Riki Blanco Il domatore di pulci - orecchioacerbo.com L’UOMO CANNONE] –Non uscirò dal cannone...

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Il domatore di pulci Riki Blanco E ALTRI RACCONTI orecchio acerbo

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Il domatoredi pulci

Riki Blanco

E A L T R I R A C C O N T I

orecchio acerbo

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Il domatoredi pulci

Riki Blanco

Traduzione di Anna Ciamitti

E A L T R I R A C C O N T I

RINGRAZIAMENTI SENZA ORDINE

Ad Anne, Mirjana, Janine, Mathias, Anna, Oliver, Deborah, Arancha, Josep, Marc, Artur, Luci, Pep, Arnal, Olga, Mariona,Virginia, Martuchi, Leti e a tutti quelli che erano lì e che non sono qui.

In ricordo di Guillerma.

Per la piccola Laia.

© Riki Blanco, 2007

© 2007 orecchio acerbo s.r.l.

viale Aurelio Saffi, 54

00152 Roma

www.orecchioacerbo.com

Titolo originale “Cuentos pulga”

Traduzione dallo spagnolo

di Anna Ciamitti

Grafica: orecchio acerbo

Finito di stampare

nel febbraio 2007

da Nivell Gràfic, L’Hospitalet

È vietata la riproduzione,

anche parziale,

con qualsiasi mezzo effettuata,

compresa la fotocopia,

anche a uso interno

o didattico.

orecchio acerbo

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Capirote [L’UOMO CANNONE]

–Non uscirò dal cannone finché la donna della mia vita non accenderà la miccia!– esclamò Capirote accigliato.

Tutta la compagnia stava intorno al cannone. La miccia era già stata accesa più volte, ma niente. Capirote si afferrava alle pareti del cannone e non c’era modo di spararlo fuori.

–Capirote, non capisce che finché non uscirà non potrà mai trovare la sua dolce metà?– gli dissero.

–Fa lo stesso, ho detto che non esco, e non esco!– rispose categorico. E fu l’ultima cosa che disse.

Dopo quasi un mese che Capirote se ne stava lì dentro, a Madame Amulette, la veggente, venne in mente di fargli vedere “la donna della sua vita” attraverso la sfera di cristallo. La pose sull’imboccatura del cannone e Capirote, nel vederla,rimase a bocca aperta: era splendida, era un angioletto, un cherubino, un usignolo celestiale... e non era altri che Regina, la trapezista, che si dondolava sul suo trapezio oltre il cristallo trasparente della sfera.Certo, era tutto così magico che Capirote s’innamorò di lei: di colei alla quale, per dirla tutta, mai prima di allora aveva prestato il benché minimo interesse.

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Madame Amulette [LA VEGGENTE]

Madame Amulette presagì che sarebbe rimasta senza poteri. E così fu. Come quella volta che da bambina aveva predetto che sarebbe stata una veggenteancor prima di esserlo.

Adesso Madame Amulette non può leggere in nessuna mano le linee del futuro,ma ha imparato a leggere il presente tra le righe.

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AugustoRepentino[L’UOMO INCATENATO]

Non c’era bisogno di stringere così forte lecatene, le manette

o la camicia di forza, ma Niño, il bambino cheincatenava

Don Repentino, lo faceva sempre con taleimpeto che a volte

quest’ultimo diventava viola per la mancanzadi circolazione sanguigna.

Poi, in un batter d’occhio, Augusto Repentino si liberava con grande abilità da ogni

costrizione. A quel punto il pubblico esplodeva in un

grande applauso, e tutto finiva. Fino allo spettacolo seguente.

Ma ogni notte l’uomo incatenatoaffondava la testa nel cuscino

e desiderava con tutte le forze chenon ci fosse più un altro

spettacolo.

E ogni mattinaAugusto si

proponeva dinon

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Mijhail[IL LANCIA COLTELLI]e Rasputin[IL PRENDI COLTELLI]

Mijhail lanciava i suoi coltelli, che uno a uno si conficcavano attorno a Rasputin, suo compagno d’arte.Erano trascorsi ormai ventisei anni di spettacolo, e non aveva mai fatto a Rasputin neppure un piccolo graffio.

