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Rimorchiatori a Genova di Paolo Gagliolo Storia

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Rimorchiatori a Genovadi Paolo Gagliolo

Storia

Storia 41

Ancora oggi, però, nonostante molte

barriere siano state finalmente abbat-

tute, la sua vita rimane ancora sfuma-

ta, avvolta da un alone quasi di miste-

ro: eppure è il motore principale della

nostra economia, oltre che storia, ve-

diamone quindi un altro aspetto.

Sicuramente tutti avremo visto, da ter-

ra, le grandi navi avvicinarsi accom-

pagnate da imbarcazioni al confronto

minuscole, ma dall’aspetto grintoso.

A guardare meglio, con la mano a vi-

siera sulla fronte per proteggerci dai

raggi solari, scopriamo che le guidano

con cavi che sembrano sottili come i

fili di una ragnatela verso un porto che,

seppur grande, è per le loro dimen-

sioni, angusto ed affollato.

Comunque visto così, passeggiando

sul lungomare in una calda ed assola-

ta giornata estiva, non sembra neppu-

re un compito molto impegnativo, Eh

si, è proprio vero, che come dicevano

i vecchi, che “chi l’è in tera predica e

chi è l’è in ma navega!” (Chi è in ter-

ra predica, chi è in mare naviga!). Pro-

viamo invece a pensare a quelle gior-

nate con tanto bel vento, con mare for-

mato e risacca, oppure a navi con dif-

ficoltà di manovra per caratteristiche

o avarie, tutte con il loro carico di al-

legri turisti oppure di merci perico-

lose, alla pioggia forte, alla nebbia e

così via: allora il quadro cambia e tut-

to, anche le manovre più semplici, di-

ventano difficili e pericolose.

Certo oggi la tecnologia ci viene in

aiuto: sistemi satellitari di posizio-

namento, radar, radio (grazie ancora

Marconi), motori pronti e potenti

contribuiscono alla salvaguardia del-

la vita umana e scongiurano disastri.

Una volta invece cosa succedeva?

Genova ed il suo Porto, un binomio inscindibile.

Senza il porto non esisterebbe questa città,

la cui storia si è sviluppata tutta sul mare.

In queste pagine foto d’archivio

della Rimorchiatori Riuniti.

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L’uomo ha sempre navigato: per ne-

cessità, sete di conoscenza o voglia di

avventura. Prima con barche a remi,

sempre più grandi e poi, quando è ri-

uscito a catturare il vento a tutte le an-

dature, con piccoli equipaggi senza

più limiti. Ma come facevano le gran-

di navi dei secoli scorsi a risolvere i

loro problemi di manovra? Perizia ed

abilità di comandanti e timonieri se il

vento era favorevole, oppure … la for-

za delle braccia!

A bordo vi erano varie lance con com-

piti diversi, per esempio quella del

comandante, quelle per l’acquata e

quelle adibite al rimorchio, lunghe an-

che più di dieci metri, a volte prov-

viste di grosse pulegge a poppa ed a

prua. In genovese erano le “barcasse”

i primi rimorchiatori a remi, sostan-

tivo da cui derivò anche il verbo “bar-

cassare”, ed erano le grosse barche

usate anche in mare aperto nelle te-

mute calme di vento. Non era certo

un compito facile, ma sino all’avven-

to del vapore non c’erano alternative.

Occorre dire che i porti non erano co-

me li vediamo oggi, sfruttavano il più

possibile un riparo naturale e le navi

erano alla fonda al loro interno: di-

ghe, banchine e moli arriveranno in

un secondo momento ed in modo gra-

duale. Anni fa mi trovavo in un por-

ticciolo turistico della Costa Azzur-

ra durante i festeggiamenti per St. Era-

smo ed in una delle tante mostre, in

mezzo a foto antiche e quadri votivi,

notai una frase scritta chiaramente in

genovese che recitava: “i mainè de san

Remmu intran in portu sensa remmu”

(i marinai di Sanremo entrano in por-

to senza remo), chiesi spiegazioni e

mi dissero che i liguri, nell’antichità,

godevano fama di saper manovrare

anche in porto con il solo ausilio del-

le vele! Altri tempi!

Anche il porto di Genova non faceva

eccezione, all’inizio era solo un’inse-

natura naturale e la sua attività, già no-

ta nel V secolo a.C., si è estesa dal Man-

draccio sempre più verso ponente ser-

vendo i commerci della città sino ad

oggi. Non dimentichiamoci di quan-

to genovese c’era nel passato nella lin-

gua franca usata nel Mediterraneo.

Venne poi il vapore e nell’800 le cose

cambiarono, lentamente ma inesora-

bilmente. Un’epoca gloriosa, anche se

dura e pericolosa si stava avviando

verso il tramonto. Le condizioni di

vita a bordo non erano certo quelle

dei grandi liners da crociere tutto

compreso, ma le navi erano costruite

solo dalla mano dell’uomo, con at-

trezzi artigianali, sotto la guida di sa-

pienti mastri d’ascia e venivano per-

cepite come una cosa viva, e coman-

danti ed equipaggi potevano contare

solo sulla loro perizia ed esperienza.

