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14 G iulio Regondi (1823-1872): difficilmente si trova un compositore così tanto acclamato dai suoi contemporanei e di cui ci sia pervenu- ta così poca musica. Soltanto cinque opere fu- rono pubblicate durante la sua vita, alcuni Studi comparvero su periodici nei primi anni del Novecento e soltanto nel 1987 fu scoperta in Russia da Matanya Ophee una copia completa dei dieci Studi. Anche la riscoperta dei pezzi di Regondi che oggi fanno parte del repertorio di- scografico e concertistico cominciò relativamen- te tardi: nel 1981 grazie a Leif Christensen e più tardi a David Starobin. Oggi Regondi è consi- derato una pietra miliare nella storia della chi- tarra e tutto quello che abbiamo di lui è consi- derato una preziosità. Alcune delle opere che fi- guravano più spesso nelle recensioni dei suoi concerti erano date per disperse, finché non mi imbattei in un manoscritto del lascito di Karl Scheit. LA FONTE Quando visitai per la prima volta la collezio- ne di Karl Scheit 1 inciampai in un manoscritto che, a giudicare dall’aspetto, non sembrava ap- partenere allo scatolone in cui era stato riposto. In mezzo ad album con canzoni dell’epoca del movimento dei “Wandervogel”, c’era un volume con la scritta “Guitar Manuscript”: 250 pagine di musica manoscritta su carta blu in bella rile- gatura e sulla copertina a lettere dorate: COPIED / FOR / MME. R. S. PRATTEN BY / J. A. HUDLESTON ESQ. Le pagine da 1 a 182 contengono musica di Hudleston che sembra scritta tutta in una volta. In appendice invece ci sono brani più corti, di differenti autori e, probabilmente, aggiunti in un secondo tempo. Uno sguardo più attento allo scatolone portò alla luce un altro volume di circa 250 pagine (la numerazione non è sempre continua) con copie di pezzi di compositori noti e meno noti: Sor, Carcassi, Giuliani, Aguado, de Fossa, Zani de Ferranti, Bobrowicz, Eulenstein, Huerta, Ciebra, Süssmann, Padowetz, L. Moretti e per conclu- dere Regondi. Come il primo volume, la prima parte sembra essere stata tutta di seguito inuna volta (cominciando con un paio di pezzi di Sor, poi quattro pezzi di de Fossa, ecc.). Si vede chia- ramente che certe pagine, alcune di carta gial- la, sono state aggiunte più tardi. Quando guar- dai l’appendice, notai al primo colpo d’occhio che si trattava di un manoscritto importante: Eight studies for the Guitar by Giulio Regondi, dedicated to J. A. Hudleston, 1857, e sotto a ma- ricerche e approfondimenti UNA NUOVA FONTE PER LA MUSICA DI GIULIO REGONDI Il manoscritto di J. A. Hudleston per Madame Pratten di Stefan Hackl Vienna). La vedova Luise Scheit fece donazione della sua vasta collezione di musica per chitarra, libri, re- censioni e registrazioni alla ‘Universität für Musik und Darstellende Kunst’ di Vienna. 1. Karl Scheit (1909-1993), fu professore di chitarra al- la Musikochschule di Vienna e uno dei più importanti didatti e revisori di musica per chitarra del Dopoguerra (pubblicò per la Universal Edition e per la Doblinger di

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Giulio Regondi (1823-1872): difficilmente sitrova un compositore così tanto acclamato

dai suoi contemporanei e di cui ci sia pervenu-ta così poca musica. Soltanto cinque opere fu-rono pubblicate durante la sua vita, alcuni Studicomparvero su periodici nei primi anni delNovecento e soltanto nel 1987 fu scoperta inRussia da Matanya Ophee una copia completadei dieci Studi. Anche la riscoperta dei pezzi diRegondi che oggi fanno parte del repertorio di-scografico e concertistico cominciò relativamen-te tardi: nel 1981 grazie a Leif Christensen e piùtardi a David Starobin. Oggi Regondi è consi-derato una pietra miliare nella storia della chi-tarra e tutto quello che abbiamo di lui è consi-derato una preziosità. Alcune delle opere che fi-guravano più spesso nelle recensioni dei suoiconcerti erano date per disperse, finché non miimbattei in un manoscritto del lascito di KarlScheit.

LA FONTE

Quando visitai per la prima volta la collezio-ne di Karl Scheit1 inciampai in un manoscrittoche, a giudicare dall’aspetto, non sembrava ap-partenere allo scatolone in cui era stato riposto.In mezzo ad album con canzoni dell’epoca delmovimento dei “Wandervogel”, c’era un volume

con la scritta “Guitar Manuscript”: 250 paginedi musica manoscritta su carta blu in bella rile-gatura e sulla copertina a lettere dorate:

COPIED / FOR / MME. R. S. PRATTEN

BY / J. A. HUDLESTON ESQ.

Le pagine da 1 a 182 contengono musica diHudleston che sembra scritta tutta in una volta.In appendice invece ci sono brani più corti, didifferenti autori e, probabilmente, aggiunti in unsecondo tempo.

