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riflettore s u Dalle parole ai fatti: per una politica convinta sull’efficienza energetica Andrea Molocchi Responsabile Ufficio Studi Amici della Terra ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 2/2010 48 riflettore su appunti di primo piano Un convinto impegno sull’efficienza energetica permetterebbe di sfruttare le posizioni di primato che in questo ambito detengono processi e prodotti che l’Italia e la sua industria possono vantare in ambito internazionale. Un programma di ricerca e di supporto allo sviluppo industriale, la responsabilizzazione delle Regioni, un piano sui trasporti alternativi alla strada, interventi nell'edilizia su edifici e impianti, strumenti di incentivazione della domanda sono i principali elementi per ottimizzare i benefici economici, sociali e ambientali From Words to Facts: for a Firm Energy-Efficiency Policy A firm commitment to energy efficiency would allow to exploit the internationally-acknowledged primacy position of those processes and products that Italy and Italian industry boast in this field. The major actions to achieve the expected environmental, economic and social benefits are an industrial policy to support research and development, measures assigning responsibility to Regions, a new transport plan to increase modal shift, integrated measures on buildings and demand side incentive schemes

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su Dalle parole ai fatti:

per una politicaconvinta sull’efficienzaenergetica Andrea Molocchi

Responsabile Ufficio Studi Amici della Terra

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 2/201048

riflettore su appunti diprimo piano

Un convinto impegnosull’efficienza energeticapermetterebbe di sfruttare leposizioni di primato che in questoambito detengono processi eprodotti che l’Italia e la suaindustria possono vantare inambito internazionale. Unprogramma di ricerca e disupporto allo sviluppo industriale,la responsabilizzazione delleRegioni, un piano sui trasportialternativi alla strada, interventinell'edilizia su edifici e impianti,strumenti di incentivazionedella domanda sono i principalielementi per ottimizzare ibenefici economici, sociali eambientali

From Words to Facts: for aFirm Energy-Efficiency Policy

A firm commitment to energy efficiency would allow toexploit the internationally-acknowledged primacy positionof those processes and products that Italy and Italianindustry boast in this field. The major actions to achievethe expected environmental, economic and social benefitsare an industrial policy to support research anddevelopment, measures assigning responsibility to Regions,a new transport plan to increase modal shift, integratedmeasures on buildings and demand side incentive schemes

L’incerto esito del vertice internazionale sul cli-ma di Copenaghen (United Nations ClimateChange Conference – COP 15), che ha avutoluogo nello scorso dicembre (fallimentare sotto ilprofilo degli attesi accordi formali, promettentema fragile sotto il profilo dell’accordo politicosostanziale) lascia numerosi dubbi su un’evoluzio-ne tempestiva ed efficace delle politiche inter-nazionali per la mitigazione dei cambiamenti cli-matici. Dato che l’esito della COP 15 non scal-fisce l’evidenza scientifica che richiede una tem-pestiva e sostanziale risposta globale, l’unica cer-tezza è che il dilazionamento dei tempi di ag-gregazione del consenso e la fase di crisi econo-mica in cui ci troviamo porteranno inevitabilmen-te ad un’intensificazione della riflessione sullemodalità più tempestive, efficaci, convenienti edeque per la riduzione dei gas serra: l’incerto esi-to di Copenaghen non potrà che accrescere laconsapevolezza della priorità e non-dilazionabi-lità delle politiche di efficienza energetica rispet-to alle altre grandi famiglie d’intervento (catturae sequestro del carbonio, fonti rinnovabili, ener-gia elettrica da nucleare), in vario modo tecnolo-gicamente più immature, più onerose e social-mente problematiche, anche se con prospettivepiù o meno convincenti di superamento degliattuali limiti d’impiego.Come è messa l’Italia sull’efficienza energetica?La recente indagine degli Amici della Terra sulposizionamento dell’Italia negli indicatori su ener-gia e clima (cfr. www.amicidellaterra.it) evidenziache il nostro Paese è in grave ritardo nel rispettodegli obiettivi della politica climatica europea,sia con riferimento a quelli di Kyoto per il perio-do 2008-2012, sia in relazione agli obiettivi na-zionali al 2020 impliciti del pacchetto di provve-dimenti legislativi europei su energia e clima,pubblicato dall’UE nel giugno 2009. Tuttavia,emergono anche alcuni primati dell’Italia nelcampo dell’efficienza energetica (a partire dalla

