Ricostruzione tomograflca di un’immagine con protoni ... 4.4 La trasformata di Radon nella pCT ....

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UNIVERSIT ` A DEGLI STUDI DI CATANIA Facolt´ a di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali Facolt´a di Medicina e Chirurgia Scuola di Specializzazione in Fisica Sanitaria Dott.ssa Giuliana Candiano Ricostruzione tomografica di un’immagine con protoni attraverso simulazioni Monte Carlo Tesi di Specializzazione in Fisica Sanitaria Relatori: Chiar.mo Prof. S. Lo Nigro Dott. G.A.P. Cirrone Dott. G. Cuttone anno accademico 2008-2009

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UNIVERSITA DEGLI STUDI DI CATANIA

Facolta di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali

Facolta di Medicina e Chirurgia

Scuola di Specializzazione in Fisica Sanitaria

Dott.ssa Giuliana Candiano

Ricostruzione tomografica di un’immagine con protoni

attraverso simulazioni Monte Carlo

Tesi di Specializzazione in

Fisica Sanitaria

Relatori:

Chiar.mo Prof. S. Lo Nigro

Dott. G.A.P. Cirrone

Dott. G. Cuttone

anno accademico 2008-2009

Niente si sa. Tutto si immagina.

Fernando Pessoa

I

Indice

1 Imaging con protoni in protonterapia 5

1.1 La radioterapia convenzionale e l’adroterapia . . . . . . . . . . 5

1.2 La pianificazione del trattamento in protonterapia . . . . . . . 10

1.2.1 Calcolo della distribuzione di dose: uso delle immagini

CT . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11

1.3 Proton Computed Tomography . . . . . . . . . . . . . . . . . 13

1.3.1 Impiego delle immagini pRT e pCT in protonterapia . 13

1.4 Principi fisici dell’imaging con protoni . . . . . . . . . . . . . . 16

1.4.1 Perdita di energia e formazione dell’immagine . . . . . 17

1.4.2 Scattering Coulombiano Multiplo e risoluzione spaziale 20

2 Sviluppo dell’apparato sperimentale per un sistema pCT 22

2.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22

2.2 Il metodo del single tracking . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24

2.3 Il progetto PRIMA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26

2.3.1 Sistema per la determinazione della traiettoria (Track-

ing system) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26

2.3.2 Il calorimetro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28

2.4 Percorso piu probabile dei protoni attraverso un mezzo . . . . 30

II

3 Simulazioni Monte Carlo per un sistema pCT 33

3.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33

3.2 Codice di simulazione GEANT4 . . . . . . . . . . . . . . . . . 35

3.3 Simulazione di un sistema pCT . . . . . . . . . . . . . . . . . 36

3.3.1 Determinazione del MLP . . . . . . . . . . . . . . . . . 37

3.3.2 Validazione dell’applicazione: confronto tra MLP sim-

ulato, sperimentale e analitico . . . . . . . . . . . . . . 41

3.4 Simulazioni Monte Carlo per la ricostruzione di un’immagine

tomografica con protoni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46

3.5 Calcolo della dose . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50

3.5.1 Dose al centro in un fantoccio cilindrico . . . . . . . . . 50

4 Ricostruzione dell’immagine con il metodo FBP (Filtered

Backprojection) 53

4.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53

4.2 Teoria di ricostruzione delle immagini . . . . . . . . . . . . . . 54

4.2.1 Trasformata di Radon . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56

4.3 L’algoritmo di retroproiezione filtrata (FBP) . . . . . . . . . . 58

4.4 La trasformata di Radon nella pCT . . . . . . . . . . . . . . . 62

4.5 Applicazione del metodo FBP: ricostruzione dell’immagine . . 63

5 Risultati 66

5.1 Omogeneita e rumore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 68

5.2 Risoluzione in densita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69

5.3 Risoluzione spaziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72

Bibliografia 79

III

Introduzione

La possibilita di impiegare fasci di protoni a scopi di imaging medico e stata

considerata sin dai primi anni 60, quando Koehler [1] mostro per primo

che, con protoni da 160 MeV, e possibile ottenere films radiografici con un

contrasto molto maggiore rispetto a radiografie ottenute con raggi X nelle

stesse condizioni di dose. Cio nonostante, a causa dei numerosi progressi

fatti dalla tradizionale diagnostica con raggi X, questa idea e stata per molti

anni quasi abbandonata. Negli ultimi anni, pero, la situazione e cambiata

radicalmente grazie alla diffusione di numerosi centri di protonterapia e al

numero sempre crescente di pazienti trattati con protoni.

Il vantaggio offerto dall’utilizzo di fasci di protoni in radioterapia e legato

essenzialmente alla caratteristica curva di dose in profondita. Il corretto cal-

colo della distribuzione di dose e fondamentale nell’assicurare un trattamento

ad elevata precisione, in misura tanto maggiore quanto piu selettivo e il de-

posito di energia in profondita della radiazione. Attualmente nei centri di

protonterapia il calcolo della distribuzione di dose e basato sull’utilizzo delle

immagini tomografiche a raggi X. A questo scopo, i numeri CT vengono

convertiti, attraverso una procedura di calibrazione, in valori di Stopping

Power relativo, necessari al TPS per la determinazione del range residuo

del fascio di particelle. Alcuni studi condotti al PSI in Svizzera [2], hanno

mostrato che tale conversione non e sempre accurata e che puo condurre ad

1

indeterminazioni nel calcolo del percorso anche di 15 mm, a seconda della

regione anatomica considerata. D’altra parte, idealmente la distribuzione

degli Stopping Power, puo essere misurata direttamente nel paziente tratta-

to. Un simile approccio condurrebbe ad una pianificazione del trattamento

basata direttamente sulla distribuzione tridimensionale degli Stopping Pow-

er, evitando procedure di calibrazione, fonte comunque di indeterminazione.

Il calcolo della distribuzione tridimensionale degli Stopping Power e ideal-

mente possibile utilizzando dati forniti da una tomografia computerizzata

con protoni (proton Computed Tomography), che impieghi lo stesso fascio

di radiazione utilizzato per il trattamento. L’idea e quella di ottenere im-

magini del paziente da misure di perdita di energia dei protoni all’interno del

corpo. Poiche la perdita di energia dei protoni dipende dalla densita elettron-

ica del mezzo attraversato, un’immagine tomografica realizzata con protoni

costituisce una mappa della densita elettronica (e quindi degli Stopping Pow-

er) del materiale e fornisce al TPS direttamente l’informazione necessaria al

calcolo del range del protone nel mezzo, riducendo l’indeterminazione nel

calcolo della distribuzione di dose. Attualmente diversi gruppi di ricerca nel

mondo si stanno occupando dello studio di un sistema pCT effettivamente

utilizzabile per scopi clinici. Il progetto italiano PRIMA (PRoton IMAging)

ha come scopo lo sviluppo di un sistema radiografico con protoni.

Il principale problema dell’imaging con protoni e legato allo scattering columbiano

multiplo delle particelle con i nuclei del materiale attraversato. Tale processo

provoca un’indeterminazione statistica nella traiettoria dei protoni e limita

quindi fortemente la risoluzione spaziale. Una possibile soluzione e rappre-

sentata dal metodo del single tracking, che consiste nel seguire la traccia di

ogni singolo protone, in modo da estrapolare, a partire dai dati sperimentali,

il percorso piu probabile (Most Likely Path, MLP) attraverso il mezzo. Il

2

prototipo che si sta sviluppando nell’ambito del progetto PRIMA e ideato

quindi, in modo da rendere possibile l’applicazione del single tracking, at-

traverso l’uso di un sistema di rivelatori in grado di fornire le informazioni

sulle posizioni e le direzioni di ingresso e uscita dal fantoccio (o dal paziente)

e l’energia residua di ogni singolo protone. All’interno del progetto, accanto

allo sviluppo sperimentale del sistema di rivelazione, un ruolo significativo

e stato assunto dal metodo Monte Carlo come strumento utile nello studio

preliminare delle caratteristiche del sistema, nella valutazione e nella scelta

dei rivelatori, nel trattare le principali limitazioni (principalmente la scarsa

risoluzione spaziale), nello studio delle caratteristiche dell’immagine e nella

valutazione dei possibili algoritmi di ricostruzione. In questo lavoro di tesi,

attraverso un’applicazione Monte Carlo realizzata con il toolkit GEANT4, si

e voluta provare l’applicabilita dell’algoritmo di ricostruzione dell’immagine

FBP (Filtered Backprojection) al caso dei protoni.

Nel primo capitolo, dopo una breve descrizione della protonterapia e dei suoi

vantaggi rispetto alla radioterapia convenzionale, viene introdotta la pro-

ton Computed Tomography (pCT). In particolare vengono trattate le basi

fisiche di questa tecnica, messi in risalto i potenziali vantaggi offerti dall’uti-

lizzo in fase di pianificazione del trattamento di protonterapia e le principali

limitazioni. Il secondo capitolo e dedicato alla descrizione dell’apparato sper-

imentale che si sviluppando all’interno del progetto PRIMA. Esso e costituito

da due telescopi di rivelatori a microstrip di silicio per la misura della po-

sizione e della direzione dei singoli protoni e da un calorimetro per la misura

dell’energia residua. Vengono descritte le principali caratteristiche dei sin-

goli rivelatori e illustrata la tecnica del single tracking. Nel terzo capitolo

sono descritte le simulazioni Monte Carlo. Dopo un’introduzione sul toolkit

GEANT4, e illustrata l’applicazione che riproduce il prototipo sperimentale.

3

Tale applicazione e stata utilizzata in una prima fase per il calcolo dell’MLP;

i risultati del confronto tra gli MLPs simulati e gli MLPs ottenuti sperimen-

talmente (durante un test sul prototipo effettuato nel 2005 al LLUMC in

California) sono stati assunti come validazione dell’applicazione stessa. Un

ulteriore confronto e stato fatto con le curve ottenute attraverso un approccio

semi-analitico proposto da Williams per il calcolo dell’ MLP [3]. In una sec-

onda fase, l’applicazione e stata utilizzata per produrre i dati di proiezione

necessari alla ricostruzione tomografica della sezione centrale di un partico-

lare fantoccio cilindrico. All’interno del capitolo e descritta la geometria del

fantoccio simulato, contenente speciali inserti per la valutazione della qualita

dell’immagine, e la modalita di registrazione dei dati durante la simulazione.

Infine, poiche sono state ricostruite diverse immagini per diversi valori della

dose assorbita, viene descritto il metodo utilizzato per il calcolo della dose

al centro del fantoccio cilindrico. Nel quarto capitolo e descritto l’algorit-

mo di ricostruzione FBP e la sua applicazione al caso dei protoni. Al fine

di rispettare le condizioni geometriche imposte da tale algoritmo sono state

utilizzate due diverse approssimazioni per la selezione delle particelle utili

alla ricostruzione tomografica. Tali approssimazioni, indicate nel testo come

Metodo A e Metodo B, sono descritte nel corso del capitolo. Infine, nel quinto

ed ultimo capitolo sono presentate le immagini della fetta centrale del fantoc-

cio simulato, per diversi valori di dose assorbita e con entrambi i metodi di

approssimazione. Sono mostrati i risultati della valutazione di tali immagini

in termini di rumore, uniformita, risoluzione in densita e risoluzione spaziale.

4

Capitolo 1

Imaging con protoni in

protonterapia

1.1 La radioterapia convenzionale e l’adroter-

apia

L’obiettivo principale della radioterapia e il controllo locale del tumore e, in

alcune situazioni, dei possibili cammini di diffusione delle cellule tumorali

(radioterapia loco-regionale). Per raggiungere questo obiettivo, e necessario

fare assorbire al focolaio tumorale - che in termini fisici e detto bersaglio -

una dose tanto alta da distruggerlo, mantenendo allo stesso tempo la dose

ai tessuti sani circostanti, inevitabilmente irradiati, entro limiti tali da non

comportare complicazioni e danni gravi o irreversibili [4]. E’ noto infatti che

la probabilita di curare il tumore senza indurre effetti collaterali indesiderati

aumenta con la selettivita balistica o conformita dell’irradiazione, cioe con la

differenza tra la dose al bersaglio e la dose ai tessuti sani coinvolti nell’irra-

diazione stessa. L’ottimizzazione della dose assorbita e soltanto una parte

5

Capitolo 1. Imaging con protoni in protonterapia

del piano di trattamento di un tumore, perche intervengono altri parametri,

quali la radiosensibilita delle cellule e lo schema adottato per il frazionamen-

to della dose. I vantaggi terapeutici dell’utilizzo di fasci di adroni rispetto a

fasci convenzionali di elettroni e fotoni sono dovuti a:

- la possibilita di rilasciare la dose al tumore in modo fisicamente selettivo

a scala macroscopica (terapia conformazionale), risparmiando i tessuti

sani attraversati dalla radiazione o prossimi al volume irradiato;

- la possibilita di ottenere una maggiore efficacia radiobiologica.

Queste possibilita terapeutiche sono legate alle diverse proprieta dosimetriche

e radiobiologiche dei fasci di adroni rispetto a fasci di fotoni ed elettroni.

Dal punto di vista radiobiologico, gli effetti dell’irradiazione di un tu-

more non dipendono solamente dalla dose assorbita, ma almeno da altri due

parametri:

- il modo di trasferire energia dalla radiazione al tessuto, spesso espresso

dal LET (Linear Energy Transfer), che e la densita di energia ceduta

lungo il percorso delle particelle;

- il contenuto di ossigeno dei tessuti irradiati; Il rapporto tra le dosi richi-

este per produrre un dato effetto in assenza e in presenza di ossigeno e

chiamato OER (Oxygen Enhancement Ratio )1

1In formula la definizione e

OER = D/D0 (1.1)

dove D e la dose necessaria per produrre un effetto nel tessuto reale e D0 e la dose che

produrrebbe lo stesso effetto se il tessuto fosse completamente ossigenato in aria a pressione

normale

6

Capitolo 1. Imaging con protoni in protonterapia

Il paramentro che esprime gli effetti della radiazione sulla materia biolog-

ica e l’Efficacia radiobiologica Relativa (RBE = Relative Biological Effective-

ness), che e stata introdotta proprio per misurare l’aumento degli effetti bio-

logici prodotti da radiazioni densamente ionizzanti, a parita di dose. L’RBE

di una data radiazione e definito come il rapporto tra la dose assorbita di una

radiazione di riferimento e quella della radiazione in esame, che e richiesta

per produrre lo stesso effetto biologico 2 .

L’efficacia radiobiologica relativa dipende dal valore del LET e dall’effetto

che viene studiato. Nella figura 1.1 sono mostrati gli andamenti degli RBE

per un dato effetto biologico su un sistema cellulare fissato in funzione del

LET della radiazione in acqua, raggruppati in una banda.

Si osserva che le radiazioni ad alto LET sono piu efficaci degli elettroni

e dei fotoni nel danneggiamento delle cellule colpite anche di un fattore tre

(quando si considera un livello di sopravvivenza del 10%) ma che diviene

piu piccolo di uno a grandi valori di LET. Inoltre, l’effetto negativo sulla

sterilizzazione del tumore dovuto alla mancanza di ossigenazione dei tessuti

irradiati e ridotto ad alto LET in confronto ai convenzionali fasci di fotoni

e di elettroni di basso LET. Con un fascio di adroni,particelle cariche ad

alto LET, si puo aumentare la probabilita di curare il tumore poiche la dose

assorbita e piu concentrata nei tessuti tumorali che con fasci di fotoni o

elettroni.

Dal punto di vista dosimetrico le proprieta di un fascio di adroni carichi,

e quindi in particolare di un fascio di protoni, sono legate al deposito di

2In formula la definizione e

RBE = Dγ/D (1.2)

dove D e la dose assorbita necessaria per produrre l’effetto studiato nel sistema irraggiato

con un dato fascio e Dγ e la dose fotonica che produce lo stesso effetto.