Uno sguardo più attento allo scatolone portòalla luce un altro volume di circa 250 pagine (lanumerazione non è sempre continua) con copiedi pezzi di compositori noti e meno noti: Sor,Carcassi, Giuliani, Aguado, de Fossa, Zani deFerranti, Bobrowicz, Eulenstein, Huerta, Ciebra,Süssmann, Padowetz, L. Moretti e per conclu-dere Regondi. Come il primo volume, la primaparte sembra essere stata tutta di seguito inunavolta (cominciando con un paio di pezzi di Sor,poi quattro pezzi di de Fossa, ecc.). Si vede chia-ramente che certe pagine, alcune di carta gial-la, sono state aggiunte più tardi. Quando guar-dai l’appendice, notai al primo colpo d’occhioche si trattava di un manoscritto importante:Eight studies for the Guitar by Giulio Regondi,dedicated to J. A. Hudleston, 1857, e sotto a ma-

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UNA NUOVA FONTE

PER LA MUSICA DI GIULIO REGONDI

Il manoscritto di J. A. Hudleston per Madame Pratten

di Stefan Hackl

Vienna). La vedova Luise Scheit fece donazione dellasua vasta collezione di musica per chitarra, libri, re-censioni e registrazioni alla ‘Universität für Musik undDarstellende Kunst’ di Vienna.

1. Karl Scheit (1909-1993), fu professore di chitarra al-la Musikochschule di Vienna e uno dei più importantididatti e revisori di musica per chitarra del Dopoguerra(pubblicò per la Universal Edition e per la Doblinger di

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tita: For my dear friend Mrs. Pratten [Otto studiper la Chitarra di Giulo Regondi, dedicati a J. A.Hudleston, 1857 / Per la mia cara amica laSig.ra Pratten].

Per anni si era andati in cerca di questi Studie finalmente Matanya Ophee era riuscito a sco-varli in Russia, ma ad alcuni era ancora rimastoqualche dubbio circa la loro autenticità. Avevodi fronte a me la più antica fonte degli Studi diRegondi, copiati dalla mano di colui che fino adallora era rimasto sconosciuto: il dedicatario inpersona!

Scorrendo le pagine a ritroso trovai ulterioripezzi di Regondi, Fete villageoise, Rêverie, 1er e2me Air Varié e, infine, due brani la cui esi-stenza fino ad allora era nota soltanto attraver-so gli annunci dei suoi concerti: Solo on DonGiovanni partly from Thalberg’s piece [Solo suDon Giovanni in parte dal pezzo di Thalberg] eAir varié de l’opera di Bellini “I Montecchi eCapuletti”.

Non è più possibile chiarire in quale manierai manoscritti siano passati da Madame Pratten aKarl Scheit. La collezione di Madame Pratten fuvenduta dopo la sua morte – non si sa esatta-mente quando e a chi – e venne di conseguen-za smembrata; quanto a Scheit, è un fatto notoche una volta si era aggiudicato un grosso pli-co di musica d’antiquariato dall’Inghilterra. Scheitdeve aver esaminato il secondo volume con unacerta attenzione perché ha aggiunto piccole an-

notazioni a matita sui compositori; tuttavia nonsi trova indicazione alcuna che possa far pensa-re a un progetto di pubblicazione. La musica delXIX secolo generalmente non era prioritaria nellavoro di Scheit come revisore; pubblicò soltan-to gli studi più importanti e alcuni brani di Sor,Giuliani e Diabelli. Le composizioni virtuosistichedella metà del XIX secolo non erano per lui co-sì importanti. All’epoca delle ultime edizioni diScheit, negli anni Ottanta, anche se le edizionicomplete delle opere di Sor e Giuliani avevanoappena fatto la loro apparizione, rimanevano an-cora inedite molte altre importanti opere; infattila riscoperta dei compositori del Secondo Ottocentocome Mertz, Coste, Schulz, Padowetz e Regondinon era ancora in atto o stava appena iniziandoil suo corso.

J. A. HUDLESTON

Josiah Andrew Hudleston (1799-1865) fu tra lefigure più interessanti del mondo chitarristicobritannico del XIX secolo. Nacque il 22 Febbraio1799 a Bray nel Berkshire, quarto figlio di JohnHudles ton , un membro de l l a Pubb l i caAmministrazione della Honourable East IndiaCompany e membro del Parlamento.

Hudleston studiò al College della East IndiaCompany, a Haileybury nello Hertfordshire ne-gli anni 1815-1816 e poi si imbarcò per l’India,arrivando a Madras (ora Chennai) il 25 giugno

Copertina del primo volume del manoscritto di Hudleston per Madame Pratten

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1817, dopo almeno sei mesi in mare. A Madrasrimase ininterrottamente per trentanove anni edebbe una brillante carriera nella PubblicaAmministrazione lavorando nei tribunali, assur-gendo alla fine alla posizione di Capo dellaRiscossione, un posto di considerevole impor-tanza. Hudleston tornò in Inghilterra nel mar-zo 1856 e visse con suo fratello a Cheltenham,nello Gloucestershire per il resto dell’anno, poisi trasferì in Irlanda nel 1857, dove visse aKilliney, Contea di Dublino, fino alla morte av-venuta per insufficienza cardiaca il 19 agosto1865.

Nell’introduzione al suo Treatise on HarmonicSounds del 1841, Hudleston scrisse che le sueattività musicali avevano avuto inizio 25 anni pri-ma, dunque attorno al 1816, cioè poco dopo laprima comparsa di Sor sulla scena londinese. Èplausibile ipotizzare che Hudleston abbia ascol-tato Sor e che forse questo ascolto lo ispirò elo spinse ad intraprendere lo studio della chi-tarra. È anche possibile che Hudleston cono-scesse il chitarrista italiano Philip Verini, noto ne-gli ambienti in cui si muoveva la famiglia Hudleston.

