Ricerche semiotiche Jurij M. Lotman, Boris A. Uspenskij · semiotica e lo sviluppo della...

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Ricerche semiotiche 1 Jurij M. Lotman, Boris A. Uspenskij Il XX secolo è ricco di rivoluzioni scientifiche. Il risul- tato naturale di questo fatto è che sono mutate non solo le nostre idee sul mondo, ma anche quelle sulla scienza stessa. Se consideriamo l’idea che ha della scienza l’attuale coscienza di massa, si possono osservare alcuni aspetti caratteristici della metà del secolo. La coscienza del XIX secolo, per la quale scienza e spi- rito critico in sostanza coincidevano, mentre, d’altro can- to, le forme di vita date dal buon senso e dall’esperienza quotidiana parevano incrollabili, si costruiva essenzial- mente sul dubbio. Per la coscienza di massa essere parte- cipe alla scienza significava dubitare e diffidare. Scienzia- to era chi penetrava criticamente nella sfera della fiducia. Inoltre l’apparato della scienza era relativamente semplice e accessibile a una persona di media cultura. La misteriosità era sentita come ostile alla scienza: que- st’ultima non creava il mistero, ma lo distruggeva. Tutte le sfere della coscienza opposta alla scienza, dalla cultu- ra dei “selvaggi” alla religione del Medioevo, venivano fornite dei contrassegni della misteriosità – di ciò che non si può verificare –, mentre le cognizioni scientifiche erano sentite come ciò che è accessibile alla verifica (in via di principio a ogni essere umano). Oggi una serie di rivolgimenti scientifici ha mutato ra- dicalmente l’idea che la coscienza di massa ha del verosi-

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Ricerche semiotiche1

Jurij M. Lotman, Boris A. Uspenskij

Il XX secolo è ricco di rivoluzioni scientifiche. Il risul-tato naturale di questo fatto è che sono mutate non solole nostre idee sul mondo, ma anche quelle sulla scienzastessa.

Se consideriamo l’idea che ha della scienza l’attualecoscienza di massa, si possono osservare alcuni aspetticaratteristici della metà del secolo.

La coscienza del XIX secolo, per la quale scienza e spi-rito critico in sostanza coincidevano, mentre, d’altro can-to, le forme di vita date dal buon senso e dall’esperienzaquotidiana parevano incrollabili, si costruiva essenzial-mente sul dubbio. Per la coscienza di massa essere parte-cipe alla scienza significava dubitare e diffidare. Scienzia-to era chi penetrava criticamente nella sfera della fiducia.

Inoltre l’apparato della scienza era relativamentesemplice e accessibile a una persona di media cultura.La misteriosità era sentita come ostile alla scienza: que-st’ultima non creava il mistero, ma lo distruggeva. Tuttele sfere della coscienza opposta alla scienza, dalla cultu-ra dei “selvaggi” alla religione del Medioevo, venivanofornite dei contrassegni della misteriosità – di ciò chenon si può verificare –, mentre le cognizioni scientificheerano sentite come ciò che è accessibile alla verifica (invia di principio a ogni essere umano).

Oggi una serie di rivolgimenti scientifici ha mutato ra-dicalmente l’idea che la coscienza di massa ha del verosi-

mile e dell’inverosimile. L’esperienza quotidiana è statascacciata con infamia dalla sfera della scienza e il lettoredi massa ha perso la capacità di orientarsi. Per essere piùesatti, si potrebbe dire che l’esperienza quotidiana è rima-sta il punto di orientamento nell’idea generale della scien-za, ma col segno opposto: per così dire, quanto più unacosa è inverosimile, tanto più è attendibile, cioè tanto piùè possibile e vicina alla scienza. Questo fatto è bene illu-strato dall’esempio della letteratura di fantascienza.

Nel XIX secolo la letteratura fantascientifica, mentredescriveva nuove scoperte immaginarie, le sottomettevaa idee già esistenti nella scienza. L’attuale letteratura fan-tascientifica, invece, è costruita su un principio opposto:stare il più lontano possibile dalle idee scientifiche at-tuali, poiché quanto meno assomiglia a ciò che sappia-mo oggi, tanto più assomiglia alla scienza del futuro.S’intende da sé che ciò riflette non tanto le leggi reali disviluppo della scienza quanto l’idea che di essi ha ap-punto la coscienza di massa.

Il meccanismo della scienza si è fatto più complicato.Esso è sfuggito irreparabilmente al controllo del lettoredi massa. Verificare la giustezza delle tesi della fisicacontemporanea, la verità di idee scientifiche paradossalie divergenti dall’esperienza quotidiana è un’impresa cheil lettore non è in grado di compiere. Ma non basta: ve-rificare ciò che per gli altri è già diventato oggetto di fe-de significherebbe crearsi la fama di persona arretrata,cioè non scientifica. Per il lettore di massa essere al cor-rente della scienza significa non stupirsi e credere. Leparole di Tertulliano “Credo quia absurdum”, che tradi-zionalmente erano considerate la formula del pensieroopposto a quello scientifico, oggi potrebbero essere po-ste come epigrafe di ogni rivista di divulgazione scienti-fica o di ogni romanzo di fantascienza.

Ed è proprio questa la ragione per cui fiorisce rigo-gliosamente la divulgazione scientifica e si moltiplicano

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le riviste e i libri in cui la scienza è mitologizzata: da unlato da tutte le cognizioni scientifiche si estraggonoquelle più “sorprendenti” e, dall’altro, non si dà la pos-sibilità di verificarle. Il lettore di massa, che ancora ierinon aveva sentito la parola “semiotica” e l’aveva accoltacon sfiducia e persino irritazione, adesso l’ha già trasfor-mata in un mito scientifico.

