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ILLUMINISMO E ROMANTICISMO

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ILLUMINISMO E ROMANTICISMO

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Rinascimento laico: esalta nell’uomo il connotato

dell’autonomia. Riforma Protestante: proclama che il principio di

autonomia individuale vale innanzitutto nel rapporto che l’uomo è chiamato ad intessere con Dio.

Rivoluzione Copernicana: la concezione copernicana assegna all’uomo il ruolo più esclusivo di abitatore di un corpo celeste sopra il quale può sentirsi incaricato di esercitare una signoria, autonoma e a tutto campo.

IL TEMPO LUNGO DELLA MODERNITA’

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Che cos’è l’Illuminismo? L’Illuminismo è l’uscita

dell’uomo da uno stato di minorità il quale è da imputare a lui stesso. Minorità è l’incapacità di servirsi del proprio intelletto senza essere guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti delle tua propria intelligenza. (I. Kant)

E’ dunque indispensabile un’opera di rischiaramento al quale:

Non occorre altro che la libertà, quella di far pubblico uso della propria ragione in tutti i campi.

L’essenza dell’Illuminismo

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Pico della Mirandola: nell’autodeterminazione Pico

riconosce il principio del valore – dignità – dell’essere umano. Ma l’orazione entro cui si iscrive l’orazione mirandoliana è di ordine metafisico e la dignità dell’uomo è una meraviglia che si colloca all’interno del cosmo creato.

Al centro del testo kantiano c’è l’uomo ma il contesto è diverso: è di genere etico e il tono è quello della perorazione affinché l’uomo, non in quanto soggetto metafisicamente pensato, ma nella qualità di individuo della contemporaneità, proietti sul concreto momento storico l’energia delle sue naturali capacità di giudizio e azione.

Umanesimo e Illuminismo

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Non sembrano interessare a Kant le questioni

connesse all’essenza dell’uomo (ogni sforzo metafisico è inconcludente e inattendibile).

Gli interessa porre in essere i modi e le forme dell’emancipazione dell’uomo da autorità a lui esterne, che non sanno o non vogliono educare la sua naturale disposizione razionale a giudicare in modo autonomo.

ANTROPOLOGIA KANTIANA

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Il termine Illuminismo deriva dalla metafora della

luce che indica la possibilità storica che la ragione umana ha di assumersi la responsabilità che le è propria, quella di portare uno sguardo chiaro, chiarificante e oggettivo della realtà, di compiere insomma un’iniziativa di rischiaramento (Aufklaerung, in tedesco)

Spesso il termine diventa bandiera sventolata dagli intellettuali che lo pongono in contrasto con l’oscurantismo che avrebbe avvolto pressochè tutte le epoche del passato.

Il termine “illuminismo”

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Gli altri uomini sono determinati ad agire,

senza che si sappiano rendere conto delle cause che li inducono a muoversi, senza neppur pensare che ve ne siano. Il filosofo, invece, chiarisce le cause, spesso le previene, vi si abbandona con cognizione piena. La ragione, rispetto al filosofo, è ciò che la grazia è rispetto al cristiano. La grazia determina il cristiano ad agire; la ragione determina il filosofo.

La voce filosofo nell’Enciclopedia

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Per la mentalità dell’Illuminismo è fondamentale la

fede nel ruolo predominante della ragione: si ritiene di poter dare con il suo aiuto una soluzione definitiva ai problemi della vita.

F. Valjavec, Storia dell’Illuminismo, Il Mulino Bologna 1973, p. 95

La ragione è signora nell’ambito della natura, della società, della storia che essa è in grado di sondare, analizzare, misurare, sottoporre alla sua capacità di giudizio, ispirata per disposizione naturale al criterio del meglio.

NATURA E RUOLO DELLA RAGIONE

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La ragione non ha finalità teoretiche, non

affronta questioni metafisiche. Ha finalità pratiche: la ragione è faro cioè porta chiarezze nell’ambito delle realtà finite ed empiricamente abbordabili.

L’Illuminismo rifiuta l’idea di una ragione dedita alla ricerca del vero-in-quanto-tale, ma dedita alla finalizzazione delle conoscenze per iniziative di trasformazione della società.

