Riflessioni sul Vangelo del giorno per i Tempi di Avvento ... · per i Tempi di Avvento e Natale...

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CENTRO DIOCESANO VOCAZIONI Patti (ME) Riflessioni sul Vangelo del giorno per i Tempi di Avvento e Natale (Anno B) CENTRO DIOCESANO VOCAZIONI Patti (ME)

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Centro DioCesano VoCazioniPatti (me)

Riflessioni sul Vangelo del giorno per i Tempi di Avvento e Natale

(Anno B)

Centro DioCesano VoCazioniPatti (me)

Centro Diocesano VocazioniPatti (Me)

cfr. Lc 1,78

Riflessioni sul Vangelo del giorno per i Tempi di Avvento e Natale(Anno B)

© 2014 - Centro Diocesano VocazioniSeminario Vescovile di Patti

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Il volumetto è stato curato da don Dino Lanza e dall’equipe del Centro DioCesano VoCazioni.I testi delle riflessioni sono stati preparati da Margherita Ridolfo, della parrocchia S. Cuore di Gesù in S. Agata Militello (ME).

Foto di copertina: alba su Tindari dall’archivio del CDV.

C on l’Anno Liturgico che inizia, con l’Avvento, giorno 30 novembre, verranno luce, calore, vigore nuovi

perché sempre nuovo è Dio, Padre dei doni che, COME SOLE CHE SORGE (Lc 1,67-79), li tiene generosamente in serbo per noi.

Dio prende sempre l’iniziativa con gratuita generosi-tà, com’è nella sua natura e com’è inscritto nel progetto per il quale vuole che tutti gli uomini conoscano la verità e siano salvi per mezzo di Gesù Cristo morto e risorto.

Varie le mediazioni di cui si serve Dio per chiamare a collaborazione la sua creatura: la famiglia col suo patri-monio d’affetti, con la sua capacità educativa e la frater-nità battesimale, o Chiesa, tra le più importanti.

Resta fondamentale che solo a quanti l’accolgono dà il potere di diventare figli di Dio (Gv 1,12)

Il presente sussidio è, appunto, sussidio, aiuto, me-diazione che presento con desideri di profitto a chi vor-rà servirsene e ringraziando di cuore Dio perché eterna è la sua misericordia mentre ringrazio la professoressa

Presentazionedel Vescovo

Margherita Ridolfo che, accettando di collaborare con il Centro Diocesano Vocazioni, l’ha amorosamente e sa-pientemente confezionato.

Buona meditazione ed efficace preghiera al seguito di Maria, Protagonista col Figlio Divino, dell’Avvento e con la mia benedizione.

Patti, 30 novembre 2014

Grazie e perdono

Chi sono.Se mi guardo con i miei occhi, come in uno specchio,

vedo una persona qualunque, con una piccola vita qualun-que, fatta di luci e di ombre; se mi guardo con gli occhi di Dio, vedo venir fuori, come dal nulla, un piccolo capola-voro, lavorato con lo scalpello della grazia e della miseri-cordia, opera unica e irripetibile e per questo preziosa ai suoi occhi. Sotto lo sguardo di Dio, l’ombra cede il passo alla luce, il fallimento si rivela un successo, le macerie si ricompongono in armoniose costruzioni. Così è per tutti. Solo se ci guardiamo con gli occhi di Dio, possiamo parlare di noi stessi nella verità e nell’amore.

La mia vita, qualunque ma preziosa, è trascorsa nel-la famiglia, nella scuola, nella parrocchia, la mia seconda casa, fin dall’infanzia, dove ho fatto di tutto, secondo il bi-sogno: dal servizio liturgico, al canto, all’animazione della preghiera, al catechismo. Adesso sono impegnata nell’AC parrocchiale, come Ministro straordinario della Comunio-ne e faccio parte dell’equipe della pastorale parrocchiale e diocesana, dove tocco con mano quanto lavoro spirituale e organizzativo ci sia dietro ad ogni iniziativa.

La mia vita potrebbe essere racchiusa in due parole: gra-zie e perdono. Sono una madre e una nonna felice: grazie. Sono nata in una terra mariana: Ficarra, dove i bambini suc-chiano latte materno e amore all’Annunziata. Grazie. Ho

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avuto splendidi maestri: gli amici libri, sui quali mi addor-mentavo, fin da ragazzina, come su morbidi cuscini; i bambini ai quali insegnavo a leggere, scrivere e far di conto, che mi hanno trasmesso la freschezza, la semplicità della loro età. Sono rimasta avvolta in un’atmosfera d’infanzia anche da adulta e da anziana. Scoprirmi piccola, in tutti i campi, mi dà gioia, anziché rammarico e senso di inferiorità. Grazie.

Ed è stata maestra la parrocchia, con il suo ciclo liturgi-co, le sue feste, la sua vita quotidiana, con tutte le persone sante e i sacerdoti che ho incontrato, da quello che mi ha battezzato al mio attuale parroco, veri maestri di sapienza e testimonianza della fede. Quel poco di bene che c’è in me viene da lontano, da tutti coloro che hanno seminato, lasciando a me la gioia del raccolto. Grazie.

E un grazie che non finisce mai ad un sacerdote spe-ciale, don Diego Zorzi, che mi ha accolto nella sua pic-cola Comunità di preghiera contemplativa, introducendo-mi nella profondità della preghiera che si nutre e cresce nell’esercizio quotidiano delle virtù teologali, culminante in un atto di adorazione “Mio Signore e mio Dio”, davanti e dentro l’Eucarestia. IL rapporto personale con Dio e l’ adorazione eucaristica sono diventati il mio pane quoti-diano. Grazie.

Al nostro Vescovo, che sa guardare lontano e in pro-fondità, grazie.

Il canto della gratitudine non finisce mai, prende tutta la vita, dalla culla di vimini a quella di marmo e anche oltre, soprattutto oltre, nell’eternità; ognuno di noi, con la sua pic-cola vita, può aggiungere un versetto al canto del Magnificat, che dalla bocca di Maria, attraversa i secoli e unendosi alle voci celesti, diventa il grazie universale alla SS. Trinità.

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La seconda parola “Perdono”, anche se nasce da un profondo dolore per il peccato commesso, è sempre in-trisa di gioia, perchè è esperienza, vissuta sulla propria pel-le, dell’infinita misericordia di Dio. Chi può parlare della dolcezza, della delicatezza, della sproporzione, dell’inesau-ribilità della misericordia divina, se non il peccatore per-donato? Io posso parlare perchè ho perso il conto dei peccati, delle infedeltà, omissioni, insipienze della mia vita, come ho perso il conto di tutte le volte che la mano di Gesù ha asciugato le lacrime del mio pentimento e con esse, unite ad una piccola goccia del suo sangue, ha rige-nerato la mia anima. Una misericordia sempre in atto, una tenerezza divina che puntualmente incontra la mia tenera compunzione.

“Di quanto ti ama Dio, non hai la più pallida idea”, mi diceva don Diego, fino ai giorni precedenti alla sua morte. Questa frase la passo a voi, ad ognuno di voi: “Di quanto ti ama Dio, non hai la più pallida idea”. Che possiamo farci una piccola idea in più di questo amore divino, attraverso la meditazione e la contemplazione della sua Parola, nel silenzio della nostra casa e proclamata nella Liturgia della Parola, come da un viva voce! Che possiamo incontrare il Dio vivente nella sua Parola e in ogni santa Liturgia, perchè l’altare è il cuore aperto di Gesù per noi, la terra nuova dove scorre latte e miele: la vita di Gesù donata a noi! Che possiamo riconoscerlo e guardarlo negli occhi di ogni fra-tello, che ci chiede amore! Perchè diventino realtà, questi desideri li affidiamo a Maria, la Stella del mattino, l’Aurora che annuncia il Sole che sorge.

Margherita Ridolfo

In eterno Signore, rimane la tua parola;Essa sta immobile come i cieli.Quanto mi è cara la tua legge!Tutto il giorno la vado meditando.Meravigliosi sono i tuoi voleri; per questo li osserva l’anima mia.La rivelazione delle tue parole dà luce;essa dà intelligenza ai semplici.Insegnami la via dei tuoi decreti:voglio seguirla sino alla fine.Dammi intelligenza per osservare la tua leggee custodirla con tutto il cuore.Dirigimi sul sentiero dei tuoi precetti;si, sta in esso il mio diletto.Piega il mio cuore verso i tuoi voleri.Insegnami i tuoi giudizi.Lampada ai miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino.

“Avvento è essere convinti che il Signore viene ogni giorno,ogni momento nel qui e nell’ora della storia, come ospite velato.E qui saperlo riconoscere: nei poveri, negli umili, nei sofferenti.

Avvento significa in definitiva, allargare lo spessore della carità!Tanti auguri scomodi, allora!”

don Tonino Bello

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I Domenica, 30 novembre 2014Sant’Andrea, apostolo

Liturgia della ParolaIs 63,16b-17.19b; 64,2-7; Sal 79; 1Cor 1,3-9; Mc 13,33-37

La ParoLa Di Dio

…è asCoLtata

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Fate atten-zione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo com-pito, e ha ordinato al portiere di vegliare. Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addor-mentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».

…è meDitataLa liturgia dell’Avvento si propone di formare nei cri-stiani un modo evangelicamente consapevole e matu-ro di prepararsi al Natale, mistero che significa tutto il venire di Gesù, con un’attesa-risposta al suo continuo venire in mezzo a noi. Il brano evangelico di questa prima domenica ci parla di attesa e di veglia, due at-teggiamenti fondamentali della vita cristiana. L’attesa è la trama stessa della vita, siamo noi stessi con le nostre certezze e interrogativi, con i nostri bisogni e desideri. L’attesa esige qualcuno atteso, che finalmente viene e si fa trovare, per questo si trasforma in andare incon-tro verso colui che viene. E colui che viene per noi cristiani è Gesù Cristo, il Sole che sorge. L’Avvento è una scuola spirituale che ci educa all’attesa come mo-vimento, dinamismo, ansia gioiosa, speranza e fiducia in Colui che è venuto, viene e verrà. Il Vangelo di oggi ci invita ad una vigilanza positiva: essere pronti non

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per respingere una minaccia, ma per vivere meglio la gioia dell’incontro. L’ora dell’incontro non ci viene in-dicata per tenerci in ansia, ma perché tutte le ore sono buone per accogliere Colui che viene. Il Vangelo ci parla di un momento preciso (il termine greco Kairos) un tempo vicino, compiuto: il grande tempo compiuto della nostra salvezza, che è venuta di Dio. Un avvento di Dio che si è compiuto in un momento preciso nel grembo di Maria, che si manifesterà alla fine dei tem-pi, che si compie quotidianamente nella Chiesa e in ogni membro di essa. L’Avvento è questa venuta di Dio cominciata, conti-nuata, tesa alla venuta finale, come un fiume di grazia, che scorre dentro il tempo, verso l’eternità. L’uomo che parte per andare lontano lascia la sua casa in mano ai servi. Possiamo vedere nella casa un’imma-gine della Chiesa, delle nostre comunità: la vigilanza non riguarda solo noi stessi, ma si caratterizza come “vigilanza sulla casa”, della quale ogni battezzato è responsabile. Il padrone di casa può arrivare in ogni momento; il Signore arriva in tutti i momenti della no-stra vita, soprattutto in quelli bui, penosi, difficili, nei quali Egli vuole incontrarsi con la nostra fede viva e pura. Dio è sempre puntuale nel suo amore per noi, noi lo siamo con Lui?

Noi non possiamo pregare: “Vieni”con tanta sicurez-za nel mistero; se Egli non fosse già venuto, neppure potremo dire: “Egli è qui” se non fossimo convinti nella fede che Egli verrà per perfezionare il suo Re-gno per l’eternità. (Otto Casel) La mia fede sa di avvento? Sa della gioia dell’incontro e del desiderio di un incontro più totale?

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…è PregataChe io ti cerchi desiderandoti, che ti desideri cercandoti,che ti trovi amandoti, che ti ami trovandoti.

Sant’Agostino d’Ippona

…mi imPegnaA farmi trovare sveglio, vigile e pronto dal Signore che viene in questo Avvento. A saperlo riconoscere là dove Egli si manifesta: nel cuore, nella Santa Litur-gia, nel fratello che mi chiede amore, anche silenzio-samente, negli accadimenti esterni. La sua presenza è sempre velata, la sua voce quasi sussurrata; ho biso-gno dei sensi spirituali per percepirlo: l’occhio della fede, l’orecchio dell’ascolto, il gusto dell’amore, il tatto della conoscenza, l’olfatto della preghiera.

DICEMBRE

Lunedì, 1 dicembre 2014Beato Carlo di Gesù (Charles de Foucauld), religioso

Liturgia della ParolaIs 2,1-5; Sal 121; Mt 8,5-11

La ParoLa Di Dio

…è asCoLtata

In quel tempo, entrato Gesù in Cafàrnao, gli venne incon-tro un centurione che lo scongiurava e diceva: «Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribil-mente». Gli disse: «Verrò e lo guarirò». Ma il centurione rispose: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà

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guarito. Pur essendo anch’io un subalterno, ho dei sol-dati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un al-tro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa». Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli».

…è meDitataLa liturgia dell’Avvento ci presenta la prima lezione sulla fede con due personaggi: il Maestro Gesù e l’al-lievo centurione, il quale compie, sotto i nostri occhi, un vero percorso di fede in poche battute scambiate con Gesù. È la malattia del servo ad offrirgli l’occasio-ne per una conoscenza ravvicinata di Gesù, al quale presenta il suo bisogno e ne riceve subito la risposta. Mettersi davanti a Dio con la propria fragilità, ricono-scendo il suo potere di Salvatore su di essa, è il pri-mo passo della fede. La risposta affermativa di Gesù, con una prontezza immediata, lo conduce al secondo passo: la consapevolezza di sé davanti a Colui che gli sta parlando, “Io non sono degno”. La fede, facendoci scoprire noi stessi, ci apre all’umiltà, al riconoscimento del nulla che siamo davanti a Dio. Il cammino di fede continua con il terzo passo: il vero incontro con la persona di Gesù. “Io dico al mio subalterno: va ed egli va.” Il centurione riconosce a Gesù il potere di inter-venire attraverso la sua parola e gli suggerisce il modo di farlo da lontano, con discrezione, senza quei gesti visibili che accompagnavano i suoi miracoli. Gesù ne resta ammirato. Una fede abbandonata, senza alcu-na pretesa di condurre il gioco a modo proprio, una fede-fiducia in Colui che può tutto. Quanta differenza

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fra la delicatezza di fede di questo pagano e la durez-za di cuore del popolo eletto, con la sua orgogliosa chiusura alla novità di Dio! La profezia di Gesù sui popoli che verranno a sedersi a mensa con Abramo ci dice che Dio è padre di tutti, la sua è la casa di tutti, la sua salvezza è per tutti. La fede non guarda in fac-cia nessuno, non controlla certificati di appartenenza, di nazionalità, dichiarazioni di buona condotta; viene riversata su chiunque si apre a Dio con cuore since-ro. La fede non è questione di morale, è questione di cuore. Che bella figura questa del centurione! Egli ci rimanda al centurione della croce, che riconosce nel crocifisso il Figlio di Dio: la pienezza della fede!

Il Figlio non trovò alcuna fede presso il popolo che cre-deva nel Padre, perché esso era già troppo credente. La trovò in un centurione pagano, per il quale fu preso da ammirazione. E la trova ancora in molti che sembrano essere “fuori” e invece sono “dentro”, perché la fede in-condizionata spesso sgorga dal cuore dei non credenti che dal cuore dei credenti ortodossi. (Karl Rahner) Che tipo di fede trova Dio in me?

…è PregataSignore, la casa della mia anima è troppo angusta perché tu possa entrarvi: dilatala Tu. È in rovina: ri-parala Tu. Purificami dalle mie colpe nascoste. Credo ed è per questo che ti parlo, Signore.

Sant’Agostino d’Ippona

…mi imPegnaA vivere questa giornata con gli stessi atteggiamenti di fede e di umiltà del centurione. Una fede abbandona-

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ta al modo di procedere di Dio nella mia vita, senza pretese e gusti personali; un’umiltà che nasce dal rico-noscimento del proprio bisogno: io sono un continuo bisogno di Dio.

Martedì, 2 dicembre 2014Santa Viviana, martire

Liturgia della ParolaIs 11,1-9; Sal 71; Lc 10,21-24

La ParoLa Di Dio

…è asCoLtata

In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito San-to e disse: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e del-la terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo». E, rivolto ai discepoli, in disparte, disse: «Bea-ti gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Io vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guarda-te, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono».

…è meDitataIl vangelo di oggi ci presenta tre punti su cui possia-mo riflettere: la predilezione del Padre verso i piccoli ai quali rivela i suoi segreti; il rapporto fra Gesù e il Padre nella loro conoscenza reciproca; la beatitudine degli occhi che vedono e dei cuori che entrano nel

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rapporto Padre-Figlio. I piccoli sono i destinatari del-la grande rivelazione del mistero dell’amore di Dio, essi lo accolgono senza pretese, riserve e resisten-ze. Gesù riconosce la verità della propria vocazione di Figlio anche nella fede dei piccoli, cioè di coloro che accolgono la sua parola nella semplicità e nella fiducia. Gesù è il Piccolo del Padre, nel senso che è a Lui totalmente abbandonato, anche quando spe-rimenta la sua assenza e lontananza. La piccolezza è per Gesù il modo giusto di essere figlio. Così si capisce il grido di giubilo nello Spirito, la sua gioia davanti alla preferenza che il Padre ha verso gli ul-timi e i poveri. Egli riconosce l’opera del padre che confonde la sapienza degli uomini e canta il suo “Magnificat” con l’anima traboccante di gioia. In essa Egli coinvolge i suoi amici, li introduce nell’intima familiarità che lo lega al Padre. La vera beatitudine dei discepoli consiste nella partecipazione a que-sta familiarità, quasi un ingresso nella vita intima di Dio, nel mistero della comunione trinitaria, un es-sere “figli nel Figlio”. Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Cosa hanno visto i discepoli di allora? Un Messia glorioso che rivelava il Padre con segni straordinari dal cielo, come chiedevano i farisei? Essi hanno visto un uomo simile agli altri uomini, che ri-velava Dio con la bontà verso i malati, l’amore alla verità, la semplicità della vita. L’Avvento ci prepara ad accogliere questo evento straordinario: l’inabita-zione di Dio fra gli uomini. Gesù viene ad incontrar-ci nella nostra umanità e ci salva attraverso di essa. E noi cosa vogliamo farne della nostra umanità? Mor-tificarla, abbrutirla, distruggerla nel male o conse-gnarla, trapassata dallo Spirito, al Padre creatore, con il sigillo filiale: l’immagine del Figlio prediletto?

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Tu cerchi il modo di incontrare Gesù, non soltanto nella tua mente ma anche nel tuo corpo. Egli è di-venuto carne per te, affinché tu potessi incontrarlo nella carne e ricevere il suo amore nella carne. La-sciati trasformare dal suo amore perché tu lo possa ricevere nell’interezza del tuo essere. (Henri Nouwen)Mi sento amato da Dio in tutto quello che sono, così come sono?

…è PregataSignore, nella fede sono stato istruito, immerso in essa senza scampo. Il tempo ha prodotto tante dottrine, ma sono venute troppo tardi, ancora prima di udire il loro nome ti ho dato la mia fede. Io sono un piccolo della terra, ma incatenato dal tuo amore. Sant’Ilario di Poitiers

…mi imPegnaA sentirmi un piccolo figlio di Dio, che non si stanca di gioire per la sua piccolezza e di offrire al suo Signore i piccoli, semplici, continui gesti d’amore di un bambino.

Mercoledì, 3 dicembre 2014San Francesco Saverio, sacerdotePatrono delle Missioni

Liturgia della ParolaIs 25,6-10a; Sal 22; Mt 15,29-37

La ParoLa Di Dio…è asCoLtata

In quel tempo, Gesù giunse presso il mare di Galilea e, sa-lito sul monte, lì si fermò. Attorno a lui si radunò molta fol-

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la, recando con sé zoppi, storpi, ciechi, sordi e molti altri malati; li deposero ai suoi piedi, ed egli li guarì, tanto che la folla era piena di stupore nel vedere i muti che parlavano, gli storpi guariti, gli zoppi che camminavano e i ciechi che vedevano. E lodava il Dio d’Israele. Allora Gesù chiamò a sé i suoi discepoli e disse: «Sento compassione per la fol-la. Ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da man-giare. Non voglio rimandarli digiuni, perché non vengano meno lungo il cammino». E i discepoli gli dissero: «Come possiamo trovare in un deserto tanti pani da sfamare una folla così grande?». Gesù domandò loro: «Quanti pani ave-te?». Dissero: «Sette, e pochi pesciolini». Dopo aver ordi-nato alla folla di sedersi per terra, prese i sette pani e i pe-sci, rese grazie, li spezzò e li dava ai discepoli, e i discepoli alla folla. Tutti mangiarono a sazietà. Portarono via i pezzi avanzati: sette sporte piene.

…è meDitataDue spunti di meditazione: la compassione di Gesù e il coinvolgimento in essa dei discepoli. Dio è amore e misericordia. Che cos’è la misericordia? È la capaci-tà di intenerirsi, di commuoversi, di stare vicino. Dio si commuove “nelle sue viscere” nel profondo di se stesso: la sofferenza, la malattia, il peccato attirano la sua compassione come una calamita attira il metallo. Il mistero della misericordia divina assume per noi i contorni del volto di Cristo e dei suoi gesti nel guarire i malati, nel perdonare i peccati, nello sfamare le folle, affamate di pane e di verità. Nella profonda compas-sione di Gesù vediamo il volto di un Dio medico, che viene a guarire l’umanità, nei suoi mali fisici e morali. È questa compassione che fa notare a Gesù quanto i discepoli non vedono: la fame e la stanchezza del popolo. Se non mangiano moriranno di fame. È lo

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stesso sguardo compassionevole di Maria a Cana: Non hanno più vino. E il Salvatore interviene coinvolgen-do i discepoli nella sua compassione. Cosa avete con voi? La stessa domanda la rivolge a noi. Tutti abbiamo qualcosa da dare, forse piccola e insignificante ai no-stri occhi, ma, se la offriamo con amore e la mettiamo nelle mani della Chiesa, potremo vederla moltiplicata.Dio è un grande matematico che ottiene cifre da ca-pogiro con piccoli numeri, perché opera nell’Amore infinito.Siamo noi la folla di poveri e ammalati, che si accalca attorno a Gesù, chiedendo di essere salvata. Ed Egli imbandisce un banchetto di vita divina, nel quale ci dona se stesso come nutrimento, bevanda, guarigione.Arriviamo a questa mensa dopo lunghe peregrinazioni nei deserti di questo mondo, stanchi dei nostri limiti, afflitti dalle nostre colpe, delusi dalle tante mense, alle quali non ci siamo né saziati, né dissetati. A questa ta-vola mangiamo amore e trasmettiamo compassione. Un amore così sovrabbondante che ne avanza per gli altri, per coloro ai quali vogliamo portarlo. Sette ceste significa che c’è n’è per tutti, che il banchetto della sal-vezza è universale perché Buono è il Signore, eterna è la sua misericordia.

Il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe, il Dio dei cristiani è un Dio d’amore e di consolazione, è un Dio che riempie l’anima e il cuore di coloro di cui si è impossessato, è un Dio che fa internamente sentire a ognuno la propria miseria e la sua miseri-cordia infinita. (Blaise Pascal) Come figlio, io gli somiglio?

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…è PregataO mistero della divina misericordia, o Dio di pietà, che ti sei degnato abbandonare il trono celeste per abbas-sarti alla nostra miseria, perché non gli angeli, ma gli uomini hanno bisogno di misericordia. Nessuno può conoscere a fondo la tua bontà, può misurarla. La tua compassione è incalcolabile. La sperimenta ogni ani-ma che si avvicina a Te. Felice l’uomo su cui si posa il tuo sguardo di compassione. Santa Faustina Kowalska

…mi imPegnaA cantare oggi la misericordia del Signore. Mi farò buono come il pane e mi farò mangiare da chiunque sia affamato di amore: farò del bene agli altri e lo farò a me stesso, perchè la misericordia trasforma chi la attua, rendendolo sempre più somigliante all’Amore misericordioso.

