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L’ENEA per l’adattamento ai cambiamenti climatici nelle aree costiere Da anni l’ENEA sviluppa ricerche finalizzate alla messa a punto di metodi per la valuta- zione dello stato delle dune costiere in rela- zione all’erosione dei litorali. In questo ambito rientra l’esperienza della realizzazione di una analisi contestualizza- ta sullo stato delle dune costiere (sviluppa- ta nell’ambito di un gruppo di lavoro di 14 sedi universitarie italiane e in collaborazio- ne con il Ministero dell’Ambiente, del Terri- torio e del Mare), che rappresenta il primo data base geografico, nazionale su questo tema che risponde anche a criteri di certi- ficazione secondo standard europei. Le dune costiere, da tempo proposte ne- gli studi ENEA come elementi di naturale mitigazione del rischio di erosione, posso- no essere un modo di avviare l’attuazione, anche in Italia, di interventi di adattamen- to ai cambiamenti climatici in atto e pre- visti secondo il principio della “limited in- tervention”, come indicato nella lettera- tura internazionale per le aree costiere di ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 5/2007 34 Da anni l’ENEA conduce ricerche sullo stato delle dune costiere per pianificare la gestione e la mitigazione del rischio di erosione dei litorali sabbiosi in Italia. In collaborazione con 14 università, è stata creata una banca dati nazionale sulle dune. Da questa iniziativa si prevedono ulteriori progetti per sviluppare l’impiego delle dune costiere come elementi naturali di adattamento e mitigazione del rischio di erosione costiera anche a seguito dei cambiamenti climatici in atto riflettore su Using coastal dunes for sustainable adaptation to climate change ENEA has long conducted research on the state of Italy’s coastal sand dunes, with the aim of planning their management and thereby helping to prevent seaside erosion. A dune database has been created in collaboration with 14 Italian universities. Further projects are envisaged to use coastal dunes as natural features for adapting to and mitigating erosion risks, which are heightened by climate change Le dune costiere per l’adattamento sostenibile ai cambiamenti climatici Edi Valpreda ENEA Dipartimento Ambiente, Cambiamenti Globali e Sviluppo Sostenibile

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L’ENEA per l’adattamento ai cambiamenti climatici nelle aree costiere

Da anni l’ENEA sviluppa ricerche finalizzatealla messa a punto di metodi per la valuta-zione dello stato delle dune costiere in rela-zione all’erosione dei litorali. In questo ambito rientra l’esperienza dellarealizzazione di una analisi contestualizza-ta sullo stato delle dune costiere (sviluppa-ta nell’ambito di un gruppo di lavoro di 14sedi universitarie italiane e in collaborazio-ne con il Ministero dell’Ambiente, del Terri-torio e del Mare), che rappresenta il primodata base geografico, nazionale su questotema che risponde anche a criteri di certi-ficazione secondo standard europei. Le dune costiere, da tempo proposte ne-gli studi ENEA come elementi di naturalemitigazione del rischio di erosione, posso-no essere un modo di avviare l’attuazione,anche in Italia, di interventi di adattamen-to ai cambiamenti climatici in atto e pre-visti secondo il principio della “limited in-tervention”, come indicato nella lettera-tura internazionale per le aree costiere di

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Da anni l’ENEA conduce ricerchesullo stato delle dune costiere

per pianificare la gestione e la mitigazione del rischio

di erosione dei litorali sabbiosi in Italia.

In collaborazione con 14 università, è stata creata

una banca dati nazionale sulle dune.Da questa iniziativa

si prevedono ulteriori progetti per sviluppare l’impiego

delle dune costiere come elementinaturali di adattamento e mitigazione del rischio

di erosione costiera anche a seguitodei cambiamenti climatici in atto

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Using coastal dunes for sustainable adaptation

to climate change

ENEA has long conducted research on the state of Italy’s coastal sand dunes, with the aim

of planning their management and thereby helpingto prevent seaside erosion. A dune database has beencreated in collaboration with 14 Italian universities.

Further projects are envisaged to use coastal dunes as natural features for adapting to and mitigating

erosion risks, which are heightened by climate change

Le dune costiere per l’adattamento

sostenibile ai cambiamenti

climatici

Edi ValpredaENEA

Dipartimento Ambiente, Cambiamenti Globali e Sviluppo Sostenibile

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pregio naturalistico ecologico. Questa mo-dalità di mitigazione del rischio di erosioneoggi non fa parte né delle politiche di ge-stione costiera, né delle politiche di salva-guardia ambientale in Italia.

Strategie di adattamento per le coste

Le strategie di adattamento (planned adap-tation) agli impatti attesi per effetto deicambiamenti climatici nelle aree costieresono, in via generale, già state definite edocumentate [1, 2] ed implicano scelte di-verse che possono essere semplificate in treopzioni possibili:• proteggere e rendere stabile il limite ter-

ra mare; • lasciare arretrare la posizione del limite

terra mare; • contenere l’arretramento con strategie

di difesa che non siano troppo vincolate almantenimento di una posizione comple-tamente stabilizzata della posizione dellimite terra mare (“limited intervention”).