Tuttavia, il punto di vista semiotico è organicamenteintrinseco alla coscienza umana e in questo senso costi-tuisce un fenomeno non solo vecchio, ma anche ben no-to a tutti. Se tutte le idee scientifiche, dal punto di vistadella coscienza ingenua e inesperta, possono dividersi indue gruppi – quello del quale si dice “Non ci avrei maipensato”, e l’altro che suscita la reazione “L’ho sempresaputo” –, la semiotica appartiene piuttosto al secondogruppo d’idee.

Implicitamente il punto di vista semiotico è semprepresente nelle azioni e nella coscienza dell’uomo. La pe-culiarità della scienza è che essa sottopone ad analisi ciòche non era mai stato analizzato proprio perché sembra-va semplice ed evidente. Sotto questo aspetto la semioti-ca è unita alla caratteristica della scienza del XX secoloche aspira non tanto a conoscere qualcosa di nuovoquanto al contenuto, bensì piuttosto ad ampliare la stes-sa conoscenza della conoscenza.

In particolare, il legame evidente tra i risultati dellasemiotica e lo sviluppo della cibernetica è condizionato,tra l’altro, anche dal fatto che il problema tecnico dellacomunicazione dell’uomo con gli automi ha convinto inmodo palmare che le nostre idee sulla naturalità sonoestremamente relative. Agli occhi del profano di solitosuscita stupore la capacità che un automa ha di “capi-re”. Per la scienza più valore ha ciò che l’automa “noncapisce”, e così manifesta un oggetto di ricerca là doveper il buon senso sembrerebbe non esserci motivo di ri-flessione.

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In altre parole, il punto di riferimento nella descri-zione diventa, se così si può dire, il punto di vistadell’“imbecille” coi suoi limiti caratteristici nelle possi-bilità di comunicazione effettiva e multiforme e, quindi,in primo piano emerge il “problema della stupidità”.

La scienza del XIX secolo identificava il punto di vistaconsueto dello scienziato con la verità e quindi presup-poneva possibile la descrizione soltanto dal “mio” (delloscienziato, della scienza) punto di vista, il che si espri-meva, ad esempio, nell’assolutizzazione del punto di vi-sta europeo nell’antropologia e della linguistica indoeu-ropea o della grammatica latina nella linguistica. Ognialtra descrizione – cioè la descrizione fatta in altri termi-ni – era considerata sbagliata (non civilizzata, barbara) ein ultima analisi inesistente per la scienza. La scienza delXX secolo, al contrario, parte dall’esistenza di vari siste-mi di descrizione e s’interessa quindi molto di più delpunto di vista dell’“altro” (l’“io” dall’angolo visualedell’“altro”, l’“altro” dal suo proprio punto di vista).L’interesse per la coscienza primitiva incapace di com-prendere interviene soltanto come parte dell’interesseper l’angolo visuale dell’“altro”.

D’altro lato, il problema stesso della comprensione-incomprensione, e il problema, che immediatamente gliè connesso, dell’intelligenza-stupidità, diventa in note-vole grado un problema scientifico proprio nel XX seco-lo, a differenza della tradizionale scienza illuministicadel XIX secolo. Per il XIX secolo il problema della stupi-dità si situa fuori della scienza, come, in particolare, ilproblema della mutezza e della patologia del linguaggiosi situa fuori della linguistica. Come il linguista presup-poneva che per lui esistessero soltanto persone in gradodi servirsi in modo giusto e corretto del linguaggio (e,di conseguenza, studiava essenzialmente il modo in cuisi deve parlare, e non il modo in cui si parla in realtà,cioè la norma linguistica, e non i dialetti e gli idioletti

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reali), così il teorico della scienza prendeva le mosse dalfatto che la stupidità è patologia, che può essere oggettodi considerazione (di una stretta cerchia di specialisti),ma non può avere alcun rapporto con i principi stessidella descrizione.

La scienza del XX secolo considera le cose in un altromodo. Si può dire che se il XIX secolo guardava l’“imbe-cille” con gli occhi dell’“intelligente”, per una serie diproblemi scientifici di oggi, tra cui alcuni puramentepratici (come, ad esempio, l’elaborazione dei programmiper i calcolatori), l’unica soluzione possibile è la descri-zione dei fenomeni complessi dal punto di vista dell’in-comprensione, cioè della “stupidità”, mentre l’incom-prensione, il primitivo, la “stupidità” da anomalia cultu-rale si trasforma in problema culturale.

È necessario notare, d’altro lato, che se si esce dal-l’ambito dei testi propriamente scientifici, si ha che ilproblema della stupidità e dell’ignoranza come fenome-no autonomo e non come antisapere – cioè in un’impo-stazione analoga a quella contemporanea – non è poi co-sì nuovo. L’Elogio della pazzia di Erasmo da Rotterdam(vedi il soggetto pittorico Il vascello dei matti, in partico-lare in Brueghel), i numerosi matti e stolti del folclore,del teatro di fiera e del rituale carnevalesco, tutti questifenomeni della cultura considerano l’incomprensionenon come l’antitesi del sapere scientifico (vedi a questoproposito la possibilità caratteristica di fusione dellostolto e del dotto nel teatro di fiera), ma come un’essen-za autonoma, a volte assai attraente. Anzi, la “stupidità”può identificarsi con un ingenuo sapere superiore. Si ve-da l’immagine positiva dello stupido intelligente con-trapposto agli stupidi fratelli sapientoni nel folclore, op-pure la celebre frase di Puskin a Vjazemskij : “I tuoi ver-si (...) sono troppo intelligenti. Mentre la poesia, non mene voglia Iddio, dev’essere un poco sciocca” (Puskin1937b, p. 278). Non si può non ricordare, infine, l’evan-

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gelico “Siate come i bambini”. Si può dire, quindi, che ilproblema non è affatto nuovo: nuova è soltanto la suainclusione nella sfera della scienza.

