Rinnovamento nella tradizione

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1 TESI PER IL CONGRESSO DEL PARTITO AUTONOMISTA TRENTINO TIROLESE DEL 13 MARZO 2016 RINNOVAMENTO NELLA TRADIZIONE Alla parola ringraziamento conferiamo un’importanza fondamentale perché appartiene al pensiero di chi conosce come il raggiungimento di obbiettivi importanti dipenda esclusivamente da un lavoro di squadra. E questa squadra, quella che nello specifico ha condotto il Partito Autonomista Trentino Tirolese al conseguimento dei risultati che sono sotto gli occhi di tutti, è un gruppo al cui interno esistono sensibilità diverse ma finalità comuni. L’impegno che ha portato, dall’ultimo Congresso, il PATT a vincere le primarie di coalizione con il proprio candidato Ugo Rossi, ha trovato in questo evento la punta di un iceberg. Di contro, gli sforzi sotto traccia, le fatiche dell’intera macchina partito hanno infatti consentito di mandare a Roma il senatore Panizza e il deputato Ottobre e di eleggere sette consiglieri provinciali, costituendo in Consiglio provinciale un gruppo di nove, mai così numeroso nella storia del Partito e di radicare con la propria qualificata presenza il Partito in amministrazioni comunali e di Comunità di Valle. Fin qui solo qualche accenno per così dire di contabilità elettorale. Ma, quel che più conta in quanto rappresenta una premessa fondamentale ad un ruolo futuro per il PATT sempre più importante, è stato l’aver capitalizzato l’impegno di tutti al fine di rendere politicamente imprescindibile il Partito all’interno del panorama politico provinciale. Ecco, questo è stato possibile unicamente perché un

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TESI PER IL CONGRESSO DEL PARTITO AUTONOMISTA TRENTINO TIROLESE DEL 13 MARZO 2016 RINNOVAMENTO NELLA TRADIZIONE Alla parola ringraziamento conferiamo un’importanza fondamentale perché appartiene al pensiero di chi conosce come il raggiungimento di obbiettivi importanti dipenda esclusivamente da un lavoro di squadra. E questa squadra, quella che nello specifico ha condotto il Partito Autonomista Trentino Tirolese al conseguimento dei risultati che sono sotto gli occhi di tutti, è un gruppo al cui interno esistono sensibilità diverse ma finalità comuni. L’impegno che ha portato, dall’ultimo Congresso, il PATT a vincere le primarie di coalizione con il proprio candidato Ugo Rossi, ha trovato in questo evento la punta di un iceberg. Di contro, gli sforzi sotto traccia, le fatiche dell’intera macchina partito hanno infatti consentito di mandare a Roma il senatore Panizza e il deputato Ottobre e di eleggere sette consiglieri provinciali, costituendo in Consiglio provinciale un gruppo di nove, mai così numeroso nella storia del Partito e di radicare con la propria qualificata presenza il Partito in amministrazioni comunali e di Comunità di Valle. Fin qui solo qualche accenno per così dire di contabilità elettorale. Ma, quel che più conta in quanto rappresenta una premessa fondamentale ad un ruolo futuro per il PATT sempre più importante, è stato l’aver capitalizzato l’impegno di tutti al fine di rendere politicamente imprescindibile il Partito all’interno del panorama politico provinciale. Ecco, questo è stato possibile unicamente perché un

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popolo autonomista intero, dall’ultimo dei simpatizzanti, al militante, al tesserato, al dirigente o anche solo a chi ha nei nostri confronti creduto fidandosi, ha lavorato con impegno. Grazie davvero a tutti. Ancora una volta gli Autonomisti hanno dimostrato che la sommatoria delle specialità, delle diversità, delle sensibilità e delle accentuazioni anche troppo rigogliose in alcuni momenti, il tutto determina all’occorrenza un magnifico ed insuperabile gioco di squadra. UN LUNGO CAMMINO Quando per la prima volta, era il lontano 1994, il PATT entrò nell’area di governo, incominciò un lento avvicinamento a quella cultura amministrativa che fino ad allora apparteneva ad esso solo per quanto riguardava alcune anche illuminate esperienze locali, ma nulla di più. Vogliamo sottolineare questo perché non di rado capita di dover gestire dei rilievi, delle critiche, che riguardano l’attuale collocazione del Partito nell’alveo del centrosinistra autonomista, valutazioni che provengono anche dall’interno. Si tratta di richiami da una parte che puntano ad una maggiore incisività di governo, dall’altra al desiderio di un abbandono di quest’ultimo quasi per senso di frustrazione nei confronti di partner che fagogiterebbero gli Autonomisti imbullonandoli ai blocchi di partenza. Per quanto riguarda questo aspetto, possiamo perfettamente capire che lo spirito con cui gli Autonomisti hanno responsabilmente deciso di scendere in campo, li porta a presidiare quella zona di terreno di gioco dove la finalizzazione è fondamentale. Siamo gente abituata a metterla dentro la palla e non a giochicchiare in maniera sterile. Però è anche vero che il termine stesso di coalizione impone il rispetto di regole e tempi condivisi, quelli appunto della squadra. E noi a questa squadra apparteniamo in quanto a monte abbiamo optato per una scelta filogovernativa alla quale non si può che aderire, fino a che vi si appartiene, con lealtà. Avremmo potuto limitarci a far infilare i guanti da lavoro e il caschetto da muratore ad altri, deresponsabilizzandoci in forma anche comoda dal punto di vista della rendita elettorale, in una fase nella quale certamente le risorse sono quelle che sono e gli impopolari “no” sono scelte sempre più obbligate: ma ciò non è avvenuto in virtù di una storia nostra fatta di impegno e coscienza. Diremo di senso di

