Ripartiamo dal Lavoro

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Analisi della crisi e della conflittualità Analisi della crisi e della conflittualità Analisi della crisi e della conflittualità Analisi della crisi e della conflittualità Analisi della crisi e della conflittualità Analisi della crisi e della conflittualità Analisi della crisi e della conflittualità Analisi della crisi e della conflittualità nei principali settori produttivi nei principali settori produttivi nei principali settori produttivi nei principali settori produttivi nei principali settori produttivi nei principali settori produttivi nei principali settori produttivi nei principali settori produttivi della provincia di Ravenna della provincia di Ravenna della provincia di Ravenna della provincia di Ravenna della provincia di Ravenna della provincia di Ravenna della provincia di Ravenna della provincia di Ravenna Dipartimento Formazione e Lavoro Dipartimento Formazione e Lavoro Dipartimento Formazione e Lavoro Federazione della Sinistra di Ravenna Federazione della Sinistra di Ravenna Federazione della Sinistra di Ravenna Ripartiamo Ripartiamo dal dal Lavoro Lavoro

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Ravenna, luglio 2012 - Analisi della crisi e della conflittualità nei principali settori produttivi della provincia di Ravenna A cura di Fabio Zauli - Antonio Luordo Atti dell’iniziava “Ripartiamo dal Lavoro” - Ravenna - 13 luglio 2012 Dipartimenti Formazione e Lavoro della Federazione della Sinistra di Ravenna

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Atti dell’iniziava “Ripartiamo dal Lavoro” - Ravenna - 13 luglio 2012 Dipartimenti Formazione e Lavoro della Federazione della Sinistra di Ravenna

Ravenna, luglio 2012 - Analisi della crisi e della conflittualità nei

principali settori produttivi della provincia di Ravenna

A cura di Fabio Zauli - Antonio Luordo

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Note e schede a cura di Fabio Zauli e Antonio Luordo Lo streaming della iniziativa è visibile all’indirizzo www.fdsravenna.blogspot.it Riprese e montaggio a cura di Gabriele Abrotini Le foto dell’iniziativa sono state scattate da Eugenio Conti La foto a pagina 14 è stata tratta dal sito http://ilblogditonino.blogspot.it La foto a pagina 15 è stata tratta dal sito http://www.isoladeicassintegrati.com/ Le immagini a pagina 18, 19, 20 sono state tratte dal documento "La logistica, il tra-sporto merci e il Porto di Ravenna", tratto dal sito della Regione Emilia Romagna http://mobilita.regione.emilia-romagna.it/ La foto a pagina 23 è stata tratta dal sito http://www.settesere.it/

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Sommario

Introduzione

Dai luoghi di lavoro per una politica concreta …....................... pag. 5 Dipartimento Formazione e Lavoro

Interventi

Matteo Gaddi - Resp.le Naz. Progetto Nord – Prc …................... pag. 6 La sinistra e il lavoro

Milco Cassani - Segr. Gen. Prov. FIOM-CGIL.............................. pag. 10 Il salario di primo ingresso alla Marcegaglia

Massimo Marani - Segr. Prov. FILCTEM-CGIL............................ pag. 13 Ex Vinyls – Il Polo chimico di Ravenna

Danilo Morini - Segr. Gen. Prov. FILT-CGIL................................. pag. 17 La crisi e il Porto di Ravenna

Idilio Galeotti - Segr. Gen. Prov. NIDIL-CGIL.............................. pag. 22 I lavoratori “atipici” e la crisi

Davide Conti - Segr. Prov. FLAI-CGIL......................................... pag. 24 La crisi e il settore agro-alimentare

Conclusioni

Matteo Gaddi Resp.le Naz. Progetto Nord – Prc ........................ pag. 28

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Introduzione

Dai luoghi di lavoro per una politica concreta Dipartimento Formazione e Lavoro – FdS di Ravenna

La Federazione della Sinistra di Ravenna (di cui sono parte Rifondazione Comunista e il Parti-to dei Comunisti italiani) dà avvio ad una iniziativa di radicamento nei luoghi di lavoro a partire dai problemi concreti che vivono i lavoratori del territorio ravennate.

Nella serata di venerdì 13 luglio, la Federazione della Sinistra , si è confrontata con i segretari di alcune delle categorie della CGIL: metalmeccanici, chimici, portuali, agro-alimentari e i pre-cari.

Le relazioni dei rappresentanti sindacali hanno toccato le principali situazioni di crisi e di con-flittualità: dalla vicenda del salario minimo di ingresso della Marcegaglia, alla crisi del polo chi-mico (Vinyls); dai problemi dei portuali della compagnia, al lavoro nero del settore agro-alimentare, per finire con la vera e propria esplosione del lavoro precario che ormai interessa il 94 % dei nuovi avviamenti al lavoro.

L'impegno della Federazione della Sinistra è quello di organizzare un intervento politico pun-tuale e rigoroso a sostegno di tutte le vertenze del territorio con l'obbiettivo di unificare le lotte dei lavoratori e il mondo del lavoro in generale.

Per la Federazione della Sinistra è parimenti importante intervenire concretamente nelle tante crisi del territorio proponendo soluzioni concrete per ogni situazioni, quanto promuovere la più ampia unità dei lavoratori per contrastare l'attacco all'articolo 18, la precarietà e in generale il "pacchetto Fornero".

Gli strumenti di intervento saranno quelli dell'inchiesta operaia, del radicamento dentro i luoghi di lavoro, dell'interlocuzione continua con i lavoratori e le organizzazioni sindacali.

Anche nel ravennate potrebbero esser riprese iniziative assunte in altre regioni (denominate "Prima il lavoro") di contrasto alla delocalizzazione, per il blocco dei licenziamenti, per l'inter-vento pubblico in economia a difesa delle produzioni e del lavoro.

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Per troppo tempo la Sinistra ha pensato di rappresentare il mondo del lavoro, nella con-vinzione che fosse sufficiente dichiararsi il partito dei lavoratori per essere, da questi, riconosciuti come tali. Invece, per tornare ad essere un partito di classe, radicato nei luo-ghi di lavoro e tra i lavoratori, serve un cam-bio di pelle: il salto di qualità, che in questa fase si impone con una velocità drammatica, è dato dalla capacità di stare dentro ai conflit-ti, di intervenire con serietà e rigore sulle questioni riguardanti il lavoro, a partire dagli eventi più immediatamente visibili come le crisi di impresa. Significa entrare nel merito di ogni situazione, studiandola per poter in-tervenire con competenza e credibilità. Il ruo-lo di un partito di classe non può ridursi né alla mera e generica propaganda, né a risol-vere singolarmente le tante situazioni isolan-dole le une dalle altre e trattandole come fos-sero semplici incidenti di percorso risolvibili sul paino tecnico. Faccio un esempio concreto: in questo perio-do sto seguendo la crisi della ex LaneRossi Vicenza1, ora Filivivi che delocalizza in Ro-mania. In questo caso siamo stati in grado di coniugare la denuncia di fenomeni generali (come la delocalizzazione all’estero per sfrut-tare i differenziali salariali – un operaio rume-no costa 6.000 euro all’anno contro i 30.000 di uno vicentino) con la capacità di proporre un percorso concreto di intervento per garan-tire la continuità produttiva o la reindustrializ-zazione del sito. Abbiamo cioè tenuto assie-me l’analisi (e la proposta) politica di caratte-re generale con l’individuazione di risposte concrete in grado di rispondere – oggi, non al tempo del sol dell’avvenire – ai bisogni altret-tanto concreti di 127 lavoratori. Vedremo co-

me finirà questa vertenza, ma il nostro lavoro è stato avviato bene. La vertenza Filivivi ci parla anche degli effetti immediati della riforma Fornero: gli operai sono stati ricattati. Ai lavoratori è stato detto che con l'imminente approvazione della rifor-ma Fornero (dopo la riforma non ci sarà più la cassa integrazione per cessata attività) a-vrebbero perso anche gli ammortizzatori so-ciali se non avessero firmato subito un accor-do sindacale per consentire la chiusura della loro fabbrica. La riforma Fornero è stata brandita come una clava per cercare di soffo-care sul nascere qualsiasi tentativo di lotta. Ma l’intelligenza operaia è andata oltre: dopo aver firmato l’accordo per ottenere quanto-meno la cassa integrazione (per cessata atti-vità) sono ripartite le lotte per ottenere che la produzione industriale (e con essa i posti di lavoro) rimanga. Ovviamente anche il caso Filivivi è stata l’occasione per ribadire il no-stro progetto di legge contro le delocalizza-zioni presentato nei consigli regionali del nord in base al quale l’azienda che de loca-lizza all’estero si vede costretta a restituire

La Sinistra e il LavoroLa Sinistra e il Lavoro Matteo Gaddi - Responsabile Nazionale “Progetto Nord” – PRC

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tutti i contributi pubblici che ha ricevuto. Un partito non può più essere una cassa di risonanza di quanto viene detto dal Naziona-le. L'unico modo per recuperare credibilità è stare dentro le vertenze locali distinguendo il piano sindacale da quello politico. Bisogna fare cose che servono ai lavoratori e non solo fare demagogia o propaganda. Questa è un'iniziativa di lavoro, per costruire un'inchiesta sui luoghi di lavoro, per capire come sta l'economia locale e per verificare come sta la classe, dove e come lavora. Det-to in termini scientifici: cominciamo a studia-re la composizione del capitale e la composi-zione di classe. Per questo ho molto insistito affinché fossero presenti questa sera lavora-tori e delegati sindacali di aziende che in altri territori sono già state oggetto di inchieste e di intervento politico, sia sul piano delle politi-che industriali che del lato della lotta di clas-se. Eviterei luoghi comuni come ad esempio la necessità a tutti i costi di individuare un denominatore comune, cosa che ci portereb-be alla banalizzazione di individuarlo nei dirit-ti dei lavoratori. Da anni nei Comitati centrali di partito lanciamo la parola d'ordine della generalizzazione delle lotte e questo non ac-cade. Così come il socialismo non si fa per decreto, anche le lotte non sono unificate per decreto. Non è facile perché la crisi non pro-voca un'unificazione delle lotte, a volte i lavo-ratori si sentono isolati, viene meno la solida-rietà e l’unità tra lavoratori come nel caso Fincantieri2 con accordi separati cantiere per cantiere. Quando un gruppo industriale, nelle sue strategie, stabilisce che uno stabilimento va tagliato è più facile che scatti la competi-zione tra gli stabilimenti o addirittura all'inter-no della stessa fabbrica. Va fatto un lavoro politico e sindacale per evitare che scatti il mors tua, vita mea

3 e così via. Non è assolu-tamente vero che quando è sotto attacco la classe operaia sviluppa automaticamente at-teggiamenti di lotta e di solidarietà tra lavora-tori: per arrivare a queste serve un intervento politico; niente è dato per scontato. Stasera abbiamo invitato compagni della FIOM sia per fare il quadro generale sul settore metal-meccanico, che per intervenire nello specifi-

co sul salario d'ingresso alla Marcegaglia: operazione che rischia di fare scuola come Marchionne. A me hanno stupito fino ad un certo punto i vostri dati sulle 411 imprese ra-vennati in crisi perché in Italia, e nel nord est specialmente, la dimensione produttiva è quella piccola e piccolissima. Molte unità pro-duttive solo formalmente autonome, sono so-stanzialmente monocommittenti e funzionano come reparti staccati della (ex) grande fabbri-ca. Le filiere produttive sempre più spesso orientate verso l'estero (Automotive verso la Germania). Sempre più spesso le questioni di carattere industriale vengono risolte scari-candole sui lavoratori. Caso Casalmaggiore (CR) per la Marcegaglia: è stato imposto un accordo integrativo di 78 mesi per i nuovo assunti del gruppo Marcegaglia che stabili-sce una retribuzione sensibilmente inferiore. Si stima un danno ai lavoratori di 36.000 euro che equivale ad un altrettanto un regalo a Marcegaglia. Ho visto la nota del Gruppo in occasione del coordinamento nazionale: non si sono mantenute le promesse occupaziona-li: i nuovi assunti sono 75 su Ravenna più 75 su Casalmaggiore con turn over4 di 120/130 unità lavorativi, quindi il saldo occupazionale non è quello che era stato promesso. Assun-zioni e investimenti avverranno prevalente-mente negli stabilimenti che hanno accettato il salario d'ingresso. Gazoldo degli Ippoliti5 (MN) dove è nata la Marcegaglia non ha ac-cettato il salario di ingresso e le risorse sa-ranno concentrate solo nelle linee maggior-mente produttive. Un ragionamento pesantis-simo, più arretrato di Federacciai6, con il Gruppo Marcegaglia che immagina di risolve-re problemi di carattere industriale compri-mendo i diritti dei lavoratori. Sempre a Casal-maaggiore la Marcegaglia ha tentato, al mo-mento senza successo, di trasformare il pre-mio di produzione in premio di presenza. Nel-la chimica7, ENI concentra la maggioranza degli investimenti in energia (ricerca e vendi-ta di idrocarburi), mentre i settori più indu-striali che hanno sede in Italia, come la raffi-nazione e la petrolchimica di base e dei poli-meri, hanno scarsissimo rilievo. ENI è parte-cipato dal pubblico ma non si ha uno straccio

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di politica industriale, vedasi Marghera, Fer-rara, Ravenna. In questi petrolchimici, dove opera Versalis (ex Polimeri Europa), c’è una grande frammentazione di proprietà nello stesso luogo. Un caso paradigmatico della crisi della chimica è la vicenda Vinyls che a Ravenna s'è chiusa meno drammaticamente che a Marghera, dove si perderà tutto il ciclo del cloro – CVM – PVC, ossia una delle filie-re industriali più interessanti e suscettibili di innovazione. Quando diciamo che mancano politiche industriali, ricordiamo che è del 197-3 l’ultima bozza del piano nazionale della chi-mica (scritta da Giorgio Ruffolo). Passando al settore portuale, a Trieste la Compagnia uni-ca8 è stata distrutta, a Genova è stata ridi-mensionata di molto dopo un attacco politico. A Ravenna per lo meno un equilibrio tra ter-minalisti e Compagnia è stato raggiunto. Al porto di Ravenna ci sono 22 imprese autoriz-zate, 17 anche concessionarie, tolta un'im-presa di 300 membri le altre hanno un orga-nico di 15: è chiaro che così non si fa attività di terminalista. Per questo i terminalisti scari-cano tutti i problemi di flessibilità sulla forza lavoro della Compagnia. A Trieste ci sono addirittura 34 cooperative in articolo 16, l'arti-colo 17 della compagnia è stato spazzato via. I terminalisti si sono garantiti concessioni estremamente generose senza presentare piani industriali. Come è strutturato il piano industriale? Agroalimentare. Si è visto cosa significa consegnare Parmalat9 all'estero: chiusura di tre stabilimenti. Infine vedremo i dati del Nidil, che non è un settore industriale in sé ma è trasversale come condizione lavo-rativa (la precarietà). I dati dei centri dell'im-piego per il Nord: per il 70% i nuovi avvia-menti al lavoro avvengono attraverso contrat-ti atipici: a termine, part-time, cococo ecc. Qui a Ravenna secondo la rassegna della CGIL il dato è 94%. Questi contratti, oggi, non sono più “atipici”, ma stanno diventando ordinari. Capisco che il settore ravennate è pesantemente influenzato dalla stagionalità (agroalimentare e turismo) ma è un dato mol-to preoccupante. Anche su questi aspetti, il pacchetto Fornero non segna alcun vantaggio per i lavoratori.

Note

1. La Lanerossi Vicenza fu una squadra di calcio nata nel 1953 dalla fusione dalla squadra di calcio del Vicenza con l'industria Lanrossi, uno dei maggiori lanifici italiani situato a Schio (Vi). Il Lanerossi Vicenza ebbe ottimi risul-tati nella seconda metà degli anni '70 mentre il lanifico fu chiuso nel 2005.