Poco per volta la tecnologia ha af-

francato l’uomo che in mare vive e

lavora dalle fatiche e dalle incertez-

ze di una forza motrice affascinante

ma spesso imprevedibile, il motore,

quindi, prima a vapore e poi a scop-

pio, ha sancito la nascita della mo-

derna marineria e di conseguenza an-

che dell’attività del rimorchio. I por-

ti si attrezzavano rubando spazio al

mare e le navi diventavano sempre

più grandi rendendo questa attività,

divenuta ormai indispensabile, sem-

pre più specializzata.

Vediamo ora cosa accadeva nel por-

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to di Genova: sino alla fine dell’800 il

servizio era gestito da alcuni arma-

tori in concorrenza tra loro. Questi,

nel 1902, si unirono in una “Società

dei Rimorchiatori Genovesi”, nel-

l’intento di offrire un servizio migliore

e di garantire alle navi in arrivo una

più ampia disponibilità di mezzi. In

seguito, come ci illustra Giovanni Del-

le Piane presidente della Rimorchia-

tori Riuniti SpA, per far fronte al co-

stante sviluppo marittimo, entrò

un’altra compagnia, la “Società Ri-

morchiatori Italiani” e così, nel 1922,

fu fondata la “Società Rimorchiatori

Riuniti”, tuttora presente con le sue

piccole ma potenti navi arancione.

Fondamentali per l’attività del porto,

non solo accolgono le navi in arrivo

o le scortano in mare aperto in qua-

lunque condizione meteo, ma danno

assistenza in caso di incendio, river-

samento di petrolio o altra situazio-

ne che possa mettere in pericolo la si-

curezza delle navi e del porto.

A questo punto ci rechiamo nella pre-

stigiosa sede di via Ponte Reale, a po-

chi metri da Palazzo San Giorgio, e

chiediamo direttamente a Gregorio

Gavarone, in qualità di presidente del-

la Rimorchiatori Riuniti Porto di Ge-

nova Srl, di illustrarcene l’attuale

struttura: “dalla sua fondazione la so-

cietà ha sempre svolto il servizio di

rimorchio nel porto di Genova e pro-

gressivamente è entrata anche nel set-

tore del rimorchio d’alto mare, in-

viando i suoi rimorchiatori oceanici

in tutti i mari del mondo. Nel 1986 la

Compagnia si è data un assetto più in

linea con le rinnovate esigenze del

mercato, attraverso il miglioramento

e la specializzazione sia del persona-

le che dei mezzi. Le diverse attività,

come il servizio di rimorchio portua-

le, il rimorchio d’alto mare, le varie

forme di assistenza offshore, i servi-

zi antinquinamento ed altri ancora,

sono stati distinti in specifiche divi-

sioni, ognuna delle quali gestisce il

suo particolare settore. Il gruppo og-

gi dispone di una moderna flotta di

33 unità con una vita media di circa

quattro anni, e sono ormai più di cen-

to quelle che hanno prestato servizio

presso la nostra Società. Il gruppo ha

costantemente sviluppato il raggio

delle sue attività, entrando in joint

venture con altre compagnie italiane

e straniere, fino ad allestire navi an-

tinquinamento in collaborazione con

il Governo Italiano ed estendendo i

suoi interessi in Africa Occidentale

ed in Sud America, oltre a gestire un

bacino di carenaggio per navi di me-

dia stazza”.

Veniamo così a scoprire, parlando con

Andrea De Gaetano, dell’Ufficio Ar-

mamento, un altro primato di Geno-

va: oltre ad avere uno dei porti turi-

stici più antichi d’Italia, il Duca de-

gli Abruzzi, vanta il primo bacino

di carenaggio costruito in Italia. Il

re Carlo Alberto, con decreto del 21

Giovanni Delle Piane, presidente

della Rimorchiatori Riuniti SpA,

Gregorio Gavarone, presidente

della Rimorchiatori Riuniti Porto

di Genova Srl.

Sotto: Andrea De Gaetano

dell’Ufficio Armamento.

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agosto 1845, approvava la costru-

zione di un bacino di carenaggio che

doveva servire principalmente per la

Marina Militare, ed il Principe Eu-

genio di Carignano, allora coman-

dante della Regia Marina, affidava il

progetto ed i lavori al colonnello del

genio Damiano Sauli. Vennero fatte

indagini in varie località, ma nessu-

na risultò più conveniente di Geno-

va, e precisamente nello stabilimen-

to militare interno alla Darsena.

Completato nel 1851 e posizionato

nel centro storico della Città, è tut-

tora operante ed i suoi 60 metri di

lunghezza sono ben visibili dall’at-

tiguo nuovo porto turistico, ma

quanti ne conoscono la storia?