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responsabilità. Ed allora con questi guanti da lavoro e con questo caschetto abbiamo deciso che la casa, la casa dell’Autonomia, la nostra casa, andava costruita mettendoci la faccia. Ognuno col proprio ruolo, con le proprie capacità, con il proprio grado di competenza, alla ricerca delle soluzioni per risolvere i problemi, senza perdere di vista il futuro dello spirito autonomista. La Presidenza, in capo all’autonomista Ugo Rossi ha, da questo punto di vista, rappresentato per il Trentino una novità assoluta. Per prima cosa a causa della “anomalia” di non essere in capo al partito di maggioranza relativa, ma di avere comunque, attraverso l’istituto partecipativo delle primarie di coalizione, affermato una leadership condivisa e derivata dal basso anziché dalle segreterie di apparato. La vittoria alle primarie è la conferma della cifra personale di Rossi, riconosciuta da un doppio voto popolare, appunto primarie e provinciali, a sostegno di un uomo di governo che è stato, in tal modo, riconfermato a livello di guida autorevole della nostra Provincia dall’imprimatur dell’elettore, fatto che in democrazia è basilare. Ciò è quanto oggi il Partito ha raggiunto in termini di contabilità elettorale. Si tratta di quella politica frutto del lavoro che tutti i giorni gli attori della scena politica del PATT, qui ci interessa soffermarci su di loro, mettono in atto all’interno dei propri Comuni, della propria comunità, a diversi livelli e secondo l’impronta autonomista che è fatta di serietà e dedizione. E’ poi importante evidenziare che la Presidenza è in capo ad un Autonomista che la nuova architettura elettorale vuole eletto direttamente dal popolo, all’interno dunque di una coalizione e di un programma elettorale preventivamente condiviso. Chiaro dunque che in capo al Presidente ricade un supplemento di responsabilità e di terzietà che gli impongono di rispondere, ancor prima che all’aula consiliare, al popolo tutto. E per popolo tutto si intendono ovviamente sia coloro che hanno scelto nel segreto dell’urna di dare la propria fiducia al Presidente Rossi, sia coloro che non lo hanno fatto, così come quelli che gli sono stati ostili o che neanche hanno votato. Questa è la democrazia, questo è quello che si intende per Comunità democratica. Il nostro Presidente Rossi è il Presidente di tutti i Trentini.

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Proseguire in questa direzione di governo significa prevedere anche la possibilità di critiche a volte opinabili, ma a volte costruttive che devono essere trattate e valutate quale contributo e non certo come un limite. E’ preferibile un intervento di Partito misurato, ma chiaro e che implementi l’azione di governo del proprio Presidente, che abbandonarlo ad un ruolo di presidente psicoterapeuta costretto ad azioni di marketing dal sapore vagamente imbonitorio. La Presidenza deve certamente essere portatrice di ottimismo e di concordia, ma mai può costringersi al ruolo di agenzia di promozione politica e con essa confondersi. Abbiamo ereditato un Trentino che non sta a noi giudicare se in salute o in anemia progettuale. Certamente quello ricevuto non è quel Trentino che avremmo voluto trovare. Almeno per quanto riguarda alcuni settori strategici e di indirizzo. Vuoi per scelte sbagliate, vuoi per scelte non fatte, vuoi per contingenza e volontà internazionali esterne alla nostra Terra e non condizionabili. Forse è un po’ tutto l’insieme. Certamente l’aver intrapreso con convinzione la strada del governo della nostra Provincia è stata una scelta di alto valore civico e di responsabilità. Se avessimo probabilmente puntato ad un semplice interesse di parte, avremmo potuto fare come chi, anche tra le nuove realtà della politica nazionale, rifiuta comunque e sempre di infilarsi gli stivali da lavoro standosene a bordo campo a pontificare. Ecco, noi, con risorse fortemente ridotte ed a fronte di una crisi che morde, abbiamo optato per un senso di responsabilità. Fino a dove questa responsabilità può essere portata? Noi pensiamo che la presidenza Rossi abbia diritto e dovere di provare fino in fondo un lungo viaggio. Non può essere un viaggio ad ogni costo, ma a lunga visione. Visione che può anche incontrare difficoltà, ma che deve esservi e deve essere completamente rappresentata, spiegata e fatta propria dalla gente. Il termine di guida della nostra Provincia è limitativo e non esaustivo di quello che il Partito è tenuto a compiere. Noi non siamo infatti alla guida del Trentino, ma governiamo il Trentino. La guida è un concetto statico che descrive una sorta di rappresentazione ferma della politica; governare per noi autonomisti significa operare attivamente nel gestire, nel programmare e nel finalizzare per il bene comune.

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Mettendoci la faccia come stiamo facendo. La centralità del Presidente significa garantirgli il pieno ed incondizionato appoggio all’interno di un dibattito che sui grandi temi deve fare i conti con un confronto dialettico anche aspro, se necessario, ma leale. Già, sul concetto di lealtà e il senso stesso del termine è meglio non equivocare. Chiariamo. Sgombriamo subito il campo da fraintendimenti, per affermare con forza come il futuro di una forza coesa stia nella capacità di governare il dialogo, senza zittirlo e senza manipolarlo. E’ molto rischioso il rapporto interno ad un partito che soffoca preventivamente il dissenso in nome di una vischiosa unità. Ciò non è ancora accaduto, ma se qualche segnale in questo potesse manifestarsi, diciamo subito che le conseguenti naturali implosioni sarebbero sicuramente più insidiose degli effetti di un dibattito anche aspro. Dobbiamo attuare una forma maggiore e diffusa di rispetto. Anche in momenti in cui il singolo provvedimento consiliare per esempio impone rischi di apparente coesione della coalizione, afferendo ad argomenti particolarmente sensibili, penso a quello etico ad esempio, non può venire meno la volontà di rappresentare fino in fondo le ragioni di chi ha votato e di chi ha scelto il simbolo delle due Stelle Alpine: ciò significa rinforzare il livello interno di dibattito, elemento di garanzia imprescindibile al contenimento di ogni spinta centrifuga. Chiudere all’interno di contenitori precostituiti ed in maniera forzosa posizioni diverse, impedendo alle stesse di esprimersi, crea le premesse per confronti scomposti e sterili. La dimensione provinciale del Partito offre allo stesso una forte opportunità ed una immensa responsabilità. L’opportunità è quella di poter interpretare il proprio ruolo politico dialogando con tutti, ma nella piena consapevolezza di poter declinare le scelte in maniera libera ed autonoma, priva di costrizioni cui sono obbligate le sigle nazionali. Allo stesso modo questo livello assoluto di indipendenza non offre al partito attenuanti relativamente a scelte che potrebbero essere imposte da Segreterie nazionali. La nostra Segreteria politica, e questa è una forza importante e strutturale del Partito, è libera ed autonoma; dovrà però sempre più contemperare esigenze di interpretazione delle istanze locali con quella dimensione sovraprovinciale dei problemi che sempre più interseca il sistema provincia. Il futuro del

