ciotole, zuppiere, insalatiere, raviere, coppe, tazze e sotto tazze per consommé; piatti, le mi-sure possono variare: piatto segnaposto (diametro cm. 28-31), piatto piano (diametro cm.26 circa), piatto fondo, piatto da des-sert (diametro circa cm. 21) piattino a pane (diametro circa cm 16, si pone alla sinistra del coperto per contenere pane, grissini e coltellino spalma burro).Dotazioni di sala (posateria e argenteria): la scelta del metallo per questo tipo di dotazione dipende dalla categoria di appar-tenenza del ristorante e dal gusto del ristoratore. In genere i materiali più usati sono: 1) acciaio inossidabile (lega di ferro e carbonio dallo 0.1 allo 0.5%); 2) alpacca argentato (lega di rame, nichel e zinco con copertura di argento); 3) argento legato con rame per la durezza e la consistenza.Dotazioni di sala (tovagliato): i tessuti più usati sono il lino di Fiandra (fibra lunga e morbida), il cotone makò di provenienza americana e egiziana, il misto cotone e il misto lino, tutti ge-neralmente tessuti a doppio ritorto. La dotazione comprende: mollettone (copritavolo di panno che serve per attutire i rumo-ri, assorbire i liquidi e rendere più soffice la tovaglia); tovaglie (possono essere rotonde, quadrate o rettangolari. La larghezza dipende dalle misure del tavolo. Se sono rotonde e coprono ta-voli rotondi devono lambire il pavimento. Se coprono tavoli per buffet devono arrivare al pavimento. In tutti gli altri casi devono cadere dal tavolo 50 centimetri. Relativamente alla lunghezza, per tavoli a banchetto si hanno tovaglie da 4 – 6 – 8 e 10 metri. Per i buffets, per agevolare il servizio ed evitare complicazio-ni in lavanderia, si sogliono usare le “gonne” da 2 a 10 metri, una sorte di mezze tovaglie che si attaccano ai lati del tavolo con puntine da disegno o mediante adesivo. Le “gonne” posso-no essere confezionate lisce, della larghezza di un metro circa o acquistate già pieghettate come un certo tipo di gonne, da cui prendono il nome); coprimacchia, viene posto sopra la tovaglia, con pochissima caduta usato per evitare sprechi o per estetica; tovagliolo da tavolo (misura possibilmente 50x50 cm); tova-gliolo da tè (misura 30x30 cm); frangini, chiamati così perché sfrangiati ai 4 lati, generalmente usati come copri piattino o al bar; copri vassoi, confezionati apposta per i vassoi adoperati in sala; tovaglioli di servizio, diversi da quelli usati per il coperto, si usano per i lavori di sala in presenza di clienti; torcioni, per spolverare; asciuga bicchieri e piatti. Relativamente alla quanti-tà, la dotazione minima deve prevedere: almeno 2 tovaglie e 3 coprimacchia per tavolo, e 3 tovaglioli per ogni coperto previsto.

Dizionarietto per gli addetti al servizio di Sala/Bar - pagina 2

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I locali del Cravattino d’Oro

ABRUZZORistorante Albergo LA MASSERIAVia Nazionale, 6866040 Piazzano di Atessa (CH)0872 897659www.lamasseria.eu

Ristorante LA VECCHIA SILVIVia Circonvallazione Boreale, 2064028 Silvi (TE)085 930141www.ristorantevecchiasilvi.com

CAMPANIARELAIS MARESCA HotelVia Prov. Marina Grande, 28480073 Capri (NA)081 837 96 19 / 081 837 40 70www.relaismaresca.com

Hotel VILLA SIGNORINIVia Roma, 4380056 Ercolano (NA)081 7776423www.villasignorini.it

SORRISO Thermae Resort & SPAVia Provinciale Panza, 31180075 Forio (NA)081 907227www.sorrisoresort.it

Ristorante Gran Caffè GAMBRINUSVia Chiaia, 1/280132 Napoli081 417582www.grancaffegambrinus.com

Luxury Country HouseIL MULINO DELLA SIGNORAContrada Filette83055 Sturzo (AV)0825 437207www.ilmulinodellasignora.it

EMILIA ROMAGNAFRANCO ROSSI RistoranteVia Goito, 340126 Bologna051 238818www.ristorantefrancorossi.it

Ristorante Pizzeria GIORGIOViale L.B. Alberti, 3047042 Valverde di Cesenatico (FC)0547 86499www.ristorantegiorgio.net