Una funzione non teoretica

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Con fiduciosa aspettativa il clima illuministico assegna alla

razionalità un compito pratico che prende la forma della risposta scientifica ai bisogni dell’uomo: promuovere la felicità individuale e collettiva. Lo scopo è la promozione del bene, inteso non più platonicamente come valore supremamente intellegibile, eppure difficilmente riscontrabile nella storia e nella politica, ma come sinonimo di benessere e piacere.

È buona e apportatrice di felicità quella situazione o quella determinazione della volontà che è in grado di rendere minima l’esperienza di sofferenza e massima la percezione di piacere, di soddisfazione. L’utile viene identificato con il perseguimento di uno specifico scopo concreto giudicato socialmente vantaggioso dall’insindacabile valutazione del potere politico.

Promuovere la felicità e il criterio dell’utile

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La virtù è la qualità che si ispira al al principio della

pubblica utilità condiviso dalla cultura sociale. La virtù è comportamento correlato alla prosperità comune e al pubblico consenso.

Al dovere Kant nella seconda Critica innalza un vero e proprio inno, un inno all’uomo e alla sua forza di volontà: l’imperativo di fare il proprio dovere per la sola ragione che esso è il dovere, la legge morale per eccellenza, la cui fonte è la coscienza stessa dell’essere razionale. La moralità, nelle mani di un uomo autosufficiente eticamente, diventa moralismo.

LA VIRTU’

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L’opera d’arte deve avere un

significato morale ed un obiettivo sociale: l’arte figurativa si applica a rappresentare eventi storici esemplari perché contemplandone la raffigurazione, “ciascuno è in grado di trarre subito l’insegnamento”.

Le finalità dell’arte

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COSMOPOLITISMO E INDIVIDUALISMO:

la specificità di questi due termini è illustrata dalla triade libertè, fraternitè, egalitè. Il cosmo umano è una comunità universale di singoli individui uniti nel concetto astratto di natura umana. Il fondamento dell’umana solidarietà è il principio dell’utile.

Dall’idea universale di ragione, alcune

categorie

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DEISMO: tra ragione e fede esiste una radicale

inconciliabilità. L’ambiente intellettuale non ammette come costitutiva dello spirito umano l’aspirazione a cercare e a conoscere il senso ultimo delle cose, aspirazione che fa della ragione l’irrequieta protagonista del senso religioso dell’uomo. Si tratta di un’obiezione aprioristica da cui discende la tesi che l’uomo è razionalmente tenuto a dare credito solo a verità che derivino dall’evidenza del lume razionale e dalle deduzioni dello spirito di geometria.

Rottura con la tradizione religiosa e

culturale (1)

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Il prodotto culturale più esaltato e

reclamizzato in tutto il Settecento è l’Enciclopedia curata da Diderot e D’Alembert: l’opera voleva essere la summa degli avanzamenti della civiltà umana negli ultimi decenni: essa si propone di fare il punto del cammino di emancipazione dell’uomo, rispecchiata nel moderno patrimonio di idee nuove e nel progresso raggiunto dalla tenace applicazione delle doti naturali nei diversi campi del sapere e del fare, che riguardano il mondo naturale e quello umano.

Rottura con la tradizione culturale

(2)

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Il modello illuministico privilegia i campi nei quali

l’intelletto è in grado di imporre il suo schema ordinatore, applicabile alle cose dell’esperienza sensibile a quelle della realtà sociale e storica.

Ogni altra dimensione è guardata con sussiego e confinata nell’ambito del sentimentale, dell’immaginario, ininfluente ai fini della vita sociale e civile. Alla ragione il compito di selezionare, ripulire, guidare ogni impresa degna di considerazione pubblica e passibile di realizzazione concreta.

L’uomo a una dimensione

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L’uomo moderno dell’Illuminismo non

ammette che anche l’ispirazione all’assoluto e all’infinito sia altrettanto urgente e autenticamente umana quanto la disposizione a misurare e manipolare il particolare finito. Il limite delle zone umane corrisponde a quello delle zone misurabili e razionalmente controllabili della realtà circostante: la sua è una signoria indiscussa su ciò che è finito. L’autonomia e autostima illuministica si trincera dietro il limite.