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Partito starà nella sua capacità di rinforzare e qualificare il normale ambito di referenza interno al PATT, per dialogare e risultare credibile ed attraente anche per movimenti, pensiamo al fenomeno delle "Civiche", che dovrebbero trovare nel PATT il naturale interlocutore. La nostra è una storia di impegno e di valorizzazione delle municipalità: dalle storiche battaglie per le ASUC, al nostro diluirci in liste civiche in molte amministrazioni comunali. Con queste realtà, complesse ed articolate quante sono le amministrazioni che le vedono impegnate, dovremo trovare un tavolo di confronto. Confronto che non potrà mancare anche con le minoranze linguistiche delle valli ladine, mochene e cimbre che dovranno trovare nel PATT l’interlocutore naturale per le loro legittime istanze di valorizzazione e salvaguardia degli inestimabili patrimoni di cui sono depositarie. Una coalizione forte sottende coesione di intenti da parte delle singole forze che la costituiscono. Oggi è in corso un passaggio politico importante che coinvolge i singoli partiti della maggioranza di governo. Il PATT è tenuto, gli deriva non solo dal peso politico, ma dalla sua storia e dal fatto di guidare con un proprio uomo il governo provinciale, non solo a monitorare da osservatore attento il quadro politico della coalizione, ma di fungere da faro per lo stesso. Il rispetto dell’autonomia interna ai partiti comporta anche la pretesa del rispetto reciproco dei ruoli. Quando le frizioni di coalizione si spingono oltre la naturale critica, per puntare a scenari rivendicativi magari ad indirizzo più individuale che collettivo, ecco, in questo caso il Partito deve avere il coraggio, direi l’obbligo morale di intervenire. E’ arrivato il tempo di riaffermare il nostro spirito autonomista che si estrinseca anche nel rigettare quelle critiche non basate su contenuti ma sull’appartenenza. Noi siamo i custodi, certamente non esclusivi ma storici sicuramente, di quel popolarismo autonomista senza il quale, sia chiaro, nessun autonomismo moderno avrebbe oggi modo di sostanziarsi. QUADRO SOCIO ECONOMICO Non possiamo nascondere che la situazione dell'Italia e del Trentino è decisamente critica. Dal 2000 al 2013 la crescita del PIL dell'Italia è stata la penultima al mondo, soltanto Haiti ha fatto peggio. In questo contesto l'economia trentina ha tenuto per dieci anni, poi la

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crisi è arrivata anche nella nostra provincia. Le scelte scellerate di depauperamento della montagna e di industrializzazione del Trentino degli anni sessanta e settanta si sono rivelate un boomerang e mentre il vicino Alto Adige ha basato sulla montagna e sul binomio turismo-agricoltura la sua tenuta, in Trentino sono mancate le fondamenta della crescita. Infatti la nostra provincia negli ultimi cinque anni è stata una delle ultime in Italia in termini di crescita. In questo periodo la nostra crescita demografica è stata negativa se escludiamo le nuove nascite fra gli immigrati. E la scarsa integrazione degli immigrati in termini lavorativi non ha certo aiutato l'economia trentina; queste nuove leve hanno invece assorbito legittimamente gran parte delle risorse messe in campo dalla Provincia per fare fronte alla crisi. E noi siamo precipitati in una terribile crisi di artigiani, commercianti e imprenditori che non hanno avuto benefici dagli aiuti pubblici i quali sono finiti nelle tasche delle imprese più grandi che ci hanno poi lasciati con un palmo di naso. La politica non può però fermarsi alla semplice analisi delle cause dei disagi, deve incidere in maniera propositiva e positiva. Su questo fronte l'attività di governo della Giunta a guida autonomista è stata ficcante e innovativa cercando in ogni modo di aiutare l'economia, di far ripartire il volano dei lavori pubblici, ricercando con soluzioni innovative, di tutelare i lavoratori e di dare vigore a turismo e agricoltura, le nostre vere ricchezze. Ma non basta quanto si è riusciti a realizzare in questa situazione, si deve fare di più: dobbiamo riuscire a far capire ai Trentini che i sacrifici non sono mai abbastanza, che si può dare di più, che possiamo ridurre ancora gli sprechi e le spese superflue. Ma dobbiamo farlo con la forza dell'esempio, dobbiamo essere i primi a mostrare coerenza. Per questo motivo il PATT non arretrerà di un centimetro sulla battaglia contro i privilegi dei vitalizi. E se la legge del 2014 dovesse essere messa in discussione, o peggio annullata ci impegniamo a farne una ancora più rigida, più restrittiva e penalizzante per chi ha preso in giro l'istituzione stessa dell'Autonomia provinciale. La grande sfida di questa fase sarà quella di riuscire a non lasciare nessuno indietro, di aiutare chi in questi anni di difficoltà ha perso il lavoro, non riesce a pagare il mutuo della casa o non ce la fa a tenere in piedi la sua azienda.