Giovedì, 4 dicembre 2014San Giovanni Damasceno, sacerdote e dottore della Chiesa

1° giovedì del mese: preghiera per le vocazioni

Liturgia della ParolaIs 26,1-6; Sal 117; Mt 7,21.24-27

La ParoLa Di Dio

…è asCoLtata

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non chiun-que mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cie-li, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiu-

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mi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia. Chiun-que ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffia-rono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cad-de e la sua rovina fu grande».

…è meDitataContinua la scuola dell’Avvento con una lezione fon-damentale per un cristiano: la volontà di Dio è la roc-cia su cui va costruita la propria vita. Mai come oggi si sente il bisogno di punti fermi, di basi solide sulle quali ancorare l’esistenza nel campo spirituale, socia-le, economico. Tutto intorno a noi è liquido, fluttuan-te, un vero terreno di sabbie mobili: incerto è il lavo-ro, incerti gli affetti, anche quelli fondamentali del-la famiglia, incerto è il futuro. Qua e là incontriamo qualche punto d’appoggio che la società ci propina: valori fasulli, stili di vita ingannevoli, ricette di felicità illusorie… ma essi cedono facilmente e lasciano sotto i nostri piedi la sabbia del nulla. Il Signore ci viene in aiuto offrendoci la sua Parola, nella quale ci rivela la sua volontà su di noi, il senso della vita e la sua Per-sona come risposta al nostro desiderio di felicità. Ma senza il vissuto la Parola di Dio è vana e inefficace. La nostra libertà può annullare o rallentare quella forza salvifica che la Parola di Dio porta in sé. Il cristiano è chiamato a dare corpo e carne alla Parola facendo-la scorrere nella vita, ispirando ad essa giudizi, scelte, comportamenti. Costruirsi su Dio significa fondare su di Lui tutti gli aspetti della propria esistenza: famiglia, lavoro, impegno sociale…; significa consegnare a Lui la vita, la libertà, il cuore perchè diventino luogo sacro dell’Incarnazione e della Pentecoste; significa ricono-

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scerlo necessario come l’aria per uno che sta annegan-do, come Colui in cui tutto consiste, anche noi stessi. Solo se Egli è il centro e il punto di partenza di tutte le nostre opere, queste non si sgretolano, non si dissol-vono, anche se venti contrari soffiano contro di esse. Gli ebrei avevano esperienza del vento del deserto e delle sue tragiche conseguenze senza una roccia, presso la quale trovare riparo. E tutti abbiamo espe-rienza di case che crollano, se costruite su terreni fra-gili, cedevoli come la sabbia. Dio è la roccia: a noi la scelta se fondarci su di Lui o fluttuare tra i venti del nulla, del caos, del male.Il Signore è mia rupe e mia salvezza, mia roccia di di-fesa; non potrò vacillare!

Avere una casa, vivere in una casa costruita sulla roc-cia dell’amore. Siamo fatti per una casa che ci dia il senso della stabilità, della continuità, del riposo. Una casa dove si vivono rapporti di amore, di dolcezza, di reciprocità. Una casa dove Dio è il Padre e tutti noi fratelli. (Carlo Carretto) La casa del mio cuore che fondamenta ha? So ricono-scere nella Chiesa, la casa di Dio per me?

…è PregataSignore, voglio entrare nella casa del mio cuore, aprir-ne le finestre, tirare giù le ragnatele della mia vanità ed esaltazione, spazzare le mie colpe, mettere i ten-daggi alle pareti, con l’esercizio delle virtù, disporre le suppellettili delle mie opere buone, preparare un men-sa con la tua Parola.

Ugo di San Vittore

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…mi imPegnaGuardare a Dio come la radice e il perno di tutta la vita e affidarmi a lui con totale abbandono. Egli è l’Es-senziale. Egli è il Bene, ogni Bene, il sommo Bene. Tutto ciò che mi allontana da Lui è male.

Venerdì, 5 dicembre 2014Santa Consolata di Genova, monaca

Liturgia della ParolaIs 29,17-24; Sal 26; Mt 9,27-31

La ParoLa Di Dio

…è asCoLtata

Mentre Gesù si allontanava di là, due ciechi lo seguirono gri-dando: «Figlio di Davide, abbi pietà di noi!». Entrato in casa, i ciechi gli si avvicinarono e Gesù disse loro: «Credete che io possa fare questo?». Gli risposero: «Sì, o Signore!». Allora toccò loro gli occhi e disse: «Avvenga per voi secondo la vo-stra fede». E si aprirono loro gli occhi. Quindi Gesù li ammonì dicendo: «Badate che nessuno lo sappia!». Ma essi, appena usciti, ne diffusero la notizia in tutta quella regione.

…è meDitataSe la Pasqua è la festa della luce, con la resurrezione di Gesù, il Natale ci riporta all’attimo preciso del sorgere di questa luce, il momento magico dell’alba, quando il sole, con movimento dolce e incalzante, disperde le te-nebre della notte e si mostra in tutto il suo splendore. Il racconto evangelico di oggi ci parla di luce.Due ciechi insieme si mettono alla ricerca di Gesù, gli vanno dietro gridando il loro dolore e implorando il suo intervento. Mettersi insieme, pregare ad una sola

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voce è garanzia di essere ascoltati. Gesù fa la consueta domanda sulla fede a chi gli si avvicina con la speranza di essere guarito. È la fede che compie il miracolo, che sposta le montagne, che scavalca le leggi della natura, che vince il cuore di Dio. La fede è la forza dell’uomo. Dio non ama agire da solo, ci chiede fiducia nella sua potenza salvatrice e con essa opera le sue meraviglie. La fede è un dono suo che ritorna a Lui con il sapore della nostra libertà. E i loro occhi si aprirono sulla real-tà, sui volti dei loro cari e soprattutto su Colui che era intervenuto nella loro vita, portandoli dal buio alla luce e lo riconobbero come Salvatore. Vedere in senso spiri-tuale significa riconoscere quello che Dio opera in noi e nella storia, guardare il mondo con gli occhi di Dio.È la luce del Vangelo che ci fa vedere le cose dal pun-to di vista di Dio: il mondo un campo da seminare e da mietere, l’uomo un fratello da amare, la vita l’oc-casione unica per diventare quello che siamo, figli di un Padre buono e misericordioso. L’Avvento ci invita a riconoscere le nostre cecità, a prenderci per mano e andare incontro al Sole che sorge con la nostra ac-corata preghiera: Figlio di Davide, abbi pietà di noi. E nella sua Luce, vedremo la luce!

È urgente recuperare il carattere di luce proprio del-la fede, perché quando la sua fiamma si spegne, anche tutte le altre luci finiscono per perdere il loro vigore. La fede che riceviamo da Dio come dono soprannatu-rale, appare come luce per la strada, luce che orienta il nostro cammino nel tempo. (Dalla Lumen Fidei) Quando ho bisogno di luce interiore, dove la vado a cercare?

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…è PregataVieni Tu nella mia povera anima che ti brama, per-ché sei diventato per me un giorno senza sera e un sole senza tramonto. La luce è tornata a splendere per me. Ancora un volta schiude il cielo, ancora una volta schiaccia la notte. Ed io sto dov’è la Luce sola e sempli-ce e nel contemplarla rinasco in innocenza.

Simeone, il nuovo teologo

…mi imPegnaA riversare oggi intorno a me uno sguardo di luce, perché colui che viene guardato da me, si senta guar-dato da Gesù, nella verità e nella compassione. Ad es-sere la piccola lampada che indica Gesù nel Taberna-colo: sempre accesa davanti a Lui e agli uomini.

Sabato, 6 dicembre 2014San Nicola di Mira, vescovo

Liturgia della ParolaIs 30,19-21.23-26; Sal 146; Mt 9,35-38 - 10,1.6-8

La ParoLa Di Dio

…è asCoLtata

In quel tempo, Gesù percorreva tutte le città e i villaggi in-segnando nelle sinagoghe, predicando il vangelo del Re-gno e curando ogni malattia e infermità. Vedendo le folle ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore. Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi! Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe!». Chiamati a sé i dodici discepoli, diede loro il potere di scac-

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ciare gli spiriti immondi e di guarire ogni sorta di malattie e d’infermità. E li mandò con questa ingiunzione: «Rivolgete-vi alle pecore perdute della casa d’Israele. E strada facen-do, predicate che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infer-mi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demoni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date».

…è meDitataGesù percorreva villaggi e città…camminava…cerca-va la gente nei luoghi della sua quotidianità. Il suo sguardo sempre attento si posava su tutti e su ciascu-no. Oggi si posa sulla folla e ne coglie la stanchezza, la sfinitezza. L’amore è all’opera, è sempre all’opera. Coglie la causa del disagio, non più nella mancanza di cibo ma nella mancanza di luce, di guida: sono come pecore senza pastore. L’umanità di oggi, come quella di tutti i tempi, ha bisogno di veri pastori e di laborio-si operai per raccogliere la messe, che lo Spirito Santo fa maturare. Gesù non vede il mondo in senso nega-tivo, come un deserto o un luogo di sterpaglie, ma come un campo lussureggiante di messe già matura, che vuole essere raccolta. Gli operai sono i ministri ordinati, prolungamento del suo sacerdozio divino e siamo noi battezzati, chiamati a lavorare nella vigna ognuno col suo ruolo e a tutte le ore della vita. Siamo operai reclutati dalla Chiesa con un vero contratto di lavoro, il nostro Battesimo, operai per mandato batte-simale. Due miliardi di operai, nel cantiere di questo mondo: abbiamo l’idea di cosa potrebbero fare? Gesù raccomanda la preghiera del “Rogate” che è un invito a condividere la sua passione profonda per la salvez-za dell’uomo e nello stesso tempo a ricordarci che il Padrone del campo è solo Dio, il quale dispone dei tempi e della fecondità della nostra missione. Egli affi-da ai dodici il ministero della predicazione del Regno

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di Dio e insieme il ministero della guarigione di malat-tie e infermità, perché va salvato l’uomo tutto intero. Gesù guarda il corpo con la stessa compassione con cui guarda l’anima. Il gesto della missione è duplice: insegnare e guarire. Questa missione che impegna tut-ta la vita non ha altra ricompensa che la gloria di Dio e la salvezza dei fratelli, non ha altra gioia, altra sod-disfazione che quella di servire il Signore nell’edifica-zione del suo Regno. Niente arricchimenti, gratifica-zioni e successi personali, sarebbero una ben misera ricompensa. L’operaio del Vangelo lavora per Dio per Dio solo e come ricompensa vuole Dio e niente altro.

Dall’alto di una grande scalinata di metrò, il missionario in abito e giacca vede nell’ora in cui c’è più folla, una di-stesa di teste, centinaia di teste, centinaia di anime. Noi lì in alto. E più in alto, dappertutto Dio. Dio dappertutto e quante anime non lo sanno! (Madeleine Delbrêl) Come possiamo fare sonni tranquilli?

…è PregataSi apra, Gesù, il tuo cuore e vengano alla Chiesa i buo-ni e santi operai. Traili dell’intimo del tuo cuore, Tu che sei onnipotente a suscitare i figli ad Abramo pure dalle pietre; traili dal tuo cuore, che è fornace ardente di ca-rità. Signore ascolta, guarda e agisci senza indugio, per amore di te stesso, mostra la tua faccia sul tuo santua-rio, che è diventato deserto. Sant’Annibale Maria Di Francia

…mi imPegnaA ripetere spesso l’invocazione: Signore, manda tanti e santi operai alla tua Chiesa e manda me, come l’ul-timo dei tuoi servi, perché lavorare per te è una festa.

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II Domenica, 7 dicembre 2014Sant’Ambrogio, vescovo e dottore della Chiesa

Liturgia della ParolaIs 40,1-5.9-11; Sal 84; 2Pt 3,8-14; Mc 1,1-8

La ParoLa Di Dio

…è asCoLtata

Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio. Come sta scritto nel profeta Isaìa: Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via. Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizza-te i suoi sentieri, vi fu Giovanni, che battezzava nel deser-to e proclamava un battesimo di conversione per il per-dono dei peccati. Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con ac-qua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».

…è meDitataMarco inizia il suo Vangelo con la figura di un perso-naggio straordinario, maestro e modello della spiri-tualità dell’avvento: Giovanni Battista. Egli è il profeta che viene dal deserto, da una vita di estrema peniten-za. “Il deserto è il luogo della verità, del coraggio, del-la purificazione, della preparazione ad agire come toc-cati dal carbone ardente che l’angelo pose sulle lab-bra del Profeta” (Caterina De Hueck Doherty, mistica russa). Il deserto, più di un luogo geografico, è una dimensione fondamentale della vita cristiana e segue

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l’uomo là dove si trova e dove ne ha più bisogno. “Se l’uomo non può raggiungere il deserto, il deserto può raggiungere l’uomo. Ecco perché si dice fare deserto nella città. Fatti una piccola nicchia nella tua casa, nel tuo giardino, nella tua soffitta, leggi il Vangelo, chiudi gli occhi, parla e ascolta Dio, sotto la presa dell’amo-re” (Carlo Carretto).Il tema centrale di questo brano evangelico è la con-versione, il raddrizzare le vie in attesa del Signore che viene. Per i maestri di vita spirituale c’è una prima conversione che segna il passaggio da una vita di pec-cato e di incredulità alla vita della grazia e della fede. E c’è una seconda conversione, il passaggio da una vita retta, media, ad una vita piena, donata totalmente a Dio, traboccante del suo amore. Santa Teresa D’A-vila così descrive la sua seconda conversione: “Per 20 anni, ormai religiosa, io percorrevo i sentieri bassi della vita cristiana, senza badare troppo ai peccati ve-niali. Poi di colpo, a 40 anni d’età, la determinazione assoluta: io devo andare alla sorgente di Dio, o così o morire”. Il Vaticano II con la chiamata universale alla santità, ci spinge sulla strada della seconda con-versione, attraverso le piccole conversioni quotidiane. L’Avvento è il momento favorevole per cominciare o intensificare il lavoro impegnativo della conversione, che più che uno sforzo ascetico è un accogliere Dio dentro di noi, con la sua santità e la sua grazia. Non ci può essere vera conversione senza umiltà, che è veri-tà su noi stessi. Lo sapeva bene Giovanni Battista: Io non sono degno di sciogliere i legacci dei suoi sanda-li. Sciogliere i legacci dei sandali del padrone che en-trava in casa era compito esclusivo degli schiavi. Così dobbiamo sentirci noi davanti a Dio: schiavi e ancora meno degli schiavi, schiavi per nostro merito, figli per sua degnazione, per suo dono d’amore.

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Tu, Signore, mi facevi rientrare in me stesso, affinché vedessi quanto ero indegno, deforme, sordido, tutto macchiato e piagato. Tu pungevi la piaga viva del mio cuore, perché lasciasse tutto e si convertisse a te, si convertisse e fosse guarita. (Agostino d’Ippona) Cerco il frastuono per non sentire la voce del mio “grillo parlante?”

…è PregataSignore, donami il silenzio del cuore che mi apra all’ascolto della tua parola e della voce di ogni fratello che mi chiede amore. Signore, fai parlare in me il tuo silenzio. Amen.

…mi imPegnaA ritagliarmi un piccolo tempo di deserto per stare con Gesù e provare a raddrizzare con Lui qualche via storta della mia vita.

Lunedì, 8 dicembre 2014

IMMACOLATA CONCEZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIASolennità

Liturgia della ParolaGen 3,9-15.20; Sal 97; Ef 1,3-6.11-12; Lc 1,26-38

La ParoLa Di Dio

…è asCoLtata

Al sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, pro-messa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome

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Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chia-merai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Al-tissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo re-gno non avrà fine». Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

…è meDitataLa festa dell’Immacolata: una perla incastonata nel cuo-re dell’Avvento. Il Padre, il grande regista del mistero della redenzione, prepara un grembo puro e immaco-lato al Verbo incarnato e prepara una libertà umana immacolata, non inquinata dal male, che possa aderire in maniera sciolta e immediata alla sua volontà. Quel mattino, il più bello della storia del mondo, tutto era pronto, la libertà immacolata c’era ed era in preghie-ra. “La Fanciulla era come l’anima della creazione in attesa, come la terra nella divina estasi dell’alba che si abbandona all’irradiarsi della luce del sole che sta per sorgere.” (David Maria Turoldo). Il “momento X” scatta, il cielo si apre e l’Arcangelo Gabriele appare alla “Bel-

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la ragazza” (l’iscrizione in lingua armena trovata nella grotta) e la saluta: Kàire cioè “rallegrati, gioisci, Tu che sei già piena di grazia”. Questo saluto sgomenta Maria e la lascia turbata. Invece, all’annuncio della divina ma-ternità rimane in pace, perché al centro non c’è più lei, ma il progetto di Dio. Maria chiede il suo delicatissimo “in che modo?” non per curiosità, ma per capire come potersi intonare all’agire di Dio. Dopo le parole dell’An-gelo ci fu un momento di silenzio, di tremore, di libertà come mai si era visto sulla terra. Così San Bernardo lo commenta: “L’Angelo aspetta la tua risposta, Maria, stia-mo aspettando anche noi. Rispondi presto o Vergine. Ecco, Colui che è il desiderio di tutte le genti, sta fuori e bussa alla tua porta. Alzati, corri, apri.” Ed ecco il fiat di Maria ed ecco aprirsi i cieli e discendere il Figlio con lo Spirito Santo, inseparabile da Lui. L’Incarnazione è la Pentecoste di Maria: lo Spirito Santo scende sulla Vergi-ne e in Lei si stabilisce per sempre. Da questo momento Maria comincia la sua altissima missione: essere disce-pola e madre del Verbo. “Chi sei, o Immacolata? Da te stessa una creatura come tutte le altre, ma per opera di Dio la più perfetta fra le creature; la più perfetta somiglianza dell’Essere divino in una creatura puramente umana. Tu non sei soltanto figlia adottiva di Dio, ma vera madre di Dio. In eterno Egli ti chiamerà: “Madre mia”. Chi sei o divina? Concedimi di lo-darti, Vergine Santissima.” (San Massimiliano Maria Kolbe) L’Immacolata è l’apice delle perfezioni del creato, il vertice dell’amore della creazione che torna a Dio. Nel suo mistero possiamo intravedere quel mondo so-prannaturale e meraviglioso della grazia di Dio offerta all’uomo. “L’Immacolata Concezione è il trionfo della sola Grazia di Dio” (René Laurentin) In un mondo invecchiato e immerso nelle tenebre del male, Egli riprende la creazione alla sorgente e Maria di-

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venta la prima creatura di questa nuova umanità, reden-ta da Gesù. L’Immacolata è per noi, come ideale e mo-dello di vita, come bellezza di perfezione, da Lei pos-seduta in pieno fin dal concepimento, da noi raggiunta, passo passo, con una vita di fede e di conversione.

Quando isoliamo Maria, anche se ne facciamo un’iso-la meravigliosa, ci sbagliamo. Maria non è un’isola in mezzo al mare, appartiene al continente dell’umani-tà, ma come promontorio nella posizione più audace che penetra nelle profondità delle acque. (J. Loew) Sento che Maria, oltre che ammirata, va imitata?

…è PregataMadre di Gesù, io non vengo a pregare, vengo solo per guardarti e piangere di gioia. Perché tu sei bel-la, sei Immacolata, la donna finalmente restituita alla grazia, la creatura nella sua prima felicità, nel matti-no del suo originale splendore, ineffabilmente intatta. Perché tu esisti, Madre di Gesù, sii ringraziata.

Paul Claudel

…mi imPegnaA pensare, gioire di questa sublime realtà: L’Immaco-lata è mia madre e a tirarne le conseguenze: essere degno figlio di tale madre. “Puri e immacolati nell’a-more”. È l’amore che ci rende somiglianti alla “Tut-ta Bella”, somiglianti all’Amore Infinito. Oggi compirò gesti d’amore, sicuro che ognuno di essi “copre una moltitudine di peccati”.

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Martedì, 9 dicembre 2014San Juan Diego Cuahtlatoatzin, laico

Liturgia della ParolaIs 40,1-11; Sal 95; Mt 18,12-14

La ParoLa Di Dio

…è asCoLtata

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Che cosa vi pare? Se un uomo ha cento pecore e una di loro si smar-risce, non lascerà le novantanove sui monti e andrà a cer-care quella che si è smarrita? In verità io vi dico: se riesce a trovarla, si rallegrerà per quella più che per le novanta-nove che non si erano smarrite. Così è volontà del Padre vostro che è nei cieli, che neanche uno di questi piccoli si perda».

…è meDitataUna delle immagini più dolci e profonde del Dio bi-blico è quella del Buon Pastore, che riesce a dare un volto all’amore di Dio per il suo popolo. Nel brano evangelico di oggi Gesù si presenta come il pastore buono del suo popolo e ci consegna il segreto dell’In-carnazione: la misericordia del Padre verso i piccoli, gli ultimi, i perduti. Gesù non è un buon pastore, ma il Buon Pastore, il vero, unico, perfetto pastore del nuovo popolo di Dio. Egli non solo ha la proprietà del gregge, ma sacrifica la propria vita per la sua salvezza, morendo per le pecore. Scopo della sua venuta è di cercare e salvare quello che si era perduto, di amare gli uomini non di un amore qualunque, ma con lo stesso amore infinito con il quale Egli è amato dal Padre. La pecorella che lascia l’ovile, attirata dalla curiosità, dal desiderio di libertà e di sapori nuovi e quando scende la notte si trova sola, in balia del buio e di tanti pe-ricoli, ricalca la nostra condizione. Ognuno di noi ha

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provato questo smarrimento quando ha lasciato l’ovile della Chiesa per inseguire sogni di libertà e di realizza-zione di sé. Ha trovato idoli che l’hanno reso schiavo, illusioni di felicità e tanto amaro in bocca. In quel mo-mento ci siamo sentiti cercati, afferrati, presi in braccio e riportati a casa da Qualcuno che non vedevamo, ma c’era. È stato un amico, un libro, una voce interiore, siamo entrati in una Chiesa… qualcosa è accaduto e siamo ritornati. Oggi è la Chiesa tutta, ogni comunità cristiana, ogni parrocchia, ogni movimento che pren-de il volto del Buon Pastore, del Padre misericordioso e si mette accanto a chi ha il cuore affranto dal dolo-re e dal peccato. È lo Spirito Santo che ci mette sulla strada, che da consolati ci trasforma in consolatori, da cercati in cercatori di ogni fratello smarrito. È tempo di misericordia, oggi più che mai è tempo di miseri-cordia: ce lo chiede l’umanità smarrita sulle strade del male e del nulla, ce lo chiede il Padre: che nessuno di questi piccoli vada perduto, ce lo chiede la Chiesa, da sempre luogo di accoglienza e di perdono.

Cristo, divenendo per gli uomini modello dell’amore misericordioso verso gli altri, proclama con i fatti più che con le parole quell’appello alla misericordia che è il midollo dell’ethos evangelico. (Dives in misericordia) Con i fatti, non solo con le emozioni e i desideri.

…è PregataVieni Signore Gesù, cerca il tuo servo, cerca la tua pe-corella spossata. Lascia le 99 sui monti e vieni a cerca-re quell’una che è andata errando. Vieni senza i cani, vieni senza bastone, vieni da me, cercami, trovami, sollevami, portami. Tu puoi trovare quello che cerchi.

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Tu sei l’unico che possa far tornare indietro una pe-cora vagabonda senza far rattristare quelle che hai lasciato. Vieni ad operare la salvezza sulla terra, la gioia in cielo. Sant’Ambrogio da Milano

…mi imPegnaAd avere la certezza di fede di essere continuamente cercato, afferrato, riabbracciato da Gesù, in qualunque abisso di male io possa cadere e continuamente porta-to sulle spalle della Chiesa, il Buon Pastore dell’uma-nità di tutti i tempi.