bassa intensità energetica negli usi finali dell’e-nergia, vedi figura 1) che, spesso, il Paese nonconosce e, dunque, non valorizza in termini po-litici e di sistema. Si tratta, in generale, della ren-dita di posizione che deriva dai miglioramenti diefficienza ottenuti in seguito alla crisi petroliferadel 1973, che si è assottigliata nel tempo (nonsi registrano miglioramenti del livello di inten-sità energetica finale dal 1986) ma che rappre-senta tutt’oggi un patrimonio – innanzitutto in-dustriale – di grande valore (i materiali, le tec-nologie e i sistemi per l’efficienza energetica so-no offerti praticamente da tutti i settori dell’indu-stria italiana).È proprio su questo patrimonio che occorre og-gi puntare con convinzione, non solo per rag-giungere gli obiettivi nazionali di riduzione delleemissioni, ma soprattutto per incrementare lacompetitività dei nostri beni e servizi sui merca-ti globali che dovranno necessariamente fare iconti con prezzi dell’energia elevati e con la ri-duzione delle emissioni di CO2. La rilevanza diquest’opportunità è dimostrata dal recente ac-cordo strategico della Fiat negli Stati Uniti, resopossibile dalla sua posizione di primato nel setto-re auto in termini di emissioni di CO2/km delvenduto europeo – un primato che è probabil-mente globale, visto che gli standard europei so-no diventati – con il nuovo regolamento CE443/2009 per la riduzione della CO2 delle autonuove – i più stringenti a livello mondiale. Dal-l’analisi più dettagliata della situazione attualedell’Italia, emergono con chiarezza, accanto adalcune eccellenze in termini di efficienza, comenel settore termoelettrico, i settori relativamen-te più arretrati che costituiscono la priorità d’in-tervento, come il riscaldamento del settore resi-denziale e i trasporti merci e passeggeri. La domanda che sorge spontaneamente è: co-me mai se siamo tra i primi per efficienza, siamofra gli ultimi nel rispetto degli obiettivi di CO2? ri

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strettamente legati al patrimonio produttivo,tecnologico, di imprenditorialità diffusa del no-stro Paese (oltre che ad una nostra vocazionesociale al risparmio nei consumi, alla prudenza eall’eleganza, che non è mai fatta di eccessi).A quella domanda avremmo dovuto dare tem-pestive risposte da molto tempo, ancor prima diKyoto, e – più recentemente – in occasione del-l’ultimo burden sharing comunitario, quello delpacchetto energia e clima di gennaio 2008, cheha imposto al nostro Paese obiettivi molto ambi-ziosi e con costi relativi assai superiori ad altriStati membri ben più ricchi di noi (cfr. articoloLa strategia europea nel contesto globale e lesue implicazioni per l’Italia, rivista EFEA, n. 4,2009). Invece di fare dell’efficienza un obiettivocomune, in Europa e fra i paesi industrializzatiinnanzitutto, abbiamo accettato impegni di ri-duzione delle emissioni basati su criteri vantag-giosi per gli Stati più spreconi e con PIL pro capi-te più elevato. È ben noto, infatti, che i costi in-

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Qualcosa non quadra? No: è proprio così, avrem-mo dovuto imparare a convivere con questo di-lemma almeno da trent’anni a questa parte. Invalore assoluto consumiamo molta energia eproduciamo molte emissioni; ma – semplifican-do – consumiamo tanta energia e produciamotanta CO2 perché produciamo molti prodotti perl’esportazione, ospitiamo molti turisti e ci pia-ce muoverci in autonomia (con l’automobile).Non certo perché siamo spreconi quando fac-ciamo queste cose, anzi molti indicatori dimo-strano che siamo relativamente più attenti de-gli altri paesi europei e molto più attenti rispettoagli altri paesi del Globo. Il problema è che, invece di cercare di individua-re i nostri punti di forza e scommettere su di es-si, abbiamo peccato di un eccesso di provincia-lismo e ci siamo seduti a guardare con invidiagli altri che innovavano in base ai loro punti diforza. Non abbiamo capito che i nostri primatinell’efficienza non sono dovuti al caso, ma sono

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Figura 1 Intensità energetica finale normalizzata in base a parità di potere d’acquisto, condizioni climatichee struttura del sistema industriale negli Stati membri dell’EU-15 (numeri indice EU-15=100)Nota: Consumi energetici finali per unità di PIL, valutati al valore dell’euro nel 2004 e a parità di potered’acquisto, normalizzato per tener conto delle diverse condizioni climatiche in Europa e delle diversità distruttura industriale: l’Italia, al primo posto, sopravanza Germania e Regno Unito, che si collocano sotto lamedia comunitaria, staccando nettamente Francia, Spagna e Olanda.

Fonte: ADEME, Odissee, Energy efficiency indicators in the EU15: indicators an policies (2007)

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con Ansaldo leader dell’alta tecnologie per il tra-sporto ferroviario e metropolitano, con le suegrandi e piccole imprese di costruzioni che realiz-zano opere civili utili in tutto il mondo, dovrebberealizzare queste innovazioni e realizzare questeopportunità di investimento?

Perché in Italia non si investenell’efficienza energetica?