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I nostri sforzi di contenimento della spesa e di sacrificio in una prospettiva di crescita devono essere finalizzati ad aiutare chi è in difficoltà. E rispetto al recente passato dobbiamo ricordarci che i nostri padri ci hanno consegnato un Trentino forte e solidale, ma concentrato sui Trentini e sulla loro dignità. Non possiamo permetterci di aiutare tutti, dobbiamo e vogliamo essere al fianco di uomini e donne che hanno perso il lavoro, che si sono meritati l'aiuto pubblico, che hanno alle spalle una presenza in Trentino, una comunità al cui sviluppo hanno contribuito in passato, comunità che li stima , riconosce ed aiuta. Il welfare indiscriminato che aiuta tutti e chiunque, deve essere trasformato in un welfare che aiuta chi ha dato, sostiene chi merita, affianca chi si è guadagnato stima e riconoscenza. Tutto questo prescinde da considerazioni di casta, di razza, o, peggio di genere: aiutiamo tutti i nostri concittadini, le nostre forze lavoro in difficoltà. Cito un dato emblematico ufficiale, quindi non un’opinione, che ci soccorre in un ragionamento conseguente, difficile ma improcrastinabile: alle scuole elementari di Mezzolombardo quest’anno gli alunni di origine straniera sono il 41%. Riflettiamo insieme: questo significa che in massimo una ventina d'anni, la popolazione della cittadina sarà composta per quasi la metà di persone non originarie della nostra Nazione. E che conseguenze questo potrà avere sulla squadra di calcio, sui soci della Cassa Rurale, sui pompieri volontari, sul coro, sulla banda, sulla amministrazione comunale se non riusciremo ad integrare queste persone, a far capire la nostra storia, le nostre tradizioni, i nostri valori e renderli partecipi delle e nelle nostre associazioni, nelle nostre istituzioni, nei nostri, nel nostro Partito. Chi è nato in Trentino, chi è cresciuto in Trentino, chi è venuto in Trentino e qui si è integrato come lavoratore, come uomo impegnato nel sociale, come madre di famiglia, chi ama il Trentino deve sapere che potrà trovare nel Partito Autonomista la sua casa. Ad oggi gli sforzi compiuti sia sotto il profilo istituzionale (corsi di storia locale nelle scuole ad esempio) che della società civile ci paiono davvero sottodimensionati rispetto all'emergenza del momento. Pensiamo veramente di poter nascondere ancora una evidenza, dalle chiare implicazioni socio economiche, e dalle ricadute nei prossimi anni, che riguarda il tipo di gestione della presenza straniera nel nostro territorio? Il PATT deve prepararsi a gestire questo fenomeno partendo dalla certezza, non dalla ipotesi, che i

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dati di oggi in materia di immigrazione descrivono urgenti, preoccupanti, ineludibili ed imminenti scenari da gestire. La rete sociale trentina, del lavoro, della scuola, dell’impresa, ma pensiamo anche a quella del volontariato, insomma l’intero tessuto trentino entrerà in contatto con questa realtà mista che è oggi fenomeno globale quindi anche locale, e di conseguenza sarà problema internazionale e pertanto anche provinciale; a questo non si sfugge. A noi il compito di trasformare, questa ineluttabilità, da eventualità di scontro tra civiltà in civile gestione, diremo anche in opportunità. Con questo problema il Trentino può entrare in rotta di collisione o di gestione. Anche a noi Autonomisti che guidiamo questo territorio, spetta l'obbligo in favore della seconda opzione. A noi è richiesto un supplemento di impegno: quello di guidare l’arduo compito prima di sollevare virtuosamente il tema, senza acuti demagogici ma anche senza nascondimenti, poi quello di individuare, proporre soluzioni coagulando le forze più illuminate della nostra società. Perché su questo non si può scherzare e il rischio di un venir meno della coesione sociale è davvero molto elevato. Guai in questo senso a pensare ad una sorta di monopolio partitico: è necessario il massimo coinvolgimento degli attori sociali a prescindere da appartenenze o bieche speculazioni elettoralistiche sulla pelle della gente. Questo per quanto attiene al fenomeno straniero, al netto di quanto i tragici eventi bellici e terroristici di questo ultimo periodo stanno creando, con gli esodi biblici di rifugiati e disperati. Su quest’ultima questione siamo perfettamente allineati col nostro europarlamentare Herbert Dorfmann che scrive:" È vero, abbiamo il dovere di accogliere come rifugiati tutti coloro che vengono perseguitati nel loro paese d'origine e che temono per la loro vita. E abbiamo anche il dovere di assicurarci che queste persone giungano in Europa in modo sicuro, senza finire nella mani di trafficanti senza scrupoli. Ma una cosa è sempre più evidente: questi sono una minoranza rispetto a tutti coloro che vogliono venire in Europa. La maggioranza sono persone alla ricerca di una vita migliore. L'Europa può accogliere anche loro, ma non se questi si fanno passare per rifugiati. Devono fare domanda per un visto di lavoro e, solo dopo averlo ottenuto, possono venire a lavorare e vivere in Europa”. Quale è dunque la risposta a questa difficile situazione? Quella che la moltitudine di persone disadattate che sono in

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Trentino deve essere gestita con fondi diversificati in modo da non privare i nostri padri di famiglia senza lavoro, le nostre famiglie incapaci di tirare avanti degli aiuti che l’Autonomia ha stanziato per loro. Chiaro che questa ultima situazione non rappresenta una semplice distorsione formale , ma una evidente ingiustizia. Analogo ragionamento va riservato per quello che riguarda la sanità. La continua contrazione di risorse in questo comparto ha portato all’introduzione di quell’ ICEF sulle prestazioni che oggi riduce ad utente da questua il nostro semplice, piccolo risparmiatore trentino: questo si trova, dopo mille sacrifici per la ristrutturazione della sua abitazione resa appena più grande, a vedersi escluso da benefici sanitari gratuiti. Paragonarlo ad un ricco non ha senso e sui coefficienti e criteri relativi va assolutamente rimodulata e ripensata l’azione di governo. Se è già difficile per i giovani accettare un simile stato di cose, pensiamo all’anziano pensionato, o addirittura all’invalido, incapaci a modificare il proprio stato reddituale, e costretti all’esclusione da diritti sacrosanti. QUADRO INTERNO AL PARTITO In questi quattro anni dallo scorso Congresso il PATT si è chiuso in maniera preoccupante, non ha fatto crescere nessuna classe dirigente alternativa, si presenta al nuovo Congresso con lo stesso personale politico, lo stesso Segretario. Questo è un pericoloso segnale per il futuro, che deve farci riflettere e ci deve portare ad un rinnovamento pressoché completo: in coerenza praticata, e non solo dichiarata, con questo concetto, partendo dal Presidente stesso del partito. Inoltre in questi mesi la confusione tra i ruoli amministrativi e istituzionali e i ruoli politici è stata deleteria per il PATT: oggi il destino del Partito è legato a filo doppio con quello della coalizione e del governo provinciale, senza distinzione tra le posizioni di un partito e l'altro, senza prese di posizione definite e determinate sui temi più importanti, nemmeno su argomenti storicamente cari alla nostra base. Abbiamo rinunciato alle nostre battaglie storiche, non siamo intervenuti lasciando il terreno all’ UPT o al PD su temi per noi fondamentali come gli Ospedali di valle, le scuole periferiche, la famiglia naturale, l'accentramento delle Case di riposo, la tutela della residenza storica per la concessione dei contributi, solo per