Mercoledì, 10 dicembre 2014Beata Vergine Maria di Loreto

Liturgia della ParolaIs 40,25-31; Sal 102; Mt 11,28-30

La ParoLa Di Dio

…è asCoLtata

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prende-te il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

…è meDitataIl Vangelo di oggi è un invito alla sequela di un Mae-stro dal cuore mite e umile, pronto a consolarci nelle fatiche e nelle tribolazioni quotidiane. Egli viene nel-la nostra vita per condividere la nostra debolezza, la nostra pena, le nostre umiliazioni e trasformarle in oc-casione di rinascita e di conversione. Egli ci fa capire

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che credere nel suo stile di mitezza e umiltà di cuo-re, sia la sola via per introdurci nei segreti di Dio, da piccoli del Vangelo e che per apprendere questo stile occorre iniziare un cammino di sequela. Gesù non ci promette la liberazione dalla stanchezza, dal dolore, dal peso della vita, ma ci dà la forza di portarli con amore e per amore tutto diventa leggero. Egli non esime il discepolo dall’osservanza piena della legge che, che chiama “giogo”, ma questo peso sarà dolce, perché sarà un’esperienza di libertà, vissuta insieme a Lui. L’invito di Gesù ci conduce a scoprire il grande amore di Dio per noi, il nostro essere figli attraverso il suo umanissimo cuore. Questo ci preserva da un certo sospetto sull’amore di Dio, a volte considerato nemico della nostra libertà, geloso della nostra felicità, giudice severo delle nostre fragilità. Dio invece ci chiama e ci aspetta così come siamo, con tutto ciò che ci affatica e ci opprime: povertà, fallimenti, solitudini, scoraggia-menti e ci aspetta nella sincerità con noi stessi e non nell’ipocrisia e nella finzione. Egli non si stanca di in-vitarci, di attirarci nelle sue braccia, dove fare espe-rienza della sua mitezza, pazienza, dolcezza, umiltà e scoprire le viscere della sua misericordia. Egli ci of-fre carezze, consolazioni, riposo, che rendono leggera ogni croce portata per Lui e con Lui.E non si vergogna a dirlo, non teme di perdere la sua dignità nel rivelarlo, si mostra a noi in tutta la debo-lezza dell’amore. Venite a me è un invito a superare la diffidenza, il timore, l’avarizia dei sentimenti che lo rattristano più del peccato. Gesù è tutto tenerez-za, dolcezza, misericordia e noi viviamo da orfani, da derelitti e poveri di affetti, affamati di amore davanti ad una tavola imbandita: il suo Cuore. Il suo Cuore: abisso di ogni consolazione, modello di tutte le per-fezioni.

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Gesù non può aspettare che gli infelici, schiacciati dal peso dei loro mali, vengano a Lui; dicendo: “Venite a me” è Lui che va verso di loro. E se qualcuno si tro-vasse così preso dallo sconforto da non riuscire nep-pure a muoversi, basterebbe un sospiro: desiderare Lui è già arrivare a Lui. (Søren Kierkegaard) Che idea ho di Dio? Di “un motore immobile” o di un Viandante, sempre sulla mia strada?

…è PregataSignore, credo che Tu mi ami, che mi ami così come sono. E poiché l’amore unifica, credo che presto sarò come Tu mi vuoi. Signore, vengo a Te, perché sono amato, esco da Te, verso gli altri, perché sono amante. Tutte le fedi posso perdere, mai la fede nel tuo amore per me.

…mi imPegnaA credere all’amore. Mi stabilirò nel Cuore di Gesù, sempre aperto per me, per farmi consolare e per di-ventare capace di consolare il dolore di tutti.

Giovedì, 11 dicembre 2014San Damaso I, Papa

Liturgia della ParolaIs 41,13-20; Sal 144; Mt 11,11-15

La ParoLa Di Dio

…è asCoLtata

In quel tempo, Gesù disse alla folla: «In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni

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il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui. Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli subisce violenza e i violenti se ne impadronisco-no. Tutti i Profeti e la Legge infatti hanno profetato fino a Giovanni. E, se volete comprendere, è lui quell’Elia che deve venire. Chi ha orecchi, ascolti!».

…è meDitataCi viene ripresentata oggi la figura di Giovanni Battista, attraverso le parole di apprezzamento e di stima che su di lui pronuncia Gesù. Questo grande profeta, a dif-ferenza degli antichi profeti che annunciavano i tempi futuri del Messia, ha la missione nuova e delicata, di in-dicare la presenza del Messia già in mezzo al suo popo-lo. Ed ha una connotazione profetica: nella sua morte si intravede, altrettanto violenta, quella di Cristo. La sua grande statura morale, l’altissimo compito di Precurso-re, la fermezza della sua fede, gli meritano il riconosci-mento di Gesù come il più grande fra i nati da donna. Questo elogio innalza Giovanni Battista al di sopra dei suoi contemporanei e di tutta la grande schiera degli uomini di Dio del passato. Ma per quanto egli sia gran-de, è sempre piccolo se misurato col metro della nuova era già cominciata, il Regno di Dio, che sta irrompen-do sulla terra. Chi appartiene a questo nuovo tempo, è ancora più grande di chiunque sia vissuto prima, com-preso il Battista. L’uomo in grazia, l’uomo redento, l’uo-mo risorto con Cristo, sta su un gradino più alto; la sua grandezza non deriva da una più alta statura ascetica e morale, ma dall’incomparabile dignità di essere figlio di Dio. L’uomo nuovo è tanto più grande, quanto è più piccolo, sale tanto più in alto, quanto scende maggior-mente nella sua piccolezza. “La nuova storia è fatta dai piccoli. La storia dei grandi fa da cornice alla storia dei piccoli.” (Benedetto XVI).

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All’avanzare del Regno vengono contrapposti duri ostacoli, che cercano di arginarlo e fermarlo anche con la violenza. Ciò avveniva ai tempi di Gesù, con le persecuzioni romane e continua anche oggi, con la violenza aperta delle ideologie e con una violen-za subdola, che cerca di mondanizzare la Chiesa, ti-randola dalla propria parte, di annacquare l’annun-cio evangelico, con la scusa di modernizzarlo. È un vero attacco al cristianesimo di cui ci rendiamo conto quando ci arriva la notizia di vittime innocenti, i nuovi martiri della fede, falciati da estremismi e fanatismi. A questo si aggiunge la piaga dell’incredulità, dell’indif-ferenza religiosa, dell’immoralità che allontana interi popoli dalla fede. La tentazione allo scoraggiamento c’è, ma c’è anche la voce di Gesù che dice: Venite a me e la voce di papa Francesco: “Non lasciatevi ruba-re la speranza”.

Cercavo una stradina dritta dritta, corta corta, una stradina nuova, un ascensore per innalzarmi fino a Gesù. Ho cercato nei libri santi e ho letto: “Se qual-cuno è molto piccolo venga a me”. Perciò non ho bisogno di crescere, occorre al contrario che resti piccola e che lo diventi sempre di più. (Teresa di Lisieux) So che la piccolezza non è un optional, ma condizio-ne indispensabile per i figli di Dio? Sento che la pic-colezza è beatitudine?

…è PregataVestito con la veste battesimale, tessuta di fede, speran-za e carità, unto con l’olio dei re e dei profeti, avvolto nel tuo manto di giustizia, vengo a Te, Signore. Guar-

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dami, sono tuo figlio. Non importa se sono il più pic-colo degli uomini: sono tuo figlio. Il tuo unigenito mi ha voluto fratello e mi ha dato il suo volto per esserti gradito. Padre, sono tuo figlio!

…mi imPegnaA farmi piccolo per essere grande, grande nella dipen-denza filiale da Dio. È piccolo colui che è semplice, umi-le, fiducioso, sicuro di essere amato, felice di essere figlio.

Venerdì, 12 dicembre 2014Beata Vergine Maria di Guadalupe

Liturgia della ParolaIs 48,17-19; Sal 1; Mt 11,16-19

La ParoLa Di Dio

…è asCoLtata

In quel tempo, Gesù disse alle folle: «A chi posso parago-nare questa generazione? È simile a bambini che stanno seduti in piazza e, rivolti ai compagni, gridano: “Vi abbia-mo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non vi siete battuti il petto!”. È venuto Gio-vanni, che non mangia e non beve, e dicono: “È indemo-niato”. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono: “Ecco, è un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori”. Ma la sapienza è stata ricono-sciuta giusta per le opere che essa compie».

…è meDitataLa parola di Gesù nel Vangelo è misericordiosa nell’ac-cogliere il peccatore, ma severa nel condannare aper-tamente il male, la menzogna, l’ipocrisia dei compor-

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tamenti. Ne fecero l’esperienza le caste sacerdotali del suo tempo, i maestri della legge, scribi e farisei, spes-so percossi dalla sua parola di verità. In questo brano evangelico è tutta la sua generazione sotto il giudizio severo del Maestro. Una generazione che giudica Gio-vanni Battista indemoniato per la penitenza della sua vita e Gesù mondano e permissivo perché amico di pubblicani e peccatori. Gesù paragona i suoi contem-poranei a un gruppo di ragazzi, sordi al doppio invito dei loro compagni. Essi vengono invitati a giocare ad una festa nuziale e si rifiutano di ballare, sono invitati ad un gioco funebre e non vogliono piangere. Così è stata quella generazione: immobile nel cuore e nella mente, cieca davanti alla realtà di Dio che si dispie-gava davanti ai suoi occhi, sorda alla sua parola, sem-pre invitante. Anche oggi la Chiesa ci invita con i suoi flauti e i suoi lamenti e noi rispondiamo: non mi pia-ce. Ci ha invitato con la voce possente del Concilio e continua a farlo con il suo Magistero, ma noi restiamo indifferenti, apatici, insoddisfatti di tutto, pronti a giu-dicare quelli che si danno da fare, guardandoli dalla finestra, al riparo da ogni rischio. Per noi costruiamo comode nicchie di abitudini, di tradizioni religiose, di percorsi tranquilli, senza sorprese e novità. Così ci ve-dono i nostri giovani e scappano dalla vita di fede.La scuola dell’Avvento ci spinge a saper riconoscere l’ora di Dio che viene secondo la sua sapienza, a sin-tonizzarci con essa e partecipare, anima e corpo, non ad un gioco di bambini, ma al gioco della vita e della nostra salvezza.

La più grande minaccia per la Chiesa: il grigio pragma-tismo della vita quotidiana, nel quale apparentemen-

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te tutto procede nella normalità, mentre in realtà la fede si va logorando e degenerando nella meschinità. Bisogna invece scoprire la mistica del vivere insieme, di mescolarci, di incontrarci, di prenderci in braccio, di partecipare a questa marea un po’ caotica, che può trasformarsi in una carovana solidale, in un santo pel-legrinaggio. (Evangelii gaudium) Che tipo di cristiano sono io?

…è PregataSignore Gesù, donaci sapienza e discernimento per riconoscere nella nostra esistenza e nella storia del mondo i segni dei tempi e aprirci con serena fortezza alle sorprese di Dio. Donaci la fedeltà all’umile pre-sente in cui ci hai posto per redimere con Te e in Te il nostro oggi e farne l’oggi dell’eterno. Bruno Forte

…mi imPegnaAd essere presente nella vita della Chiesa, cosciente dell’unicità e del valore di questa presenza.

Sabato, 13 dicembre 2014Santa Lucia, vergine e martire

Liturgia della ParolaSir 48,1-4.9-11; Sal 79; Mt 17,10-13

La ParoLa Di Dio

…è asCoLtata

Nel discendere dal monte, i discepoli domandarono a Gesù: «Perché gli scribi dicono che prima deve venire Elia?». Ed egli rispose: «Sì, verrà Elia e ristabilirà ogni cosa. Ma io vi dico: Elia

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è già venuto e non l’hanno riconosciuto; anzi, l’hanno trattato come hanno voluto. Così anche il Figlio dell’uomo dovrà soffrire per opera loro». Allora i discepoli compresero che egli parlava di Giovanni il Battista.

…è meDitataRitorna la figura del Battista, il cui nome non era Elia, ma le cui opere erano quelle di Elia, cioè essere il profeta dell’ultima ora e preparare il popolo alla venu-ta del Messia. Entrambi i profeti proclamano il diritto di Dio sull’uomo con una parola di fuoco irresistibile che si leva come giudizio severo contro il peccato e ogni infedeltà all’alleanza. Simile al fuoco, la sua pa-rola bruciava come fiaccola (Sir 48,1). Ma la voce di Elia non fu accolta dai suoi contemporanei così come avvenne ai tempi di Gesù quando i farisei usavano le Scritture contro di Lui: Non deve venire prima Elia? I loro occhi sono chiusi alla verità di Dio perché chiu-so è il loro cuore e si rifiutano di vedere nel messag-gio di conversione del Battista, lo stesso messaggio di Elia: “rimettere in ordine ogni cosa, appianare le vie, colmare le valli, abbassare le montagne”. La storia si ripeterà per Gesù che dovrà patire a causa della stessa generazione, che si ribella alle vie di Dio per seguire le proprie. Come mi pongo davanti alla parola di Dio?Sono un ostacolo al suo cammino, con la presunzione di piegarla alla mia visione della vita, alla mia interpre-tazione degli avvenimenti, ai miei schemi e precon-cetti? O sono uno strumento docile, che fa risuonare le continue creazioni che dalla Parola si sprigionano?“Chiunque voglia portare agli altri la Parola di Dio, prima deve essere disposto a lasciarsi commuovere da essa, ad accettare di essere feriti per primi da quella Parola che ferirà gli altri, a farla diventare carne nella sua esistenza concreta” (Evangelii Gaudium).

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La Parola definitiva di Dio è Cristo: la Chiesa, metten-do nelle nostre mani la Divina Scrittura, ci ha conse-gnato Cristo; abilitandoci a prendere la parola ci chie-de di “consumare misteriosamente la Parola spezzata” (Origene) e di “consumare l’Agnello pasquale” (San Gregorio Nazianzeno), ci chiede di farci possedere da Cristo, nella sua Parola accolta e vissuta e nella sua Persona, accolta e adorata.

Il cristiano è un prigioniero. Prigioniero di una vita: la vita di Cristo. Prigioniero di un pensiero: non è libero pensatore, ma la voce di un altro. È prigioniero di una libertà, che ha scelto in anticipo per lui. È prigioniero di un messaggio che non può modificare, di una sal-vezza che non può restringere. (Madeleine Delbrêl) Mi considero padrone o servo della Parola?

…è PregataSignore, prendo in consegna il fuoco,il tuo fuoco, quello che hai portato sulla terra.Quel fuoco che purifica, libera dalle scorie,brucia alle radici l’orgoglio e la vanità.Quel fuoco che attizza una passione divorante,incontenibile, incontrollabile.Quel fuoco che ci rende pericolosi,imprevedibili, contagiosi.Quel fuoco che dopo aver incendiato il messaggero,suscita scintille in ogni cuore in cerca d’amore e verità.

Alessandro Pronzato

…mi imPegnaA farmi convertire dalla Parola e lasciarla fluire, attra-verso di me, in purezza, senza filtri e riduzioni.

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III Domenica, 14 dicembre 2014San Giovanni della Croce, sacerdote

Liturgia della ParolaIs 61,1-2.10-11; Cant. Lc 1,46-50.53-54; 1Tt5,16-24; Gv 1,6-8.19-28

La ParoLa Di Dio…è asCoLtata

Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovan-ni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce.Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogar-lo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possia-mo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa». Quelli che erano stati invia-ti venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’ac-qua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

…è meDitataGiovanni Battista ci viene presentato oggi come mo-dello di testimonianza cristiana. A coloro che lo in-terrogano sulla sua identità egli risponde di essere testimone della luce, voce della Parola. Egli si pre-

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senta come colui che prepara e che scompare, che sa stare al suo posto, come una freccia puntata su Qualcuno più grande di lui, che sta in mezzo ai suoi senza che essi lo conoscano, come sapienza nasco-sta che può essere conosciuta se essa stessa si rivela. Così deve essere il cristiano. Egli non si preoccupa di sbalordire, di fare colpo con la sua cultura ed elo-quenza, si presenta “in debolezza” come Paolo e con parole che sanno trovare la strada dei cuori e delle coscienze. Egli offre la luce di Cristo con umiltà e de-licatezza: se fosse ingombrante, troppo pieno di sé, troppo brillante, diventerebbe opaco e lascerebbe al buio chiunque lo ascolta. Egli annuncia una parola che viene dal deserto, accolta nella solitudine, nella meditazione, nella preghiera, perché la parola di Dio nasce dal silenzio e si rivolge a persone capaci di si-lenzio. Una parola di verità, scomoda se occorre, che prepari la via diritta al Signore che viene, attraverso una conversione del nostro mondo alla sovranità di Dio, dalle abitudini mondane a quelle del suo Regno. Ogni tempo ha i suoi testimoni, ogni testimone è di-verso dall’altro: in questa diversità di tempi e di modi qual è il modo che lo Spirito Santo chiede a noi, cri-stiani del terzo millennio, di testimoniare la sua pre-senza nel mondo? La docilità al suo soffio attraverso l’ascolto della voce di Dio e della voce dell’uomo: la voce di Dio nella sua Parola: “Il Vangelo tenuto in mano dalla Chiesa” e la voce dell’uomo attraverso i suoi bisogni, le sue inquietudini, le sue povertà. Tut-ta la comunità credente è chiamata oggi ad essere te-stimone di Gesù, rendendo visibile il suo Volto nelle sue opere. Egli ha abbracciato nel suo amore tutti gli uomini e a tutti gli uomini deve arrivare la bella noti-zia di questo amore.

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I messaggeri domandarono a Giovanni chi fosse. Egli rispose: Non sono. Quale valore indicibile è racchiu-so in questo: non sono! Tutti gli uomini vogliono esse-re o sembrare qualcuno, essere al di sopra dell’altro. Da ciò provengono tutti i pianti e tutti i lamenti che ci sono. Per questo non troviamo pace. Quest’esse-re niente procurerebbe invece una pace intera, vera, essenziale, eterna e sarebbe la cosa più beata, più si-cura e più nobile che il mondo avrebbe. (Enrico Susone) Il mio “non essere” mi procura pace, beatitudine op-pure infelicità, insoddisfazione, invidie...?

…è PregataTu sei: santo, forte, grande, Tu sei il bene, tutto il bene, il sommo bene.Tu sei: amore, carità, sapienza, umiltà,pazienza, sicurezza.Tu sei pace, gioia, giustizia, temperanza,ogni nostra ricchezza.Tu sei bellezza, mitezza, fortezza, protezione, rifugio.Tu sei la nostra speranza, la nostra fede, la nostra ca-rità, la nostra dolcezza, la nostra vita eterna.

San Francesco d’Assisi

…mi imPegnaA dire oggi: “non sono” pensando a me e a dire: “Tu sei” pensando a ciò che Dio è per me. Nulla posso togliere al tutto di Dio, con il mio “non essere”: infinita gioia!

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Lunedì, 15 dicembre 2014San Valeriano di Avensano, vescovo

Liturgia della ParolaNm 24,2-7.15-17b; Sal 24; Mt 21,23-27

La ParoLa Di Dio

…è asCoLtata

In quel tempo, Gesù entrò nel tempio e, mentre inse-gnava, gli si avvicinarono i capi dei sacerdoti e gli anzia-ni del popolo e dissero: «Con quale autorità fai queste cose? E chi ti ha dato questa autorità?». Gesù rispose loro: «Anch’io vi farò una sola domanda. Se mi rispon-dete, anch’io vi dirò con quale autorità faccio questo. Il battesimo di Giovanni da dove veniva? Dal cielo o dagli uomini?». Essi discutevano fra loro dicendo: «Se dicia-mo: “Dal cielo”, ci risponderà: “Perché allora non gli ave-te creduto?”. Se diciamo: “Dagli uomini”, abbiamo paura della folla, perché tutti considerano Giovanni un profeta». Rispondendo a Gesù dissero: «Non lo sappiamo». Allora anch’egli disse loro: «Neanch’io vi dico con quale autorità faccio queste cose».

…è meDitataGesù viene interrogato dai sacerdoti e dagli anziani, da-gli studiosi della Legge, dai sapienti e dagli intelligenti. Costoro sono pieni di malizia, di superbia e di sicurezze umane. Sono l’opposto di un bambino, di un umile che sa di non sapere e si apre con fiducia a chi può salvar-lo. Per questo Dio resiste ai superbi e si rivela agli umili. Quei sacerdoti istruiti nella Legge di Dio non conosco-no il modo di procedere di Dio, i suoi gusti, i suoi pen-sieri, le sue vie. Conoscono la Legge e non conoscono Dio. Con quale autorità fai queste cose? Vogliono sape-re non per credere, ma per avere motivi validi per accu-

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sarlo. E Gesù risponde ponendo un’altra domanda, non come una finta tattica, ma come invito alla conversione: chiede loro di prendere posizione davanti alla predica-zione di Giovanni Battista che era stato un appello alla conversione. Il loro rifiuto a rispondere, manifesta un agire in termini di convenienza politica, dimenticando che il primo dovere dei capi è quello di convertirsi e di condurre il popolo sulla strada della verità. In questo caso Dio può fare scendere sull’incredulo il suo silen-zio e abbandonarlo alle sue decisioni. Così fa con la sua affermazione: Neanche io vi dico con quale autorità faccio queste cose. “Io temo Dio che passa”: sentiamo i brividi davanti alla possibilità che Dio passi, che ci nasconda il suo volto e la sua parola. Eppure il nostro atteggiamento a volte è simile a quello dei suoi avversari, con una indisponibi-lità interiore che preclude una decisione responsabile davanti a Lui. Così avviene quando non ci formiamo un giudizio di fede sulle vicende della vita, sugli avve-nimenti della storia e rimaniamo ancorati alla mentalità corrente, alle convenienze umane per conservare po-tere, progetti e ambizioni. La Chiesa oggi ci invita alla responsabilità, a deciderci per Dio, a prendere l’aratro e non voltarci indietro, perché ognuno di noi risponde a Dio di se stesso, del fratello, di quel pezzetto di Chiesa e di mondo da santificare, santificando se stessi.

Vuoi essere veramente convertito? Vuoi essere tra-sformato? Ascolta la voce interiore che ti mostra il cammino. Tu conosci questa voce interiore, ma spesso, dopo aver udito con chiarezza quello che ti chiede di fare, cominci a porre domande, a sollevare obiezioni, a cercare le opinioni di chiunque altro, diventando così

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prigioniero di innumerevoli e contraddittori pensieri. Soltanto ascoltando la voce interiore puoi essere con-vertito a nuova vita di libertà e di gioia. (Henri Nouwen) Essere bambini, da adulti contorti, non è facile. Voglia-mo provarci?

…è PregataSanta Maria, Madre di Dio,conservami un cuore di fanciullo,puro e limpido come una sorgente.Un cuore semplice e generoso, fedele e aperto,dolce e umile, grande e indomabile. Amen.

P. L. Grandmaison

…mi imPegnaAd andare incontro a Gesù con il cuore umile, fiducio-so, sottomesso di un bambino, senza chiedergli conto di nulla.

Ferie di Avvento

Martedì, 16 dicembre 2014Santa Adelaide, imperatrice

Liturgia della ParolaSof 3,1-2.9-13; Sal 33; Mt 21,28-32

La ParoLa Di Dio

…è asCoLtata

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli an-ziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare

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nella vigna”. Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le pro-stitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete credu-to; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».