2. Fincantieri Cantieri Navali Italiani S.p.A. è una società operante nel settore navale focalizzata nella produzione di navi complesse e ad alto contenuto tecnologico, quali navi da crociera e traghetti di grandi dimensioni, ed è operatore di riferimento in campo militare attraverso l’of-ferta di una ampia gamma tipologica che comprende navi di superficie (fregate, corvette, pattugliatori, ecc.) e som-mergibili. Ha stabilimenti a Trieste, Monfalcone (Go), Marghera (Ve), Sestri e Riva Trigoso (Ge), Muggiano (Sp), Ancona, Castellamare di Stabia (Na), Palermo. Fincantieri è controllata dal Ministero dell'Economia e delle Finanze tramite Fintecna. Nel 2011 dichiara 9.984 dipendenti ed un fatturato di 2,38 miliardi di euro.

3. Dal latino. La tua morte è la mia vita ovvero pensare co-me la morte, la disgrazia di qualcuno porti ad un benefi-cio personale.

4. Dall'inglese. Turn over: avvicendamento, ricambio del personale.

5. Gazoldo degli Ippoliti è un Comune di circa 3.000 abitanti in Provincia di Mantova. Qui ha avuto sede il primo stabi-limento di Marcegaglia S.p.A. Il gruppo opera nella tra-sformazione dell'acciaio, dichiara 7.000 dipendenti, un fatturato (2010) di 3,6 miliardi di euro e, in italia, ha stabi-limenti produttivi a Gazoldo degli Ippoliti (MN), Albignase-go (PD), Boltiere (BG), Casalmaggiore (CR), Contino di Volta Mantovana (MN), Corsico (MI), Dusino San Michele (AT), Forlimpopoli (FC), Lainate (MI), Lomagna (LC), Osteria Grande (BO), Pozzolo Formigaro (AL), Ravenna, San Giorgio di Nogaro (UD), Tezze sul Brenta (VR).

6. Federacciai è la Federazione che rappresenta le Imprese Siderurgiche Italiane, fa parte di Confindustria e conta ad oggi circa 150 aziende associate che realizzano e trasfor-mano oltre il 95% della produzione italiana di acciaio.

7. Per le voci Eni, Polimeri Europa, Vinyls Italia S.p.A vedi le schede nell’intervento sulla chimica.

8. Sul riordino della legislazione in materia portuale (Legge n.84 del 28 gennaio 1994) rinviamo all’intervento sul Por-to di Ravenna.

9. Parmalat S.p.A. gruppo operante nel settore lattiero-caseario con sede a Collecchio (PR) ha un fatturato (2011) di 4,49 miliardi di euro, 13,932 dipendenti. Dopo la ristrutturazione a seguita al fallimento avvenuto nel 2003, dal luglio 2011 è di proprietà della francese Lactalis, Il gruppo francese dichiara una presenza in 145 paesi, 52.000 dipendenti e un fatturato di 14,7 miliardi di euro. Nel luglio 2012 è stata resa noto il piano di ristrutturazio-ne con il taglio di tre stabilimenti (Como, Cilavegna (PV) e Genova) e la ristrutturazione di Collecchio per un totale di 120 lavoratori in esubero. Si veda La scure di Lactalis sulla Parmalat, in Il Sole 24 ore, 5 luglio 2012. Non sarà secondario rilevare che: L’Assemblea ha fissato il com-penso per il Consiglio di Amministrazione in complessivi due milioni di euro ed ha attribuito agli Amministratori, componenti i Comitati, un compenso aggiuntivo variabile pari ad Euro 3.900 a seduta ed Euro 6.500 a seduta per il Presidente del Comitato. Decisione dell'Assemblea degli Azionisti Parmalat del 31 maggio 2012 <http://www.parmalat.net/it/>

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La Riforma del Mercato del Lavoro “Legge Fornero”

Modifica dell'art.18 della legge 300/70 La Riforma del Mercato del Lavoro (Legge n. 92 del 28 giugno 2012), altrimenti detta “riforma Fornero”, è nota per avere manomesso l'art.18 dello Statuto dei Lavoratori (Legge 300/70). Con la nuova norma viene modificata la disciplina relativa alla tutela del lavoratore in caso di licen-ziamento illegittimo, prevedendo una drastica riduzione della tutela attra-verso la reintegrazione sul lavoro. L’indennizzo economico previsto co-me sanzione di carattere generale diventa la misura e il prezzo della dignità del lavoro. Come affermato da Magistratura Democratica, “la rifor-ma del lavoro approvata,rappresenta la vittoria delle ragioni economiche sui diritti e la dignità del lavoro e realizza un grave arretramento nella tutela dei lavoratori nel nostro Paese”. L’articolo 18 rappresentava il diritto su cui si fondava la possibilità di esercitare tutti gli altri diritti, di sottrarre le lavoratrici e i lavoratori al ricatto e all’asimmetria di potere nel rapporto di lavoro, con la sua modifica, continua Magistratura Democrati-ca “è stato eliminato di lavoro il vero baluardo per l’esercizio di tutti i diritti nei luoghi di lavoro che pur l’ordinamento continua ad attribuire formalmente ai lavoratori”.1

I nuovi ammortizzatori sociali: l’ASPI Oltre alla cancellazione dell'art.18, la Riforma Fornero è intervenuta pesantemente sugli ammortizzatori sociali, ovvero quegli strumenti economici e giuridici a sostegno dei lavoratori coinvolti da licenziamento o crisi aziendali. Dopo un periodo di transizione, dal 2017 spariranno l'indennità di disoccupazione, l'istituto della mobilità (che garantiva van-taggio alla ricollocazione, compresa un'indennità la cui durata variava per area geografica), la cassa integrazione straordina-ria (CIGS) e quella in deroga (che estendeva il sostegno economico alle piccole imprese e ai settore esclusi dalla CIGS). Questi ammortizzatori saranno sostituiti dall'ASPI, ovvero Assicurazione Sociale Per l'Impiego e, nel caso della Cassa Inte-grazione in deroga, dall’istituzione di fondi di solidarietà bilaterali presso l’Inps. Per usufruire dell’ ASPI bisogna avere almeno due anni di anzianità assicurativa e 52 settimane di lavoro nell’ultimo biennio. L’importo stanziato sarà pari al 75% della retribuzione fino a 1.150 euro e al 25% oltre questa soglia, per un tetto massimo di 1.119 euro lordi al mese. L’assegno verrà tagliato del 15% dopo i primi sei mesi e di un altro 15% dopo il semestre successi-vo. È un importo che non risponde al requisito che, secondo il Parlamento Europeo, dovrebbe essere quello di garantire una vita dignitosa al lavoratore che ha perso il suo impiego ed alla sua famiglia, cioè non dovrebbe essere inferiore al 60% del reddito mediano dello Stato membro interessato (come da punto 15 della risoluzione). E il 60% del reddito mediano mensile netto italiano è pari a 1.227 euro (dato di partenza di fonte Istat). Pertanto chi si ritrova licenziato avrà un assegno di disoccu-pazione previsto dall’ASPI pari a 7mila euro all’anno, ed oltretutto sottoposto a continui ribassi (-15% dopo i primi sei mesi, ulteriore ribasso del 15% dopo il secondo semestre): un importo che non garantisce alcuna copertura rispetto al rischio di caduta in povertà legato alla perdita del lavoro. Se fino ad ora si poteva contare su 2 anni di Cassa integrazione straordina-ria, dopo i quali scattava la mobilità (2 anni per gli under 50, e 3 per gli over, o 4 anni per gli over 50 del Sud), cioè in totale una protezione dai 2 ai 6 anni, invece dopo il “periodo di transizione” della riforma, cioè dal 2017 quando spariranno la mobi-lità e la Cassa straordinaria, resterà soltanto 1 misero anno, massimo 1 anno e mezzo per gli anziani. Si introduce inoltre la Mini-Aspi, che nella propaganda del Governo avrebbe dovuto estendere gli ammortizzatori sociali an-che a lavoratori prima esclusi. La platea è invece sostanzialmente la stessa, dato che le sole tipologie a cui l’Aspi viene este-sa rispetto alla vecchia indennità di disoccupazione, sono gli apprendisti e gli artisti. Resta fuori tutto il falso lavoro autonomo, i para-subordinati. L’Aspi è esclusa per le partite IVA, l’associazione in partecipazione, il lavoro a progetto, i voucher, il lavoro a chiamata. Ma resta fuori anche gran parte del lavoro dipendente a tempo determinato in virtù di requisiti d’accesso che restano identici a quelli previsti per la vecchia indennità di disoccupazione. Per il lavoro precario, il doppio requisito dei due anni di iscrizione all’Inps e delle 52 settimane di contributi versati nel biennio, restano infatti in larga parte soglie irraggiungibi-li.2,3

Estensione dei Voucher nel settore agricolo L’art. 11 estende l’uso dei voucher (“buoni lavoro” cartacei o telematici comprensivi di contribuzione pensionistica e assicu-rativa da incassare alla Posta) a tutto il lavoro stagionale nel settore agricolo cosicché esso verrebbe considerato ‘meramente occasionale’ e i braccianti si ritroverebbero senza un contratto, senza un salario di qualifica e senza le tutele per la maternità. Gli artt. 24-28 (mini-Aspi) comporteranno inoltre una riduzione media dell’indennità spettante al lavoratore fino al 30% rispetto a quella attuale. E il nuovo sistema di calcolo dei contributi figurativi comporterà un forte taglio della prestazione pensionistica se non, addirittura, il mancato raggiungimento al diritto della stessa.2,3

1 - Comunicato di Magistratura Democratica 26/03/2012 2 - Riforma degli ammortizzatori sociali nel disegno di legge Monti – Fornero, di Francesco Pinerolo <http://tpress-emma.blogspot.it> 3 - Un contributo di analisi del ddl Lavoro, di Roberta Fantozzi <http://www.controlacrisi.org/>

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Trovo corretta l'impostazione dell'intervento introduttivo, quando giustamente si dice “ripartiamo dal lavoro”. La questione del lavo-ro è stata in questi anni trascurata e questa è una delle ragioni per cui oggi si ricomincia a parlarne e che a mio avviso ha fatto perdere alle forze politiche una visione strategica. Salario di ingresso alla Marcegaglia. I primi ragionamenti emergono alla fine del 2010 e non è affatto terminata perché ha por-tato a lacerazioni e ad una lunga discussio-ne. In molti che hanno parlato della vicenda anche mezzo stampa, hanno evidenziato una certa carenza di informazioni. Non fa nem-meno piacere vedere come da parte di alcuni vi sia il solo interesse a strumentalizzare la questione. Marcegaglia informò il coordina-mento nazionale che voleva introdurre nel-l'applicazione della contrattazione aziendale un doppio binario. Nella pratica significava mantenere inalterato il trattamento dei dipen-denti in essere, ma per i nuovi assunti non ci sarebbe stato il riconoscimento del contratto integrativo aziendale. Quali effetti sui lavora-tori? Sancire che vi sarebbero stati nella stessa azienda a parità di mansioni, lavorato-ri di serie A e di serie B, per qualsiasi sinda-cato avrebbe dovuto essere un principio i-naccettabile. Questa proposta la trovammo eccessivamente forzata anche in una norma-le dialettica di contrattazione. Quando ci fe-cero la proposta di mediazione saltò fuori il salario di ingresso a nove anni. Questo signi-ficava che non ci sarebbe più stato il doppio binario, ma i nuovi assunti avrebbero matura-to il 100% del salario aziendale al termine dei 9 anni. Un tempo di gran lunga superiore al periodo di apprendimento necessario per ac-quisire un' adeguata esperienza.

Un'operazione finalizzata alla riduzione del costo del lavoro. Ci fu una lunga discussione: la FIOM si disse contraria fin da subito, fa-cendo una proposta di mediazione dimo-strando che a dispetto dei luoghi comuni non sa dire solo no. Proponemmo anche di ragio-nare su una forma di gradualità nel raggiun-gimento del 100% del salario ad una condi-zione: che si arrivasse a maturazione piena all'interno del periodo di apprendistato (tre anni). Una discussione che l'azienda non prese mai in considerazione. Nei mesi a se-guire la Direzione aziendale abbandonato il tavolo nazionale con il coordinamento, intra-prese la strada degli accordi in ogni singolo stabilimento con le rsu, cercando di fare il possibile per avere la maggioranza dei pareri favorevoli tra i delegati e se possibile con de-legati di tutte le organizzazioni sindacali. Quest'ultima condizione era di assoluto inte-resse per la direzione aziendale in quanto gli avrebbe consentito di dire che non si trattava di accordi separati. La FIOM e parte dei suoi delegati con il suo no, non hanno mai inteso fare una battaglia di principio. Aprire ad un

Il salario di primo ingresso Il salario di primo ingresso

alla Marcegaglia alla Marcegaglia Milco Cassani - Segretario Generale Provinciale FIOM

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Marcegaglia: “Un piccolo sacrificio”

Dai calcoli della FIOM-CGIL il salario d'ingresso determina una perdita economica nei 6 anni di circa 25.000 euro ad ogni singolo lavoratore. Nello stabilimento di Ravenna, per far fronte alla necessità di manodopera e mancando un accordo sindacale, l'azienda si avvalse a partire da novembre 2010, di 40 dipendenti della Nuova Inde, una Società a responsabili-tà limitata con 10.000 euro di capitale sociale costituita appena il 15 ottobre 2010. A gen-naio 2011, l'azienda risulta proporre l'assunzione di 250 lavoratori in cinque stabilimenti (Gazoldo degli Ippoliti, Contino di Volta Mantovana, Casalmaggiore, Ravenna e Forlimpo-poli) a fronte di riduzioni salariali. Se vogliamo non tanto che investitori stranieri giungano in

Italia ma che gli italiani restino qui dobbiamo abituarci a scenari del genere e a maggiore

flessibilità: queste sono le nuove regole. Da parte nostra quello che chiediamo è un piccolo

sacrificio temporaneo, non uno stravolgimento. Così Antonio Marcegaglia al Corriere della sera del 13 gennaio 2011. Il 12 aprile 2011 nello stabilimento di Ravenna le RSU - compo-ste da FIM, UILM e alcuni delegati della FIOM – (in disaccordo con la propria organizzazio-ne e con altri delegati) firmano l'accordo per il salario d'ingresso. E' previsto un livello retri-butivo inferiore del 25% rispetto a quello aziendale per un periodo massimo di 79 mesi con

riduzione di premi e 14esima mensilità. Nuova Inde viene rilevata da Marcegaglia il 19 aprile che a maggio ne assume tutti i dipendenti adottando i nuovi parametri aziendali. Nel frattempo, il 27 aprile la FIOM aveva fatto ricorso e, nel giugno 2011, il Giudice del lavoro, Roberto Riverso, ha riconosciuto la condotta antisindacale e la somministrazione illecita di manodopera da parte della Marcegaglia, condannando l'azienda a corrispondere il salario pieno ai neoassunti e prevedendone l'assunzio-ne a tempo indeterminato. Un provvedimento che sembra avere motivazioni più politiche che giuridiche così aveva definito la sentenza, sul Corriere della Sera del 4 giugno, l'avvocato Giustiniani, difensore di Marcegaglia. L'accordo siglato negli stabili-menti di Ravenna e di Casalmaggiore è servito all'azienda per mettere in difficoltà la FIOM in altri siti produttivi. A Forlì, l'ac-cordo proposto è stato firmato da FIM e UILM lo scorso 19 marzo 2012 con un sostanziale appoggio delle Istituzioni locali (Provincia e Comune di Forlì e Forlimpopoli) all'azienda. A Ravenna invece le istituzioni non hanno mai preso posizione sulla vicenda. Il 19 Aprile 2012 Steno Marcegaglia è stato ricevuto dal Sindaco Matteucci in Municipio. A seguito del comunicato ufficiale del Comune di Ravenna dove il Sindaco ringraziava Steno Marcegaglia per le assunzioni fatte, vi fu una chiara presa di posizione da parte della Fiom provinciale che lamentava come parte di quelle assunzioni fossero state oggetto di una sen-tenza da parte del Tribunale di Ravenna che aveva portato l'azienda ad una condanna. Il Sindaco rispose alla Fiom con un invito in Municipio per un confronto che si è svolto il 09 luglio 2012.