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citare alcuni esempi. Chi ha ricordi delle prese di posizione della nostra Segreteria su questi temi? Come possiamo pensare di essere attrattivi per tutto quel mondo di centro che ha a cuore l'autonomia? Come possiamo pensare che il PATT possa crescere se le nostre posizioni politiche sono appiattite sui temi cari agli alleati e inesistenti sui nostri temi storici, quelli che ci hanno fatto arrivare fin qui? Non è forse il caso di ridare voce e considerazione a tutte quelle sollecitazioni che ci vengono dalla base? È ora di trovare la forza di fare un salto in avanti, senza avere paura di perdere consenso, senza il timore di fare fughe in avanti. Questo è chiesto ad una forza che vuole governare il Trentino e non solo guidarlo. Non dobbiamo accontentarci di rappresentare il governo provinciale, ma puntare a sostenere il nostro Presidente blindandolo da derive minimaliste che a nulla portano se non a cuocerlo a fuoco lento. Il nostro futuro è chiaro: ancora tre anni con questa Giunta con il pieno sostegno a questo governo provinciale e poi un nuovo rilancio della giunta a trazione autonomista, con il PATT ancora in posizione di leader della coalizione, con la forza del consenso che sapremo far crescere tutti insieme. Il nostro bene maggiore non è la coalizione; la coalizione deve essere il mezzo per perseguire il nostro obiettivo principale, quello di portare le proposte e i valori autonomisti al centro della società trentina. Il nostro bene supremo è il Trentino. Questo tema del rapporto tra governo e coalizione è basilare, perché se non opportunamente gestito funge da detonatore a tempo, il cui innesco è ormai nelle sedi di più di una segreteria di partito, non solo dell’opposizione. Su questo solo una Segreteria politica che anteponga il ruolo politico a quello organizzativo, che sia saldamente e regolarmente collegata col tessuto politico trentino prima che romano, può completamente assolvere al proprio ruolo. Per fare tutto questo è fondamentale cambiare il partito, trasformarlo in un luogo di elaborazione di idee, in un partito moderno, al passo coi tempi. Proporremo subito un nuovo Statuto con una linea di comando molto snella, ma al tempo stesso più collegiale e più aperta ai non eletti.

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La Giunta del Partito è attualmente composta da 9 componenti eletti dal Consiglio del Partito, dal Segretario e dal Vice Segretario, dal Presidente e dal vice Presidente, dal Segretario Organizzativo e da tutti gli eletti in Consiglio provinciale , alla Camera e al Senato. Pensate che alle ultime riunioni di Giunta prima di questo Congresso partecipavano 14/ 15 persone di cui magari 10/11 eletti: quale è la possibilità di una spinta innovativa o comunque di un bilanciamento tra potere esecutivo e partito? Proporremo quindi due luoghi di decisione: una Giunta snella, in ipotesi costituita da 8 persone nominate per metà dalla segreteria e per metà dal Consiglio del Partito, più due membri di diritto scelti dagli eletti. Il Consiglio provinciale del Partito oggi è composto da 62 membri eletti dalle Assemblee di ambito nella fase precongressuale e da altri 42 membri di diritto a vario titolo: una assemblea elefantiaca con più di cento membri con limitata capacità deliberativa più per la sua mole che per gli effettivi poteri che lo Statuto ad essa attribuirebbe. Nel nuovo Statuto proporremo un Consiglio provinciale che rappresenti gli ambiti con un membro di diritto nella persona del coordinatore di Ambito e un membro elettivo nominato da ciascun ambito eletto ogni anno al rinnovo dei tesseramenti, un rappresentante degli eletti in ogni ambito e la segreteria provinciale: questo sarà il luogo dell’elaborazione delle proposte politiche che vengono dai territori, per dare alla segreteria e alla giunta il compito di mettere in pratica le decisioni del Congresso e le proposte del Consiglio. Perché di questi interventi abbiamo bisogno, sempre che si pensi, come riteniamo, che il Partito abbia per il suo prossimo futuro obiettivi non conservativi, ma di dinamico radicamento, non solo territoriale ma politico, e di visione alta e qualificata della politica. Queste riunioni, che rappresenteranno il collegamento diretto tra il Partito e la società, e la base, dovranno avere cadenza mensile per favorire in ogni modo il dibattito e il confronto. La nuova agenda politica della segreteria che andremo ad individuare di questo dovrà dotarsi, di un ordine politico di interventi pianificato e condiviso con i suoi militanti, non tanto degli attuali indirizzi email o di cellulare, insostituibili, ma che rappresentano il mezzo, non il fine. L’approccio tecnologico ancorché non esclusivo snellisce le procedure amministrative