ANTROPOCENTRISMORADICALE (1)

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Si ammette l’idea di un Dio dell’uomo, mai

quella di un Dio per l’uomo. Il Dio dell’uomo lo designa l’uomo stesso. Nei due secoli successivi ci saranno sviluppi imprevisti di queste nuove radici di teologia antropocentrica, messe nel cuore dell’uomo dall’Illuminismo: la nazione, lo Stato, la classe, la razza sono le inedite divinità in onore delle quali l’uomo antropocentrico si appresta a confezionare i nuovi abiti liturgici, secondo il variare delle stagioni ideologiche.

ANTROPOCENTRISMO RADICALE (2)

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Preromanticismo della seconda metà del

Settecento: si parte da una critica all’Illuminismo accusato di aver ingiustificabilmente censurato aspetti non secondari dell’essere umano. “In ogni particolare è racchiuso un messaggio, enigmatico e insieme suggestivo, che richiama lo spirito al significato misterioso dell’esistenza e che accende l’attenzione e l’immaginazione, facendole diventare domande e attesa di svelamento”.

IL ROMANTICISMO. PRODROMI

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1770-1780 Goethe Tempesta e assalto,

tempesta e impeto. Endiadi: impeto

tempestoso, ribollire caotico di sentimenti.

STURM UND DRANG

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Il poeta inglese James Macpherson (1738-

1796) aveva pubblicato i Frammenti di poesia antica, attribuendoli ad Ossian, un bardo antico. In quest’opera vengono mescolate tematiche quali l’esaltazione della virtù cavalleresca, storie delgli amori appassionati ed infelici di coppie di amanti, descrizioni di paesaggi cupi, di atmosfere tempestose, visioni notturnoe e spettrali.

In Italia l’opera incontrò fu tradotta da Melchiorre Cesarotti nel 1763.

La poesia ossianica

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Il movimento romantico non smentisce la

centralità dell’uomo nell’universo delle idee e delle cose, ma è un uomo di tipo diverso: l’uomo romantico, anche quando ostenta atteggiamenti di superiore dominio delle cose, rivela un’irrequietezza.

L’UOMO E’ SPIRITO: la parola significa la complessità della natura dell’uomo, che è sintesi di dimensioni diverse che non si escludono tra di loro e che non può essere ridotta a sola razionalità.

Una nuova centralità dell’uomo

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La Ragione illuministica è finita e strumentale,

mentre lo Spirito assoluto è Ragione metafisica, cioè essenza di tutte le cose e di tutti gli eventi della storia.

Lo Spirito assoluto è lo spirito umano, che in ogni epoca e presso le civiltà si manifesta nelle diverse forme delle arti e delle credenze religiose e raggiunge l’apice dell’autocoscienza dell’uomo di cui è testimonianza la filosofia.

RAGIONE ILLUMINISTICA E SPIRITO ROMANTICO

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Condizione di interiore dissidio,

lacerazione del sentimento che non si sente mai pago, che si trova sempre in contrasto con la realtà e aspira ad un qualcosa di ulteriore, il quale peraltro gli sfugge di continuo.

Cifra spirituale dell’uomo romantico

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Il sentimento romantico non è il sentimento

che si afferma al di sopra della ragione o un sentimento di particolare intensità o violenza.

Non è neppure il cosiddetto sentimentale, cioè un sentimento malinconico-contemplativo.

È piuttosto un fatto di sensibilità: domina l’amore per l’irrisolutezza e le ambivalenze, l’inquietudine e l’irrequietezza che si compiacciono di sé e in sé si esauriscono.

Quale sentimento?

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Sehnsucht è traducibile con struggimento. E’

un desiderare tutto e nulla ad un tempo. È un desiderio che non può mai raggiungere la

propria meta perché non la conosce e non vuole o non può conoscerla: è il ”male del desiderio”. Si tratta di un desiderio del desiderio, un desiderio che è sentito come inestinguibile e che per questo trova in sé il proprio pieno appagamento.

Sehnsucht

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Ogni romantico ha sete di Infinito e quello

struggimento che è desiderio irrealizzabile, lo è proprio perché ciò che in realtà brama è appunto l’Infinito.

Questa tendenza all’Infinito è streben, un irrequieto tendere che non ha mai posa.