7

Capitolo 1. Imaging con protoni in protonterapia

Figura 1.1: Andamento dei dati sperimentali sulla dipendenza dell’RBE dal

LET

energia su scala macroscopica. Le curve dose-profondita di fasci di protoni

sono completamente differenti da quelle dei fotoni (caratterizzate da un picco

iniziale e quindi da un andamento di tipo esponenziale), poiche queste par-

ticelle cariche rilasciano le dosi piu elevate vicino alla fine del loro percorso

nei tessuti dando luogo al picco di Bragg(figura 1.2).

Per i protoni la dose superficiale e la dose oltre il picco e bassa se con-

frontata con la dose assorbita nella regione del picco, diversamente da quanto

succede per i fotoni. Questo consente di irradiare efficacemente il volume

bersaglio risparmiando i tessuti sani circostanti. La profondita a cui si trova

il picco di Bragg dipende dall’energia iniziale dei protoni e la sua ampiezza

dipende dalla dispersione energetica del fascio. Variando l’energia durante

l’irradiazione in modo ben controllato e possibile sovrapporre molti picchi di

Bragg stretti e ottenere un picco di Bragg allargato (SOBP = Spread Out

Bragg Peak), come mostrato ancora in figura 1.2. Con lo SOBP e possibile

8

Capitolo 1. Imaging con protoni in protonterapia

Figura 1.2: Distribuzione di dose in profondita per fasci di protoni da 200

MeV, elettroni da 20 MeV, raggi X da 8 MV ed altre radiazioni.

irradiare il tumore uniformemente in tutta la sua estensione in profondita.

In figura 1.3 viene riportato il confronto tra la radiazione convenzionale e

i protoni, per trattamenti idealizzati. La curva (a) rappresenta la probabilita

di controllo del tumore, Tumor Control Probability (TPC) e la curva (b)

riproduce la probabilita di complicazioni nel tessuto normale, Normal Tissue

Complication Probability (NTCP). Per una data dose, la differenza tra (a)

e (b) rappresenta la probabilita di controllo del tumore senza complicazioni.

Tipicamente, la distanza di (b) da (a) e il 5% della dose. La maggiore efficacia

radiobilogica della radiazione adronica e le caratteristiche di interazione con

i tessuti, traslano di fatto la curva NTCP verso dosi piu alte. Cio significa

che a parita di dose al bersaglio si ha una minore probabilita di insorgenza

di effetti radioindotti sui tessuti sani (curva (c) e (b)). Modelli di calcolo

soddisfacenti di queste due grandezze (TCP e NTCP) possono essere costruiti

9

Capitolo 1. Imaging con protoni in protonterapia

Figura 1.3: Confronto tra le curve TCP e NTCP per fasci di fotoni e di protoni

soltando partendo da informazioni di fisica e radiobiologia fondamentale. La

conclusione a cui si puo pervenire e che un piano di trattamento che usi

pochi campio protonici abbia un’efficacia terapeutica migliore di una terapia

conformazionale tridimensionale che impieghi un numero piu grande di campi

fotonici.

1.2 La pianificazione del trattamento in pro-

tonterapia

Uno dei punti fondamentali per un uso corretto nella pratica clinica dei fasci

di protoni e il TPS (Treatment Planning System) ovvero il sistema di piani-

ficazione del trattamento. Pianificare un trattamento e una procedura che

comprende varie fasi:

1. acquisizione delle informazioni diagnostiche con valutazione tridimen-

sionale dell’anatomia del volume bersaglio e delle strutture circostanti;

10

Capitolo 1. Imaging con protoni in protonterapia

2. simulazione della terapia con scelta del tipo di radiazione e determi-

nazione delle direzioni dei fasci esterni, delle dimensioni dei campi, e

degli eventuali dispositivi di modificazione del fascio;

3. calcolo della distribuzione di dose seguita dalla visualizzazione tridi-

mensionale e confronto con altre tecniche alternative;

4. verifica del trattamento.

Questo processo e comune a tutti i fasci di radiazione ad uso terapeutico; i

protoni, essendo particolarmente precisi, richiedono un’attenzione maggiore

in ciascuna delle fasi appena descritte. La fase di maggiore interesse per

l’oggetto di questa tesi e il calcolo della distribuzione tridimensionale di dose

effettuata dal sistema di treatment planning.

1.2.1 Calcolo della distribuzione di dose: uso delle im-

magini CT

Il vantaggio offerto dall’utilizzo di fasci di protoni in radioterapia, come gia

detto, e legato essenzialmente alla caratteristica curva di dose in profondita

di questi fasci di particelle cariche. Il corretto calcolo della posizione del picco

del Bragg (ovvero della regione ad elevata dose di tale curva) e fondamen-

tale nell’assicurare un trattamento ad elevata precisione. La penetrazione

del fascio e fortemente dipendente dalla natura dei tessuti; cio significa che

il calcolo del range dei protoni e quindi della posizione del picco di Bragg

impone una valutazione accurata delle disomogeneita e della loro compen-

sazione. Per quantificare le disomogenita che perturbano il percorso del fascio

attraverso i tessuti, vengono attualmente utilizzati i dati CT, ovvero i dati

forniti dalle immagini tomografiche convenzionali a raggi X. A questo scopo

11

Capitolo 1. Imaging con protoni in protonterapia

i numeri CT, espressi in unita di Hounsfield, devono essere convertiti, con

una procedura di calibrazione, in valori di Stopping Power relativo, neces-

sari al TPS per la determinazione del range residuo del fascio di particelle.

La qualita di tale calibrazione numeri CT - stopping power relativo e di-

rettamente legata all’accuratezza nella determinazione del range dei protoni

all’interno del paziente ed e quindi di grande importanza. Sono stati proposti

diversi approcci per stabilire una relazione tra unita di Hounsfield e valori

dello stopping power relativo [5]. Inizialmente, sono stati utilizzati materiali

artificiali con proprieta che approssimavano quelle radiobiologiche dei tessuti

del corpo umano, e sono state eseguite misure di numeri CT e di stopping

power relativo. Graficando i valori dello stopping power relativo in funzione

dei numeri CT, si sono stabilite delle curve di calibrazione per questi ma-

teriali artificiali sostitutivi [6, 7]. Poiche i materiali artificiali utilizzati per

le curve di calibrazione non sono perfettamente equivalenti ai tessuti reali

dal punto di vista radiobiologico, sono stati sviluppati successivamente nuovi

approcci teorici basati sulla conoscenza della composizione chimica dei ma-

teriali utilizzati per la calibrazione [8]. Un tale approccio stechiometrico, e

stato utile per migliorare la precisione della calibrazione dei numeri CT in

valori dello Stopping Power relativo [5].

D’altra parte, idealmente la distribuzione degli Stopping Power, puo es-

sere misurata direttamente nel paziente trattato. Un simile approccio con-

durrebbe ad una pianificazione del trattamento basata direttamente sulla

distribuzione tridimensionale degli stopping power, evitando procedure di cal-

ibrazione, fonte comunque di indeterminazione. Il calcolo della distribuzione

tridimensionale degli stopping power e idealmente possibile utilizzando dati

forniti da una tomografia computerizzata con protoni (proton Computed

Tomography), che impieghi lo stesso fascio di radiazione utilizzato per il

12

Capitolo 1. Imaging con protoni in protonterapia

trattamento.

1.3 Proton Computed Tomography

La possibilita di impiegare fasci di protoni a scopi di imaging medico (Proton

Transmission Radiography e Proton Computed Tomography) e nota sin dai

primi anni ’60, quando Koehler mostro per primo che, con protoni da 160

MeV, e possibile ottenere films radiografici con un contrasto molto maggiore

rispetto a radiografie ottenute con raggi X nelle stesse condizioni di dose [1].

A partire da quella data, la letteratura si e arricchita di pubblicazioni circa la

possibilita di utilizzare particelle cariche pesanti a scopi di imaging medico.

La diffusione di numerosi centri di protonterapia e il sempre crescente numero

di pazienti trattati ha prodotto, in tempi piu recenti, importanti e significativi

sviluppi: ad esempio al PSI (Paul Scherrer Instistute) in Svizzera e stato

sviluppato un primo sistema per radiografie con protoni come strumento per

il controllo sulla qualita del trattamento di protonterapia [2, 9] . La necessita

di sfruttare in pieno i vantaggi offerti dalla selettivita balistica di un fascio di

protoni richiede infatti una precisa predizione della distribuzione di dose e la

verifica di un corretto posizionamento del paziente. Cio impone lo sviluppo

di tecniche di imaging sempre piu accurate.

1.3.1 Impiego delle immagini pRT e pCT in proton-

terapia

Attualmente la pianificazione di un trattamento di protonterapia, come ac-

cennato nel paragrafo 1.2.1, si basa sulle immagini ottenute dalle convenzion-

ali tomografie a raggi X (xCT). I dati CT, ovvero i valori dei coefficienti atten-

uazione, in unita di Hounsfield vengono utilizzati sia per definire la posizione

13

Capitolo 1. Imaging con protoni in protonterapia

del volume bersaglio e delle strutture critiche prossime, sia per quantificare

le disomogeneita lungo il percorso dei protoni che ne influenzano il percorso

nei tessuti. I software utilizzati dai TPS in protonterapia calcolano la dis-

tribuzione di dose sulla base del calcolo del percorso dei protoni nei tessuti

e quindi necessitano di dati che descrivano l’interazione del fascio di protoni

con i tessuti attraversati. I dati CT sui coefficienti di attenuazione devono

quindi essere convertiti in valori dello stopping power relativo (lunghezza del

percorso in acqua), al fine di ottenere i valori del range residuo del fascio di

protoni [6, 7, 8]. Sfortunatamente pero, la relazione tra lo stopping power

e i valori di Hounsfield non e unica. A causa della differente composizione

chimica dei tessuti, infatti, in linea di pricipio e possibile avere differenti

valori dello stopping power per lo stesso valore di Hounsfield. Lo stopping

power infatti dipende linearmente dai valori della densita elettronica, men-

tre i numeri Hounsfield sono legati ai coefficienti di attenuazione dei tessuti

che hanno una dipendenza complessa dal numero atomico effettivo Z (per

effetto Compton ed effetto fotoelettrico) per un dato spettro energetico dei

fotoni. Schneider et al. [2], utilizzando un sistema per pRT (proton Trans-

mission Radiography) sviluppato al PSI, hanno eseguito misure sperimentali

dei valori degli stopping power su materiali sostitutivi dei tessuti biologici.

Dal confronto di tali misure sperimentali, con i valori del range ottenuti dalle

usuali procedure di calibrazione (sia attraverso modelli di calcolo [10], che

attraverso calibrazionei stechiometriche [8], si e evidenziato che l’accuratezza

della conversione dei numeri CT in valori dello stoppinng power non supera il

3%, e l’indeterminazione sul range che ne deriva e generalmente stimata tra

3 e 10 mm, potendo superare anche i 15 mm a seconda della regione trattata

e della profondita di penetrazione del fascio. In figura 1.4 e riportata una

DRR del fantoccio Alderson utilizzato nel lavoro di Schenider et. al, ovvero

14

Capitolo 1. Imaging con protoni in protonterapia

Figura 1.4: DRR della testa del fantoccio di Alderson. I colori indicano l’in-

certezza nel range dei protoni (rosso: > 15 mm, 15 mm > blu > 10 mm, 10

mm > giallo > 5 mm)

una radiografia digitale ricostruita dai dati CT usati per la pianificazione del

trattamento. In tale DRR si evidenziano le indeterminazioni sul range per le

varie regioni anatomiche.

Simili indeterminazioni possono di fatto vanificare i vantaggi di selettivita

balistica offerti dai fasci di protoni. Un sistema di imaging con protoni, pCT

(proton Computed Tomography) o pTR (proton Transmission Radiography),

potrebbe migliorare significativamente il calcolo del range e quindi della dis-

tribuzione di dose, in quanto immagini ottenute con protoni costituiscono

mappe dello stopping power dei tessuti attraversati (e non dei coefficienti di

attenuazione) e forniscono quindi al TPS direttamente le informazioni neces-

sarie al calcolo del range, evitando procedure di calibrazione che costituiscono

un fonte di indeterminazione. Un ulteriore elemento importante nella qualita

del trattamento, oltre al calcolo del range e il corretto posizionamento del

15

Capitolo 1. Imaging con protoni in protonterapia

paziente. Un posizionamento inadeguato puo portare a mancare il bersaglio

oltre che al danneggiamento di strutture critiche sane. Attualmente per la

verifica della posizione del paziente prima dell’irradiazione vengono prodotte

delle ragiografie (che richiedono l’istallazione di una sorgente di raggi X nella

linea di trattamento) del paziente in posizione per il trattamento; queste im-

magini vengono poi confrontate con le DRRs. L’alternativa e costituita dalla

possibilita di produrre una radiografia con protoni direttamente nel gantry. Il

vantaggio e che l’immagine puo essere acquisita esattamente nelle stesse con-

dizioni geometriche del trattamento: quindi esse rappresentano proiezioni

reali del beam’s eye view, ovvero della visione del fascio, diversamente da

quanto accade nella immagini con raggi X che sono proiezioni coniche da un

dato punto sorgente. Schneider et. al [2] hanno osservato come il controllo

sulla posizione del paziente effettuato con immagini con protoni puo raggiun-

gere una precisione superiore ai 2 mm, dimostrando ancora una volta l’utilita

di questo sistema di imaging nella qualita di un trattameto di proton terapia.

1.4 Principi fisici dell’imaging con protoni

L’idea alla base dell’imaging con protoni e quella di ottenere un’immagine a

partire dalla misura della perdita di energia dei protoni attraverso il corpo

del paziente.

Tre effetti fisici legati all’interazione del fascio di protoni con la materia

sono fondamentali per la pCT:

1. la perdita di energia per ionizzazione (dEdx

);

2. La diffusione Coulombiana multipla;

3. le interazioni nucleari inelastiche.

16

Capitolo 1. Imaging con protoni in protonterapia

Attraversando la materia, i protoni perdono la maggior parte della loro

energia in processi di eccitazione e ionizzazione dovuti alle collisioni inelas-

tiche con gli elettroni piu esterni degli atomi costituenti i tessuti. Inoltre

essi sono soggetti a numerose deflessioni a piccoli angoli da parte dei nuclei

degli stessi atomi (MCS). Questi due processi a livello microscopico inter-

vengono un gran numero di volte lungo il percorso del protone attraverso i

tessuti e conducono ai due principali effetti macrospocici dell’interazione dei

protoni con la materia: la perdita di energia e la deflessione della traiettoria

da quella originale. Poiche i singoli processi di interazione intervengono in

maniera casuale, segue che la perdita di energia del protone attraverso un

certo spessore e la deviazione laterale e angolare rispetto alla direzione di

incidenza, sono due fenomeni di natura statistica. Questo determina aspetti

importanti dell’imaging con protoni. In particolare, lo straggling energetico

(le fluttuazioni statistiche della perdita di energia) e il processo fisico che

influenza la risoluzione in densita, mentre il MCS e il principale fattore limi-

tante per la risoluzione spaziale. Inoltre, i protoni con energie nel range utile

per la pCT subiscono anche interazioni nucleari inelastiche che comportano

una riduzione della flusso del fascio attraverso il corpo del paziente. I pro-

toni che subiscono reazioni nucleari depositano la maggior parte della loro

energia localmente e quindi contribuiscono alla dose al paziente senza dare

alcun contributo alla formazione dell’immagine.

