Riassunti Di Sociolinguistica PDF
description
Transcript of Riassunti Di Sociolinguistica PDF
Riassunti di Sociolinguistica
Repertorio linguistico: è un concetto che fu introdotto e teorizzato da Gumperz e si riferisce
all’insieme delle lingue parlate all’interno di una comunità. Tale concetto non deve essere
confuso con la semplice somma di lingue o varietà parlate da una comunità ma comprende i
rapporti gerarchici fra le lingue e le norme d’impiego che regolano gli atteggiamenti
linguistici dei parlanti.
In Sociolinguistica si è soliti parlare anche di repertorio linguistico individuale, che consiste
nell’insieme delle lingue parlate da un singolo individuo.
Le comunità monolingue sono una rarità, basti pensare che nel mondo esistono 220 nazioni e
più di 5.000 lingue diverse.
Standardizzazione di una lingua: è il procedimento attraverso cui una lingua diventa
standard. Lo studioso Haugen ha individuato 4 fasi:
(1) Selezione: la lingua, la varietà o l’amalgama di varietà di lingua da standardizzare viene
scelta,
(2) Codificazione: le istituzioni (una scuola o un’accademia) fissano la norma linguistica di
questa lingua per insegnarla a tutti i cittadini,
(3) Elaborazione della funzione: il governo centrale stabilisci gli ambiti d’impiego e le
funzioni di questa lingua,
(4) Accettazione: la popolazione accetta questa lingua e la utilizza. Se ciò avviene la lingua
standard diventa simbolo di identità e di unità della popolazione in cui è in uso (e ne
deriva prestigio).
Prestigio: è la valutazione positiva che i parlanti danno di una lingua. E’ una proprietà
soggettiva. Il contrario del prestigio è lo stigma, ed è proprio di una lingua, che secondo dei
parlanti, è caratterizzata da caratteristiche favorevoli e, quindi, non accettate socialmente.
Come l’italiano è diventato lingua nazionale: i primi testi in latino con caratteristiche volgari
risalgono al secolo IX, ma nel secolo seguente la diffusione del volgare fu maggiore.
Un esempio fra tutti lo possiamo osservare nel poema Gesta Berengarii che racconta
dell’incoronazione di Berengario I, sembra infatti che il senato, durante la nomina, si espresse
in patrio ore (‘nella lingua dei padri’), mentre il popolo gridava nativa voce (‘nella lingua
materna’).
La formula dei testimoni dell’atto notarile detto Placido di Capua (960) è considerato, per la
sua completezza, l’atto di nascita della lingua italiana: in esso si presenta la compresenza di
due lingue, italiano e latino, in latino è redatto il documento dal notaio, ma i testimoni giurano
usando una formula di varietà locale campana.
Successivamente si conobbero i primi documenti in volgare. Per un vero e proprio sviluppo di
volgare letterario si dovette spettare fino al 1200.
Nel 1500 il letterato Bembo delineò la norma linguistica.
Riguardo il 1800 gli avvenimenti da considerare sono molteplici:
♣ Nel 1861 ci fu l’Unità d’Italia, ma la situazione nella penisola era molto variegata e a
livello linguistico solo 2,5% della popolazione conosceva l’italiano e l’80% della
popolazione era analfabeta,
♣ Durante il secolo si diffuse un acceso dibattito tra purismo e antipurismo, che fu
dominato dalla figura di Manzoni. Egli sognava propose il fiorentino parlato come
modello di lingua nazionale, ma ciò rischiava di essere astratto in quanto non teneva
conto delle diversità storico-culturali italiane. Se ne accorse il grande linguista e
filologo Graziadio Isaia Ascoli, secondo cui la diffusione dell’italiano doveva essere
frutto di un processo storico e culturale. Nonostante ciò, a Manzoni, và il merito di
aver avvicinato la lingua scritta (‘viva e vera’) a quella parlata.
♣ Nel Novecento numerosi fattori sociali contribuirono alla diffusione dell’italiano come
lingua nazionale:
(1) La burocrazia,
(2) Il servizio militare obbligatorio che favorì l’incontro tra individui provenienti da
diverse regioni d’talia,
(3) L’industrializzazione che produsse l’urbanesimo e migrazioni sia interne che
all’estero,
(4) L’obbligo scolastico,
(5) La politica linguista del fascismo,
(6) I media (in particolare il cinema di consumo dagli anni Venti, la radio dai Trenta
e la tv dai Cinquanta).