Le azioni in corso, in altri paesi d’Europa edel mondo, hanno evidenziato come l’a-dattamento in area costiera, in particolare,non sia solo una questione di tecnologiama quanto sia fondamentale che questosia un processo complesso ed interattivoche implica [3]:• disponibilità di informazione in grado di

creare conoscenza; • capacità di pianificazione e progettazione

integrata.

La strategia di adattamento ai cambiamen-ti climatici è sinergica ed interconnessa conla strategia di mitigazione (figura 1) [4]:non fa riferimento alle emissioni di gas ser-ra in atmosfera, bensì agli impatti (effetti)dei cambiamenti del clima, ed ha l’obietti-vo di minimizzare le possibili conseguenzenegative derivanti dai cambiamenti clima-tici in atto proponendo azioni per ridurre

la vulnerabilità territoriale e quella socio-economica ai cambiamenti del clima, e dan-do la massima attenzione ad individuaresoluzioni in grado di produrre nuove op-portunità di sviluppo socio-economico.Il concetto di adattamento, già ben evi-denziato nel 1998 da Scheraga e Gramb-sch [5] esprime infatti la volontà propo-sitiva di ridurre gli effetti degli impatti(dannosi), attuali e futuri, che i cambia-menti climatici indurranno attraverso azio-ni convenienti e che incrementino i po-tenziali vantaggi anche in senso econo-mico. Gli impatti dei cambiamenti climati-ci sulle risorse, sulle attività e sulla salute ebenessere delle collettività saranno diver-si per ciascun paese europeo; quindi ognipaese deve avviare specifici progetti e pro-grammi per conoscere le proprie peculia-rità e valutare le migliori strategie di in-tervento.L’Unione Europea ha iniziato, sin dal 2004[6], a sollecitare l’attenzione dei paesimembri all’avvio di piani nazionali ed azio-ni di adattamento, prefiggendosi il tra-guardo di una strategia comune di adat-tamento avviando azioni e predisponen-do documenti per sostenere un lavoro inpartnership con i paesi membri, ben con-scia dell’opportunità strategica ed econo-mica, di svolgere un ruolo leader mondia-le su questo tema (http://reports.eea.eu-ropa.eu/climate_report_2_2004/en).

Figura 1Interdipendenza tra mitigazione delle emis-sioni ed adattamento (fonte: Climate Al-liance, 2006, modificato)

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La più recente di queste azioni è la presen-tazione del Libro Verde: “Adapting to cli-mate change in Europe: options for EU ac-tion” [7] che delinea la strategia comuni-taria per affrontare il problema dell’adat-tamento ai cambiamenti climatici. Allo stes-so tempo la Commissione Europea ha av-viato un ampio processo di consultazionepubblica (via web) con tutte le parti inte-ressate i cui risultati sono attesi nel 2008(http://ec.europa.eu/environment/climat/eccp_impacts.htm).Si tratta infatti di superare una diffusa diffi-coltà a recepire l’interazione profonda efondamentale tra mitigazione ed adatta-mento ivi compreso il pregiudizio diffusoche l’adattamento non si possa attuare agliambienti naturali e che le azioni di mitiga-zione debbano necessariamente avviarsi pri-ma delle azioni di adattamento. Questa dif-ficoltà, negli anni recenti oggetto anche dianalisi scientifica [8,9], ben si evidenzia inItalia nella mancanza sinora di programmio progetti indirizzati alla produzione di im-patti dei cambiamenti climatici su scala na-zionale. È riconoscibile anche nei primi ri-sultati dell’elaborazione di questionari pro-posti ai partecipanti ai sette eventi prepa-ratori alla Conferenza Nazionale per i cam-biamenti climatici, svoltisi tra giugno e lu-glio 2007, e volti a raccogliere la percezio-ne individuale ai cambiamenti climatici [10].Rispetto a questo generale fermento eu-ropeo, l’Italia si presenta con un fortissimoritardo sul tema dell’adattamento: sia perl’apparente difficoltà di recepirne la effet-tiva rilevanza scientifica e politica, sia perla storica difficoltà di pianificazione effica-ce del proprio territorio e dei rischi natu-rali che già oggi gravano sul nostro paesee che ne rende più problematico l’avvio.Le misure di adattamento possono essere“anticipatorie” o “reattive” rispetto agliimpatti attesi, ma in ogni caso si attuanoattraverso interventi sul sistema naturaleo sociale – economico, interventi che fannofortemente riferimento ai temi della pia-