1.4.1 Perdita di energia e formazione dell’immagine

Il principale obiettivo della pCT per applicazioni in protonterapia, e la deter-

minazione della densita elettronica da misure di perdita di energia dei protoni

nei tessuti attraversati. Nel range di energie utili per la pCT (10-250 MeV),

lo stopping power, ovvero la perdita media di energia per unita di lunghezza,

17

Capitolo 1. Imaging con protoni in protonterapia

e ben descritto dalla teoria di Bethe-Bloch, la cui formula puo essere scritta

nel seguente modo [11]:

−dE(~r)

dx= ηe(~r)S(I(~r), E(~r)) (1.3)

dove ηe e la densita elettronica relativa rispetto all’acqua, I(~r) e il poten-

ziale medio di ionizzazione del materiale, che nel caso dell’acqua e 75 eV [12],

E(~r) e l’energia del protone, e S e lo stopping power del protone in acqua

che puo essere espresso nel seguente modo:

S(I(~r), E(~r)) = K1

β2(E)[ln(

2mec2

I(~r)

β2(E)

1− β2(E))− β2(E)] (1.4)

In questa formula, K e una costante, me e la massa dell’elettrone e β e

la velocita del protone relativa alla velocita della luce. La perdita di energia

dei protoni dipende quindi principalmente dalla densita elettronica del ma-

teriale attraversato, potendo considerare costante e pari a quello dell’acqua,

il potenziale di ionizzazione dei tessuti umani. La densita elettronica puo

essere espressa come

ρe = ρNa(N

A) (1.5)

dove ρ e la densita fisica del materiale, Na e il numero di Avogadro e Z

e A sono rispettivamente il numero atomico e il peso atomico del materiale

attraversato. Per la maggior parte dei tessuti umani, il rapporto Z/A e prati-

camente costante, il che implica che lo stopping power e proporzionale alla

densita fisica, al contrario di quanto accade per il coefficiente di attenuazione

per i raggi X che varia in modo complicato con Z e A [2].

Dalla formula 4.8, e possibile ottenere la relazione tra la perdita media

di energia di un protone e l’integrale della densita elettronica. Considerando

18

Capitolo 1. Imaging con protoni in protonterapia

infatti, che per i tessuti umani il potenziale di ionizzazione puo essere ap-

prossimato ad un valore costante e pari a quello dell’acqua e considerando

inoltre che lo stopping power ha una dipendenza relativamente debole (logar-

itmica) dal potenziale di ionizzazione, e ragionevole assumere che la funzione

1.4 dipenda esclusivamente dall’energia. L’equazione 4.8, puo quindi essere

integrata separando le variabili:

∫ Eout

Ein

dE

S(Iwater, E)=

L

ηe(r)dl (1.6)

In questa formula l’integrale a destra e calcolato lungo il percorso L del

protone, Ein e l’energia del protone incidente e Eout e l’energia del protone

dopo avere attraversato l’oggetto. E’ quindi ovvio che l’integrale della den-

sita elettronica sul volume considerato puo essere calcolato sulla base della

conoscenza dell’energia del protone in ingresso e uscita. Si puo quindi con-

cludere che e possibile ottenere una relazione tra perdita media di energia

del protone e l’integrale della densita elettronica, integrando il reciproco del-

lo Stopping Power in acqua, dato dall’equazione di Bethe-Bloch, tra i due

valori di energia in ingresso e in uscita lungo il suo percorso all’interno del

mezzo. L’equazione 1.6, nell’approssimazione di traiettoria rettilinea e confi-

nata in un piano 2D, puo essere posta nella forma di trasformata di Radon,

usata comunemente nella ricostruzione dell’immagine xCT. Come vedremo

nel dettaglio nel capitolo 3, la ricostruzione dell’immagine nella pCT consiste

proprio nell’invertire l’integrale di linea nella 1.6, per ottenere la distribuzione

spaziale della densita elettronica relativa. Al contrario di quanto accade per

l’inversione nella xCT, l’esatto percorso del protone non e noto a causa del

multiplo scattering e deve essere quindi stimato. Questo aspetto sara l’ogget-

to del prossimo capitolo. Osserviamo infine che l’accuratezza nel calcolo della

densita elettronica dipende anche dalla precisione nelle misure della perdita

19

Capitolo 1. Imaging con protoni in protonterapia

di energia. Poiche la perdita di energia e un processo di natura statistica, un

fascio di protoni monoenergetico mostra uno straggling energetico dopo aver

attraversato un spessore di materiale omogeneo. Questo fattore determina

un limite fisico intrinseco per la risoluzione in densita; essa infatti aumenta

all’aumentare del numero di protoni rivelati in accordo con le usuali leggi

della statistica.

1.4.2 Scattering Coulombiano Multiplo e risoluzione

spaziale

Il MCS e il processo statistico che implica la somma di numerose diffu-

sioni della traiettoria a piccoli angoli, dovute prevalentemente all’interazione

Coulombiana con i nuclei. A seguito del MCS, un fascio di protoni puntiforme

incidente su un dato materiale, acquista in uscita un certo spread angolare,

ovvero una certa distribuzione angolare. Per predire tale distribuzione, per

angoli non troppo grandi, si fa riferimento di solito alla teoria sulla diffusine

multipla sviluppata da Moliere [13] e successivamente modificata da Bethe,

Scott e Highland [14]. In base a tale teoria, la distribuzione angolare proi-

ettata su un piano, dovuta al MCS, di un fascio di protoni uscenti da un

dato oggetto e una Gaussiana di larghezza θ0 = θrmsplane che e espressa dalla

relazione:

θ0 =13.6MeV

βcpz√

x/X0[1 + 0.038ln(x/X0)] (1.7)

dove c e la velocita della luce, βc e la velocita della particella, p e l’impul-

so, e x/X0 e lo spessore dell’oggetto in termini di lunghezza di radiazione (essa

dipende inversamente dall’impulso del protone e cresce con la radice quadra-

ta dello spessore del materiale attraversato). Dall’equazione 1.6 e chiaro che

20

Capitolo 1. Imaging con protoni in protonterapia

un’accurata ricostruzione dell’immagine richiede la conoscenza della traiet-

toria del protone attraverso i tessuti. Lo scattering multiplo provoca un’in-

determinazione in tale traiettoria, regola la risoluzione spaziale ed e quindi

il principale fattore limitante alla qualita di un immagine con protoni per

applicazioni in protonterapia. Non solo nella ricostruzione tomografica, ma

anche nella formazione di una semplice immagine radiografica, se non e pos-

sibile ricostruire la traccia di ogni singolo protone, la risoluzione spaziale di

un’immagine radiografica con protoni e data dalla dimensione dello spreading

trasversale del fascio in uscita dall’oggetto. Tipicamente questa dimensione

e dell’ordine di qualche mm, che e inaccettabile confronto alle risoluzioni di

poche frazioni di millimetro che e possibile raggiungere con le immagini a

raggi X. Un valore di risoluzione spaziale clinicamente significativo per un

trattamento di protonterapia e circa 1 mm. Questo valore di risoluzione

spaziale e legato alla precisione che e possibile raggiungere in termini di lo-

calizzazione del bersaglio e posizionamento del paziente ed e inoltre da con-

siderarsi in relazione alla rapidita della caduta laterale e distale della regione

ad elevata dose (picco di Bragg). Come vedremo in dettaglio nel prossimo

capitolo, il problema della risoluzione spaziale puo essere affrontato con la

tecnica del single tracking, ovvero misurando lo spostamento dalla posizione

e dalla direzione di incidenza protone per protone e cercando di estrapolare

la traiettoria piu probabile all’interno del mezzo. In [15] U.Schneider et. al

concludono che una risoluzione spaziale di 1 mm in un’immagine radiografica

con protoni puo essere raggiunta misurando le coordinate di ingresso e uscita

di ogni singolo protone.

21

Capitolo 2

Sviluppo dell’apparato

sperimentale per un sistema

pCT

2.1 Introduzione

Le caratteristiche di un sistema pCT per applicazioni in protonterapia nascono

dalla necessita di un compromesso tra la massima accuratezza dell’immag-

ine e, contemporaneamente il piu alto livello possibile di sicurezza per il

paziente. Il sistema deve essere integrato in un ambiente medico e, quindi

deve rispettare i limiti di sicurezza e di praticita imposti in tale condizione.

I protoni utilizzati a scopi di imaging devono avere energia sufficiente a pen-

etrare la parte del corpo da esaminare. In accordo con il database NIST

PSTAR [12], protoni da 200 MeV in materiale plastico tessuto equivalente

hanno un range di 25,8 cm che e sufficiente a penetrare un teschio umano

adulto (di larghezza nominale 20 cm in direzione antero - posteriore); mentre

protoni da 250 MeV nello stesso materiale hanno un range di 37.7 cm, suffi-

22

Capitolo 2. Sviluppo dell’apparato sperimentale per un sistemapCT

ciente a penetrare un tronco umano adulto (di larghezza nominale di 34 cm).

La risoluzione spaziale e la risoluzione di densita elettronica di una scansione

pCT, sono fisicamente limitate dallo scattering multiplo (MCS) e dalle flut-

tuazioni della perdita di energia (energy loss straggling). Le indeterminazioni

spaziali e di energia di un sistema per pCT devono essere considerevolmente

piu piccole di quelle imposte dalle limitazioni fisiche, al fine di non com-

promettere le prestazioni complessive del sistema CT. In tabella 2.1 sono

riassunte le principali caratteristiche richieste ad un sistema pCT.

Tabella 2.1: Principali caratteristiche di un sistema per proton Computed

Tomography

CATEGORY PARAMETER DESIRED VALUE

Proton source Energy 200 MeV (head), 250 MeV (trunk)

Energy spread 0.1%

Beam intensity 103105protons · sec−1

Accuracy Spatial resolution ≤ 1 mm

Electron density resolution ≤ 1 mm

Time efficiency Installation time < 10 min

Data acquisition time < 5 min

Reconstruction time 5− 10 min

Safety Maximum dose per scan < 5 cGy

Inoltre un sistema per pCT, come un qualunque altro sistema clinico,

deve avere tempi brevi di installazione, calibrazione, scansione e successiva

rimozione del sistema. L’installazione e la rimozione sono necessarie nel

caso in cui i rivelatori non siano sufficientemente resistenti alla radiazione

da restare montati permanentemente nella linea di trattamento. In questo

caso, il tempo necessario per una scansione di un paziente, per uno studio

23

Capitolo 2. Sviluppo dell’apparato sperimentale per un sistemapCT

di TP (treatment planning), incluso il tempo necessario per l’installazione e

per la rimozione del sistema non dovrebbe superare i 15 minuti (escluso il

tempo di ricostruzione dell’immagine). Nel caso in cui il sistema sia utilizzato

per la verifica on-line della dose e del posizionamento durante la fase di

trattamento, e richiesto un tempo di ricostruzione dell’immagine inferiore a

5 minuti. Infine, valutando le diverse situazioni cliniche, deve essere trovato

un compromesso ragionevole tra la dose rilasciata e la precisione con cui viene

determinata la densita elettronica. Inoltre nello studio della reale fattibilita

dell’uso di un sistema pCT non deve mai venire meno il confronto con gli

attuali sistemi di scansione. In questo senso, la dose rilasciata dagli esistenti

scanner CT utilizzati nella pianificazione di trattamento, che e dell’ordine di

3-5 cGy, non dovrebbe essere mai superata da una scansione pCT

2.2 Il metodo del single tracking

L’obiettivo della pCT e quello di ottenere immagini con risoluzione spaziale

e risoluzione in densita, di circa 1 mm e 1%, rispettivamente. Lavori prece-

denti [11], basati su calcoli analitici e simulazioni Monte Carlo, hanno effet-

tivamente dimostrato la possibilita di ottenere immagini tomografiche con

protoni con un’ottima risoluzione in densita (≤ 1%). D’altra parte la princi-

pale limitazione dell’imaging con protoni rimane legata alla scarsa risoluzione

spaziale dovuta al multiple scattering. Infatti, al fine di ottenere l’esatta

risoluzione dell’integrale 1.6, e necessario conoscere l’energia in ingresso e

l’energia in residua dei protoni che attraversano l’oggetto da esaminare, e

il loro percorso L attraverso il mezzo. L’energia in ingresso e generalmente

nota, l’energia in uscita puo essere misurata, ma la traiettoria del protone

attraverso l’oggetto non puo essere nota esattamente a causa dell’influenza

24

Capitolo 2. Sviluppo dell’apparato sperimentale per un sistemapCT

Figura 2.1: Schematizzazione del metodo del single tracking. Protoni con

energia nota Ein vengono registrati ad uno ad uno in uscita dall’oggetto at-

travresato a diversi angoli di proiezione Φ. I dati registrati includono posizioni

e direzioni di ingresso e uscita ed energia in uscita Eout.)

del MCS e questo e cio che impedisce di avere una risoluzione spaziale signi-

ficativa. Una possibile soluzione a questo problema e rappresenata dall’uso

della tecnica del single tracking, il cui principio e quello di seguire la traccia di

ogni singolo protone, misurando per ognuno posizione e direzione d’ingresso e

uscita dall’oggetto da rappresentare e l’energia residua. Queste informazioni,

sono quelle necessarie ad estrapolare nella migliore approssimazione possibile,

il percorso piu probabile dei protoni attraverso il mezzo, che naturalmente

non puo essere direttamente misurato. La figura 2.1 mostra l’approccio al

metodo del single tracking. L’oggetto e attraversato da un fascio abbastanza

largo di protoni (idealmente, ma non necessariamente parallelo) di energia

iniziale nota.

Da entrambi i lati dell’oggetto e montato un sistema di rivelazione in

grado di registrare i punti d’ingresso e uscita e gli angoli dei protoni rispetto

al sistema di rivelazione. Inoltre un rivelatore di energia misura l’energia

residua dei protoni in uscita dall’oggetto.

25

Capitolo 2. Sviluppo dell’apparato sperimentale per un sistemapCT

2.3 Il progetto PRIMA

Il progetto PRIMA (Proton IMAging) [16], finanziato dall’ INFN, nasce da

una collaborazione italiana, che ha come principale obiettivo la realizzazione

di un prototipo di un sistema di imaging con protoni 2D, ovvero un dipositivo

per la ricostruzione di un’immagine a trasmissione con protoni sulla base dei

principi fisici illustrati nel paragrafo 1.4. L’immagine bidimensionale rapp-

resenta il primo passo nella direzione della realizzazione di un sistema tomo-

grafico tridimensionale con fasci di protoni. Per l’applicazione della tecnica

del single tracking, il sistema di rivelazione che si sta sviluppando nell’ambito

del progetto PRIMA e costituito da un telescopio di rivelatori a microstrip

per la determinazione della posizione e da un calorimetro per la misura del-

l’energia. L’obiettivo e quello di rivelare protoni con energia cinetica iniziale

tra i 200 e i 270 MeV (adatti ad attraversare un torso umano), ad un rate non

inferiore a ∼ 1MHz, al fine di raccogliere i dati necessari alla ricostruzione

dell’immagine in un tempo dell’ordine di 1 sec, adatto all’esigenze cliniche. I

dati necessari sono le posizioni e le direzioni di ingresso e uscita di ogni sin-

golo protone per l’estrapolazione della traiettoria piu probabile attraverso il

corpo del paziente e l’energia residua. Il sistema finale pCT dovrebbe essere

in grado di misurare la densita elettronica con un’accuratezza di circa l’ 1%.

2.3.1 Sistema per la determinazione della traiettoria

(Tracking system)

Il sistema di rivelazione per la determinazione della traiettoria (Tracker) e

costituito da due telescopi di rivelatori, uno posto all’ingresso e uno all’uscita

del paziente o del fantoccio. Ciascun telescopio e costituito da 2 piani xy.

Ciascun piano xy e composto da due moduli identici di rivelatori a microstrip

26

Capitolo 2. Sviluppo dell’apparato sperimentale per un sistemapCT

Figura 2.2: Fotografia di un tracker module prima che venga montato il

rivelatore

di silicio, ruotati di 90◦ uno rispetto all’altro per misurare entrambe le co-

ordinate x e y. Ogni rivelatore a silicio, prodotto da Hamamatsu Photonics,

e un rivelatore a microstrip single-sided (a faccia singola) a 256 canali, ot-

tenuto impiantando strips di tipo p+ in un wafer di tipo n. L’area attiva e

di 51mm× 51mm e il passo tra le strips e di 200µm.

