Rimorchiatori a Genova - gruppocarige.it · nate con tanto bel vento, con mare for- ... usate anche...
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Storia 41
Ancora oggi, però, nonostante molte
barriere siano state finalmente abbat-
tute, la sua vita rimane ancora sfuma-
ta, avvolta da un alone quasi di miste-
ro: eppure è il motore principale della
nostra economia, oltre che storia, ve-
diamone quindi un altro aspetto.
Sicuramente tutti avremo visto, da ter-
ra, le grandi navi avvicinarsi accom-
pagnate da imbarcazioni al confronto
minuscole, ma dall’aspetto grintoso.
A guardare meglio, con la mano a vi-
siera sulla fronte per proteggerci dai
raggi solari, scopriamo che le guidano
con cavi che sembrano sottili come i
fili di una ragnatela verso un porto che,
seppur grande, è per le loro dimen-
sioni, angusto ed affollato.
Comunque visto così, passeggiando
sul lungomare in una calda ed assola-
ta giornata estiva, non sembra neppu-
re un compito molto impegnativo, Eh
si, è proprio vero, che come dicevano
i vecchi, che “chi l’è in tera predica e
chi è l’è in ma navega!” (Chi è in ter-
ra predica, chi è in mare naviga!). Pro-
viamo invece a pensare a quelle gior-
nate con tanto bel vento, con mare for-
mato e risacca, oppure a navi con dif-
ficoltà di manovra per caratteristiche
o avarie, tutte con il loro carico di al-
legri turisti oppure di merci perico-
lose, alla pioggia forte, alla nebbia e
così via: allora il quadro cambia e tut-
to, anche le manovre più semplici, di-
ventano difficili e pericolose.
Certo oggi la tecnologia ci viene in
aiuto: sistemi satellitari di posizio-
namento, radar, radio (grazie ancora
Marconi), motori pronti e potenti
contribuiscono alla salvaguardia del-
la vita umana e scongiurano disastri.
Una volta invece cosa succedeva?
Genova ed il suo Porto, un binomio inscindibile.
Senza il porto non esisterebbe questa città,
la cui storia si è sviluppata tutta sul mare.
In queste pagine foto d’archivio
della Rimorchiatori Riuniti.
42 Storia
L’uomo ha sempre navigato: per ne-
cessità, sete di conoscenza o voglia di
avventura. Prima con barche a remi,
sempre più grandi e poi, quando è ri-
uscito a catturare il vento a tutte le an-
dature, con piccoli equipaggi senza
più limiti. Ma come facevano le gran-
di navi dei secoli scorsi a risolvere i
loro problemi di manovra? Perizia ed
abilità di comandanti e timonieri se il
vento era favorevole, oppure … la for-
za delle braccia!
A bordo vi erano varie lance con com-
piti diversi, per esempio quella del
comandante, quelle per l’acquata e
quelle adibite al rimorchio, lunghe an-
che più di dieci metri, a volte prov-
viste di grosse pulegge a poppa ed a
prua. In genovese erano le “barcasse”
i primi rimorchiatori a remi, sostan-
tivo da cui derivò anche il verbo “bar-
cassare”, ed erano le grosse barche
usate anche in mare aperto nelle te-
mute calme di vento. Non era certo
un compito facile, ma sino all’avven-
to del vapore non c’erano alternative.
Occorre dire che i porti non erano co-
me li vediamo oggi, sfruttavano il più
possibile un riparo naturale e le navi
erano alla fonda al loro interno: di-
ghe, banchine e moli arriveranno in
un secondo momento ed in modo gra-
duale. Anni fa mi trovavo in un por-
ticciolo turistico della Costa Azzur-
ra durante i festeggiamenti per St. Era-
smo ed in una delle tante mostre, in
mezzo a foto antiche e quadri votivi,
notai una frase scritta chiaramente in
genovese che recitava: “i mainè de san
Remmu intran in portu sensa remmu”
(i marinai di Sanremo entrano in por-
to senza remo), chiesi spiegazioni e
mi dissero che i liguri, nell’antichità,
godevano fama di saper manovrare
anche in porto con il solo ausilio del-
le vele! Altri tempi!
Anche il porto di Genova non faceva
eccezione, all’inizio era solo un’inse-
natura naturale e la sua attività, già no-
ta nel V secolo a.C., si è estesa dal Man-
draccio sempre più verso ponente ser-
vendo i commerci della città sino ad
oggi. Non dimentichiamoci di quan-
to genovese c’era nel passato nella lin-
gua franca usata nel Mediterraneo.
Venne poi il vapore e nell’800 le cose
cambiarono, lentamente ma inesora-
bilmente. Un’epoca gloriosa, anche se
dura e pericolosa si stava avviando
verso il tramonto. Le condizioni di
vita a bordo non erano certo quelle
dei grandi liners da crociere tutto
compreso, ma le navi erano costruite
solo dalla mano dell’uomo, con at-
trezzi artigianali, sotto la guida di sa-
pienti mastri d’ascia e venivano per-
cepite come una cosa viva, e coman-
danti ed equipaggi potevano contare
solo sulla loro perizia ed esperienza.