Un giorno, mentre mangiavano, Rasputin chiese del pane a Mijhail, e questi glielolanciò, ma il pane andò a cadere dodici metri oltre il punto in cui era lui.

Questa fu, durante i ventisei anni di carriera, la prima volta in cui Rasputin dubitò della mira del suo compagno, e così non esitò a chiedere:

–Mijhail?–Dimmi Rasputin, amico mio.–Hai mai avuto una buona mira?–Mhmm… No.–E com’è possibile che tu non abbia mai sbagliato?

–In realtà sì che sbaglio... È a te che miro.

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Regina [LA TRAPEZISTA]

Regina aveva un problema: le vertigini. Ma non le vertigini alle altitudini,

come la gran parte di quelli che ne soffrono, bensì al suolo.

Per questo decise di fare la trapezista, per stare sempre raso cielo

e non dover mai scendere a terra.

Regina guardava le teste dei ragazzi del circo e sognava una vita allo stesso livello. Poter sussurrare parole dolci all’orecchio di qualcuno e non dover lanciare sempre urla per farsi sentire.

Ma naturalmente nessuno della compagnia avrebbe osato salire così in alto.

Nessuno, eccetto Capirote, l’uomo cannone, che però le passava vicino volando sempre così in fretta...

E senza dirle neanche un ciao. Né un semplice sguardo, né un triste addio.

E, per di più, quello stupido stava già da oltre un mese

barricato dentro il suo cannone.

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Una notte, mentre il resto della

compagnia dormiva, udìqualcosa. All’inizio era un sussurro

melodico quasi impercettibile, ma poi crebbe d’intensità.

Quel mormorio proseguì durante tutto il giorno e Regina, incuriosita, chiese agli altri

della compagnia da dove provenisse quella voce. Ma nessuno le seppe rispondere

poiché nessuno, salvo lei, la udiva.

Continuando a cercare l’origine di quella cantilena, scoprì che la sentiva solo

in un punto preciso: di fronte al cannone di Capirote.

L’uomo cannone, da lì dentro, le cantava canzoni quasi dimenticate, che uscivano sparate dal cannone

e scintillavano nel più profondo dell’anima di Regina.

–Capirote...– gridò Regina –sali quassù, lanciati!!!L’uomo cannone tardò un po’, ma alla fine si decise a rispondere:

–Non posso, ho bisogno di qualcuno che accenda la miccia! E vorrei che fossi tu a farlo!

–Non posso scendere... ho le vertigini– disse, quasi a se stessa, Regina.

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Vartina [LA MAGA]

Strano il caso di questa signorina che, giocando assorta nel propriopendolo, s’ipnotizzò da sola. E fu per merito o per colpa di questo che, da quel giorno, solo ai propri ordini obbedì.

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Ainoha [LA FUNAMBOLA]

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L’equilibrista rimase così, immobile, a ventiquattro

metri dal suolo, piangendo per la sua colpa.

Tuttavia all’improvviso notò qualcosa sul pollice dell’altra mano: era il ragno, che si era costruito un piccolo filo e,

dondolandosi, era andato da un’estremità all’altra,

si era accomodato sul suo dito anulare,

e proseguiva con il tip tap.

Ainoha iniziò a piangere, ma questa volta non di dispiacere.

Poi all’improvviso si mise a riderefreneticamente, ma non per il solletico.Non solo per quello, anche. Quasi nessuno capì cosa mai fosse accaduto quella notte, su quella corda sospesa a ventiquattro metri da terra, ma da allora Ainoha non fu più la stessa. Il giorno seguente

smontò la sua corda fluttuante e feceinstallare una gigantesca ragnatela

per camminarci sopra, perché diceva non so che sugli estremi che si uniscono.

O qualcosa così.

Ainoha sorrideva sempre a mezzabocca e piangeva solo da un occhio.

Il fatto è che ad Ainoha non erano mai piaciuti gli estremi,

per questo divenne equilibrista, per andare nella via di mezzo.