concetto di questo tipo ha dei riflessi pratici ed immediati (in quel momento non eravamo in presenza dell'articolo 81 e nemmeno del-l'accordo del 28 giugno2). Nei fatti significava un taglio salariale medio mensile nell'ordine di 250/300 euro per sei anni e mezzo. Un danno economico pesantissimo per il lavora-tore, quando per l'azienda in realtà il costo del lavoro è pari ad un 6% medio sul fattura-to. Anche Marchionne inizialmente diceva che era inutile discutere del costo del lavoro perché incideva sul fatturato Fiat circa all'8%. Un dato addirittura maggiore rispetto a quello della Marcegaglia. In realtà quello che stava accadendo all'interno del gruppo aveva un grosso significato politico. Emma Marcega-glia era in quel momento la Presidente di Confindustria. Poteva mai il presidente fare cose diverse nelle sue aziende rispetto a quello che predicava agli imprenditori del no-stro paese? Non ci sbagliammo nell'immagi-nare ciò che sarebbe poi accaduto. Devo pe-rò anche dire, che accordi di questo tipo non si limitano a fare danni solo sul piano econo-

mico, ma introducono un pericoloso principio discriminatorio. Oggi la speranza che un la-voratore di età superiore a 29 anni (limite massimo per il contratto di apprendistato) possa essere assunto nello stabilimento Mar-cegaglia di Ravenna è quasi nulla, in quanto l'azienda non avrebbe nessun vantaggio eco-nomico. So benissimo che l'azienda non è un ente di beneficenza, ma le organizzazioni sindacali che firmano questi accordi, dovreb-bero pensare agli effetti che producono nel-l'immediato e nella prospettiva. Chi dice che grazie a questo accordo si sarebbero favorite 70/80 assunzioni, dice un'assoluta falsità, che potrebbe essere dettata dalla disinforma-zione o dalla voglia di strumentalizzare i fatti per secondi fini. Primo perché nel 2007 con il vecchio accordo aziendale la direzione si era impegnata a raggiungere con gli investimenti da farsi nel quadriennio successivo le 1000 unità. Ad investimenti completati i dipendenti non arrivano ad 800 e quindi ne manchereb-bero la bellezza di oltre 200. Mentre è chiaro che grazie all'accordo sottoscritto da una par-

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te della Rsu (pur se maggioritaria), ai nuovi assunti che dovranno avere necessariamen-te meno di 29 anni, spetterà a loro un salario ridotto. Se tutta questa vicenda può essere collocata all'interno di una dialettica di tipo sindacale, ricordare anche il contesto mi faci-lità nel portare alla vostra conoscenza anche un aspetto interessante dal punto di vista giu-ridico. Avendo l'azienda portato a termine nel 2010 la costruzione degli impianti, frutto degli investimenti decisi nel 2007 e trovandosi in condizione di fare le assunzioni necessarie per occupare le nuove postazioni di lavoro, l'azienda prima provò ad ottenere con accor-do sindacale il salario d'ingresso, ma visto l'intransigenza a concederlo da parte della Fiom, decise di costituire una società ad hoc esterna alla Marcegaglia. Questa servì per avviare le assunzioni con retribuzioni ai mini-mi contrattuali, (le quali saranno considerate illegali da parte del Tribunale di Ravenna grazie al ricorso presentato dalla Fiom) ad ulteriore dimostrazione che non si creò nes-sun posto di lavoro grazie al salario d'ingres-so, ma si sancì solo la riduzione del salario dei lavoratori. Di certo quella condanna per condotta antisindacale e somministrazione illecita di manodopera, non fu cosa positiva per un'azienda che aveva al vertice il Presi-dente di Confindustria. Non fu positiva nem-meno per chi in quel momento preferì trovare altre soluzioni rispetto alla denuncia, lascian-do molti giovani di fronte al ricatto occupazio-nale che sono stati costretti a subire in un primo momento pur di lavorare. Oggi a quei ragazzi sono stati riconosciuti i loro diritti gra-zie alla FIOM che depositò il suo ricorso presso il Tribunale di Ravenna. Un'ultima ri-flessione la voglio fare sugli effetti di dumping3 contrattuale che situazioni di questo tipo pro-ducono in un territorio. Sono diverse le azien-de che ci chiedono accordi simili a quello del-la Marcegaglia che determinano riduzione del costo del lavoro e conseguentemente au-mento della competitività rispetto ai concor-renti che non dispongono di questi trattamen-ti. Credo che a volte da parte di chi è chiama-to a firmare ci sia anche sottovalutazione ne-gli effetti che alcuni accordi possono produr-

re. Servirebbe maggiore riflessione. Norme come l'articolo 8 che dà la possibilità alle RSU aziendali di derogare non solo contratti nazionali ma anche le leggi dello Stato, credo siano state un errore politico al quale biso-gnerebbe porvi rimedio al più presto possibi-le. Che il mondo dell'impresa punti con questi strumenti legislativi, allo smantellamento del contratto nazionale e al diritto del lavoro è noto. Una vera azione di contrasto a questi provvedimenti però non si è vista se non da parte della Cgil e della Fiom che come cate-goria ha contrastato con iniziative e mobilita-zioni. Una maggiore unità tra le diverse orga-nizzazioni forse avrebbe aiutato, ma non bi-sogna dimenticare che l'unità delle organiz-zazioni passa attraverso una mediazione possibile sul merito delle questioni. Proprio quel merito che a volte, fa supporre che le organizzazioni sindacali abbiano intra-preso su alcuni temi strade contrapposte.

Note

1. Con l'approvazione dell'articolo 8 contenuto nella ''Manovra bis'' del 2011 del Governo Berlusconi (Decreto Legge 13 agosto 2011, n. 138 recante ''Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo'' convertito con legge n.148 del 14 settembre 2011), si dispone espressamente che i contratti “di prossimi-tà” (altrimenti detti aziendali, o territoriali) operano “anche in deroga alle disposizioni di legge che disciplinano le materie su cui, lo stesso articolo, ammette la contrattazio-ne, nonché in deroga “alle relative disposizioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro”. Per un ulteriore approfondimento: L’articolo 8 della legge 14 settembre 2011, n. 148 e la “rivoluzione di Agosto” del Diritto del lavoro, di Adalberto Perulli - Valerio Speziale, WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona” .IT - 132/2011,Università degli Studi di Catania Facoltà di Giurisprudenza, (http://www.lex.unict.it/)

2. Il riferimento è all'accordo interconfederale siglato tra Confindustria, CGIL, CISL e UIL il 28 giugno 2011. Tra le materia di accordo, la contrattazione aziendale e i ruoli delle Rappresentanze Sindacali Unitarie (le RSU, elette dai lavoratori), le Rappresentanze Sindacali Aziendali, (le RSA, nominate dalle organizzazioni sindacali) e delle organizzazioni sindacali. Il Segretario generale FIOM, Maurizio Landini, espresse contrarietà per una lunga serie di motivazioni espresse al Comitato Centrale della FIOM del 30 giugno 2011 (http://www.fiom.cgil.it/). Un aspetto non secondario è da considerare l'atteggiamento aggressivo dell'amministratore delegato di FIAT SpA, Sergio Marchionne, già impegnato nel ridimensionare il valore del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (il CCNL, detto in breve, Contratto nazionale). Marchionne ritenne positivo l'accordo del 28 giugno ma non sufficien-te per trattenere la FIAT in Confindustria, uscita avvenuta il primo gennaio 2012.

3. Dall'inglese. Dumping: cambiamento in senso peggiorati-vo. In senso lato: svendita, concorrenza sleale.

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Iniziamo dalla vertenza Vinyls, che è stata ed è una vertenza assolutamente simbolica del-le grandi crisi industriali degli ultimi anni. Vinyls, per i non addetti ai lavori, azienda che ha cambiato almeno sei nomi negli ultimi 10 anni, era l'unico produttore di PVC, la comu-ne “plastica”, in Italia che è il secondo/terzo mercato europeo con il consumo di circa un milione di tonnellate all'anno. L'industria del PVC appartiene alla filiera del cloro, la princi-pale filiera chimica inorganica quindi non e-sclusivamente legata alla virgin nafta1 come materia prima. All'inizio degli anni '90 l'ENI decise di svincolarsi dalla chimica, “cosa vec-chia e superata soprattutto non redditizia”, dando vita al cosiddetto “spezzatino” a bene-ficio di una serie di multinazionali che acqui-sirono gli impianti ex Enichem nel petrolchi-mico di Ravenna, delle quali la più importan-te fu l'EVC che era una joint venture2 tra Eni-Chem e l'ICI3 inglese. Ci fu lo sfruttamento per 10 anni di impianti tecnologicamente at-tuali a costo irrisorio, in cui con il passare de-gli anni ENI riduceva la quota azionaria. Su-bito dopo la quotazione alla borsa di Amster-dam iniziò il lento disgregarsi di quest'azien-da, un colosso europeo e nel 2002 si chiuse-ro gli stabilimenti di Brindisi perché “logisticamente lontana” dalle aziende che producono spalmati, bottiglie, carte, etc a partire dal PVC. Per i lavoratori pugliesi ci fu la lettera di licen-ziamento insieme al pacco di Natale, ma non capimmo esattamente quel che stava succedendo e due anni dopo toccò a due im-pianti di Ravenna: quelli per la produzione del CVM4 e del dicloroetano5. Per la prima volta nella storia del Petrolchimico la verten-za si concluse con dei licenziamenti: 80 per-

sone licenziate, tra cui il sottoscritto, che pe-rò, visto che la crisi non si era ancora svilup-pata trovarono in gran parte una ricollocazio-ne all'interno del Polo chimico perdendo “solamente” l'anzianità, le qualifiche, il lavoro per periodi più o meno lunghi....Con quello che ci va dietro dal punto di vista psicologico, che ora ahimè tutti comprendiamo ma che allora non coliva più di tanto. Ci fu sì una ver-tenza di un certo livello, ma anche questa scivolò via nell'opinione pubblica. Nel 2008, Ineos6, finanziaria con capitale rus-so sconosciuta nella chimica che un paio di anni prima aveva acquistato l'EVC, decise di vendere tutta la parte italiana del PVC ad u-no sconosciuto, tal Sartor7, imprenditore ve-neto che faceva ponteggi. Era ormai tardi, ma le antenne le drizzammo tutti: sembrava improbabile che un piccolo imprenditore po-tesse sopravivere in quel businnes. Infatti Sartor fallì in una manciata di giorni e si aprì l'amministrazione straordinaria con cassa in-tegrazione per oltre 400 lavoratori diretti nei tre principali siti italiani: Ravenna, Porto Mar-ghera e Porto Torres con conseguenze disa-

Ex Vinyls: il polo chimico di RavennaEx Vinyls: il polo chimico di Ravenna Massimo Marani - Segretario Provinciale FILCTEM

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strose per l'occupazione nell'indotto. A que-sto punto partì un susseguirsi di trattative in cui Eni si inseriva come protagonista a volte a favorevolmente altre contro una soluzione, coinvolta come principale fornitore di materie prime e possessore delle impianti che com-pletavano il ciclo industriale del pvc, come le saline. Eravamo negli anni di Scajola8 al Mi-se, per la precisione Scajola scoprì proprio in quei giorni che qualcuno gli aveva comprato,

povero lui, un appartamento con vista Colos-seo e perciò lasciò il Ministero dello Sviluppo Economico con nessuno a dirigerlo. E' stato una parentesi lunga un anno in cui non si riu-sciva a trovare nessun riferimento a cui fare capo: una delle principali potenze economi-che mondiali ha dato un chiaro segnale di quanto fosse allo sbando. E' stato il barcamenarsi di alcuni bravi funzio-nari, tra cui Andrea Bianchi, direttore genera-

Dall’Eni alla Vinyls

Il polo chimico a Ravenna si insedia con l'Anic che entrò in funzione nel 1958 con lo scopo di produrre fertilizzanti, urea e nitrato ammonico, ma anche con il progetto di entrare nel mercato degli elastomeri. Nel 1953 l’Anic entrò nel gruppo Eni

(Ente Nazionale Idrocarburi). Nel 1989 il polo chimico passo alla nuova società nata dall’accordo fra ENI e il Gruppo Fer-ruzzi di Ravenna che precedentemente aveva conquistato il controllo della Montedison: nasce il gruppo Enimont. L’Eni si impegna a conferire a Enimont le sue attività chimiche in Enichimica, Anic, Sir, Liquichimica. La fusione fu salutata con entu-siasmo. Si stimava che la Enimont si sarebbe collocata tra le prime 10 società chimiche del mondo. Poco più di un anno do-po la nascita di Enimont, l’Eni decide di acquistare la totalità delle azioni Montedison in Enimont. Nel 1991 la Società prende il nome di Enichem. Enichem nel 1992 si collocherà per fatturato tra le prime dieci fabbriche chimiche del mondo. I dipendenti superano le 30.000 unità. Tuttavia, con il fatturato cresce anche il debito consolidato di Enichem che ammonta a circa 8.000 miliardi di lire. L’Eni corre ai ripari a colpi di dismissioni e di tagli all’occupazione. Dal 1992 a fine 2000 gli occupati scendono da 30.000 a 13.000. L’Eni è stata privatizzata nel 1995. Il 1° gennaio 2002 l’Eni costituisce una nuova divisione, la Polimeri Europa cui conferisce tutti gli stabilimenti all’estero e la maggioranza di quelli italiani. Polimeri Europa, prima azienda chimi-ca in Italia e tra le principali a livello europeo, cambia nome e diventa Versalis.

Vinyls Italia nasce nel 1986 come European Vinyls Corporation International, joint venture olandese paritetica tra Enichem ed ICI: al nuovo soggetto viene affidata la gestione dei loro impianti di produzione di VCM, PVC e PVC Compound situati in Italia, Germania, Svizzera e Gran Bretagna, di cui assumerà la proprietà nel 1991. Nel 2005 Ineos diviene azionista unico di EVC. Verso la fine del 2008, iniziano ad accumularsi debiti nei confronti di ENI, a causa di fatture non liquidate (77 milioni di euro). Il 31 marzo 2009 è avvenuta la vendita di Ineos Vinyls Italia a due società del gruppo Sartor, Sartor Investiment S.r.l. e Sartor Holding S.r.l. La nuova società ha preso il nome di Vinyls Italia S.p.A.. Dopo solo 20 giorni dall’acquisizione, la nuova proprietà ha comunicato che la società non poteva continuare ad operare poiché ENI ha aumentato il prezzo del dicloroetano da 70 euro a 270 euro la tonnellata: il 28 maggio viene presentata richiesta di fallimento che sfocerà nella messa in ammini-strazione straordinaria. Nell'agosto 2009 la produzione viene fermata e il 27 novembre gli operai vengono messi in cassa integrazione. L'8 gennaio 2010 Gli Operai occupano la Torre Aragonese di Porto Torres. Il 25 febbraio 2010 gli operai occu-pano per protesta l'ex carcere di massima sicurezza dell'Asinara, che viene ribattezzata dai media, L'isola dei cassintegrati", riprendendo il famoso reality show. Dopo parecchi mesi di trattative (fallite) con il fondo svizzero Gita circa l'acquisto in bloc-co dei tre stabilimenti Vinyls di Porto Marghera, Porto Torres e Ravenna, nel giugno del 2011 IGS acquisisce l'impianto di Ravenna (54 dipendenti - 38 di Ravenna, 16 di Porto Torres e Marghera), che nel luglio 2012 riprende la produzione indu-striale. Si procede dunque allo spezzatino di Vinyls con la vendita dei siti di produzione a soggetti differenti.1,2

1. Sulla vicenda Vinyls: http://it.wikipedia.org/wiki/Vinyls 2. Sulla nascita e sviluppo dell’ENI: Luciano Gallino, La scomparsa dell’Italia industriale (sintesi a cura di Mario Boyer IRES-CGIL ABRUZZO -

http://www.abruzzo.cgil)

Anic 1957 - Torre di raffreddamento in costruzione

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le del Ministero, che hanno fatto di tutto per tenere viva questa trattativa, anche se limitati dal fatto che nessuno poteva prendersi la re-sponsabilità di forzare ENI in qualità di vec-chio datore di lavoro eticamente responsabile o minacciare Ineos, colpevole di aver ceduto un'importante attività industriale ad un possi-bile semplice prestanome. Nel frattempo i lavoratori galleggiavano in un incubo: non avevano neppure più la possibili-tà essere retribuiti per presidiare gli stabili-menti, soggetti alla legge sul “rischio d'inci-dente rilevante”. Siamo stati per mesi con il paradosso che chi restava a casa prendeva almeno la cassa integrazione e chi andava a lavorare non prendeva nulla perché l'Ammini-strazione Straordinaria non aveva i soldi e la cassa integrazione non poteva esser loro ri-conosciuta in quanto prestavano attività lavo-rativa. Abbiamo avuto la grande fortuna di avere a che fare con persone con una co-scienza ed un senso di responsabilità fuori dal comune, che non hanno mai lasciato gli impianti incustoditi.....e ricordiamoci che an-che solo pagarsi la benzina per andare al la-voro dopo due anni di cassa integrazione di-venta un grosso problema. A Roma intanto si preparavano gare interna-zionali legate a interminabili trattative con possibili acquirenti, sempre sfumati per un particolare o per un altro: ricordo un grande gruppo arabo, Ramco, probabilmente allonta-natosi dopo aver raccolto l'indisponibilità di Eni a cedere gli impianti complementari per la filiera e, dopo l'avvento di Paolo Romani9 come ministro, la finanziaria GITA10 che per sei mesi ha tenuto bloccato la trattativa di-cendo più o meno: “domani vi diamo i soldi

necessari alla fidejussione....”,. Inutile dire che non sapremo mai se questa finanziaria avesse veramente i soldi e l'intenzione di ac-quistare. E' stata una parentesi veramente buia: addirittura in un incontro Romani ci fece vedere il numero di telefono indicato da Gita per chiamare e verificare l'avvenuto bonifico ma “......non ci risponde mai nessuno!! Cosa

possiamo fare!!...”. Se dietro non ci fosse sta-ta una tragedia per tante famiglie ci sarebbe stato di che ridere.