…è meDitataLa scena evangelica ci presenta la risposta di due figli all’invito del padre che li manda a lavorare nella vigna: uno acconsente ma non va, l’altro rifiuta ma ci va. Sia-mo noi davanti al Signore che ci chiede di lavorare per il suo Regno: possiamo dire un sì pronto ed entusiasta e poi tirarci indietro, possiamo dire no e mentre lo dicia-mo muoviamo i passi sulla strada della vigna. Ritornan-do dai santuari mariani o da esperienze spirituali parti-colari siamo traboccanti di fede e zelo apostolico, pronti a raccontare, organizzare, a predicare pure nelle strade; ma poi il tran-tran della vita quotidiana ci riprende, le esigenze del nostro io prendono il sopravvento, l’entu-siasmo svanisce e ritorniamo ad una vita di fede stanca e appassita. Per scalare la montagna della santità occor-rono piccoli passi costanti, le volate intermittenti non conducono alla vetta e possono essere fatali. La perse-veranza è una virtù fondamentale nel nostro cammino verso Dio. Al contrario può capitarci di dire un no deci-so, magari brontolando e cercando scuse per indolenza, per poca fede, ma poi un’inquietudine, un desiderio di Dio ci spingono a fare qualcosa per Lui. Certamente è nel secondo caso che compiamo la volontà di Dio, ma quanta gloria, quanto compiacimento gli daremmo con

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un sì pronto e gioioso come quello di Maria! La breve parabola di Gesù è la denuncia di tanti credenti, raffigu-rati nel primo figlio, obbediente solo a parole. Il rischio non è solo la non osservanza, ma ridurre la propria fede a un’immagine di facciata, un insieme di abitudini e di riti, mentre il cuore ha dimenticato l’amorosa inquietu-dine della ricerca di Dio. L’insegnamento di Gesù conti-nua con la duplice risposta al suo invito di conversione da parte dei principi dei sacerdoti e da parte dei pecca-tori, rappresentati da pubblicani e prostitute. Giovanni si era presentato al popolo per prepararlo alla venuta del Messia: i capi l’avevano respinto, i pubblicani l’a-vevano ascoltato, molti di loro si erano fatti battezzare e gli chiedevano cosa dovessero fare. I pubblicani e le prostitute vi precederanno nel Regno dei cieli. È proprio vero, perché si convertono. Gesù non esalta i peccato-ri e non disprezza gli osservanti, ma annuncia il Regno della misericordia, la straordinaria vicinanza di Dio ver-so chiunque voglia cambiare vita e convertirsi a Lui. Dio ci offre tutto il suo amore di Padre, la sua pazienza infi-nita nell’aspettare la decisione della nostra libertà, come resistergli? La salvezza è tutta nelle nostre mani!

L’Avvento, tempo di attesa: l’uomo attende il ritorno del Signore, il Signore attende il ritorno dell’uomo. Sì, perché anche in cielo comincia l’Avvento, il tempo dell’attesa. Qui sulla terra è l’uomo che attende la venuta del Signore, nel cielo è il Signore che attende il ritorno dell’uomo. Ritorno che si realizza con una continua conversione in una vita di povertà, di giusti-zia, di limpidezza, di trasparenza e con una forte pas-sione di solidarietà. (don Tonino Bello) Sono sulla strada della vigna? Con quale passo?

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…è PregataTu ci chiami ad essere in ogni istante i tuoi inviati nel mondo. Tu in noi non cessi di essere inviato durante questo giorno che inizia, a tutta l’umanità del nostro tempo, di ogni tempo, di questa città, del mondo.Attraverso i fratelli più vicini, che ci farai servire, ama-re, salvare, le onde della tua carità giungeranno sino in capo al mondo e sino alla fine dei tempi.

Madeleine Delbrêl

…mi imPegnaA fare piccoli ma costanti passi sulla strada della vi-gna: una preghiera più intensa, una testimonianza più decisa, una solidarietà più calda.

Mercoledì, 17 dicembre 2014Santa Olimpia, diaconessa

Feria di AvventoLiturgia della ParolaGen 49,2.8-10; Sal 71; Mt 1,1-17

La ParoLa Di Dio

…è asCoLtata

Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abra-mo. Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, Giuda generò Fa-res e Zara da Tamar, Fares generò Esrom, Esrom generò Aram, Aram generò Aminadàb, Aminadàb generò Naas-sòn, Naassòn generò Salmon, Salmon generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, Iesse generò il re Davide. Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Uria, Salomone generò

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Roboamo, Roboamo generò Abia, Abia generò Asaf, Asaf generò Giòsafat, Giòsafat generò Ioram, Ioram generò Ozia, Ozia generò Ioatàm, Ioatàm generò Acaz, Acaz ge-nerò Ezechia, Ezechia generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosia, Giosia generò Ieconia e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia. Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconia generò Salatièl, Salatièl generò Zorobabele, Zorobabele generò Abiùd, Abiùd ge-nerò Eliachìm, Eliachìm generò Azor, Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliùd, Eliùd generò Eleazar, Eleazar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo. In tal modo, tutte le genera-zioni da Abramo a Davide sono quattordici, da Davide fino alla deportazione in Babilonia quattordici, dalla deporta-zione in Babilonia a Cristo quattordici.

…è meDitataMatteo inizia il suo Vangelo con la genealogia di Gesù, che narra le sue origini umane, le sue radici ben pianta-te nel popolo ebraico, attraverso una sintesi della storia della salvezza, divisa in tre grandi periodi: da Abramo a Davide, dall’epoca di Salomone all’esilio, fino a Gesù. Una pagina monotona a prima vista, un lungo elenco di nomi che in realtà sono il portale, splendente e rassi-curante, dell’entrata di Gesù nel mondo. Matteo colloca Gesù nella sua situazione umana, come personaggio della storia e nella vicenda ebraica, come legittimo di-scendente di Davide ed erede della promessa fatta ad Abramo. In Lui si compiono le antiche profezie, Egli è il Messia atteso, invocato, che non arriva a caso come una meteora apparsa improvvisamente, ma la cui venu-ta è stata preparata sapientemente, attraverso lo snodar-si di generazioni. Gesù nasce nella pienezza del tempo,

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con una storia già alle spalle, la storia d’Israele e con una storia da costruire, la sua Chiesa. Egli è il centro, nel quale confluiscono passato e futuro, è continuazio-ne e superamento, un vero spartiacque della storia del mondo, punto di arrivo di una lunga attesa e punto di partenza di una nuova era. La presenza di quattro don-ne straniere: Tamar, Racab, Rut e Betsabea ci dice che la salvezza è offerta a tutti gli uomini, giusti o pecca-tori che siano, che il Messia, venendo fra di noi, non ha esitato ad indossare la fragile veste umana, fatta an-che di tenebre, per rivestirla della sua luce immortale. Ognuno di noi fa parte di questa storia di salvezza, che partendo da Abramo, culmina in Gesù, il Sole che sor-ge e da Lui si irradia verso tutti i tempi e tutti i popoli. Sentiamo la responsabilità e la dignità di questa storia? Sentiamo il santo orgoglio di appartenere alla Chiesa, nuovo popolo di Dio?

Se vuoi che Cristo nasca in Te, riempiti della genera-zioni della Sapienza. Abbi in te Abramo, Isacco, Gia-cobbe. Abramo fu perfetto nella fede, Isacco fu il fi-glio della promessa, Giacobbe vide faccia a faccia il Si-gnore. Sii fervente nella fede, avrai Abramo, sii gioioso nella speranza, avrai Isacco, sii paziente nelle tribola-zioni, avrai Giacobbe. Così, se avremo tutti quei padri di cui parla oggi il Vangelo, avverrà quello che dice la Scrittura: “E siete colmati delle mie generazioni”.

Alfredo di Rievaulx

…è PregataSignore della vita, la tua vita è arrivata fino a me,nel cammino di generazioni e generazioni.

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La tua parola è arrivata fino a me,nella fede di miliardi di personeche l’hanno accolta e fatta fruttificare.Nella pienezza del mio tempo,sono nato alla vita e alla fede.Il passato si aspetta da me una degna continuazione, il futuro una forte testimonianza.In questa storia di salvezza, Signore, io ci sono per Te!

…mi imPegnaA intensificare, in questa novena di Natale, il desiderio di Dio con una fede che sa di antico e sa di nuovo: il nuovo sono io.

Giovedì, 18 dicembre 2014San Graziano di Tours, vescovo

Feria di AvventoLiturgia della ParolaGer 23,5-8; Sal 71; Mt 1,18-24

La ParoLa Di Dio

…è asCoLtata

Ecco come fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, es-sendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito San-to. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non vo-leva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segre-to. Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giu-seppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Ma-ria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chia-

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merai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi pec-cati». Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele, che significa Dio con noi. Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.

…è meDitataEd ecco un altro protagonista dell’Avvento, prescelto per un una missione unica sulla terra: essere lo sposo di Maria, il custode del Verbo incarnato. È Giuseppe, l’uomo giusto, l’uomo obbediente, depositario, insie-me a Maria, del Mistero dell’Incarnazione, l’ultimo Pa-triarca d’Israele, che poté stringere fra le braccia il Sal-vatore del mondo e chiamarlo “figlio mio”.“Il Signore ha riunito in lui, come in un sole, tutto quel-lo che i santi hanno in termini di luce e di splendore” (San Gregorio Nazianzeno). I doni di Dio sono sempre proporzionati alla missione alla quale Egli ci chiama. Incommensurabile è stato il tesoro che il Padre ha affi-dato a Giuseppe, il Figlio Unigenito, incommensurabile doveva essere la sua giustizia. Il racconto evangelico ci fa toccare con mano la sua eccelsa santità, la forza d’a-nimo, che lo porta a rinunziare a Maria, pur di evitare uno scandalo, l’estrema delicatezza di agire in silenzio e in segreto per proteggere la reputazione di Maria; la docilità alla parola del Signore con un cuore aperto al sacrificio, senza durezze e rigidità. Egli non ostacola il disegno di Dio, entra nel mistero anche senza com-prenderlo fino in fondo, con la purissima obbedienza della fede. L’uomo giusto è proprio l’uomo che vive di parola di Dio, con il desiderio di realizzarla, a qualsiasi costo, perché da questa realizzazione dipende la gloria di Dio e la propria felicità. Maria e Giuseppe sono com-

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pletamente aperti a Dio, senza trattenere per sé nep-pure un briciolo della propria volontà, sono i poveri di cui Dio è il re, per questo Egli li sceglie e li impiega nell’opera più grande che abbia compiuto: la nostra re-denzione. Tutti noi siamo inseriti nel disegno di salvez-za che Dio ha progettato per l’umanità del nostro tem-po, ognuno con il suo piccolo ma indispensabile ruolo. Non è stato un angelo a portarci l’annuncio e l’invito di Dio, è stato il sacerdote che ci ha battezzato a rivelarci il nostro essere figli nel Figlio e a spalancarci le porte della Chiesa. Essa ci affida ogni giorno i suoi tesori: la Parola di Dio e il suo Corpo eucaristico. In quest’ultimo scorcio di Avvento diciamo il nostro sì gioioso a tutto quello che Dio ci chiederà, attraverso le vie misteriose del suo amore.

San Giuseppe è il modello degli umili che il cristiane-simo solleva a grandi destini. San Giuseppe è la prova che per essere autentici seguaci di Gesù non occor-rono grandi cose, ma si richiedono solo virtù comuni, umane, semplici, ma vere e autentiche. (Paolo VI) E tanta docilità!

…è PregataPer essere un buon danzatore con Te,non occorre sapere dove la danza conduce.Basta seguire, essere leggero, non essere rigido.Bisogna essere un prolungamento vivo ed agile di Te.Fra le tue braccia la vita è danza.Non c’è monotonia e noia se non per la anime vecchie, tappezzeria nel ballo di gioia che è il tuo amore.Signore, vieni ad invitarci alla danza della tua grazia!

Madeleine Delbrêl

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…mi imPegnaA vivere la mia giornata con lo stile di San Giuseppe: povero di me stesso, ricco della presenza di Gesù e di Maria nella mia vita, docile ad ogni cenno della divina Volontà, da buon danzatore.

Venerdì, 19 dicembre 2014Sant’Urbano V, papa

Feria di AvventoLiturgia della Parola

Giud 13,2-7.24-25a; Sal 70; Lc 1,5-25

La ParoLa Di Dio

…è asCoLtata

Al tempo di Erode, re della Giudea, vi era un sacerdote di nome Zaccaria, della classe di Abia, che aveva in moglie una discendente di Aronne, di nome Elisabetta. Ambedue erano giusti davanti a Dio e osservavano irreprensibili tut-te le leggi e le prescrizioni del Signore. Essi non avevano figli, perché Elisabetta era sterile e tutti e due erano avanti negli anni. Avvenne che, mentre Zaccaria svolgeva le sue funzioni sacerdotali davanti al Signore durante il turno della sua classe, gli toccò in sorte, secondo l’usanza del servizio sacerdotale, di entrare nel tempio del Signore per fare l’of-ferta dell’incenso. Fuori, tutta l’assemblea del popolo stava pregando nell’ora dell’incenso. Apparve a lui un angelo del Signore, ritto alla destra dell’altare dell’incenso. Quando lo vide, Zaccaria si turbò e fu preso da timore. Ma l’angelo gli disse: «Non temere, Zaccaria, la tua preghiera è stata esau-dita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, e tu lo chiamerai

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Giovanni. Avrai gioia ed esultanza, e molti si rallegreranno della sua nascita, perché egli sarà grande davanti al Signo-re; non berrà vino né bevande inebrianti, sarà colmato di Spirito Santo fin dal seno di sua madre e ricondurrà molti fi-gli d’Israele al Signore loro Dio. Egli camminerà innanzi a lui con lo spirito e la potenza di Elia, per ricondurre i cuori dei padri verso i figli e i ribelli alla saggezza dei giusti e preparare al Signore un popolo ben disposto». Zaccaria disse all’an-gelo: «Come potrò mai conoscere questo? Io sono vecchio e mia moglie è avanti negli anni». L’angelo gli rispose: «Io sono Gabriele, che sto dinanzi a Dio e sono stato mandato a parlarti e a portarti questo lieto annuncio. Ed ecco, tu sarai muto e non potrai parlare fino al giorno in cui queste cose avverranno, perché non hai creduto alle mie parole, che si compiranno a loro tempo». Intanto il popolo stava in attesa di Zaccaria e si meravigliava per il suo indugiare nel tempio. Quando poi uscì e non poteva parlare loro, capirono che nel tempio aveva avuto una visione. Faceva loro dei cenni e re-stava muto. Compiuti i giorni del suo servizio, tornò a casa. Dopo quei giorni Elisabetta, sua moglie, concepì e si tenne nascosta per cinque mesi e diceva: «Ecco che cosa ha fatto per me il Signore, nei giorni in cui si è degnato di togliere la mia vergogna fra gli uomini».

…è meDitataGrande lavoro per gli angeli in questa pienezza del tempo dell’evento “Incarnazione” con le tre annuncia-zioni: a Maria, a Giuseppe, a Zaccaria. Maria la tutta rivolta a Dio, Giuseppe l’obbediente nella fede pura e incondizionata, Zaccaria a metà strada tra fede e incre-dulità. Egli e la moglie Elisabetta sono rigorosamente osservanti della Legge, sono i giusti che credono in Dio, ma la loro fede ha un punto debole, manca di speranza. Avevano aspettato un figlio che non era arri-

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vato ed ora non sperano più, perché umanamente sa-rebbe impossibile. È questa mancanza di speranza che indebolisce la fede e costituisce un ostacolo all’acco-glienza pronta e fiduciosa dell’opera di Dio. Ecco al-lora la prova che guarisce: Zaccaria resterà muto fino alla realizzazione del progetto di Dio. Alla nascita di Giovanni, Zaccaria riacquisterà la parola e soprattutto la fede piena in Dio. A Zaccaria è stato utile un tempo di mutismo, altrettanto utile sarebbe per noi un tempo di silenzio interiore, almeno in questa ultima settima-na d’avvento, per crescere nella speranza.“C’è un’apparente ingenuità nella speranza cristiana, ma non è che un’apparenza umana, in realtà la spe-ranza, che spera tutto, crea le condizioni favorevo-li del cambiamento del cuore e delle situazioni. Poi-ché dà piena fiducia a Dio, la speranza invincibile del cristiano dà fiducia ad ogni uomo e opera così la trasformazione delle circostanze e degli avvenimenti.” (Max Thurian). Il contributo che il cristiano può dare al mondo è la speranza, la sua nota caratteristica come virtù attiva, che fidandosi di Dio e del suo amore, si spende per realizzarlo dentro di sé e nel mondo. Il cri-stiano è l’uomo della speranza perché si fa condurre da Dio, vede con gli occhi di Dio anche nell’oscurità; è paziente, perseverante, coraggioso nelle difficoltà, è pronto a lasciare i suoi progetti per inserirsi con sciol-tezza e docilità nel progetto di Dio.

Delle mie tre virtù, le mie tre creature, la speranza è quella che mi stupisce, dice Dio. È una bambina da nulla. La piccola speranza avanza tra le due sorelle grandi, ma è lei, quella piccina che si tira le grandi. È una bambina irriducibile. Va controcorrente, quando

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le altre virtù scendono lei sale, corre più in fretta della strada, non risparmia i passi, non risparmia mai nulla. (Charles Peguy) Senza la speranza non si imbocca la via del cielo, si resta terra terra.

…è PregataDolce Madre della speranza, in cui è apparso il fu-turo del mondo e ci è stata anticipata e promessa la gloria del tempo avvenire, aiutaci ad essere pellegrini nella speranza, senza fermarci di fronte alle resisten-ze e alle fatiche, insegnandoci con fedeltà e passione a tirare nel presente degli uomini l’avvenire della pre-senza di Dio. Bruno Forte

…mi imPegnaDio ci ha fatto speranza: oggi sarò la bambina piccina che corre più della strada, incontro a Lui, la mia speranza.

Sabato, 20 dicembre 2014San Domenico di Silos, abate benedettino

Feria di AvventoLiturgia della Parola

Is 7,10-14; Sal 23; Lc 1,26-38

La ParoLa Di Dio

…è asCoLtata

Al sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promes-sa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giu-seppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste pa-

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role ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Ma-ria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria dis-se all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me se-condo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

…è meDitataIl Vangelo dell’Annunciazione: una luce per le nostre quotidiane annunciazioni. Ecco, sto alla porta e busso. Tutta la nostra vita cristiana è centrata su questo mi-stero: l’invito di Dio e la nostra risposta. “Colui che ti creò senza di te, non può salvarti senza di te” (Sant’A-gostino). “Tutto è possibile all’Onnipotente, salvo co-artare una libertà” (Jean Guitton). Maria risponde con libertà, coscienza, coraggio, metten-dosi al servizio di Dio, si affida alla sua parola, lascian-dola crescere dentro di sé, fino a riempirle la vita. Que-sto sì non sarà mai ritirato, contraddetto, anche quando costerà lacrime di sangue e punte di spada, anzi Maria si identificherà con il suo sì e può essere chiamata “il sì a Dio”. Non è il sì di un momento, pronunciato una volta sola, è l’espressione di una disponibilità assoluta, a cui Maria sarà sempre fedele, anche se ne compren-

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derà tutte le conseguenze solo ai piedi della croce. Il passaggio dall’Antica alla Nuova Alleanza è segnato da questo dialogo segreto tra Dio e Maria, in cui si gioca il destino dell’umanità. Ci vuole il consenso personale di Maria perché l’Incarnazione diventi una realtà.“Fino ad allora c’erano gli imperi, grandi movimenti d’insieme. Ora nel silenzio dell’annunciazione ci sono solo delle persone. Dio diventa il Dio delle persone, il Dio di ciascuno, senza rumore, il Dio che stabilisce il suo regno nell’intimità di ciascuno” (Boris Pasternak).“In Cristo la rivelazione riguarda ogni singola persona che diventa universale perché porta in sé questo tesoro deposto in ogni coscienza e che fa di ogni coscienza il centro dell’universo e della storia, non riducendosi a se stessa, essendo immensificata da questa presenza divi-na che opera in essa” (Maurice Zundel). Il sì personale e universale di Maria è stato fondamentale per l’attuarsi della redenzione, così come il nostro sì si riverbera sul-la salvezza di tutti. Questa è la nuova legge del Corpo Mistico: tutto circola, tutto diventa di tutti.

“Avvenga in me secondo la tua parola”. Il Verbo realizzi in me la tua parola, si faccia carne della mia carne, se-condo la tua Parola. Non una parola che passa veloce-mente appena proferita, ma una parola rivestita di carne e non di aria fuggente! Che non sia una parola scritta e muta, incisa su una pergamena morta, ma stampata sot-toforma umana nel mio casto ventre, tracciata non da una penna ma dallo Spirito Santo. Non voglio una paro-la che predichi e che declami, ma un Verbo che si doni silenziosamente al mondo intero. (Bernardo di Chiaravalle) Così è stato per Maria. Per me, cos’è la Parola di Dio?

…è PregataO Maria, terra fruttifera, Tu oggi sei fatta libro nel quale è descritta la regola nostra: Cristo. In Te oggi è scritta la sapienza del Padre. In Te è scritto il Verbo, dal quale noi abbiamo la dottrina della vita. Tu sei la tavola, che ci porge quella dottrina. Tu oggi ci hai dato la farina tua. Oggi la deità è impastata con l’umanità nostra così fortemente, che mai si può separare.

Santa Caterina da Siena

…mi imPegnaNel segno del sì di Maria, prenderò coscienza che la mia libertà e la mia felicità si compiono nel disegno di Dio. Gli dirò oggi questa sillaba, così facile a dirsi, così difficile a farsi, la dirò e la farò per me e per tutti.

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IV Domenica, 21 dicembre 2014San Pietro Canisio, sacerdote e dottore della Chiesa

Liturgia della Parola2Sam 7,1-5.8b-12.14a.16; Sal 88; Rm 16,25-27; Lc 1,26-38

La ParoLa Di Dio

…è asCoLtata

Al sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, pro-messa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chia-merai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Al-tissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo re-gno non avrà fine». Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

…è meDitataAncora la scena dell’Annunciazione, con le sue infini-te luci e provocazioni. Entriamo in essa con questa te-nera testimonianza dagli oracoli sibillini del II secolo,

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che così la riassume: “Venuto dal cielo Gabriele rivestì forma mortale e disse alla fanciulla: Accogli, o Vergi-ne, Dio nel tuo seno immacolato. Stette immobile Ma-ria, tremando, con l’animo come smarrito, a causa del-le misteriose parole udite. Poi il suo cuore si allietò, si confortò per quelle parole, sorrise come una bimba e arrossì sulle guance, allietata di gioia e pervasa nel cuo-re da un delicato pudore. E a lei tornò il coraggio e il Verbo volò nel suo grembo. Se l’eternità ha i suoi giorni di festa, quello fu il più bel giorno di festa dell’eternità.È un racconto di vocazione con i suoi tre passaggi: l’annuncio-invito, il turbamento dell’uomo, il consenso. Tutti gli avvenimenti nella storia della salvezza, han-no inizio con una chiamata e con una precisa risposta. “Dio è Libertà infinita che ci viene incontro per primo e che non solo rivolge la sua Parola, ma la fa abitare tra noi: la Parola che viene da Lui, diventa anche quella che a Lui ritorna: il sentiero tra Dio e noi è aperto nelle due direzioni.” (Hans Urs von Balthasar). Dio chiama, l’uomo risponde. Dio si converte all’uomo, perché l’uo-mo si converta a Dio. La Parola non finisce mai di pren-dere carne, di farsi storia, la nostra storia.Maria è maestra nel modo di accogliere la Parola, con lo stile della sua santità, fatta di fede, umiltà, preghiera, ascolto,servizio. “Prima di accogliere Gesù nel suo grem-bo, lo concepisce nel cuore”, con la sua fede: è la donna dell’impossibile, fermamente sicura che nulla è impossi-bile a Dio. Maria piacque a Dio per la sua verginità, ma ne divenne la madre per l’umiltà. In un vecchio libro di spiritualità c’è un bel dialogo tra la carità e l’umiltà in paradiso. La carità manda via tutte le virtù, perché non servono più, ma quando arriva davanti all’umiltà, le dice: “Non posso buttarti via, perché tu sei il manto d’oro del nulla”. Maria è tutta avvolta nel manto d’oro dell’umiltà, umile come suo Figlio. L’Angelo Gabriele la trovò in pre-

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ghiera e la lasciò immersa in Dio. Lo stupore che pro-viamo davanti ad un’adolescente così matura, così pa-drona di sé, si può spiegare solo in questo modo: Maria è la sua preghiera. “Maria è tutta ascolto, aperta giorno e notte alle divine confidenze, è la creazione in ascolto. La nostra è la religione dell’ascolto. La chiesa non può essere Chiesa senza l’ascolto” (David Maria Turoldo). La risposta di Maria: Sono la serva del Signore, ha fatto vi-brare i cieli. “Sono la serva, non regina, non principessa, non altezzosa signora, ma serva. Vita che ritorna ad esse-re servizio divino. La norma della nuova civiltà: servi dei poveri, degli ultimi. Allora è come se la creazione comin-ciasse daccapo.” (David Maria Turoldo).Dio ha bussato alla porta di Maria e continua a bus-sare alla porta del nostro cuore. Dopo l’Incarnazione Egli non ci manda un angelo, ma viene di persona a dirci che la salvezza è già avvenuta, che Egli è entrato nella carne del mondo, grazie al sì di Maria, consenso libero e universale, che dobbiamo fare nostro e con-fermare di volta in volta. La piena di grazia, la piena di gioia, faccia risuonare il suo sì dentro di noi e ci dica come sia possibile ancora concepire in noi il suo Ver-bo attraverso le sue stesse parole: Chi fa la volontà del Padre mio, costui è mio fratello, sorella, madre.