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interne al Partito ma non ne soddisfa minimamente l’approdo politico. Vogliamo anche valorizzare tutte le persone che si sono avvicinate al PATT alle recenti elezioni comunali. Queste hanno investito gratuitamente in competenze, disponibilità temporali, ed energie personali, nulla chiedendo; abbiamo nei loro confronti un obbligo politico e morale. La gestione e di conseguenza valorizzazione dei non eletti deve diventare per il nuovo PATT una sfida tutta interna al Partito con il coinvolgimento del popolo trentino. Il fine ultimo è quello di creare il nuovo gruppo dirigente che ha fatto un percorso di crescita culturale, di formazione politica che ha condiviso battaglie e a volte anche qualche sconfitta. Persone che credono nella nostra Autonomia e nel PATT. Il Partito deve essere aperto alle novità del nostro tempo, concentrato su tutto il territorio provinciale e non solo sulle città, ispiratore di innovazione e veicolo di decisioni elaborate condivise con il più vasto numero di persone possibile. LA PERSONALIZZAZIONE DELLA POLITICA Oggi il rischio che i Partiti corrono, ed anche il nostro non ne è esente, è quello della personalizzazione della politica. La personalizzazione della politica può costituire un pericolo alla crescita di una classe dirigente capace. E’ la premessa allo sviluppo di una appartenenza cortigiana alla politica, attraverso la quale è il rapporto personale con il capo il discrimine, e non la cifra politica individuale del singolo a fare la differenza. Non può essere la normalità che il rapporto personale con il Segretario stabilisca la linea di demarcazione tra chi può arrivare a ruoli di responsabilità all’interno del Partito, e chi deve attendere invece l’intervento personale suo per liberarsi dal veto. I Giovani meritano una attenzione e una considerazione non solo di complemento, ma, se meritevoli saranno valorizzati anche in ruoli apicali, ed a deciderlo saranno le loro capacità, non certo le opposizioni preventive ed unilaterali di chi nella partita nutre un evidente conflitto di interessi.

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Le minoranze interne al Partito, non sono un problema, non sono un impedimento, non sono un ostacolo! Le minoranze sono la soluzione del problema! Le minoranze sono una risorsa! Crediamo che in questo modo sui temi di attualità sarà molto difficile sbagliare l'obiettivo o non interpretare al meglio la pubblica opinione: attraverso il coinvolgimento del Partito, della base così rappresentata, le decisioni scaturiranno da un dibattito partecipato, da un vero confronto politico. Oggi infatti assistiamo a situazioni che mettono in pericolo il consenso così difficilmente conquistato nel 2013 perché questa elaborazione politica non esiste, il Consiglio del Partito è diventato un luogo di comunicazione delle decisioni già prese, una sorta di ente ratificatore, nel quale appare evidente il timore ad affermare il dissenso in virtù dell’importanza attribuita all’appartenenza piuttosto che al contenuto dell’elaborazione proposta; un luogo di confronto istituzionalizzato attualmente è di difficile individuazione e noi pensiamo e crediamo che questo luogo debba essere il Consiglio provinciale del PATT. Con il nuovo statuto sarà chiara anche la leadership e identificabile la nuova classe dirigente. La persistenza di un leader senza leadership è una condizione che a noi non può interessare. Non si correrà più il pericolo di non avere ricambio perché saranno le forze emergenti ad essere protagoniste, nelle valli come nelle città, in tutti gli ambiti. Gli attuali equilibri di coalizione, non giustificano sbracate composte che tendono a ritagliare fette di popolarità singola a scapito di delicati equilibri molto difficili da mantenere e molto più facili da demolire. Non vi è dubbio alcuno che la specialità di un Partito come il nostro che è storico, radicato, geograficamente collocato al centro ma intercettatore naturale di consenso da destra a sinistra, in virtù di quella stretta di mano virtuale che lo lega al territorio attraverso le radici della sua stessa natura, è molto difficile da scardinare perché privo di prezzo politico. Non si consenta impunemente a chicchessia di tenere con chirurgica tempestività sotto attacco un Presidente della Giunta che certo non può essere accusato di atteggiamenti faziosi o non super partes. Ecco, ciò non è politicamente degno per chi lo attua, né è dimostrazione di attenzione al bene comune; è piuttosto un ritorno a quella politica in salsa romana, solo

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pretestuosa e che porta la politica a spiaggiare sull’arido terreno della polemica. QUALE PATT Il PATT deve esprimere con chiarezza che il suo ruolo di attore politico libero da lacci e laccioli non appartiene ad una sorta di opportunismo speculare ad interessi di bottega. E’ invece funzionale a rendere stabile il quadro politico locale, attraverso un interfaccia costante e a 360 gradi con il quale ogni interlocutore può seriamente pensare di confrontarsi con il governo della nostra provincia. Quante volte ed in epoche neanche tanto lontane il pregiudizio politico invece della valutazione dei temi sul tappeto hanno prodotto discriminazioni contro soggetti che altrimenti avrebbero meritato piena dignità? Un PATT forte in Trentino significa sapere che un attore politico serio e radicato sul territorio, in grado di interagire con apertura di vedute, è utile ad un Trentino che desidera essere ben governato. Certo, il PATT non può essere disponibile a facili soluzioni pasticciate che sottendano sconti alla propria politica. Specie se questi vanno ad essere pretesi proprio su quei terreni che ne hanno fondato e fondano tuttora la propria spina dorsale. Pensiamo al tema dell’ambiente, della sicurezza, del bilanciamento tra centro e periferia, delle politiche del lavoro a tutela dei più deboli per fare solo alcuni esempi. Ma il criterio di approccio non ideologico del Partito riteniamo che costituisca davvero la cifra distintiva di un PATT moderno, autorevole e necessariamente concreto. Abbiamo la consapevolezza che l’Autonomia è un bene indisponibile, un bene presente nella naturale aspirazione dell’uomo, e che l’uomo stesso non può cancellare. Ma questa Autonomia non appartiene alle categorie delle cartoline illustrate, fatte di montagne, balconi fioriti, guglie o pendii mozzafiato sfalciati: sono icone di un’Autonomia salottiera che se non implementata da un concetto dinamico non può che decretare il proprio fallimento, la propria autoreferenzialità, la propria scomparsa. A livello nazionale il governo italiano ha inventato la paghetta, la elemosina culturale di 5oo euro a diciottenne quale surrogato al vuoto siderale in materia di senso di appartenenza alla nazione. La res nullius, la cosa di nessuno, la non identificazione del cittadino in tutto quello che lo circonda, è quel sottoprodotto