Durante la sua permanenza in India Hudlestonera musicalmente molto attivo; anzi era tantocoinvolto nella musica quanto lo era nei suoidoveri presso la East India Company. Conoscevai musicisti locali, inclusi quelli della famigliaZscherpel che erano responsabili per la musicaalla Cattedrale di S. Giorgio. Era anche socio del-la Society of Amateurs di Madras, che pare fos-se una società di musica da camera; Hudlestonpuò esserne stato il bibliotecario, dato che unagrossa parte della loro musica fa parte della suacollezione. A Madras c’era pure un’orchestracomposta da musicisti dell’Esercito, e per quan-to Hudleston possa non esservi stato diretta-mente coinvolto, certamente ne avrà ascoltato (odovuto sopportare!) le esibizioni in occasione dieventi ufficiali.

Hudleston mentre viveva a Madras mise in-sieme una collezione di musica per chitarra dav-vero vasta e impressionante; solo una piccolis-sima parte di quelle musiche venne da lui ac-

quistato prima della sua partenza dall’Inghilterrae molto poco venne aggiunto alla collezione do-po il suo ritorno. Sebbene la musica a stampae gli strumenti fossero disponibili per via di al-cuni importatori – erano disponibili perfino lechitarre Panormo “manufatte espressamente perquel clima”, come pubblicizzava un importatore– è comunque notevole quanta musica fosse sta-to capace di acquistare Hudleston e quanto ag-giornata fosse la sua collezione.

Altrettanto degno di nota è il fatto che Hudlestonfosse a conoscenza delle più importanti figuredel mondo chitarristico britannico – e non vi so-no notizie secondo le quali egli abbia mai la-sciato l’India nei quasi quarant’anni precedentiil suo pensionamento – ma è perfino più sor-prendente quanto in fretta Hudleston si sia in-tegrato sulla scena chitarristica britannica dopoil suo ritorno. Importanti compositori gli dedi-carono brani, come Leonhard Schulz e CarlEulenstein (quest’ultimo gli dedicò Le Retour del’Allemagne), conobbe gli Huerta e almeno unodei Ciebra (a cui Hudleston dedicò un Air withVariations). Certamente incontrò Regondi e MadameSidney Pratten. Regondi tenne un concerto aCheltenham nel novembre 1856, ed è probabileche Hudleston lo abbia conosciuto là. Nell’apri-le 1861 Regondi tenne tre concerti a Dublino ei due probabilmente si incontrarono di nuovo.Sembra anche che Regondi e Hudleston abbia-no tenuto in quel periodo, e per diversi anni,una corrispondenza epistolare. Nell’edizione diMadame Pratten delle ultime composizioni diLeonard Schulz, Hudleston è menzionato comeinsegnante di chitarra e la dedica a lui ci sug-gerisce che probabilmente Hudleston conosces-se anche Schulz:

The last Compositions of / MR. LEONARD SCHULZ/ AS

PLAYED BY MADAME R. SIDNEY PRATTEN, WITH THE GREAT-EST SUCCESS AT PUBLIC & PRIVATE CONCERTS. / Writtenat the request of / MADAME R. SIDNEY PRATTEN, / for/ Josiah Andrew Hudleston Esq. / Teacher of theGuitar / TO HER ROYAL HIGHNESS THE PRINCESS LOUISE./ LONDON: MADAME R. SIDNEY PRATTEN”2

Andrew Hudleston Esq. / insegnante di Chitarra / DI SUA

ALTEZZA REALE LA PRINCIPESSA LUISA. / LONDRA: MADAME R.SIDNEY PRATTEN.

2. Le ultime Composizioni del /SIG. LEONARD SCHULZ /COME SUONATE DA MADAME SIDNEY PRATTEN, CON GRANDISSI-MO SUCCESSO A CONCERTI PUBBLICI & PRIVATI./ scritto su ri-chiesta di / MADAME R. SIDNEY PRATTEN, / per / Josiah

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Il lavoro di Hudleston come compositore e ar-rangiatore iniziò negli anni Quaranta del 1800.Le sue composizioni originali sono esclusivamenteper chitarra sola, e sono perlopiù variazioni sucanzoni popolari e arie. Sono tutte molto impe-gnative dal punto di vista tecnico (scale velocispesso per la sola mano sinistra, arpeggi vir-tuosistici, tremolo e uso estensivo di armonicisono tutte caratteristiche incontrate assai soven-te) tuttavia dal punto di vista armonico sonopiuttosto banali.

Gli arrangiamenti di Hudleston sono invecepiù interessanti. Per chitarra sola arrangiò ope-re di Handel, Mozart, Beethoven, Paganini,Bellini così come una valanga di opere di me-no noti compositori del momento. Ha anche rea-lizzato arrangiamenti per clarinetto e chitarra ter-zina, una combinazione assai rara, senza dubbioispirata dalla presenza di un buon clarinettista aMadras. Così come le sue composizioni, gli ar-rangiamenti di Hudleston richiedono il possessodi una tecnica chitarristica di alto livello e inol-tre sono molto fedeli alle opere originali, a vol-te eccessivamente fedeli!

Sebbene non vi sia testimonianza di una pub-blica esibizione di Hudleston, si può facilmentepresumere, vista musica che ci ha lasciato, cheavesse una profonda familiarità con la chitarra.Durante i quasi quarant’anni in cui visse in India– dall’inizio del boom chitarristico inglese quan-do Fernando Sor fece la sua apparizione in sce-na, fino ai giorni dei grandi virtuosi comeRegondi e Schulz – la chitarra e la musica perchitarra continuarono a svilupparsi notevolmen-te, ed è estremamente affascinante vedere comeHudleston sia riuscito a seguire questa evolu-zione.