L’opera maggiore di tutte è dare vita a Dio. Ciò che è avvenuto per tramite di Maria, deve aver luogo per tramite di ognuno di noi. La Parola di Dio rendila pa-rola tua. La tua parola rendila sua Parola. Maria è, in quanto non ha da dire e da dare null’altro che Lui. (Klaus Hemmerle)La Parola di Dio attraversa il mio orecchio, il mio cuo-re, la mia vita? So cedere la parola alla Parola di Dio?

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…è PregataSanta Maria, donna accogliente,aiutaci ad accogliere la Parola nell’ intimo del cuore.A capire cioè, come hai saputo fare Tu, le irruzioni di Dio nella nostra vita.Egli non bussa alla porta per intimarci lo sfratto,ma per riempire di luce la nostra solitudine.Non entra in casa per metterci le manette, ma per re-stituirci il gusto della vera libertà. don Tonino Bello

…mi imPegnaA pregare l’Ave Maria, il saluto angelico, immerso nel mistero dell’Annunciazione, per contemplarlo e com-pierlo dentro di me. Insieme all’Angelo saluterò Maria con la stessa gioia di Dio, insieme ad Elisabetta la pro-clamerò beata, introducendomi così nel suo consenso a Dio; insieme alla Chiesa implorerò la sua intercessio-ne, perchè questo consenso diventi totale, definitivo, nell’ora della morte.

Lunedì, 22 dicembre 2014Santa Francesca Saverio Cabrini, religiosa e fondatrice

Feria di AvventoLiturgia della Parola

1Sam 1,24-28; Cant. 1Sam 2,1.4-8; Lc 1,46-55

La ParoLa Di Dio

…è asCoLtata

In quel tempo, Maria disse: «L’anima mia magnifica il Si-gnore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto

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per me l’Onnipotente e Santo è il suo nome; di genera-zione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha di-sperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote. Ha soccor-so Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua di-scendenza, per sempre».

…è meDitataIl Magnificat è il preludio di quella grande sinfonia che saranno le Beatitudini, il canto dei poveri, degli umili, messo sulle labbra della più umile, la più po-vera di se stessa, che è stata Maria. È il canto della li-bertà, della speranza, della giustizia e della misericor-dia. Il brano si divide in tre parti: la lode a Dio per le meraviglie compiute in Maria, la sua misericordia e la sua giustizia nell’esaltare e nell’abbattere, il suo modo di fare grandi cose servendosi di coloro che si fanno piccoli. È una sintesi dell’intera storia della salvezza, cominciata da Abramo fino a Maria, immagine della Chiesa di tutti i tempi. Solo chi è umile riesce a vedere la grandezza di Dio nella storia e nella propria vita ed esplodere di gioia davanti alla magnificenza della sua giustizia e della sua misericordia. Maria canta la gran-dezza di Dio, che si esprime nell’onnipotenza dell’a-more e si realizza nel dono dei doni: Gesù.Il Magnificat è da accogliere come stile di vita, come modello di preghiera, nei momenti di esultanza e nei momenti bui, quando la realtà sembra contraddirlo. È un canto che comincia sulla terra e finisce in cielo, come il Regno di Dio, qui appena intravisto e abboz-zato e in cielo pienamente realizzato: gli affamati sazi e gli umili esaltati lo sono qui nella speranza, lo saran-

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no pienamente in cielo, fra le braccia di Colui che è “grande nell’amore”.La nostra vita sia un canto di lode per le meraviglie che Dio compie in noi, suoi piccoli, suoi poveri e il nostro cuore trabocchi di gioia perché siamo figli di un Padre che costantemente ci raggiunge e ci ama in Gesù.Dai campi di cotone si levava al cielo il canto dei ne-gri, oppressi dalla schiavitù: dai campi della nostra vita, spesso irrorati di lacrime si levi al cielo il nostro Magnificat: il canto dei figli.

Cantiamo qui l’allelluia, mentre siamo ancora privi di sicurezza, per poterlo cantare lassù, ormai sicuri. Qui nell’ansia, lassù nella tranquillità. Qui nella speranza, lassù nella realtà. Qui da esuli e pellegrini, lassù nel-la patria. Cantiamo da viandanti. Canta ma cammina. Canta e cammina. (Agostino d’Ippona) La mia preghiera è un canto o un lamento?

…è PregataTi esalto, Signore mia forza, Signore mia roccia, mia fortezza, mio scampo,mio Dio, mia rupe di rifugio, mio scudo, potenza di mia salvezza, degno di ogni lode.È bello dar lode al Signore, inneggiare al tuo nome o altissimo,annunziando al mattino la tua misericordia e la tua fedeltà lungo la notte,sull’arpa a dieci corde e sulla lira, con melodia sono-ra, con la cetra.Quanto sono grandi le tue opere Signore,come sono profondi i tuoi pensieri! Dai Salmi 18 e 22

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…mi imPegnaA ritagliarmi, nella giornata, un breve tempo di silen-zio per scoprire e ricordare i benefici, i doni, le opere d’amore che Dio ha compiuto nella mia vita e ringra-ziare con le parole di Maria.

Martedì, 23 dicembre 2014San Giovanni da Keti, sacerdote

Feria di AvventoLiturgia della ParolaMl 3,1-4.23-24; Sal 24; Lc 1,57-66

La ParoLa Di Dio

…è asCoLtata

In quel tempo, per Elisabetta intanto si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande mise-ricordia, e si rallegravano con lei. Otto giorni dopo venne-ro per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccaria. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome». Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. All’istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedi-cendo Dio. Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Tutti coloro che le udivano, le custodi-vano in cuor loro, dicendo: «Che sarà mai questo bambi-no?». E davvero la mano del Signore era con lui.

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…è meDitataQuesta pagina evangelica ci descrive la nascita di Giovanni attraverso due momenti: la partecipazione dei parenti alla gioia di Elisabetta e la circoncisione del bambino con l’imposizione del nome. Giovan-ni, che vuol dire “Dio fa grazia”, è un nome ricco di promesse per il futuro, è segno della benevolen-za divina: Dio prepara il suo popolo alla venuta del Salvatore, fa grazia al suo popolo perché è Padre “con viscere di misericordia” anche se lo corregge con severità. La parola riacquistata da Zaccaria è se-gno dell’intervento prodigioso di Dio in questa nasci-ta: tutto sta ad indicare che i tempi sono maturi per la venuta del Messia. In ogni epoca della storia Dio ha mandato i suoi messaggeri a ricordare che Egli è il Pastore del suo popolo. Sono stati antenne e trasmettitori del suo pensiero, strumenti dello Spirito, segni di speranza per gli uomini del loro tempo. All’inizio dell’era cri-stiana, la profezia riappare nel dono dello Spirito, che rende profeti tutti i cristiani, uomini della Paro-la, capaci come il Battista di accogliere l’annuncio di speranza da parte di Dio e portarlo ai loro contem-poranei. L’impegno profetico non si esaurisce nella comunicazione del messaggio divino, ma si adopera per realizzarlo, anche a costo della vita. L’occhio del profeta penetra nelle pieghe più nascoste e proble-matiche della condizione umana, perché è illumina-to della luce stessa di Dio, riconosce la sua presenza nella storia e la indica agli altri, con la parola e con la vita. Sono queste le persone sulle quali riposa la Santa Chiesa e se non ci fossero, la cristianità non potrebbe sussistere un’ora.Siamo noi queste persone, inviati speciali dell’amore di Dio, costituiti nel Battesimo sacerdoti, re e profeti.

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Sacerdoti per offrire noi stessi, la realtà e l’umanità al Padre in Cristo, re perché rivestiti della veste regale della figliolanza divina, profeti perché eco della Paro-la, punti luce per il mondo.

Il popolo santo di Dio partecipa dell’ufficio profetico di Cristo col diffondere dovunque la viva testimo-nianza di Lui, soprattutto per mezzo di una vita di fede e di carità e con l’offrire a Dio un sacrificio di lode, cioè frutto di labbra acclamanti al nome di Lui. (Lumen Gentium)Oggi abbondano i profeti di sventura e scarseggiano quelli della gioia pasquale. Noi che profeti siamo?

…è PregataIncendia il mio cuore con la tua Parola,essa sia un fuoco così insopportabileda doverla riversare sul mondo intero.Sia un segreto così dolce, da volerla sussurrare a coloro che amo.Sia una melodia così coinvolgente,da volerla cantare, come punto fermo,nel coro stonato di questa umanità.Questa Parola sei Tu, Signore!

…mi imPegnaA fare esercizi di profezia per cogliere in me stesso, negli altri, negli accadimenti i segni della presenza di Dio e comunicarli con umiltà e carità.

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Mercoledì, 24 dicembre 2014Sante Irmina e Adele, badesse benedettine

Liturgia della Parola2Sam 7,1-5.8b-12.14a.16; Sal 88; Lc 1,67-79

La ParoLa Di Dio

…è asCoLtata

In quel tempo, Zaccaria, padre di Giovanni, fu colmato di Spirito Santo e profetò dicendo: «Benedetto il Signore, Dio d’Israele, perché ha visitato e redento il suo popolo, e ha suscitato per noi un Salvatore potente nella casa di Davide, suo servo, come aveva detto per bocca dei suoi santi pro-feti d’un tempo: salvezza dai nostri nemici, e dalle mani di quanti ci odiano. Così egli ha concesso misericordia ai no-stri padri e si è ricordato della sua santa alleanza, del giura-mento fatto ad Abramo, nostro padre, di concederci, liberati dalle mani dei nemici, di servirlo senza timore, in santità e giustizia al suo cospetto, per tutti i nostri giorni. E tu, bam-bino, sarai chiamato profeta dell’Altissimo perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade, per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza nella remissione dei suoi peccati. Grazie alla tenerezza e misericordia del nostro Dio, ci visiterà un sole che sorge dall’alto, per risplendere su quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra di morte, e diri-gere i nostri passi sulla via della pace».

…è meDitataLa vigilia di Natale ci presenta Zaccaria, muto per nove mesi che canta il suo Benedictus, come espres-sione della fede ritrovata nella sua pienezza.È il canto con il quale salutiamo il nuovo giorno, “un Vangelo nel Vangelo”, la bella notizia della salvezza: Dio viene a visitarci con la sua luce, viene a prendersi cura dei suoi piccoli e dei suoi poveri.

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“Il Signore ci ha visitato come un medico i malati, ci ha portato la luce della conoscenza e rimosse le tene-bre dell’errore, ci ha mostrato il sicuro cammino verso la patria celeste”. (Beda, il Venerabile).Il cantico si divide in due parti: la prima esalta le ope-re di Dio nella storia, la sua fedeltà all’antica alleanza; la seconda riguarda il Battista e la sua missione profe-tica, il suo essere banditore dell’evento della salvezza universale, che Gesù porterà a tutti gli uomini. Sarà una salvezza potente, il trionfo della misericordia di Dio, attraverso la croce di Gesù. Una salvezza che ci libera dai nostri nemici: il peccato e la morte, una sal-vezza di tenerezza.L’ultima parola è la pace, grande dono di Gesù, la sua stessa Persona.Il vertice del Benedictus è la frase: verrà a visitarci un Sole che sorge.Gesù sorge come un sole, già annunciato dalla dol-ce luce dell’aurora, che irrompe in un mondo avvolto dalle tenebre e segnato dalla morte. La sua luce illu-mina ogni creatura e fiorisce la vita. In Lui era la vita e la vita era la luce del mondo.Questo avvento ormai trascorso è stata la luce dell’au-rora, fra poche ore il Sole ci avvolgerà nel suo splen-dore, nel suo calore, nella sua vita. Il Sole-Gesù non sorgerà nella sua potenza, ma si nasconderà in un tenero Bambino, i suoi raggi saranno i suoi vagiti, i suoi sorrisi. Alla nostra fede il compito di riconoscerlo, adorarlo, accoglierlo.

Felice giorno, felice ora, felice tempo: Dio è dunque con noi. Fino ad ora Egli era sopra di noi, oggi è con noi, nella nostra natura e nella sua grazia, nella nostra

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povertà e nella sua ricchezza, nella nostra miseria e nella sua misericordia. Non potevamo ascendere in cielo per essere con Dio, è disceso Lui per essere con noi, l’Emmanuele. Felice chi ti apre il cuore. Il tuo avvento, Signore, porta al cuore puro il meriggio ce-leste. (Alfredo di Rievaulx) Mi faccio contagiare da questa felicità?

…è PregataPiega le tue ali, non stare più lontano, scendi dal cie-lo, nella tua piccola dimora. Si può camminare senza passi? Si può amare nell’eterno silenzio? Raccogli i tuoi piedi, il tuo cuore intorno alla povera umanità. Gli Angeli sono in viaggio e grandi stelle si incammi-nano verso questa terra. Muovete le vostre culle o ma-dri: ad ogni bambino apparirà la sua luce! Viene il Salvatore. Cantatelo nell’attesa dell’alba, cantatelo nel fosco orecchio del mondo! Cantatelo in ginocchio, raccolti in un velo di stupore, perché il Potente si è fatto doci-le, l’Infinito piccolo, il Forte sereno, l’Altissimo umile. È stato ospitato nella camera di una Vergine: il suo grembo sarà il suo trono e una ninna nanna sarà lode sufficiente. Gertrud von Le Fort

…mi imPegnaLa mia attesa di Dio è piccola come il mio amore, l’attesa di Dio per me è infinita, struggente. In questa santa notte non mi voglio fare aspettare.

“L’Incarnazione è l’unica storia interessante che sia mai accaduta” (Charles Peguy). È un Fatto vecchio di 2000 anni la cui portata cosmica e umana è incalcolabile. “Con l’In-carnazione è Dio stesso a volersi legare alla creazione, che ha in Cristo il suo principio di sussistenza.” (San Tomma-so d’Aquino). Come il sole che, da quando si è formato, continua ad essere un principio di vita per l’intero sistema solare, così Cristo, con la sua incarnazione, è una presen-za vitale e incessante, per l’uomo e per l’intera creazione. Nel silenzio di una notte d’inverno, il sommo Dio, l’Inac-cessibile, l’Incomprensibile, il Mistero si rende visibile, toc-cabile in forma umana, Uomo-Dio per sempre. E avviene il “mirabile scambio” tra Dio e l’uomo: Dio prende la nostra umanità e noi condividiamo la sua divinità. “Dopo l’Incar-nazione non esistono realtà profane, perché il Verbo si è degnato di assumere integralmente la natura umana e di consacrare la terra con la sua presenza” (J. M. Escrivà de Balaguer). Dopo l’Incarnazione nulla è come prima: la sal-vezza passa attraverso la carne, il volto di Dio fa da sfondo ad ogni volto umano, nessuno può dubitare dell’amore in-finito di Dio per l’uomo. “Tu ami ciascuno di noi, come se fosse il solo di cui ti curi.” (Sant’Agostino).

Ogni anno è la stessa prima nascita per noi: Egli è ve-nuto, viene e verrà. Noi siamo nel “viene”, perché l’Incar-nazione non è un evento chiuso, ma in continuo sviluppo, cammina dentro di noi. Il nostro cuore è il grembo nel quale Dio si fa carne e continua la sua avventura umana insieme a noi. L’Incarnazione è un fatto così strepitoso e coinvolgente che non bastano duemila anni a coprirlo di

polvere, è così attuale e decisivo che non può venire ac-cantonato e tirato fuori una volta l’anno. Bisogna recupe-rare la freschezza, lo stupore del primo natale. Un natale vecchio, rispolverato come le statuine dei nostri presepi; un natale sentimentale con le sue nenie, memoria dell’in-fanzia; un natale consumistico con le sue feste e i suoi doni è troppo poco per la potenza del suo significato. Noi me-ritiamo un natale sempre nuovo, puro come la sua origine, potente, incessante, inesauribile, impegnativo.

“La notte in cui Dio dona se stesso all’uomo, assumen-do il corpo umano per sempre, sicché esso, trasfigurato, ormai ci aspetta nel santissimo spazio della Trinità, è notte di auguri e di preghiera. Ogni dono, essendo realtà amoro-samente pensata per l’altro, costituisce un compito per chi lo riceve. Quanto più grande è il dono, tanto più grande è il compito.” (Stanislaw Grygiel). Gesù è il Dono dei doni, il compito sommo della nostra vita.

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Giovedì, 25 dicembre 2014Messa dell’aurora

Liturgia della ParolaIs 62,11-12; Sal 96; Tt 3,4-7; Lc 2,15-20

La ParoLa Di Dio…è asCoLtata

Avvenne che, appena gli angeli si furono allontanati da loro, verso il cielo, i pastori dicevano l’un l’altro: «Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere». Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose det-te loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.

…è meDitata“Natale, eri tu il mistero, la radiosa notte che racchiu-deva il giorno, che avrebbe rivestito di carne la luce e dato un nome al silenzio” (David Maria Turoldo). Na-tale, eri tu il Sole che sorge! L’aurora ha detto la veri-tà, non è stata un sogno, l’attesa non è stata vana, la speranza non è stata illusione. Il Sole sorge, lascia in cielo il suo splendore e porta sulla terra la sua tenerez-za. Non è un angelo ad annunciarlo, sono tanti, forse tutti, chi poteva restarsene in cielo? Gli Angeli portano sempre lieti annunci di salvezza; essi stanno davanti a Dio in atteggiamento di obbedienza, pronti a scattare ad ogni suo cenno. Veri maestri per noi: adoratori e missionari, messaggeri di una parola-realtà nella quale sono immersi. I pastori, gente umile, quindi aperta a Dio, entrano subito in sintonia con l’annuncio angeli-

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co e prendono la decisione giusta: andare alla grotta di Betlemme. La strada di Betlemme è la nostra per arrivare a Gesù. È la strada dei bambini che vanno ad incontrare il Bambino, la stessa strada che Lui ha scelto per venire a noi: il silenzio, la piccolezza, il na-scondimento, la povertà. È la strada della Volontà di Dio abbracciata, incarnata nell’umile fatica quotidiana. Questa strada porta diritto a Gesù. E i pastori lo trova-no là dove la sapienza del Padre l’ha posto: una man-giatoia in una stalla. Così è per noi. Dio lo incontria-mo in una piccola, silenziosa Ostia consacrata, in una parola semplice e scarna, nel volto dei poveri e degli ultimi. Cerchiamo Dio là dove si fa trovare, nella brac-cia di Maria, oggi le braccia della Chiesa. Maria custo-diva, meditava questi avvenimenti per potersi intonare ad essi nel suo vissuto; così fa la Chiesa: custodisce, medita la Parola per attuarla nei suoi membri. I pa-stori se ne tornarono glorificando Dio e raccontando. Ricerca, scoperta, annuncio: l’itinerario di fede di tutti noi. Nessuno di questi passi può essere saltato. Gloria a Dio e pace ai nostri cuori: siamo già nel suo Regno!

Cristo nasce: glorificatelo. Cristo scende dal cielo: anda-tegli incontro. Cristo è sulla terra: levatevi. Cristo è in-carnato: esultate. Compi un balzo di gioia, onora la pic-cola Betlemme che ti ha fatto risalire al paradiso; adora la mangiatoia, per mezzo della quale ti sei nutrito del Verbo; conosci come il bue Colui che è il tuo Padrone; conosci come l’asino la mangiatoia del tuo Signore. Glo-rificalo con i pastori, cantalo con gli Angeli. Sia comune la festa in terra e in cielo. (Gregorio Nazianzeno) Per me, Natale è tutto questo?

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…è PregataFa’, o Signore, che la dolcezza del tuo mistero natali-zio non sia la cosa di un giorno o di pochi momenti, ma pervada la nostra vita e in modo crescente ci sia in noi la tenerezza della nostra fede, come risposta alla tua tenerezza salvatrice. Come Maria io serbi nel cuo-re il mistero del tuo Natale. don Diego Zorzi

…mi imPegnaA trovare un piccolo ritaglio di tempo per stare davan-ti al presepe e cantare a Gesù Bambino la mia ninna nanna con le note del silenzio. “Mentre il silenzio av-volgeva la terra”, mentre il frastuono avvolge i nostri natali, io voglio adorare in silenzio.

Venerdì, 26 dicembre 2014Santo Stefano, primo martire

FestaOttava di Natale

Liturgia della ParolaAt 6,8-10; 7,54-60; Sal 30; Mt 10,17-22

La ParoLa Di Dio

…è asCoLtata

In quel tempo, Gesú disse ai suoi discepoli: «Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi fla-gelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani. Ma, quando vi consegneranno, non pre-occupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell’ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi.

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Il fratello farà morire il fratello e il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseve-rato fino alla fine sarà salvato».

…è meDitataSembra strana la festa di oggi, subito dopo il Natale e strana la pagina evangelica che parla di odio, anche all’interno della famiglia, di persecuzioni e di inter-rogatori. Un brusco risveglio dall’atmosfera natalizia: dietro la culla di Betlemme si intravede una croce. Questo vuole dirci Gesù con il suo discorso profetico sulle prove e le sofferenze che la Chiesa dovrà subire nel corso dei secoli. Egli non ci illude: c’è una festa e ci sono giorni feriali, c’è il fervore e c’è l’oscurità della fede, c’è la testimonianza di parola e la testimonian-za di sangue. La profezia di Gesù si avvera al tempo stesso della predicazione apostolica: Vi fu allora una grande persecuzione in Gerusalemme e Stefano è il primo di questi testimoni di parola e di sangue che sono i martiri. Egli aveva accolto il messaggio del Ma-estro e l’aveva testimoniato fino alla morte, perdonan-do e consegnando il suo spirito come il martire Gesù. Nel corso dei secoli, l’odio verso Cristo e i suoi segua-ci c’è sempre stato, nascosto sotto la cenere o esploso con crudele violenza, continuando a regalarci meravi-gliosi testimoni del Vangelo, con la palma del martirio. “Vinse in essi Colui che visse in essi” (Sant’Agostino).Martirio di sangue e martirio di vita. “Un cristiano - dice Clemente Alessandrino - è martire di giorno e di notte, nella parola, nella vita, ovunque”. Confessare Cristo equivale a morire per Cristo, a versare il sangue del cuore goccia a goccia nel corso della vita.La palma delle opere buone non è meno degna e me-ritevole della palma del martirio, perché il Signore dà

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nella pace la corona candida dei meriti, nella perse-cuzione quella di porpora del martirio. L’importante è essere pronti a cogliere l’una e l’altra palma. Ogni cri-stiano è chiamato a dare la vita per Cristo, con il san-gue del corpo, se è necessario, con il sangue del cuo-re, versato goccia a goccia nel corso della vita.Una croce c’è sempre, piccola o grande: senza croce non c’è Cristo, senza Cristo non c’è cristiano.

Umanamente parlando la morte è la fine di tutto e umanamente parlando c’è speranza finché c’è vita. Ma per il cristiano la sofferenza e la morte non sono la fine di tutto, sono soltanto piccoli avvenimenti com-presi nel tutto che è la vita eterna. (Sôren Kierkegaard)È così per me? Chiedo aiuto alla fede per vincere la paura della morte?