Bilinguismo (o plurilinguismo, o multilinguismo) comunitario: è la situazione in cui in una
comunità sono presenti due o più lingue che non sono in rapporto di gerarchia fra loro e non
hanno differenziazione funzionale.
Il plurilinguismo può essere di diritto (se riconosciuto legislativamente) o di fatto (se non è
riconosciuto legislativamente).
Un’altra distinzione importante è quella tra bilinguismo endogeno (quando la compresenza di
più lingue in una comunità è dovuta alla tradizione) e esogeno (quando la compresenza di più
lingue in una comunità è dovuta a contatti e immigrazioni).
Diglossia: è un termine coniato nel 1959 da Ferguson, che si riferisce a una situazione in cui in
una comunità si ha la compresenza di due varietà della stessa lingua, l’una definita low variety,
cioè ‘varietà bassa’, e l’altra high variety cioè ‘varietà alta’. Esse hanno ambiti d’impiego e
funzioni diverse e complementari.
La varietà bassa, solitamente appresa durante la socializzazione primaria, è orale ed è
utilizzata in situazioni informali. La varietà alta, solitamente appresa attraverso
addestramento guidato a scuola, è scritta e ed è utilizzata in situazioni molto formali.
La diglossia è molto diffusa nei Paesi arabi (Marocco, Algeria, Tunisia, Siria, Libia, ecc.), in
essi la varietà alta è l’arabo classico (la lingua del Corano) mentre la varietà bassa è
rappresentata dalle diverse varietà locali di arabo parlato (neo-arabo).
Dilalía (lingua con dialetti): è un termine introdotto da Berruto per indicare una situazione in
cui i dialetti rappresentano un sistema linguistico distinto dallo standard ma tra la
distribuzione funzionale del dialetto e quella dello standard non vi è, come nel caso della
diglossia, un rapporto di complementarietà, ma vi è una parziale sovrapposizione.
Un esempio fra tutti è quello italiano: il dialetto è utilizzato oralmente e in situazioni
informali, ma nelle stesse situazioni informali è usato l’italiano (la scelta dipende dalla
situazione, dall’interlocutore, dall’argomento, ecc.).
Un caso particolare di dilalía è il bidialettismo: situazione in cui nella stessa comunità si
parlano due varietà della stessa lingua.
DIGLOSSIA DILALIA BIDIALETTISMO
Sensibile diversità
strutturale fra i
sistemi (A e B)
sì
sì
no
Uso di A e B nella
conversazione
quotidiana
no
sì
sì
B (varietà bassa) è la
lingua della
socializzazione
primaria
sì
no
no
Chiara differenzio
nazione funzionale
tra A e B
sì
sì
no
Italiano standard e italiano neo-standard: sono le varietà di lingua italiana che riguardano
l’italiano standard. La differenza consiste nel fatto che:
L’italiano standard è la lingua di alto livello, a cui si riferiscono i manuali di
grammatica e la tradizione letteraria. Non è marcata né diatopicamente né
socialmente,
L’italiano neo-standard è la lingua italiana regionale colta media. I caratteri di
pronuncia e di intonazione denotano l’accento regionale dei parlanti. L’italiano neo-
standard è frutto della standardizzazione dell’italiano, infatti coincide in buona parte
con esso ma accoglie una gamma più ampia di fenomeni propri del parlato.
Dialetto: è un sistema linguistico di ambito geografico limitato che non ha avuto successo. La
differenza tra lingua e dialetto dipende da alcuni parametri: la dimensione, una lingua ha più
items ed è più estesa a livello geografico, il prestigio, ma anche la distribuzione funzionale,
sociale e comunicativa. Il dialetto è sempre subordinato socio linguisticamente ad una lingua.
I dialetti parlati in Italia sono definibili italo-romanzi (cioè lingue romanze parlate in Italia),
la lingua italiana funge da loro ‘lingua tetto’ ma essi possono essere classificati in base a
fattori extralinguistici (geografici, storici), linguistici interni, sia fattori di tipo diacronico
(es.: distanza dal latino) che sincronico (differenze strutturali).