nificazione del territorio e che, in ogni ca-so, implicano una capacità di gestire le con-flittualità di uso dovute ad interessi mol-teplici e su prospettive di sviluppo a lungotermine. Su questo tema, in particolare sul-l’area costiera, l’Italia ha gravi indugi: lamancata applicazione nel nostro Paese del-la raccomandazione del Parlamento euro-peo e del Consiglio relativa all’attuazionedella gestione integrata delle zone costie-re in Europa (2002/413/CE) volta a creare ipresupposti di integrazione tra le esigen-ze di sviluppo e la protezione delle risorseche sostengono le economie costiere espri-me bene questa condizione [11].Inoltre ci troviamo, in Italia, in una condi-zione di mancanza di conoscenze certifi-cate ed adeguate a sostenere politiche in-tegrate del territorio, non solo per l’ambi-to costiero. Quasi tutti i paesi in Europahanno già da tempo istituito programminazionali di quantificazione spaziale edeconomica degli impatti attesi sulle risor-se (acqua, suolo), sugli ambiti naturali (ma-re, coste, montagna ecc.), sulle attività (tu-rismo, pesca, agricoltura ecc.) e, negli ulti-mi anni, hanno avviato, su queste basi co-noscitive, piani nazionali di adattamentoai cambiamenti climatici in riferimento aisettori che ciascun paese ha ritenuto prio-ritari. Sono tra questi, la Spagna, la Fran-cia, la Gran Bretagna, la Svizzera, la Ger-mania, la Danimarca, l’Olanda, la Finlan-dia oltre ad esempi internazionali comel’Australia.

Le coste italiane: lo stato attuale ecambiamenti climatici

A partire dagli anni 70, indipendentemen-te dagli effetti dei cambiamenti climatici, ifenomeni erosivi dominano l’evoluzionedelle coste sabbiose italiane; infatti, su circa7.500 km di costa complessivi vi sono, at-tualmente, almeno 4.000 km di spiaggesabbiose di cui una percentuale variabile(sino al 42%) viene indicata da diversi au-

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tori negli studi oggi disponibili a scala na-zionale sull’erosione [12, 13, 14].Come per tutto il resto del mondo, le causedell’arretramento delle spiagge sabbiosein Italia dipendono da fattori fortementedeterminati dalle azioni antropiche: in pri-mis la riduzione di materiale disponibile at-traverso il trasporto fluviale a causa delleopere idrauliche di sbarramento, della ce-mentificazione degli alvei e del prelievo daquesti, spesso abusivo, di inerti; oltre a ciòcontribuiscono all’erosione delle spiagge lestesse opere di difesa a mare (pennelli tra-sversali, scogliere), le foci armate dei fiumie le opere portuali che, salvaguardando al-cuni tratti di costa, spesso trasferiscono i fe-nomeni erosivi sottoflutto e, in generale,contribuiscono alla riduzione dell’efficaciadel già scarso trasporto litoraneo [15].Come evidenziato nelle analisi, anche ascala europea, per tutte le coste basse esabbiose, gli effetti indotti dai cambiamen-ti climatici nelle condizioni ambientali chene governano l’evoluzione sono presup-posti di rischio di accelerazione ed amplia-mento dei fenomeni di erosione e, conse-guentemente, di incremento della consi-stenza dei danni. Gli effetti attesi non siriferiscono solo al sollevamento del livel-lo del mare, ma a tempeste marine più fre-quenti e ravvicinate, seppure meno vio-lente, a piogge più intense e concentratenel tempo, all’aumento della temperaturastessa [16]. Le coste (specie quelle basse esabbiose ma non solo queste) sono unodegli ambiti in cui gli impatti attesi daicambiamenti climatici produrranno mag-giori difficoltà e danni e, nel contesto eu-ropeo, questi effetti saranno maggiori pro-prio nel bacino Mediterraneo [16], quin-di anche in Italia.Gli ambienti costieri in Italia sono infatticaratterizzati da morfologie tali da farepresumere risposte locali anche molto di-verse rispetto alle variazioni che avverran-no con i cambiamenti climatici nei pros-simi decenni.