Sindacalmente eravamo in un periodo dove l'unitarietà era ancora più lontana di oggi, ma ciononostante siamo rimasti uniti, sindacal-mente e territorialmente, fino all'ultima mani-festazione di Roma in cui abbiamo dovuto separare le sorti di Ravenna da quelle dei compagni sardi e veneti. In quel momento si doveva scegliere: Raven-na aveva già due manifestazioni di interesse: la croata Dioki11 e la IGS12 italiana, che però erano interessate solo, o preminentemente, a quel sito. Alla fine la decisione è stato presa sia per garantire l'impianto di Ravenna ma anche per consentire, con il pagamento di una sostanziosa prima tranche all'ammini-strazione straordinaria, la retribuzione dei la-voratori degli altri due siti. Ravenna è riparti-ta, ha reintegrato il personale e con il mar-chio Coem, gruppo IGS, che per ora sembra un'azienda seria, alla quale l'appoggio della francese Arkema ha conferito la necessaria “consistenza” per navigare in un mercato co-stituito da soli grandi gruppi industriali. Rima-ne un grandissimo rammarico per i lavoratori degli altri due siti perché forse con più com-petenza a livello ministeriale e politico ci sa-rebbe stata la possibilità di salvare un'azien-da italiana nella sua interezza e tanti posti di lavoro in più. Amarezza che si acuisce pen-sando ad alcuni episodi paradossali: ad un certo punto del 2010 non è stato possibile riavviare la produzione, anche con un merca-to favorevolissimo, perché non si trovava il dicloroetano....guarda caso nel 2004 a Ra-venna Ineos aveva chiuso l'impianto che lo produceva. Nel 2002 quando hanno chiuso Brindisi ci avevano raccontato che era per un problema logistico: le aziende trasformatrici in Lombardia e Emilia erano troppo lontane, pero' ad una distanza di una manciata di anni è diventato più conveniente produrre PVC in Belgio o Germania e farlo arrivare fin qui.....alla faccia delle distanze. E alla faccia delle coincidenze.....Che in Italia non ci sia il modo di controllare le multinazionali, di ren-dere vincolante la loro responsabilità sociale, continua ad essere un problema enorme ed irrisolto. Il “Pacchetto Fornero”, l'impegno di Monti,

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Note

1. Ovvero un prodotto della raffinazione del petrolio. 2. Joint venture, dall’inglese: azienda nata dell’accordo fra

due o più imprese. 3. Imperial Chemical Industries, una delle maggiori società

del Regno Unito fondata nel 1926, è stata rilevata nel 2007 dall'olandese Akzo Nobel (fatturato 2011: 15,7 mi-liardi di euro).

4. Il Cloruro di vinile monomero è un composto chimico im-piegato per la produzione del PVC, policloruro di vinile, base per le diffusissime materie plastiche. Il CVM è un gas incolore e inodore riconosciuto come cangerogeno che ha avuto una certa notorietà a seguito del processo riguardante il petrolchimico di Marghera (VE) <http://www.petrolchimico.it/Petrolchimico/home_petrolchimico.htm>

5. Si tratta del 1,2-dicloroetano o cloruro di etilene, un com-posto chimico intermedio utilizzato per la sintesi del CVM.

6. Ineos dichiarava un fatturato (2010) di 28,4 miliardi di dollari.

7. Fiorenzo Sartor, imprenditore metalmeccanico trevigiano, acquisì gli impianti da Ineos nel 2009 ma dopo appena 15 giorni portò i libri contabili in Tribunale.

8. Alle dimissioni di Claudio Scajola, il 4 maggio 2010, seguì la reggenza del Primo Ministro Silvio Berlusconi dal 5 maggio al 4 ottobre 2010.

9. Paolo Romani, Ministro dal 4 ottobre 2010 al 16 novem-bre 2011.

10. Gita Holding Ag, una società costituita il 14 maggio 2010 in Svizzera, appena due giorni dopo la rinuncia di Ram-co, società araba dell'emirato del Qatar. Ramco aveva rinunciato a seguito del mancato accordo con Eni di ce-dere tutto il ciclo del cloro agli arabi.

11. Recentemente, la croata Dioki d.d. è stata coinvolta in uno scandalo politico. Nel 2010 Dioki dichiarava un fattu-rato di circa 130 milioni di euro.

12. IGS, Industrie Generali SpA ha sede a Samarate (VA). Nel settembre 2011 ha comunicato di esseresi aggiudica-ta lo stabilimento ex Ineso di Ravenna.

13. Lo stabilimento della norvegese Borregard produce piro-catecolo e idrochinone, due composti chimici intermedi. Gli impianti, dopo una fase di crisi, sono stati acquisiti nel novembre 2010 dall'indiana Camlin fine chemicals Ltd.

hanno detto e fatto tante cose, tra l'altro col-pendo sempre gli stessi bersagli, ma su que-sto tema non ci si è portati in avanti di un mil-limetro: avere la possibilità di fare un percor-so serio, di salvare un'azienda con tutte le carte in regola, che ha un mercato ma che viene demolita per mantenere i margini di profitto deve essere una priorità. Non può esistere la libertà di fuga per un impresa che ha sfruttato le opportunità di un territorio per decenni in nome del profitto: negli altri paesi europei non viene permesso un atteggiamen-to che mini in questo modo il tessuto econo-mico. Poi capisco che non bisogna spaventa-re le multinazionali perché abbiamo bisogno degli investimenti, delle risorse, delle struttu-re, deella ricerca, ma a subire e pagare non possono essere sempre ed esclusivamente i lavoratori. Due note sullo stabilimento di Ravenna.

Dopo la disgregazione del 1992 sono nate ben 12 aziende, però è una spezzatino quasi virtuale perché sono state mantenute le inter-connessioni tra materie prime e prodotti, cen-tralizzati i servizi in un consorzio e focalizzata l'attenzione comune sulla sicurezza. Questo ha permesso al petrolchimico di Ravenna di rimanere integro e ad attirare cospicui inve-stimenti, caso unico in Italia, con la solidarie-tà piena della popolazione ed il sostegno del-le amministrazioni locali. Durante la gestione di diverse vertenze a livello nazionale abbia-mo visto cosa succede altrove, come Mar-ghera, o Porto Torres, e ne abbiamo annota-to le drammatiche conseguenze. A Ravenna si è riusciti a salvare Vinyls ma anche Borregard13, proprio perché si è lavo-rato insieme con grande tenacia, ma sono stati percorsi estemporanei, nei quali ci si è dovuti barcamenare sollecitando ora il mini-stero, ora le aziende, ora le istituzioni e quantunque i risultati siano stati buoni riman-go dell'idea che non si possa lasciare la vita di così tante persone alla buona volontà e all'improvvisazione. Purtroppo le previsioni per la chimica sono pessime. In questi giorni due multinazionali con siti anche a Ravenna, che producono gas tecnici e industriali, han-no annunciato una un taglio di 50 persone

su 400 in Italia, un altra un piano a tappeto di cassa integrazione. e poiché forniscono tutta l'industria e i servizi sono un po' il termome-tro dell'economia di un paese industrializzato: una scelta del genere fa pensare molto male per il futuro. Un vero peccato anche aldilà delle valutazio-ni economiche e strategiche, perché la chimi-ca è rimasta un'isola di buona occupazione, perché qui un contratto interinale è veramen-te un contratto atipico. Le assunzioni a tempo indeterminato sono la regola nell'arco di uno massimo due anni. E' anche un'isola di lavo-ro sicuro: si parla di 8 infortuni per un milione di ore lavorate. Un tipo di lavoro che dobbia-mo cercare di difendere con le unghie e con i denti perchè torni ad essere lo standard e non una rarità in via d'estinzione.

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Mi associo a quel che ha detto Milco in aper-tura rispetto al ringraziamento agli organizza-tori come cittadino ancora prima che come funzionario sindacale. Affrontare il tema del lavoro in chiave seminariale, infatti, denota un'attenzione ad un tema centrale per la per-sona e ad un diritto costituzionale (potremmo dire al fondamento che la Costituzione stes-sa mette a base della nostra repubblica) che, in altre parti della cosiddetta sinistra, non sempre ha avuto grande riscontro. Il porto

Sono stato in porto la prima volta a visitare una nave russa con la FGCI1 a metà degli anni '70 e sono tornato in porto, per la secon-da volta, a 50 anni. Penso che la mia città pur avendo avuto il porto vicino alla stazione ed al centro cittadino, non ha mai saputo di averlo, o meglio, non ne ha avuto piena con-sapevolezza, almeno fino a tempi recentissi-mi. Il porto di Ravenna è un porto comples-so, non è il più grande d'Italia ma per traffici è al 3° posto per le merci secche e verso il de-cimo per tonnellaggio complessivo, in base a come si misurano i traffici, ed è un porto mul-tipurpose2 che pur avendo una prevalenza per le rinfuse solide riesce ad avere un buon mix merceologico. Ho scoperto, andando in porto, che questo, da tempo è un luogo as-soggettato a precise e specifiche normative3. In particolare esiste una sorta di testo unico (legge n. 84 del 1994)4 che regolamenta il ruolo delle pubbliche amministrazioni coinvol-te, le attività imprenditoriali ed il lavoro. Il por-to di Ravenna è un po' particolare; quasi tutti i porti d'Italia sono sorti su un'area demaniale e quindi la normativa esistente incide su tutta l'area portuale. Invece il porto di Ravenna è demanio per 20 metri dall'acqua in alcune

parti, e per 50 in altre parti, ed ha oltre 14 chilometri di banchine (con ulteriori possibilità di incremento), perché si sviluppa, più simi-larmente ad altri porti europei lungo un cana-le con due diramazioni e un troncone. La leg-ge 84/94 disciplina le attività portuali secondo tre tipologie: art. 16 per chi svolge attività di imbarco/sbarco e accessorie; art. 17 per chi fornisce lavoro temporaneo alle imprese por-tuali (Compagnia Portuale); art. 18 per chi è fruitore di una concessione, cioè lavora su una banchina pubblica avuta in concessione (di solito pluriennale) e quindi interviene sul demanio e per quella parte 20 o 50 metri è assoggettato alla normativa citata e più in particolare a quelle relative alla sicurezza (D.lgs 272/99 e s.m.i.)5. Lo diceva Matteo, nel porto di Ravenna ope-rano 17 terminalisti. Le società terminaliste hanno un organico che varia dai 15 e i 70 di-pendenti. Il porto di Ravenna è una realtà a-nomala dal punto di vista dell'occupazione: cosa si farà con 15 persone dipendenti? Po-co o nulla. Il lavoro di fatto viene riferito stori-camente alla Compagnia Portuale che negli

La crisi e il Porto di RavennaLa crisi e il Porto di Ravenna Danilo Morini - Segretario Generale Provinciale FILT-CGIL

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Localizzazione degli operatori logistici del Porto di Ravenna

Il Porto di Ravenna

Il porto di Ravenna, prendendo in considerazione le diverse tipologie di merci (rinfuse liquide, solide e merci varie), nel 2001 ha movimentato merci per un totale di 23.343.000 tonnellate, risultando al 10° posto fra i porti italiani per movimento merci1 ,è Leader nel comparto delle rinfuse solide3. L'Autorità Portuale di Ravenna dichiara che “Il traffico commerciale del porto di Ravenna, nel primo semestre 2012, è stato pari a 10,76 milioni di tonnellate di merce (-11,4% rispetto al 2011).”2 (in particola-re cereali, sfarinati e fertilizzanti). Il Porto di Ravenna è sede di numerose imprese terminaliste portuali private (ad esempio l’operatore multinazionale Contship Italia e Setramar), una delle quali a partecipazione pubblica (SAPIR). Sono i fornitori di servizi di natura logistica (movimentazione, stoccaggio, vagliatura e piccole lavorazioni). Il 47,50% dell'area di banchina del porto canale è assegnata all'attività terminalista3. Per Denis Di Martin, Rappresentate Sindacale CGIL della Cooperativa Portuale di Ravenna, intervistato dal P. Resta del Gruppo dello Zuccherificio4: La crisi nel settore portuale può essere fatta risalire all’anno 2009. Rispetto al 2009 ci sono 60-70 persone in meno a lavorare nella cooperativa portuale ravennate. Dal 2009 si è iniziata a far sentire la crisi con la riduzio-ne dei traffici di circa la metà. A livello di traffico merci in tonnellate si è registrato un calo del 27,8% rispetto al 2008. Per dare un’idea del calo, nel 2007 il 50% del materiale sbarcato per l’industria siderurgica proveniva dalla Cina. Nel 2009 non è arri-vata una sola nave dalla Cina di questi prodotti. Non una. Un altro drastico calo nei flussi di merci è stato quello dell’argilla. Materia prima principe nel porto ravennate per l’industria della ceramica, dal 2009 ha visto un collasso delle importazioni.

1. <http://www.assoporti.it/> 2. <http://www.port.ravenna.it/> 3. <htp://mobilita.regione.emilia-romagna.it/> 4. <http://gruppodellozuccherificio.org/>

anni '80 aveva circa 1200 soci e questo equi-librio tra impresa terminalista e lavoro tempo-raneo per imbarco e sbarco merci, con la Compagnia Portuale, si è costruito nel tem-po, portando la Compagnia ad esondare dal lavoro classico di fornitore di lavoro fino a di-ventare proprietaria di mezzi e fornitrice di un'attività complessiva nella gestione del ca-rico e dello scarico della nave. Con la crisi cosa è successo?