Analogamente molti problemi di semiotica, che stu-piscono per la loro novità e si rivestono della modernametodologia scientifica, in sostanza oggettivizzano vec-chi problemi da tempo intrinseci alla cultura.

Così, ad esempio, l’idea, che sta alla base del puntodi vista semiotico, della cultura come sistema di linguag-gi e delle sue concrete manifestazioni come testi, ideache spesso è sentita come una novità specifica della se-miotica, è stata avanzata più volte nel corso della storiadel sapere ed, evidentemente, è profondamente intrinse-ca all’uomo.

In effetti, nelle più svariate culture sorge periodica-mente la tendenza a considerare il mondo come un te-sto, mentre, di conseguenza, la conoscenza del mondo èuguagliata all’analisi filologica di questo testo: alla lettu-ra, alla comprensione e all’interpretazione. La concezio-ne tradizionale lega questo modo di vedere alla scienzascolastica medievale o ai suoi riflessi nella coscienza con-temporanea, ma è facile mostrare che esso ha una diffu-sione assai più larga.

L’idea del sapere come risultato dell’analisi semanticaè propria sia a Confucio sia al folclore russo (vedi il notoStich o Golubinoj knige)2. Nello stesso modo anche neitesti del barocco russo, come ha messo in luce la studio-sa ceca Mathauserová (1967, p. 169), il libro si presentacome il modello del mondo (tutto il mondo è costruitocome il libro e aspetta il suo lettore); in ugual misura,sempre secondo la Mathauserová, l’alfabeto diventa ilsimbolo universale della struttura dell’universo. (Si puòrilevare, a questo proposito, la funzione particolare dellibro nelle varie religioni e, in particolare, nel rituale re-ligioso russo). È caratteristico, infine, che una simileidea sia propria anche a un fautore così convinto del sa-

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pere sperimentale come lo scienziato e il razionalista Lo-monosov (1955, p. 375), che scrisse, identificando sape-re e lettura:

Il Creatore ha dato all’umano genere due libri. In uno hamostrato la sua grandezza, nell’altro la sua volontà. Il pri-mo è questo mondo visibile, dato affinché l’uomo, guar-dando l’immensità, la bellezza e l’armonia delle sue opere,riconosca l’onnipotenza divina a misura dell’intendimentoche gli è donato. Il secondo libro è la Sacra Scrittura. Inesso è mostrata la benevolenza del Creatore per la salva-zione nostra. In questi libri profetici e apostolici ispirati daDio gli interpreti e gli esplicatori sono i grandi maestri del-la Chiesa. Mentre nell’altro libro della compagine delmondo visibile i fisici, i matematici, gli astronomi e gli altriesplicatori delle azioni divine infuse nella natura sono co-me nel primo libro i profeti, gli apostoli e i maestri dellaChiesa.

L’idea che lo scienziato sia un lettore impone natural-mente l’esigenza di sapere la lingua. È degno di nota chelo stesso sapere spesso è espresso coi termini della co-municazione. Si veda l’invocazione caratteristica con cuiPuskin si rivolge alla vita negli Stichi, socinënnye noc juvo vremja bessonnicy (Versi composti di notte durantel’insonnia):

Ti voglio capire,Il tuo linguaggio oscuro studio.

(dove, tra l’altro, la parola tëmnyj (oscuro) è l’equiva-lente semantico del francese obscur, cioè ha il significatodi “bisognoso d’interpretazione, di decifrazione”); op-pure nella poesia di Baratynskij Na smert Gëte (In mortedi Goethe):

Con la natura respirava la stessa vita, Del rivo intendeva il balbettio

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(…)Chiaro gli era il libro delle stelle,E con lui parlava l’onda fluviale.

Il posto importante che in molte culture è tradizio-nalmente riservato alle cognizioni filologiche nell’inse-gnamento non sempre riflette, come spesso si crede,un’arretratezza scientifica. In notevole misura ciò era le-gato all’idea dello scienziato come di un poliglotta, men-tre il segreto della conoscenza (della natura, del mondoanimale, della vita degli altri popoli) era concepito comeil segreto di un’altra lingua non soltanto nella metaforapoetica (si veda, in particolare, il soggetto, diffuso nelfolclore, sulla conoscenza universale come dono meravi-glioso che permette di possedere le lingue degli uccelli,delle fiere, delle pietre ecc.).

Tuttavia, la scienza, esprimendo l’accumulazione del-le cognizioni nel campo concreto della sua ricerca, assu-me contemporaneamente le forme comuni a tutta la cul-tura del suo tempo, e il fatto che i sistemi segnici sianodiventati, nella metà del XX secolo, l’oggetto di una ri-cerca speciale, non è per nulla casuale. Il fatto è che pro-prio per il punto di vista scientifico del nostro tempo ècaratteristica l’attenzione preminente rivolta alla proce-dura e al linguaggio della descrizione. Persino nellescienze naturali l’esperimento, tradizionalmente consi-derato come un valore autosufficiente, è entrato in rap-porto col punto di vista dello sperimentatore. (Notere-mo di passaggio che questo problema specifico della fi-sica, che investe l’influsso dello strumento sul risultatodell’esperimento, può essere interpretato come proble-ma dell’azione esercitata dal linguaggio dello strumentosul materiale empirico ottenuto [testo], cioè, in ultimaanalisi, come problema semiotico). Come le scienzeumane hanno subito l’influsso del superamento di un se-colare sistema “regionale” di pensiero e materiale così le

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scienze naturali si sono staccate dal mondo visibile, sot-tomesso alle leggi della meccanica newtoniana, e sonoentrate nella sfera del micro- e macrocosmo con le leggispecifiche che li governano. Sia nelle scienze naturaliche in quelle umane si è sviluppata l’idea della relativitàdelle norme consuete. L’attenzione rivolta al sistema del-la descrizione e al punto di vista del descrivente è diven-tato una questione scientifica essenziale. Il problema tra-dizionale della conoscibilità si è trasformato nel proble-ma del metalinguaggio e così da problema puramente fi-losofico è diventato problema filosofico-linguistico (siveda a questo riguardo la particolare corrente della co-siddetta “filosofia del linguaggio”, sviluppata con parti-colare intensità dai filosofi e logici anglosassoni).