Lo spessore di ciascun piano di silicio e di 200µm, scelto in quanto miglior

compromesso tra una buona sensibilita, una bassa perdita di energia e un bas-

so scattering Coulombiano [16]. La distanza tra i due rivelatori a microstrip

nel piano xy e di 2 mm. Le strips sono lette attraverso una scheda contenente

otto chips di front end ASICs. Ciascun ASIC e costituito da 32 canali in-

dipendenti e include un amplificatore di carica, uno shaper e un comparatore

per la generazione di un segnale digitale di output ogni qualvolta viene super-

ata una soglia fissata Vth. I segnali vengono acquisiti attraverso una scheda

di aquisizione digitale (tracker digital board) FPGA. Il principale compito

dell’FPGA e di campionare i segnali delle 256 strips dai sistemi ASICs e di

immagazzinarli in memoria. La scheda di acquisizione digitale e collegata al

27

Capitolo 2. Sviluppo dell’apparato sperimentale per un sistemapCT

pc attraverso una commerciale unita Ethernet [17].

2.3.2 Il calorimetro

Il calorimetro e costituito da cristalli scintillatori YAG:Ce. Questi cristalli

sono stati scelti, dopo diverse valutazioni [16, 18], grazie al piccolo valore del-

la costante di decadimento (75ns) confronto al rate di acquisizione. Inoltre,

grazie alla lunghezza d’onda della luce emessa (λ = 550nm), lo YAG:Ce puo

essere accoppiato ad un fotodiodo senza l’esigenza di un fotomoltiplicatore.

Un singolo cristallo di YAG:Ce e stato provato con fasci di protoni sia ai Lab-

oratori Nazionali del Sud dell’INFN, sia al Loma Linda University Medical

Center (LLUMC). In figura 2.3 e mostrato lo spettro energetico risultato da

un tipico test. La risoluzione energetica (misurata come FWHM) e di 3, 6%

con protoni da 60 MeV e di circa l’ 1% con protoni da 200 MeV.

Attualmente il calorimetro che si sta sviluppando nell’ambito del progetto

PRIMA, e costituito da quattro cristalli di YAG:Ce di dimensioni 3× 3× 10

cm3, separati otticamente e racchiusi in un alloggiamento di alluminio (figura

2.4.

La risoluzione energetica di tutti i cristalli e la loro separazione ottica

sono state testate con il fascio di protoni da 60 MeV ai LNS. In particolare,

e stata valutata l’uniformita collimando il fascio in nove differenti punti di

ciascun cristallo e misurando l’energia piu probabile Ei. E’ stato trovato

che la deviazione standard e σ(Ei)= 1.3%. I quattro cristalli hanno la stes-

sa risoluzione energetica, sebbene la sensibilita media cambi da un cristallo

all’altro di circa il 20%. Tale variazione sara considerata al momento della

calibrazione del singolo cristallo.

28

Capitolo 2. Sviluppo dell’apparato sperimentale per un sistemapCT

Figura 2.3: Misura della distribuzione energetica dei protoni ottenuta con

protoni da 60 MeV.

Figura 2.4: Il calorimetro costituito da quattro cristalli YAG:Ce

29

Capitolo 2. Sviluppo dell’apparato sperimentale per un sistemapCT

Figura 2.5: Illustrazione del concetto di percorso piu probabile del protone

all’interno dell’oggetto: (A) noto a priori solo il punto d’ingresso e la direzione

del protone incidente,il suo MLP e una linea retta lungo la direzione d’inci-

denza con limiti d’indeterminazione crescenti (linea tratteggiata).(B) noti sia

il punto d’ingresso che il punto d’uscita, il MLP e una linea retta che congiunge

i due punti. (C) noti i punti e le direzioni di ingresso e uscita il MLP e una

curva che ha i piu stretti limiti di indeterminazione

2.4 Percorso piu probabile dei protoni attraver-

so un mezzo

Il sistema di rivelazione descritto, permette di determinare la traiettoria di un

protone prima e dopo che esso abbia attraversato il bersaglio. Naturalmente

nessuna informazione diretta e possibile ottenere sul percorso dei protoni

all’interno dell’oggetto, ed e quindi necessaria una qualche estrapolazione

per una corretta ricostruzione dell’immagine.

In prima approssimazione, noto soltanto il punto d’ingresso, e possibile

considerare il percorso L del protone come una linea retta dal punto d’in-

gresso lungo la direzione d’incidenza. Un’approssimazione migliore, note sia

la posizione d’ingresso che quella di uscita, e costituita dalla retta congiun-

gente questi due punti noti (figura 2.5) ma, a causa dello scattering multiplo,

i protoni attraversano l’oggetto lungo una traiettoria che puo deviare sen-

sibilmente da un linea retta. Il multiplo scattering implica numerose inter-

azioni elastiche tra le particelle cariche e i nuclei del materiale attraversato.

30

Capitolo 2. Sviluppo dell’apparato sperimentale per un sistemapCT

Sebbene ogni singola interazione dia luogo ad una complessa distribuzione

di angoli di scattering, il risultato complessivo di molte interazioni e una

distribuzione angolare che, in prima approssimazione, puo essere considerata

Gaussiana. In tale approssimazione quindi, il MCS e caratterizzato dalla

larghezza σθ della Gaussiana che descrive la distribuzione degli angoli di

scattering. Il multiplo scattering produce inoltre uno spostamento della trai-

ettoria della particella (figura 2.6). La distribuzione degli spostamenti, segue

anch’essa una distribuzione Gaussiana di larghezza σt. Le larghezze di tali

distribuzioni Gaussiane caratterizzanti il processo del MCS sono correlate

tra di loro e sono proporzionali alla quantita di materiale attraversato. Sul-

la base dell’approssimazione Gaussiana del multiplo scattering, se l’oggetto

attraversato ha densita elettronica omogenea e se sono note sia le posizioni

che le direzioni di ingresso e uscita, e possibile ricavare analiticamente l’MLP

(most likely path), ovvero la piu probabile tra tutte le traiettorie possibili dei

protni attraverso il mezzo. Tale approccio e stato sviluppato da Williams ed

il calcolo dettagliato e riportato in [3]. Qui ne diamo una breve descrizione.

In riferimento alla figura 2.6, per semplicita si considerano solo le traiet-

torie proiettate in un piano (piano t-u). Date la posizione e la direzione di

un protone incidente nel punto A (u0,t0,θ0 = 0) e la posizione e la direzione

di uscita nel punto B (u1,t1,θ1), l’MLP t(u) in un mezzo omogeneo e dato

dall’equazione (14) in [3] :

t(u) = (AE −BD)/(AC −B2) (2.1)

dove A, B, C, D, ed E sono abbreviazioni di termini che dipendono dalle

informazioni disponibili sulla traccia del protone e dall’energia iniziale e sono

descritti dalle equazioni (15)-(27) in [3]. Si osserva che tali termini con-

tengono la quantita 1/β2p2, ovvero il prodotto della velocita del protone

31

Capitolo 2. Sviluppo dell’apparato sperimentale per un sistemapCT

Figura 2.6: Rappresentazione in un piano del MCS. Il percorso del protone

attraverso l’oggetto e determinato da numerose interazioni di scattering che

producono una traiettoria a zigzag (in rosso). Entrambe le posizioni e le

direzioni di ingresso e uscita (punti A e B) devono essere note per il calcolo

del MLP

relativa alla luce e dell’impulso, che varia con la profondita u a causa ovvia-

mente, della variazione dell’energia cinetica man mano che il protone viaggia

attraverso il mezzo. Come descritto dettagliatamente in [3], la relazione

del termine 1/β2p2 con la profondita puo essere descritta da una polinomi-

ale di quinto grado, i cui parametri possono essere ricavati da simulazioni

Monte Carlo [3]. L’MLP e risultato [19] la migliore approssimazione possi-

bile del percorso dei protoni, in termini di qualita dell’immagine ricostruita

con simulazioni Monte Carlo.

32

Capitolo 3

Simulazioni Monte Carlo per

un sistema pCT

3.1 Introduzione

Nell’ambito del progetto PRIMA, parallelamente al lavoro di sviluppo e di

test dell’apparato sperimentale, portato avanti dal gruppo di ricercatori del-

l’ INFN delle sezioni di Firenze e di Catania, un altro importante lavoro

viene svolto ai Laboratori Nazionali del Sud, attraverso la realizzazione di

simulazioni Monte Carlo. L’espressione Metodo Monte Carlo (MC) e molto

generale, con essa si suole indicare una tecnica stocastica, cioe basata sull’uso

di numeri random e probabilita statistiche, per la soluzione di problemi com-

plessi di diversa natura. L’idea che sta alla base del metodo Monte Carlo e

che generando un numero molto grande di eventi, la loro media sia un evento

molto vicino a quello reale (legge dei grandi numeri). Tale metodo e applica-

to a molteplici problemi, che vanno dal calcolo delle equazioni differenziali,

alla fisica e alle applicazioni ingegneristiche. In particolare la tecnica Monte

Carlo viene ampiamente usata in molteplici applicazioni di fisica sanitaria,

33

Capitolo 3. Simulazioni Monte Carlo per un sistema pCT

come dimostrano le numerose pubblicazioni presenti in letteratura [20, 21].

Si trovano sue applicazioni per esempio in radiodiagnostica e medicina nu-

cleare per il calcolo della dose al paziente, in radioprotezione per il calcolo

delle schermature e la valutazione delle penetrazioni, in dosimetria per sti-

mare le caratteristiche delle camere a ionizzazione. Dato che un sistema

per pCT effettivamente utilizzabile per uso clinico, non e ancora stato re-

alizzato, si comprende l’importanza di uno strumento come il Monte Carlo

nello studio preliminare delle caratteristiche del sistema, nella valutazione

e nella scelta dei rivelatori, nel trattare le principali limitazioni (in partico-

lare quella del MCS), nello studio delle caratteristiche dell’immagine e nella

valutazione dei possibili algoritmi di ricostruzione. Nell’ambito di questo la-

voro di tesi, attraverso la realizzazione di un’applicazione Monte Carlo con

il toolkit GEANT4 si e voluta verificare l’applicabilita di uno specifico al-

goritmo di ricostruzione dell’immagine chiamato Filtered backprojection o

FBP. L’FBP e oggi uno degli algoritmi piu diffusi per la ricostruzione di

immagini basate su fasci di fotoni, mentre noi ne abbiamo verificato l’appli-

cabilita ad un’immagine con protoni, valutandone poi i risultati in termini

di contrasto, rumore uniformita e soprattutto risoluzione spaziale. L’appli-

cazione realizzata riproduce esattamente un prototipo di sistema per pCT,

cosı come esso e stato descritto nel capitolo precedente. Essa consente quindi

l’applicazione del metodo del single tracking per la determinazione del MLP,

come nella pratica sperimentale; questo calcolo e stato quindi confrontato sia

con il dato sperimentale che il metodo analitico di Williams [3], ed e stato

quindi assunto come validazione dell’applicazione stessa. Una volta provata

l’affidabilita dell’applicazione, essa e stata utilizzata per la ricostruzione di

un’immagine tomografica.

34

Capitolo 3. Simulazioni Monte Carlo per un sistema pCT

3.2 Codice di simulazione GEANT4

GEANT4 [22, 23, 24] (GEometry ANd Tracking) e un toolkit, per simulazioni

Monte Carlo basato sulla tecnologia Object-Oriented in linguaggio C++. Il

software e stato sviluppato da una collaborazione di oltre 100 scienziati prove-

nienti da tutta l’Europa, il Giappone e il Nord America. La prima versione e

stata pubblicata nel 1998 dopo essere stata presentata alla CERN Develop-

ment Committee. Attualmente GEANT4 e usato in diversi campi scientifici

che vanno dalla fisica delle alte energie, alla fisica medica e alle applicazioni

spaziali. Il toolkit comprende un sistema di rivelazione facilmente utilizz-

abile, e una serie di diversi modelli fisici inseriti in una struttura flessibile.

Il suo kernel incorpora diverse parti dedicate al tracking, alla ricostruzione

della geometria, al trasporto delle particelle, alla definizione dei materiali, ai

processi fisici, alla gestione degli eventi, alla configurazione del run, alla ma-

nipolazione dei dati di risposta del rivelatore e al sistema di visualizzazione.

In particolare i processi fisici implementati coprono diversi tipi di interazioni

che si estendono in un intervallo energetico che va dai neutroni termici alle

reazioni ad alta energia, come quelle presenti nei raggi cosmici o negli es-

perimenti presso il Large Hadron Collider (LHC), tramite numerosi modelli

differenti, complementari o alternativi tra loro. Le particelle implementate

includono i leptoni, i fotoni, gli adroni e gli ioni. Inoltre il toolkit prevede un

interfaccia che consente all’utente di interagire in tempo reale con la propria

applicazione, modificandone le caratteristiche sia geometriche, che fisiche,

che di visualizzazione, senza doverne modificare il codice. GEANT4 adotta

la tecnologia object-oriented che permette un facile processo di aggiorna-

mento e gestione del software consentendo, cosı, una semplice divisione del

processo di sviluppo in vari gruppi. Uno dei piu significativi elementi di van-

taggio e la sua capacita di definire regioni nel setup della simulazione dove e

35

Capitolo 3. Simulazioni Monte Carlo per un sistema pCT

possibile impostare differenti soglie di produzione per le particelle simulate.

Questa possibilita, permette di ottimizzare l’accuratezza e le performance in

tempo di calcolo della simulazione in funzione delle particolari caratteristiche

e necessita.

3.3 Simulazione di un sistema pCT

Utilizzando il toolkit GEANT4, e stata realizzata un’applicazione Monte

Carlo dedicata che riproduce esattamente il prototipo di un sistema pCT

come illustrato nel capitolo precedente. All’interno dell’applicazione e stato

quindi simulato l’apparato sperimentale costituito dai due telescopi di riv-

elatori, ognuno dei quali formato da due piani xy a microstrip di silicio, e

dal calorimetro. Ciascun piano xy e stato simulato come un piano sensibile

di silicio di spessore 1 mm e dimensioni 4, 5 × 4, 5cm2. Su ciascuno di tali

piani e possibile avere in output le informazioni relative alle posizioni x-y e

all’energia cinetica di tutti i protoni incidenti. Il calorimetro e stato sim-

ulato con un blocco di PMMA dello spessore di 10 cm, in grado di fornire

il valore dell’energia residua di ciascun protone. I modelli fisici implemen-

tati nella simulazione, sono stati ampiamente testati nell’ambito dell’esempio

Hadrontherapy [25, 26], da cui la nostra applicazione trae origine , presente

all’interno di GEANT4. Per quanto riguarda la fisica elettromagnetica sono

stati utilizzati il pacchetto Low Energy (sviluppato in particolare per appli-

cazioni a basse energie) e il modello non gaussiano per il multiplo scattering.

Per quanto riguarda le interazioni adroniche, sono stati attivati tutti i pro-

cessi di scattering elastico e non elastico nucleone-nucleone, utilizzando il

modello Precompound associato al modello GEM evaporation [27, 28].

36

Capitolo 3. Simulazioni Monte Carlo per un sistema pCT

Figura 3.1: Prototipo di sistema per pCT testato al LLUMC

3.3.1 Determinazione del MLP

Set up sperimentale per il calcolo del MLP

Nella prima fase di questo lavoro si e utilizzata l’applicazione realizzata con

GEANT4 per il calcolo del percorso piu probabile dei protoni attraverso

un fantoccio omogeneo, riproducendo esattamente le stesse condizioni sper-

imentali di un primo test del prototipo, condotto al Loma Linda University

Medical Center (LLUMC) in California. L’esperimento, condotto nel 2005,

utilizzando il fascio di protoni da 200 MeV del sincrotrone in uso al LLUMC,

ha permesso un primo test dell’apparato sperimentale e l’acquisizione dei dati

per il calcolo sperimentale del MLP. In figura 3.1 e riportato l’esatto set-up

sperimentale utilizzato.