Il porto di Ravenna ha sentito la crisi in ma-niera importante fino a tutto il 2010. Nel 201-1, per i primi 9 mesi, si è registrata un'inver-sione di tendenza con tonnellaggi record e, se si fossero conclusi i 12 mesi come i primi nove, avremmo raggiunto i valori del 2007 o, addirittura, valori superiori. Invece c'è stata una caduta, iniziata ad ottobre 2011 che, pur-troppo, sta ancora continuando. Oggi, mag-

gio 2011 su maggio 2012, siamo a circa -12% sui traffici complessivi. Una flessione di questo tipo in un mondo di lavoro normale avrebbe prodotto una ricaduta su tutta la filie-ra. Cosa è successo invece al porto di Ra-venna. I terminalisti, poco dimensionati, han-no continuato la propria attività senza che si sia ricorso, per i dipendenti, all'utilizzo di cas-sa integrazione. Vi è stata una riduzione di attività che ha prodotto al massimo una fles-sibilità contrattata ma che non si è tradotta in perdita di salario. Invece la Compagnia por-tuale ha ridotto fisiologicamente gli addetti ed, in parte, le giornate lavorate. Pur essen-do una cooperativa non può fare soci quando vuole: il numero dei soci che può fare è de-terminato dal Ministero e si fanno tramite u-na procedura che vede prima una richiesta avvallata dalle organizzazioni sindacali, dal

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comitato portuale e necessita di autorizzazio-ne da parte del Ministero delle Infrastrutture. Pur essendo una cooperativa quindi non ha libertà completa rispetto all'organico. E ciò perché uno dei fattori di sostengo al reddito/ammortizzatore sociale (indennità di mancato avviamento) è determinato a livello nazionale e lo stesso livello vuole determinare anche il numero dell'organico perché non vi siano surrettizi ampliamenti dell'organico. Infatti l'I-MA copre le giornate di mancato avviamento, fino ad un massimo di 26 mensili e, con un organico sovradimensionato si potrebbe con-figurare un improprio ricorso all'ammortizza-tore. Pertanto la Compagnia portuale ha regi-strato, a partire dagli anni “80, una contrazio-ne indotta di organico, fino ad arrivare, ad inizio 2011, sotto la soglia dei 300 soci. Sotto questa soglia potevano iniziare criticità per-ché ogni socio che esce, porta con sé la sua quota sociale, il suo prestito sociale ed il suo TFR6, togliendo liquidità alla Compagnia Por-tuale che per continuare negli investimenti in attrezzature da rinnovare si deve esporre fi-nanziariamente. Oggi, non solo per questo motivo, si è tornati a 350 soci circa, recupe-rando liquidità e forza lavoro. In Compagnia Portuale, quindi, si sono persi posti, si è per-sa l'opportunità di fare più lavoro, tuttavia l'in-dice IMA7 non è stato molto alto, con una media di 22 giornate lavorate su 26 lavorabili. Il dramma si è verificato nel lavoro interinale. Vi è stata una forte contrazione del numero dei giovani coinvolti. Mentre si impiegavano circa a 120/140 lavoratori, quando la Coope-rativa era sui 400 soci, tale numero si è ridot-to fino a 40-60 unità. La crisi, quindi, anche in porto, l'hanno pagata sostanzialmente i più deboli, quelli che guadagnano di meno, che vanno a lavorare solo se c'è la nave e che non hanno nemmeno ammortizzatori sociali. Anche se diversamente dagli altri porti italiani gli interinali che intervengono su Ravenna hanno un contratto che garantisce almeno due giorni di lavoro alla settimana attestando a questo anche i trattamenti di malattia ed infortunio. Invece, ad esempio, a Genova ci sono 11 chiamate al giorno e i lavoratori pos-sono scoprire solo dopo l'ultima chiamata se

quel giorno sono a lavorare o meno. Mentre se il socio di Compagnia non viene avviato, percepisce l’IMA, il lavoratore interinale se non viene chiamato non risulta assunto e quindi non ha IMA e non ha alcuna copertura economica per malattia. A Ravenna la garan-zia di almeno due giornate lavorative copre, almeno, altrettanti giorni di malattia alla setti-mana. Oggi la media dei turni affidati ai lavo-ratori interinali attivi è tra i 19 e i 21 mensili. La cosa drammatica è che sono più di 100 le unità mancanti e qui non c'è IMA, non c'è cassa integrazione, non c'è niente. Le relazioni sindacali.

A parte 3 terminalisti nelle cui aziende abbia-mo difficoltà a svolgere l'attività sindacale, in tutti gli altri terminal ci sono relazioni sindaca-li accettabili ed è vigente il contratto integrati-vo aziendale. In compagnia portuale abbia-mo la contrattazione integrativa e il contratto integrativo. Per gli interinali so che è stato firmato una accordo pochi giorni fa ma dirà meglio Idilio. La riforma delle Compagnie.

Nell'ambito delle Compagnie Portuali, in Italia avevamo una realtà storicizzata con soggetti importanti che sono stati smantellati in ma-niera scientifica. Oggi all'associazione nazio-nale delle Compagnie Portuali, alcune diven-tate cooperative con la legge 84 del 1994, di forti compagnie portuali, a parte Genova, Ra-venna, Savona e Civitavecchia, c'è rimasto pochissimo. Il lavoro portuale dovrebbe inve-ce essere fortemente tutelato; in ogni porto, secondo la normativa, ci dovrebbe essere una sola compagnia portuale, un solo sog-getto che svolge il lavoro temporaneo, ma questa condizione non è più rispettata su tut-to il territorio nazionale. In questo modo si è introdotto, in un terreno molto normato (l'ambito demaniale) concorrenza impropria e dumping contrattuale, portando a lavorare, senza i contratti tipici del porto e dei lavorato-ri portuali, soggetti che si mettono in concor-renza tra loro giocando sui trattamenti ed i diritti al ribasso per i lavoratori. In un panora-ma nazionale desolante la realtà ravennate continua comunque ad avere un suo equili-brio e una sua positiva consistenza tentando

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Il Lavoro nel porto di Ravenna

La Compagnia Portuale di Ravenna

“La Cooperativa Portuale viene costituita il 29 Maggio 1994 in applicazione della legge 84/94 e successive modificazioni ed integrazioni, che dispone la cessazione e trasformazione delle Compagnie Portuali. Opera nel porto di Ravenna in applica-zione all'art. 17 della citata legge 84/94. Lavora per conto delle Imprese di sbarco ed imbarco e di servizi del porto a loro vol-ta autorizzate a norma degli art. 16 e 18 della legge 84/4. Dispone di manodopera professionalizzata e di attrezzature specifi-che per il lavoro portuale. Può integrare il personale delle imprese di sbarco ed imbarco in tutte le fasi delle operazioni por-tuali ed in tutti i tipi di merceologia. All'occorrenza dispone di mezzi meccanici leggeri che agevolano il lavoro di movimenta-zioni delle merci in stiva e nelle banchine. La Cooperativa Portuale può contare su oltre 450 soci, su circa 10 dipendenti e su un centinaio di lavoratori sia specializzati che generici tramite rapporti con società per la somministrazione di lavoro.”1 Nel Porto di Ravenna, come a Genova, l’impresa art. 17 – una volta Compagnia portuale – ha una centralità “storica” nell’am-bito del lavoro portuale ed assorbe una quota di attività in banchina non riconducibile esclusivamente ai picchi di domanda, ma tende ad inserirsi stabilmente e in maniera continuativa nei cicli produttivi dei terminalisti. L’indice di frequenza del ricorso al lavoro temporaneo, ovvero il rapporto tra addetti delle imprese terminaliste e pool di lavoro temporaneo, è per Ravenna 1.4, uno dei più bassi fra i porti italiani. Il valore che esprime il numero di lavoratori delle imprese terminaliste (1.4 a Ravenna) ogni addetto della compagnia portuale. Più è basso il valore dell’indice, più la dipendenza delle imprese terminaliste e di ser-vizi dal lavoro temporaneo risulta elevata.2 I lavoratori interinali La Compagni Portuale si avvale di lavoratori forniti dall'Agenzia per il lavoro interinale Intempo. Per lavoro interinale s'intende una tipologia di effettuazione dell'attività lavorativa con carattere temporaneo (detto anche fornitura di lavoro temporaneo ed è l'antesignano della somministrazione di lavoro. L'introduzione normativa di questa tipologia di contratto lavorativo, comun-que, si deve formalmente alla Legge Treu del 1997 (legge 24 giugno 1997, n.196). Successivamente ha subito varie modifi-che e nel 2003, con la legge n. 30/2003 e il decreto legislativo che ne è derivato, (il D. Lgs. 24 ottobre 2003, n. 276, la cosid-detta Legge Biagi), il lavoro interinale è stato abolito per permettere l'ingresso della somministrazione di lavoro sia a tempo determinato che indeterminato.3 Lo stipendio medio mensile di un lavoratore interinale nel porto di Ravenna è di circa 900 euro.4 In caso di crisi, i lavoratori non usufruiscono di alcun ammortizzatore sociale. Il 1° settembre del 2006, durante il suo primo giorno di lavoro al porto di Ravenna, perse la vita Luca Vertullo, operaio interi-nale dell’Agenzia Intempo, rimase schiacciato da un rimorchio, che risultò sovraccarico5, all’interno della stiva va di un tra-ghetto, durante una delle operazioni più complesse, quella del rizzaggio, che consiste nel fissare i carichi. Per Giorgio Gra-ziani, Segretario Generale UST CISL Ravenna, è stato in seguito alla tragedia del settembre 2006 che si è ricostituito il tavo-lo permanente per la sicurezza in sede di Prefettura, in cui si sono definite con rapidità azioni importanti per la sicurezza nel porto.6 Per Enzo Diano dello Slai Cobas, la morte di Vertullo ha evidenza alcune ambiguità: “Perché il presidente della Com-pagnia portuale è Roberto Rubboli, il quale oltre che consigliere comunale in quota all’Ulivo, siede nel cda della Intempo. Chi vende e chi compra la manodopera è la stessa persona. Ma quando i ruoli si mescolano, la verifica dei diritti e del rispetto delle norme, diventano impresa complicata.”7 Nei primi giorni di luglio del 2012 è stato siglato un accordo fra CGIL,CISL e UIL e l'Agenzia Intempo , è uno dei primi accor-di a livello Nazionale.8

1. Breve presentazione tratta dal sito ufficiale della Compagnia Portuale di Ravenna <http://www.compagniaportuale.ravenna.it/> 2. Istituto Superiore di Formazione e Ricerca per i Trasporti, Il futuro dei porti e del lavoro portuale, vol. 1 - N°15 luglio 2011, <http://www.isfort.it/> 3. <http://it.wikipedia.org/> 4. Lavoratori interinali porto Ravenna chiedono stop precariato, novembre 2011, < http://www.assoporti.it/> 5. La guerra del lavoro: tre condanne per la morte di Luca Vertullo, <http://www.dazebao.org> 6. Graziani (Cisl): "La morte di Vertullo portò ad un maggior impegno sulla sicurezza al porto", <http://www.portoravennanews.com> 7. Camalli, a rischio della vita, di Marco Preve, <http://www.italia.attac.org/> 8. Sindacati e agenzia interinale d'accordo sul contratto nazionale per i lavoratori del porto, 5 luglio 2012, <www.ravennanotizie.it>

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di salvaguardare storia, esperienza, know-how, professionalità, ma sopratutto qualità dei rapporti, delle condizioni e dei trattamenti contrattuali, cui sono assoggettati i lavoratori, soprattutto della Cooperativa portuale e delle imprese terminaliste. Le prospettive.

Da tanto tempo si sta ragionando degli inter-venti di carattere strutturale per adeguare il nostro porto alle caratteristiche dei nuovi na-vigli. Porto che in alcune parti delle sue ban-chine ha 9 metri di fondale e non può fare entrare le nuove navi che si stanno costruen-do ma neanche quelle medie che oggi già sono in attività. Era in dirittura di arrivo, il 27 luglio o 3 agosto per la riunione CIPE, l'ap-provazione dello stanziamento necessario per l'approfondimento del canale a 13,50/14 mt, già approvato in Comune, ed in Provincia nonchè dalla Regione e dall'Autorità portuale. Questo intervento, secondo gli impegni as-sunti dal Ministro Passera, vedrà una messa a disposizione di circa 60 milioni di euro di fondi ministeriali. L'autorità portuale si è im-pegnata ad intervenire con altri 90 milioni per portare l'approfondimento ovunque a 11.50 e a 13,50 in alcune parti fra cui la penisola Trattaroli dove dovrebbe sorgere il nuovo terminal container. E' evidente che lo slitta-

mento del finanziamento (qualora fosse il preludio di una scelta negativa) può creare situazioni di difficoltà e portare ad abbattere le prospettive di sviluppo e, a lungo termine, di mantenimento, della nostra realtà portuale e, quindi, delle condizioni economiche ed oc-cupazionali dell'intero territorio. Si deve infatti valutare che sono 150 milioni di intervento complessivo cui si dovrebbero aggiungere almeno altri 100 milioni di intervento di privati che possono dare prospettive concrete allo sviluppo, all'economia e, soprattutto, in que-sta fase fortemente recessiva, all'occupazione.

Il nuovo terminal container nel Porto di Ravenna

Lo sviluppo del Porto di Ravenna

Il nuovo piano approvato nel 2010 prevede la canaletta a mare a -15,50, i fondali a -14,50 fino a Largo Trattaroli, i fondali a -13 fino a bacino S. Vitale, la previsione attracco crociere e mezzi militari avamposto di Porto Corsini e l’ade-guamento banchine e nuovi fondali, la previsione nuovi profili terminal container in Penisola Trattaroli, l’ampliamen-to del perimetro del PRP e aree per intermodalità da DX Canale come da PSC, la ridefinizione perimetro PRP in Darsena di città corrispondente ad aree demaniali e l’indivi-duazione del distretto nautico da diporto1.

1. <http://mobilita.regione.emilia-romagna.it/>

Note

1. La Federazione Giovanile Comunista Italiana (FGCI) era l'organizzazione dei giovani comunisti del Partito Comu-nista Italiano (PCI). La FGCI si sciolse nel 1990, seguen-do le sorti del PCI.

2. Multipurpose (multiuso, polivalente) è da riferirsi alla varietà di tipologie di merci movimentate. Le merci movi-mentate nei porti vengono distinte in "Rinfuse Solide", "Rinfuse Liquide", "Contenitori", "Ro/Ro" (trasporto con automezzi) e "Altre merci".

3. L'attività portuale è da sempre oggetto di specifica legi-slazione. In Italia, il primo intervento legislativo in materia di navigazione marittima è datato 1865 con il libro II del codice di commercio (r.d 2360 del 25 giugno 1865), a questo sono seguite diverse riforme fino alla attuale leg-ge 84 del 1994.

4. Il 28 gennaio 1994 la Camera dei Deputati ed il Senato della Repubblica approvarono la legge numero 84 sul riordino della legislazione in materia portuale. L’entrata in vigore di questa normativa portò ad una mutazione radicale della disciplina che regolava le attività portuali nazionali, dando così inizio ad un periodo di transizione nel quale i porti italiani dovettero apportare delle modifi-che sostanziali alla loro organizzazione interna. In: O.T.I.S. Osservatorio del lavoro transfrontaliero per le aree portuali di Trieste, Monfalcone e Koper/Capodistria : Programma d’iniziativa comunitaria INTER-REG III A Italia-Slovenia 2000-2006. Trieste, 2008 <http://www2.units.it/>

5. All'articolo 24 della Legge 84/94 sono precisate le norme previdenziali, di sicurezza e di igiene del lavoro in ambito portuale. Ai sensi dell'articolo 6, alle Autorità Portuali sono affidati con “poteri di regolamentazione e di ordi-nanza, anche in riferimento alla sicurezza rispetto ai rischi di incidenti connessi a tali attività ed alle condizioni di igiene del lavoro in attuazione dell'articolo 24”.

6. E' una quota dello stipendio, accantonata dal datore di lavoro durante gli anni di lavoro del dipendente, erogata al lavoratore quando cessa il rapporto di lavoro.

7. L'Ima è un ammortizzatore sociale. Si tratta di un'Inden-nità di Mancato Avviamento per la manodopera tempora-nea portuale, riconosciuta ai lavoratori delle società di cui all'art.17 della Legge84/94 come la Compagnia Por-tuale. Tale ammortizzatore non è previsto per i lavoratori delle Agenzie interinali.