Italia del nord:
I dialetti friulano e ladino, insieme a quelli engadinesi e grigionesi (parlati in Svizzera)
hanno un sostrato retico e formano un sottogruppo di lingue neolatine chiamato
retroromanzo,
Il dialetto venetico, con sostrato venetico,
Il dialetto gallo-italico, con sostrato ligure, leponzio e celtico.
I dialetti settentrionali sono separati dai dialetti toscano, centrali e meridionali dalla
isoglossa (è una linea ideale in una carta linguistica che congiunge tutti i punti che hanno uno
stesso tratto linguistico) La Spezia-Rimini.
Italia centrale:
I dialetti toscano e romano sono molto simili tra loro.
I dialetti centrali sono separati da quelli meridionali dall’isoglossa Colli Albani (Roma)-
Ancona.
Nel Sud si distinguono i dialetti centro-meridionali e meridionali estremi, che
comunque sono tutti italo-romanzi.
Sardegna:
I 4 dialetti sardi (logudorese, gallurese, sassarese e campi danese) formano un
sistema linguistico a parte all’interno del gruppo delle lingue romanze.
Lingue di minoranza (o ‘parlate alloglotte’): sono lingue e/o dialetti presenti sul territorio
nazionale ma esistenti anche fuori da esso (es.: serbo-croato, sloveno, albanese ecc.), oppure
lingue e/o dialetti privi di ‘lingua tetto’ (neanche fuori dal territorio nazionale) (es.: rom, sinti,
alemannico, grico, ecc.), oppure dialetti italoromanzi diversi da quelli circostanti, ma simili a
quelli di un’area dialettale distante (es.: gallo-italico presente in Basilicata e in Sicilia, ecc.),
o lingue parlate da popolazioni non legate a un preciso territorio (rom, sinti, ecc.).
Dal 1999, in base alla legge 482 in Italia sono state riconosciute una quindicina di lingue di
minoranza, ma rimangono prive di tutela le lingue parlate da comunità stabilitesi in Italia
durante il Medioevo (es.: colonie galloitaliche), le minoranze ‘diffuse’, cioè senza sede
territoriale (es.: rom) e le ‘nuove minoranze’ (determinate dai recenti flussi migratori).
Le parlate alloglotte si possono classificare in base ad alcuni criteri: i più importanti sono
quello genealogico (che li suddivide in base al gruppo linguistico di appartenenza) e quello che
riconosce la loro ‘lingua-tetto’ (: è la lingua a cui fanno riferimento delle varietà ad essa
imparentate).
Un concento importante nella definizione dei repertori linguistici che comprendono minoranze
linguistiche è elaborazione. Esistono diversi gradi di elaborazione e si dice che una lingua è
elaborata quando:
E’ dotata di un sistema di scrittura e di parlanti alfabetizzati in quel sistema,
Può essere utilizzata per scrivere testi (letterari, giornalistici, tecnici e scientifici,
ecc.)
Presenta un alto grado di standardizzazione ed è quindi dotata di norme linguistiche,
E quando viene insegnata a scuola.
Kloss identifica diversi livelli di elaborazione di una lingua, quantificabili in una scala data dalla
combinazione di due dimensioni: gli argomenti e i livelli di sviluppo.
Indice di diversità linguistica: è un indice che misura la propabilità che due cittadini presi a
caso in uno Stato abbiano diverse lingue materne. L’indice va da 1 (massima differenza) a 0
(massima omogeneità). In Italia (secondo solo dopo il Belgio) l’indice è 0,59, più che doppio
rispetto alla media europea.
Alternanza di codice e commutazione di codice: sono situazioni in cui vi è il passaggio da un
codice a un altro.
Alternanza di codice: è la commutazione situazionale di codice, che consiste nella
selezione di una lingua in base al dominio, all’interlocutore e allo speech event.
Commutazione di codice (o ‘code-switching’): è la commutazione di codice (il
passaggio da un codice a un altro) che avviene all’interno dello stesso micro testo.
Spesso la commutazione di codice avviene perché vi è qualche cambiamento all’interno
della stessa situazione comunicativa.