È un problema economico, di costi? In teoria no.Le misure di efficienza energetica sono moltoconvenienti per la collettività. A fronte di un in-vestimento iniziale, consentono a medio e lungotermine ingenti risparmi sui costi e sulle bollet-te delle varie forme di energia, aumentando laproduttività delle imprese e liberando risorse peraltre forme di spesa dello Stato e delle famiglie.Disponiamo poi di una vasta gamma di strumen-ti di incentivazione, sicuramente migliorabili, maci sono. Anche le banche stanno predisponen-do strumenti ad hoc, per grandi e piccoli utenti.Il problema dell’efficienza è quindi un problemadi politiche. Di priorità e convinzione nelle poli-tiche di governo. In termini di potenziale quantitativo, gli inter-venti di efficienza energetica economicamenteconvenienti, con le tecnologie già oggi disponi-bili, riguardano tutti i settori di trasformazionee di uso finale dell’energia. L’efficienza energeti-ca rappresenta quindi un’area di investimentoimprescindibile per uscire dalla crisi economica. Una recente valutazione dell’ENEA del potenzia-le di abbattimento delle emissioni in Italia e deirelativi costi in uno scenario di accelerazione tec-nologica al 2020 (un’elaborazione preziosissimaper l’impostazione delle politiche su energia eclima a medio e lungo termine, che per la suadelicatezza andrebbe curata in maniera indipen-dente, motivata in maniera trasparente e aggior-nata con periodicità) conferma che, fra le varieopzioni per la riduzione della CO2, gli interventidi efficienza energetica sono quelli che offrono ilmaggior potenziale e sono gli unici a non ave-re costi sociali netti per tonnellata di CO2 ridot-ta, in quanto nella maggior parte dei casi pre-sentano un vantaggio economico netto per la

crementali della riduzione dei consumi di energiasono maggiori per i paesi più efficienti, e cheuguali riduzioni percentuali delle emissioni de-gli Stati possono nascondere profonde iniquitàsotto il profilo economico, soprattutto se gli Sta-ti relativamente più spreconi di energia sono an-che quelli relativamente più ricchi per capacitàeconomica individuale (PIL procapite).Inutile piangere sul passato. Se l’Italia si è fer-mata – e se ci sono ancora opportunità, comesembrerebbe dai dati comparativi – deve ripar-tire. Dobbiamo individuare gli ostacoli che stan-no frenando la ripresa del miglioramento del-l’efficienza energetica nel nostro Paese. Dobbia-mo moltiplicare lo sforzo di valutazione delle po-litiche, degli strumenti, dei punti di forza e didebolezza, ricordando che, per poter intervenirein maniera efficace, la politica ha innanzituttobisogno di un supporto conoscitivo adeguato.Ad esempio, la valutazione dell’Agenzia inter-nazionale dell’energia (AIE) sugli investimentiprevisti al 2050 per ridurre le emissioni del 50%a livello globale, afferma una direzione ben pre-cisa: il 53% della riduzione delle emissioni ri-spetto allo scenario tendenziale sarà dato da in-terventi di efficienza energetica, sopravanzandoil contributo delle fonti rinnovabili (21%), dellacattura e sequestro del carbonio (19%) e del nu-cleare (6%). Inoltre, i corrispondenti investimen-ti in tecnologie di efficienza energetica assom-meranno, con 950 miliardi di dollari l’anno sui1300 circa previsti nello scenario Blue Map, al73% degli investimenti complessivi, superandoampiamente lo sforzo richiesto nelle tecnologielow carbon. Volgiamo ora il nostro pensiero alle attuali dire-zioni d’investimento dell’Italia: combaciano? Larisposta è ovvia: stiamo investendo su prioritàdiametralmente opposte. Si noti che la maggiorparte degli investimenti previsti dall’AIE riguar-da le nuove tecnologie di trasporto: nuove na-vi innovative, nuovi veicoli per il trasporto dellemerci, mezzi di trasporto di massa dei passeg-geri, nuovi modelli di autovetture e di aerei. Al-lora, chi se non il nostro Paese, con Fincantierie gli altri cantieri navali, con Fiat, IVECO e la filie-ra dell’industria meccanica ed elettro-tecnica,

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–21% nel periodo 2005-2020 e un obiettivo na-zionale per i settori non ETS del –13% nel pe-riodo 2005-2020: l’obiettivo complessivo nazio-nale degli Stati membri in tutti i settori (ETS enon-ETS) è quantificabile solo mediante stima). Sinoti inoltre che, sempre in base alle stime in no-stro possesso (EkoInstitute, 2008), l’obiettivo diriduzione delle emissioni dell’Italia del -17% nelperiodo 2005-2020 corrisponde al -3% circa nelperiodo 1990-2020, in quanto le emissioni del-l’Italia sono cresciute nel primo quindicennio1990-2005. Ovviamente, questo non significa affatto che perpuntare sull’efficienza energetica dobbiamo ab-bandonare tutte le altre opzioni di riduzione deigas serra, ma è solo la dimostrazione che le po-litiche di efficienza dovrebbero godere di unapriorità rispetto alle altre opzioni, una prioritàche è invece smentita nei fatti dall’attuale politi-ca di governo, concentrata sul rilancio del nu-cleare e sospinta a promuovere le fonti rinnova-bili con interventi puntuali o parziali, senza unapproccio complessivo. Senza pretendere di avventurarmi in un dibat-tito sul nucleare, vorrei solo mettere in rilevo lecifre del potenziale di risparmio al 2020 negliusi finali di elettricità, che è il settore dove il nu-cleare può fornire un contributo. Prendendo co-me riferimento il potenziale stimato dall’ENEAe su cui concordano anche altre autorevoli stime,entro il 2020 si potrebbero evitare consumi fi-nali di elettricità per 73 TWh l’anno, cioè il 22%circa dei consumi finali lordi del 2008. Questoenorme potenziale di risparmio energetico al2020 corrisponde alla produzione di 6-7 grandicentrali nucleari della taglia ipotizzata dal go-verno (1.600 MW), ammesso che siano realiz-zabili entro il 2020. È infatti questa la preroga-tiva che fa la differenza fra l’efficienza energe-tica e le altre opzioni basate su innovazioni radi-cali, siano esse soluzioni hard come il nucleare osoft come le rinnovabili: le misure di efficienzaenergetica sono a portata di mano, sono im-mediatamente realizzabili oggi, consentono diprender tempo laddove le innovazioni radicalinon siano ancora mature in termini di presta-zioni e di costi.