FRIULI VENEZIAGIULIAGrand Hotel ASTORIA

Largo San Grisogno, 334073 Grado (GO)0431 83550www.hotelastoria.it

LIGURIARistorante LA PRUAPasseggiata F. Baracca, 2517021 Alassio (SV)0182 642557www.lapruadialassio.com

Ristorante PUNTA MAREVia Lungomare, 118011 Arma di Taggia (IM)0184 43510www.puntamare.it

Ristorante SANT’AMPELIOVia Vittorio Emanuele, 618012 Bordighera (IM)0184 264009www.ristorantesantampelio.it

Hotel Ristorante MIRAViale Rimembranza, 1516039 Sestri Levante (GE)0185 459404www.hotelmira.com

LOMBARDIARistorante DA VITTORIOVia Cantalupa, 1724060 Brusaporto (BG)035.681024www.davittorio.com

Ristorante BIFFIGalleria Vittorio Emanuele II°20122 Milano02 8057961www.biffigalleria.it

Ristorante SAVINIVia Ugo Foscolo,520121 Milano 02 72003433www.savinimilano.it

PIEMONTERistorante Lounge Bar ELENAVia Filippo Beltrami, 1328845 Domodossola (VB)0324 248534www.elenaristorante.it

PUGLIAJOLI PARK HOTEL GALLIPOLI CAROLI HOTELVia Lecce 2

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73014 Gallipoli (LE)0833 263321www.carolihotels.com/joli-park-hotel/al-ber

SARDEGNARistorante BELVEDERELocalità Farina, snc07021 Arzachena (OT)0789 96501www.ristorantegastronomiabelvedere.com

SICILIARistorante IL FLAMBÉVia Vincenzo Barbera, 1190124 Palermo091 342332www.flamberestaurant.it

IL TIRANNO CAPORTIGIA RestaurantViale Montedoro 7896100 Siracusa0931 581528www.iltiranno.it

TOSCANAL’ANTICA TRATTORIAPiazza Arnolfo di Cambio, 3353034 Colle Val D’Elsa (SI)0577 923747www.anticatrattoriaparadisi.it

Ristorante DAL FALCOPiazza Dante Alighieri, 353026 Pienza (SI)0578 748551 / 338 722 7021www.ristorantedalfalco.it

Ristorante IL MESTOLOVia Fiorentina, 8153100 Siena0577 51531www.ilmestolo.it

VENETORistorante LA VILLETTA DA ROBERTOVia Roveri, 30- Loc. Giarre35031 Abano Terme (PD)049 812473www.lavillettadaroberto.it

Ristorante LA MONTANELLAVia dei Carraresi, 935032 Arquà Petrarca (PD)0429 718200www.lamontanella.it

Ristorante IL GALEONE D’OROPiazza Dante Alighieri, 331033 Castelfranco Veneto (TV)

335 6162 700www.galeonedoro.it

Ristorante Bistrot CENTRALEPiazza Marconi, 731030 Dosson (TV)0422 382 265www.alcentrale.it.

Ristorante NICOLAVia Sabbioni, 3835036 Montegrotto Terme (PD)049 7943 69https://da-nicola-montegrotto-terme.hotelmix.it/

Ristorante Hotel AL FIORELungolago Garibaldi, 937019 Peschiera del Garda (VR)045 7550113www.hotelalfiore.it

Antica Trattoria DUE SPADEVia Roma, 5 36066 Sandrigo (VI)0444 659948www.duespade.com

Ristorante DA PINOPiazza Giorgione, 7431100 Treviso0422 303 346www.dapino.it

GRAN BRETAGNARistorante LA CAPANNINA65/67 Halkett PlaceSt. HelierJE2 4WG - Jersey Channel IslandsGRAN BRETAGNA+44 (0)1534 734602www.lacapanninajersey.com

INDIAARTUSI Ristorante e BarM-24, Block M, Greater Kailash II, Greater Kailash Delhi 110048 New Delhi - INDIA+91 88002 09695www.artusi.in

PRINCIPATO DI MONACORistorante LA PIAZZA9, Rue du Portier98000 Principato di Monaco+0377 93504700www.lapiazza-monaco.com

I locali del Cravattino d’Oro

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le professioni vestono qualitàNEGOZIO

Viale Bonopera, 57_Senigallia An

SHOWROOM E MAGAZZINOVia Corvi, 19_Senigallia An_Tel. / Fax 071 7930853

marcoesposto.com