Per la forte subsidenza antropica indottada emungimenti forzati di fluidi dal sotto-suolo (acqua potabile e acque metanifere)le zone dell’Alto Adriatico si candidano adavere il massimo impatto possibile rispettoall’atteso sollevamento del livello del ma-re [17, 18, 19]. Le caratteristiche morfolo-giche e sedimentologiche dei fondali e del-le spiagge stesse, il loro utilizzo, la presen-za di strutture ed infrastrutture o di am-bienti lagunari e dunari nelle aree retro-stanti, rappresentano tutti elementi fon-danti da comparare con gli scenari meteo-climatici per valutare queste diverse risposte.La zona costiera italiana ha condizioni in-trinseche diverse rispetto a quelle delle co-ste nord europee: una pressione antropicaenorme che ancora cresce e crescerà a ve-locità enorme (previsione di crescita del-l’antropizzazione entro i primi 10 chilome-tri di oltre il 60% [11]), che si sovrapponead un pregresso già non sostenibile. Nei co-muni litoranei vivevano al 2001, circa 17,8milioni di abitanti con una densità pari a387 ab/kmq, rispetto alla media nazionaledi 188 ab/kmq. [20]. Il 30% delle popola-zione risultava, nel 2006, concentrato sul-la costa su un territorio valutato in circa il14% del territorio nazionale [21]. I comu-ni litoranei sono 605 con una quota di mer-cato residenziale pari al 30% circa. Tra essisi trovano 36 Capoluoghi di provincia,tracui grandi città quali Roma, Napoli, Genova,Palermo, Bari e Venezia [22].Più in generale, riguardo al consumo deisuoli costieri, una ricerca del WWF Italia - ilProgetto Oloferne - ha fornito, già qual-che anno fa, dati allarmanti. Il 58% del-l’intero litorale italiano è soggetto ad oc-cupazione antropica intensiva; il 13% è in-teressato da una occupazione estensiva;solo il rimanente 29% risulta completa-mente libero da insediamenti e infrastrut-ture. Esistono ormai soltanto 6 ambiti co-stieri omogenei, prevalentemente liberi,di lunghezza superiore ai 20 km e sono di-slocati in Sardegna (4), Campania (1) e Ve-

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neto (1). In generale, tranne casi particola-ri (esempio ancora la Sardegna) il litoraleitaliano ha ormai poco spazio per arretra-re perché, come già ben si evidenziava nellontano 1986 [23], “si è sistematicamentedisatteso il principio della scarsa rigenera-bilità della risorsa spiaggia e si è operatosenza una preventiva analisi in termini dieconomia ambientale”. È indicativo, inol-tre, che buona parte delle aree industria-li dichiarate “a rischio di crisi ambientale”dal ministero dell’Ambiente interessinoambiti marino-costieri.In questo contesto l’erosione dei litoralinon si presenta solamente come un pro-blema di natura ambientale (perdita dibeni e di paesaggio naturali), ma anchecome un problema economico e sociale:perdita della risorsa spiaggia utilizzata afini turistici, distruzione delle infrastruttu-re e delle abitazioni costiere.La percezione dell’ambiente costiero co-me territorio da “usare” come risorsa eco-nomica lo ha infatti reso altamente vulne-rabile perché questa aspettativa rende ne-cessaria la sua stabilizzazione, la messa insicurezza delle strutture poste a ridosso oaddirittura il suo ampliamento per rispon-dere alle richieste di aumentarne la resaproduttiva.Nonostante i parametri sopra riportati disviluppo ed occupazione infrastrutturaleed antropica, nel nostro territorio costie-ro permangono condizioni di elevatissimapeculiarità ecologico-ambientale: zoneRamsar, Zone di Protezione Speciale (ZPS)o Siti di Importanza Comunitaria propo-sti (pSIC); della Rete Natura 2000 (figura2).I litorali rispondono alle mareggiate o al-l’ingressione e all’innalzamento del marecon una grande dinamicità che li porta adampliarsi ed a contrarsi su scale tempora-li brevi: le stesse variazioni stagionali delclima di moto ondoso causano le variazio-ni significative della posizione della linea diriva. Questo li rende estremamente vulne-

rabili e pericolosi per le attività economi-che e per le infrastrutture ivi localizzatema ne esprime, al contempo, la loro resi-lienza, cioè la capacità di adattarsi a nuo-ve condizioni. Questa capacità dipende,in modo sostanziale, dalla possibilità rea-le dell’ambiente costiero di modificarsi infunzione di un equilibrio dinamico dellacosiddetta “zona di transizione”, di con-giunzione e costante azione diacronica trail mare e la terraferma, con i diversi ele-menti fisico- geometrici ed habitat che lacompongono: spiaggia sommersa edemersa, cordoni di dune e lagune ed areeumide di retro-spiaggia. Gli usi discordi che caratterizzano i litoralimediterranei, con la sovraimposizione traattività turistiche ed economiche plurime,di ambienti di pregio ecologico naturalisti-co, (aree lagunari di foce, dune costiere),abitazioni e strutture residenziali, portua-lità turistica, stanno ulteriormente riducen-do la resilienza del sistema costiero inter-rompendo il naturale processo di sviluppodune-spiaggia ed incrementando l’erosione.