L’Infinito è il senso e la radice del Finito. L’opera d’arte è l’Infinito che si manifesta nel

finito.

Streben

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L’io è l’elemento portante del paradigma che

idealmente riunisce i caratteri essenziali dell’uomo secondo la concezione romantica.

“Ed io, che sono?”. L’io si differenzia da tutti gli altri esseri perché fa diventare domanda cosciente l’esigenza di significato della realtà che lui è e della relazione che lo lega a tutto.

L’intellettuale romantico sembra sentire il bisogno di riflettere su un concetto astratto di uomo ma sull’uomo che è lui stesso, che accoglie tutte le dimensioni dello spirito.

L’IO (1)

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L’io è contraddistinto dal predicato dell’originalità.

L’io è novità irripetibile e singolare. Il Romanticismo afferma il valore dell’identità del singolo, della differenza radicale di ciascuno. In estetica ciò si traduce nell’insofferenza verso il principio di imitazione consacrato dal classicismo.

L’io è contraddistinto dal predicato dell’iniziativa permanente. L’originalità si declina come iniziativa creativa continua, vitalità in azione, poiché l’io è destinato ad una meta sempre infinitamente lontana, alla quale aspira il desiderio inesausto del suo spirito.

L’IO (2)

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L’animo rivendica alla propria irripetibile e

viva personalità il diritto a rifarsi a un immediato, spontaneo, ingenuo accesso al mondo delle cose, che il distaccato approccio razionale invece ostacolerebbe. Tra l’animo e la realtà delle cose circostanti sembra intercorrere un misterioso legame nel quale è coinvolta la componente più libera dello spirito, quella del sentimento.

L’IO (3)

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L’io patisce la realtà , corrisponde ad essa in virtù della

ricchezza del sentimento. Proprio grazie alla dimensione sentimentale, l’immaginazione stessa si apre e l’io è suscettibile di subire il richiamo del silenzio profondo di una notte stellata o l’invocazione della domanda di libertà di un popolo o la travolgente esperienza dell’innamoramento.

Il tipo umano romantico vive con passione, si consegna all’ideale senza calcolo e senza risparmio. La facoltà del sentimento è ora esaltata come la fonte più autentica dell’espressività dell’animo umano e la sede più titolata per comprendere le cose in modo più profondo rispetto a quello consentito alle lucide categorie dell’intelletto.

L’IO E LA REALTA’

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L’io è una realtà finita: finito il tempo, finito lo

spazio, finite le possibilità di azione. Anche l’illuminismo ruotava attorno alla

nozione di finitezza, era contrassegnata dal realismo del limite che non ammetteva spazio per sogni e fantasie. Mentre dilatava la qualità delle prerogative della ragione nel mondo misurabile, veniva censurato un pungolo immanente alla ragione stessa, quello dell’approdo al non-finito di cui la stessa facoltà razionale intuisce l’incombente presenza.

L’IO E L’INFINITO

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Il finito reclama l’oltre da sé, l’infinito perciò

fissa la sua attenzione su quell’orizzonte che lo attrae più di ogni altra realtà sensibile e governabile.

Insofferenza e ribellione: lo spirito si ribella a ciò che sa di limite meschino. Lo scontento per le circostanze storiche è spesso fertile pretesto per dare voce a una cultura dell’esilio. L’uomo è segnato da una condizione di esilio trascendentale.

FINITO E INFINITO

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L’irrequietezza non è contingente, è tensione

originaria che si rende manifesta come desiderio che non incontra mai l’occasione propizia per la sua soddisfazione.

Streben è tensione, inesausta aspirazione e d esigenza di pienezza assoluta e paga di sé. In tale irrequietezza è racchiusa per l’uomo romantico l’autentica dignità dell’esperienza umana.

Sehnsucht (trad. insoddisfazione) è il giudizio permanente sulle circostanze del vivere e su ogni intrapresa dell’uomo.