Esse possono essere dovute a ragioni diverse, ma due cose sembrano costanti:
1. Sembrano condizionati dalla sintassi, sembra cioè che siano limitati dalla
sintassi. Questa regola si chiama ‘restrizione dell’equivalenza di struttura’. Es.:
se il parlante usa un verbo di una lingua X ed esso per ragioni sintattiche è
seguito da una preposizione come stare a, mettersi a un eventuale cambio di
lingua avviene dopo la preposizione e non prima,
2. I cambiamenti di codice hanno un valore pragmatico, cioè hanno un significato
internazionale o sociale. Gli studi a riguardo sono stati condotti da Gumperz.
Sul piano sociologico è stato sottolineato che la commutazione di codice può essere
un mezzo per superare i conflitti tra identità culturali tra le due lingue.
Inoltre, in una comunità plurilingue, ogni codice sembra legato ad una arena sociale
o ‘sfera’ sociale (‘modello delle ‘arene sociali’’), e quando queste arene sociali
vengono a sovrapporsi si ha il code-switching.
Mescolanza di codice (o ‘code-mixing): è un’enunciazione mistilingue, in cui quindi il
passaggio di codice avviene all’interno dello stesso atto linguistico per assolvere ad una
funzione. (Il punto 1 vale anche in questo caso).
Prestiti e calchi: essi costituiscono espressioni diverse di contatto fra lingue; i ‘prestiti’ e i
‘calchi’ sono processi attraverso cui una lingua assume come propria la parola di un’altra lingua.
Nel caso del ‘prestito’ una lingua si appropria di una parola straniera accettando
l’intero significante, che poi può essere adattato, a livello fonetico, morfologico e
semantico, al sistema linguistico che lo accoglie. Es.: il termine italiano caffè deriva
dal turco kahve, il temine weekend, invece, è stato accettato pienamente dall’italiano;
Nel caso del ‘calco’, invece, la parola straniera viene completamente ristrutturata con
materiale morfematico della lingua d’arrivo. Es.: il termine italiano grattacielo (*) deriva dall’inglese skyscraper.
(*) Il termine grattacielo è una parola composta, perciò si noti l’ordine
modificando/modificatore (non è il cielo che gratta qualcosa, ma qualcosa che gratta il cielo),
inoltre, il termine, come caratteristica propria della lingua italiana, ha un ordine VO.
Lingua veicolare (o lingua franca): è una lingua utilizzata per la comunicazione internazionale
fra parlanti di madrelingua diverse, per i quali la lingua veicolare è straniera. Es.: oggi sono
lingue veicolare l’inglese (in tutto il mondo) e lo swahili (in Africa), sono state lingue veicolari il
greco e il latino nel mondo classico, e il sabir (o ‘lingua franca del Mediterraneo) (basato
sull’italiano, sul veneziano e sul genovese) fra il 1200 e il 1800.
Lingua artificiale: è una lingua creata a tavolino da una o più persone.
Esistono diversi tipi di lingue artificiali: quelle artistiche (utilizzate nei fumetti, nel cinema,
ecc.), quelle logiche o filosofiche (legate a particolari correnti di pensiero, es.: toki pona, una
lingua artificiale nata nel 2001, basata sul taoismo, e molto semplice in quanto formata da 14
fonemi e 123 parole), e quelle ausiliarie.
Le lingue artificiali ausiliare sono state create per la comunicazione internazionale. La più
famosa fra esse è l’esperanto, creata dall’oftalmologo (oculista) russo-polacco Zamenhof alla
fine dell’Ottocento ma sviluppata fino ad oggi. Il medico decise di crearla con lo scopo di
promuovere la pace internazionale e la tolleranza, essa, infatti, è frutto della condivisione di
elementi di lingue diverse: la base lessicale è prevalentemente indoeuropea ma possiede anche
elementi di lingue non indoeuropee, come il giapponese.
Pidgin: è una lingua nata, soprattutto durante il periodo della colonizzazione (tra il Seicento e
il Settecento), come mezzo di comunicazione tra parlanti di madrelingua diversa (indigeni e
coloni).