La collezione musicale di Hudleston – per chi-tarra e per diversi altri strumenti – è ora con-servata presso la Royal Irish Academy of Musicdi Dublino. La collezione di musica per chitar-ra venne scoperta per la prima volta da SimonHoneyman, che iniziò il lavoro di ri-assembla-mento nel 1992. Michael McCartney ha prose-guito quel lavoro completandolo nel 1997, do-po cinque anni: il catalogo che ne risulta, assaidettagliato, ha subito sostanziali revisioni ed am-pliamenti e dovrebbe essere prossimamente re-so pubblico. La collezione è enorme: solo quel-la per chitarra contiene oltre 1000 opere a stam-pa e più di 800 opere manoscritte, il che la ren-

de più vasta delle collezioni Rischel & Birkett-Smith, Boije o Olcott-Bickford. Tutte le operenella collezione sono di contemporanei diHudleston. Le stampe contengono diteggiaturescritte a mano (sempre assai ben scelte), e no-te e commenti scritti a inchiostro o a penna aindicare quando e per chi egli avesse copiato leopere, o da chi le avesse ricevute. Sebbene in-dicava di aver copiato molti brani per Regondi,la collezione inspiegabilmente non contiene al-cuna opera dello stesso Regondi.3

3. Per questa biografia di Hudleston ci siamo basatisul lavoro di Michael Mc Cartney che appare nel sito:www.hudleston-music.co.uk

Per maggiori informazioni rimandiamo i lettori a que-sto sito.

La foto di J.A. Hudleston che si trova incollata all’in-terno della copertina del manoscritto

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M.ME SIDNEY PRATTEN

M.me Sidney Pratten nacque nel 1821 comeCatherina Josepha Pelzer,* a Mühlheim in Germania,figlia del chitarrista tedesco Ferdinand Pelzer(1801-1860). Catherina era una bambina prodi-gio: all’età di sette anni tenne il suo concerto didebutto a Londra. Suonò in concerto insieme afamosi virtuosi come Ignaz Moscheles e anchecol giovane Regondi:

“I bambini prodigio – Catherina JosephaPelzer e Giulio Regondi – si erano incontrati, evennero presentati insieme. Erano tanto piccolii due esecutori che “si perdevano” sul grandepalco. Per essere visti oltre che sentiti, venneroissati su un tavolo. Madame Pratten era solitaparlare di quei giorni in cui suonava in duettocon Regondi, del quale lodava sempre altamentele capacità.”3

Dopo le sue nozze col rinomato flautistaRobert Sidney Pratten nel 1854, Catherina Pelzervenne solitamente chiamata Madame Sidney Pratten,e divenne famosa come insegnante di chitarra(tra i suoi allievi si annoverano la PrincipessaBeatrice e la già citata Principessa Luisa). I suoimanuali Learning the Guitar Simplified eInstructions of the Guitar Tuned in E Major eb-bero enorme successo. Madame Pratten diresseanche una casa editrice dedicata specificamentealla musica per chitarra e pubblicò alcune com-posizioni e arrangiamenti di Hudleston (attornoal 1860). Morì nel 1895.

IL MANOSCRITTO

I due volumi manoscritti sono entrambi redattisulla stessa carta (eccetto alcune pagine dell’ap-pendice): una carta blu, con marchio ad acquaA. Cowan & Sons/Patent 1854. Le copie nelle

parti principali del manoscritto sono state rea-lizzate molto accuratamente. Hudleston ha co-piato ogni dettaglio della notazione, titolo e di-dascalie testuali commettendo pochissimi erroriche per la maggior parte riguardano i segni dialterazione. Nelle note a matita sugli originali haannotato con precisione l’inizio e la fine del la-voro di copiatura; veniamo così a sapere cheper la copiatura di un brano di grandi propor-zioni gli ci volevano almeno due o tre settima-ne.4

I brani in appendice sono stati evidentemen-te scritti più in fretta, dato che contengono cor-rezioni più vistose, passaggi cancellati e pezziframmentari. L’ordine delle copie non corrispondesempre alla data di copiatura e sembra esserecambiato in un secondo tempo. Un’ulteriorecomplicazione è rappresentata dal fatto che avolte non è possibile distinguere tra la data dicomposizione da quella di copiatura. Tutto ciòpuò significare che la rilegatura non venne fat-ta prima del 1865. Lievi differenze nel materia-le di rilegatura suggeriscono che il secondo vo-lume possa essere stato rilegato successivamen-te, forse per ordine di Madame Pratten. La co-pertina del primo volume reca una dedica a let-tere dorate e all’interno è incollata una foto diHudleston: né la dedica né la foto appaiono nelsecondo volume.

La numerazione delle pagine mostra ancheche i due volumi sono solo una parte di un piùvasto numero di copie.

Il volume I ha 182 pagine nella parte princi-pale seguite da due fogli bianchi, altri due bloc-chi con pezzi diversi (numerati 1-44 e 25-28) ealcuni singoli pezzi numerati separatamente. Alcunipezzi datano ancora del periodo indiano diHudleston, mentre l’ultima copia è datata 13 ago-sto 1860.

Il volume II comincia con la pagina 93 e ar-riva a pagina 320 interrotto da due sezioni con

mounted upon a table. Madame Pratten often used tospeak of these days when she played duets with Regondi,whose abilities she always highly praised.” FRANK MOTT

HARRISON, Reminiscences of Madame Sidney Pratten:Guitariste and Composer, Bornemouth, 1899, pp. 19-20)

4. Ringrazio Michael McCartney per l’accurata e det-tagliata catalogazione della collezione Hudleston e peraver decifrato la calligrafia di Hudleston nel presentemanoscritto.