Streben e Sehnsucht

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La noia è in un qualche modo il più sublime dei

sentimenti umani. Considerare l’ampiezza inestimabile dello spazio, il numero e la mole meravigliosa dei mondi, e trovare che tutto è poco e piccino alle capacità dell’animo nostro; immaginarsi il numero dei mondi infinito, e l’universo infinito, e sentire che l’animo ed il desiderio nostro sarebbe ancora più grande saprebbe ancora più grande che sì fatto universo; e sempre accusare le cose di insufficienza e di nullità, e patire mancamento e vòto, e però noia, pare a me il maggior segno di grandezza e di nobiltà che si vegga della natura umana- Perciò la noia è poco nota agli uomini di nessun momento. G. Leopardi

La noia (Pensieri, 68)

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Nella logica faustiana l’uomo non è più nulla

quando, da un lato, smette di aspirare e quando, dall’altro, smette di essere insoddisfatto.

L’uomo si compie nel paradosso, nel sentimento dell’insoddisfazione.

L’appagamento può tuttavia accadere, magari per la durata di un istante, quando scopre che un segmento della realtà finita può farsi tramite per la percezione di un oltre. È l’esperienza de L’infinito di Giacomo Leopardi.

Il paradosso romantico

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La coscienza dell’io è veramente matura quando lo

porta a riconoscere di essere il destinatario della chiamata a realizzare un disegno: egli non è l’autore del disegno, ma può diventarne protagonista.

Ogni singolo individuo è eccezionale e inimitabile. È necessario dare alla vita un’interpretazione eroica,

immedesimarsi vitalmente con il proprio destino. Lo spirto guerrier dice la disposizione dell’io a gettare

generosamente tutto se stesso nel compito dell’esistenza, anche a rischio di insuccesso.

IO E DESTINO

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Inimicizia assoluta è posta tra la normalità e

l’eccezionalità dell’io. La decisione della scelta eroica diventa sfida

lanciata verso tutto e tutti e si identifica con il sentimento del titanismo o del vittimismo.

Titanismo e vittimismo si trovano all’estremo confine del modo di sentire e vivere la vocazione naturale dell’io che tutta la cultura romantica ha concepito come relazione con l’infinito, dimensione comune ad ogni uomo, nella quale consiste il suo autentico sentire.

Individualismo romantico

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Descrive la ribellione dello

spirito che dichiara guerra contro tutto preferendo un polemico orgoglioso isolamento piuttosto che cedere al compromesso con la meschinità delle cose.

TITANISMO

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È l’accusa rivolta alla realtà

che ostenta tutta la sua finitezza particolare, di volere la sconfitta dell’io e di prevaricare sulla grandezza delle sue dimensioni originarie.

VITTIMISMO

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DIMENSIONE ESTETICA

DIMENSIONE RELIGIOSA

DIMENSIONE DELLA STORIA

DIMENSIONE DELLA NATURA

Dimensioni della dialettica

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Esperienza del sublime: è l’esperienza del

senza misura, dell’infinitamente grande e dell’infinitamente potente. Il sublime suscita timore perché induce nell’io l’intuizione, prima, e la consapevolezza, poi, della sua sproporzione davanti alla totalità. Attraverso il sussulto del perdersi si prepara l’inattesa intuizione di un godimento superiore ad ogni misura. Accade che l’avvertimento della paura prepari una dolcezza che proprio l’esperienza della sproporzione reca con sé.

Dimensione estetica

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Il Romanticismo considera l’uomo quale realtà

complessa, unità organica di molteplici componenti diverse che viene sintetizzata dall’espressione: “l’uomo è spirito”. È parola mutuata dall’ambito cristiano, ma ad essa conferisce inflessioni di tipo panteistico. La dimensione religiosa è dimensione pertinente all’apertura umana verso l’infinito.

Dimensione religiosa

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L’uomo è storia, in sé e per sé, la storicità è

parte costitutiva della sua natura. Passato, presente e futuro partecipano ad uguale titolo e con pari dignità alla vicenda tutta dell’umanità. Questo concetto chiave viene espresso con la parola tedesca Aufhebung che vuol dire inveramento e superamento: ogni momento della vita dell’uomo manifesta il senso vero di ciò che è già stato e, insieme, ne inizia l’oltrepassamento. Necessità delle illusioni in Foscolo.