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E' importante che questa sera la politica veda un momento di formazione: oggi c'è bisogno di buona politica come di buon sindacato e buone istituzioni per uscire da questa crisi. Ci sono buone basi per uscire da questa situa-zione, perché la politica possa essere vicina alla gente. A Ravenna stiamo vivendo una fase dram-matica. Ho vissuto per 8/9 anni a Roma in una categoria nazionale1 quando sono torna-to alla fine del 2009 ho trovato un territorio in ginocchio con una situazione di crisi molto forte, produttiva, economica, sociale, delle prospettive. Noi oggi abbiamo 30.786 iscritti ai Centri per l'impiego2 che sono cifre molto altre. Il 94% per cento di assunzioni è a tem-po determinato e vengono fatte con le 46 ti-pologie di assunzioni tra cui alcune assurde. La Fornero non ha fatto nulla di ridurre da 46 a poche forme invece sono rimaste le 46. Dei 30.786 iscritti il 58% è donna e hanno un li-vello di scolarizzazione più alto degli uomini e sempre più ai colloqui gli vengono chiesto di figli, cosa vuoi fare, vengono fatte firmare dimissioni in bianco. Abbiamo i voucher, i contratti a partecipazione, a chiamata, senza diritto di chiamata. Esempio di pochi giorni fa una ragazza assunta a chiamata, ha fatto 6 ore in un mese, risultato occupando occupa-ta prendendo 22 euro in un mese. Ho chia-mato il Sindaco che questo rientra nelle rego-le però voglio capire chi è l'imprenditore che assume per 6 ore facendo risultare occupata una persona. Ci sono situazioni dove i lavo-ratori sono assunti da un'agenzia interinale poi dirottati da una ditta di facchinaggio e poi vanno a lavorare in un'industria tessile o ali-mentare. I lavoratori vengono sbattuti da una parte e dall'altra, l'importante è che non ab-biano diritti e che abbiano un contratto che può andare avanti in eterno. Contratti senza diritti senza tutele senza prospettive di vita. C'è un mercato del lavoro occupazionale che

non dà la possibilità di costruirsi una prospet-tiva. A fronte di una prospettiva di questo tipo dovremmo ripartire dal lavoro dando dignità al lavoro ma ancor prima alla persona. Un lavoratore che è tra il 30.786 e che può veni-re assunto tra i precari e non trova mai uno sbocco di garanzia. In tanti casi che perde l lavoro da un'azienda stabilizzata subentra una crisi personale, con persone disperate che non sanno più cosa fare e dove sbattere la testa. C'è una crisi ma c'è anche chi ci specula. In tanti casi dove vengono dati le indicazioni tramite i servizi per l'impiego poi è tutt'altro. Vengono fatti lavorare 8/10 ore ma ne pagano 4 risulta un part time con casi 1,5 euro in nero prendendo per 9 ore 600-800 euro al mese. Sono cose che gridano ven-detta a tutti anche agli occupati perché in prospettiva ognuno di noi può essere interes-sato per una diversa società. E' questione di società diversa, il modello berlusconiano, di ognuno deve pensare per sé si è un po' im-perniato anche nel centrosinistra ed è alla base di tutto ed occorre reinvertire un concet-to che il problema che è tuo è anche mio se vogliamo costruire una società con una diver-sa e migliore prospettiva. Giovani senza la-voro che sono in difficoltà o persone plurilau-

I lavoratori atipici e la crisiI lavoratori atipici e la crisi Idilio Galeotti - Segretario Generale Provinciale NIDIL-CGIL

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reate ma che non dicono tutti i titoli che han-no perché può essere un danno per l'assun-zione. E allora per fare il cameriere non puoi dire che hai una laurea e allora per andare a fare il cameriere non puoi dire che hai una laurea ed un master perché magari questo qui è acculturato quindi può pretendere i pro-pri diritti. C'è un altro aspetto che è quello che abbiamo le persone con più di 40 anni che hanno perso il lavoro specialmente che escono da grandi strutture industriali senza specializzazione che sono fuori da quei para-metri apprendistato: non trovano lavoro a vol-te neppure in nero. E sono padri di famiglia. Ho visto persone che non sono le classiche, quelli a margine, sono come noi, con la mo-glie in mobilità, non sanno come fare a porta-re avanti la famiglia. Se una volta parlavano di ritagliarsi le ferie adesso fanno fatica a portarsi a casa lo stipendio. Ma questo sem-bra che dia fastidio e di 10 comunicati me ne pubblicano uno perché sembra che qui si stia bene: non è più così perché quando vedo un signore che viene e poi va alla Caritas3 e di-ce che è stato in rosticceria ai figli, è un pro-blema. E' un problema della società perché se uno si vergogna della condizione che vive occorre parlarne e alzare anche la testa e chiedere conto anche alla Istituzioni. E sap-piamo che tanti temi hanno derivazioni nazio-nali, la Fornero i Ministri precedenti ma vo-gliamo anche mettere 4/5 progetti con la for-mazione che diano effettivamente lavoro e che gli enti di formazione invece di arricchirsi loro diano ambienti che siano controllati e che diano effettivamente lavoro perché si fanno corsi di formazione per 60/70 perone per ragionieri ma voglio dire dove c'è bisogno di ragionieri che vengono espulsi dai cicli produttivi. Serviranno pur solo per i finanzia-menti? Serve fare qualcosa. Ritengo occorre unire le forze e distinguere i buoni dai cattivi. Dalle iniziative che fate voi, le iniziative del sindacato e dire che noi non ci stiamo. Come CGIL abbiamo organizzato un'iniziativa sul precariato, nel mese di maggio4. Purtroppo poco frequentata: il lavoratore precario che ha lasciato dichiarazioni, il giorno dopo è sta-to lasciato a casa. C'è un paura che deve es-sere in qualche modo aiutato anche da noi e occorre che a queste iniziative dire: se anche tu non ci sei, ci siamo anche noi per te. Dia-moci degli obbiettivi. Questa volta siamo in piazza in 30 la prossima volta in 50. Anche

alla Istituzioni dobbiamo dire che la società non ci sta.

Note

1. Si riferisce all'esperienza che lo vide a Roma, alla FLAI (Federazione Lavoratori dell’Agroindustria) nazionale a partire dal 2001.

2. I Centri per l'impiego sono strutture della Provincia di Ravenna con il compito di raccogliere e diffondere le richieste di personale pervenute ai Centri per l'impiego della Provincia di Ravenna dalle aziende del territorio, le offerte stagionali del settore turistico, le opportunità di lavoro negli enti pubblici ai sensi dell'art.16 della L.56/87, le offerte di lavoro in Europa - Servizio EURES, le offerte di lavoro per le categorie protette.

3. La Caritas Italiana è una struttura della Chiesa cattolica italiana per la promozione della carità. A Ravenna, i dati del Centro di Ascolto Diocesano indicano una presenza di 4.037 persone per l'anno 2011 (nel 2007 erano 2.558). Le famiglie italiane sono passate dal 32,5% del 2007 al 38% del 2011. Sempre più spesso in famiglie che vivono situazioni di precarietà lavorativa notiamo che un com-ponente (a volte l’ultimo rimasto titolare di un’occupazio-ne) cade in depressione. Tale situazione mina ancora di più la capacità del nucleo di attivarsi per migliorare la situazione in un contesto sociale e occupazionale già aggravato dalla crisi. Tutto ciò porta spesso le fami-glie a isolarsi ulteriormente aumentando così la solitudine del nucleo e di conseguenza la fragilità dello stesso. I dati e la considerazione sono tratti dalla Relazione sui dati del Centro di Ascolto Dio-cesano 2011 della Caritas Diocesana di Ravenna e Cervia <http://www.caritasravenna.org>

4. Si riferisce al presidio in piazza del Popolo a Ravenna in occasione della giornata nazionale (10 maggio) contro la precarietà organizzata dalla Cgil e il Nidil Cgil della Pro-vincia di Ravenna.

Un momento della manifestazione del 10 maggio organizzata dal Nidil Cgil di Ravenna

(foto di Massimo Fiorentini, <http://www.settesere.it/>)

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Mi associo ai miei colleghi nel ringraziamento per questa iniziativa che credo sia necessa-ria perché oggi il lavoro non è al centro dell'a-genda. Non approfondirò tematiche aziendali e farò una descrizione di massima del settore agroalimentare e della crisi in generale. La crisi è iniziata nel 2008, c'era un sistema pensionistico che non reggeva più quindi so-no saltati i conti pubblici, c'era un articolo 18 che rendeva troppo rigido il mercato del lavo-ro, c'era una mancanza di possibilità di as-sunzioni precarie per questo s'è scatenata la crisi mondiale. Ovviamente non era questa la motivazione, la mia era una provocazione. Quando parliamo di crisi oggi sembra però che fossero queste le ragioni perché le solu-zioni che stiamo trovando vanno tutte nella direzione di modificare queste situazioni. In-vece di pensare alla reale causa: la finanzia-rizzazione dell'economia, con il lavoro che non è più al centro. A livello mondiale il valore dei Capitali che si muovono su operazioni puramente speculati-ve è molto superiore alla somma del PIL di tutte le nazioni, quindi c'è uno scollamento completo tra il valore dell'economia e il valore reale della ricchezza, oggi stiamo prendendo degli accorgimenti che colpiscono quello che è il mondo del lavoro e lo stato sociale. Ricordo alcuni eventi accaduti all'inizio della crisi che mi hanno colpito per il settore che seguo e perché sono rappresentativi dell'irra-zionalità delle attuali regole economiche. Il primo è legato alla rivolta del pane in Egitto1 e del riso in India. Rivolte con dei morti, con episodi che ricordano il 1800 a Milano2, per l'innalzamento dei prezzi di queste materie prime dovuto alla carenza delle stesse e alle

speculazione finanziaria. Il secondo evento è legato all'innalzamento a livello stratosferici delle materie prime energetiche e il ragiona-mento portato avanti sulle agro-energie come possibile soluzione alternativa. Pensare di produrre energia dal suolo agricolo quando in certe aree c'è carenza di alimenti3 è qualcosa di assurdo e contraddittorio. L'agroalimentare in Provincia di Ravenna è ancora uno dei settori più importanti che pas-sa da alcune eccellenze (succhi di frutta, car-ni) all'agricoltura vera e propria specialmente frutticultura pesche nettarine e kiwi e tutto il mondo dell'ortofrutta e aziende di trasforma-zione. In generale dal 2008 ad oggi non pos-so dire che abbia subito la crisi perché stori-camente è definito anticiclico per antonoma-sia perché tutti consumano e quando non consumano significa che siamo molto avanti, a un punto di non ritorno. L'ultimo bene che si toglie dal consumo è l'alimentare ed inoltre l'agroalimentare è fortemente influenzato dal-la stagionalità e dall'andamento climatico. Se c'è una stagione che va bene e per fare un esempio ci sono tante pesche e occorre co-

La crisi e il settore agroLa crisi e il settore agro--alimentarealimentare Davide Conti - Segr. Prov. FLAI

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munque lavorarle. Questo se la crisi non è arrivata ad un punto di non ritorno e forse ci siamo perché nel 2011 per la prima volta in una serie storica anche molto lunga c'è stato un calo dei consumi e quindi le persone han-no iniziato a consumare meno beni alimenta-ri, quindi le ripercussioni sui livelli di vita sono arrivate pesantemente. Un calo che si può quantificare al 6,1% a livello nazionale4. Nelle nostre aziende di Ravenna non ci sono ancora ripercussioni con cassa integrazione mobilità o chiusure perché oltre all'anticiclici-tà c'è anche la difficoltà nel delocalizzare. E' più facile delocalizzare per chi produce bullo-ni, per l'agroalimentare è più difficile perché la produzione è legata al territorio, è legata anche a un nome e un “marchio” perché oggi il “Made in Italy” alimentare ha un valore ag-giunto che viene riconosciuto dal consumato-re. Quello che si sta verificando oggi è qual-cosa pone forti preoccupazioni per il futuro. Il calo della produzione si sta mantenendo a livelli contenuti perché le aziende si stanno facendo una forte competizione tra loro. E' calata di molto la marginalità e questo ha del-le ripercussioni sui bilanci molto forte e nel lungo periodo questo porta ad una mancata tenuta perché non si possono fare investi-menti e le aziende vanno ad un veloce deca-dimento. Situazione diversa per il settore a-gricolo che purtroppo si mantiene anche per i finanziamenti pubblici, in particolare la PAC5, comunitaria. E' un settore caratterizzato da una fortissima precarietà, è il settore più pre-cario, il lavoro a chiamata è il lavoro per ec-cellenza nel settore agricolo. Le persone vengono chiamate ad ore o giornata ed han-no una tutela occupazionale molto bassa. E' un settore caratterizzato da lavoro grigio6, lavoro nero7, dati ISTAT dati non di parte, parlano per la Provincia di Ravenna di un 40% di lavoro nero8 in agricoltura. Purtroppo, e qui veniamo alle conseguenze della crisi, si sta caratterizzando per un peggioramento del mercato del lavoro e di questi dati. Alcuni fe-nomeni preoccupanti ci vengono segnalati da Cesena ma stanno dilagando anche da noi.

Episodi di caporalato, quindi di sfruttamento elevato delle persone tra la manodopera straniera. Nel 2010 tra i lavoratori iscritti negli elenchi anagrafici, più del 50% erano lavora-tori stranieri, questo non per dire che sicco-me ci sono i lavoratori stranieri ci sono delle colpe sicuramente ci sono delle tensioni più difficilmente gestibili, ci sono lavoratori più ricattabili perché hanno una condizione che è precaria non in quanto lavorativa ma in quan-to persona perché sono riconosciuto come cittadini nel momento in cui hanno il permes-so di soggiorno. Se non hanno il permesso di soggiorno sono clandestini per cui questi la-voratori sono ricattabili per il permesso di soggiorno e quando sono clandestini sono ricattabili a tutti gli effetti perché non possono denunciare non possono fare niente per an-dare a risolvere la loro situazione. Gli effetti della crisi si ripercuotono anche do-ve non ha colpito direttamente. Principalmen-te nel settore agricolo dove si stanno river-sando le persone che sono state espulse da-gli altri settori e questo porta ad una condi-zione negativa perché quando aumenta l'of-ferta di lavoro ma la domanda è sempre quella e quando ci sono i fenomeni di lavoro nero, lavoro grigio, sottosalario, sottoinqua-dramento, peggiorano le condizioni, cioè i datori di lavoro – qualcuno diceva di dividere i “buoni” dai “cattivi” – quelli “cattivi” premono sicuramente sui lavoratori e impongono con-dizioni sempre peggiori. Noi (come sindacali-sti) chiaramente firmiamo i contratti dove vengono previste tariffe regolari, facciamo la denuncia all'Ispettorato9. Però ci sono condi-zioni di forte irregolarità con tariffe irregolari che vengono praticate e su cui vengono ri-cattati i lavoratori. Se qualche anno fa si par-lava di 7/8 euro all'ora oggi soprattutto per i lavoratori più ricattabili si sentono delle cifre che si pensava da noi non avessero senso di esistere 4,5/5 euro. Quindi esiste il un rischio concreto che ci sia un peggioramento di tutto il settore con una deriva che poi diventa in-controllabile. Questo lo dico perché una delle problematiche molto forti del territorio sulle

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cui non mi sento di fare una denuncia specifi-ca ma sulla quale ci vuole una forte attenzio-ne è tutta la tematica della legalità. Il riciclag-gio di denaro “sporco” rispetto ad attività ali-mentari ma anche all'acquisto della terra che è un bene, un valore ancora molto elevato, sicuramente è qualcosa di molto preoccu-pante. Ci sono dei fenomeni anche qui nella nostra Regione: Reggio Emilia, Modena... A Ravenna non li abbiamo ancora scoperti, si-curamente c'è qualcosa su cui dovremo pre-stare la massima attenzione. Altra questione prima di chiudere, Idilio face-va tutto un ragionamento sulle forme di lavo-ro precario. In agricoltura qualcuno ha pen-sato che per risolvere il problema del lavoro nero bisognava introdurre i voucher10. Hanno una denominazione per addetti ai lavori che è esemplificativo: lavoro accessorio. Sono esemplificativi anche di quello che qualcuno pensa del lavoro come ha detto, di recente, la Fornero non un diritto ma un accessorio. Se riesci ad averlo ce l'hai ma non è un qual-cosa di importante. Il ragionamento sui

voucher era legato alla problematica del la-voro nero e alla risoluzione con questi buoni anche se nella riforma Fornero11, l'ultima, c'è stata una parziale limitazione del loro utilizzo. I dati, anche qui, sono chiari: abbastanza e-semplificativi nelle Province dell'Emilia-Romagna, del Veneto dove sicuramente il problema esisteva ma non era qualcosa di eclatante c'è stato un fortissimo aumento uti-lizzo dei voucher che sicuramente in alcuni casi hanno sostituito il lavoro regolare. Nelle regioni del Meridione dove io sono anche stato per assistere per alcune campagne na-zionali che abbiamo fatto proprio per risolve-re il problema della legalità dove il lavoro ne-ro è la norma: 3 euro/ora, 27 euro al giorno per 10 ore, l'utilizzo dei voucher è stato prati-camente pari a zero. Questo per dire che si-curamente oggi non stiamo mettendo in cam-po le soluzioni alle cause della crisi per cui io condivido appieno quello che è il titolo che si è dato all'iniziativa ma io aggiungo qualco-sa d'altro: Ripartiamo dal lavoro non un lavo-ro purchessia. Un lavoro di qualità, un lavoro