Contemporaneamente, la crescita, specifica per lacultura del XX secolo, dei mezzi tecnici di comunicazio-ne – crescita che paradossalmente si combina con la dif-ficoltà della comprensione reciproca tra gli uomini e ladisgregazione di collettivi da secoli ritenuti tradizionali –ha acutizzato l’interesse per i problemi della comunica-zione.

Le epoche precedenti vedevano il problema princi-pale della comunicazione nelle difficoltà tecniche a essalegate. Così, la fiaba e il mito creano gli ideali di legamiistantanei (gli stivali dalle sette leghe, i tappeti volanti, iltiro ultrapreciso a grande distanza ecc.); nello stesso mo-do la durata dell’informazione s’identifica con la robu-stezza dei mezzi tecnici (si vedano le iscrizioni su pietrarivolte alle generazioni future).

Ma nei testi letterari antichi e medievali e anche nelromanzo del XIX secolo, s’incontra con straordinaria ra-rità il tema dell’incomprensione. L’informazione può an-dare persa fisicamente ed essere deformata tecnicamen-te, ma la possibilità di interpretazioni psicologiche diffe-renti e la reciproca incomprensione tra i parlanti unastessa lingua come regola non è ammessa dall’autore.

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Una conseguenza caratteristica del fatto che nel fol-clore e negli antichi testi letterari la difficoltà della co-municazione non è considerata come un fatto social-mente significativo è la trattazione immancabilmente co-mica dei temi dell’ignoranza di una lingua, della disfun-zione dell’udito, dell’incomprensione delle convenzionicomunicative. Chi non conosce una lingua, non capisceuna domanda, non sente una comunicazione o la inten-de erroneamente non può essere un eroe tragico: è col-pevole e ridicolo, anche se perisce (questa spietata comi-cità del folclore spesso è da noi reinterpretata in chiavetragica). Soltanto a partire dall’epoca del romanticismol’incomprensione genera nella letteratura europea colli-sioni tragiche. Un altro esempio: fino al XVII secolo nellaliturgia religiosa russa il mnogogolosie (multivocalità) èla simultanea conduzione in uno stesso edificio di alcuniservizi religiosi, la simultanea lettura di alcuni testi. Piùtardi quest’abitudine cominciò a incontrare una nettacritica. Questo è legato, prima di tutto, al fatto che de-stinatari del servizio religioso cominciarono a essereconsiderati i parrocchiani (e non soltanto Dio), e, in se-condo luogo, all’attenzione più acuta per il problemadella comunicazione. Prima non si faceva caso al canaledella comunicazione (si riteneva che “Dio avrebbe capi-to tutto”, cioè si presupponeva un canale di comunica-zione ideale, totalmente privo di rumore).

Il XX secolo col potente sviluppo dei mezzi tecnici haspostato il centro dell’attenzione sulle difficoltà dell’attostesso di comunicazione. Da un lato si sono scoperti ipericoli, e non solo i vantaggi dei mezzi di comunicazio-ne di massa. Così, ad esempio, la demagogia reazionariaè diventata non soltanto un aspetto caratteristico, maanche una minaccia reale per la cultura del XX secolo.Nello stesso tempo, benché il mondo, che prima parevaenorme, si sia contratto e sia diventato spazialmente piùpiccolo, cioè più accessibile grazie ai mezzi di comunica-

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zione, le difficoltà della reciproca comprensione tra gliuomini non sono diminuite, ma bensì aumentate.

Nell’intreccio epico l’eroe incontra in un camposconfinato il guerriero straniero, il mostro o il gigante(spesso si sottolinea in modo particolare che si tratta diuno straniero), eppure nella loro conversazione non sor-ge il problema della traduzione. La comunicazione èpensata qui come un atto ideale, realizzabile istantanea-mente e senza perdita, come al livello del pensiero.

Al contrario, la sensazione del mondo del tempomoderno rappresenta la terra come un piccolo spazio, ese l’idea della piccola terra ha ribadito con nuova forzal’idea della solidarietà e dell’unità del pianeta (Saint-Exupéry), ciò ha reso particolarmente chiaro il fattoche le difficoltà di contatto non sono riposte nelle cate-gorie spaziali.

L’arte del XX secolo considera una collettività elemen-tare (due persone) e le possibilità d’incomprensione ri-poste in essa. Persino la singola persona umana si trovadi fronte al problema dell’identificazione dei diversi statidi sé, e l’autocomunicazione e i problemi a essa legati di-ventano oggetto dell’attenzione artistica. In tal modo, lanatura sociale della civiltà contemporanea rende i pro-blemi della comunicazione e della comprensione o, dettoaltrimenti, della semiotica il contenuto di una vasta cer-chia di opere d’arte. Nella nascita della semiotica comescienza autonoma l’arte ha svolto una funzione che forsenon è minore di quella svolta dal pensiero teorico.

La semiotica quindi è l’organica continuazione di nu-merose linee dello sviluppo culturale precedente e, altempo stesso, è legata proprio alla fase attuale della cul-tura, e di questa fase manifesta gli aspetti caratteristici.

Le ricerche semiotiche sono strettamente legate nonsolo alla cultura della loro epoca, ma anche alla culturanazionale e alla tradizione scientifica. S’intende da séche la divisione in scuole e tendenze qui, come in gene-

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rale in casi consimili, ha un carattere piuttosto conven-zionale e fortemente storico.

Così, con certe riserve, si può parlare di una tradi-zione americana delle ricerche semiotiche, rappresenta-ta prima di tutto dai nomi di Charles Peirce e CharlesMorris.