La resilienza costiera: l’esperienza dell’atlante nazionaledello stato delle dune costiere

In questa dinamicità dei litorali le dune co-stiere hanno un ruolo fondamentale e mol-teplice. Oltre ad avere un intrinseco valore

Figura 2Area salmastra alla foce del fiume Biferno(Molise)

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ecosistemico ed ambientale, le dune svol-gono un ruolo attivo di serbatoio di sabbiaper le spiagge in erosione, di sbarramentoper le inondazioni, da frangivento per lecoltivazioni all’interno e, non ultimo, di bar-riera all’ingressione del “cuneo salino”. Ledune infatti ospitano una falda dolce so-spesa che interagisce dinamicamente conla quota dell’interfaccia tra acqua dolce esalata con un rapporto di circa 1:40 [24].Le dune sono un elemento caratteristicodelle spiagge sabbiose in Italia (figura 3).Sono generalmente presenti come cordo-ni discontinui e con apparati di dimensio-ni ridotte (con altezze generalmente me-triche) ma comunque sono elementi sostan-ziali nell’equilibrio dinamico dei litorali. La presenza delle dune costiere è andataprogressivamente riducendosi in Italia, co-me anche in Europa [25], ma non è sempli-ce reperire dati quantitativi, che siano esau-stivi, omogenei e certificati. Sulla base deidati riportati da APAT [26] al 1998 nell’Eu-ropa centrale e occidentale le dune costierecensite risultavano ridotte di circa il 75%delle superfici dunali presenti nel secolo XIX. Benché le tracce di quest’azione di demoli-zione sulle dune costiere italiane ad operasia dell’erosione sia delle azioni antropichesiano ben visibili in tutte le regioni italianeè difficile disporre di dati quantitativi daconfortare con numeri e statistiche a scalanazionale.

Come purtroppo accade per quasi tutti idati ambientali a componente geografica inItalia i dati che si possono reperire non sonocongruenti tra loro e spesso non derivanoda programmi nazionali mirati a produrrein modo rigoroso questo tipo di conoscen-za, peraltro fondamentale. Come per mol-ti altri temi ambientali, la conoscenza pro-dotta negli studi condotti nel dettaglio lo-cale non riesce a sopperire alla necessità dicompletezza e congruenza di conoscenzanazionale indispensabile affinché si possa-no efficacemente conoscere i fenomeni dirilevanza strategica (come è certamente ilrischio costiero nel contesto del rischio idro-geologico) nonché avviare piani nazionalisu medio e lungo periodo.Pur nella consapevolezza scientifica dell’im-portanza delle dune costiere nel contestodell’evoluzione dei litorali, non si dispone-va sino ad ora di una conoscenza quantita-tiva e certificata della loro distribuzione estato di conservazione se non di quella de-rivabile dall’Atlante delle Spiagge Italiane[27] in cui la presenza delle dune costiereera rappresentata con dei simboli a-dimen-sionali e non con un approccio cartografico. L’evoluzione delle politiche e delle strate-gie di gestione integrata del territorio, ed inparticolare di quello costiero, ha evidenzia-to, negli ultimi anni in Europa, l’indispen-sabilità di dare avvio alla creazione e con-divisione di banche dati geografiche comestrumenti di conoscenza e di supporto allapianificazione evidenziando il problemadelle condizioni per la loro realizzazione,condivisione ed accessibilità.Il primo progetto nazionale di rilievo car-tografico e certificato della presenza delledune risulta da una scelta “volontaria” disviluppo di una banca dati geografica na-zionale e certificata all’interno di un piùcomplesso progetto di ricerca (“I depositieolici delle coste italiane e il flusso di sedi-menti spiaggia-duna”) svolto da 14 Univer-sità italiane e con partecipazione di esper-ti dell’ENEA, con il coordinamento del Prof.Figura 3

Dune costiere riattivate ed erose dal mare

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Giuliano Fierro dell’Università di Genova. Questo progetto ha proposto l’occasioneper sviluppare un’ esperienza, unica per orain Italia, di produzione di una banca datigeografica rispondente alle condizioni edagli standard europei, applicata al tema delrischio naturale in area costiera.La creazione della banca dati delle dunecostiere nazionali, in assenza di una prece-dente cartografia specifica dei depositi eo-lici delle coste nazionali, ha prodotto il pri-mo censimento su scala nazionale e la clas-sificazione delle dune costiere integrandol’analisi di immagini con molti elementi de-rivati da rilievi diretti e con le conoscenzespecialistiche di cui i partecipanti al proget-to sono stati i portatori. La fase di analisi diimmagine oltre alla mappatura, in ambien-te GIS, delle dune costiere ha consentito diacquisire ed organizzare una notevole mo-le d’informazioni su quei parametri morfo-sedimentari, vegetazionali ed antropici ri-tenuti determinanti per valutare lo stato eformulare ipotesi credibili sullo sviluppo fu-turo di queste morfologie eoliche.La definizione dei contenuti informativi(elementi, informazioni e metadati adessi associate) e la progettazione dellabanca dati geografica è stata effettua-ta attraverso un lavoro collegiale che hacoinvolto tutti i gruppi partecipanti conil coordinamento da parte dell’ENEA.L’implementazione dei contenuti della ban-ca dati è stata effettuata dalle singole UnitàOperative, ciascuna facendo riferimento airesponsabili scientifici locali. La complessitàdel progetto ha richiesto, in fase proget-tuale, la creazione di una struttura di datiche consentisse l’autonomia nella sua im-plementazione a scala locale e, allo stessotempo, garantisse la congruenza fisica e lo-gica generale del progetto complessivo afronte di un riaccorpamento finale dei con-tributi in un’unica banca dati. La banca dati è incentrata sull’entità duneche rappresenta l’area occupata, al 1999,da cordoni dunari costieri.