Esso consiste dei due telescopi di rivelatori al silicio per la misura delle

posizioni e le direzioni in ingresso e uscita dal fantoccio e del calorimentro per

misura dell’energia residua. La distanza tra i piani di silicio e il calorimetro

e stata fissata durante ogni run. Il fantoccio, di spessore totale 180 mm, e

in realta costituito da spessori di PMMA (polimetilmetacrilato) di 1.25 cm,

che possono essere aggiunti o rimossi in modo da poter variare lo spessore

37

Capitolo 3. Simulazioni Monte Carlo per un sistema pCT

Figura 3.2: Il modulo mobile viene spostato in tre diverse posizioni (set-up A,B

e C) per misurare la coordinata y e ricavare il percorco piu probabile. Sper-

imentalmente sono stati eseguiti tre run, uno per ogni posizione del modulo

mobile.

totale attraversato dalle particelle. In questo modo, il set-up risulta partico-

larmente flessibile e adatto allo scopo dell’esperimento, in quanto permette

l’inserimento di un ulteriore modulo di silicio mobile, la cui posizione puo

essere variata a diverse profondita all’interno del fantoccio.

In riferimento alla figura 3.1, per il calcolo dell’MLP e necessaria la deter-

minazione delle coordinate y e z di ciascun protone che attraversa il fantoccio.

Le coordinate in ingresso e in uscita vengono acquisite con i due telescopi di

rivelatori posti prima e dopo il fantoccio e una terza coordinata viene acquisi-

ta con il modulo mobile posto in mezzo al fantoccio. Il modulo mobile e stato

spostato in tre diverse posizioni (60 mm, 90 mmm, 150 mm di profondita nel

fantoccio di PMMA), corrispondenti alle tre configurazioni sperimentali A,

B, C. La figura 3.2 mostra i tre set up sperimentali.

38

Capitolo 3. Simulazioni Monte Carlo per un sistema pCT

Ciascuno dei tre set-up permette la determinazione sperimentale di un

punto del MLP, fissate le configurazioni di ingresso e uscita. In altri termini,

fissate le configurazioni (posizione e direzione) di ingresso e uscita, ciascun

MLP e costruito da tre punti sperimentali: a 60, 90 e 150 mm di profondita

in PMMA.

Simulazione MC per il calcolo dell’MLP

Utilizzando l’applicazione Monte Carlo da noi realizzata, e stato riprodotto

l’esperimento per il calcolo dell’MLP. Il fascio di protoni del LLUMC e stato

simulato con uno spot quadrato di lato 2.5 mm. La sua distribuzione ener-

getica e descritta da una gaussiana centrata a 200 MeV di valore nominale

e una FWHM di 35 keV. La direzione del fascio incidente (lungo l’asse x

nel sistema di riferimento di GEANT4) e perpendicolare alla superficie dei

rivelatori. Ai telescopi di microstrips, gia simulati come descritto in 3.3, e

stato aggiunto il modulo mobile.

Figura 3.3: Visualizzazione di GEANT4 del setup simulato: la traccia dei

protoni e dei secondari attraversa i piani di silicio e il fantoccio di PMMA.

Infine il fascio viene stoppato all’interno del calorimetro

39

Capitolo 3. Simulazioni Monte Carlo per un sistema pCT

Le tre diverse posizioni del modulo mobile (set-up A, B e C) sono state

simulate esattamente, includendo anche gli spessori d’aria tra i moduli e gli

spessori di PMMA. Per la ricostruzione del MLP, sono state registrate le

coordinate di posizione y e z e la direzione di ciascun protone incidente sui

piani di silicio. In questo modo l’MLP puo essere ricostruito esattamente

come avviene sperimentalmente. La figura 3.3 mostra la visualizzazione di

GEANT4 di un tipico set-up simulato. Per semplicita di calcolo, l’MLP

ricostruito e proiettato in un piano, ovvero si e fatta una ricostruzione bidi-

mensionale del percorso. Sono stati ricostruiti tre MLPs, corrispondenti a

tre diverse di uscita. La configurazione di ingresso e unica per tutti e tre i

percorsi, nella posizione yin = 0 mm e angolo 0 rad, corrispondente esatta-

mente alla posizione e direzione di incidenza del fascio sul primo rivelatore.

Quindi sono state scelte tre diverse configurazioni di uscita delle particelle

dal fantoccio:

1. Configurazione I : y = 0.8 mm e 7 mrad;

2. Configurazione II : y = 2 mm e 15 mrad;

3. Configurazione III : y = 4 mm e 35 mrad.

in cui y rappresenta lo spostamento rispetto alla posizione d’incidenza yin =

0 mm. Le incertezze sulle posizioni e gli angoli, tenendo in considerazione

il set-up sperimentale, sono rispettivamente ±0.2 mm e ±2.5 mrad. Gli

angoli scelti, sono quelli misurati sperimentalmente nei corrispondenti punti

di uscita. Per ogni fissata configurazione di uscita, sono state fatte tre diverse

simulazioni, una per ognuna delle tre posizioni del modulo mobile. Durante

ogni simulazione, e stata registrata la posizione y di ogni particella incidente

sul modulo mobile. Quindi, se ne e calcolato il valore medio YG4 e l’errore

standard. In questo modo con tre punti, si sono ottenuti i percorsi simulati,

40

Capitolo 3. Simulazioni Monte Carlo per un sistema pCT

in modo analogo al caso sperimentale. I percorsi ottenuti con GEANT4 sono

stati confrontati inizialmente con i punti sperimentali e successivamente con

i percorsi teorici previsto dalla teoria semi-analitica di Williams [3].

3.3.2 Validazione dell’applicazione: confronto tra MLP

simulato, sperimentale e analitico

Per ciascuna configurazione scelta e stato fatto il confronto tra l’MLP simu-

lato e quello sperimentale, nei tre punti corrispondenti alle tre posizioni del

modulo mobile (A,B e C). I risultati sono mostrati in figura 3.4. Per fare un

confronto consistente tra i due set di dati, e stato considerato esattamente lo

stesso numero di protoni, sia nel caso sperimentale che nel Monte Carlo. Per

dare una stima quantitativa dell’accordo tra i punti mostrati in figura 3.4 e

stato effettuato su ogni punto il test statistico di Student (t-test). La tabella

3.1 mostra i valori delle coordinate Y dedli MLPs ottenuti dalle simulazioni

(YG4) e dal dato sperimentale (Yexp) in ciascun set-up. Nel nostro caso, fis-

sando il livello di significativita del test al 5%, il valore della della variabile

statistica t calcolata deve essere minore del valore soglia tabulato [29] 1.96,

affinche si possa affermare che il test sia stato superato.

Tabella 3.1: Coordinate sperimentali e simulate con Geant4 per la

Configurazione I

YG4[mm] YExp[mm] t

SET-UP A (x = 60 mm) 0.11± 0.30 0.12± 0.34 0.71

SET-UP B (x = 90 mm) 0.21± 0.37 0.20± 0.44 0.57

SET-UP C (x = 150 mm) 0.54± 0.29 0.52± 0.43 1.22

41

Capitolo 3. Simulazioni Monte Carlo per un sistema pCT

Tabella 3.2: Coordinate sperimentali e simulate con Geant4 per la

Configurazione II

YG4[mm] YExp[mm] t

SET-UP A (x = 60 mm) 0.30± 0.30 0.32± 0.33 0.64

SET-UP B (x = 90 mm) 0.54± 0.36 0.58± 0.45 1.03

SET-UP C (x = 150 mm) 1.34± 0.27 1.29± 0.36 1.49

Tabella 3.3: Coordinate sperimentali e simulate con Geant4 per la

Configurazione III

YG4[mm] YExp[mm] t

SET-UP A (x = 60 mm) 0.56± 0.33 0.58± 0.37 0.90

SET-UP B (x = 90 mm) 1.04± 0.39 1.1± 0.41 2.35

SET-UP C (x = 150 mm) 2.65± 0.31 2.65± 0.35 0.00

Nelle tabelle 3.2 e 3.3, sono mostrati gli stessi risultati nel caso delle con-

figurazioni II e III. I risultati mostrano un buon accordo tra il dato simulato e

il dato sperimentale. Per ciascun confronto e mostrata la variabile statistica

del t-test.

Un ulteriore confronto e stato effettuato tra gli MLPs ottenuti dalle sim-

ulazioni e gli MLPs ottenuti utilizzando le equazioni del calcolo semianalitico

proposto da Williams [3]. In questo caso, attraverso il Monte Carlo, fissate

configurazioni di ingresso e uscita dei protoni, sono stati ricostruiti gli interi

percorsi, dal punto di ingresso al punto di uscita a step di 1 mm. In figura

3.5 e mostrato il confronto tra i percorsi Monte Carlo e i percorsi analitici,

ottenuti per le configurazioni I e III.

42

Capitolo 3. Simulazioni Monte Carlo per un sistema pCT

Figura 3.4: Confronto tra tre MLP misurati sperimentalmente e ricavati dalle

simulazioni Monte Carlo nelle stesse condizioni. Per ciscun punto e stato

calcolato anche l’errore statistico che pero risulta inferiore a 0.45 mm e quindi

difficilmente rappresentabile nel grafico.

Nel caso dei percorsi Monte Carlo, sono riportati anche le indetermi-

nazioni 1σ attorno alle curve MLP, che evidenziano la caratteristica forma a

banana del MLP.

La massima differenza tra le curve mostrate e di 0.029 mm per la con-

figurazione I e di 0.106 mm per la configurazione III. Nella stessa figura e

riportato un inserto che mostra uno zoom del MLP, per la configurazione I,

nella regione compresa tra gli 80 e i 120 mm di profondita. Questo inserto

permette di rivelare un distanza di 29 µn tra le due curve. In questo caso,

per una valutazione quantitativa dell’accordo tra le curve e stato utilizzato

il test statistico di Kolmogorov-Smirnov (K-S test). Il K-S test e applicabile

quando si vogliano confrontare le distribuzioni di due serie di punti, o equiv-

alentemente in gergo statistico, quando si voglia verificare che due campioni

43

Capitolo 3. Simulazioni Monte Carlo per un sistema pCT

Figura 3.5: Confronto tra MLP ricavato dalla teoria di Williams e dalle sim-

ulazioni GEANT4 relativi alle configurazioni I e II. I puntini rappresentano

l’MLP analitico, mentre la linea continua rappresenta l’MLP simulato. Per

le curve simulate e risportata l’incertezza stistica pari a 1σ attorno al MLP.

L’inserto rappresenta un zoom del MLP nel caso della configurazione I

di dati appartengono alla stessa popolazione. Se questa ipotesi e verificata,

allora ci si aspetta che le curve cumulate di entrambi i campioni siano molto

vicine l’una all’altra. La grandezza da valutare nel K-S test e la Dmax, ovvero

la massima differenza tra le curve cumulate di entrambi i campioni. A par-

tire da Dmax e possibile determinare il valore della variabile statistica del K-S

test, il KSstat. Se il valore osservato, ad un fissato livello di significativita,

risulta minore del valore soglia tabulato, si puo affermare che i due campioni

sono stati estratti dalla stessa popolazione, o in termini piu immediati, che

hanno la stessa distribuzione. La tabella 3.4 sintetizza i risultati del K-S test.

Sono riportati i valori della variabile statistica (KSstat) da confrontare

44

Capitolo 3. Simulazioni Monte Carlo per un sistema pCT

Tabella 3.4: Risultati del test di Kolmogorov-Smirnov per il confronto tra il

percorso simulato e il percorso ricavato analiticamemte.

Config. I Config. II Config. III

KSstat 0.047 0.041 0.047

Distanza massima [ mm ] 0.029 0.042 0.106

Geant4 MLP max std [ mm ] 0.429 0.441 0.473

MLP analitico max std [ mm ] 0.549 0.549 0.549

con il valore soglia critico tabulato [30], che nel nostro caso e 0.14. Inoltre e

riportato il valore della massima distanza tra le curve considerate e il mas-

simo valore della deviazione standard di entrambe. L’accordo tra il Monte

Carlo e il calcolo analitico risulta migliore per il caso I e mostra un leggero

peggioramento nel caso della configurazione III, ovvero nel caso della configu-

razione piu estrema, con direzione e punto d’uscita sensibilmente piu distanti

rispetto alla direzione e la punto d’incidenza. In ogni caso, considerando che

la massima distanza tra le curve MLP Monte Carlo e analitiche e intorno ai

100 µn e considerando che tale valore e dello stesso ordine di grandezza della

risoluzione del nostro apparato di rivelazione, si puo concludere che l’accordo

tra i due metodi e ottimo.

L’applicazione realizzata con GEANT4, risulta quindi ampiamente valida-

ta dal confronto con il dato sperimentale e con il calcolo analitico. I buoni

risultati ottenuti dal confronto con il calcolo analitico, inoltre, confortano

sull’effettivo utilizzo della teoria di Williams nella predizione del MLP da

utilizzare all’interno dell’algoritmo di risoluzione dell’immagine.

45

Capitolo 3. Simulazioni Monte Carlo per un sistema pCT

3.4 Simulazioni Monte Carlo per la ricostruzione

di un’immagine tomografica con protoni

La tomografia computerizzata (CT) consente di ottenere immagini di sezioni

(fette) dell’oggetto in esame, attraverso l’uso di radiazioni ionizzanti, tradizional-

mente raggi X. Ruotando l’oggetto, mentre viene investito da un fascio piano

di radiazioni (fotoni nella diagnostica convenzionale), vengono acquisite, at-

traverso un insieme di rivelatori, una serie di proiezioni. Una proiezione

in generale, rappresenta l’integrale di linea di determinate proprieta del-

l’oggetto (coefficienti di attenuazione, densita elettronica, etc.) lungo una

direzione predefinita, proprieta differente a seconda naturalmente della radi-

azione impiegata. Nel caso convenzionale dell’utilizzo di raggi X, ad esempio,

le proiezioni sono semplici conteggi dei fotoni che hanno attraversato l’ogget-

to senza essere assorbiti. A partire dai dati di proiezione viene ricostruita

l’immagine utilizzando sofisticati algoritmi di ricostruzione. L’algoritmo di

ricostruzione piu utilizzato nell’imaging convenzionale e quello della retro-

proiezione filtrata (FBP, filtered back projection). In questo lavoro di tesi si

e voluta testare l’applicabilita di tale algoritmo alla ricostruzione di un’im-

magine con protoni, valutando poi la qualita delle immagini ottenute. L’ap-

plicazione Monte Carlo realizzata con GEANT4, che riproduce il prototipo

reale che si sta sviluppando all’interno della collaborazione, e stata utilizzata

per ottenere i dati di proiezione necessari alla ricostruzione tomografica di

opportuni fantocci con un fascio di protoni. Nel prossimo capitolo sara de-

scritto l’algoritmo di ricostruzione e la sua applicazione ai dati ottenuti dalle

simulazioni; qui di seguito descriveremo i fantocci utlizzati e la modalita di

registrazione dei dati durante la simulazione.

46

Capitolo 3. Simulazioni Monte Carlo per un sistema pCT

Figura 3.6: Schema della sezione del fantoccio simulato. Per la valutazione

della risoluzione in basso contrasto si utilizzano i 45 cilindri a densita lin-

earmente variabile disposti lungo il perimetro. Per la risoluzione spaziale si

utilizzano le triplette di fori al centro.

E’ stato simulato un fantoccio cilindrico d’acqua del dimanetro di 20 cm.