Ma un giorno accadde una cosa davvero speciale:mentre camminava lungo la corda fluttuante,

un ragno le si posò sulla punta del naso. Dal naso passò al collo, ed è lì che iniziò il solletico

per davvero. Ainoha, per non ridere, si mise a pensare a cose sgradevoli, ma quando il ragno

arrivò sulla punta del suo dito indice e cominciò a ballare il tip tap, la funambola, già rossa

per lo sforzo, non ce la fece più: la risata le uscì fuori tutta d’un colpo.

Dallo spavento il ragno perse l’equilibrio e cadde. Ainoha, perplessa, passò

dalla risata più fragorosa al pianto piùdesolato, per quello sfortunato ragno

che immaginava spiaccicato a terra.

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Olivia Vatio [L’ILLUMINATRICE]

Ogni notte era la stessa cosa, conosceva già tutti i numeri, i dialoghi, le battute... e, benché lo spettacolo fosse davvero bello, a Olivia Vatio non suscitava più neppure un pizzico di curiosità. A lei, ciò che piaceva davvero era guardare il pubblico. Il problema è che gli spettatori erano sempre in penombra e all’illuminatrice costava una gran fatica distinguerli con chiarezza.

Ma alla fine lo fece: a metà dello spettacolo, nel momento cruciale, non poté più resistere alla tentazione, prese il suo gran riflettore e lo girò verso il pubblico.Furono quattro secondi di apoteosi, giacché finalmente poté vedere il pubblico in tutto il suo splendore. Però, quando la gente si accorse di essere osservata (e per di più con quel riflettore che illuminava tutti nei gesti più intimi), qualcunocominciò a esagerare il proprio ruolo di spettatore mentre ad altri, in compenso, venne il panico da palcoscenico, che li paralizzò.

La mini rappresentazione particolare di Olivia finì lì, e anche il suo postod’illuminatrice, poiché da quel giorno scoprì la sua vera vocazione: accompagnaregli spettatori al proprio posto. Adesso Olivia Vatio, sempre con la torcia in mano,porta il suo sorriso abbagliante a spasso fra il pubblico.

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Hilario [IL DOMATORE DI PULCI]

Le pulci di Hilario non erano, come si suol dire, tutta questa bontà. Al povero Hilario, lo tormentavano: gli nascondevano gli occhiali, gli facevano rovesciare il tè, lasciavano stappato il barattolo dello zucchero così che si riempisse di formiche, lo facevano inciampare sugli scalini della carovana e un lungo eccetera di dispetti.

In tutto questo, Hilario diventava rosso e gli si gonfiava la vena della tempiadestra, e le malediceva a più non posso, mentre, cercandole ovunque, gridava:

–Non è per niente divertente. Per niente!

Ma alla fine lasciava perdere, perché non le trovava mai.

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e capocchie di spillo. O ancor più.

Tant’èvero che nessuno le aveva mai viste, neppure lo stesso Hilario.

Non sa

peva mai dove fossero,

cominciando a recitare proprio come le aveva addestrate lui.

ma

ogni

volta

che apriva la sua valigia, le sentiva arrivare

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Allora, orgoglioso, guardava la gente, come per dire: “Eccole qui, sono tornate, come sempre. Gliel’ho insegnato io”.

Tuttavia un giorno, dopo una brutta sgridata, Hilario aprì la sua valigia ed ebbe la sensazione che le pulci non ci fossero più.

E non sarebbero mai più tornate.

Da quel giorno Hilario cambiò. Si mise a ciondolare qua e là, a testa bassa,portando con sé il proprio dolore e la propria colpa. E sentendosi più piccolo della capocchia di uno spillo. Ma non solo. Adesso, quando il domatore non trovava qualcosa, oppure quando inciampava, non si infuriava più.

Un po’ alla volta Hilario si stava trasformando in una persona più o menotranquilla. E tutto, o quasi tutto, continuò come prima, ma senza pulci.