La loro sagoma è stata astratta come poli-goni che ne rappresentano l’ingombroproiettato su un piano. La continuità la-terale dei poligoni tracciati è stata valuta-ta dai ricercatori in base alla presenza edimensione di varchi sui cordoni dunari,tenuto conto anche della scala nominaledella cartografia di base di lavoro(1:10.000) [28]. Con un formale Accordocon il Ministero dell’Ambiente, del Terri-torio e del Mare (Direzione Generale per laDifesa del Suolo) è stato possibile utilizza-re, come riferimento unico cartograficoper il progetto, i contenuti cartografici delPortale Cartografico Nazionale acceden-do ad esso attraverso connessione remo-ta in ambiente GIS. È così stato possibile creare una base infor-mativa geografica che rispondesse a con-dizioni altrimenti non ottenibili:

1. omogeneità cartografica a scala na-zionale. L’attuale situazione italianaper la disponibilità di cartografia nu-merica (o tradizionale) di base nonavrebbe offerto infatti alternative per-corribili tranne che utilizzare carto-grafie datate e poco dettagliate(1:25.000 - 1:100.000 IGMI) o utilizza-re cartografie di grande dettaglio madiverse per ambiti regionali. Non si sa-rebbe potuto garantire facilmente lacondizione di congruenza geograficanazionale. Le necessarie operazioni diadeguamento tra diversi sistemi di ri-ferimento utilizzati in particolare dal-la CTR avrebbero limitato l’accuratez-za dei risultati finali;

2. dettaglio europeo della scala di lavo-ro. Proprio il Progetto INSPIRE(http:geoportal.jrc.it/geoportal/index.htm) ribadisce per i principali elementigeografici di grande rilevanza (tra cuile linee di riva) l’esigenza di rilevarequeste forme con elementi vettorialie con un dettaglio nominale a scala1:10.000.

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La struttura della banca dati, pur mante-nendo una congruenza di obiettivi con lefinalità del progetto generale (scambio disedimenti tra spiaggia ed accumuli eolici),ha privilegiato l’esigenza di fornire ele-menti di pianificazione del rischio costie-ro in stretta connessione con la presenza elo stato di attività delle dune costiere ri-spetto alle spiagge antistanti, la presenzae tipologia di copertura vegetazionale, lapresenza di opere e strutture antropiche,di varchi, sentieri, strade o forme di ero-sione diffusa, la tendenza evolutiva deitratti di spiaggia antistanti e, in questi stes-si, la presenza di opere di difesa e l’utiliz-zo degli arenili a fini di balneazione. Indefinitiva la “legenda” risulta compostada 11 voci (sei inerenti le dune, quattro laspiaggia antistante ed una che descrive lecaratteristiche del vento) suddivise in 25classi (quattordici riferite all’apparato du-nare e undici alle condizioni della spiag-gia, tabella 1).Oltre ai risultati nel dettaglio delle ana-lisi regionali pubblicate dalle singoleunità operative [29] risulta, dall’insiemedei dati, ad esempio, che oltre il 90%delle dune presenti sul territorio nazio-nale al 1999 è ancora “attivo”, cioèscambia sedimenti con la spiaggia anti-stante, ma di queste dune attive è da ri-levare che circa il 50% è ubicato in corri-spondenza di litorali in arretramento la

cui ampiezza risulta essere, in buonaparte (circa il 30%), inferiore a 20 metri(figura 4).

Adattamento e dune costiere: la proposta

Ormai in Italia le dune e le zone naturaliin area costiera stanno sparendo. Moltospesso le dune costiere sono state utiliz-zate, a partire dall’unità di Italia, per l’im-pianto di alcune tra le principali infrastrut-ture viarie e ferroviarie nazionali; con unimpennata dagli anni 70, di anno in an-no, le dune costiere rimaste sono sogget-te ad un esproprio istituzionalizzato o abu-sivo (ma senza conseguenze giuridiche)per fare posto ad una molteplicità di in-terventi diversi (parcheggi, stabilimentibalneari, campi da beach volley, abitazio-ni, passeggiate a mare, ecc) tra cui una re-cente portualità turistica alle foci dei cor-si d’acqua, in risposta ad una domanda lo-cale che sta recentemente rapidamentecrescendo. Lo sviluppo dell’area costieraè, d’altra parte, sempre stato concepito inItalia in conflitto con le aspettative ed esi-genze di conservazione delle risorse terri-toriali (figura 5).Anche la percezione della rilevanza di que-sti ambienti di transizione è nel nostro Pae-se inadeguata: il concetto di “bello” è com-pletamente alterato da schemi di valuta-