…è PregataSignore, ti chiedo il martirio della parola e per questo ti metto a disposizione le mie corde vocali, la mia lingua, la mia mente per meditarla, il mio cuore per conservarla. Ti chiedo il martirio della vita e per questo ti dono la mia volontà perché diventi un tutt’uno con la tua. Ti chiedo il martirio dell’amore perché non abbia altro desiderio che l’amore tuo, per il quale vivere e morire.

…mi imPegnaAd offrire al Padre le mie piccole croci quotidiane come martirio di vita cristiana, con la perfetta letizia dell’amore.

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Sabato, 27 dicembre 2014San Giovanni, apostolo ed evangelista

FestaOttava di Natale

Liturgia della Parola1Gv 1,1-4; Sal 96; Gv 20,2-8

La ParoLa Di Dio

…è asCoLtata

Nel giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala corse e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesú amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal se-polcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chi-nò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto an-che Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette.

…è meDitataLa Chiesa ci richiama oggi al mistero di Cristo da vi-vere nella sua totalità, dalla culla alla risurrezione. Possiamo cogliere due aspetti nella Parola di Dio che ci viene rivolta: la ricerca di Dio e il riconoscimento dei segni che ci portano alla fede. Maria di Magda-la è stata la testimone privilegiata della risurrezione, perché è rimasta sempre in attesa, con amore e fedel-tà, inconsciamente rivolta alla luce pasquale. È una vera discepola, modello di persona guarita dal male, riconciliata con se stessa e con Dio, che si mette alla sua sequela fino alla croce, fino a quell’ultimo gesto

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d’amore: ungere il suo corpo con oli aromatici. La de-lusione e lo smarrimento provati davanti alla tomba vuota ci dicono che la sua fede, come quella degli apostoli, era rimasta chiusa nel buio e nella tristezza, una fede senza speranza. Giovanni e Pietro corrono al sepolcro, Giovanni arriva per primo, forse perché l’amore gli mette le ali ai piedi, entrambi osservano i segni della resurrezione: la tomba vuota, il sudario ripiegato, i teli posati; entrambi avvertono la presen-za di Dio, così come l’avevano sperimentata sul Ta-bor, percepiscono quell’energia soprannaturale, che ha trasformato un corpo umano, quello di Gesù, in corpo trapassato dallo Spirito, ricreandolo per la vita eterna. E credono.Giovanni nella Chiesa primitiva è una figura importan-te per la sua posizione di discepolo amato e per aver penetrato, al di là delle apparenze umane, il mistero del Verbo, entrando nel segreto della comunione divi-na. È l’evangelista teologo. È la teologia che cerca Dio e lo trova nella fede con un’intuizione amorevole oltre che intellettuale, ma è Pietro ad entrare per primo nel sepolcro, per la sua funzione ecclesiale di pietra fon-damentale della Chiesa. Cercare Dio, senza stancarsi mai, riconoscere i segni della sua presenza nell’intimo dell’anima, nell’universo che ci circonda, nella storia che scorre insieme a noi: questo ci chiede il Vangelo di oggi. Con lo stesso sguardo d’amore di Giovanni.

La via che parte da Betlemme procede inarrestabile al Golgota, dal presepe alla croce. La luce di Betlem-me si spegnerà nell’oscurità del venerdì santo, ma si riaccenderà più viva a radiosa, come luce di grazia nel mattino di Pasqua. Ognuno di noi, tutta l’umanità

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perverrà con il Figlio dell’uomo, attraverso la soffe-renza e la morte alla medesima gloria. (Edith Stein)Siamo sicuri che la croce è un piccolo pedaggio da pagare, per una felicità senza fine? Piccolo e condivi-so con Gesù?

…è PregataBambino del presepe,non temere, non sei fatto per la morte.Solo per tre giorni ti avrà in suo potere,il tempo di strapparle il velenoe farne una porta per la vita.Tu sei l’uomo nuovo, della vita nuova.Nelle tue vene scorre sangue divino, nei tuoi polmoni entra l’anidride del mondo ed esce l’aria pura della tua grazia. Bambino del presepe donaci la tua vita che è vita eterna. Amen.

…mi imPegnaA vivere insieme il Natale e la Pasqua, come unico mistero di nascita e di rinascita: il Natale è il mio Bat-tesimo, la Pasqua è la Riconciliazione e l’Eucarestia, passaggi di resurrezione e di insediamento nella vita eterna.

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Domenica, 28 dicembre 2014Santa famiGlia di GeSú, maria e GiuSeppe

FestaLiturgia della Parola

Gen 15,1-6; 21,1-3; Sal 104; Eb 11,8.11-12.17-19; Lc 2,22-40

La ParoLa Di Dio

…è asCoLtata

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe por-tarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Si-gnore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni ma-schio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, men-tre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lascia-re, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvez-za, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rive-larti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele». Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pen-sieri di molti cuori». C’era anche una profetessa, Anna,

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figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottanta-quattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Geru-salemme. Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro cit-tà di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

…è meDitataLa scena della presentazione di Gesù al Tempio ci presenta l’Antica Alleanza che cede il posto alla nuo-va, riconoscendo in Gesù il Messia e il Salvatore dei popoli. Il racconto si compone di due parti: l’offer-ta di Gesù Bambino, anticipazione della vera offerta del Calvario e la profezia del vecchio Simeone. Questi occupa il centro della scena, con la sua gioia incon-tenibile di vedere in quel bambino che tiene in brac-cio, la realizzazione del sogno della sua vita: vedere il Messia.Mosso dallo Spirito Santo si recò al Tempio. Simeone obbediva alla Legge prescritta, ma soprattutto era in ascolto della voce interiore dello Spirito Santo che lo guidava dal di dentro e gli faceva riconoscere i segni dell’agire di Dio nella storia del suo popolo. Questa voce interiore gli fa superare i pregiudizi umani, che non gli avrebbero permesso di riconoscere il Salvatore in un bambino, figlio di persone così umili, con la loro povera offerta di due colombe. Simeone rivela a Maria che suo figlio sarà segno di separazione, di contraddizione, di giudizio tra bene e male, un vero spartiacque nella storia del mondo,

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punto di arrivo di una lunga attesa e punto di parten-za per una nuova era. E Lei lo seguirà, sposandone la missione. La spada è spesso usata nel Vecchio Testa-mento come immagine dell’incisività della parola di Dio che penetra nel cuore umano, per edificare il suo Regno, tagliando tutto ciò che lo impedisce. Sarà la Parola di Gesù che trafiggerà l’anima e la vita di Ma-ria: per questa parola Egli sarà incompreso, rifiutato, giustiziato; per questa parola Lei dovrà trasformarsi da Madre in discepola e seguirlo fino alla croce.Consacrati al Padre, nella stessa offerta d’amore di Gesù, docili alla voce interiore dello Spirito, trapassati dalla Parola che “taglia e separa come una spada”, an-che noi possiamo dire con Simeone: “oggi i miei occhi hanno visto la tua salvezza” ed esultare di gioia e dif-fondere questa gioia intorno a noi. Simeone compie un gesto eucaristico: prende il Bambino fra le braccia e benedice Dio. Noi prendiamo fra le mani il Corpo glo-rioso di Gesù e benediciamo Dio: è l’Eucarestia, il ren-dimento di grazie per eccellenza. È in noi la stessa gioia di Simeone? Se il cristiano non irradia gioia eucaristica, che cristiano è? La famiglia di Nazareth pratica il gesto fondamentale della fede ebraica: offrire il primogenito a Dio, come risposta all’alleanza. Che ogni uomo, na-scendo, trovi delle braccia materne che lo presentino al tempio della Chiesa e una famiglia che gli racconti di Gesù e di come e quanto da Lui sia stato amato.

La Sacra famiglia di Nazareth è la scuola del Vangelo. Essa ci ricordi cos’è la famiglia, cos’è la comunione d’a-more, la sua bellezza austera e semplice, il suo carattere sacro e inviolabile. Ci faccia vedere com’è dolce e inso-stituibile l’educazione in famiglia, ci insegni la sua funzio-

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ne naturale nell’ordine sociale, ci faccia comprendere la legge redentrice della fatica umana. (Paolo VI)La Sacra Famiglia è un modello imitabile oggi? Tante belle famiglie cristiane ci rispondono di si.

…è PregataMaria, Madre del sì, tu che hai ascoltato Gesù e cono-sci il timbro della sua voce e il battito del suo cuore, Tu che a Nazareth hai abitato con Gesù, imprimi nella nostra vita i tuoi sentimenti, la tua docilità, il tuo si-lenzio che ascolta e fa fiorire la Parola in scelte di vera libertà. Maria, parlaci di Gesù, perché la freschezza della nostra fede brilli nei nostri occhi e scaldi il cuore di chi ci incontra. Benedetto XVI

…mi imPegnaA fare della mia una sacra Famiglia, un pezzo di cie-lo sulla terra, mettendo al centro la presenza viva di Gesù, come punto di gravità dei rapporti, degli affetti, delle sfide quotidiane.

Lunedì, 29 dicembre 2014San Tommaso Becket, sacerdote

Ottava di NataleLiturgia della Parola1Gv 2,12-17; Sal 95; Lc 2,22-35

La ParoLa Di Dio

…è asCoLtata

Quando venne il tempo della purificazione secondo la Legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore, come è scritto nella

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Legge del Signore: “Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore”; e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o di giovani colombi, come prescrive la Legge del Signo-re. Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e timorato di Dio, che aspettava il conforto d’Israele; lo Spirito Santo che era su di lui gli aveva prean-nunziato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Messia del Signore. Mosso dunque dallo Spirito, si recò al tempio; e mentre i genitori vi portavano il bam-bino Gesù per adempiere la Legge, lo prese tra le braccia e benedisse Dio: “Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popo-lo Israele”. Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: “Egli è qui per la rovina e la risurrezio-ne di molti in Israele, segno di contraddizione perché sia-no svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l’anima”.

…è meDitataAncora la scena della presentazione al tempio. Ci sof-fermeremo sull’offerta di Gesù al Padre, come compi-mento della Legge del Signore: ogni maschio primoge-nito sarà offerto al Signore. La consacrazione del pri-mogenito ricorda al popolo il primato di Dio sulla pro-pria vita e sull’intera creazione. Nel Tempio, il luogo dell’incontro fra Dio e il suo popolo, avviene l’offerta pubblica di Gesù al Padre, quasi una prefigurazione del sacrificio della croce, nel luogo dove avvenivano i sacrifici di tori e di agnelli. In realtà la croce è soltanto l’apice del sacrificio di Cristo, perché tutta la sua vita è stata un’offerta al Padre, a cominciare dalla sua venuta

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al mondo. E avviene l’offerta del sacrificio della purifi-cazione di Maria, due colombe, l’offerta dei poveri. La Legge è compiuta da Colui che, nato sotto la Legge, è venuto a salvare, perfezionare, non a distruggere. Pre-sentando e offrendo Gesù, Maria si consacra Serva di Dio e del suo Regno, pronta ad ogni distacco e sacri-ficio. Gesù viene consacrato al Padre, Maria a Gesù.Nel Battesimo ognuno di noi è stato incorporato nell’offerta di Gesù al Padre, nella sua consacrazio-ne, nel suo sacrificio; è stato consacrato dallo Spirito Santo in vista di una missione: portare il Vangelo nel mondo. Nel Battesimo è avvenuta la nostra presen-tazione al Tempio, come nascita alla vita filiale della grazia e incorporazione nella Chiesa, Corpo Mistico del Signore. Questo nostro appartenere a Dio viene alimentato, rinnovato in ogni celebrazione eucaristica nella quale ci nutriamo di Vita donata e diventiamo “ostia spirituale”. Gesù si è completamente e sempre donato a tutti: da Betlemme al Calvario, dalle braccia della madre a quelle di Simeone, al suo popolo nella vita pubblica e ai suoi nemici nella crocifissione. Con l’Eucarestia ha trovato il modo di mettersi nelle nostre mani, per la nostra salvezza, fino alla vita del mondo. Gesù è il dono di Dio per noi, che ci fa dono per gli altri. Offerti a Dio e offerti agli uomini: la vita cristiana è un uscire da sé verso Dio e verso i fratelli, un donar-si continuo nell’amore e nel servizio.

L’uomo vive d’amore. Nessuno basta a se stesso, nes-suno sa il suo vero bene, da solo non se lo può pro-curare. L’amore degli altri ci fa vivere. (Leone Tolstoj) Vivere per se stessi è morire. L’ho sperimentato?

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…è PregataIn me non c’è nulla di mio: le mie vene, la mia pelle, ogni cellula, il mio essere è pieno dell’Amato. Di mio c’è solo il nome, il resto appartiene all’Amato. Tu, Si-gnore, mi possiedi. Amen.

…mi imPegnaA non vivere per me stesso, ma per Dio e per i fratelli. La gloria di Dio e il bene degli altri saranno lo scopo di questa giornata. Perdendo me stesso, mi ritroverò nella felicità di Dio.

Martedì, 30 dicembre 2014San Felice I, papa

Ottava di NataleLiturgia della Parola1Gv 2,12-17; Sal 95; Lc 2,36-40

La ParoLa Di Dio

…è asCoLtata

In quel tempo, c’era una profetessa, Anna, figlia di Fa-nuele, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto col marito sette anni dal tempo in cui era ragazza, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel mo-mento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bam-bino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero tutto compiuto secondo la legge del Si-gnore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui.

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…è meDitataContinua la nostra meditazione sulla presentazione di Gesù al Tempio e sui due protagonisti: Simeone e Anna, due anziani votati a Dio e da Lui arricchiti con il dono della profezia. Dopo Simeone spetta alla profe-tessa Anna, donna di preghiera e di penitenza, ricono-scere in quel Bambino, il Messia d’Israele e diffondere la notizia a coloro che lo attendevano.Simone e Anna sono perfettamente inseriti nella storia del loro tempo, sanno guardare il presente con l’oc-chio della fede e parlare al futuro con una profezia di tenerezza, intrisa della gioia d’aver visto il Salvatore. Il “nunc dimittis”, il canto di lode di Simeone, diviene il canto di ogni fedele che ha incontrato la salvezza di Dio. La gioia di Anna, che racconta a tutti di quel Bambino, è la stessa incontenibile gioia del cristiano che fa esperienza di Dio nella preghiera e nell’incon-tro eucaristico. La gioia deve essere raccontata, per non esplodere dentro.Simone ed Anna, anche se avanti negli anni, tengono accesa la fiaccola della speranza e la giovinezza dello spirito è ancora intatta nel loro cuore.Così è il cristiano anziano: una persona viva, inserita nel suo tempo, ricca di esperienze di vita e maturità di pensiero, che può aiutare le giovani generazioni ad aprirsi al futuro, con tutta la ricchezza del passato. L’anziano oggi può essere missionario della fede per le nuove generazioni, missionario della preghiera, per il tempo maggiore di cui dispone, missionario della sofferenza, nella fragilità dell’età. La vecchiaia è una grande opportunità di santificazione personale e di servizio alla Chiesa. “Dove sono i nonni? Dove ave-te lasciato i nonni?” Chiede papa Francesco nelle sue udienze. “Largo ai giovani” sentiamo dire spesso, è giusto, ma senza lasciare e trascurare i vecchi.

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Dopo l’offerta di Gesù al Tempio, la Sacra Famiglia ri-torna a Nazareth e comincia la sua vita nella normalità dei giorni, mentre Gesù, sottomesso alle leggi natura-li, cresce fisicamente e umanamente, nell’alveo della grazia divina. Il centro della Sacra Famiglia è il Verbo incarnato, la struttura portante che lega le tre persone col filo d’oro della sua presenza.Le nostre famiglie sono l’ambiente giusto perché i no-stri figli crescano in sapienza e in grazia? Sono scuola di fede e di umanità?

La famiglia cristiana, per essere chiamata Chiesa dome-stica, deve costruire l’ambito in cui i genitori trasmetto-no la fede ed essere l’ambiente vitale dove i figli, educati ai valori evangelici, sapranno scoprire la loro vocazione al servizio della società e della Chiesa e troveranno la via per realizzare la loro identità cristiana. Lumen Gentium

…è PregataSignore, vieni a mettere qualcosa di nuovo in me, al posto di quanto a poco a poco viene meno col passa-re degli anni. Al posto dell’entusiasmo metti in me un sorriso di bontà per tutti: aiutami a non essere mai una nuvola nera che rattrista, ma una luce discreta che rallegra. Fa’ che io possa ricordare le cose più bel-le della vita e farne parte agli altri e godere della loro gioia. Fa’, o Signore, che la mia fede non venga mai meno e che possa testimoniarla fino all’ultimo respiro della vita. Alessandro Pronzato

…mi imPegnaAd abbracciare, se sono anziano, il vecchio, il bimbo, il giovane, l’adulto che ho dentro di me e con que-

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sta ricchezza presentarmi agli altri. Se sono giovane a mettermi in ascolto dei vecchi, con umiltà e tenerezza.

Mercoledì, 31 dicembre 2014San Silvestro I, papa

Liturgia della Parola1Gv 2,18-21; Sal 95; Gv 1,1-18

La ParoLa Di Dio

…è asCoLtata

In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Ver-bo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vin-ta. Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Gio-vanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Veni-va nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno ac-colto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati gene-rati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità. Giovanni gli dà testimonianza e proclama: «Era

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di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me». Dalla sua pienezza noi tut-ti abbiamo ricevuto: grazia su grazia. Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesú Cristo. Dio, nessuno lo ha mai visto: il Fi-glio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato».

…è meDitataGiovanni è “il Monte alto”, così lo definisce Sant’Ago-stino, e col Prologo del suo Vangelo, ci porta ad una altezza vertiginosa, nel cuore stesso di Dio.A differenza dei vangeli dell’infanzia non racconta le vicende storiche della nascita di Gesù, ma descrive, in forma poetica, l’origine del Verbo nell’eternità di Dio e la sua collocazione nel piano di salvezza, tracciato dal Padre per l’umanità. La presentazione del Verbo avvie-ne in tre momenti: la sua preesistenza in seno al Pa-dre, la sua venuta storica tra gli uomini con la testimo-nianza del Battista e la sua incarnazione, come punto centrale di questo “fiore del Vangelo” che è il Prologo. Ci soffermeremo sul primo momento. In principio è l’eco del primo principio, la creazione, quando Dio esce da se stesso e porta la vita e la luce la dove re-gnavano il caos e le tenebre. In quel momento la Sa-pienza Increata era lì presso Dio, tutta rivolta a Lui, come principio ispiratore e fine della creazione. Sa-pienza, Logos, Verbo, Parola sono i nomi, nelle diver-se lingue, con i quali indichiamo il Figlio Unigenito, l’Amato, la seconda Persona della Santissima Trinità. Cosa tiene insieme tutto il mondo? “Una Parola dell’E-terno e basta. Se Egli ritira la sua Parola, l’intera crea-zione ritorna nel caos primordiale” (Singer). “In prin-cipio c’era la Parola, il significato, la Parola-atto che crea” (Goethe). È una parola creatrice che già prelude

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ad una Parola salvatrice. È una Parola che fa vivere, morire, risorgere, che cammina nella storia per illumi-narla, sostenerla, condurla al suo compimento finale. È importante per noi riscoprire il valore del dono della parola, che ci rende simili al Creatore.“Noi uomini - scriveva il Guardini - siamo divenuti così superficiali che non proviamo più dolore per le parole distrutte. Così il linguaggio con i suoi voca-boli non è più un incontro di cose e di anima. È un frettoloso suonar di parole-monete, quasi una macchi-na che distribuisce monete e nulla sa di esse.” Papa Francesco, da vero maestro di vita spirituale, ci mette in guardia contro la chiacchiera, causa di dispersione della vita interiore e di avvelenamento dei rapporti fraterni. È importante ritrovare la bellezza, la purezza, la forza della parola, generandola dal cuore e dal si-lenzio. È importante innamorarsi della Parola, quella divina che viene a noi dall’abisso dell’Infinito.

La chiacchiera è la vergogna del linguaggio. Chiac-chierare non è parlare. La loquacità distrugge il silen-zio, imprigionando la parola. Quando si chiacchiera non si dice nulla di vero e nulla di falso, perché in ve-rità non si sta parlando. Maurice Blanchot

…è PregataAd ogni anniversario dove vanno gli anni che sono passati?Ad ogni sorgere del sole dove va il giorno che non è più?Ad ogni suonare dell’ora dove vanno gli attimi di prima?Tu li raccogli Signore, nella tua eternità, dove trovano bellezza e vita eterna.Te Deum laudamus, Te Dominum confitemur…

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…mi imPegnaA usare la parola per lodare, benedire, ringraziare Dio, per comunicare la mia esperienza di Lui, per do-nare amore, amicizia, condivisione. Mi guarderò dalle parole inutili, volgari, pungenti che uccidono l’amore.

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Giovedì, 1 gennaio 2015SOLENNITà1° giovedì del mese: preghiera per le vocazioni

GIORNATA MONDIALE DELLA PACE

Liturgia della ParolaNm 6,22-27; Sal 66; Gal 4,4-7; Lc 2,16-21

La ParoLa Di Dio

…è asCoLtata

In quel tempo, i pastori andarono, senza indugio, e trovaro-no Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangia-toia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro. Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesú, come era stato chiamato dall’an-gelo prima che fosse concepito nel grembo.

…è meDitataRitorna la pagina evangelica dell’adorazione dei pa-stori, della circoncisione di Gesù con l’imposizio-ne del nome, avvenimenti che vengono conservati, come tesori, nel cuore di Maria e qui diventano medi-tazione e preghiera. I pastori sono i primi missionari dell’Incarnazione, che raccontano stupiti e gioiosi di un Bambino, annunciato da un coro di Angeli e trova-to in una mangiatoia. I pastori, nuovi alle cose di Dio, parlavano; Maria, la maestra, taceva. Nessuna sua pa-rola viene riportata dai Vangeli nei racconti di Natale: Maria elevava a Dio quello che San Gregorio Nazian-zeno chiama “un inno di silenzio”.

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Gli fu messo nome Gesù. In questo nome che significa “Dio salva” c’è tutta la persona di Gesù e la sua mis-sione. “La potenza del nome di Gesù è grande e mol-teplice: è rifugio per i penitenti, sollievo per i malati, sostegno nella preghiera, esso ottiene il perdono dei peccati, la vittoria nelle tentazioni, la grazia della sal-vezza” (San Tommaso d’Aquino).Con quanta dolcezza questo nome è stato pronuncia-to da Maria! Nella bocca della madre il nome del figlio acquista sempre sfumature di tenerezza. Oggi la Chie-sa ci presenta Maria con il titolo di Madre di Dio: cosa più grande di Lei non si può dire.“La vita di Maria non è legata a quella del Reden-tore come quella di ogni uomo che ami il Signore, ma come quella della madre a quella del figlio. Ella ebbe conoscenza di Gesù come nessun’altra persona. Se qualcuno voleva sapere chi fosse Cristo, c’era la risposta di una sapienza che veniva dall’intimità vis-suta insieme, da una purezza di cuore e da una pro-fondità d’affetto che non possono essere pensati più grandi e più intensi, perché sono quelli della madre” (Romano Guardini). La maternità di Maria coinvolge tutta la sua persona e la orienta a Gesù e alla nostra redenzione. Questo figlio non lo ha per sé, ma per tut-ti noi. Comincia a donarlo a Dio, portandolo al Tem-pio, lo dona ai pastori, ai magi, al popolo nella vita pubblica, fino alla croce. Continua a donarlo in ogni Eucarestia: sono sempre le mani di Maria che ci met-tono in braccio Gesù. La maternità di Maria travalica la generazione di Gesù, giungendo ad abbracciare tut-ti i suoi discepoli. “È veramente madre delle membra di Cristo, perché ha cooperato con la sua carità, alla nascita dei fedeli nella Chiesa” (Sant’Agostino). “E la Chiesa la venera come una Madre piena d’amore” (Lu-men Gentium).

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Donandoci Gesù, Maria ci dona la pace. Madre di Gesù, Regina della Pace!