* N.d.R.: per maggiori informazione su Catherina JosephaPelzer Pratten cfr. anche PETER PIETERS, I bambini pro-digio della chitarra nella prima metà dell’ Ottocento, “ilFronimo”, n. 100, luglio 1997, pp. 91-93.

3. “The infant prodigies – Catherina Josepha Pelzerand Giulio Regondi – had met, and were brought outtogether. Such diminutive performers were “lost” on alarge platform. To be seen as well as heard, they were

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numeri di pagina corretti a matita (213-241; 268-275). L’appendice contiene gli studi di Regondi(numerati pp. 1-13), un pezzo non identificato(pp. 1-3: probabilmente un arrangiamento di mu-sica per pianoforte) e dieci pagine in carta gial-la (numerate solo in parte). In ogni caso, il ma-noscritto ci pone alcune domande, per ora sen-za risposta. Rispondere a queste domande po-trebbe gettare più luce sul mondo chitarristicobritannico della metà del XIX secolo.

I pezzi di Regondi sono gli ultimi brani del-la parte principale del secondo volume. L’ap-pendice del secondo volume comincia con ottoStudi di Regondi (copiati nel 1857). Un breveframmentario pezzo sempre nell’appendice riportala nota a matita: “as played by Regondi” [“comesuonato da Regondi”]. L’autore del brano non èsvelato, potrebbe essere lo stesso Regondi. Dalconfronto delle copie del 1er e del 2me Air Varié(datate 1864) con le versioni a stampa (stampa-te da André Offenbach sempre nel 1864), risul-ta chiaro che Hudleston disponeva di un’altrafonte. Ciò risulta da alcune piccole differenze invari dettagli quali bassi aggiuntivi, abbreviazionidi ornamentazioni e notazione degli armonici,soprattutto però dalla diversa versione del 2meAir Varié.

La differenza tra la versione stampata del 2meAir Varié e la copia di Hudleston è molto in-

teressante: tre pezzi sembrano essere combina-ti qui come a formare di proposito una suite,scritta evidentemente in una sola e continua ste-sura e senza interruzioni. La versione del ma-noscritto comincia con l’introduzione della Reverieop. 19, poi segue il 2me Air varié (senza l’in-troduzione della versione a stampa), quindi laparte principale della Reverie e infine Fete vil-lageoise. Tra i pezzi vi sono doppie stanghette,ma sono le stesse di quelle tra le variazioni, el’inizio di Fête villageoise si trova sullo stesso ri-go della fine della Reverie! Tutti i pezzi sononella stessa tonalità ed è quindi possibile ipo-tizzare che Regondi usava suonare questi trepezzi “en suite”. Il fatto non è chiaramente evi-dente dalle recensioni dei suoi concerti: sul pro-gramma di un concerto a Londra il 14 maggio1862 troviamo solo il 2me Air Varié (questa po-trebbe essere la “versione suite”), il programmadel concerto del 30 giugno 1864 invece elencaReverie, Fete villageoise e Introduction etCaprice.

Il Solo on Don Giovanni partly from Thalberg’spiece [Solo su Don Giovanni in parte dal pezzodi Thalberg] fu copiato il 29 [sic] febbraio 1865ed è probabilmente l’ultimo documento del la-voro di Hudleston che morì lo stesso anno.Forse un giorno emergeranno ulteriori mano-scritti.

Una parte della versione-Suite del 2me Air varié: fine di Reverie e inizio di Fête Villagoise

L’inizio degli Studi di Regondi come appare nel manoscritto Hudleston, 1857

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Le copie di Hudleston dei pezzi di Regondici offrono la possibilità di uno sguardo ap-profondito sul modo di lavorare di un grandecompositore, la cui vita e opera sono ancoraavvolte nel mistero. Ad eccezione del mano-scritto dell’Etude 4b, che è datato 1854, tutte lefonti sono degli anni Sessanta dell’Ottocento,l’ultimo periodo delle apparizioni pubbliche diRegondi. Ora abbiamo uno spaccato della mu-sica per chitarra di Regondi a cominciare dal-la sua giovinezza: inizia copiando Thalberg(Solo on Don Giovanni partly from Thalberg’spiece, eseguito per la prima volta nel 1840all’età di diciassette anni); segue l’Air varié del’opera di Bellini “I Montecchi e Capuletti” dal1845, ancora influenzato da Thalberg ma già fo-riero dello stile personale delle opere degli an-ni successivi [cfr. esempio nella pagina prece-dente]; e poi le opere della piena maturità (1ere 2me Air Varié). Le differenze che appaiononelle versioni degli Studi e in particolar modonel 2me Air Varié mostrano anch’esse un lavo-ro in evoluzione che merita un’indagine ap-profondita.

I BRANI PERDUTI

Solo on Don Giovanni partly from Thalberg’spiece

Regondi scrisse il pezzo all’età di diciassetteanni e lo suonò in concerto per lungo tempo,dal 1840 al 1861. Era probabilmente il suo pez-zo da concerto di maggior successo, molto ac-clamato dai critici:

“Le elaborazioni da lui fatte nel secondo eterzo concerto […] dalle thalberghiane “Fantasiedegli Ugonotti e di Don Giovanni” piacquero inmodo straordinario, e catturarono la meravigliadel pubblico in tale misura, come mai ancorami era capitato di constatare in un’esibizione al-la chitarra, né mai avevo immaginato che fossepossibile.”5

Per la prima volta il brano compare come bisnel secondo concerto viennese, il 17 Dicembre1840. La volta successiva (concerto di Vienna del21 dicembre 1840) Don Giovanni faceva già par-te del programma. Da quel momento in poi que-

ordentlich, und fesselten die Aufmerksamkeit des Publikumsin einem Grad, wie ich es noch nie bei einer Productionauf der Guitarre wahrgenommen, ja nie für möglich ge-halten hatte.”