• GRADO D’ATTIVITÀ (2 classi): attive / inattive• COPERTURA VEGETALE DOMINANTE (6 classi): alberi, arbusti, erbaceo,

alberi ed arbusti, arbusti ed alberi, assenza di vegetazione • DISTANZA DAL MARE• ANTROPIZZAZIONE (2 classi): urbanizzato, naturale, antropizzato• ALTEZZA (quota slm)• VARCHI (3 classi): sentieri, strade con sbocco al mare, sentieri e strade lungo cresta

• AMPIEZZA (3 classi): 0-20/20-60/>60 m • TENDENZA EVOLUTIVA (3 classi): avanzamento, arretramento, stabile• OPERE DI DIFESA (3 classi): ripascimenti, opere radenti, ripascimenti ed opere radenti• USO (2 classi): balneazione temporanea, balneazione permanente

VENTO • UBICAZIONE E CARATTERISTICHE STAZIONI ANEMOLOGICHE

DUNA

SPIAGGIA

Tabella 1Sintesi dei contenuti informativi della banca dati sulle dune

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zione incentrati su una percezione di valo-re di fruizione del bene secondo modellieconomici datati e non più sostenibili. D’al-tra parte il concetto di conservazione e pro-tezione degli habitat costieri è spesso, edin modo esasperato, inteso solo come sino-nimo di impedimento all’utilizzo ed allo svi-luppo economico. Sono quindi fondamen-tali interventi di educazione e di informa-zione nei decisori politici e nei cittadini frui-tori, sul ruolo delle dune e degli ambientiumidi nel sistema costiero. L’obiettivo è che,ove ancora è possibile, anche opzioni di au-mento della resilienza attraverso la ri-na-turalizzazione delle aree litoranee possa-no entrare nella consuetudine delle politi-che di adattamento ai cambiamenti clima-tici nel territorio costiero valorizzandone ilpotenziale economico e immaginando so-luzioni progettuali non usuali in cui il mo-dello di sviluppo economico trova forme diconciliazione con una gestione non del tut-to rigida del limite terra mare. Questo impli-ca che i piani di recupero e conservazioneprevedano, in parallelo, piani di sviluppodi attività turistiche, economiche ed inse-diative che seguano schemi diversi da quel-li che hanno sinora portato alla devastazio-ne del patrimonio naturale costiero italiano.Questo implica anche e soprattutto che siagarantito l’inserimento di tali iniziative al-

l’interno di procedure di gestione sostenibi-le dell’area costiera (GIZC).La possibilità di utilizzare le dune costierecome elementi di mitigazione dell’erosio-ne è presente da anni negli esempi inter-nazionali. In Italia solo in pochissimi esem-pi (al momento solo in Emilia Romagna),le dune sono state sinora utilizzate per in-terventi di riduzione del rischio dierosione/allagamento seppure con risulta-ti notevoli e con una elevata componentedi innovatività progettuale [30, 31].È necessario che, anche nel nostro paese, siinizino a sostenere anche con interventi le-gislativi (come è avvenuto ad esempio inFrancia) iniziative di adattamento basatesulla riqualificazione o ricostruzione dellearee dunari ed umide che offrono un adat-tamento morbido e continuo agli effettidei cambiamenti climatici; questi interven-ti devono essere supportati da un adegua-to sostegno, anche finanziario, oltre che es-sere inseriti in un contesto di sviluppo eco-nomico sostenibile almeno regionale(“planned adaptation”) [32].Il problema in Italia è, da un lato, la man-canza di una adeguata legislazione che so-stenga questi interventi, meno sperimen-tati, a discapito di interventi di mitigazio-ne del rischio più tradizionali (ma non sem-pre più efficaci), dall’altro la mancanza di

Figura 4a) Copertura nazionale dei rilievi; b) Distribuzione dei cordoni di duna attivi rilevati in corri-spondenza di spiagge antistanti di ampiezza inferiore a 20 metri

a) b)

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Le dune costiere per l’adattamento sostenibile ai cambiamenti climatici

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conoscenza adeguata, su scala nazionale,della presenza e dello stato di conservazio-ne attuale delle dune costiere.La scelta di stabilizzazione rigida del limi-te terra- mare è stata, sino a pochi anni fa,l’unica strategia attuata in Italia in rispostaalla perdita di litorale. Qualsivoglia opzionerichiede specifiche strategie di adattamen-to che vanno oltre alla zona costiera inte-sa in senso geografico rigido. Il problemadell’erosione costiera è imprescindibile da-gli apporti di sedimenti fluviali, dalla ge-stione delle risorse idriche nei bacini artifi-ciali, dagli interventi di difesa dal rischioidrogeologico a scala di bacino idrografi-co, dalle pratiche agricole e dal processo,generale, di utilizzo del territorio continen-tale. Molto spesso scelte di intervento di di-fesa tradizionale sono state invece proget-tate in risposta ad esigenze troppo localiz-zate che, senza considerare i principi di re-ciprocità territoriale, hanno spostato il pro-blema dell’erosione e creato un sistema diinterventi di protezione “a cascata” senzamai risolvere il problema. D’altra parte seppure oggi la costa italiananon antropizzata è localizzata in ambitisempre più circoscritti, in futuro non è pen-sabile di poter difendere la costa dapper-tutto né farlo ovunque con opere di dife-sa rigida o con ripascimenti di sabbie: la re-