Questa tendenza è legata soprattutto all’elaborazio-ne della logica simbolica e dei campi scientifici limitro-fi. (Si deve ricordare inoltre che un grande merito nellericerche semiotiche di questo carattere spetta alla co-siddetta Scuola di Lwów e Varsavia dei logici polacchie al circolo logistico di Vienna). Una divisione fonda-mentale della semiotica come la delimitazione della se-mantica, della sintattica e della pragmatica è stata usatain ugual grado nei lavori propriamente semiotici e nel-le ricerche logiche.

Ultimamente hanno occupato un posto notevole lericerche dei semiotici francesi (si vedano, in particolare,i lavori di Claude Lévi-Strauss e di Roland Barthes). Diquesta tendenza è caratteristico soprattutto l’interesseper l’indagine semiotica delle varie forme della vita so-ciale; di qui il legame naturale con i problemi dell’antro-pologia, dell’etnografia, del folclore, della mitologia e,d’altro lato, coi problemi della moda, della réclame ecc.Se Lévi-Strauss studia la vita e la cultura dei non-Euro-pei, manifestando una struttura nelle forme che tradizio-nalmente sembrano troppo semplici per diventare og-getto di ricerca (il cibo, l’abbigliamento), Barthes, stu-diando la cultura francese contemporanea nelle sue ma-nifestazioni quotidiane (i suoi lavori sulla moda e sulla“mitologia” contemporanea), scopre lo “strano” nell’a-bituale. Il buon senso e l’esperienza quotidiana sono daessi identificati con la coscienza piccolo-borghese, allaquale si contrappone il punto di vista straniato dell’artee della scienza contemporanee. Noteremo che in una se-rie di casi si può constatare un legame tra le ricerche se-

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miotiche francesi e la tradizione nazionale della criticaletteraria di tipo saggistico.

In modo straordinariamente fecondo si sviluppanonegli ultimi tempi le ricerche semiotiche in Polonia eCecoslovacchia.

È naturale che nella presente pubblicazione si sia ri-flessa la tradizione nazionale russa delle ricerche semio-tiche, che sembra caratterizzata da un legame preminen-te con la linguistica strutturale (si vedano le idee di Fer-dinand de Saussure e di Jan A. Baudouin de Courtenay,sviluppate da Jakobson e Trubeckoj, che trovaronoespressione immediata nell’attività dell’Opojaz e del Cir-colo linguistico di Mosca). È comprensibile che si possaparlare qui sia di un’espansione dei metodi della lingui-stica strutturale (cioè di una loro estrapolazione su unnuovo materiale), sia di un’espansione delle idee.

In particolare, non è per nulla casuale il fatto cheproprio sul terreno russo sia potuta sorgere la nota“scuola formale” degli studi letterari (Sklovskij, Ejchen-baum, Tynjanov, Propp ecc.), il cui legame con le ideedella linguistica strutturale è evidentissimo (si veda lacaratteristica di questa tendenza nello studio di VictorErlich [1965]).

Si tratta non soltanto del fatto che la linguistica strut-turale costituisce la disciplina semiotica più sviluppata,mentre la lingua naturale pur con tutta la sua comples-sità è, probabilmente, l’oggetto della semiotica più ac-cessibile all’indagine. Non meno importante è il legamefunzionale della lingua naturale e dei vari sistemi segnicidella cultura umana, legame che consiste proprio nelfatto che la prima agisce come una sorta di modello“campione”, come un sistema naturale di rispecchia-mento rispetto agli ultimi (e sulla base di questo sistemadiventano possibili i vari tipi di ricodificazione), mentrei vari sistemi segnici parziali spesso agiscono come se-condari rispetto al sistema dell’attività linguistica, costi-

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tuendo dei fenomeni costruiti sopra di essa. (Di qui nel-la tradizione semiotica russa per designare tutto l’ambi-to dei sistemi segnici costruiti sopra la lingua naturale siusa il termine di “sistemi secondari di modellizzazione”,mentre la lingua naturale è considerata come il sistemaprimario di modellizzazione).

Questo modo di vedere è stato recentemente formu-lato con grande precisione da Ivanov (1962, p. 3):

Dal punto di vista delle moderne idee cibernetiche l’uomopuò essere considerato come un apparecchio che compieoperazioni sui vari sistemi e testi segnici, mentre il pro-gramma per queste operazioni è dato all’uomo (e in partesi elabora in lui stesso) sotto forma di segni. Il problema“uomini o animali” (cioè la questione della differenza delcomportamento e dell’intelletto umano dalle analoghe for-me del comportamento degli animali) e il problema “gliuomini sono come le macchine?” (cioè la questione dellesomiglianze e differenze tra il cervello e la macchina) risul-tano strettamente legati alla questione delle peculiarità deisistemi segnici elaborati e usati dall’umanità. A differenzadegli animali, i cui mezzi di segnalazione sono assai limita-ti, l’uomo si serve di una rete ramificata e sempre più com-plessa di sistemi segnici che cresce con lo sviluppo dell’u-manità (nella filogenesi). A differenza delle macchine at-tuali, per il cui funzionamento si usano lingue artificiali ri-ferentisi a una sfera oggettuale rigorosamente fissata eestremamente semplificata, l’uomo possiede non soltantotali lingue formalizzate, ma anche le lingue naturali, non-ché altri sistemi segnici che sono costruiti su di esse e chesi differenziano dalle lingue logiche per una serie di pro-prietà essenziali. Grazie a queste proprietà, le lingue natu-rali possono essere impiegate in qualità di modello di tuttoil mondo che circonda l’uomo, e quindi anche per la de-scrizione dei fenomeni che non hanno ancora avuto unaspiegazione scientifica. In tal modo, dal punto di vista se-miotico, il problema sopra posto si riduce alla spiegazionedelle differenze e delle somiglianze tra le lingue estrema-mente formalizzate (che sorgono soltanto a uno stadio

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molto tardo dello sviluppo del linguaggio e della cono-scenza umana) da un lato, e sistemi segnici complessi co-me la lingua naturale, i sistemi segnici estetici usati nell’ar-te ecc.