5. “Allgemeine Theaterzeitung”, n. 307, 23 Dicembre1840, p. 1394. “Die von ihm im zweiten und drittenConcerte (...) gegebenen Vorträge nach den Thalbergschen„Hugenotten- und Don-Juan-Fantasien“ gefielen außer-

Lo sviluppo dello stile di Regondi come appare nella prime misure di Solo on Don Giovanni (1840), Air varié surl’opera de Bellini (1845) e 2me Air varié (versione a stampa, 1864)

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sto pezzo fece parte del repertorio standard deiconcerti di Regondi col violoncellista JosephLidel a Vienna, Praga (1841) e Dresda (1846), edelle matinées del 22 maggio e 19 giugno 1852a Londra (con Joseph Lidel). L’ultima testimo-nianza è il programma del concerto annuale aLondra del 9 giugno 1861.

Sigismund Thalberg (1812-1871) fu certamen-te molto importante per lo sviluppo musicale diRegondi. Regondi incontrò Thalberg a Londranel 1837 e nel 1839 in occasione della loro par-tecipazione agli stessi concerti. Negli anni a se-guire Regondi aveva diverse opere di Thalbergnel suo repertorio: Souvenir de “Les Ghibellins”,Solo on “Don Giovanni”, e Les Huguenots.

Un altro fatto sorprendente riguardante la re-lazione tra Regondi e Thalberg è che Thalbergera in possesso di un manoscritto autografo in-completo di un Rondò di Regondi per chitarra.6

Thalberg e il suo rivale Franz Liszt sviluppa-rono un nuovo tipo di Opernfantasie che va benoltre le semplici variazioni o i potpourris d’in-trattenimento, addentrandosi nel profondo deipersonaggi e della filosofia delle opere. La mu-sica per pianoforte di Thalberg, tecnicamente mol-to esigente, era caduta nell’oblìo già nella metàdel XIX secolo così come gli arrangiamentid’opera in generale.

Regondi è uno dei pochissimi che si sono ar-rischiati a trascrivere per chitarra la musica vir-tuosistica per pianoforte di Thalberg. Per quan-to ne sappiamo lo hanno fatto anche Adolphe

Steinfels (Souvenir de Pest op. 64, una delle ope-re più elaborate di Thalberg, comparabile alla li-sztiana Rapsodia Ungherese) e Francisco Tárrega(Trémolo, Tema y estudio de concierto, MarcheFunèbre, Estudios sobre dos fragmentos de Thalberg).

Don Giovanni sembra essere una delle fontid’ispirazione più importanti nell’opera di Thalberg.Oltre alla Grande Fantaisie et Variations pour lePiano Forte sur deux motifs de l’opéra Don Juande Mozart op. 14, ci sono Aria del Don Giovanniop. 70 n. 9 e Fantaisie sur la serenade et le mi-nuet de ‘Don Juan’, op. 42.

La Grande Fantaisie op. 14 è tecnicamente untour de force musicale: la prima parte è una mo-numentale introduzione di 93 battute, basatasull’aria “Là ci darem la mano”, la seconda par-te consiste del tema e di otto variazioni virtuo-sistiche che fanno mostra di tutti i tipi di acro-bazie pianistiche, quali rapide scale, ottave ve-loci, arpeggi e difficili successioni accordali. Lasemplice melodia mozartiana è elaborata con ar-monie appartenenti a tonalità lontane, comples-se strutture contrappuntistiche e fuochi d’artifi-cio di figurazioni pianistiche. Regondi trasferiscetutto ciò sulla chitarra, a volte seguendo stretta-mente l’originale e a volte trattando il tema inun modo molto simile ma personalizzato.

Le prime otto battute sono copiate quasi no-ta per nota, anche il tema con accompagna-mento di terzine (Thalberg, misure 21-44, Piùlento). Regondi adatta lo stile pianistico (estesipassaggi di ottave e passaggi cromatici, armoniepiene) in un modo mai udito prima:

“La chitarra sotto le sue mani diventa unostrumento polifonico e armonicamente comple-to come non l’avevamo mai conosciuto. […]Certamente costui sviluppa sulla chitarra, con se-quenze di accordi, con uno stile polifonico e le-

Fine di Air varié sur l’opera de Bellini e inizio di Solo on Don Giovanni

6. Cfr. HELMUT C. JACOBS, Der junge Gitarren-undConcertinavirtuose Giulio Regondi: Eine kritischeDokumentation seine Konzertreise durch Europa 1840und 1841, Bochum, Augemus, 2001, p. 34.

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gato, con un ricchissimo accompagnamento delcanto, una compiutezza ineguagliabile; ma an-cor più degno di meraviglia mi parve il suo di-spiegamento armonico nelle parti facilmentecantabili. Non si riconosceva più lo strumento;il suono ritornava in eco, palpitava; si sentiva-no proprio delle parti legate più lunghe e me-lismi leggeri soavemente sussurrati: difficilmen-te si può rendere a parole l’idea di tanta tene-rezza.”7

Il tema e le prime tre variazioni sono più omeno basate sul pezzo di Thalberg (variazioni2, 3 e 5 e la seconda parte della sesta varia-zione), l’ultima è una creazione propria di Regondi.A volte Regondi impiega brevi passaggi o par-ticolari figurazioni dell’originale in un nuovocontesto.