cente stima europea di “non sostenibilitàeconomica” di una ipotesi di difesa di cir-ca 10.000 km di litorale, in uno scenario dicambiamento climatico al 2040 [11], rendeevidente la non praticabilità di una difesatradizionale di tutti i 4000 km di coste bas-se italiane potenzialmente vulnerabili al-l’erosione o allagamento a fine secolo. Viè bisogno di conoscenza finalizzata a defi-nire le vocazioni attuali e possibili del ter-ritorio costiero rispetto alle diverse opzio-ni di adattamento e risposta agli impattiattesi per effetto dei cambiamenti climati-ci. È fondamentale che un nuovo modo dipensare il territorio costiero in Italia abbiainizio e, in recepimento delle indicazionieuropee ed internazionali, vengano soste-nute, nel nostro Paese, azioni per ridurrela pressione convenzionale sui litorali: que-sto al fine di renderli più resilienti al cam-biamento climatico in una logica anche diiniziative ed investimenti sostenibili e van-taggiosi. Deve essere in un qualche modo“normata” l’apparentemente ovvia consi-derazione che la zona di transizione non èun elemento fisso ed inamovibile ma varia-bile e dinamico nel tempo, una risorsa po-tenzialmente rinnovabile solo su scale tem-porali che oggi si presentano sempre piùincompatibili con i problemi originati dalsuo progressivo “consumo”. Per gestire ta-le risorsa (anche economica) è quindi ne-cessario un approccio, integrato e strategi-co, che si ponga obiettivi che partono dallaminimizzazione dalla reversibilità degli im-patti e dalla riduzione della vulnerabilità. In attesa di disporre dell’adeguata capacitàdi organizzare azioni e strategie naziona-li, che passano anche attraverso una ade-guata conoscenza, possono essere da subi-to sostenute azioni locali dimostrative ri-volte alla ricostruzione o recupero di areedi transizione come “limited intervention”per l’adattamento, a partire dalle situazio-ni ove esiste già una sensibilità di alcuni am-ministratori locali che possono sostenere iprimi progetti. Figura 5

Esempio di difficile convivenza tra dune esviluppo economico

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Conclusioni: la conoscenza e la consapevolezza utile

Il sistema litorale italiano presenta una par-ticolare fragilità alle trasformazioni che so-no previste negli scenari IPCC di cambia-menti climatico globale e, in ogni caso, giàl’attuale situazione di crisi erosiva, imponel’avvio di azioni di mitigazione delle vulne-rabilità e di adattamento anche di nuovaconcezione.La possibilità di attuare questo tipo di op-zioni di adattamento, inserite in un pro-gramma strategico nazionale, passa attra-verso la capacità di proporre soluzioni tec-nologicamente e metodologicamente in-novative ma anche attraverso la capacitàdi pianificare le scelte e quindi la disponi-bilità di adeguata conoscenza quantitati-va e certificata sul territorio nazionale di-venta basilare.La conoscenza ed il monitoraggio della pre-senza e stato di conservazione delle dunecostiere e degli ambienti di transizione rap-presentano, ad esempio, un elemento fon-dante di tale conoscenza: non però comeun episodio sporadico ma inserito in un pro-gramma strategico nazionale di produzio-ne di conoscenza certificata, quantitativae condivisa in cui le dune nazionali dovran-no essere un elemento di un più complessoe integrato sistema di conoscenza dedica-ta alle aree costiere italiane ed agli impattiattesi. Non disponiamo, in Italia oggi, di questaconoscenza. E soprattutto non esiste unatradizione di collaborazione, su questi te-mi, tra esperti del mondo accademico, en-ti nazionali e sistema delle agenzie nazio-nali e regionali. Condizione questa fonda-mentale per trasformare le conoscenzescientifiche in strumenti di gestione del ter-ritorio e che, come già ben sperimentatonel resto del mondo, non è possibile stabi-lire solo su base volontaristica.Da anni l’ENEA sta sperimentando questasinergia sul tema del rischio costiero ope-

rando su molte aree del territorio naziona-le in stretta collaborazione con le eccellen-ze scientifiche del settore accademico e conil mondo agenziale e in stretta connessio-ne con le realtà europee di ricerca e dellereti tematiche. Da questa esperienza derivala possibilità di avviare nuovi progetti di co-noscenza certificata e condivisa per soste-nere future politiche innovative di gestio-ne e sviluppo delle aree costiere.

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Per [email protected]

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Le dune costiere per l’adattamento sostenibile ai cambiamenti climatici

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