Rilessione sul vangelo del giorno

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RILESSIONE SUL VANGELO DEL GIORNO

II Settimana di Pasqua

MERCOLEDI’ 18 APRILE

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha

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creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

Il senso della croce di Cristo è l’amore: l’amore del Padre che dona il Figlio, l’amore del Figlio che dona la propria vita, l’amore dello Spirito che è il dono stesso. Lontani da ogni forma di

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sadismo, di masochismo e di autoflagellazione, i discepoli di Cristo vedono nella sua croce il segno concreto di una vita coerente nell’obbedienza alla vocazione di autodonazione fino alle estreme conseguenze determinate dalle forze storiche di negazione e di strumentalizzazione della persona. «Ciò che santifica non è la sofferenza ma la pazienza», diceva don Bosco. La croce non è un valore di per sé, ma lo è l’amore che le ha dato luogo, la donazione, l’accettazione amorevole delle conseguenze della propria scelta da parte di Gesù. Dio, che non ha voluto la morte del figlio di Àbramo, ma ha gridato: Non stendere la mano contro il ragazzo! (Gen 22,12), non ha rinnegato il suo

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amore di fronte alla morte del Figlio, perché l’amore trinitario non è egoismo interpersonale, ma amore traboccante che esce e investe l’umanità intera, il creato.