Sebbene sia lungo solo metà dell’originale esia composto di quattro variazioni soltanto (lastessa struttura delle variazioni su Bellini), il DonGiovanni di Regondi è un pezzo di grandi di-mensioni se paragonato alla lunghezza mediadelle variazioni per chitarra. La struttura di ba-se di questo pezzo – una lunga introduzione esolo quattro variazioni (lo standard era sei) – emolti elementi compositivi possono essere rin-tracciati successivamente nelle variazioni sul te-ma di Bellini (1845) e nelle opere della matu-rità di Regondi (1er et 2me Air Varié, 1862).

I temi dal Don Giovanni di Mozart apparten-gono al più famoso repertorio per chitarra. “Làci darem la mano” venne usato da Louis Wolf,Jean Baptist de Fier, H. C. Schmiedichen, FrancescoCalegari, J. K. Mertz, J. Bobrowicz, Niccolò Paganinie altri. Il pezzo di Regondi, basato su un pez-zo di Thalberg ispirato al Don Giovani, è unaspecie di “Mozart di terza mano” – simileall’adattamento delle variazioni di Beethoven“Ein Mädchen oder Weibchen” realizzato da Carulli.8

Air Varié de l’opera de Bellini “I Montecchie Capuletti”

Air Varié de l’opera de Bellini “I Montecchi eCapuletti” è il primo di tutti i pezzi di Regondinel manoscritto. Sopra il titolo si può leggere:“L[‘]amo l[‘]amo Aria composta e dedicata allasua allieva La Signorina Donovan di Dublino /nel 1845. Non sappiamo nulla della dedicatariaeccetto che Hudleston copiò almeno cinquantapezzi per lei tra il 1857 circa e il 1864 (quasigli stessi pezzi che copiò per Regondi e MadamePratten, ma di più). Si tratta probabilmente del-la stessa Maria Donovan che figura come dedi-cataria di una Reverie per chitarra sola di HenryRosellen (1811-1876) arrangiata da Hudleston epubblicata da Madame Pratten.

Regondi suonò il pezzo nei suoi concerti deldecennio 1850-1860. Il brano era grandementeacclamato dai critici (“The Musical World”, 23giugno 1855, p. 395) ed è documentato per laprima volta nel programma delle matinées del22 maggio e 19 giugno 1852 a Londra (conJoseph Lidel). L’ultima testimonianza si trova nelprogramma del concerto annuale a Londra del9 giugno 1857.

Il brano consiste in una monumentale intro-duzione – una specie di introduzione dramma-tica nello stile di Thalberg (Thalberg scrisse pu-re una fantasia su I Montecchi e Capuletti op.10, e alcune altre opere su temi di Bellini) – iltema (“L’amo, l’amo, me sì cara”), quattro va-riazioni e un finale.

Le opere di Bellini erano famose e venivanoeseguite frequentemente in Inghilterra; Normavenne diretta dal’compositore in persona nel 1833.Le arie di Bellini apparivano spesso nei pro-grammi da concerto di Regondi del decennio1840-1850, cantate da Helena Fischer (Darmstadt1840) e Therese Kühne (Vienna, 1840/1841 incui cantò una Cavatina da I Capuleti ed i Montecchi,

einfach singenden Stellen. Man erkannte das Instrumentnicht mehr; der Ton klang nach, bebte; man hörte selb-st gebundene längere Stellen und leicht und duftig hin-gehauchte Melismen, von deren Zartheit sich durchWorte schwer ein Begriff geben läßt.”

8. STEFAN HACKL, Mozart and the guitar in “Soundboard”,4/2006, pp. 25-33; Mozart und Gitarre in “Gitarre ak-tuell”, 1/2006, pp. 32-37; Mozart e la chitarra in “IlFronimo”, n. 136, ottobre 2006, pp. 43-49.

7. Recensione del concerto di Praga in “Bohemia, einUnterhaltungsblatt”, n. 26, 28 Febbraio 1846. “Die Guitarrewird unter seinen Händen zu einem vielstimmigen undvolltönenden Instrumente, von dem wir keine Ahnunghatten. [...] Zwar entwickelt er auf der Guitarre inAccordenreihen, im mehrstimmigen, gebunden Style, inder Begleitung der Gesangstimme durch die reichstenFiguren eine unvergleichliche Fertigkeit, aber noch wun-derwürdiger erschien mir seine Tonerzeugung in den

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e Dresda, 1846), e suonate da Joseph Lidel(Introduktion und Variation aus Bellinis “Norma”di Friedrich August Kummer).

Regondi suonava musiche ispirate a Bellini an-che sulla concertina: Fantasia on Airs from Bellini’sopera La Sonnambula (1855, con pianoforte),Fantasia d’Alard sur Norma (1870), e la GrandFantasia on “Deh! Conte” che venne compostaper Regondi da Joseph Warren (eseguita da Regondial Festival di Birmingham del 1837 e stampata aLondra nel 1855). D’altronde, i temi dalle operedi Bellini erano molto in voga nel repertorio perchitarra dell’Ottocento. I cataloghi Whistling-Hofmeister elencano 154 arrangiamenti da ope-re di Bellini, numero che lo colloca al quintoposto, prima di Mozart! Ci sono più di cento pez-zi basati su opere di Bellini nella collezione diVahdah Olcott-Bickford e ce ne sono più di ven-ti nella collezione Hudleston. Hudleston addirit-tura arrangiò l’intero secondo atto della Normaper chitarra sola! L’opera I Montecchi e Capulettinon appare in modo altrettanto vistoso come Normao La Sonnambula. I brani più importanti su temida quest’opera sono di J. N. Bobrowicz (op. 30,che si trova copiata anche nel manoscritto Hudleston),Johann Padowetz (op. 13, op. 17, op. 26), WilhelmNeuland (op. 21, pianoforte e chitarra), PietroPettoletti (op. 17, op. 22) e J. K. Mertz. L’ariaL’amo, ah, l’amo venne usata da Padowetz (op.13), Pettoletti (op. 17), e Neuland (op. 21). Senzadubbio la versione di Regondi è la più raffinata,davvero uno dei suoi pezzi più belli.