(...) Da un lato, si tratta di un’espansione dei metodisemiotici in larghezza. In una serie di casi la stessa possi-bilità di presentare una determinata sfera come oggettodi ricerca semiotica, di mostrare la presenza in essa diuna determinata “lingua” e i diversi modi della sua rea-lizzazione e del suo funzionamento, costituisce un com-pito piuttosto allettante per il ricercatore semiotico.Spesso l’inclusione di materiale nuovo nell’ambito dellaricerca scientifica ha un significato metodologico imme-diato poiché un nuovo oggetto di ricerca può portare al-la revisione degli stessi metodi di ricerca.

In altri casi, compito della ricerca semiotica non è l’e-spansione in larghezza, ma la penetrazione in profon-dità, cioè la descrizione immanente di un concreto siste-ma di segni. In questo caso si tratta sia di enucleare nellasfera studiata un determinato complesso di segni, sia dianalizzare i rapporti tra i segni enucleati, sia nel testo(nella sintagmatica), sia nel sistema (nella paradigmati-ca). L’analisi dei rapporti di quest’ultimo tipo presuppo-ne necessariamente l’introduzione del concetto di livelloe l’istituzione di una gerarchia di livelli. Si deve dire chela stessa elaborazione della metodica della descrizionepuò avere in generale per la semiotica descrittiva un si-gnificato essenziale, non limitato dall’applicazione deidati metodi alla descrizione del sistema concreto che èservito da oggetto di ricerca. L’applicazione degli stessimetodi a sistemi segnici sostanzialmente diversi dà unabase sicura per enucleare l’isomorfismo strutturale trasistemi di vario tipo e rende possibile la costruzione diuna tipologia semiotica.

Infine, non meno importante è la ricerca svolta sulfunzionamento di determinati sistemi segnici. Una simi-

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le ricerca presuppone, da un lato, l’analisi del funziona-mento del sistema di segni come processo comunicati-vo, cioè un determinato sistema di segni è considerato,in termini comunicativi, come comunicazione che va daun mittente a un destinatario. Lo studio dei vari rappor-ti tra mittente e destinatario (i quali possono essereconsiderati in senso sociale e individuale, coincidere inuna stessa persona, differenziarsi per le loro coordinatespaziali e temporali ecc.) determina le potenzialità in-terne di una simile analisi. D’altro lato, proprio se siconsidera il problema del funzionamento dei sistemi se-miotici appare attuale la delimitazione di sincronia ediacronia e in genere lo studio della dinamica sia del te-sto sia dello stesso sistema.

L’ambito or ora delineato di problemi determina lediverse possibilità della semiosi, e in particolare le vie diformazione dei significati, e delinea una classificazionedei tipi di significato: il significato come rapporto tra se-gno e denotato o concetto (secondo Charles Morris), ilsignificato come rapporto tra segno e tutto il sistema nelsuo complesso (nel quale rientra il dato segno), il signifi-cato come rapporto tra i vari partecipanti al processocomunicativo ecc.

(...) le ricerche svolte su problemi segnici particolari,per quanto concreto sia il fine che esse perseguono, so-no orientate verso le prospettive generali della costru-zione di una teoria sintetica della cultura. Quindi, il mo-do di considerare la cultura umana come una gerarchiacomplessa di linguaggi deve unificare dal punto di vistadel fine scientifico le varie esperienze concrete. Inoltre,gli studiosi di quest’ambito di problemi sono interessatinon alla teoria astratta della cultura (l’esperienza scienti-fica ha mostrato che per quanto allettanti siano similicostruzioni, la loro durata non è troppo lunga), bensì auna ricerca svolta su testi realmente manifestati nellastoria del pensiero umano. (...)

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I sistemi di grande complessità che costituisconol’oggetto delle scienze umane – storia, arte, la vita del-l’uomo come unità di processi biologici e sociali –, si di-stinguono per il dinamismo, la fluidità e la contradditto-rietà dell’organizzazione interiore. È proprio su questoaspetto dell’oggetto studiato che richiamano di solitol’attenzione gli avversari dei metodi semiotico-struttura-li, parlando di una loro inapplicabilità agli oggetti dellescienze umane. In effetti, il problema dell’antinomia disincronico e diacronico, statico e dinamico, discreto econtinuo, sta alla base delle discussioni che attualmentesi svolgono intorno alla possibilità di applicare i metodidelle scienze esatte alle scienze umane.

Se si prescinde dalle persone poco competenti chepartecipano alla polemica (e il loro numero, da una par-te e dall’altra, è tutt’altro che scarso), le obiezioni più se-rie provengono dal campo dei teorici legati alla tradizio-ne della filosofia classica tedesca (in particolare di He-gel) e della scienza accademica, che ha formato la pro-pria nozione dello storicismo sotto l’influsso di tale filo-sofia. Un significato analogo aveva già negli anni Venti lacritica di Zirmunskij e Bachtin alla poetica dell’Opojaz3.Molto interessante è l’insoddisfazione che nei riguardidel formalismo (cioè della “scuola formale” degli studiletterati) espresse Boris Pasternak, le cui idee si forma-rono sotto il duplice influsso della cultura avanguardisti-ca del futurismo e della filosofia classica tedesca.