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collettività. Diversamente dagli investimenti nelnucleare (circa 75 euro/tCO2), nelle fonti rinno-vabili (30-230 euro/tCO2), e nelle tecnologie dicattura e sequestro del carbonio (25-30 eu-ro/tCO2): per i loro extracosti rispetto alle formeconvenzionali di produzione di energia, tuttequeste tipologie di riduzione della CO2 richiedo-no regimi di incentivazione economica il cui alle-stimento è a carico dello Stato oppure a caricodegli utenti di energia, in quest’ultimo caso coneffetti di impoverimento delle fasce di utenti piùdeboli.Secondo l’ENEA, il potenziale complessivo na-zionale di riduzione della CO2 delle misure di ef-ficienza energetica al 2020 (nei trasporti, nell’in-dustria e negli altri settori) è di 60 Mt. C’è poiun ulteriore potenziale di circa 16 Mt di CO2,dato dalle forme “strutturali” di risparmio ener-getico, misure che comportano il cambiamentodi comportamenti di consumo o l’abbandono diproduzioni non più competitive, il cui costo socia-le è di circa 80 euro/tCO2, un livello comparabi-le ai costi attualmente previsti per il nucleare eper alcune fonti rinnovabili come le biomasse el’eolico (particolarmente oneroso nel nostro Pae-se a causa di condizioni di ventosità e localizza-zione poco vantaggiose).Se è sull’efficienza energetica che l’Italia devescommettere, qual è il suo contributo alla rea-lizzazione dei nuovi obiettivi comunitari al 2020?Basandoci sul nuovo scenario tendenziale for-mulato dall’ENEA nel luglio del 2009 (RapportoEnergia e Ambiente 2007. Analisi e Scenari), chetiene conto degli effetti della crisi economico-fi-nanziaria, i 60 Mt di CO2 risparmiati nel 2020mediante interventi di efficienza energetica equi-valgono a circa il 12% delle emissioni dell’Italia;rispetto allo scenario tendenziale, che scontaun’uscita lenta e graduale dalla crisi (emissionidi CO2 2020: -5% rispetto al 2005), l’apportodelle misure di efficienza consente una riduzionedella CO2 del 17% nel 2020 rispetto al 2005,che in base alle stime in nostro possesso è esat-tamente l’obiettivo complessivo dell’Italia impli-cito nei provvedimenti del pacchetto su energiae clima (come noto, infatti, il pacchetto stabili-sce un obiettivo europeo per i settori ETS del

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vata – che saranno necessari per incentivare ladiffusione degli impianti a fonti rinnovabili perla produzione di calore o freddo (solare termi-co, solar cooling, biomasse, pompe di calore,geotermia) – ampliamento settoriale richiestodalla nuova direttiva sulle fonti rinnovabili – èevidente che l’attuale sistema di incentivazionedelle misure di riduzione della CO2 presenta for-ti squilibri, che vanno armonizzati stimolandoinnanzitutto l’efficienza energetica e le rinnova-bili per la produzione di calore o di freddo (so-lare termico, teleriscaldamento a biomasse, geo-termia a bassa entalpia). Infatti, un confronto diconvenienza economica a parità di CO2 evitataevidenzia che, mentre i certificati bianchi per ilrisparmio energetico comportano un beneficioeconomico netto per la collettività di 223 eu-ro/tCO2 evitata (benefici annui al netto dei co-sti d’investimento e di incentivazione), i certifi-cati verdi utilizzati per incentivare i grandi im-pianti di generazione alimentati con fonti rinno-vabili comportano un onere stimabile sulla com-ponente energia della bolletta di 181 euro/tCO2

e il conto energia per il fotovoltaico aumental’onere a 735 euro/tCO2 (ricadente in bollettaattraverso la componente A3).Ovviamente, anche noi auspichiamo un’ampiadiffusione delle tecnologie basate sulle fonti rin-novabili e il pieno rispetto della nuova direttivaeuropea 28/2009. Tuttavia, quando si parla difonti rinnovabili non bisogna dimenticare chenon sono fonti illimitate e liberamente accessi-bili; al contrario, sono fonti in vario modo limita-te dalla disponibilità di territorio necessario al lo-ro sfruttamento e in alcuni casi le tecnologie at-tuali possono comportare problemi di compa-tibilità con usi alternativi del territorio e del pae-saggio, in particolare nel nostro Paese, dove laqualità del territorio contribuisce in maniera sem-pre più incisiva (attraverso il turismo, il commer-cio di prodotti eno-gastronomici, la moda, il de-sign) alla formazione della ricchezza nazionale. Intermini di produzione interna dell’Italia, abbia-mo stimato che, pur rimodulando gli strumenti diincentivazione in un’ottica di sistema e secondofinalità di efficienza economica e uso razionaledel territorio disponibile, è possibile una tripli-