Così come succede nelle opere a stampa nu-merate da 19 a 23, la partitura contiene ben po-che indicazioni per l’esecutore: alcuni simboli perle dinamiche, l’articolazione e il fraseggio e poi“diteggiature indirette” come corde a vuoto, ar-monici, legature, glissandi e alcune indicazioni diposizioni (in numeri romani) e corde (sur lasi,…). I numeri per la diteggiatura della mano si-nistra appaiono raramente. I simboli di ottava (8)sotto le note indicano che i pezzi necessitano dicorde addizionali nei bassi. È risaputo che Regondicomprò una chitarra a otto corde da JohannAnton Stauffer a Vienna durante la sua tournéenel 1840/41. Suonò quella chitarra nel suo se-condo concerto il 17 dicembre 1840 e in segui-to si servì quasi esclusivamente di quella.9 Sebbene

la Variazioni su Bellini non riportino i simboli diottave, la notazione e la diteggiatura suggerisco-no che la copia di Hudleston sia una versione asei corde di un brano originariamente concepitoper otto corde. In alcuni passaggi dove le notenon possono essere tenute per la durata indica-ta, forse Regondi avrebbe previsto e usato la set-tima o l’ottava corda a vuoto.

Dettagli interessanti si possono trovare anchenei commenti a matita degli Studi: ad esempiouna nota che riguarda il Lied ohne Worte n. 7di Mendelssohn, o “I cannot play this so fast asplayed Regondi” [“Non posso suonare questo tan-to velocemente come suonava Regondi”] nellostudio n. 6. Lo studio n. 4 riporta testualmentela didascalia “Magnificent” e “NB. The bassplayed in sons etouffées / The Air in sustainedsounds”. Queste prime versioni manoscritte de-gli Studi aiutano anche a chiarire alcune situa-zioni ambigue e a individuare errori esistenti neimanoscritti russi sui quali si sono basate le edi-zioni moderne pubblicate da Matanya Ophee(nell’edizione più recente, la terza delle EditionsOrphée, alcuni di questi errori sono già stati cor-retti). Alcune volte la notazione originale – chepresumiamo sia stata copiata da Hudleston conesattezza – dà un’impressione visuale più chia-ra dell’idea musicale rispetto alla notazione “mo-dernizzata” dell’edizione a stampa che realizzala conduzione delle voci in maniera diversa, mo-dificando di conseguenza la direzione delle gam-be delle note, cambiando i valori di alcune no-te e inserendo pause. (Cfr. esempi qui sopra.)

Senza alcun dubbio le copie di Hudleston ciforniscono nuovi aspetti dell’opera di GiulioRegondi. Soprattutto, però, arricchiscono in mo-do importante il repertorio della chitarra, perchéopere di questo calibro non si trovano tutti igiorni.9. Vedi JACOBS, op. cit., pp. 97-100.

L’incipit dell’Etude n.2 come appare nel manoscritto enell’edizione moderna a cura di Matanya Ophee

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AMISICH, ALESSANDRO BORIS, Giulio Regondi. La carriera concertistica nelli anni ’40, “IlFronimo”, n. 58 (1987), pp. 34-43.

AMISICH, ALESSANDRO BORIS, Giulio Regondi. Compositore e concertista, “Il Fronimo”, n. 62(1988), pp. 28-40.

HARRISON, FRANK MOTT, Reminiscences of Madame Sidney Pratten: Guitariste and Composer,Bornemouth 1899

JACOBS, HELMUT C., Der junge Gitarren- und Concertinavirtuose Giulio Regondi, Eine kri-tische Dokumentation seiner Konzertreise durch Europa 1840 und 1841 [Il giovane vir-tuoso di chitarra e di concertina Giulio Regondi, Una documentazione critica dei suoiviaggi di concerti attraverso l’Europa nel 1840 e 1841], Bochum, Augemus 2001.

LAWRENCE, THOMAS, The Guitar in Ireland 1745-1866, Ph. Diss., University College of Dublin,1998.

LAWRENCE, THOMAS, Regondi in Ireland, “Classical Guitar”, Vol. 18 (2000), n. 7, pp. 18-26.

MCCARTNEY, MICHAEL, J. A. Hudleston, A guitarist in India, seminario tenuto presso laQueen’s University of Belfast, 1995.

MCCARTNEY, MICHAEL, Catalogue of the Hudleston Collection of Guitar Music in the RoyalIrish Academy of Music, Dublin, edizione 2006, stampa privata.

RODGERS, DOUGLAS, Giulio Regondi, Guitarist, Concertinist or Melophonist, “Guitar Review”,n. 91 (1992) pp. 1-9, n. 92 (1993) 14-21 e n. 97 (1994) pp. 11-17.

WYNBERG, SIMON, Giulio Regondi. Cenni biografici, “Il Fronimo”, n. 42 (1983), pp. 8-14.

BIBLIOGRAFIA

RINGRAZIAMENTI:Ringrazio Walter Würdinger (Universität für Musik und Darstellende Kunst, Vienna), il custode del-la collezione Scheit, e Michael McCartney (Galles) per avermi fornito informazioni su J. A. Hudleston