Maria è più beata per la fede in Cristo che per la concezione della sua maternità. La stessa parentela di madre non le avrebbe giovato se essa non aves-se portato Gesù nel cuore più gioiosamente che in grembo. (Agostino d’Ippona) L’apostolo porta Gesù nel cuore prima che sulle lab-bra, altrimenti sarebbe “un cembalo suonante”. Lo porta nella vita, nel suo modo di essere e di fare, al-trimenti sarebbe un ipocrita e un impostore. È così per me?

…è PregataCosì come allora appari oggi a me o Vergine. Sei una madre che pietosa mi accoglie, sei una sposa che in tutto a sé mi rapisce. Non vedo che Te. Vivo di Te come un figlio che si nutre al tuo seno. Mi nutre o Vergine la tua luce, la tua pura bellezza. Non ho nul-la da chiederti: mi basta che rimanga per me la tua visione.

Divo Barsotti

…mi imPegnaA scambiare gli auguri per l’anno nuovo con una be-nedizione biblica: il Signore faccia splendere su di te il suo Volto: Gesù e Gesù sia la tua pace!

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Venerdì, 2 gennaio 2015Santi Basilio Magno e Gregorio Nazianzeno, vescovi e dottori della Chiesa

Liturgia della Parola1Gv 2,29 – 3,6; Sal 97; Gv 1,29-34

La ParoLa Di Dio

…è asCoLtata

In quel tempo, Giovanni vedendo Gesú venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il pec-cato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele». Gio-vanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito di-scendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».

…è meDitataLa scena evangelica di oggi è caratterizzata dall’incon-tro del Battista con Gesù. È l’uomo di Dio che per primo vede Gesù, lo vede avanzare sconosciuto tra la folla e lo riconosce come l’Agnello di Dio: prima te-stimonianza. La figura dell’agnello è collegata a due immagini dell’Antico Testamento: l’Agnello pasquale immolato e l’Agnello che patisce il supplizio. Gesù è l’Agnello-Servo che toglie il peccato degli uomini e comunica loro la vita nuova con la sua passione e la sua morte in croce. Questa è la sua missione: farci figli cancellando il peccato, farci luce cancellando le tenebre. Il peccato viene tolto con il Battesimo nello

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Spirito Santo. Il Battesimo d’acqua dato da Giovanni esprimeva il desiderio di purificazione, ma è il Batte-simo nello Spirito che libera dal male.La seconda testimonianza del Battista riguarda Gesù pieno di Spirito Santo, che si posa su di Lui come co-lomba, segno di pace fra cielo e terra, annuncio della generazione del nuovo Israele di Dio. Lo Spirito Santo scende su Gesù e vi rimane in forma stabile.Ed ecco la terza testimonianza, altissima, stupenda: è Lui il Figlio di Dio, il Messia, colui che battezza nello Spirito e riempie di questo dono ogni discepolo. Fino a questo momento lo Spirito era in Gesù nascosto nel silenzio e sconosciuto, ora scende apertamente su di Lui e lo consacra alla sua missione profetica e salvifi-ca. Ogni credente è il figlio atteso, sul quale si posa lo Spirito del Signore, perché lo possa indicare a tutti come unico Salvatore del mondo. Non imprigioniamo lo Spirito dentro di noi, ma riversiamolo sul mondo, come Spirito di pace, di consolazione, come nostra preghiera e nostra carità. Più che mai l’uomo moder-no ha bisogno dello Spirito e dei suoi santi doni per uscire dalla prigione della materialità, dell’egoismo, dell’effimero, della spirale del male. Lo Spirito di li-bertà può affrancare l’uomo dalle sue schiavitù e ri-dargli le ali per librarsi verso Dio. “Chiediamo la grazia di abituarci alla presenza di questo compagno di stra-da, lo Spirito Santo, di questo testimone di Gesù, che ci dice dove è Gesù, come trovare Gesù, cosa ci dice Gesù. È un amico, un Paraclito che sempre ci difende” (Papa Francesco).

Siamo battezzati. Il dolce Spirito del buon Dio è nella profondità del nostro essere, forse là dove non riu-

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sciamo a penetrare con la nostra carente psicologia. Là Egli dice al Dio eterno: Abbà, Padre. Là Egli dice a noi: figlio, figlio veramente amato dell’amore infinito. Noi siamo battezzati. (Karl Rahner) Ne siamo consapevoli?

…è PregataO fuoco consumante, Spirito d’amore, discendi in me, perché si faccia nell’anima mia quasi un’incarnazio-ne del Verbo! Che io gli sia un prolungamento di uma-nità in cui Egli possa rinnovare tutto il suo mistero. E tu Padre, chinati verso la tua povera, piccola creatu-ra, coprila della tua ombra, non vedere in essa che il tuo Prediletto nel quale hai posto le tue compiacenze.

Santa Elisabetta della Trinità

…mi imPegnaA vivere da figlio di Dio, con una vita di altissima digni-tà, abitata dallo Spirito, con i frutti della sua presenza.

Sabato, 3 gennaio 2015San Luciano di Lentini, vescovo

Liturgia della Parola1Gv 3,7-10; Sal 97; Gv 1,35-42

La ParoLa Di Dio

…è asCoLtata

In quel tempo, Giovanni stava con due dei suoi disce-poli e, fissando lo sguardo su Gesú che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, senten-dolo parlare così, seguirono Gesú. Gesú allora si voltò e,

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osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa Maestro –, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel gior-no rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio. Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbia-mo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo con-dusse da Gesú. Fissando lo sguardo su di lui, Gesú disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.

…è meDitataLa testimonianza del Battista provoca la sequela di al-cuni suoi discepoli dietro il Maestro. Il vero apostolo non cerca se stesso, cerca Cristo e quindi non lega nessuno a sé, spinge anzi gli altri verso di Lui.Nel brano l’evangelista ci offre i tratti caratteristici di un vero cammino per diventare veri discepoli di Cri-sto. Tutto inizia con l’annuncio del Battista, cui segue un percorso di discepolato attraverso un incontro di esperienza personale e di comunione con il Maestro, che si conclude in una professione di fede e successi-vamente in apostolato e missione.L’interesse del brano si concentra sull’origine della fede e la sua trasmissione attraverso la testimonianza. Maestro,dove abiti? Questa è la ricerca del discepolo. Venite e vedete. Noi non sappiamo cosa hanno fat-to i due discepoli con Gesù, ma sappiamo che sono stati con Lui, hanno dimorato presso di Lui. Abitare con Gesù nella povertà, nell’umiltà, nella misericor-dia, nella preghiera e nelle attività, ovunque Egli sia. Se Lui abita nella gioia saremo nella gioia, se abita nel dolore saremo nel dolore: quello che conta è stare

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con Lui, ovunque Egli ci voglia condurre. Andrea ri-tornando dall’esperienza di vita con Gesù, gli condu-ce un altro discepolo, il fratello Simone. La fede passa attraverso la testimonianza. Gesù lo chiama e gli cam-bia il nome in Pietro, la roccia sulla quale fonderà la sua Chiesa. La chiamata dei discepoli è un evento che si ripete sempre nella storia della Chiesa. Nella vita di ognuno di noi c’è un giorno, un incontro che ha se-gnato un cambiamento radicale di vita: è la chiamata personale di Dio in vista della missione che ci affiderà per il compimento del suo Regno. Saperla riconosce-re ci farà imboccare la via diritta, risparmiandoci cur-ve pericolose e faticosi sentieri, nel cammino verso la santità.

Dire alla gente che non lo sa chi è Cristo, ciò che ha detto e ciò che ha fatto, in modo che lo sappia e che sappia che noi ne siamo certi. (Madeleine Delbrêl) Ne sentiamo l’urgenza, la necessità, la responsabilità?

…è Pregata“Maestro dove abiti?” Insegnami le tue dimore modeste: le contrarietà, una malattia fastidiosa, un lavoro in-grato, un’obbedienza difficile, un sacrificio. La mia vita scorre vicino a queste dimore, ma io le trascuro come si fa con i tuguri e le case abbandonate. Invece Tu sei pre-sente in esse come lo sei nelle Ostie consacrate. “Venite e vedete”. Signore aprimi gli occhi: che io im-pari a conoscerti nell’umiltà di ogni tuo abbassamen-to e apprenda a ritrovarti nella prosa santificante del mio dovere quotidiano, perché Tu abiti proprio qui. È in questo umile dovere che io sono sicuro di incontrar-ti stabilmente e in permanenza. P. Charles

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…mi imPegnaAd abitare oggi presso il Signore con una preghiera intima e personale perché altri lo possano incontrare attraverso di me.

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Domenica, 4 gennaio 2015Beata Angela da Foligno, terziaria francescana

Liturgia della ParolaSir 24,1-4.8-12; Sal 147; Ef 1,3-6.15-18; Gv 1,1-18

La ParoLa Di Dio…è asCoLtata

In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovan-ni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Ver-bo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità. Giovanni gli dà testimonianza e proclama: «Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me». Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevu-to: grazia su grazia. Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cri-sto. Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato.

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…è meDitataLa liturgia del Natale ci ripresenta il Prologo, una delle pagine più belle della Bibbia, un capolavoro di teolo-gia poetica, un inno cristologico dal quale si sprigio-na, ancora oggi, la Luce di Cristo, Vita del mondo. Il Verbo si è fatto carne: in queste parole c’è tutto il cri-stianesimo. Dio passa dall’essere Verbo ad essere car-ne, persona concreta, figlio della storia, un viaggio in discesa che solo l’Amore Infinito poteva progettare e portare a termine. Si è fatto carne è un’espressione an-cora più forte di quella “Si è fatto uomo” perché carne vuol dire debolezza, fragilità, corruttibilità. Il Verbo si mescola alla polvere da Lui stesso creata, si fa carne della nostra carne per condividere con noi ogni espe-rienza di gioia e di dolore. Si unisce ad ogni uomo, ad ogni donna, si rende incontrabile, si fa compagno: il cristianesimo è la religione della compagnia. “Per non essere giudicato diverso da noi, ha tollera-to la fatica, ha voluto la fame, non ha rifiutato la sete, ha accettato di dormire per riposare, non si è ribellato alla sofferenza, si è assoggettato alla morte” (Ippolito).E tutto questo perché? Il Verbo si è fatto carne perché la carne diventasse Verbo. Davanti a questa Luce rivestita di carne, venuta a mettere in fuga le tenebre del mondo, bisogna prendere posizione: o con Dio o contro di Lui. Ma l’uomo ha inventato una terza strada: la neutralità. Né si accoglie né si rifiuta, si resta indifferenti. Questo è il dramma dell’uomo moderno. Il Mistero dell’Incarna-zione ci chiede una fede incarnata, concreta e un sacro rispetto per ogni persona divenuta “carne intrisa di cie-lo”, intrisa della vita stessa di Dio. Ci chiede di accoglie-re il Verbo che vuole abitare dentro di noi e per questo è rimasto “carne gloriosa” nell’Eucarestia. Ci chiede di bandire la paura dalla terra e insediarvi la gioia, perché Dio è uno di noi, “più intimo a noi di noi stessi”.

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“Tutta l’intelligenza degli Angeli non basta a compren-dere questo mistero”(Angela da Foligno). Solo l’amore può comprendere, accogliere, corrispondere.

Se Dio fosse nato mille volte a Betlemme, ma non nasce in te, allora è nato invano. Ambrogio da Milano

…è PregataO mio Dio, fammi degna di conoscere l’altissimo miste-ro della tua rovente carità: la tua Incarnazione. Ti sei fatto carne per noi. Da questa carne comincia la vita della nostra eternità. O Amore che tutto si dona! Hai annientato te stesso, hai disfatto Te stesso per fare me, hai preso le spoglie di un servo vilissimo per dare a me mantello regale e abito divino. Santa Angela da Foligno

…mi imPegnaA essere oggi grembo dell’Incarnazione accogliendo il Corpo eucaristico di Gesù con la fede di Maria, per custodirlo e portarlo ai fratelli.

Lunedì, 5 gennaio 2015Santa Amelia, vergine e martire

Liturgia della Parola1Gv 3,11-21; Sal 99; Gv 1,43-51

La ParoLa Di Dio…è asCoLtata

In quel tempo, Gesù volle partire per la Galilea; trovò Filip-po e gli disse: «Seguimi!». Filippo era di Betsàida, la città di Andrea e di Pietro. Filippo trovò Natanaèle e gli disse:

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«Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nel-la Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nàza-ret». Natanaèle gli disse: «Da Nàzaret può venire qualcosa di buono». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi». Gesù intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità». Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi». Gli replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Fi-glio di Dio, tu sei il re d’Israele!». Gli rispose Gesù: «Per-ché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!». Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo».

…è meDitataIl tema della chiamata e della sequela continua nel Vangelo di oggi con la vocazione di Filippo e Nata-naele e con la loro risposta di fede. È un susseguirsi e un intrecciarsi di sguardi e di incontri; prima Filippo, poi Natanaele invitato da Filippo a fare un’esperienza personale col Maestro. Vieni e vedi è il passaggio fon-damentale di ogni vocazione, perché l’esperienza è il nostro modo di crescere nella fede. Gesù invita l’uomo a cercarlo e si lascia trovare solo da coloro che lo cer-cano. Cercarlo per conoscerlo e per conoscere noi stes-si alla sua luce, per fare esperienza del suo amore: lo Spirito che ci inabita. Questa è la vocazione battesima-le dal quale si diramano le vocazioni particolari, le scel-te dello stato di vita nel quale realizzare il nostro rap-porto con Dio. Le vocazioni nascono nella Vocazione e da essa si dipartono: vivendo in profondità la nostra chiamata battesimale alla santità, conosceremo e realiz-zeremo la vocazione personale. È Dio che ci apre alla

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conoscenza di noi stessi, che ci vede quando siamo se-duti sotto il fico, che penetra gli abissi del nostro cuore con il suo sguardo di verità e di misericordia. Metterci sotto questo sguardo significa capire chi siamo, come siamo, come Dio vuole che siamo. All’origine di ogni vocazione c’è Dio ed è fissando lo sguardo su di Lui, attraverso una vita di fede, di preghiera, di ascolto che saremo capaci di aprirci ai suoi desideri, alla sua Volon-tà su di noi, più che attraverso indagini psicologiche su interessi, inclinazioni, progetti personali.Natanaele per la profonda conoscenza che Gesù ha su di Lui si arrende all’evidenza e lo segue. Così è per noi. Quando ci sentiamo conosciuti, amati, chiamati nonostante la nostra povertà, non possiamo che ar-renderci a questo amore. Sentirsi amati è l’origine e il compimento della nostra vita spirituale, diventare gli amati è il viaggio spirituale che dobbiamo compiere.

Il fatto di essere alla costante ricerca di Dio, in con-tinua tensione per scoprire la pienezza dell’amore, il desiderio struggente di arrivare alla completa verità, mi dice che ho già assaporato qualcosa di Dio, dell’a-more, della verità. Posso cercare solo qualcosa che in qualche modo ho già trovato. (Henri Nouwen) Ma io cerco Dio, ne provo il bisogno? Oppure mi la-scio vivere, come un animaletto della terra, contento del poco che ho?

…è Pregata

O Santissima Trinità che sei in me, dammi la fede e la speranza necessarie per partecipare all’emergere pro-gressivo del tuo Regno.

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Aiutami a cercare con amore il mio posto in questo tuo Regno, il posto per il quale Tu mi hai creato.Fa’ che dentro di me possa rivelarsi, maturare e com-piersi la tua idea d’amore per cui mi hai creato.Per il compimento della tua gloria e per il bene di tutti i miei fratelli, fa’ che io viva con Maria e come Lei la mia personale vocazione nella Chiesa tua Sposa.

Fausta Molinaroli

…mi imPegnaA stringermi a Gesù per scoprire nella sua Volontà la mia vocazione personale e a verificarla e rifondarla se già la conosco.

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Annunzio del giorno di PasquaDopo la proclamazione del Vangelo, il diacono o il sacerdote o un al-tro ministro idoneo può dare l’annunzio del giorno della Pasqua.

Fratelli carissimi, la gloria del Signore si è manifestata

e sempre si manifesterà in mezzo a noi fino al suo ritorno. Nei ritmi e nelle vicende del tempo ricordiamo e viviamo i misteri della salvezza. Centro di tutto l’anno liturgico è il Triduo del Signore crocifisso, sepolto e risorto, che culminerà nella domenica di Pasqua il 5 Aprile. In ogni domenica, Pasqua della settimana, la santa Chiesa rende presente questo grande evento nel quale Cristo ha vinto il peccato e la morte. Dalla Pasqua scaturiscono tutti i giorni santi: Le Ceneri, inizio della Quaresima, il 18 Febbraio. L’Ascensione del Signore, il 17 Maggio. La Pentecoste, il 24 Maggio. La prima domenica di Avvento, il 29 Novembre. Anche nelle feste della santa Madre di Dio, degli Apostoli, dei Santie nella commemorazione dei fedeli defunti, la Chiesa pellegrina sulla terra proclama la Pasqua del suo Signore.

A Cristo che era, che è e che viene, Signore del tempo e della storia, lode perenne nei secoli dei secoli. Amen.

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Martedì, 6 gennaio 2014GIORNATA DELL’INFANZIA MISSIONARIA

Liturgia della ParolaIs 60,1-6; Sal 71; Ef 3,2-3.5-6; Mt 2,1-12

La ParoLa Di Dio

…è asCoLtata

Nato Gesú a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Ab-biamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad ado-rarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui do-veva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giu-dea, perché così è scritto per mezzo del profeta: E tu, Bet-lemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele». Allora Erode, chiama-ti segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bam-bino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo». Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandis-sima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fece-ro ritorno al loro paese.

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…è meDitataL’Epifania è la manifestazione pubblica della salvezza portata da Gesù, re e Salvatore di tutti i popoli; è la festa della fede offerta a tutto il mondo.“È la festa per tutto il creato: il cielo è dato alla ter-ra, le stelle si affacciano dal cielo, i Magi lasciano il loro paese, la terra è tutta raccolta in una grotta. Ce-lebriamo la salvezza del mondo, il Natale del genere umano”(San Basilio Magno). Nel viaggio dei magi ver-so la verità e la luce Matteo vede la grande processio-ne della Chiesa di tutti i tempi e di tutti i popoli, in cammino verso Cristo, schiere di uomini che cercano Dio con cuore sincero, senza ancora conoscerlo e sen-za saperne il nome.La luce della stella è il tema dominante della festa di oggi, simbolo della fede, la stella interiore che ci atti-ra a Gesù. La fede è una luce misteriosa che nasce in cielo, ma ci conduce in un posto sicuro della terra, il luogo del Verbo incarnato. I Magi vengono con la loro sapienza: è il primo incontro fra culture diverse, mo-dello di quello scambio interculturale indispensabile per l’unità e la convivenza fraterna fra i popoli.Entrati nella casa, videro il Bambino con Maria, sua madre, si prostrarono e lo adorarono. L’adorazione è l’atteggiamento fondamentale del cristiano che ci fa riconoscere chi è Dio per noi: Creatore, Padre, Signo-re. Con la sua venuta sulla terra Gesù si offre a noi come il perfetto adoratore del Padre, che unisce in sé la sottomissione della creatura e l’amore obbediente del Figlio. Gesù ci coinvolge nella sua adorazione fi-liale, con la sua presenza eucaristica, nella quale Egli si offre come via e oggetto della nostra adorazione. Adorare Cristo nell’Eucarestia è un rivivere il senso del Mistero, celebrato nella Messa: nella Messa il Mistero si compie, nell’adorazione si continua a contemplarlo

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con gli occhi della fede. “L’adorazione è una comunio-ne prolungata. Non si tratta di una devozione indivi-dualistica, ma della prosecuzione del momento comu-nitario della Messa” (Benedetto XVI). Siamo noi i discendenti dei Magi, chiamati col Batte-simo a far parte del nuovo popolo di Dio, sempre in viaggio verso Cristo e gli uomini, sempre “in uscita”. L’Epifania è la nostra festa. Dopo avere adorato il Si-gnore, come i Magi, facciamo ritorno alla terra degli uomini e raccontiamo a tutti, quello che abbiamo spe-rimentato, senza risparmiarci, perché si realizzi la pro-fezia: Ti adoreranno Signore tutti i popoli della terra.

Festeggiamo oggi una Chiesa che si allarga a tutti, che non si chiude nel suo campanile, non rifiuta l’altro, ma ha le porte e le finestre aperte, anzi spalancate. La chiesa è il popolo di Dio che annuncia la salvezza universale, che non ha paura della diversità. Accettare la diversità è una cosa grande. (don Tonino Bello) Chiamare il “diverso” fratello è una cosa bella, sem-plicemente cristiana.

…è PregataMi prostro davanti alla tua Santissima Maestà per ado-rarti a nome di tutti quelli che non ti conoscono, che non ti hanno mai adorato e che saranno forse tanto infelici da non lodarti mai.Vorrei poter raccogliere nella mia fede, nel mio amore e nell’offerta del mio essere tutto l’amore che essi po-trebbero offrire a onore e gloria tua per la distesa dei secoli.

Ammenda onorevole

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…mi imPegnaA trovare nelle mie giornate un tempo anche breve ma costante, da dedicare alla preghiera di adorazione nella quale offrire a Gesù l’oro della mia fede, l’incenso della mia lode, la mirra della carità, fino al sacrificio.

Mercoledì, 7 gennaio 2015San Raimondo de Peñafort, sacerdote

Liturgia della Parola1Gv 3,22 – 4,6; Sal 2; Mt 4,12-17.23-25

La ParoLa Di Dio

…è asCoLtata

Quando Gesú seppe che Giovanni era stato arrestato, si riti-rò nella Galilea, lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, per-ché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profe-ta Isaia: Terra di Zàbulon e terra di Nèftali, sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti! Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta. Da allora Gesú cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino». Gesú percorreva tutta la Galilea, insegnan-do nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo. La sua fama si diffuse per tutta la Siria e conducevano a lui tutti i malati, tormentati da varie malattie e dolori, indemoniati, epi-lettici e paralitici; ed egli li guarì. Grandi folle cominciarono a seguirlo dalla Galilea, dalla Decàpoli, da Gerusalemme, dalla Giudea e da oltre il Giordano.

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…è meDitataIl Vangelo di oggi riprende il tema della luce. La Luce inaccessibile, divenuta visibile a Betlemme comincia a risplendere sulla Galilea dei Gentili attraverso la predi-cazione e l’opera taumaturgica di Gesù. La sua parola è luce per gli uomini perché è parola di verità ed è sal-vezza perché è parola d’amore. Gesù comincia la sua predicazione con un invito alla conversione: il Regno di Dio sta per rivelarsi nella sua persona ed ognuno è chia-mato a prendere posizione, accogliendolo o rifiutando-lo. Anche oggi la Chiesa ha bisogno di purificazione, di conversione. Ce lo ricorda ogni giorno Papa France-sco, richiamandoci ad una vita evangelica dalla radicali-tà e dalla freschezza francescana. Il rinnovamento della Chiesa comincia nel cuore di ogni suo membro, la rifor-ma della Chiesa passa attraverso la nostra conversione.La conversione è uno stile di vita, è la morte dell’io e la resurrezione di Dio dentro di noi. “Bisogna oltrepassa-re il fiume dell’io e toccare la riva di Dio” (Card. Car-lo Maria Martini). Conversione è cambiare vita, dare una nuova forma alle idee, agli affetti, alla condotta, spogliarsi dell’uomo vecchio e rivestirsi di Cristo. “Al vertice del monte dove abita Dio, si va per una strada a picco, la strada della conversione. Essere convertiti vuol dire prendere questa strada ed essere come ma-gnetizzati da Dio” (San Giovanni della Croce). Puntare su Dio, come un ago magnetico rivolto a nord, senza farci travolgere dalle perturbazioni che provengono da noi stessi, dal mondo, dal maligno.Al suo primo apparire sulla scena pubblica Gesù si rivela come Figlio di Dio e Figlio dell’uomo: parla a nome del Padre, svelandoci il suo Volto e attraverso il suo cuore d’uomo, pieno di tenerezza e di compas-sione per il dolore, la malattia e le miserie umane. Questa unione dell’aspetto divino e di quello umano

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è fondamentale nella rivelazione di Gesù, così come è fondamentale per noi che l’amore verso Dio si con-cretizzi nell’amore verso il fratello, che la fede sbocchi nella carità come suo prolungamento.