I pidgin uniscono elementi (fonologici, morfologici e sintattici) di lingua indigena (detta ‘lingua
di sostrato’), considerata di basso livello, e elementi (soprattutto lessicali) della lingua
straniera (detta ‘lingua di substrato’ o ‘lingua lessicalizzatrice’), che gode di prestigio e
spesso è di origine europea: gli elementi delle due lingue si uniscono e vengono rielaborati,
spesso attraverso fenomeni di grammaticalizzazione (è la trasformazione di un elemento del
lessico in un elemento della grammatica).
I pidgin vengono classificati in base alla loro ‘lingua lessicalizzatrice’, esistono perciò pidgin a
base inglese, pidgin a base francese, pidgin a base portoghese, pidgin a base olandese ecc.
N.B. I pidgin non sono comprensibili ai soli parlanti della ‘lingua di sostrato’ e ai soli parlanti
della ‘lingua lessicalizzatrice’.
Le caratteristiche che distinguono i pidgin da qualsiasi altro caso ‘speciale’ di lingua sono:
La semplicità: è dovuta dal fatto che i pidgin nascono come strumento per la
comunicazione essenziale (hanno, perciò, poche funzioni). Questa semplicità la
riscontriamo in un sistema fonologico molto semplificato, nel lessico ridotto, nella
polisemia, nelle parole multifunzionali, nella reduplicazione e nella morfologia ridotta o
inesistente (*),
L’assenza di parlanti nativi: il pidgin si configura come lingua seconda sussidiaria per
la comunicazione essenziale con parlanti di un’altra lingua materna,
(*) Parole multifunzionali: sono parole che possono assumere più funzioni,
Reduplicazione: è la ripetizione di una parola per accrescere il valore il valore semantico che
essa veicola.
Es. di pidgin: il Tok Pisin, pidgin a base inglese sviluppatosi in Papua Nuova Guinea, e il Kam
Tok, pidgin a base inglese sviluppatosi in Cameroon.
Creolo: è un pidgin che ha subito un processo di creolizzazione, cioè ha acquisito parlanti
nativi, possiede un lessico e una morfosintassi sviluppate, spesso è anche scritto e utilizzato
come lingua scolastica, nazionale e ufficiale. Si avvia un processo di creolizzazione quando i
parlanti del pidgin sentono il bisogno di estendere la lingua a più funzioni.
Nel caso in cui un creolo venga parlato in un contesto in cui è presente la lingua dominante,
esso tende a divenire una varietà della lingua dominante, attraverso un progressivo
avvicinamento alle strutture di quest’ultima: si tratterà di un caso di de creolizzazione.
Es. di creoli: il creolo di Haiti e si noti che il Tok Pisin pare si trovi ad uno stadio intermedio
fra pidgin e creolo.
Holm censisce nel mondo 88 fra pidgin e creoli estinti o viventi (35 a base inglese, 14 a base
francese e 9 a base portoghese) concentrati nell’area caraibica, sulle coste dell’africa centro-
occidentale (WAPE) e nell’area indonesiana e melasiani.
Lingua mista: è una lingua nata in un contesto di bilinguismo comunitario, nata cioè da due
lingue da cui ha acquisito il suo sistema linguistico.
Le caratteristiche principali delle lingue miste sono:
Le lingue miste nascono dal bisogno di una comunità o di un gruppo (etnico o sociale)
di identificarsi e di distinguersi dalla comunità più ampia in cui è inserito,
Le lingue miste o adottano completamente la grammatica di una delle due lingue in
contatto oppure fondono i due sistemi grammaticali.
Es. di lingua mista: la media lengua, una lingua mista sviluppatasi in Equador tra il 1920 e il
1940 in un gruppo di operai pendolari che dalle regioni rurali e montano si recavano a Quito
per lavorare. Essi desideravano distinguersi sia dai campesidos delle montagne, che dalla
popolazione cittadina totalmente ispanizzata. La media lengua ha fuso insieme il lessico
spagnolo e la grammatica quechua.
Influenze italiane: l’Italia non è stato uno dei grandi paesi colonizzatori, tuttavia ha
influenzato la nascita di una lingua mista, nota come ‘lingua franca’ (diffusasi tra il
Quattrocento/Cinquecento e l’Ottocento), e di un pidgin in uso tutt’ora in Etiopia.