Le misure di efficienza energetica sono conve-nienti per la collettività. Ma ci sono vari tipi dibarriere che impediscono l’accelerazione e il pie-no dispiegamento delle decisioni d’investimentonelle misure di efficienza energetica. La barrie-ra principale è data dal fatto che, nonostante laconvenienza economica intrinseca delle misuredi efficienza, anche gli strumenti di accelerazio-ne degli interventi costano. In questa fase di at-tuazione di obiettivi energetici e climatici al 2020non ci si può esimere dal fare il confronto fra glioneri dei diversi sistemi di incentivazione nel set-tore energetico. In attesa che un ente indipen-dente faccia un confronto completo, abbiamoeffettuato un confronto fra il principale mecca-nismo di incentivazione dell’efficienza energeti-ca, quello dei certificati bianchi, e i principali stru-menti di incentivazione delle fonti rinnovabili,cioè i certificati verdi per i grandi impianti a rin-novabili e il conto energia per il fotovoltaico. Due parole sul meccanismo dei certificati bian-chi, che è in vigore dal 2005. Dopo una primafase di rodaggio, culminata con la revisione delmeccanismo ad opera del DM 21/12/2007, i cer-tificati bianchi stanno iniziando a dare risultaticonsistenti. Si pensi che nel 2008 il risparmio dienergia primaria è stato di 2 Mtep ed entro il2012 si dovrà arrivare a 6 Mtep di energia pri-maria. Dal punto di vista dei costi/benefici perla collettività, questo meccanismo comporta one-ri “apparenti” per gli utenti in bolletta per circa300 milioni di euro l’anno, ai quali fanno in realtàfronte, in virtù dei risparmi energetici annui otte-nuti dagli utenti, benefici sociali netti per 1,2 mi-liardi di euro, scontando sia gli oneri apparentiin bolletta che gli investimenti annui nelle tec-nologie di efficienza.Per quanto riguarda i meccanismi di incentiva-zione dell’elettricità da fonti rinnovabili, l’Auto-rità per l’energia elettrica e il gas stima costi com-plessivi a carico degli utenti per 2,5 miliardi dieuro nel 2009. Per far fronte al nuovo obiettivodi diffusione delle rinnovabili, questi oneri cre-sceranno fino a 6,5 miliardi nel 2020 nei soli im-pieghi elettrici. Dato che questa valutazione nonconsidera, fra l’altro, gli ulteriori oneri – compa-rativamente inferiori a parità di energia incenti-

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per tali paesi obiettivi di efficientamento ener-getico compatibili con le loro legittime aspi-razioni di sviluppo economico;

• nel sostegno finanziario offerto ai paesi in viadi sviluppo, commisurando l’entità delle risor-se offerte al fabbisogno economico di tali pae-si, a piani di sviluppo sostenibile e a criteri dicosto/beneficio degli interventi.

Ma è soprattutto sul fronte interno europeo chesi giocherà la partita per l’Italia, coi suoi punti diforza e di debolezza. L’Europa ha fallito a Cope-naghen anche perché dietro l’apparente com-pattezza del “20-20-20” si nascondono profon-de divergenze nella politica energetica europea.L’Europa non è affatto compatta su quello che,nelle enunciazioni formali e in teoria, dovrebbeessere il motore di una strategia climatica atten-ta alla competitività e all’innovazione tecnologi-ca del vecchio continente: la politica di efficien-za negli usi di energia. Pochi lo sanno, perchéanche i mass media sono caduti nel tranello, mail “20-20-20” è sempre stato monco di un “20”.Sotto le spinte delle lobby prevalenti nei big eu-ropei, il pacchetto di provvedimenti sinora ap-provato in Europa non comprende affatto l’o-biettivo quantitativo del 20% di efficienza ener-getica, nonostante fosse stato enunciato dalConsiglio di marzo del 2007. Non abbiamo nes-suna direttiva quadro sull’efficienza energeticaal 2020, mentre abbiamo due nuove direttivequadro, sulle fonti rinnovabili e sulle emissionidi gas serra nei settori ETS (grandi impianti ener-getici e industriali), e una semplice Decisione diriduzione dei gas serra nei settori non-ETS. Comedire: l’Europa ha partorito un bambino, ma nonc’è il latte per consentirne la crescita. Mancanoi provvedimenti più importanti che consentono dialimentare la realizzazione degli obiettivi del pac-chetto. L’Europa non ha realizzato una politicadavvero integrata (leggi “economicamente ot-timizzata”) degli obiettivi di gas serra, rinnovabi-li e domanda di energia. All’efficienza non è sta-ta data la priorità che a nostro papere meritanon solo in Italia, ma in tutta Europa. La “di-menticanza” dell’efficienza energetica costituisceil punto più debole di una strategia che vuoleessere ricca di opportunità, concepita non solo