In una lettera a Medvedev, dedicata alla pubblicazio-ne del suo libro sul formalismo, Pasternak scriveva:

Condivido interamente la Sua posizione nei riguardi delformalismo, con la riserva, tuttavia, che nei particolari, na-turalmente, Lei è ingiusto verso di loro. Di questo, proba-bilmente, è cosciente anche Lei e si tratta di una cosa fattaintenzionalmente. Parlo delle interpretazioni insufficientidi alcuni concetti come la straniazione (ostranenie), l’inte-razione di fabula e intreccio ecc. Mi è sempre sembrato

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che, teoricamente, ci fossero idee molto felici, e mi ha sem-pre stupito che questi concetti, euristicamente di così vastaportata, permettessero ai loro autori di essere quelli chesono. Al loro posto io d’impeto, lì per lì, mi sarei messo aderivare da quelle osservazioni un sistema di estetica, e sec’è stato qualcosa che mi ha sempre diviso dai lefisti4 e daiformalisti fin dalla nascita del futurismo (e poi, col passardel tempo, sempre di più), è stata proprio l’incomprensibi-lità del loro arrestarsi negli slanci più promettenti. Questaincoerenza non l’ho mai potuta capire.

E più avanti: “Mi è particolarmente vicina la vostranozione dello storicismo, della prospettiva sociale e del-le altre cose impercettibili sulle quali tutto si regge” (Su-perfin 1971, p. 529).

Qui, di fatto, si scontrano due punti di vista la cui es-senza si era già manifestata nella polemica degli anniVenti: il contenuto del testo è una funzione della suastruttura e, quindi, indagando il meccanismo del testo,otteniamo una base oggettiva per i giudizi sulla sostanzasemantica e sociale di una data opera – sostanza derivatada quel meccanismo – oppure il significato (l’ideja) èprimario, e soltanto nella misura in cui il continuo puòessere espresso nel discreto esso si riflette in un dato te-sto? La contraddizione nella posizione iniziale ha gene-rato una differenza nella scelta del materiale d’analisi: daun lato si è manifestato interesse per i testi stabili con al-fabeti limitati del sistema e regole semplici della sintatti-ca (la fiaba, il mito, il romanzo giallo, la “letteratura dimassa”), dall’altro ci si è interessati alle strutture ambi-valenti, ai testi paradossali, i cui elementi non sono, evi-dentemente, riducibili in un’unitaria struttura sincronica(il principio della “polifonia”, del “carnevale” ecc.).

L’attuale visione strutturale toglie questa antinomiapoiché considera entrambi i punti di vista non comeescludentisi a vicenda, ma come due tendenze culturaliinteragenti. Le tendenze alla sistematizzazione e alla de-

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sistematizzazione nella loro reciproca tensione e resi-stenza determinano il funzionamento dei sistemi segnici,garantendo quell’estrazione dei testi dallo stato di auto-matismo che è la condizione dell’informatività. Ne deri-va che i testi funzionanti nella collettività possono esseredescritti sia come realizzazione di determinate regole siacome loro coerente violazione. Tuttavia, soltanto il rap-porto di queste descrizioni, che reciprocamente si op-pongono, e non ogni singola descrizione a sé presa è ca-pace di spiegarci la natura dell’attività del testo. La vio-lazione delle regole non è una loro assenza, e non biso-gna confondere l’assenza di regole col fatto che esse so-no ignote a un determinato auditorio. Ne deriva che ladescrizione statica del sistema delle regole deve precede-re euristicamente l’individuazione delle loro violazioni,ma ciò non toglie che nel funzionamento reale entrambele tendenze si manifestino simultaneamente.

A questo proposito è opportuno soffermarsi su un’o-biezione frequente secondo la quale proprio l’unità, l’indi-visibilità e l’organicità della vita (e dell’arte come rispec-chiamento della vita) la rende estranea ai metodi esclusiva-mente analitici che costituirebbero l’essenza del metodostrutturale. In effetti, i modelli scientifici di qualsiasi feno-meno continuo, fluido, organico si costruiscono secondo ilprincipio della costruzione di un sistema in base a un testoe quindi apportano inevitabilmente uno smembramentodecifrativo. Ma è proprio il metodo semiotico che, in que-sto senso, si stacca di più dai metodi scientifici tradiziona-li, puramente analitici, poiché pone il problema e delle re-gole e dei mezzi della sintesi del testo. Anzi, legando que-sto problema allo studio della “posizione del mittente” edella “posizione del destinatario”, la semiotica contempo-ranea considera i metodi analitico e sintetico non in qua-lità di due principi che si escludono tra loro, ma comeaspetti organicamente connessi, anche se opposti, di ununico processo di comunicazione. Ed è proprio lo studio

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dell’arte che permette di scoprire la loro unità con la mas-sima chiarezza. Facciamo un solo esempio: confrontiamouna serie extraartistica di denotati (la “vita”, la “realtà”) eun cinetesto che la riproduca e che noi guardiamo durantela proiezione di un film. Può sembrare di avere di fronteun chiaro esempio del rispecchiamento di un tutto conti-nuo e indivisibile (la “vita”) in un altro tutto indivisibile(l’“arte”). Può sembrare inoltre che ogni tentativo di co-struire un modello discreto sia qui possibile soltanto comeastrazione di ricerca, che, secondo gli avversari dello strut-turalismo, fa perdere gli aspetti principali dell’opera d’ar-te. Immaginiamoci, tuttavia, il cinetesto come si presentanon allo spettatore (“destinatario”), ma al regista (“mitten-te”): la pellicola “ininterrotta” si spezza qui in singoli pez-zi, uniti mediante il montaggio. Sono largamente noti gliesperimenti di montaggio fatti da Lev V. Kulesov già neglianni Venti. Ad esempio, un’inquadratura, che raffiguravain primo piano il volto impassibile dell’attore Mozuchin,era montata prima con una fotografia di un piatto di mine-stra, poi con quella di un bambino che giocava e infinecon quella di una bara. A seconda del carattere del mon-taggio gli spettatori vedevano nel volto dell’attore una mi-mica diversa: fame, amore, dolore. Entrambe le inquadra-ture si fondono, per lo spettatore, in un’unità indissolubi-le, mentre per il regista costituiscono un susseguirsi diunità discrete. Nel documentario dedicato a Marija F. An-dreeva il dicitore legge il testo dei ricordi dell’attrice sulprimo incontro con Gor’kij:

Non me lo immaginavo così. E mi riusciva strano che i trat-ti del viso fossero così rozzi, e che avesse quei baffi rossicci(...). Ma d’un tratto attraverso le lunghe e fitte ciglia miguardarono gli occhi azzurri, le labbra si atteggiarono in unsorriso affascinante, e il suo viso mi parve bellissimo (...).