Il fantoccio, schematizzato in figura 3.6, contiene due differenti serie di in-

serti specifici per la valutazione della risoluzione spaziale e della risoluzione

in densita:

1. Per risoluzione in densita, in condizioni di basso contrasto, sono stati

simulati 45 inserti cilindrici. I cilindri hanno la stessa composizione

chimica dell’acqua ma densita linearmente variabile da 0.9 gcm−3 a

1.1 gcm−3, a step di 0.0045 gcm−3, mentre la densita del background

(ovvero del fantoccio d’acqua) e esattamente 1 gcm−3.

2. Per la risoluzione spaziale, seguendo un metodo standard [31] sono

stati simulati specifici pattern, costituiti da triplette di fori cilindrici,

allineate e disposte simmetricamente all’asse del cilindro. Tali cilindret-

ti, essendo vuoti, hanno una differenza in densita del 100% rispetto al

47

Capitolo 3. Simulazioni Monte Carlo per un sistema pCT

mezzo uniforme (acqua) in cui sono inseriti (condizioni di alto contrasto).

In tabella 3.5 sono riportati i dati relativi ai diametri delle triplette e

al corrispondente valore di risoluzione spaziale in Lp/cm.

Tripletta Diametro Risoluzione Spaziale

fori corrispondente

[mm] [Lp/cm]

1 8.0 0.6

2 6.0 0.8

3 4.0 1.2

4 3.0 1.6

5 2.0 2.5

6 1.5 3.3

7 1.0 5.0

8 0.75 6.6

9 0.5 10.0

Tabella 3.5: Corrispondenza tra la tripletta, il diametro dei fori e la risoluzione spaziale.

L’ultima tripletta visibile rappresenta il miglior valore di risoluzione spaziale raggiungibile.

Il fantoccio e attraversato da un fascio di protoni da 200 MeV, rettangolare di

dimensioni 1× 200mm2. La posizione in cui e generato il fascio, corrisponde

esattamente a meta altezza del cilindro. In queste condizioni, poiche la di-

mensione del fascio ricopre esattamente la sezione del fantoccio, e possibile

ricostruire la fetta centrale (figure 3.7 e 3.8).

Sono state ricostruite diverse immagini della fetta centrale, per differenti

numeri di protoni incidenti (da 12000 fino 2,5 milioni) corrispondenti a diversi

valori di dose al centro (paragrafo successivo). Durante la simulazione il

48

Capitolo 3. Simulazioni Monte Carlo per un sistema pCT

Figura 3.7: Visualizzazione tridimensionale di GEANT4 del fantoccio simulato

attraversato dal fascio di protoni.

Figura 3.8: Schematizzazione del fantoccio attraversato da un fascio piano di

protoni, che permette la ricostruzione della fetta centrale

49

Capitolo 3. Simulazioni Monte Carlo per un sistema pCT

sistema di riferimento cartesiano fascio (x,y,z ) rimane stazionario rispetto a

quello del laboratorio (il sistema world in GEANT4), mentre il fantoccio in

esame viene ruotato attorno all’asse di simmetria di un angolo costante ϕ tra

un run1 e il successivo, per accumulare i dati delle proiezioni ai vari angoli.

Ogni immagine e stata realizzata con 360 proiezioni contigue, ottenute in

ogni simulazione, ruotando il fantoccio da 0◦ a 359◦. Per ciascuna rotazione

del fantoccio, sono state registrate :

1. posizione e direzione in ingresso e in uscita (sui piani di silicio simulati);

2. l’energia residua (nel calorimetro).

Questi dati sono esattamente quelli che e possibile determinare sperimental-

mente con il nostro prototipo e che consentono di ottenere i dati di proiezione

dal calcolo analitico dell’integrale a sinistra nella formula 1.6. Questi dati,

permettono la ricostruzione della fetta centrale con l’applicazione di un al-

goritmo di ricostruzione, come si vedra nel prossimo capitolo.

3.5 Calcolo della dose

3.5.1 Dose al centro in un fantoccio cilindrico

Per valutare la dose rilasciata dal fascio di protoni nelle immagini ricostruite,

si e scelto il metodo comunemente utilizzato nella pratica per la definizione

della dose in tomografia a raggi x, il CTDI (Computed Tomography Dose

Index )[32]. In tomografia si eseguono valutazioni di CTDI attraverso una

camera a ionizzazione cilindrica lunga 10 cm e del diametro di 2 cm, inserita

1Il run e un comando mediante il quale si ordina all’applicazione di seguire il percorso

di un numero preciso e definibile di particelle

50

Capitolo 3. Simulazioni Monte Carlo per un sistema pCT

lungo l’asse di un fantoccio cilindrico dalle pareti in plexiglass e riempito

d’acqua. L’indice di dose puo essere definito dalla:

CTDI100 =1

nT

∫ −50mm

50mm

D(z)dz (3.1)

dove T e lo spessore nominale in millimetri della fetta scansionata, n e il

numero di strati contigui campionati per ogni singola proiezione, z e la po-

sizione lungo l’asse di rotazione in cui e disposta la camera e D(z) e la dose

rilasciata, per singola proiezione, nella fetta di coordinate tra z e z+dz della

sola camera. Esso rappresenta quindi l’integrale del profilo di dose calcolato

lungo una linea ortogonale al piano lungo cui di esegue la tomografia, diviso

per il prodotto dello spessore T per il numero degli strati n. Si dimostra

che tale integrale e uguale alla somma dei contributi nel centro del fantoccio

dovute alle esposizioni degli strati contigui. Si puo quindi scrivere l’energia

totale rilasciata nella camera a ionizzazione (EC.I .) per ogni proiezione nel

seguente modo (sfruttando la definizione di dose assorbita (D = dEdm

),

EC.I. = ρS

∫ −50mm

50mm

dE

dmdz = ρS

∫ −50mm

50mm

D(z)dz = nTρSCTDI100 (3.2)

essendo ρ ed S la densita e la sezione della camera a ionizzazione. Ne

segue che:

CTDI100 =1

n

EC.I.

ρST=

1

n

EC.I.

∆m(3.3)

dove ∆m e la massa della parte della camera di spessore T. Nell’ipotesi

di tomografo a singlo strato (n=1), per calcolare il CTDI100 basta sommare

l’energia rilasciata nel volume della camera e dividere per la massa ∆m.

All’interno della simulazione, per la valutazione della dose rilasciata per ogni

51

Capitolo 3. Simulazioni Monte Carlo per un sistema pCT

Figura 3.9: Visualizzazione di Geant4 della camera a ionizzazione inserita

lungo l’asse del fantoccio cilindrico per la misura del CTDI

scansione tomografica a diversi valori della fluenza (numero di protoni in-

cidenti per unita di superficie), e stata simulata una camera a ionizzazione

cilindrica disposta lungo l’asse del fantoccio. La camera e stata simulata con

un cilindro d’acqua del diametro di 2 cm e lunghezza 10 cm (figura 3.9).

Il CTDI100, come la fluenza e inversamente proporzionale allo spessore del

fascio T. In ogni simulazione, per ogni step2 di ciascuna particella, primaria

o secondaria, e stata sommata l’energia depositata localmente (attraverso il

metodo di GEANT4 GetTotalEnergyDeposit), all’energia totale rilasciata nel

volume della camera. In questo modo, nota la massa della camera e stato

possibile determinare il valore del CTDI per ogni valore della fluenza del

fascio iniziale.

2Lo step e l’intervallo spaziale della traccia di una particella, modificabile dall’u-

tente, entro cui GEANT4 considera costanti i valori delle sezioni d’urto dei vari processi

d’interazione

52

Capitolo 4

Ricostruzione dell’immagine

con il metodo FBP (Filtered

Backprojection)

4.1 Introduzione

Tutte le immagini attualmente disponibili del corpo umano vengono ricavate

dall’interazione di flussi di energia nella forma di onde meccaniche o elettro-

magnetiche con i tessuti umani. Le radiazioni maggiormente utilizzate sono

le radiazioni X, che interagiscono, nel range di energie utili per la diagnos-

tica, prevelentemente per effetto Compton. Le immagini tomografiche con

raggi X, sono quindi ottenute a partire dalla misura dell’ attenuazione dei

fotoni incidenti attraverso l’uso di opportuni algoritmi di ricostruzione, che

richiedono l’uso di un formalismo matematico piuttosto complesso. Nel corso

di questo capitolo, si effettuera prima un breve trattazione dei principi che

stanno alla base della teoria di ricostruzione dell’immagine e dell’applicazione

dell’algoritmo FBP nel caso convenzionale con fotoni e successivamente si es-

53

Capitolo 4. Ricostruzione dell’immagine con il metodo FBP(Filtered Backprojection)

Figura 4.1: Intensita in ingresso e in uscita per un singolo canale

tenderanno tali concetti al caso dei protoni. Cio, come vedremo, richiedera

opportune correzioni e approssimazioni.

4.2 Teoria di ricostruzione delle immagini

Quando un fascio di fotoni (idealmente monocromatici), attraversa uno spes-

sore di materiale non omogeneo, la fluenza del fascio varia secondo la legge

di Lambert-Beer:

I(L) = I0e− ∫

L µ(x,y)dl (4.1)

dove L indica la linea retta d’integrazione lungo una sezione piana del

materiale sul e fissato un sistema di riferimento cartesiano (O,x,y).

Nell’imaging a raggi X, l’informazione che e possibile ricavare proviene

unicamente dalle misure di fluenza in ingresso e in uscita. Poiche, nella

realta i rivelatori hanno dimensioni finite, nella pratica, l’equazione 4.1 va

discretizzata suddividendo la linea L come mostrato in figura 4.1.

I = I0e−∑

i µi∆x (4.2)

La funzione P :

54

Capitolo 4. Ricostruzione dell’immagine con il metodo FBP(Filtered Backprojection)

Figura 4.2: Intensita in ingresso e in uscita per un’intera sezione (slice)

P = lnI0

I=

n∑i=1

µi∆x (4.3)

denominata proiezione e cio che viene effettivamente misurato nella prati-

ca. Come abbiamo gia detto nel capitolo precedente, la funzione di proiezione

e l’integrale di linea (somma) di una determinata grandezza fisica. Tale

grandezza e il coefficiente di attenuazione per gli X e la densita elettronica

nel caso del protoni. Si immagini ora di suddividere il blocco di materiale che

si sta considerando, in molte fette (slices) e si focalizzi l’attenzione su una

di tali fette. immagini di suddividere tale fetta con una griglia ideale, come

mostrato in figura 4.2, si avranno cosı m proiezioni degli n ×m coefficienti

di attenuazione.

Quindi la funzione 4.3 diventa:

Pj =n∑

i=1

µij∆x conj = 1, 2, ...., m (4.4)

Ciascuna proiezione e uguale alla somma:

I1 = I01e−(µ11∆x+µ12∆x+...)

I2 = I02e−(µ21∆x+µ22∆x+...)

55

Capitolo 4. Ricostruzione dell’immagine con il metodo FBP(Filtered Backprojection)

....

Im = I0me−(µm1∆x+µm2∆x+...)

Durante una tomografia, ruotando la sorgente di radiazione attorno al-

l’oggetto investito dal fascio piano di fotoni (o, il che e del tutto equivalente,

ruotando l’oggetto rispetto alla sorgente), vengono acquisite tramite un in-

sieme di rivelatori disposti lungo una linea, una serie di proiezioni, cioe inte-

grali di linea, costituite nel caso dei fotoni, da semplici conteggi. L’obiettivo

e la determinazione dei µij a partire da queste grandezze.

4.2.1 Trasformata di Radon

Si consideri la geometria di figura 4.3, relativa ad un conveniente sistema di

riferimento appoggiato su una sezione piana del materiale da rappresentare

dove:

• Oxy e un riferimento cartesiano ortogonale solidale alla sezione piana;

• P un punto qualsiasi della sezione da ricostruire;

• s e t le coordinate del punto P nel riferimento cartesiano ruotato di φ

rispetto al riferimento solidale.

Introducendo i versori κ e κ⊥ si ha:

P ≡ (x, y) = sκ + tκ⊥ (4.5)

L’integrale di linea dei coefficienti µ lungo L e

PL =

L

µ(x, y) =

∫ +∞

−∞µ(sκ + tκ⊥)dt (4.6)

La funzione

56

Capitolo 4. Ricostruzione dell’immagine con il metodo FBP(Filtered Backprojection)

Figura 4.3: Geometria dei sistemi di riferimento utilizzati nel calcolo degli

integrali di proiezione e funzione di proiezione all’angolo φ, Pφ(s)

Pφ(s) =

∫ +∞

−∞µ(sκ + tκ⊥)dt =

∫ +∞

−∞

∫ +∞

−∞µ(x, y)δ(xcosφ + ysenφ− s)dxdy

(4.7)

dove la funzione δ di Dirac individua il percorso dell’integrale di linea,

e detta Trasformata di Radon della funzione µ(x, y), funzione, per un fis-

sato angolo di proiezione, dei coefficienti di attenuazione sulla slice in esame.

L’insieme delle trasformate di Radon (integrali di linea), ottenute al vari-

are dell’angolo φ, formato dal versore κ con l’asse x solidale all’oggetto in

esame, genera il cosidetto sinogramma. Il problema della ricostruzione del-

l’immagine e esattamente quello di invertire l’equazione 4.7, ovvero di ri-

cavare µ(x, y), dall’ insieme delle proiezioni (sinogramma). A questo scopo

sono stati sviluppati speciali algoritmi matematici, il piu diffuso dei quali e

quello della retroproiezione filtrata (FBP).

57

Capitolo 4. Ricostruzione dell’immagine con il metodo FBP(Filtered Backprojection)

4.3 L’algoritmo di retroproiezione filtrata (FBP)

La tecnica di ricostruzione TC in assoluto piu utilizzata nei moderni tomo-

grafi e la retroproiezione filtrata (Filtered Backprojection - FBP). La tecnica

FBP rientra nella categoria delle cosiddette tecniche di Fourier, in quanto e

un’applicazione di un settore della matematica noto come analisi di Fourier .

Il formalismo matematico della FBP e molto complesso e non verra esaminato

nel dettaglio. Come il nome stesso suggerisce, l’algoritmo di retroproiezione

filtrata consiste in due fasi distinte: una fase di filtrazione, e una fase di

retroproiezione.

Figura 4.4: Schema a blocchi dell’algoritmo di retroproiezione filtrata (FBP).

Analizzeremo ora separatamente i due blocchi di questo algoritmo (figura

4.4), partendo dalla fase di retroproiezione (backprojection, BP). Si consideri

un oggetto rettangolare, come mostrato in figura 4.5, e si supponga di averne

eseguito due proiezioni, a 0◦ e 90◦.

Ciascuna proiezione e un profilo unidimensionale, corrispondente ad una

riga del sinogramma. Si supponga ora di rendere bidimensionale ognuno di

questi profili, retroproiettandoli su un piano. Per ogni profilo si otterra una

immagine intermedia (strisce chiare in figura 4.5). Un altro esempio, piu

complesso, e quello riportato in figura 4.6, di un oggetto costituito da due

cerchi non concentrici di diversa luminosita. Come e possibile vedere dalla

figura, eseguendo la retroproiezione di un numero crescente di viste angolari,

58

Capitolo 4. Ricostruzione dell’immagine con il metodo FBP(Filtered Backprojection)

Figura 4.5: Esempio di retroproiezione nel caso di un semplice oggetto rettan-

golare. (Sinistra) L’acquisizione di due viste angolari dell’oggetto, a 0◦ e 90◦,

produce i due profili indicati dalle frecce. (Destra) I due profili sono retro-

proiettati sul piano dell’immagine, ciascuno con il suo angolo di acquisizione,

per formare una ricostruzione approssimata dell’oggetto originale.

si otterra un’immagine sempre piu simile a quella dell’oggetto di partenza.

Se si utilizza un numero troppo basso di angoli, si ottiene un’immagine di

scarsa qualita.