Può darsi che lui non se ne sia mai reso conto, ma la verità è che le pulci –o meglio, la loro assenza– gli avevano insegnato a vivere con più serenità. Le pulci avevano domato il loro domatore. Erano riuscite a placare la belva.

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Nervenkitzel [LA DIRETTRICE D’ORCHESTRA]

Nervenkitzel era una persona energica, con molta vitalità.Diceva sempre che la musica la riempiva di energia, ma nessuno riusciva a capirecosa volesse dire veramente. Ma quel che accadde quel 2 di dicembre fu troppo. Da quella notte nessun musicista volle più suonare per lei.

Il giorno seguente raccolsero i propri strumenti e se ne andarono. La salutaronoda lontano, nessuno si avvicinò per stringerle la mano né, ancor meno, per abbracciarla. Tutti temevano di subire la stessa sorte di quel povero bambino.

La notte del 2 dicembre, durante la rappresentazione, in mezzo a un allegrovivacissimo, la signorina Nervenkitzel lanciò attraverso la sua bacchetta una scarica elettrica a forma di saetta, che arrivò su Niño, che in quel momentostava suonando il triangolo. Miracolosamente il fulmine non solo non lo uccise,ma anzi gli diede una vitalità straordinaria. Anche se l’odore di bruciacchiaturanon lo lasciò fino alla fine dell’anno.

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La direttrice d’orchestra restò senza orchestra. Eccetto Niño, non rimase nessuno.Sfortunatamente, fu solo dopo che tutti erano andati via che la signorinaNervenkitzel riuscì a trovare la spiegazione all’accaduto: aveva confuso la sua bacchetta con la bacchetta magica della maga Vartina.

Ma era già tardi, e quella notte lo spettacolo aveva comunque bisogno di musica. Prese l’occasione al volo e decise di dirigersi da sola.

Fu un successo strepitoso. Il pubblico impazzì per lei. Una settimana dopo, su Nervenkitzel piovvero decine di offerte da altri circhi. Tutti vollero avere la donna orchestra nel loro spettacolo.

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Ding Dong [IL PAGLIACCIO]

L’anziano Ding Dong rideva assolutamente di tutto, e quando dico tutto vogliodire che il semplice volo di una mosca lo faceva morire dalle risate. Di fatto, è così che affermava sarebbe morto: morto dal ridere. Tuttavia, poiché Ding Dong non diceva due parole di seguito sul serio, nessuno gli diede mai troppa importanza.

E accadde ciò che doveva accadere: un tragicomico giorno qualcuno uccise Ding Dong. Fu senza volerlo. Lo fece con una barzelletta, una di quelle difficili da capire al volo. Il pagliaccio non rise. Morì così, con la faccia da “non l’ho capita”.Chi l’avrebbe detto. Alla fine, al contrario di come lui diceva sempre, Ding Dong spirò con una certa aria preoccupata.

Lo seppellirono in un giorno assolato nel cimitero municipale. Morire fu l’unicacosa seria che fece il pagliaccio Ding Dong. E neanche questo, perché sembra –e lo dicono in più di due– che se avvicini un orecchio alla sua tomba, puoi sentire come si stia sbellicando dalle risate. Al defunto Ding Dong costò, ma alla fine la barzelletta la capì.

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Elena [LA CONTORSIONISTA]

Elena,l’introversa Elena, era capace

di introdursi nei più piccoli meandri,quelli in cui neppure un bambino

sarebbe riuscito a infilarsi. Per di più, ogni giorno si allenava duramente

per ficcarsi in posti sempre più piccoli.

Una mattina di primavera, quando la compagnia si svegliò, Elena era scomparsa. Tutti la cercarono

giorno e notte per intere settimane, ma non ne trovarono mai neppure l’ombra.

Presero in considerazione ogni tipo di disgrazia, e infinel’ipotesi che ritennero più plausibile fu che si fosse infilata in

qualche buco dal quale non fosse più potuta uscire.

Quel che nessuno scoprì mai fu che Elena, “la svitata” come qualcuno la chiamava, era riuscita,

dopo molti tentativi, a introdursi nel proprioombelico. Dal quale non volle

uscire mai più.