Dimensione della storia

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La natura, lungi dall’essere, letta nella sua

dimensione unicamente fenomenica, diventa fonte di voci, di richiami misteriosi e suadenti che alludono a profondità arcane, risulta specchio di ciò che è presentito nell’animo perché accoglie la domanda umana e, insieme, promette di svelare il significato ultimo e comprensivo della realtà tutta e del misterioso destino di ogni uomo.

Dimensione della natura

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Il Romanticismo designa quel movimento spirituale

che coinvolse poesia, filosofia, arte e musica che si sviluppò in Europa tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento.

L’aggettivo romantic appare per la prima volta in Inghilterra verso la metà del XVII secolo come termine usato per indicare il favoloso, lo stravagante, il fantastico, l’irreale.

Gradatamente venne ad indicare il rinascere dell’istinto e dell’emozione che il prevalente razionalismo non aveva mai interamente soppresso.

Il movimento artistico -letterario

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I romantici concepirono l’arte come una modalità

di passaggio dal finito all’infinito, un accesso per via intuitiva al senso ultimo della realtà.

L’arte, la musica, la poesia possiedono un’essenza simbolica e analogica: i simboli condensano in immagini significati reconditi e le analogie creano inedite corrispondenze tra aspetti lontani della realtà.

Secondo Schelling l’arte costituisce il solo mezzo attraverso il quale l’uomo può accedere alle verità più profonde.

Concezione dell’arte

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Polemica col classicismo Soggettività del gusto La letteratura deve essere moderna e

nazionale La letteratura deve essere popolare La riscoperta delle tradizioni non classiche Libertà dell’artista Commistione degli stili Ampliamento della materia poetabile

Poetiche del Romanticismo

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La letteratura romantica non accettò regole

che cristallizzassero il fluire della fantasia e la libera creatività del poeta.

Il romanticismo criticò aspramente l’ ideale artistico del classicismo con le sue norme vincolanti e la rigorosa suddivisione dei generi e degli stili.

Nacque un nuovo canone di autori del passato assunti a modello della nuova sensibilità.

Polemica con il classicismo

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1798 - In Germania, a Berlino, Friedrich ed

August Wilhelm Schlegel pubblicano il primo numero della rivista Athenaeum. Al movimento aderirono anche i poeti Novalis e Wilhelm Heinrich Wackenroder.

1800 – La prefazione della seconda edizione alle Lyrical Ballads di Samuel Taylor Coleridge è il manifesto del Romanticismo inglese.

1813 – Il libro Sulla Germania di Madame de Staël segna la nascita del Romanticismo francese.

Scuole romantiche europee

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Il Romanticismo italiano è assai più

moderato di quello tedesco: in Germania si accentuano gli aspetti irrazionalistici, fantastici, malinconici e tenebrosi, in Italia si sottolineano invece l’adesione al presente all’impegno civile e politico, alla realtà e al vero storico.

E l’Italia?

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Nel gennaio 1816 sulla Biblioteca Italiana

compare un articolo di Madame de Stael intitolato “Sulla maniera e l’utilità delle traduzioni” in cui la scrittrice francese invitava gli scrittori italiani a tradurre opere delle moderne letterature europee. Era un invito a cooperare al rinnovamento culturale e letterario in atto e una constatazione della decadenza della letteratura italiana. L’articolo suscitò enorme scalpore e la reazione degli intellettuali che si divisero in classici e romantici.

Polemica classico-romantica

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Intorno all’ingiustizia di alcuni giudizi letterari

italiani di Ludovico di Breme. Avventure letterarie di un giorno di Pietro Borsieri. Lettera semiseria di Grisostomo al suo figliolo di

Giovanni Berchet. A difesa delle loro posizioni i romantici milanesi

fondarono nel 1818 un loro proprio periodico, il Conciliatore, tra i cui redattori figurava anche Silvio Pellico. Tra i simpatizzanti ricordiamo invece A. Manzoni.

I manifesti del Romanticismo italiano

(1816)

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Parlando del Romanticismo italiano va rilevato

un dato geografico. Esso fu un fenomeno essenzialmente milanese e ne furono esponenti esponenti dell’alta borghesia e dell’aristocrazia progressista milanese e lombarda che, già nel Settecento, guardava con interesse al progetto “illuminato” di una modernizzazione civile ed economica.

Dall’Illuminismo al Romanticismo