Il regista accompagnò questo testo col montaggio didue fotografie: Gor’kij serio e Gor’kij sorridente. Per lo

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spettatore si ottenne l’effetto di un movimento ininter-rotto, per il regista il susseguirsi del montaggio di imma-gini statiche. Quando Botticelli, illustrando la DivinaCommedia, in un disegno mostrò alcune figure di Dantee Virgilio disposte lungo l’asse del loro spostamento, lospettatore del tempo dovette avere un’impressione dimovimento continuo, impressione che noi abbiamo per-duto. In tal modo, questa fondamentale contraddizionedei metodi di descrizione del testo è tolta nell’unità dellasovrapposizione reciproca dei punti di vista del mittentee del destinatario.

Infine, c’è ancora un aspetto delle obiezioni mosse aimetodi strutturali che merita di essere rilevato. Si trattadell’affermazione che con tale metodo si può afferraresoltanto ciò che di sistematico e di regolare c’è in un te-sto, mentre l’essenza dell’opera d’arte, secondo questaobiezione, sta in ciò che è irripetibilmente individuale.

Al proposito si deve osservare che lo stesso concettodi sistematicità nell’arte si differenzia dal corrispondenteconcetto nelle strutture più semplici. Un testo artistico èproiettato non su una struttura decodificante soltanto,come avviene ad esempio nelle lingue naturali, ma alme-no su due. In tal modo uno stesso elemento ottiene con-temporaneamente alcuni significati, inserendosi in codi-ci diversi. Inoltre ciò che rispetto a un codice si presentacome asistematico, rispetto a un altro acquista valore disistematicità. Alla luce di ciò l’“individuale” nell’arte ac-quista un significato diverso che non nel mondo dei de-notati. Esso non è una manifestazione di asistematicità,ma il risultato dell’intersezione di molti sistemi diversi inun solo punto. La deviazione da un sistema è l’inseri-mento in un altro sistema. L’irripetibile individualità diun testo può essere quindi afferrata non se si rifiuta distudiarne l’interna struttura, ma soltanto se si descrivenel modo più completo possibile la molteplicità dellesue strutture di codice, nel campo semantico delle quali

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funziona un dato testo, e il “gioco” semantico che sorgedalla loro intersezione.

Da quanto s’è detto consegue che chi vuole inserirenel campo dei metodi semiotico-strutturali l’ampia cer-chia degli svariati testi funzionanti nell’ambito della cul-tura umana, non è affatto propenso a livellare la diffe-renza tra i sistemi di vario grado di complessità, né asottovalutare le difficoltà con le quali i ricercatori do-vranno incontrarsi su questo cammino. Queste difficoltàcresceranno legittimamente a mano a mano che si pas-serà dalle strutture semplici (euristicamente era inevita-bile che si cominciasse lo studio proprio da loro) a quel-le più complesse. Tuttavia si può ritenere che le ricerchefatte in questa direzione porteranno in futuro determi-nati risultati scientifici.

Il vasto interesse sociale per la semiotica e le sue ap-plicazioni nella sfera delle scienze umane è suscitatodal desiderio che il lettore non-specialista ha di farsiun’idea della sostanza scientifica di questa nuova disci-plina. Tuttavia, come abbiamo scritto all’inizio di que-sto articolo, la letteratura divulgativa non può dareun’idea della scienza poiché la trasforma in mito. Perpenetrare la sostanza della scienza bisogna conoscerenon i suoi risultati, ma le sue difficoltà, non le conqui-ste, ma i metodi. Il nostro volume è costruito appuntocosì. Gli autori, facendo conoscere ai lettori i risultatiraggiunti dalla semiotica russa applicata alle scienzeumane, hanno concentrato la loro attenzione sui pro-blemi, e non sulle conclusioni della scienza. Ma pro-prio per questo, secondo le nostre speranze, la cono-scenza dei materiali del presente volume può riuscireinteressante non solo agli specialisti, che studiano iproblemi toccati nei vari lavori qui proposti, ma ancheper una vasta cerchia di lettori che desiderino avereun’idea dei temi su cui lavorano gli specialisti russi disemiotica applicata alle scienze umane.

JURIJ M. LOTMAN, BORIS A. USPENSKIJ

1 Ed. or.: 1973, “Introduzione”, in Ricerche semiotiche, trad. dal russo diC. Strada Janovic, Torino, Einaudi, pp. XI-XXVIII.

2 Una delle maggiori opere letterarie popolari russe di carattere religioso.Il titolo, che letteralmente significa “libro della colomba” (con un riferimentoallo Spirito Santo), deriva – per un processo di reinterpretazione semantica,basato su un’assonanza fonica – da un originario Glubinnaja kniga, cioè “li-bro profondo” (N.d.T.).

3 Cfr. Zirmunskijù 1928, pp. 154-174, 337-356; Medvedev 1928;Volosinov 1929. I libri di Medvedev e Volosinov, scritti sotto il diretto influs-so di Bachtin, riflettono le idee di quest’ultimo.

4 Cioè dei seguaci del LEF (abbreviazione russa del Fronte di sinistra dellearti), denominazione di un movimento e di una rivista degli anni Venti che fa-ceva capo a Majakovskij (N.d.T.).

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