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culturale italico che il Trentino deve evitare. Vogliamo pensare invece che in Trentino non ci sia bisogno della carità culturale perché abbiamo ancora una dignità, fatta di senso di appartenenza, di condivisione, di mutualità, fattori recuperabili in una società trentina non ancora secolarizzata: su questo il nostro PATT deve gettare il cuore oltre l’ostacolo in difesa proprio di questi che sono principi fondanti il Partito stesso. Non è bello sentir dire che pur di governare siamo disposti ad ogni tipo di alleanza. Non ci piace questa terminologia perché culturalmente è una forma espressiva che appartiene ad un mondo levantino e di bieco opportunismo lontano anni luce dal “Ein Mann ein Wort”, quello del valore della stretta di mano per intenderci. Vogliamo un Partito con una forte capacità propositiva e di attrazione sull’esterno, che abbia l’ambizione esso stesso di polarizzare attorno a se stesso la politica provinciale e non disposto comunque ed a ogni prezzo a svendere il proprio patrimonio. L’obiettivo enorme, ma la politica senza sogni è priva di significato prospettico, è quello di partire dal rafforzamento continuo del nostro elettorato di partito per andare ad intercettare quello che ad oggi il PATT non è riuscito ancora a convincere alla causa autonomista. Impegniamoci in tal senso. Un Congresso elettivo, che punta a rivisitare quello che è il proprio organigramma, non può prescindere dall’individuazione, prima che delle persone, degli obbiettivi che queste devono raggiungere. Ciò per affermare il primato dei contenuti sugli assetti. PARTITO DEL DOMANI Il PATT che ha assunto forte centralità politica e che ha avuto modo di piantare robusti presidi sul territorio non è pensabile non attui conseguenti azioni di consolidamento strutturale. Si tratta prima di tutto di azioni di contrasto a politiche accentratrici incapaci per la dimensione stessa del partito a soddisfare il cresciuto ruolo di responsabilità. Si pensi soprattutto a due filoni di intervento. Uno di tipo organizzativo, con la necessità di coordinare in maniera continuativa e regolare i nostri amministratori sul territorio. L’altro che assicuri piena guida politica a queste centinaia di rappresentanti eletti tra Comuni e Comunità di Valle, oggi troppo spesso abbandonate a se stesse. E’ necessaria una rete di confronto

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tra le diverse realtà che costituisca anche cinghia di trasmissione con i referenti a livello consiliare e parlamentare in special modo su problematiche di particolare complessità. Ed a questo proposito è fin troppo scontato pensare ad un Segretario politico presente quotidianamente sul territorio e con fisso recapito fisico a Trento. LA PERSONALITA’ DEL PARTITO Il Partito deve recuperare una propria personalità. Quello della personalità di un Partito costituisce un elemento di primaria importanza, perché non dobbiamo vergognarci di dichiararci Autonomisti. Ogni tentativo di annacquamento altro non è che il vecchio, rivisto tentativo di zavorrare gli Autonomisti: conosciamo gli obbiettivi, cambiano solo i metodi. L’Autonomia è il nostro marchio di fabbrica e la storia di ognuno di noi la sua certificazione. Noi non siamo semplicemente un interlocutore diverso rispetto agli altri partiti: noi non siamo “l’altro” partito, ma siamo altro. La gestione con personalità non significa una gestione personalistica, ma presuppone un grande senso di appartenenza accompagnato da quello di squadra. ATTUALITÀ La nostra provincia si trova oggi, fine 2015, a fare i conti con numerose questioni, alcune amministrative, altre politiche. La nostra tesi vuole essere una presa di posizione precisa su alcuni di essi. Ma non senza aver precisato che a nostro avviso questi temi dovevano, devono è dovranno essere portati all'ordine del giorno del dibattito interno al partito nei luoghi e nei modi che il nuovo Segretario deciderà, ma non potremo evitare di confrontarci e di decidere su alcune dirimenti questioni. LA COLLOCAZIONE POLITICA Il PATT è un partito radicato nella popolazione trentina, nella sua storia, nelle sue istituzioni; e solo la gente trentina è depositaria della nostra linea politica. Il PATT che deve uscire dall’assise congressuale dovrà presidiare in forma assoluta un obiettivo: quello di puntare alla creazione di un Partito che

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funga non solo da riferimento per i propri simpatizzanti, ma da vero e proprio polo di gravitazione politico culturale. E’ un’ambizione irrinunciabile se intendiamo davvero creare le basi per un futuro politico autonomista per i nostri figli. La contingenza politica non può che rappresentare una fase, la narrazione e la gestione del presente, in vista di quel sogno autonomista di un Trentino in cui il nostro Partito sappia stabilmente garantire la popolazione trentina da derive centraliste e nazionaliste, nemiche autentiche della nostra specialità. Oggi siamo inseriti in una coalizione di centrosinistra autonomista e finché questa ultima parola sarà rispettata e non vilipesa noi saremo leali alla coalizione. Ma sia chiaro che i nostri valori inderogabili non possono essere calpestati da nessuno, la centralità della gente trentina e dei suoi bisogni sono il nostro faro. Questo non significa essere blockfrei, significa mettere al primo posto i Trentini, significa rispondere solo alla nostra gente. Nel modello euroregionale possiamo trovare le risposte che impediscano alla nostra terra di appiattirsi sulle dinamiche nazionali di corto respiro. Guai a pensare all’Autonomia ridotta ad un bancomat: l’Euroregione rappresenta per il PATT un riferimento ai valori del territorio, dell'ambiente, della mutualità , del volontariato che storicamente appartengono al nostro Trentino. LA CUSTODIA DELLA NOSTRA AUTONOMIA La nostra Autonomia è sempre stata sotto attacco, e lo è ancora di più in questi mesi di difficoltà economica e di instabilità politica. Non sono i soldi il problema che ci viene contestato da Roma, o meglio, non solo i soldi; quello che viene messo in discussione è il modello di autonomia che garantisce, in quanto tale ed in quanto tradotto concretamente in evidenze sociali ed economiche inconfutabili, un livello generale alto. Anziché tentare di riprodurlo, viene utilizzato per giovarsene economicamente e spremerlo, da una condizione di centralismo quasi infastidito anziché confortato dai risultati raggiunti da detto modello. Proprio quando i governi nazionali sono stati guidati da coalizioni miste ed incerte o peggio tecniche la soluzione proposta e attuata è stata un nuovo accentramento, un grande pericolo per l'Autonomia. Ma sia i nostri Parlamentari che la nostra Provincia si sono mossi con attenzione e concretezza. Oggi la sfida è saper elaborare un