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Bartolomè [IL VIRTUOSO DI OMBRE CINESI]

Bartolomè voleva essere il miglior creatore di ombre cinesi. Non ci fu, né c’era, né ci sarebbe stato mai nessuno capace di pantomime migliori delle sue. Tuttavia Bartolomè era preoccupato da qualcuno. Qualcuno che era bravo quasi quanto lui: la sua ombra.

Per riuscire a coglierla in fallo, faceva difficili contorsioni, equilibri impossibili, movimenti bruschi, ma nulla: l’ombra ripeteva sempre esattamente tutti i suoi movimenti, tali e quali.

Per di più, col tempo, la sua ombra stava diventando migliore di lui. Dapprima era quasi impercettibile, ma più Bartolomè s’impegnava a essere più bravo di lei, sempre meno questa rispondeva ai suoi movimenti, fino al punto da fare contorsioni per lui impossibili.

Adesso era Bartolomè che seguiva la sua ombra, pur cercando sempre il modo di superarla. Perché ciò che davvero lo irritava era che il pubblico avesse più applausi per lei che per lui.

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Bartolomè si sentiva eclissato dalla propria ombra. La questione non era più chi facesse le migliori ombre cinesi, bensì chi saltassepiù in alto, chi cucinasse meglio, chi tagliasse più legna da ardere, o di chi fosse realmente innamorata Olivia Vatio, la donna di Bartolomè, che non si sapeva più se illuminasse suo marito o la sua ombra.

–Non ti sopporto più, me ne vado, non voglio più seguirti, non voglio piùcompetere con te. Hai vinto tu!– gridò un giorno Bartolomè dalla cima di una collina, e subito dopo l’eco della valle gli rispose:

–...Hai vinto tu!–No, hai vinto tu!– rispose lui furibondo.–...Hai vinto tu!–Ma no, hai vinto tu, sul serio. –...Hai vinto tu, sul serio.

Bartolomè diventò così molesto che, dopo innumerevoli giorni, la sua eco dovette ingoiarsi le proprie parole, e dargli ragione.

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Dal giorno alla notte Capirote riuscì finalmente a uscire dal suo cannone e, più felice che mai, a volare. L’intera compagnia si meravigliò nel vederlo uscire

senza che la “donna della sua vita” gli avesse acceso la miccia come lui pretendeva, ma, in ogni caso, nessuno osò chiedergli come mai.

Si decise di ripristinare il numero dell’uomo cannone dopo quasi un mese che erarimasto lì dentro. Quella notte l’attesa era grandissima, visto che i muri del paese

erano stati ricoperti da manifesti che annunciavano l’evento. Come sempre, fu Niño ad accendere la miccia. L’uomo cannone tornò a guadagnarsi gli

applausi del proprio pubblico. Tutto tornava a essere come prima.

Ciò che tutti ignoravano era che per Capirote e Regina, la trapezista,era iniziato un idillio d’amore che si limitava a un unico

appuntamento quotidiano, di alcune frazioni di secondo. Ma erail tempo sufficiente a consentire che, durante lo spettacolo,

quando Capirote passava accanto a Regina volando, i due si dessero un bacio fugace e lei infilasse al volo unbigliettino fra la guancia e il cinturino del casco di lui.

Durante il resto della giornata ravvivavano ilproprio desiderio col ricordo di quell’istante.

Andò avanti così per molto tempo.Sempre discreti nel proprio amore

col contagocce. Finché finalmenteCapirote, con pazienza

e dedizione, imparò adaccendere, senza l’aiuto di nessuno, la miccia

del suo cannone.

Regina e Capirote 14

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Quattordici racconti vorticosi e inebrianti che, con sapiente e divertita semplicità,

raccontano del quotidiano e familiare circo della vita.

Una trapezista che soffre di vertigini;

un virtuoso di ombre cinesi che ha paura della sua ombra;

una contorsionista molto, molto introversa;

un lanciatore di coltelli astigmatico.

E poi ancora un domatore domato, una ipnotizzatrice ipnotizzata…

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