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cazione della produzione nazionale delle rinno-vabili al 2020 rispetto al 2005. La promozione delle fonti rinnovabili su una sca-la vasta e capillare, come quella richiesta dagliobiettivi della nuova direttiva europea, ponequindi un problema politico di più ampia porta-ta, che riguarda la nostra capacità di tutelare,preservare e innovare la qualità del nostro terri-torio in maniera consapevole. Bisogna allora sot-tolineare che le opportunità della nuova diretti-va europea sulle fonti rinnovabili non sono af-fatto circoscritte al conseguimento dell’obietti-vo nazionale e ancora meno al suo consegui-mento esclusivamente con interventi domestici.Lo sviluppo delle fonti rinnovabili può dare tan-te opportunità di alle nostre PMI in tutta Euro-pa e non solo: se accompagnata da un’adegua-ta politica nazionale di supporto all’internazio-nalizzazione delle PMI, può costituire un volanoper la penetrazione sui mercati degli altri paesidel Mediterraneo e nelle economie emergenti.

Proposte per un cambio di passo

Ovviamente, la strategia di efficienza parte dalnegoziato internazionale sul clima. Qualunquesia il seguito del fragile accordo politico di Co-penaghen, nel prosieguo del negoziato in sedeUNFCCC l’Italia e l’Europa intera dovrebbero far-si promotrici di iniziative che valorizzino il po-tenziale di miglioramento dell’efficienza ener-getica a livello internazionale:• nel burden sharing fra i paesi industrializzati,

cercando di impegnare i paesi più inefficientie ricchi su riduzioni percentuali delle emissio-ni relativamente maggiori;

• nel funzionamento dei meccanismi di flessi-bilità, estendendo il commercio dei permessi diemissione almeno a tutti i paesi industrializ-zati, adottando benchmark settoriali di effi-cienza energetica, e rafforzando il ruolo del-le misure di efficienza energetica nell’ambitodel meccanismo di sviluppo pulito (CDM) odei nuovi meccanismi in via di definizione;

• negli strumenti di cooperazione e coinvolgi-mento delle economie emergenti nel control-lo delle emissioni di gas serra, concordando

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di una politica convinta sull’efficienza energetica,coerente col nuovo quadro di normative comu-nitarie su energia e clima al 2020. La razionaliz-zazione della domanda di energia agevolereb-be il rispetto degli impegni dell’Italia di riduzionedei gas serra e di sviluppo delle rinnovabili, la ri-duzione della nostra dipendenza energetica dal-l’estero, il contenimento dei prezzi dell’energia abeneficio di famiglie e imprese, favorendo nel-lo stesso tempo l’accelerazione degli investimen-ti nelle tecnologie e nei servizi energetici e la ri-presa economica, partendo dalle PMI che carat-terizzano il tessuto produttivo del nostro Paese.Un convinto impegno sull’efficienza energeticapermetterebbe di sfruttare in maniera strategi-ca le posizioni di primato nell’efficienza energe-tica di processi e prodotti che l’Italia e la sua in-dustria possono vantare nel contesto europeoe, soprattutto, globale. Il principale fattore di stimolo del rilancio dellepolitiche di efficienza passa attraverso la respon-sabilizzazione delle Regioni, in coerenza con gliimpegni già assunti in Europa e che dovrannoessere rinnovati dopo Copenaghen. Senza obiet-tivi regionali al 2020 non potremo ambire a ri-sultati incisivi al 2050 e oltre. Occorre infatti te-ner presenti i tempi di realizzazione delle infra-strutture di efficientamento, necessarie nei tra-sporti e nell’edilizia. Nei trasporti è inderogabile, anche per ridurrel’incidentalità stradale e la congestione, un pia-no di Emergenza Trasporti Passeggeri basato sul-le infrastrutture di trasporto per l’efficienza ener-getica, cioè capaci di sfruttare il vasto potenzia-le di efficienza energetica insito nelle modalitàalternative alla strada (tabella 1). Mentre qualcosa è stato fatto nei trasporti pas-seggeri a lunga distanza (leggi TAV), la veraemergenza oggi e per i prossimi decenni sono itrasporti locali. Basta con lo spreco di risorsepubbliche in misure di dubbia efficacia per il traf-fico urbano! L’ultimo esempio è il finanziamen-to pubblico di centraline per la ricarica di autoelettriche, capace solo di generare nuovi costiesterni da mobilità privata, attraverso lo stimoloall’acquisto di terze e quarte nuove auto per fa-miglia. Alla luce del salto qualitativo che richiede