Lavoro e Legalità

La Flai CGIL ha promosso un osservatorio per approfondire e contrastare le infiltrazioni mafiose nel settore agricolo e indu-striale. Un osservatorio per denunciare e affossare il fenomeno del caporalato. Un osservatorio per tenere viva la memoria di Placido Rizzotto, e di chi come lui ha fatto della lotta alle mafie e per il lavoro una ragione di vita e di libertà. Questi sono gli intenti dell'Osservatorio promosso dalla Flai-Cgil contro le infiltrazioni mafiose e il caporalato nel settore agri-colo e industriale. Non è un caso, quindi, se lo stesso osservatorio è stato intitolato proprio alla memoria del sindacalista cor-leonese ammazzato sessantaquattro anni fa dalla mafia e di cui sono stati celebrati i funerali di Stato voluti dalla Cgil e dalle massime autorità del nostro paese. Per l’Osservatorio, il legame tra immigrazione (soprattutto clandestina) ed economia sommersa è rilevante, perché spesso per gli immigrati lavorare nel sommerso costituisce l’unica possibilità di sostentamento e si trasforma facilmente in forme di sfruttamento operate dalle imprese che operano irregolarmente. Le vera forza delle ma-fie consiste nella capacità di sfruttare le disuguaglianze: quelle tra cittadini forti e cittadini deboli, facendo affari con i primi, che si sentono al di sopra della legge, e reclutando i secondi, offrendo loro protezione e, spesso, l’illusione di poter raggiun-gere attraverso l’illegalità e la militanza mafiosa un progresso economico e sociale che credono altrimenti non conseguibile.1

1. Osservatorio Placido Rizzotto <http://www.flai.it/>

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con dei diritti, un lavoro ben pagato, un lavo-ro che faccia in modo che ci sia una reale ridistribuzione della ricchezza perché questa è stata la principale causa per la quale il mondo è andato in crisi; perché si sono spo-state risorse sul capitale, sulla finanza e il mondo del lavoro , la maggioranza delle per-sone non aveva più le risorse. Dico anche un'altra cosa: ripartire dal lavoro senza esaltare la quantità del lavoro a tutti i costi, perché fortunatamente il modo di lavo-rare è migliorato e forse c'è anche meno la-voro e quindi una ridistribuzione del lavoro – non si può più parlare di diminuzione dell'ora-rio di lavoro? - in modo che tutti riescano a lavorare e il diritto al lavoro sia qualcosa di

concreto. Facevo gli esempi delle rivolte del pane e delle agroenergie: uno delle proble-matiche dell'agricoltura nella nostra Provincia è se riusciamo a mantenere questo assetto culturale che dà un certo numero di giornate lavorative perché il sistema è fatto così, per-ché un ettaro di pesche dà un certo numero di giornate di lavoro in campagna poi in un magazzino dell'ortofrutta o in un'industria di trasformazione che fa succhi di frutta. Un et-taro di mais che utilizziamo per il biodigesto-re12 dà un centesimo di quelle giornate di la-voro, quindi non un lavoro purchessia ma un lavoro che stia dentro una società che riparta sapendo che le risorse sono finite.

Note

1. Il riferimento è alla rivolta iniziata nel Marzo del 2008 per il prezzo del pane che ha portato ad una grande manife-stazione di protesta il 6 aprile 2008 da cui è nato il relati-vo movimento protagonista della rivolta contro il Presi-dente egiziano Hosni Mubarak.

2. Nel maggio del 1898, le proteste popolari per l'aumento del costo del grano furono represse dal generale Fioren-zo Bava Beccaris con 80 morti e 450 feriti. Bava Becca-ris fu decorato dal Re Umberto I con la Croce di Grande Ufficiale dell’Ordine militare di Savoia. Furono questa repressione e la successiva decorazione a spingere l'anarchico Gaetano Bresci ad uccidere Umberto I il 29 luglio 1900.

3. La siccità e le alte temperature che stanno colpendo le zone centrale ed orientale della fertile cintura del mais (corn belt) degli Stati Uniti hanno come conseguenza un calo della produzione che si ripercuoterà sui prezzi, quindi in maggior misura su chi ha minori disponibilità di acquisto. L'Unione Europea dichiara che tra i problemi da affrontare vi è l'esigenza di raddoppiare la produ-

zione alimentare mondiale entro il 2050 per far fronte alla crescita demografica e alla maggiore domanda di carne da parte dei consumatori il cui tenore di vita è mi-gliorato, tenendo contemporaneamente conto dell'impat-to dei cambiamenti climatici (diminuzione della biodiver-sità, deterioramento della qualità di suolo e acque). <http://europa.eu/pol/agr/index_it.htm>

4. ISTAT Rapporto annuale 2012 – La situazione del paese http://www.istat.it/it/archivio/61203/

5. La PAC (Politica Agricola Comune) dell'Unione Europea si propone di conciliare un'adeguata produzione alimen-tare con la salvaguardia economica delle comunità rurali e la risposta alle sfide ambientali come i cambiamenti climatici, la gestione delle risorse idriche, le bioenergie e la biodiversità. L'incidenza sul bilancio europeo è passa-ta da quasi il 70% negli anni '70 al 34% soltanto nel pe-riodo 2007-2013. <http://europa.eu/pol/agr/index_it.htm>

6. Il lavoro grigio indica le diverse forme di irregolarità par-ziale.

7. Il lavoro nero indica le unità di lavoro non regolari.

8. Tabella ISTAT 21 Settembre 2011 – Misura dell'occupazio-ne non regolare

9. L’Unità Operativa [Vigilanza Ordinaria] svolge attività di tutela e vigilanza dei rapporti di lavoro, di verifica ammi-nistrativo-contabile dei finanziamenti sulle attività forma-tive e di controllo sull’operato degli enti di patronato. Gli ispettori del lavoro, nell’esercizio della loro attività, ope-rano in qualità di ufficiali di Polizia Giudiziaria ed hanno il potere di accedere ai luoghi di lavoro, ai libri paga e ma-tricola e a tutta la documentazione contabile utile agli accertamenti. Raccolgono informazioni, dichiarazioni e notizie dal datore di lavoro, dai lavoratori, dalle rappre-sentanze sindacali. L’intervento dell’Ispettorato può sca-turire anche da una segnalazione o da una denuncia fatta pervenire al Servizio Ispettivo per posta, o telefoni-camente (anche in forma anonima) oppure rivolgendosi direttamente all’ispettore di Turno. <http://www.lavoro.gov.it/Lavoro/DPL/VC/struttura/dplVercelli_struttura_VigOrd.htm >

10. I voucher sono assegni utilizzati per pagare le prestazio-ni occasionali come previsti dalla legge 30/2003 (la co-siddetta legge Biagi). Le figure che possono ricevere i voucher sono pensionati, studenti durante le vacanze estive, casalinghe, lavoratori in cassa integrazione, di-soccupati. Un voucher ha un valore nominale di 10,0 euro che al netto delle contribuzioni INPS e INAIL è pari a 7,5 euro.

11. Riforma Fornero – Legge 28 Giugno 2012, n. 92 – Di-sposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita

12. Un biodigestore è un impianto che a partire da deiezioni animali, residui colturali, scarti dell'agroindustria, organi-co da rifiuti urbani ma anche coltivazioni agricole dedica-te (mais, sorgo, zucchero) produce biogas, principalmen-te metano.

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Sono molto contento della riuscita di questa iniziativa che è stata preparata bene e la qualità delle relazione dei compagni del sin-dacato dimostra la qualità del percorso (serio, rigoroso) che ha accompagnato que-sta serata. Sono talmente contento da spin-germi a dire che come Federazione della Si-nistra sempre più spesso dobbiamo abituarci a cambiare la natura delle nostre iniziative: cioè sempre meno iniziative rituali propagan-distiche dove facciamo un comizio dopo l'al-tro, un applauso dopo l'altro, ce la raccontia-mo tra noi ci esaltiamo tra noi andiamo via contenti. Invece servono sempre più spesso iniziative di interlocuzione in cui si tirano fuori i problemi concreti li si sviscera ed una volta fatte uscire le cose concrete si passa al mo-mento successivo. Per un partito politico che non si limita a fare il commentatore politico significa discutere nel merito i problemi del lavoro, le questioni che sono state poste e si decide che tipo di iniziativa politica concreta assumere. Noi è da anni che facevamo i commentatori sia del chiacchiericcio politico sia dei fenomeni sociali. Succedeva questo? Che cattivo il capitalismo, Succedeva quel-lo ? Che cattivo il padrone. Non facevamo il minimo sforzo di tirare fuori le questioni con-crete, affrontarle e su quelle decidere cosa, un partito politico può fare . E scusatemi se sono brusco in questo passaggio ma sono stato altrettanto brusco a Bergamo e in tutte le altre parti in cui si è presentato il problema: dobbiamo abituarci a discutere di quello che il partito può fare sul lavoro mentre troppo spesso quando discutiamo di lavoro le nostre riunioni si trasformano in una sorte di para-congresso della CGIL. La linea della CGIL, come si deve attrezzare la CGIL, quello che

deve fare la CGIL credo che sia un dibattito che i compagni devono portare dentro le ca-tegorie e le camere dl lavoro, cioè dentro le strutture sindacali. Questo non significa che un partito non di-scute di questioni sindacali (la contrattazio-ne, la democrazia sindacale, il ruolo del sin-dacato ecc.), però abituiamoci a distinguere qual è l'ambito del dibattito sindacale e inve-ce l'ambito in cui si discute su quello che il partito deve fare. Seconda cosa. Questa sera sono venute fuori anche delle vertenze pun-tuali di singole fabbriche che non vanno ba-nalizzate come questioni parziali. Anche la conoscenza approfondita di una singola vicenda di crisi ci è necessaria per intervenire con la necessaria e dovuta cogni-zione di causa: questo è l'elemento impre-scindibile per conferire un minimo di efficacia alla nostra iniziativa politica. Se c'è la crisi della Rivoira per la produzione dei gas tecni-ci, non basta più intervenire con il volantino della generica solidarietà, generica vicinan-za, generica denuncia. Dobbiamo essere in grado di dire qualcosa su come si è manife-stata quella crisi e di cosa possiamo fare noi, cioè cercare di costruire assieme al sindaca-to e assieme ai lavoratori uno straccio di pro-posta politica, su come da quella crisi lì se ne

ConclusioniConclusioni Matteo Gaddi Resp.le Naz. Progetto Nord – Prc

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esce per il pezzo che ci compete: per come vediamo noi l'intervento pubblico in econo-mia, per come vediamo noi come le Istituzio-ni locali debbano farsi carico di certe questio-ni ecc. Cioè non è una questione che va ba-nalizzata; anzi dobbiamo prendere atto del fatto che alcune situazioni vanno prese e af-frontate nelle loro specificità (vedere il singo-lo piano industriale, la singola situazione di crisi ecc.). Anche il tema della polverizzazio-ne professionale, come il Nidil ci ha segnala-to, può essere affrontato in maniera concre-ta. Dico questo perché nel generale discredi-to in cui è finita la politica, noi compresi, in alcune situazioni è molto più facile rapportar-si ai lavoratori parlando delle situazioni con-crete che vivono nella quotidianità prospet-tando delle soluzioni, che non con il classico volantino che spiega ai lavoratori che Il capi-

talismo crollerà, evviva il socialismo. Questo non significa che un partito politico si trasfor-ma in una struttura para-sindacale che si oc-cupa esclusivamente delle centinaia di ver-tenze di un territorio. Guai se fosse così per-ché perderemmo il disegno più generale che non si esaurisce nel coordinamento delle ver-tenze di un territorio ma esprime un'idea più alta di unificazione del mondo del lavoro e della sua rappresentanza politica. E' stata richiamata l'idea di Trentin che io condivo completamente; il compagno socialista1 ha richiamato l'idea della difficoltà di esprimersi perché non c'è più una parte politica portatri-ce di un'idea di società di trasformazione: so-no cose che condivido. Poi preciserò che per essere in grado di organizzare di praticare il conflitto è condizione necessaria ma non sufficiente disporre di un'idea di società alter-nativa. Perché oggi non abbiamo questa ide-a, ma soprattutto in molti territori e settori noi siamo di fronte ad una classe “in sé” ma non ancora “per sé”. Cioè siamo di fronte a tanti lavoratori che dal punto di vista delle condi-zioni oggettive di lavoro sono classe in sé per comunanza delle condizioni di sfruttamento, ma che non ancora hanno maturato quel sal-to qualitativo che li porta ad essere classe per sé, cioè quella classe che acquisisce consapevolezza della propria condizione di

sfruttamento e che può farsi portatrice di un progetto di trasformazione. Giustamente si diceva che serve un lavoro di qualità con i diritti; anche qui vorrei fare una precisazione. Il lavoro di qualità che ha raggiunto un deter-minato standard normativo nella legislazione sociale è una conquista che è stata strappata a prezzi durissimi e grazie alla costruzione di un'unità politica e sociale dei lavoratori. Ed è una situazione rispetto alla quale la condizio-ne oggettiva va in senso diametralmente op-posto non solo e non tanto dal punto dell'al-lungamento dell'orario di lavoro. Indubbia-mente c'è anche questo tentativo (Marchionne e le pause); ma scontrandosi con una legislazione e contrattazione che po-ne limiti all’orario e alla settimana lavorativa e col fatto che le ore in più di lavoro vanno pagate, sempre più spesso vanno avanti processi di ristrutturazione, dell'organizzazio-ne del lavoro che non tendono tanto all'allun-gamento della giornata o della settimana la-vorativa ma tendono all'intensificazione dei ritmi del lavoro. L'Electrolux, multinazionale svedese dell'elettrodomestico, che da anni sta praticando dei progetti di ristrutturazione pesante dietro la minaccia della localizzazio-ne (poi hanno delocalizzato lo stesso: una linea di frigoriferi se ne va da Treviso e una linea di lavatrici viene chiusa a Pordenone; le produzioni finiscono nell’est europeo – Un-gheria e Moldovia e in parte in Turchia), ha fatto passare un accordo sindacale che pre-vede una diversa organizzazione del lavoro in base al quale sulla linea si passa da 60 a 79 pezzi/ora. Cioè dove prima c'era un minu-to per il montaggio di un frigo, adesso ci sono 40 secondi. Si tratta di quello che Marx nel Capitale chiamava l'estrazione di plusvalore relativo. Lascio inalterato l'orario di lavoro ma intensifico i ritmi e la prestazione in modo da estrarre più valore possibile. La centralità del lavoro in alcune Regioni del Nord ha dato origine ad alcune campagne politiche che abbiamo intitolato significativa-mente Prima il lavoro: non è un caso che la prima regione dove abbiamo fatto questo sia il Veneto dove la Lega era partita con la cam-pagna Prima i veneti e adesso con il con-

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gresso di Maroni Prima il nord. Noi abbiamo contrapposto alle fratture territoriali che divi-dono la classe per territorio un progetto di unificazione che abbiamo chiamato “prima il lavoro”. E se ci diamo un progetto di unifica-zione dobbiamo avere qualche proposta con-creta, da approfondire con i compagni di Ra-venna per capire come realizzare un lavoro. Mi sembra che questa sera siano venute fuo-ri delle indicazioni molto interessanti perché nel momento in cui parliamo di unificazione dei lavoratori dobbiamo prendere per le cor-na gli elementi che producono divisone tra i lavoratori e dovremmo avere l'ambizione di riunificare quello che il capitale in maniera scientifica ha contrapposto e frammentato, messo in competizione E allora quali sono alcune possibili linee di competizione che già noi su questo territorio potremmo affrontare? Primo. In alcuni settori passa una pesante linea di divisone contrattuale. Pur nello stes-so sito , nella stessa catena di produzione del valore, convivono forme contrattuali pro-fondamente diverse tra loro per riferimento al CCNL, per condizioni di lavoro, salariali. In alcuni ambiti questa linea di divisione è quasi fisica. A Trieste la chiamano la linea gialla , l'area entro cui in cui si applicata il contratto nazionale dei porti e l'area cosiddetta empo-riale dove invece vige una situazione di so-stanziale far west. Contratti delle cooperative sociali, commercio, trasporti, multiservizi.