Nonostante cio, la forma dell’oggetto originale risulta gia distinguibile

con soli 4 angoli di vista. Utilizzando 10 angoli il risultato migliora, ma e

ancora visibile il caratteristico artefatto stellato, tipico della retroproiezione.

Con 45 angoli l’artefatto stellato e scomparso, e si distingue chiaramente

la forma dell’oggetto originale. Tuttavia, l’immagine risulta visibilmente -

sfocata. La sfocatura (in gergo, blurring) della ricostruzione non e dovuta

ad un insufficiente numero di viste angolari, bensı all’assenza della fase di

filtrazione del sinogramma. La figura 4.7 mostra un esempio di ricostruzione

analogo a quello di figura 4.6, ma in cui il sinogramma e stato correttamente

filtrato prima della retroproiezione. In questo caso, l’immagine ricostruita

appare di buona qualita (utilizzando un sufficiente numero di viste angolari).

Il filtro piu utilizzato e il filtro a rampa, che e anche noto come filtro

Ram-Lak, in onore dei due scienziati che per primi lo applicarono alla ri-

59

Capitolo 4. Ricostruzione dell’immagine con il metodo FBP(Filtered Backprojection)

Figura 4.6: Ricostruzione tomografica mediante retroproiezione (BP), eseguita

a partire da dati simulati. Se si utilizza un numero troppo basso di viste ango-

lari (ovvero di righe del sinogramma) si ottiene un’immagine di scarsa qualita.

Nonostante cio, la forma dell’oggetto originale risulta gia vagamente distin-

guibile con soli 4 angoli di vista. Utilizzando 10 angoli il risultato migliora, ma

e ancora visibile il caratteristico artefatto stellato, tipico della retroproiezione.

Con 45 angoli l’artefatto stellato e scomparso, e si distingue chiaramente la

forma dell’oggetto originale. Tuttavia, l’immagine risulta visibilmente sfocata:

cio e dovuto all’assenza della fase di filtrazione.

costruzione tomografica.

Riepilogando, l’algoritmo FBP consiste in due fasi distinte. Nella fase di

filtrazione, i dati del sinogramma vengono elaborati nel dominio delle fre-

quenze con un filtro a rampa, che ha l’effetto di enfatizzarne i dettagli. In

gergo, si dice che il filtro a rampa ripristina le alte frequenze spaziali ri-

mosse dalla retroproiezione. Nella fase di retroproiezione, ciascuna riga del

sinogramma filtrato viene dapprima resa bidimensionale, formando cosı una

immagine intermedia; tale immagine viene successivamente ruotata di un an-

60

Capitolo 4. Ricostruzione dell’immagine con il metodo FBP(Filtered Backprojection)

Figura 4.7: Ricostruzione tomografica mediante retroproiezione filtrata, ese-

guita a partire da dati simulati. L’applicazione del filtro a rampa prima della

retroproiezione elimina la sfocatura nell’immagine ricostruita. L’artefatto stel-

lato e sempre presente, ma diminuisce di intensita all’aumentare del numero

di viste angolari retroproiettate.

golo pari all’angolo di acquisizione della corrispondente riga del sinogramma.

Sovrapponendo tutte le immagini intermedie cosı ottenute, ciascuna relativa

ad una diversa riga del sinogramma filtrato, si ricava l’immagine tomografica.

Esistono numerose varianti dell’algoritmo FBP, ognuna delle quali viene uti-

lizzata in una diversa geometria di scansione (ad esempio, l’algoritmo FBP

per la scansione in geometria fan-beam e leggermente differente da quello

utilizzato geometria parallel-beam). In pratica, la particolare forma del fil-

tro e la direzione di retroproiezione vengono sempre adattate alla particolare

geometria utilizzata. Il principio di base dell’algoritmo rimane comunque

sempre lo stesso.

61

Capitolo 4. Ricostruzione dell’immagine con il metodo FBP(Filtered Backprojection)

4.4 La trasformata di Radon nella pCT

Ricordiamo che la perdita di energia di un fascio di protoni (Bethe-Bloch),

puo essere espressa conveniente nel seguente modo (paragrafo 1.4.1):

−dE(~r)

dx= ηe(~r)S(I(~r), E(~r)) (4.8)

dove S e lo stopping power del protone in acqua, dato dall’espressione 1.4.

Come gia accennato nel paragrafo 1.4.1, la relazione tra la perdita media di

energia di un protone e l’integrale della densita elettronica (equazione 1.6) e

alla base del metodo utilizzato nella pCT per la ricostruzione dell’immagine.

La perdita media di energia di un fascio di protoni monocromatico di energia

iniziale Ein, nell’attraversare un materiale (anche non omogeneo) di spessore

L lungo la direzione del fascio e data da:

Ein = Eout −∫ L

0

dE

dl(l)dl (4.9)

o in termini del potere frenante, S(l):

Ein = Eout −∫ L

0

S(l)ρ(l)dl (4.10)

La 4.9, viene approssimata nel caso reale (di campionamento finito) dalla:

∆E =

∫dE

dldl =

∫dE

dxdx ≈

∑ρ(l)

dE

dx∆l (4.11)

Integrando la 4.8, tra l’energia in ingresso Ein (che puo essere considerata

costante) e l’energia media in uscita, Eout, si ottiene l’equazione 4.12, molto

simile alla 4.3 nel caso dei fotoni:

∫ Eout

Ein

dE

S(I(~r), E)=

L

ηe(~r)dl =∑

ηe(~r)∆l (4.12)

62

Capitolo 4. Ricostruzione dell’immagine con il metodo FBP(Filtered Backprojection)

Si puo notare l’analogia formale tra la perdita di energia Ein-Eout per i

protoni, e la variazione della fluenza per i fotoni: questo permette di utilizzare

i valori determinati tramite l’integrale a sinistra nella 4.12 esattamente come

le proiezioni viste nel paragrafo 4.2 per il calcolo della trasformata di Radon

(par 4.2.1, eq. 4.7): e necessario pero considerare le traiettorie dei protoni

come rettilinee e complanari. L’integrale a sinistra nella 4.12, considerando

il potenziale di ionizzazione costante e pari a quello medio dell’acqua, puo

essere calcolato numericamente: in tal modo e possibile l’inversione dello

stesso, senza alcuna modifica all’algoritmo FBP, per il calcolo della densita

elettronica.

4.5 Applicazione del metodo FBP: ricostruzione

dell’immagine

L’applicazione dell’algoritmo FBP richiede l’utilizzo di fasci piani costituiti

da particelle a traiettoria rettilinea. Questa condizione e sempre verificata

nel caso dei fotoni, ma e soltanto un’approssimazione nel caso dei protoni

che sono soggetti, come e stato piu volte detto, allo scattering multiplo da

parte dei nuclei degli atomi costituenti il materiale attraversato. Al fine di

rispettare i requisiti geometrici imposti dall’algoritmo FBP, e quindi neces-

sario stabilire dei vincoli, in modo da selezionare quei protoni la cui traiettoria

possa essere considerata approssimativamente rettilinea attraverso il mezzo.

A questo scopo, all’interno della simulazione, il fantoccio e stato suddiviso

idealmente in canali, orientati perpendicolarmente all’asse del cilindro, quin-

di nella stessa direzione del fascio incidente. Tale suddivisione in canali,

permette di fare due diverse approssimazioni, ovvero due diversi metodi di

selezione delle perticelle utili alla formazione dell’immagine (figura 4.8), per

63

Capitolo 4. Ricostruzione dell’immagine con il metodo FBP(Filtered Backprojection)

la successiva applicazione dell’FBP.

Figura 4.8: Schematizzazione della sclice centrale suddivisa in canali. Sono

mostrati i due diversi metodi di selezione dei protoni, corrispondenti a due

possibili percorsi delle particelle.

Nel primo metodo (metodo A), vengono selezionati i protoni che en-

trano ed escono nello stesso canale, senza eseguire alcun controllo sul loro

percorso all’interno del fantoccio. Nel secondo metodo (metodo B), viene

imposto un ulteriore vincolo: vengono selezionate soltanto le particelle, il cui

percorso L non fuoriesce mai da un dato canale (che e ovviamente il canale

d’ingresso) durante il tragitto attraverso il fantoccio. Il metodo A richiede

soltanto la conoscenza delle posizioni in ingresso e in uscita, mentre con il

metodo B e necessario il calcolo del percorso L dei protoni. Questo calcolo

e stato eseguito utilizzando l’approccio di Williams [3] del MLP, a partire

dai dati relativi alle posizioni di ingresso e uscita. La larghezza dei canali e

stata fissata ad 1 mm; questo valore rappresenta il miglior compromesso tra

il valore di risoluzione spaziale raggiungibile nell’immagine finale, la necessita

di avere statistica sufficiente (connessa per altro al valore di dose totale) e la

necessita di avere tempi di calcolo ragionevoli.

64

Capitolo 4. Ricostruzione dell’immagine con il metodo FBP(Filtered Backprojection)

Come, e stato gia accennato, l’immagine e stata ottenuta con 360 proiezioni

contigue, ottenute ruotando il fantoccio da 0◦ a 359◦. Per ciascuna rotazione

del fantoccio, viene generato un file contenente per ogni protone simulato,

sia le energie iniziali e finali, sia le posizioni sui piani rivelatori in ingresso

e uscita. In totale quindi si registrano, per ogni simulazione 360 files, tan-

ti quante sono le rotazioni del fantoccio. Nel caso del metodo B, in fase

di analisi, tali files vengono ulteriormente filtrati eliminando quei protoni il

cui percorso (calcolato mediante l’approccio dell’MLP) non risulta intera-

mente confinato all’interno del canale. L’integrale che serve a determinare

i valori di proiezione 4.12, (per ogni canale da 1 mm nella suddivisione vir-

tuale del piano da rappresentare), e stato calcolato numericamente e i valori

ottenuti, per ogni fissato valore dell’energia iniziale e finale, sono stati im-

magazzinati in un file. I dati di proiezione cosı ottenuti, vengono sistemati

in una matrice (sinogramma) e l’applicazione dell’algoritmo FBP permette

la ricostruzione tomografica della slice. L’algoritmo e stato implementato in

ambiente matlab, utilizzando anche le funzioni built-in dell’ambiente matlab

(radon(),iradon()), insieme allo sviluppo, nello stesso ambiente, della fun-

zione 1.4. Il filtro utilizzato e il filtro Ram-Lak, cioe quello normalmente

utilizzato con l’FBP.

65

Capitolo 5

Risultati

Attraverso l’applicazione dell’algoritmo FBP ai dati di proieizione simulati,

sono state ricostruite diverse immagini della slice centrale del fantoccio per

valori di dose assorbita crescenti da una valore minimo di 1.5 mGy, (cor-

rispondente a 12.5×103 protoni incidenti) ad un valore massimo di 155 mGy

(corrispondente a 1.25× 106 protoni incidenti).

La figura 5.1 mostra la ricostruzione tomografica della slice centrale del

fantoccio cilindrico per tre valori della dose assorbita: 1.5 mGy, 31 mGy e

155 mGy. Le immagini della colonna di sinistra sono quelle ottenute con il

metodoA, quelle della colonna di destra quelle ottenute con il metodo B. Ad

una prima osservazione si nota il miglioramento della qualita dell’immagine

all’aumentare della dose e, a parita di dose, con l’applicazione del Metodo

B. Tutte le immagini ottenute, con entrambi i metodi di approssimazione,

sono state valutate in termini di omogeneita, rumore, risoluzione in densita

e risoluzione spaziale.

66

Capitolo 5. Risultati

Figura 5.1: Immagini della slice centrale del fantoccio, ricostruite applicando

l’algoritmo FBP nei due diversi metodi di approssimazione adottati (Metodo

A e Metodo B), per tre diversi valori della dose assorbita.

67

Capitolo 5. Risultati

5.1 Omogeneita e rumore

L’omogeneita delle immagini e stata valutata secondo una procedura stan-

dard adottata nei protocolli di QA (quality assurance) comunemente utiliz-

zati in radiologia diagnostica. Su ogni immagine sono state acquisite quattro

ROIs in diverse zone omogenee del fantoccio, e per ciascuna e stato calcola-

to il valore medio del pixel. L’omogeneita e stata quindi calcolata come la

differenza percentuale tra il valore massimo e il valore minimo ottenuti.

Dose Omogeneita Omogeneita

[mGy] Metodo A Metodo B

[%] [%]

1.5 0.24 0.34

3.1 0.31 0.47

6.2 0.10 0.25

15.5 0.08 0.15

31.0 0.05 0.04

62.0 0.18 0.08

155.0 0.10 0.08

Tabella 5.1: Valori dell’omogeneita ottenuti, in entrambe le approssimazioni

(Metodo A e Metodo B) e a tutti i livelli di dose

La tabella 5.1 riporta i valori dell’omogeneita calcolati in entrambi i meto-

di e a tutti i livelli di dose. Per la valutazione del rumore, su ciascuna immag-

ine e stata acquisita una ROI di circa 3000 pixel in una regione omogenea del

fantoccio ed e stata calcolata la deviazione standard percentuale dei valori

dei pixels.

68

Capitolo 5. Risultati

Figura 5.2: Andamento del rumore al variare della dose in entrambi i metodi,

Metodo A e Metodo B. Nell’asse delle ordinate figura il valore della deviazione

standard dei valori dei pixels in una ROI di circa 3000 pixel.

Tale valore e una misura del rumore dell’immagine. L’andamento del ru-

more all’aumentare della dose assorbita per entrambi i metodi e riportato in

figura 5.2. Si osserva, come d’altra parte ci si attendeva e come risulta evi-

dente dall’osservazione delle immagini (figura 5.1) una netta diminuzione del

rumore all’aumentare della dose, in quanto il rumore dipende principalmente

dalla statistica delle particelle.

5.2 Risoluzione in densita

Per valutare la risoluzione in densita si sono utilizzati i 45 inserti cilindrici

disposti lungo il perimetro del fantoccio, a densita linearmente variabile da

0.9 gcm−3 a 1.1 gcm−3, a step di 0.0045 gcm−3. Per un’analisi quantitativa

si e fatto uso di un parametro noto come CNR (Contrast Noise Ratio),

utilizzato per la valutazione della qualita delle immagini digitali. Il CNR e

69

Capitolo 5. Risultati

definito analiticamente dalla seguente espressione [33]:

CNR =PV in− PV out√

σ2in + σ2

out

(5.1)

dove PVin e il valore medio del pixel in una ROI presa all’interno del

singolo inserto cilindrico, PVout e il valore medio del pixel misurato in una

ROI presa nel fondo omogeneo del fantoccio (a densita esattamente pari a

1 gcm−3) in prossimita dell’inserto considerato; σin e σout sono le deviazioni

standard delle due ROIs selezionate. Il CNR, quindi esprime la differenza tra

i valori dei pixels in due differenti regioni dell’immagine (regioni a densita

fisica differente), indipendentemente dal rumore dell’immagine in ciascuna

ROI. Questo parametro, a differenza del contrasto nella sua definizione piu

comune [34], da una misura non solo del contrasto intrinseco dovuto alle di-

verse proprieta fisiche delle regioni considerate (diversa densita, nel nostro

caso), ma anche della visibilita effettiva del dettaglio sull’immagine. Esso

ha il vantaggio di essere indipendente dalle varie manipolazioni che possono

essere fatte su un’immagine digitale.

Utilizzando l’espressione 5.1, sono stati calcolati i valori di CNR per i

23 cilindri disposti nella parte superiore del fantoccio a partire dal cilin-

dretto numero 1, (vedi figura 5.3 ) ovvero per il set di inserti con densita

superiore a quella del fondo d’acqua (lo stesso calcolo si sarebbe potuto fare

indifferentemente per il set di inserti a densita maggiore del fondo).