Come sarebbe se Dio regnasse in me? Il mio cuore, la mia volontà lo sperimenterebbero come Colui che ad ogni umano evento dà significato. E mi verrebbe il dono supremo: il santo desiderio d’amore nel suo realizzarsi fra Dio e me solo. Ma il nostro è il re-gno dell’uomo, regno delle cose, degli interessi terre-ni. Gli uomini devono capovolgere la loro mentalità, dalle cose a Dio e affidarsi a ciò che esce dalla sua bocca: allora viene il Regno di Dio. (Romano Guardini) Voglio provare a farlo, ogni giorno?

…è PregataTu solo sei vicino a chi si pone lontano da Te. Tu non ab-bandoni le tue creature come esse abbandonarono il loro Creatore. Se si volgono indietro a cercarti, eccoti già lì, nel loro cuore, nel cuore di chiunque ti riconosce e si getta ai tuoi piedi, piangendo sulle tue ginocchia dopo il suo aspro cammino. Tu prontamente ne tergi le lacrime, Tu, Signo-re, e non un uomo qualunque, ma tu Signore, il loro Cre-atore, che li rincuori e li consoli. Sant’Agostino d’Ippona

…mi imPegnaA compiere piccoli ma continui passi di conversione da me a Dio, girandomi verso di Lui come il girasole verso il sole. Il Sole-Gesù è sempre su di me.

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Giovedì, 8 gennaio 2015San Massimo di Pavia, vescovo

Liturgia della Parola1Gv 4,7-10; Sal 71; Mc 6,34-44

La ParoLa Di Dio

…è asCoLtata

In quel tempo, Gesú vide una grande folla, ebbe compas-sione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose. Essendo-si ormai fatto tardi, gli si avvicinarono i suoi discepoli di-cendo: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congedali, in modo che, andando per le campagne e i villaggi dei din-torni, possano comprarsi da mangiare». Ma egli rispose loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Gli dissero: «Dob-biamo andare a comprare duecento denari di pane e dare loro da mangiare?». Ma egli disse loro: «Quanti pani ave-te? Andate a vedere». Si informarono e dissero: «Cinque, e due pesci». E ordinò loro di farli sedere tutti, a gruppi, sull’erba verde. E sedettero, a gruppi di cento e di cin-quanta. Prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero a loro; e divise i due pe-sci fra tutti. Tutti mangiarono a sazietà, e dei pezzi di pane portarono via dodici ceste piene e quanto restava dei pe-sci. Quelli che avevano mangiato i pani erano cinquemila uomini.

…è meDitataGesù viene presentato come il Buon Pastore, che sfa-ma la folla con la sua parola e con il pane della sua compassione. È il nuovo Mosè che nel deserto, pri-ma istruisce il popolo e poi lo nutre con la manna, il cibo venuto dal cielo. È un miracolo compiuto per

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amore e per rivelazione, come prefigurazione della sua volontà di nutrirci con il suo corpo e il suo san-gue. È Gesù il pane di vita che ci comunica la vita stessa ricevuta dal Padre, che dona la vita eterna a chi si nutre di Lui.Quando il Verbo discese sulla terra facendosi carne, non aveva solo l’intenzione di condurre una vita pa-rallela alla nostra, ma anche di offrire quella carne per la vita del mondo. L’Eucarestia consente ai fedeli di accogliere la presenza di Cristo come un tempo fe-cero i contemporanei di Gesù, i quali godettero della sua presenza fisica, ma compirono sempre un atto di fede nel vedere in quell’uomo, in tutto simile a loro, il Figlio di Dio.Attraverso l’Eucarestia noi riceviamo il loro stesso pri-vilegio di entrare in una profonda intimità con il Ver-bo incarnato. La nostra carne e il nostro sangue si me-scolano alla carne gloriosa e al sangue di Cristo e noi veniamo trasformati e divinizzati. “Non siamo noi che trasformiamo Cristo in noi, siamo noi che veniamo tra-sformati in Dio” (Sant’Agostino).Dio è veramente un Dio d’amore. E noi siamo figli d’amore?È possibile che nel mondo che è suo, solo Dio non trovi posto?È possibile che l’Amore non venga amato? Che non trovi posto dentro di noi?Di fronte agli ignari, assenti, increduli, ci devono esse-re i consapevoli, i presenti, gli amanti. Facciamo nostri i sentimenti di Madre Candida dell’Eu-carestia: “Nato per te, torna a nascere per te sull’alta-re, un numero quasi infinito di volte. L’eucarestia ti parla di Betlemme e di Gesù bambino. Accoglilo ogni giorno, avvolto nelle fasce del pane e del vino, nella Betlemme perenne dei tabernacoli. Quando puoi non

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lasciarlo solo e quando non puoi, pensalo da lontano giorno e notte”.

Se la prassi pastorale moderna concede tanta impor-tanza al culto della Parola, alle sue celebrazioni anche fuori della Messa, alla sua esposizione e venerazio-ne da parte dei fedeli, sembra ancora più doveroso il culto, la celebrazione e l’adorazione della Parola fatta carne, conservata nei nostri tabernacoli.

Jesús Castellano Cervera

…è PregataPane dolcissimo, risana il gusto del mio cuore, perché senta la soavità del tuo amore. Ti supplico per il miste-ro della tua santa Incarnazione e natività, infondi nel mio petto la tua inesauribile tenerezza e carità, perché io non cerchi e non pensi più a nulla di ciò che è ter-reno e carnale, ma Te solo ami, a Te solo pensi, Te solo desideri, Te solo abbia sulla bocca e nel cuore.

Giovanni di Fécamp

…mi imPegnaA diventare un cristiano che si nutre, adora, vive con lo stile eucaristico del dono di sé. Dedicherò un tem-po davanti a Gesù Eucarestia per offrirmi al suo amo-re e diventare con Lui rendimento di grazie al Padre e pane spezzato per i fratelli.

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Venerdì, 9 gennaio 2015Sant’Adriano di Canterbury, abate

Liturgia della Parola1Gv 4,11-18; Sal 71; Mc 6,45-52

La ParoLa Di Dio

…è asCoLtata

Dopo che furono saziati i cinquemila uomini, Gesú co-strinse i suoi discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, a Betsàida, finché non avesse congedato la folla. Quando li ebbe congedati, andò sul monte a prega-re. Venuta la sera, la barca era in mezzo al mare ed egli, da solo, a terra. Vedendoli però affaticati nel remare, per-ché avevano il vento contrario, sul finire della notte egli andò verso di loro, camminando sul mare, e voleva oltre-passarli. Essi, vedendolo camminare sul mare, pensaro-no: «È un fantasma!», e si misero a gridare, perché tutti lo avevano visto e ne erano rimasti sconvolti. Ma egli subito parlò loro e disse: «Coraggio, sono io, non abbiate pau-ra!». E salì sulla barca con loro e il vento cessò. E dentro di sé erano fortemente meravigliati, perché non avevano compreso il fatto dei pani: il loro cuore era indurito.

…è meDitataC’è un profondo legame tra il brano evangelico di ieri e quello di oggi che mette in luce la regia sapienzia-le con la quale Gesù conduce i suoi discepoli verso la fede piena in Lui. Costoro avevano assistito all’epi-sodio della moltiplicazione dei pani, con un senso di gioia e di sicurezza per il futuro, grazie a quell’uomo straordinario, capace di risolvere le situazioni difficili, di soddisfare i bisogni della gente, un Messia umano.Gesù non vuole lasciarli sul piano umano, per questo si manifesta in una maniera che li lascia stupefatti e

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spaventati: Andò verso di loro camminando sulle ac-que. Il loro stupore davanti a Gesù che avanza sulle acque dimostra che non avevano capito il senso na-scosto nel gesto dei pani né l’identità del loro Maestro, come Figlio di Dio. A loro bastava un Messia locale, liberatore d’Israele, che agisse nell’ambito della mate-rialità: un Dio universale, Liberatore dei popoli, asso-luta Libertà, li spaventava e li sconvolgeva. Gesù rivela un Dio diverso, imprevedibile nell’amo-re, nella potenza e nella sapienza dell’amore. Per in-travedere il suo vero Volto occorre avere il coraggio di aprirci alle sue sorprese, di accoglierlo sulla barca della nostra vita con tutto il suo Mistero, di fidarci di Lui nel cammino difficile dell’esperienza cristiana, fra gli ostacoli e le diffidenze di un mondo ostile al suo Vangelo. Gesù che camminava sulle acque ci fa pensare a Pie-tro che l’ha fatto, finché ha avuto fede, a San France-sco di Paola, che ha attraversato lo stretto di Messina sul suo mantello, a San Giuseppe da Copertino che volava sugli alberi, alle bilocazioni di Padre Pio e a tutti quei miracoli operati da Dio con la fede dei suoi santi. La fede è il Miracolo che opera miracoli. La no-stra fede, nelle mani di Dio, è una potenza di bene in-calcolabile, purché sia viva, sempre in crescita, eserci-tata quotidianamente nella preghiera e in una sincera vita cristiana.I venti contrari soffiano anche oggi nel male che c’è nel mondo, nelle difficoltà della vita, nelle nostre fra-gilità umane. Gesù continua a dirci: “Coraggio, ci sono io, non abbiate paura”. Gli fa eco la Chiesa: “Non ab-biate paura, aprite, anzi spalancate le porte a Cristo… Cristo sa cosa è dentro l’uomo. Permettete a Cristo di parlare all’uomo. Solo Lui ha parole di vita eterna” (San Giovanni Paolo II).

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Dio ci ascolta quando nulla ci risponde, è con noi quando ci crediamo soli, ci ama quando ci abbandona.

Agostino d’Ippona

…è PregataSignore io credo, io voglio credere in Te. O Signore, fa’ che la mia fede sia piena, sia libera, sia certa, sia forte, sia gioiosa, sia operosa, sia umile. Paolo VI

…mi imPegnaAd accettare Dio, completamente Altro da me, ad aprirmi al suo Mistero, ad affidarmi alla sua presenza, anche quando non mi è chiaro il senso delle cose e quando la realtà sembra contraddire la mia fede.

Sabato, 10 gennaio 2015Sant’Aldo, eremita

Liturgia della Parola1Gv 4,19 – 5,4; Sal 71; Lc 4,14-22

La ParoLa Di Dio

…è asCoLtata

In quel tempo, Gesú ritornò in Galilea con la potenza del-lo Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. In-segnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode. Ven-ne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: Lo Spirito del Signore è sopra di me; per

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questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigio-nieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in liber-tà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore. Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giu-seppe?».

…è meDitataUna pagina stupenda, quella del vangelo di oggi, che ci presenta Gesù nell’atto di leggere la parola di Isa-ia e di applicarla alla sua persona. Egli è il fine, il centro,l’anima della Scrittura, è la Parola che si rivela in essa ed ora in pienezza nella sua umanità. Lo Spiri-to lo ha consacrato Messia e il Regno che Egli annun-cia è la verità, la libertà, la novità del mondo nuovo, sceso sulla terra. La liberazione che Egli porta è de-stinata in modo particolare ai poveri, agli ultimi, agli oppressi, ai prigionieri, perché è segno della regalità di Dio: quanto più un re è grande, tanto più è giusto, misericordioso, generoso con chi è vittima dell’ingiu-stizia e della miseria.Gesù inizia la sua missione con la potenza dello Spiri-to, sempre all’opera nella sua vita e in modo partico-lare nel momento della morte, quando Egli “emise lo Spirito” e lo riversò sull’umanità intera e nella sua re-surrezione, quando il suo corpo passò dallo stato bio-logico a quello spirituale. A partire dalla Pentecoste lo Spirito è presente nella Chiesa, in ogni battezzato, in ogni uomo, con una presenza invisibile ma reale, della quale si vedono i frutti: amore, gioia, mitezza,

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dominio di sè, pace... L’azione dello Spirito può esse-re paragonata a quella della luce, che tutto penetra e trasfigura. Gesù è l’irradiazione della luce del Padre, che lo Spirito effonde su di noi. Il catechismo ortodos-so ci offre questa bella considerazione: “Se entri nella Cattedrale di Chartres, a Reims, di primo mattino, tutto sembra normale. Ma se aspetti il sorgere del sole, ogni vetrata avrà un colore particolare, il suo; ogni colore dell’arcobaleno è presente e la Chiesa acquista uno splendore unico, incantato”. Siamo noi quelle vetrate, che sotto la luce dello Spirito, da anonime e insignifi-canti, diventano splendenti e parlanti. Il sole Gesù ci coinvolge nella sua luce. E lo Spirito dentro di noi di-venta forza propulsiva che ci spinge alla testimonian-za della fede, al servizio della carità, alla lotta contro ogni ingiustizia, violenza, intolleranza che dominano il nostro mondo. Lo Spirito Santo è l’amore del Padre e del Figlio, è la Divina Carità che, uscendo dalla di-mora trinitaria, si effonde sull’ umanità. Insieme alla luce Egli ci avvolge in questo fuoco d’amore e noi, piccole scintille, possiamo portarlo a chi ancora non lo possiede.

Si può indurre qualcuno a credere in Dio soltanto fa-cendoglielo amare e si educa all’amore soltanto nella misura in cui si ama la persona che si vuole educare e quel Dio che si cerca di proporre al suo amore. (R. Guelluy) La mia testimonianza su Dio passa attraverso lo Spi-rito-Amore che mi possiede, è un suo frutto: ne sono convinto?

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…è PregataPrendi, o Spirito di Cristo, quel che è suo e damme-lo perché diventi mio. Fa’ splendere in me la tua luce affinché riconosca la sua verità. Vincola il mio cuore alla fedeltà del credere, così che io non possa allonta-narmi da essa. E insegnami ad amare perché senza amore la verità è morta. Prendi il mio cuore in tuo po-tere, rendilo volenteroso e largo, affinché Cristo possa vivere in noi e noi in Lui. Romano Guardini

…mi imPegna“Vieni Santo Spirito”: chiediamo nella preghiera ed Egli viene continuamente, ma il nostro cuore è pron-to ad accoglierlo e a lasciarlo operare? Oggi dirò: “Ec-comi Santo Spirito” e mi metterò docilmente alla sua sequela.

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Domenica, 11 gennaio 2015Sant’Igino, papa

Liturgia della ParolaIs 42,1-4.6-7; Sal 28; At 10,34-38; Mt 1,7-11

La ParoLa Di Dio

…è asCoLtata

In quel tempo, Giovanni predicava: «Dopo di me viene uno che è più forte di me e al quale io non son degno di chinar-mi per sciogliere i legacci dei suoi sandali. Io vi ho battez-zati con acqua, ma egli vi battezzerà con lo Spirito Santo». In quei giorni Gesù venne da Nazaret di Galilea e fu bat-tezzato nel Giordano da Giovanni. E, uscendo dall’acqua, vide aprirsi i cieli e lo Spirito discendere su di lui come una colomba. E si sentì una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto».

…è meDitataLa liturgia della Chiesa non poteva scegliere un epi-sodio evangelico più pertinente di questo, per chiu-dere il ciclo natalizio: il Battesimo di Gesù, che ci ri-chiama il nostro Battesimo, il Natale dei cristiani, nel quale siamo stati generati alla vita filiale della grazia. Al Giordano si incontrano i due momenti vertice del-la storia della salvezza: la profezia di Giovanni con la sua predicazione e il suo Battesimo di acqua e l’even-to vero e proprio con la venuta di Gesù e il suo Bat-tesimo nello Spirito.Il Battesimo nel Giordano è stato un momento fon-damentale nella vita di Gesù, perché gli ha dato la certezza, come uomo, della sua missione di Salvatore degli uomini, secondo il progetto del Padre. Metten-dosi in fila per essere battezzato insieme ai peccatori, Egli prende coscienza di questa missione e comincia a realizzarla. La volontà di Dio è stare con noi ovunque

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siamo, anche nel peccato, e Gesù si fa peccato, ora accettando il Battesimo di Giovanni e sulla croce, as-sumendo su di sé il peccato del mondo. Il Padre esulta per la sua obbedienza e glielo dimostra, riconoscen-dolo come il Figlio, nel quale si compiace.“Nascendo alla maniera degli uomini, Egli viene stret-to al seno di Maria. Ora generato secondo il Mistero, è avvolto nella vita del Padre. La Madre lo presenta ai Magi, il Padre lo rivela ai popoli” (San Massimo di Torino).Nel nostro Battesimo si è realizzato il sogno e l’idea d’amore del Padre su di noi: renderci figli. “Figli non quadri. Figli non libellule. Figli non tavoli. Figli non servi” (Carlo Carretto). Figli significa che somigliamo al Padre, nell’intimo di noi stessi, che dentro di noi scorre la sua stessa vita, perché Egli ci inabita con il suo Spirito. E quando noi vedremo Gesù, faccia a fac-cia, ci sorprenderemo della somiglianza che c’è fra noi, come due gemelli, che vissuti in famiglie diverse, si vedono per la prima volta.Ogni battezzato è un figlio amato, nel quale il Padre si compiace, come ogni papà terreno, fiero e orgo-glioso della propria creatura. Ogni mattina, prima del sole, è la voce del Padre che ci sveglia: “Buongior-no, figlio della mia gioia, ecco una giornata tutta per te, andiamo a lavorare nella vigna”. L’essere figli ci rende fratelli fra di noi: “Noi siamo tutti figli dell’Al-tissimo. Tutti... il più povero, il più ripugnante, un neonato, un vecchio decrepito, l’essere umano meno intelligente, il più abbietto, un pazzo, un peccatore, il più ignorante, l’ultimo degli uomini è figlio dell’Al-tissimo. Amiamo quest’uomo che Dio ama, amiamo ogni uomo in vista di Dio, nostro Padre comune” (Charles de Foucauld).

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Battezza Giovanni, allo scopo di far sorgere la peni-tenza; battezza anche Gesù, nello Spirito: questo è il perfetto battesimo. Conosco anche un altro batte-simo, quello della testimonianza del sangue, che fu impartito a Cristo stesso ed è un battesimo più ve-nerabile degli altri. Ne conosco ancora un altro, quel-lo delle lacrime e quello dell’ammalato e quello del pubblicano che prega nel tempio... battesimi impe-gnativi... Per l’uomo è stata data ogni parola, istituito ogni mistero, perché diventi lampada nel mondo, po-tenza vivificatrice per gli altri uomini.

Gregorio Nazianzeno

…è PregataDio Infinito, la prima e l’ultima esperienza della mia vita sei tu. Tu infatti sei venuto sopra di me nell’acqua e nello Spirito del Battesimo. Allora il mio intelletto, con la sua saccente perspicacia, è rimasto in silenzio. Allora Tu stesso, senza interpellarmi, sei divenuto il destino del mio cuore. Sei stato Tu ad afferrarmi, non io a comprenderti, tu mi hai reso partecipe del tuo es-sere e della tua vita, mi hai fatto dono di te stesso e non di un’informazione in parole umane. Non riesco a di-menticarti, perché sei diventato il centro più intimo del mio essere. La tua sapienza e la tua parola sono in me, non perché ti conosco nei miei concetti, ma perché Tu mi riconosci come figlio e amico. Karl Rahner

…mi imPegnaAd ascoltare il Bambino Gesù scomparso con i nostri presepi, ma presente in noi che ci dice: “È bello es-sere figlio, io lo sono in seno al Padre e nelle braccia

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di Maria. È così bello che sono venuto a dirtelo e ren-derti figlio come me. In te voglio continuare ad esse-re figlio, legato al Padre in ogni istante come sughero sull’acqua, dolce come un agnello davanti ad ogni vo-lontà del Padre. E tu con me”.

Abbiamo celebrato i primi due eventi dell’anno liturgico:

l’Avvento e il Natale. L’Avvento ha fatto risalire in superficie i desideri profondi del cuore e ci ha aiutato a decifrarli: cosa mi aspetto dalla vita? A cosa anelo? Cosa mi manca? Ci ha aiutato a capire che i nostri desideri superano le possibilità umane, che non possono essere appagati pienamente da ciò che è finito, provvisorio, limitato. Ci ha disposto ad indiriz-zarli verso Colui che li conosce fino alla radice, li accoglie in sé e li riempie della sua infinità. Questo è avvenuto a Natale, quando, nell’essenza più intima dell’anima, Dio è nato e di-mora in essa come un Bambino. Qualcosa del suo mistero di bambino è passato in noi: il desiderio di innocenza, la gioia di scoprirsi figlio, la beatitudine della piccolezza. Questi at-teggiamenti spirituali del desiderio, della ricerca, della felicità dell’incontro, devono diventare permanenti nella nostra vita di fede. Avvento e Natale, Natale e Avvento in un continuo intrecciarsi, che dona dinamismo ad una vita cristiana, spes-so ferma e stagnante.

L’anno liturgico non è la ripetizione annuale della vita di Gesù, dalla nascita alla morte, bensì un ciclo di vita divina, nel quale ogni parola, ogni gesto, ogni avvenimento della vita di Gesù, diventano atti salvifici, in cui veniamo coinvolti e re-denti. L’anno liturgico è simile ad un cerchio, nel quale ogni

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parte racchiude il tutto. Nel cerchio principio e fine sono uniti, il mistero è sempre completo. Continuiamo a vive-re l’anno liturgico come una terapia di salvezza, portandoci dentro tutti gli stimoli e gli insegnamenti che i vari tempi in cui è scandito, suscitano dentro di noi, perché il Mistero di Cristo possa esercitare il suo effetto terapeutico in tutte le pieghe dell’anima e in tutti i settori della vita.

La luce del Bambino di Betlemme non si spenga mai dentro di noi!

MATTEO1,1-17 . . . . . . . . . pag. 601,7-11 . . . . . . . . . ” 1521,18-24 . . . . . . . . ” 632,1-12 . . . . . . . . . ” 1352,28-32 . . . . . . . . ” 574,12-17.23-25 . . . ” 1357,21.24-27. . . . . . ” 228,5-11 . . . . . . . . . ” 149,27-31 . . . . . . . . ” 259,35-10,1.6-8 . . . ” 2710,17-22 . . . . . . . ” 9411,11-15 . . . . . . . ” 4211,16-19 . . . . . . . ” 4511,28-30 . . . . . . . ” 4015,29-37 . . . . . . . ” 1917,10-13 . . . . . . . ” 4718,12-14 . . . . . . . ” 3821,23-27 . . . . . . . ” 55

MARCO1,1-8 . . . . . . . . . . ” 326,34-44 . . . . . . . . ” 141

6,45-52 . . . . . . . . ” 14413,33-37 . . . . . . . ” 12

LUCA1,5-25 . . . . . . . . . ” 661,26-38 . . . . . . . . ” 341,46-55 . . . . . . . . ” 771,57-66 . . . . . . . . ” 801,67-79 . . . . . . . . ” 832,15-20 . . . . . . . . ” 922,16-21 . . . . . . . . ” 1162,22-40 . . . . . . . . ” 1024,14-22a . . . . . . . ” 14610,21-24 . . . . . . . ” 17

GIOVANNI1,1-18 . . . . . . . . . ” 1111,6-8.19-28 . . . . . ” 521,29-34 . . . . . . . . ” 1191,35-42 . . . . . . . . ” 1211,43-51 . . . . . . . . ” 12820,2-8 . . . . . . . . . ” 97

INDICE DEI bRANI EVANGELICI

Presentazione del Vescovo . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 3

Grazie e perdono (Margherita Ridolfo) . . . . . . . . . ” 5

I Settimana di Avvento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 11II Settimana di Avvento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 31III Settimana di Avvento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 51IV Domenica di Avvento . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 73

Natale del Signore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 91Domenica della Santa Famiglia. . . . . . . . . . . . . . ” 101Maria SS. Madre di Dio. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 115II Domenica dopo Natale . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 125Epifania del Signore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 133Domenica del Battesimo del Signore . . . . . . . . ” 151

Indice dei brani evangelici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 157

INDICE GENERALE

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