Poco per volta la tecnologia ha af-
francato l’uomo che in mare vive e
lavora dalle fatiche e dalle incertez-
ze di una forza motrice affascinante
ma spesso imprevedibile, il motore,
quindi, prima a vapore e poi a scop-
pio, ha sancito la nascita della mo-
derna marineria e di conseguenza an-
che dell’attività del rimorchio. I por-
ti si attrezzavano rubando spazio al
mare e le navi diventavano sempre
più grandi rendendo questa attività,
divenuta ormai indispensabile, sem-
pre più specializzata.
Vediamo ora cosa accadeva nel por-
43Storia
to di Genova: sino alla fine dell’800 il
servizio era gestito da alcuni arma-
tori in concorrenza tra loro. Questi,
nel 1902, si unirono in una “Società
dei Rimorchiatori Genovesi”, nel-
l’intento di offrire un servizio migliore
e di garantire alle navi in arrivo una
più ampia disponibilità di mezzi. In
seguito, come ci illustra Giovanni Del-
le Piane presidente della Rimorchia-
tori Riuniti SpA, per far fronte al co-
stante sviluppo marittimo, entrò
un’altra compagnia, la “Società Ri-
morchiatori Italiani” e così, nel 1922,
fu fondata la “Società Rimorchiatori
Riuniti”, tuttora presente con le sue
piccole ma potenti navi arancione.
Fondamentali per l’attività del porto,
non solo accolgono le navi in arrivo
o le scortano in mare aperto in qua-
lunque condizione meteo, ma danno
assistenza in caso di incendio, river-
samento di petrolio o altra situazio-
ne che possa mettere in pericolo la si-
curezza delle navi e del porto.
A questo punto ci rechiamo nella pre-
stigiosa sede di via Ponte Reale, a po-
chi metri da Palazzo San Giorgio, e
chiediamo direttamente a Gregorio
Gavarone, in qualità di presidente del-
la Rimorchiatori Riuniti Porto di Ge-
nova Srl, di illustrarcene l’attuale
struttura: “dalla sua fondazione la so-
cietà ha sempre svolto il servizio di
rimorchio nel porto di Genova e pro-
gressivamente è entrata anche nel set-
tore del rimorchio d’alto mare, in-
viando i suoi rimorchiatori oceanici
in tutti i mari del mondo. Nel 1986 la
Compagnia si è data un assetto più in
linea con le rinnovate esigenze del
mercato, attraverso il miglioramento
e la specializzazione sia del persona-
le che dei mezzi. Le diverse attività,
come il servizio di rimorchio portua-
le, il rimorchio d’alto mare, le varie
forme di assistenza offshore, i servi-
zi antinquinamento ed altri ancora,
sono stati distinti in specifiche divi-
sioni, ognuna delle quali gestisce il
suo particolare settore. Il gruppo og-
gi dispone di una moderna flotta di
33 unità con una vita media di circa
quattro anni, e sono ormai più di cen-
to quelle che hanno prestato servizio
presso la nostra Società. Il gruppo ha
costantemente sviluppato il raggio
delle sue attività, entrando in joint
venture con altre compagnie italiane
e straniere, fino ad allestire navi an-
tinquinamento in collaborazione con
il Governo Italiano ed estendendo i
suoi interessi in Africa Occidentale
ed in Sud America, oltre a gestire un
bacino di carenaggio per navi di me-
dia stazza”.
Veniamo così a scoprire, parlando con
Andrea De Gaetano, dell’Ufficio Ar-
mamento, un altro primato di Geno-
va: oltre ad avere uno dei porti turi-
stici più antichi d’Italia, il Duca de-
gli Abruzzi, vanta il primo bacino
di carenaggio costruito in Italia. Il
re Carlo Alberto, con decreto del 21
Giovanni Delle Piane, presidente
della Rimorchiatori Riuniti SpA,
Gregorio Gavarone, presidente
della Rimorchiatori Riuniti Porto
di Genova Srl.
Sotto: Andrea De Gaetano
dell’Ufficio Armamento.
44 Storia
agosto 1845, approvava la costru-
zione di un bacino di carenaggio che
doveva servire principalmente per la
Marina Militare, ed il Principe Eu-
genio di Carignano, allora coman-
dante della Regia Marina, affidava il
progetto ed i lavori al colonnello del
genio Damiano Sauli. Vennero fatte
indagini in varie località, ma nessu-
na risultò più conveniente di Geno-
va, e precisamente nello stabilimen-
to militare interno alla Darsena.
Completato nel 1851 e posizionato
nel centro storico della Città, è tut-
tora operante ed i suoi 60 metri di
lunghezza sono ben visibili dall’at-
tiguo nuovo porto turistico, ma
quanti ne conoscono la storia?