per esigenze ambientali ma anche per rafforza-re la competitività europea. Pensiamo che siamaturo il momento per chiedere tutti insieme,come sistema Italia, un’inversione di rotta nellapolitica italiana ed europea. Occorre chiedere unobiettivo vincolante di risparmio energetico me-diante misure di efficienza in tutta Europa. Que-sto obiettivo deve almeno essere del 20%, cioèpari all’obiettivo di riduzione dei gas serra, inmaniera tale da assicurare che ogni Stato intra-prenda la necessaria dose di misure economica-mente convenienti per la riduzione delle emis-sioni di gas serra. Questo obiettivo è necessarioper rendere possibile e credibile l’impegno di ri-duzione delle emissioni di gas serra dell’Europanel contesto globale. Inoltre, così come è statorealizzato un burden sharing nazionale nei setto-ri non-ETS e nelle rinnovabili, anche all’obietti-vo europeo di risparmio energetico dovrebbe es-sere consentita la differenziazione nazionale de-gli impegni, in maniera tale da ottimizzare lastrategia europea, coinvolgendo tutti gli Stati esenza escludere a priori un maggior impegnonei paesi ricchi, relativamente più inefficienti sot-to il profilo energetico. Tutti devono fare la loroparte, ma cerchiamo di partire dalla riduzionedegli sprechi. Per quanto riguarda l’Italia, le attuali valutazionidi potenziale al 2020 messe a punto dall’ENEA,portano a ritenere che un obiettivo compresofra il 15-20% sia realizzabile a costo zero o a co-sti trascurabili. Tuttavia, occorre una svolta nellapolitica nazionale. Non servono nuovi atti o leg-gi, se non sostenuti da una convinta volontà po-litica. Più che di misure straordinarie in materia diefficienza energetica (leggi “piano straordinariodi efficienza energetica”, previsto dalla leggesviluppo entro la fine del 2009), o di un pianonazionale che rimane nei cassetti (vedi piano delMinistero dello Sviluppo economico del luglio2007, un documento che è diventato un vero eproprio “fantasma” nell’ambito della nostra le-gislazione), per non parlare del D.Lgs. 155 del2008 che, pur avviando il formale recepimentodella direttiva quadro 2006/32/CE sull’efficien-za energetica negli usi finali, è sinora rimastoprivo di attuazione, il nostro Paese ha bisogno

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renze, la Liguria e molti altri casi). Visti i risultatidegli studi sui costi esterni dei trasporti in Italia(oltre il 3% del PIL), le risorse pubbliche salte-ranno fuori, perché oggi l’incidentalità stradale,l’inquinamento e la congestione da traffico pesa-no non solo sui singoli cittadini ma anche e pe-santemente sulle casse dello Stato. Nel trasporto merci, le soluzioni sono analoghesotto il profilo infrastrutturale, con un ruolo daprotagonista non solo per la rotaia ma ancheper il trasporto marittimo, non solo per ragioni diefficienza energetica (tabella 2), ma anche perl’esigenza di contenere gli elevati costi di con-gestione che caratterizzano ormai la maggiorparte della nostra rete di trasporto su strada.L’efficienza energetica “spinta” richiede un pro-gramma per la realizzazione di infrastrutture asupporto del trasporto combinato strada-rotaia(centri intermodali e relativi collegamenti) e asupporto del combinato marittimo (piccole e me-die infrastrutture per il miglioramento della lo-gistica e dei collegamenti fra il porto e le arteriestradali e ferroviarie abilitate al traffico merci).Amareggia constatare che le finalità di sicurezzastradale e “decongestionamento strutturale”non siano riconosciute dalla politica come dellevere e proprie emergenze sociali, e che la prioritàdel supporto pubblico all’investimento in questidue settori sia data ad altri progetti, sub-ottima-li nei profili di utilità pubblica.Anche nell’edilizia sono necessari massicci inve-stimenti infrastrutturali e immobiliari, anche se

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l’emergenza climatica, anche continuare a pun-tare sul trasporto pubblico su gomma rischia diessere poco efficace, di non soddisfare le esi-genze di qualità ambientale, accessibilità, tem-pestività di arrivo e di velocità richieste dall’u-tenza. La scriteriata e pericolosa diffusione chehanno avuto le due ruote nei nostri centri urba-ni più congestionati (come risposta all’assenzadi alternative di trasporto pubblico) dimostrache, o il servizio pubblico diventa competitivocon le prestazioni offerte dalle due ruote, o ognitentativo di rafforzamento dei trasporti pubblicicontinuerà a risultare fallimentare. La cura c’è, e lo dimostrano le metropoli inter-nazionali dotate di una capillare rete metropo-litana e di collegamento ferroviario con l’hinter-land. In Italia ci siamo dimenticati (ci abbiamorinunciato, forse per sfinimento) che l’unica via diuscita è un convinto programma di estensionee potenziamento del trasporto locale di massasu rotaia, e questo lungo i tre assi prioritari: am-bito urbano, collegamenti città-periferia (metro-politane leggere, linee ferroviarie locali-regiona-li) e collegamenti intercity regionali. In una si-tuazione di risorse economiche scarse, non bi-sogna arrendersi: che si ricorra al project finan-cing e, per la quota di contributo pubblico, chel’amministrazione applichi l’analisi costi beneficinell’uso delle risorse pubbliche per individuarele priorità d’intervento (i bacini di traffico chedenunciano le situazioni più critiche, come l’hin-terland milanese, il Veneto, il Lazio, l’area di Fi-