Il calcolo di tali valori permette di quantificare la visibilita dei cilindri:

valori piu alti di CNR indicano un’immagine di qualita superiore con migliore

visibilita dei dettagli a densita fisiche vicine tra loro. Un valore di CNR pari

a zero, invece, indica dettagli indistinguibili sull’immagine. Seguendo quindi

l’approccio proposto in [33] l’ultimo cilindro con valore di CNR diverso da

70

Capitolo 5. Risultati

Figura 5.3: Schema del fantoccio, in cui vengono messi in evidenza i numeri

d’ordine degli inserti cilindrici per valutazione del contrasto. Il calcolo del

CNR e stato fatto dal cilindretto numero 1, fino al cilindretto 23.

zero, rappresenta la nostra stima del contrasto sull’immagine. Questo meto-

do e stato applicato a tutte le immagini, a tutti i livelli di dose assorbita sia

nel Metodo A che nel Metodo B. Nella tabella 5.2 sono riportati i risultati

ottenuti direttamente in termini di risoluzione in densita, intesa come dif-

ferenza percentuale tra la densita dell’ultimo cilindretto con CNR diverso da

zero e la densita del fondo.

Si osserva, naturalmente, un netto miglioramento della risoluzione con

entrambi i metodi all’aumentare della dose assorbita, come ci si attende in

seguito al miglioramento della statistica. Inoltre, con entrambi i metodi

di approssimazione si riesce a raggiungere un valore di risoluzione pari allo

0.6%, e in particolare nel metodo B questo valore si ottiene gia a 62 mGy.

Considerando che il valore auspicabile di risoluzione in densita per la pCT e

dell’oridne 1%, questo rappresenta un ottimo risultato.

71

Capitolo 5. Risultati

Dose Risoluzione in densita Risoluzione in densita

[mGy] Metodo A Metodo B

[%] [%]

1.5 8.6 6.4

3.1 5.6 4.2

6.2 3.3 4.2

15.5 1.1 1.1

31 1.1 1.1

62 2.0 0.6

155 0.6 0.6

Tabella 5.2: Risoluzione in densita espressa come differenza percentuale tra

la densita dell’ultimo cilindro con CNR diverso da zero e il fondo d’acqua a

densita esattamente 1gcm−3

5.3 Risoluzione spaziale

Per valutare quantitativamente la risoluzione spaziale si e fatto uso delle

triplette di fori descritte in 3.4. Il metodo utilizzato prevede l’individuazione

dell’ultima tripletta visibile, poiche a ciascun gruppo di fori corrisponde un

ben preciso valore di risoluzione spaziale come indicato in Tabella 3.5. Per

avere una stima quanto piu oggettiva possibile della visibilita delle triplette,

sono stati calcolati dei profili di densita elettronica attraverso i centri di

ciascun pattern. In figura 5.3 e mostrato un esempio di profilo calcolato

lungo il sesto e il settimo pattern nell’immagine ottenuta con il metodo B ad

una dose di 155 mGy.

Si osserva che, mentre nel sesto pattern e possibile risolvere separatamente

i tre picchi, nel pattern successivo essi appaiono indistinguibili. La risoluzione

72

Capitolo 5. Risultati

Figura 5.4: Profilo del sesto (prima figura) e settimo pattern (seconda figura).

Sull’asse delle ordinate e presente il livello di grigio.

spaziale dell’immagine e dunque quella corrispondente alla sesta tripletta,

cioe 3.3 Lp/cm.

In tabella 5.3 sono riportati i valori di risoluzione spaziale ottenuti a tutti

i livelli di dose, sia per il Metodo A che per il Metodo B.

In entrambi i casi e possibile raggiungere al massimo una risoluzione

spaziale di 3.3 Lp/cm. Tale valore si ottiene gia a livelli di dose molto bassi

con il Metodo B (6.2 mGy) e solo a valori di dose dieci volte superiori con

il Metodo A. Questo ci permette di affermare che il Metodo B, a parita di

dose, fornisce immagini di qualita superiore. D’altra parte pero, pur utiliz-

zando il Metodo B, il valore di risoluzione spaziale non supera 3.3 Lp/cm,

valore che rimane costante all’aumentare della dose fino a 155 mGy. Questo

risultato, che indica una risoluzione spaziale di 3 mm, e sicuramente insod-

73

Capitolo 5. Risultati

Dose Risoluzione Spaziale Risoluzione Spaziale

[mGy] Metodo A Metodo B

[Lp · cm−1] [Lp · cm−1]

1.5 1.2 2.5

3.1 1.6 2.5

6.2 1.6 3.3

15.5 2.5 3.3

31 2.5 3.3

62 3.3 3.3

155 3.3 3.3

Tabella 5.3: Risoluzione Spaziale in termini di Lp/cm delle immagini ot-

tenute a tutti i livelli di dose in entrambi i metodi di approssimazione:

Metodo A e Metodo B

disfacente per gli scopi di un’immagine pCT, per la quale si punta ad una

risoluzione di circa 1 mm. Sebbene dunque, il vincolo imposto nel Metodo B

(paragrafo 4.5) da risultati mogliori rispetto al Metodo A, in quanto consente

di selezionare protoni la cui traiettoria puo considerarsi approssimativamente

rettilinea entro 1 mm (cosa che non e garantita nel Metodo A), l’applicazione

dell’algoritmo FBP produce immagini con risoluzione spaziale non adeguata.

74

Conclusioni

L’idea di utilizzare fasci di protoni a scopi di imaging medico, nasce dalla ne-

cessita di sfruttare pienamente i vantaggi che la protonterapia offre in termini

di selettivita balistica rispetto alla radioterapia convenzionale. Immagini ot-

tenute direttamente con il fascio impiegato in terapia, permetterebbero infat-

ti di migliorare notevolmente l’accuratezza nel calcolo della distribuzione di

dose in fase di pianificazione del trattamento. Attualmente, un sistema tomo-

grafico con protoni (pCT) effettivamente utilizzabile in applicazioni mediche

non e ancora stato sviluppato, ma diversi gruppi di ricercatori sono impegnati

nello studio della sua realizzazione. Un ruolo importante negli studi prelimi-

nari sulle caratteristiche e sulle problematiche del sistema e svolto dal meto-

do Monte Carlo. In questo lavoro di tesi, attraverso un’applicazione Monte

Carlo, realizzata con il toolkit GEANT4 si e simulata la ricostruzione tomo-

grafica di un’immagine con protoni, utilizzando l’algoritmo di ricostruzione

FBP (Filtered Backprojection), diffusamente impiegato nel caso di immagini

con fotoni.

All’interno dell’applicazione e stato simulato il prototipo di un sistema

di imaging con protoni, che si sta sviluppando all’interno del progetto PRI-

MA (PRoton IMAging), in perfetta analogia al caso sperimentale. Un simile

prototipo e concepito in modo da ovviare ad uno dei maggiori limiti del-

l’imaging con protoni: la scarsa risoluzione spaziale dell’immagine dovuta

75

allo scattering coulombiano multiplo (MCS). Una soluzione a questo proble-

ma e rappresentata dalla possibilita di determinare il percorso piu probabile

(MLP) dei protoni attraverso il mezzo. A questo scopo, utilizzando i dati

sperimentalmente disponibili, cioe le posizioni e le direzioni in ingresso e us-

cita dall’oggetto (o dal paziente) e l’energia residua di ogni singolo protone

(tecnica del single tracking), e possibile estrapolare il percorso all’interno

dell’oggetto con la migliore approssimazione possibile.

Nella prima fase di questo lavoro, l’applicazione realizzata con GEANT4

e stata utilizzata proprio per la determinazione del MLP, in modo del tutto

analogo a quanto fatto durante l’esperimento condotto nel 2005 al LLUMC

(Loma Linda University Medical Center) in California. E’ stato quindi pos-

sibile confrontare gli MLPs simulati con gli stessi MLPs ottenuti sperimen-

talmente. Il buon esito di tale confronto (capitolo 3 ), e stato quindi as-

sunto come validazione dell’applicazione realizzata. Gli MLPs simulati sono

stati confrontati anche con gli MLP ottenuti attraverso l’approccio proposto

da Williams [3], il quale a partire dalle informazioni disponibili sperimen-

talmente, permette di ottenere l’MLP attraverso un calcolo semi-analitico.

Il confronto mostra un ottimo accordo tra le curve simulate e le curve di

Williams (la distanza massima tra le curve nei casi considerati e dell’ordine

dei 100µn). Questo risultato, risulta particolarmente utile come validazione

del metodo di Williams per il calcolo dell’ MLP, che e fondamentale nella

ricostruzione dell’immagine; infatti, a seguito dei tempi di calcolo estrema-

mente lunghi o comunque non compatibili con le esigenze cliniche, non e

ipotizzabile attualmente l’utilizzo del Monte Carlo per il calcolo del MLP

in fase di ricostruzione dell’immagine. Il metodo di Williams, invece risulta

molto piu pratico e veloce e quindi adatto ad essere implementato all’interno

di un algoritmo di ricostruzione.

76

Nella seconda fase del lavoro, l’applicazione Monte Carlo e stata utilizzata

per produrre i dati di proiezione necessari alla ricostruzione tomografica della

slice centrale di un particolare fantoccio cilindrico. Le immagini sono state

ricostruite applicando l’algoritmo FBP all’insieme delle proiezioni. Poiche,

l’applicazione dell’FBP richiede che i raggi siano rettilinei, e stato neces-

sario ricorrere a dei metodi di selezione dei protoni utili alla ricostruzione

dell’immagine, in modo da considerare solo le particelle con traiettoria ap-

prossimativamente rettilinea. Il fantoccio simulato e stato quindi suddiviso

idealmente in canali da 1 mm e sono stati utilizzati due metodi di approssi-

mazione : Nel primo metodo (metodo A), vengono selezionati i protoni che

entrano ed escono nello stesso canale, senza eseguire alcun controllo sul loro

percorso all’interno del fantoccio. Nel secondo metodo (metodo B), viene

imposto un ulteriore vincolo: vengono selezionate soltanto le particelle, il cui

percorso L (determinato attraverso l’approccio di Williams) non fuoriesce

mai da un dato canale durante il tragitto attraverso il fantoccio. Ciascuna

immagine e stata ottenuta con 360 proiezioni contigue, ottenute ruotando

il fantoccio da 0◦ a 359◦. Le immagini della slice centrale, ottenute con

entrambi i metodi a diversi valori della dose assorbita al centro del fantoc-

cio cilindrico (da 1.5 mGy a 155 mGy) sono state poi valutate in termini

di omogeneita, rumore risoluzione in densita e di risoluzione spaziale, uti-

lizzando gli specifici inserti all’interno del fantoccio simulato. Si riescono a

raggiungere valori di omogeneita intorno allo 0.1% con entrambi in metodi.

Il rumore, misurato come la deviazione standard percentuale dei valori del

pixel in una ROI all’interno di ciascuna immagine, migliora notevolmente

all’aumentare della dose in entrambi i metodi, raggiungendo con entrambi i

metodi un valore attorno all’ 1%. La risoluzione in densita e stata valutata

77

utilizzando il parametro CNR. Essa mostra, naturalmente, un netto miglio-

ramento, con entrambi i metodi, all’aumentare della dose assorbita, come

ci si attende in seguito al miglioramento della statistica. Per valori di dose

pari a 15.5 e 30 mGy, il valore di risoluzione in densita e pari circa all’ 1%,

che e il valore auspicato in per un’immagine pCT in protonterapia. A valori

di dose maggiori, in particolare gia a 62 mGy, con il Metodo B si riescono

a raggiungere valori di risoluzione pari allo 0.6%. E’ stata valutata infine

la risoluzione spaziale, attraverso le triplette di fori disposte al centro del

cilindro. Il miglior valore ottenuto e pari a 3.3 Lp/cm. Questo valore, si

raggiunge gia a 6.2 mGy con il Metodo B e solo a 62 mGy con il Metodo A.

Questo risultato ci permette di affermare che il Metodo B fornisce immagini

di qualita superiore rispetto al Metodo A, come ci si attendeva dato il vinco-

lo piu stringente imposto alle particelle in questa approssimazione. Infatti,

mentre i protoni utilizzati per la ricostruzione dell’immagine con il Metodo B

, sono vincolati entro un canale rettilineo largo 1 mm lungo tutto il percorso

attraverso il mezzo, cio non e garantito nel Metodo A e questo rende quindi il

Metodo B piu adatto ad essere utilizzato insieme all’algoritmo FBP (il quale

impone che le traiettorie siano rettilinee). Nonostante cio, nel Metodo pur

aumentando la dose da 6.2 mGy a 155 mGy, aumentando quindi sostanzial-

mente la statistica delle particelle, non si supera il valore di 3.3 Lp/cm. Tale

valore che corrisponde ad una risoluzione spaziale di 3 mm, e sicuramente

inadeguato agli scopi di un’immagine pCT in protonterapia. Questo valore

e dovuto al MCS che provoca un’indeterminazione nella traiettoria del pro-

tone all’interno del mezzo e che rende quindi l’applicazione dell’ algoritmo

FBP particolarmente problematica. Si deve osservare che l’aver scelto canali

di larghezza 1 mm impone gia una limitazione intrinseca alla risoluzione

spaziale. Riducendo la larghezza del canale, sarebbe probabilmente possibile

78

riuscire a migliorare l valore ottenuto, ma cio comporterebbe anche un peg-

gioramento della statistica che andrebbe compensato aumentando la fluenza

e quindi la dose assorbita. Attualmente si stanno valutando altri algoritmi

di ricostruzione, principalmente algoritmi algebrici, quali ad esempio ART

e SART. Tali algoritmi, non impongono alcun vincolo sulla traiettoria delle

particelle, e potrebbero quindi risultare piu adatti al caso dei protoni. Alcu-

ni studi Monte Carlo [11] hanno mostrato che l’applicazione dell’algoritmo

ART unito all’approccio di Williams [3] del MLP, permette di migliorare

la risoluzione spaziale a 5 Lp/cm, cioe 2 mm in termini assoluti. Questo

miglioramento va comunque considerato in relazione alla maggiore comp-

lessita della tecnica di ricostruzione algebrica rispetto alla quale l’algortimo

FBP comunque il vantaggio di una maggiore semplicita di calcolo e quindi

tempi di ricostruzione minori. Concludendo, nonostante il limite della scarsa

risoluzione spaziale rimanga ancora uno dei problemi maggiori dell’immagine

con protoni (anche i 2 mm raggiunti con l’algoritmo di ricostruzione algebrica

sono insufficienti per gli scopi della pCT), l’applicazione dell’algoritmo FBP

con le approssimazioni imposte, unito alla tecnica del single tracking ci han-

no permesso di ottenere immagini tomografiche di buona qualita in termini

di rumore, uniformita e contrasto.

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Ringraziamenti

Al termine di questo lavoro di tesi desidero ringraziare:

• Il Dott. Pablo Cirrone, che ha progettato e costruito con me questo

lavoro, seguendone lo sviluppo giorno per giorno.

• Il dottore G. Cuttone per il suo costante supporto, i suoi consigli e la

sua disponibilita.

• Il prof. S. Lo Nigro, che mi ha dato l’opportunita di avvicinarmi al

mondo della ricerca e della fisica sanitaria.

• I ricercatori del progetto PRIMA dalla cui collaborazione sono nate idee

importanti per lo sviluppo di questo lavoro.

• Il dott. Enrico Mazzaglia per il fondamentale contributo alla realiz-

zazione delle simulazioni e all’elaborazione dei dati.

Alla fine dei quattro anni di scuola di specializzazione, ringrazio inoltre i

tutors dell’Ospedale Policlinico di Catania, il dott. L. Raffaele e il dott. V.

Salamone.

Ringrazio infine le persone che hanno dimostrato di volermi bene e che mi

hanno sostenuta in ogni circostanza: i miei genitori, mia sorella Bianca e

Vittorio anzi tutti, Viviana, Alessandro e i miei amici di sempre.

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