Quanti sanno che lì vicino, a Ponte

Morosini, dall’Istituto Idrografico

della Marina, altra gloriosa istituzio-

ne istituita il 26 dicembre 1872 con

sede nel Forte San Giorgio, viene ri-

levato il livello medio ufficiale delle

acque italiane? Anche il RINA ha la

propria sede centrale a Genova fin

dalla sua fondazione nel 1861. Lo

Yacht Club che si trova nel portic-

ciolo Duca degli Abruzzi, fondato

nel 1879, è il più antico del Mediter-

raneo. La Federazione Italiana Vela

ha sede qui, per non parlare poi del-

le Compagnie di Navigazione, che

tanta parte hanno avuto nella storia

del nostro paese. D’altronde la prima

carta nautica, firmata da Petrus Vi-

sconte de Janua, risale al 1311! Non

dobbiamo inoltre dimenticare che la

solidarietà è fortemente sentita dai

marinai ed allora dovremmo citare

Associazioni e Confraternite, ma ci

limitiamo a menzionare la “Stella Ma-

ris”, dell’Apostolato del Mare fonda-

ta in piazza san Matteo, la cui sede na-

zionale è ancora nella nostra città.

Anche il porto più tecnologico, però,

non può prescindere dall’elemento

umano, fatalmente gli incidenti o gli

imprevisti sono sempre in agguato. E

quando si verificano, solo la compe-

tenza, e spesso il coraggio, di coman-

danti ed equipaggi impediscono a que-

sti di trasformarsi in tragedia. Cosa

sarebbe successo quando, nel luglio

del 1981, un fulmine colpì la super pe-

troliera giapponese “Hakuyoh Maru”

nel Porto Petroli di Multedo incen-

diandola, se tutti i lavoratori portuali

ed i rimorchiatori non si fossero atti-

vati immediatamente facendo uscire

in poco tempo ben cinque petroliere

dal porto, dove pure un pontile ave-

va preso fuoco, inondandola di schiu-

ma antincendio e poi raffreddando le

lamiere roventi con le loro spingarde

capaci di duemila tonnellate d’acqua

all’ora? Il rischio di esplosione era si-

curamente elevato, sia per loro che per

il centro abitato! E se nel 1991 la Ha-

ven, già in preda alle fiamme e senza

governo, non fosse stata agganciata e

rimorchiata nel posto stabilito dalla

Capitaneria? Operazione, come reci-

ta la motivazione alla Medaglia d’Ar-

gento al valore di marina, conferita al-

l’equipaggio del rimorchiatore “Istria”

che ha effettuato l’aggancio ed il ri-

morchio “portata a termine con gran-

de perizia marinaresca, esponendo la

vita in caso di esplosione, per impe-

dire un più grave ed incontrollabile

disastro ecologico con conseguenze

inimmaginabili qualora la nave fosse

affondata su alti fondali”. Senza con-

tare il contributo di tutti, Rimorchia-

tori, Ormeggiatori e Piloti, al recupe-

ro di 32 marittimi su 37 di equipaggio,

che valsero riconoscimenti al valore

anche agli altri lavoratori portuali.

Molti eventi hanno riguardato il no-

stro Porto e nomi come “London Va-

lour” (1970) fanno parte della me-

moria collettiva della Città, ma non

dobbiamo dimenticare che la grande

maggioranza dei casi non riceve l’o-

nore della cronaca, magari proprio

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perché il pericolo fu scongiurato sul

nascere. Sta di fatto che abbiamo a

disposizione un capitale umano che

tutto il mondo ci riconosce ed invi-

dia ed auguriamoci che questa tradi-

zione, impossibile da improvvisare

ma che deve per forza venire da lon-

tano, non venga dispersa in nome di

una liberalizzazione senza regole che

potrebbe portare all’autoproduzione

di servizi insostituibili. Episodi co-

me questi potranno purtroppo acca-

dere ancora e speriamo che i traffici

portuali possano contare sempre su

persone che uniscono esperienza, de-

dizione e passione, talvolta sfociata

in eroismo, per un mestiere che nes-

sun libro o corso potranno mai in-

segnare se non supportato da quella

scuola di vita che è il mare.

Il rapporto tra l’uomo ed il mare non

cambierà mai, l’uomo ha sempre na-

vigato, anzi gli archeologi hanno sco-

perto che anche le razze che hanno

preceduto l’homo sapiens hanno sol-

cato i mari. Dall’antichità, attraver-

so quei formidabili navigatori che

erano i Fenici, per giungere ai gior-

ni nostri, sono cambiate le navi, ma

il mare continua ad esercitare un fa-

scino ancestrale: la vita è nata nel-

l’acqua, l’essere umano viene al mon-

do dall’acqua e di questa in gran par-

te è composto il nostro organismo.

Il nostro stesso pianeta è coperto per

i tre quarti dall’acqua, che diventa

anche frontiera, non più in superfi-

cie, ma negli abissi, forse meno co-

nosciuti dello spazio infinito. Per ma-

re si è spostato per la prima volta

l’uomo ed ancora oggi solo per ma-

re possiamo viaggiare intorno alla ter-

ra senza fermarci.

Viaggiare per mare diventa quindi me-

tafora della vita ed ancora oggi se le

avventure di Soldini catturano il no-

stro inconscio è perché, come dice-

vano i latini … navigare necesse est.

Accanto alle foto d’epoca due immagini

attuali del bacino di carenaggio.