Quanti sanno che lì vicino, a Ponte
Morosini, dall’Istituto Idrografico
della Marina, altra gloriosa istituzio-
ne istituita il 26 dicembre 1872 con
sede nel Forte San Giorgio, viene ri-
levato il livello medio ufficiale delle
acque italiane? Anche il RINA ha la
propria sede centrale a Genova fin
dalla sua fondazione nel 1861. Lo
Yacht Club che si trova nel portic-
ciolo Duca degli Abruzzi, fondato
nel 1879, è il più antico del Mediter-
raneo. La Federazione Italiana Vela
ha sede qui, per non parlare poi del-
le Compagnie di Navigazione, che
tanta parte hanno avuto nella storia
del nostro paese. D’altronde la prima
carta nautica, firmata da Petrus Vi-
sconte de Janua, risale al 1311! Non
dobbiamo inoltre dimenticare che la
solidarietà è fortemente sentita dai
marinai ed allora dovremmo citare
Associazioni e Confraternite, ma ci
limitiamo a menzionare la “Stella Ma-
ris”, dell’Apostolato del Mare fonda-
ta in piazza san Matteo, la cui sede na-
zionale è ancora nella nostra città.
Anche il porto più tecnologico, però,
non può prescindere dall’elemento
umano, fatalmente gli incidenti o gli
imprevisti sono sempre in agguato. E
quando si verificano, solo la compe-
tenza, e spesso il coraggio, di coman-
danti ed equipaggi impediscono a que-
sti di trasformarsi in tragedia. Cosa
sarebbe successo quando, nel luglio
del 1981, un fulmine colpì la super pe-
troliera giapponese “Hakuyoh Maru”
nel Porto Petroli di Multedo incen-
diandola, se tutti i lavoratori portuali
ed i rimorchiatori non si fossero atti-
vati immediatamente facendo uscire
in poco tempo ben cinque petroliere
dal porto, dove pure un pontile ave-
va preso fuoco, inondandola di schiu-
ma antincendio e poi raffreddando le
lamiere roventi con le loro spingarde
capaci di duemila tonnellate d’acqua
all’ora? Il rischio di esplosione era si-
curamente elevato, sia per loro che per
il centro abitato! E se nel 1991 la Ha-
ven, già in preda alle fiamme e senza
governo, non fosse stata agganciata e
rimorchiata nel posto stabilito dalla
Capitaneria? Operazione, come reci-
ta la motivazione alla Medaglia d’Ar-
gento al valore di marina, conferita al-
l’equipaggio del rimorchiatore “Istria”
che ha effettuato l’aggancio ed il ri-
morchio “portata a termine con gran-
de perizia marinaresca, esponendo la
vita in caso di esplosione, per impe-
dire un più grave ed incontrollabile
disastro ecologico con conseguenze
inimmaginabili qualora la nave fosse
affondata su alti fondali”. Senza con-
tare il contributo di tutti, Rimorchia-
tori, Ormeggiatori e Piloti, al recupe-
ro di 32 marittimi su 37 di equipaggio,
che valsero riconoscimenti al valore
anche agli altri lavoratori portuali.
Molti eventi hanno riguardato il no-
stro Porto e nomi come “London Va-
lour” (1970) fanno parte della me-
moria collettiva della Città, ma non
dobbiamo dimenticare che la grande
maggioranza dei casi non riceve l’o-
nore della cronaca, magari proprio
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perché il pericolo fu scongiurato sul
nascere. Sta di fatto che abbiamo a
disposizione un capitale umano che
tutto il mondo ci riconosce ed invi-
dia ed auguriamoci che questa tradi-
zione, impossibile da improvvisare
ma che deve per forza venire da lon-
tano, non venga dispersa in nome di
una liberalizzazione senza regole che
potrebbe portare all’autoproduzione
di servizi insostituibili. Episodi co-
me questi potranno purtroppo acca-
dere ancora e speriamo che i traffici
portuali possano contare sempre su
persone che uniscono esperienza, de-
dizione e passione, talvolta sfociata
in eroismo, per un mestiere che nes-
sun libro o corso potranno mai in-
segnare se non supportato da quella
scuola di vita che è il mare.
Il rapporto tra l’uomo ed il mare non
cambierà mai, l’uomo ha sempre na-
vigato, anzi gli archeologi hanno sco-
perto che anche le razze che hanno
preceduto l’homo sapiens hanno sol-
cato i mari. Dall’antichità, attraver-
so quei formidabili navigatori che
erano i Fenici, per giungere ai gior-
ni nostri, sono cambiate le navi, ma
il mare continua ad esercitare un fa-
scino ancestrale: la vita è nata nel-
l’acqua, l’essere umano viene al mon-
do dall’acqua e di questa in gran par-
te è composto il nostro organismo.
Il nostro stesso pianeta è coperto per
i tre quarti dall’acqua, che diventa
anche frontiera, non più in superfi-
cie, ma negli abissi, forse meno co-
nosciuti dello spazio infinito. Per ma-
re si è spostato per la prima volta
l’uomo ed ancora oggi solo per ma-
re possiamo viaggiare intorno alla ter-
ra senza fermarci.
Viaggiare per mare diventa quindi me-
tafora della vita ed ancora oggi se le
avventure di Soldini catturano il no-
stro inconscio è perché, come dice-
vano i latini … navigare necesse est.
Accanto alle foto d’epoca due immagini
attuali del bacino di carenaggio.