Andrea Molocchiriflettore

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Tabella 1 – Consumi specifici di energia ed emissioni di CO2

per le principali categorie e modalità di trasporto passeggeri

g eq. petrolio/pax-km g CO2/pax-km

Autovetture 35,1 105Due ruote 26,9 80Autobus e pullman 10,2 31Ferrovie 16,0 35Metropolitane 10,0 21Aereo – voli pax nazionali 64,5 192Aereo – voli pax internazionali Italia 46,5 138Aereo – tutti i voli passeggeri 49,4 147

Fonte: Lombard, Molocchi (2006), Quinto rapporto Amici della Terra/FS S.p.A. sui costi ambientali e sociali della mobilità

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le detrazioni fiscali fruibili per gli interventi nel-l’edilizia, l’Italia ha un meccanismo di portata ge-nerale, quello dei Titoli di Efficienza Energetica(o “certificati bianchi”), che sta avendo buoni ri-sultati e che dovrebbe essere visto come una be-st practice nazionale da esportare in tutta Europa(non ultimo, proprio per ottimizzare il raggiun-gimento degli obiettivi di CO2). Per raccordare icertificati bianchi con gli obiettivi europei al 2020,bisognerà estendere l’ambito di applicazione del-l’obbligo di risparmio, sia riducendo le soglie di-mensionali per l’obbligo nei settori già coperti(distributori di elettricità e gas), sia coinvolgen-do i settori di consumo finale sinora rimasti esclu-si. L’incremento dell’obbligo di risparmio energe-tico determinerà un forte incremento del valore dimercato dei certificati bianchi, necessario per sti-molare gli investimenti più onerosi. Nell’imme-diato, ne beneficeranno soprattutto le ESCO, gliEnergy e i Mobility manager sempre a corto dirisorse, gli operatori di logistica, i gestori dellegrandi flotte veicolari, navali e aeree che sapran-no realizzare progetti di efficienza. A medio elungo termine ne beneficeranno tutti gli utenti:famiglie, imprese, pubbliche amministratori, conricadute utili per l’intero Paese.

qui la situazione di policy è diversa, in quantosono appena entrati in vigore i primi Decreti at-tuativi (DPR 59/2009 e DM 26/6/2009) del De-creto legislativo 192/2005, che ha recepito lanota Direttiva europea del 2002 sugli standardenergetici e la certificazione edilizia, introducen-do, fra l’altro, disposizioni specifiche, molto piùambiziose degli obblighi comunitari. Data la por-tata di questo nuovo corpus normativo, di cuil’Europa sta già discutendo la fase due (propostedi direttive della Commissione del 13 novembre2008) andando a influire in maniera ancor piùincisiva sulle singole unità immobiliari, in Italiasarebbe necessaria perlomeno una massicciacampagna informativa finalizzata a informare,sensibilizzare e coinvolgere tutti i soggetti interes-sati dall’applicazione della normativa. In parti-colare, è necessaria una vasta opera di sensibi-lizzazione sul certificato energetico dell’edificio edi valorizzazione delle informazioni ivi riportate,ad esempio traducendo gli indicatori energeticidi sintesi forniti dal cruscotto in extracosti costiannui dell’unità immobiliare rispetto al migliorstandard di riferimento.Per quanto riguarda gli strumenti di incentivazio-ne delle misure di efficienza energetica, oltre al-

Dalle parole ai fatti: per una politica convinta sull’efficienza energetica

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Tabella 2 – Emissioni specifiche di CO2 del trasporto merci: un confronto fra modalità

Modalità di trasporto CO2 Anno Fonte(g/t-km) (ambito di stima)

Strada Veicoli stradali per trasporto merci(massa nom. massima < 3,5 t) 685 2003 A (valori medi Italia)Veicoli stradali per trasporto merci(tutti i veicoli con m.n.m.> 3,5 t, 6,2 t carico medio) 112 2003 A (valori medi Italia)Veicoli stradali per trasporto merci (autoarticolati con m.n.m. 40-44 t, 16 t carico medio) 61 2003 A (valori medi Italia)

Rotaia Treni merci 36 2003 A (valori medi Italia)Aviazione Voli cargo 556 2003 A (valori medi Italia)

Cisterne (Oil, Chemicals, LG, altro) 11 2007 B (valori medi globali)Portarinfuse solide 10 2007 B (valori medi globali)

Trasporto Carico generale e specializzato 42 2007 B (valori medi globali)marittimo Portacontainer & Reefer 18 2007 B (valori medi globali)

Ro-pax and Ro-Ro cargo 145 2007 B (valori medi globali)Totale navi da carico e miste carico/pax 17 2007 B (valori medi globali)

Fonte: (A) Lombard, Molocchi (2006), Quinto rapporto Amici della Terra/FS S.p.A. sui costi ambientali e sociali della mobilità, (B) Maffii,Chiffi, Molocchi (2007), External costs of maritime transport. Report for the European Parliament