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terzo statuto che non ci metta in pericolo e anzi che sappia valorizzare e rilanciare il ruolo innovativo della nostra autonomia. Per fare questo però non ci dobbiamo fidare di chi ci vuole far smembrare la Regione: l' Istituzione regionale è la nostra garanzia più completa e duratura che possa esistere e a noi sta il compito di riuscire a mantenerla viva e darle un ruolo ancora decisivo per il futuro. Chiudere la Regione significherebbe giocare alla roulette con l'Autonomia, e su questo noi dobbiamo dire un forte no agli amici della SVP. RAPPORTO CENTRO PERIFERIA. Il PATT è sempre stato il Partito della periferia, il partito delle valli, e su questo tormentone quanto ci hanno dileggiati in passato. Ma oggi che siamo anche forza di governo nelle città, crediamo che un dualismo fra centro e periferia sia nemico dell'Autonomia, crediamo di essere in grado di governare in centro come in periferia, di saper trovare le formule adatte sia a Trento che in cima alla valle più lontana. La parola d'ordine dovrà essere solo una, e tanto per non smentirci sarà sempre la stessa: Autonomia. Le valli sanno come governarsi, i Comuni sanno quando e come decidere da soli il loro destino, le città sanno trovare la loro dimensione. La novità sarà dunque la garanzia che il nuovo PATT saprà rispettare le volontà delle Sezioni, dei coordinamenti di ambito perché il PATT riconosce la capacità dei Trentini di autogovernarsi, non solo come abitanti di una provincia, ma come residenti di un comune, abitanti di una valle o di un ambito, il tutto nel disegno autonomista che oggi qui iniziamo a riorganizzare e ridefinire. La governance del nuovo PATT avrà il difficile compito di saper mediare fra le esigenze delle valli e le città, e il bene superiore della nostra Provincia Autonoma, ma questo sarà un processo che parte dal basso, coinvolgendo i territori e le persone, non certo come si è fatto, ad esempio, con le Case di Riposo. I DIRITTI DEI PIÙ DEBOLI Il PATT è il partito dei contadini, degli artigiani, degli operai, delle casalinghe, degli impiegati e delle Partite Iva. Queste persone sanno cosa vuol dire difficoltà, conoscono la parola bisogno, sanno

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cosa significa emarginazione. E quindi il nostro Partito è per sua composizione il partito che guarda ai più deboli, il partito contro le discriminazioni. Il PATT è anche il partito dei trentini, il partito della famiglia, il partito dei lavoratori. Quindi le nostre porte sono aperte a chi lavora, sono spalancate per chi soffre, sono rifugio per chi è perseguitato. Ma sono chiuse per chi vuole insegnarci che la nostra famiglia non va bene, sono chiuse per chi ci vuole spiegare che non serve lavorare per vivere, sono chiuse per chi vuole insegnare ai nostri figli che le donne devono obbedire ai mariti e non possono decidere della loro vita. Insomma il nostro partito tutela e tutelerà sempre le persone in difficoltà, gli individui discriminati per ogni ragione. Questo è uno dei nostri principi inderogabili, pertanto il Partito mai promuoverà le famiglie diverse dalla famiglia naturale, mai accetterà di togliere un crocifisso da una scuola, mai sarà dalla parte di chi vuole venire a casa nostra a cambiare la nostra società. SICUREZZA Il PATT è convinto che non ci dobbiamo arrendere alle cattive abitudini, non dobbiamo accettare i comportamenti deviati, non possiamo sopportare oltre le sacche di inciviltà e illegalità che sono presenti sui nostri territori. La gente trentina conosce il rispetto delle regole e lo pretende come base della convivenza civile. Quindi il nostro Partito lotterà a tutti i livelli per il rispetto e il ripristino della legalità. Siamo sicuri che anche chi ha scelto di venire a vivere in Trentino lo ha fatto perché ha apprezzato le strade pulite, l'ordine, l'educazione delle persone e la disponibilità verso gli altri. Quindi saremo tutti uniti quando si tratterà di chiudere zone degradate, di pulire parchi in disordine, di liberare dalla illegalità le zone presidiate dai malviventi. La sicurezza è uno dei beni cui oggi noi guardiamo con maggiore attenzione e chiediamo a chi vive con noi di fare altrettanto.

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UNO SGUARDO IN AVANTI Una tesi congressuale non è il luogo deputato a tracciare programmi economici, né tantomeno a lanciare proposte ambiziose. Ma chi si occupa di politica deve avere la capacità di sognare e di vedere in anticipo le tendenze della società. Noi immaginiamo un futuro nel quale il Trentino sarà completamente autosufficiente dal punto di vista energetico, nel quale le energie rinnovabili autoprodotte saranno un patrimonio che lasceremo ai nostri figli; immaginiamo un Trentino con una nuova mobilità interna, una mobilità alternativa e compatibile col nostro ambiente con una viabilità su rotaia in grado di collegare l’est con l’ovest altre che il nord col sud; sogniamo un Trentino libero dalle influenze più deleterie della nostra società consumistica, una terra che potrebbe essere la prima Provincia italiana slot free; vogliamo pensare ad un Trentino nel quale sia individuato un salario minimo per tutti i lavoratori, oggi stritolati dalla crisi e prigionieri di stipendi se possibile più ridotti di quando avevamo le lire, attraverso una certificazione del lavoro e della sua qualità all’interno delle imprese; immaginiamo un mondo del lavoro dove donna e uomo siano sullo stesso livello, anche dal punto di vista retributivo. CONCLUSIONI In conclusione il nostro Congresso sarà il momento di svolta del PATT in direzione di una nuova forma Partito pronta ad accogliere le sfide del futuro. Sapremo mostrarci alla nostra società come il Partito che sa affrontare i cambiamenti perché si è attrezzato ad elaborare le istanze che vengono dal basso. Un Partito che ha le idee chiare sui temi chiave della società trentina ma che sa anche governare il futuro guardando avanti con proposte che preparino il Trentino dei prossimi lustri, un Trentino autonomo ed indipendente, solidale nei propri valori.