Certo là c'è una situazione particolare perché hanno svuotato l'articolo 17 e le funzioni del-l'articolo 17, cioè il lavoro portuale tempora-neo, l'hanno affidato a 34 cooperative (Idealservice, Intempo, la Primavera, la Trie-stina ecc.) che si fanno la concorrenza sulla tariffa. Ogni mattina al porto di Trieste c'è la guerra delle braccia. Qui mi pare di capire che dopo i 20 metri di area demaniale si è instaurata la divisone tra chi ha la fortuna di lavorare un metro oltre e chi un metro dopo. Ma anche in altre situazioni pur caratterizzate da situazioni positive ci sono problemi, come la chimica. L'accordo delle relazioni sindacali Eni del giugno scorso lo valuto come un ac-cordo che presenta luci e ombre. Anche nei Poli chimici c'è una grande varietà di condi-zioni contrattuali per lavoratori pur impegnati nella stessa area di produzione: c'è il contrat-to della chimica, per chi lavora sulla manu-tenzione delle macchine e impianti, penso alla Idromacchine, una delle principali azien-de che lavora sulla manutenzione degli im-pianti chimici, ha il contratto dei meccanici. A Ferrara hanno esternalizzato un pezzo della logistica come l'insaccatura dei prodotti del ciclo del propilene dove hanno applicato in parte il contratto delle cooperative dei tra-sporti ed in parte delle cooperative sociali. Quindi bisogna ragionare per distretto, per filiera, per ambito produttivo per cercare di favorire una unificazione contrattuale. Secon-

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do elemento di divisone pesante è quello sa-lariale di cui alla vicenda Marcegaglia, passa-ta in secondo piano rispetto a Marchionne ma che dal mio punto di vista ha lo stesso elemento di pericolosità. Dentro lo stesso stabilimento ci sono lavoratori che fanno lo stesso lavoro, lo stesso inquadramento le stesse mansioni con due salari diversi. E se fossero stati meno prepotenti ed arroganti non sarebbero nemmeno incappati nella con-danna per la questione della ditta di Udine: cioè la fornitura dei 40 in somministrazione avrebbero potuto giustificarla con un pezzo della legge 30, cioè l'appalto qualora si fos-sero inventati un'autonomia funzionale orga-nizzativa di quel pezzo lì. Sono stati talmente arroganti prepotenti che non hanno utilizzato neppure questo paravento. La divisione che si è prodotta dentro la Mar-cegalgia la stanno portando fuori per scate-nare la corsa al ribasso delle condizioni sala-riali. Il ragionamento che fanno gli altri padro-ni è semplice: se lo fa la Marcegaglia perché non devo farle anch’io le nuove assunzioni con il salario di ingresso al 25/30% più bas-so. Terzo elemento. Anche qui poi ci si ragio-na in termini di politiche industriali sia di filie-ra sia di sito. Ci sono frammentazioni societarie che ri-spondono unicamente all'obiettivo di fram-mentare e separare il lavoratori fra loro. Le frammentazioni che ci sono nei pretrolchimici non hanno alcuna ragion d'essere di caratte-re industriale e non ce l'hanno né nei singoli Petrolcimici e né a livello di quella che io chiamo la “chimica padana”. Perché senza il cracking di Porto Marghera non arriva l'etile-ne a Mantova, senza quello stesso impianto non arriva la materia prima nemmeno a Fer-rara per le produzioni della Basell. Eppure ci sono 12/15 aziende spesso nello stesso ciclo di produzione, cioè che intervengono in quel ciclo che realizza la materia prima o gli inter-medi che quelli che passano da un impianto all'altro Esiste cioè la massima integrazione industriale e la massima frammentazione so-cietaria possibile: non è facile far capire ai lavoratori di un'azienda che quel che succe-de ai lavoratori di un'altra azienda può avere

ripercussioni su di loro. Adesso se ne stanno accorgendo. A Marghera hanno chiuso il ca-prolattame2, ha chiuso la DoWChemical, ha chiuso la Syndial col cloro e a domino sono arrivati a chiuder la Vinyls col CVM - PVC. Quarto elemento di divisione è quella della organizzazione del lavoro. Cioè basta menar-cela col fatto che i distretti produttivi sono si-stemi produttivi locali del Made in Italy, delle specificità del genius loci

3. Sono stati uno dei tanti modi per organizzare la produzione a rete su filiere produttive e del lavoro. Econo-misti e sociologi come Bonomi4 e Fortis5 sul Sole 24 ore ci riempiono la testa sulle positi-vità di questo modello. In realtà nei distretti si è finiti per costruire una filiera produttiva assolutamente integrata dal punto di vista industriale, ma al tempo stesso frammentata dal punto di vista del la-voro e della solidarietà di classe e della con-trattazione. Da ultimo, e questo è l'elemento più difficile, io credo che il Nidil stia facendo un miracolo sindacale a tenere insieme una platea così diversificata di lavoratori: quelli che una cooperativa sociale avvia al lavoro per un reparto logistico di una fabbrica così come la ragazzina di 18 anni che viene as-sunta dal barista sul lungomare; il traduttore che si è appena laureato in lingue estere e che opera su committenza e chi lavora nella stagionalità turistica. Qui è molto più difficile per un partito politico organizzare una forza lavoro così polverizzata, così dispersa. Non è impossibile perché la classe non è sempre stata concentrata in grandi stabilimenti pro-duttivi dove la produzione era verticalmente integrata. Nell'Ottocento c'era un fenomeno di distribuzione sul territorio dei lavoratore per certi versi analogo ad oggi; e come le or-ganizzazioni sindacali e politiche sono riusci-te ad intercettare questo? Con una presenza di territorio con le camere del lavoro, con i circoli di cultura popolare, le società di mutuo soccorso, le leghe di resistenza, i circoli po-polari, cioè di tutto quelle istituzioni proletarie che noi oggi stiamo riscoprendolo dopo un secolo e che abbiamo chiamato il partito so-ciale. Dare fuori il pane ad un euro non sono cazzate, sono le forme con cui storicamente

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si sono costruite forme di solidarietà di classe a partire dai bisogni materiali quotidiani della classe. Da ultimo: noi abbiamo la necessità di fare un'inchiesta aggiuntiva e più approfon-dita per capire quali sono i possibili elementi unificanti per i lavoratori. Dobbiamo essere anche in grado di costruire un programma politico che un partito serio solitamente si di-stingue tra un programma immediato ed un programma di medio-lungo termine. Anche nel programma di breve termine ci dovrebbe-ro essere quelle idee che Engels diceva es-sere idee talmente forti da essere piantate come bandiere nella testa della gente. Una questione forte è quella delle delocalizzazioni industriali. Anche questo territorio, seppure in maniera diversa del Veneto ad alcune Pro-vince della Lombardia e del Friuli, non è im-mune dal fenomeno delle delocalizzazioni cioè che ti chiudono la fabbrica e la riaprono in Romania – la LaneRossi fa così- perché un operaio in Europa occidentale costa 5 o 6 volte di più rispetto ai Paesi asiatici, africani o dell’est europeo. La Tenaris Dalmine6 fa la stessa cosa della ex Lanerossi. Quindi ormai tutti i settori de localizzano: acciaio siderur-gia, tessile ma le telecomunicazioni e l’infor-matica. La Nokia,la IBM o il settore del bio-medicale, settori di grande qualità tecnologia si spostano in Messico, Romania. E qui ser-ve una parola d'ordine secca: l'azienda che delocalizza il giorno dopo che ha de localiz-zato deve restituire tutti i contributi pubblici di

cui ha fruito negli ultimi 15 anni. E’ una pro-posta che produce una forte reazione in tutte le Regioni del Nord. In Veneto, su questa proposta, sono state raccolte 53.000 firme. E’ una proposta che produce mobilitazione del mondo del lavoro e che crea un elemento di distinzione chiaro tra chi come noi cerca di contrastare le delocalizzazioni dovute a ra-gioni salariali e chi come la Lega Nord in Pie-monte in Lombardia, in Veneto approva i co-siddetti bandi per l'internazionalizzazione d'impresa che nei fatti finanziano le delocaliz-zazioni all'estero delle imprese. Seconda questione. L'intervento pubblico in economia che oltre ad essere ragionato in materie di politiche industriali, di piani nazionali di setto-re dobbiamo essere in grado di articolarlo a livello locale. Le finanziarie regionali, Veneto Sviluppo7, FinLombarda8, c'è anche in Emi-lia-Romagna9, sono imbottite di soldi e noi riteniamo che debbano sempre più diventare IRRI, cioè istituti per la Riqualificazione e Re-cupero Industriale di carattere regionale an-che utilizzando l'estensione della Prodi bis. Altrimenti il rischio è che si facciano tante lot-te anche dure che gli operai salgano sui tetti e che noi ci si riduca a fare quelli che applau-dono il lavoratori dell'INNSE10; ma se all'IN-NSE non fosse intervenuto un padrone come Camozzi, i lavoratori sarebbero ancora sul carroponte. Perché nelle Regioni e a livello nazionale non esistono strumenti di interven-to pubblico che consentano di pigliare una

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fabbrica in crisi di risanarla, di rimetterla in moto. Riprendendo anche la questione del reddito sociale, non come reddito di cittadi-nanza ma come strumento che può affronta-re anche alcune situazioni di intermittenza lavorativa, e la questione forte del blocco dei licenziamenti che va articolato con tutte le misure di ammortizzatori sociali che vanno in senso diametralmente opposto al pacchetto Fornero. Detta così è semplice ma detta così significa che a noi ci serve costruire un pro-getto politico di alternativa di società. Questo

progetto politico deve marciare sulle gambe robuste di una classe che si dà organizzazio-ne sindacale e organizzazione politica altri-menti possiamo costruire il più bel castello di idee di questo mondo ma siccome noi siamo quelli che non solo denunciano ma vogliono cambiare, cioè aspiriamo a diventare il movi-mento reale che vuole abolire lo stato di cose esistenti, ecco per abolire lo stato di cose e-sistenti ci serve il movimento reale organiz-zato su basi politiche classiste.

Note

1. Il riferimento è all’intervento del segretario provinciale del Partito Socialista, Carlo Lorenzo Corelli. Durante il dibat-tito sono inoltre intervenuti: Laimer Armuzzi (PdCI), Iuri Farabegoli e Silvio Berti Lorenzi (PRC), Ivano Mazzani (Comitato 11 Ottobre), Caterina Marchetti (Filcams-CGIL). Ha coordinato l’incontro Raffaella Veridiani.

2. E' un composto chimico alla base della produzione delle fibre di nylon.

3. Dal latino: che tutela, che protegge un luogo ma qui pro-babilmente inteso come creatività del luogo.

4. Aldo Bonomi, editorialista de Il Sole-24 ore.

5. Marco Fortis, editorialista de Il Sole-24 ore.

6. TenarisDalmine - sede operativa di Tenaris in Italia - è il primo produttore italiano di tubi di acciaio senza saldatu-ra per l'industria energetica, automobilistica e meccani-ca, con una capacità produttiva annua di 950.000 tonnel-late di prodotti finiti, oltre 3.000 dipendenti e 5 stabili-menti in Italia [\] Tenaris ha un fatturato annuale di 10 miliardi di dollari e 23.500 dipendenti. <http://www.tenaris.com/>

7. Veneto Sviluppo SpA è la società finanziaria, partecipata al 51% dalla Regione del Veneto e per il restante 49% da undici gruppi bancari nazionali e regionali, che contri-buisce ad attuare le linee di programmazione economica dell'ente regionale attraverso l’attivazione e la gestione di specifici strumenti finanziari a favore delle piccole e medie imprese venete appartenenti a pressochè tutti i settori di attività. L'attività della Società consiste nell'as-sicurare alle PMI l'accessibilità agli strumenti finanziari messi a diposizione, nel rafforzare l'operatività degli in-termediari che in Veneto operano a favore della crescita del sistema produttivo e nel realizzare progetti di suppor-to allo sviluppo regionale in settori strategici.Oggi, Vene-to Sviluppo gestisce, per conto della Regione del Vene-to, oltre 700 milioni di euro di finanziamenti agevolati. Veneto Sviluppo realizza, inoltre, interventi sul capitale di rischio delle imprese, agendo con il duplice ruolo di holding di partecipazioni e di finanziaria di investimento e avendo come obiettivi sia la promozione del tessuto eco-nomico veneto, costituito principalmente da PMI, sia la creazione di condizioni di competitività complessiva del sistema territoriale e infrastrutturale regionale. Su questo fronte, Veneto Sviluppo interviene con operazioni con-dotte sia con risorse proprie sia attraverso lo strumento del Patrimonio Destinato: ad oggi le partecipazioni gesti-te sono complessivamente 26, per un valore complessi-vo di quasi 55 milioni di euro. <http://www.venetosviluppo.it/>

8. Finlombarda S.p.A. è società a capitale pubblico, intera-mente partecipata dalla Regione Lombardia, che svolge il compito istituzionale di fornire supporto alle politiche regionali di sviluppo economico-sociale del territorio lom-bardo, mediante strumenti ed iniziative di carattere finan-ziario e gestionale. In particolare, attraverso la struttura-zione ed attivazione di articolati ed evoluti strumenti di finanziamento, essa fornisce alle linee d’azione della Regione, in campo economico e finanziario, un apporto tecnico di elevata qualificazione, ponendosi quale inter-mediario finanziario specializzato in due fondamentali aree di sviluppo del sistema socio economico lombardo, ovvero nel settore delle imprese e nel settore delle infra-strutture. Tale ruolo di “operatore finanziario territoriale” si esplicita sia nella strutturazione di iniziative finanziarie a favore delle imprese, sia nella implementazione di progetti nei settori delle infrastrutture e dei servizi di pub-blica utilità. <http://www.finlombarda.it/>

9. Probabilmente il riferimento è ad ERVET - Emilia-Romagna Valorizzazione Economica Territorio SpA è la società "in house" della Regione Emilia-Romagna che opera come agenzia di sviluppo territoriale a supporto della Regione [...]. La trasformazione di ERVET da holding di centri di servizi a società in house vuole foca-lizzare l’impegno dell’ente sullo sviluppo economico so-stenibile del territorio e sulla valorizzazione a livello inter-nazionale del sistema istituzionale e produttivo regiona-le. Le diverse aree di lavoro evidenziano l’ampio raggio d’azione della società, dalle politiche territoriali e di pro-grammazione, alle politiche internazionali, alla valutazio-ne pubblica e assistenza tecnica, fino alle politiche per lo sviluppo sostenibile e agli studi e progetti pilota. <http://www.ervet.it/>

10. Il riferimento è all'INSEE - Innocenti Sant'Eustacchio S.p.A., azienda milanese attiva nella produzione metal-lurgica. I 49 lavoratori furono messi in mobilità nel mag-gio 2008, seguirono diverse forme di protesta tra cui la salita su una gru. La soluzione fu trovata nell'agosto 2009 grazie all'intervento dell'industriale bresciano Attilio Mario Camozzi, a capo del Gruppo Camozzi (13 azien-de leader nei rispettivi settori, con una rete commerciale presente in oltre 70 Paesi in tutto il mondo e più di 2.050 dipendenti, come dichiarato nel sito <http://

www.camozzigroup.com>

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Ha moderato l’incontro

Raffaella Veridiani

Raffaella Veridiani

Raffaella VeridianiRaffaella Veridiani

(segreteria provincial

e PRC RA)

La Mente Grigia del Dipartimento Formazione

Giancarlo LugliGiancarlo LugliGiancarlo LugliGiancarlo Lugli (presidente CPF-PRC RA)

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Sono inoltre intervenuti ….

Caterina Marchetti

Caterina Marchetti

Caterina MarchettiCaterina Marchetti

(RLS Territoriale - Filcams-CGIL)

Iuri FarabegoliIuri FarabegoliIuri FarabegoliIuri Farabegoli

(Segretario Prov.le PRC RA)

Laimer ArmuzziLaimer ArmuzziLaimer ArmuzziLaimer Armuzzi (Segretario Prov.le PdCI RA)

Carlo Lorenzo CorelliCarlo Lorenzo CorelliCarlo Lorenzo CorelliCarlo Lorenzo Corelli (Segretario Prov.le PSI RA)

Ivano MazzaniIvano MazzaniIvano MazzaniIvano Mazzani

(Comitato Dopo l’11 ottobre)

Silvio Berti LorenziSilvio Berti LorenziSilvio Berti LorenziSilvio Berti Lorenzi (Resp.le Lavoro PRC RA)

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