Retorica antica

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La retorica antica Testo Testo Classe IV A Liceo Scientifico Majorana, Pozzuoli lunedì 31 dicembre 12

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La retorica antica

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Classe IV A Liceo Scientifico Majorana, Pozzuoli

lunedì 31 dicembre 12

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indice

la retorica in grecia

I generi della retorica

l’oratoria a roma

le 5 parti della retorica

le parti dell’orazione

lisia

isocrate

demostene

cicerone

I grandi oratori della storia

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Per retorica (dal greco rhetorikè téchne, “arte del dire”), si intendono l’arte e la tecnica del parlare e dello scrivere con efficacia persuasiva, secondo sistemi di regole espressive varie a seconda delle epoche e delle culture.Essa assunse particolare rilevanza in età antica, in Grecia e a Roma, dove venne codificata e trasmessa ai posteri come sistema di regole e di pratiche.

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La retorica in GreciaL’uso della parola come forma di persuasione in campo politico e giudiziario, è stato sempre applicato nel mondo greco, ma solo nel V secolo a.C. l’arte oratoria assunse le sue caratteristiche definitive e finì per specializzarsi nei vari settori.La retorica nacque a Siracusa, nel contesto delle lotte politiche del V secolo a.C., dopo la fine della tirannide di Trasibulo. La diffusione di quest’arte si dovette alle particolari condizioni economiche, sociali e culturali in cui la Grecia si trovava e alle condizioni e al tipo di vita che la città-stato consentiva: all’interno della polis. Infatti il sistema politico e giudiziario quasi obbligavano il cittadino ad un continuo confronto con la collettività.Il primo a dare lezioni di eloquenza pare fosse il filosofo Empedocle di Agrigento, subito imitato dai suoi allievi siracusani Tisia e Corace. Costoro sono considerati i primi esponenti della retorica siciliana e scrissero numerosi manuali.Nel corso del secolo, tuttavia, la retorica giunse, dalla Magna Grecia, all’Attica e ad Atene, grazie al lavoro dei sofisti, tra i quali si distinsero, in particolare, Gorgia di Leontini e Protagora di Abdera. Questi insegnarono a pagamento la tecnica del corretto uso della parola e la tecnica dell’antilogia, che è l’esposizione di due tesi contrapposte, i cosiddetti “dissoi lògoi”; essi aprirono numerose scuole e cominciarono ad utilizzare le tecniche retoriche non solo nei tribunali e nelle assemblee pubbliche, ma anche in conferenze pubbliche e discorsi celebrativi, facendone una vera e propria arte, imparentata in qualche modo con la poesia.I due più grandi filosofi dell’antichità, Platone e Aristotele, assegnarono una funzione rilevante all’attività retorica.Platone criticò il relativismo dei sofisti, sulla scorta di Socrate, e ne auspicò un utilizzo dialettico in grado di guidare alla conoscenza del bene; in particolare, nel dialogo “Gorgia”, auspicò una funzione educativa della retorica, che orienti l’anima verso la giustizia e la verità. Aristotele, infine, diede un decisivo contributo alla diffusione delle tecniche retoriche con il suo trattato appunto sulla “Retorica”, in cui distinse le diverse parti del discorso retorico, indicando le figure retoriche che abbelliscono e rendono efficace l’elocuzione.

Aristotele Platone

Gorgia

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I generi della Retorica

Oratoria Politica

L'oratoria politica riguardava quei discorsi pronunciati per prendere decisioni politiche, nelle varie riunioni assembleari. I Greci individuarono un oratore di riferimento per questo genere, quale Demostene: oratore vissuto nel IV secolo a.C. Sostenitore della politica antimacedone, di cui si ricordano le “Filippiche”, orazioni indirizzate contro il Re di Macedonia Filippo.

Oratoria Giudiziaria Iudiciale, è con questo termine che a Roma venivano chiamati i discorsi giudiziari pronunciati nei tribunali, per difesa o accusa di un imputato. In Grecia non veniva pronunciato da un avvocato, ma dalla persona stessa impegnata nella causa, aiutato da un retore professionista (logografo). L’oratore più abile di questo genere fu Lisia, particolarmente apprezzato per la capacità di immedesimarsi nella persona per cui scriveva il discorso.

Oratoria Epidittica

L’oratoria epidittica o celebrativa può trattare una vasta varietà di temi. Il discorso è frutto di una lenta e meditata elaborazione. Spesso i discorsi rimanevano in forma scritta, mai pronunciati e fatti circolare sotto forma di opuscoli o pamphlet per una fruizione individuale. Può includere discorsi pubblici in occasione di cerimonie o festività, sia per commemorare cittadini defunti, sia per encomiare cittadini benemeriti, oppure per propagandare un’idea di interesse generale. Campione di questo genere di retorica fu Isocrate, sofista vissuto tra il V-IV secolo a.C. del quale ricordiamo il famoso discorso intitolato “Pace”, pronunciato in occasione dei giochi olimpici nella stessa Olimpia nel 355 a.C.

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L’oratoria a Roma (1ª parte)L’attività oratoria riveste un ruolo rilevante fin dalle origini della civiltà romana, sia in campo politico, che in quello epidittico, con le cosiddette laudationes funebres, discorsi commemorativi pronunciati durante i funerali dei grandi personaggi.Iniziatore della prosa oratoria latina è considerato Appio Claudio Cieco il quale con un famoso discorso nel 280 a.C. convinse i Romani a non accettare le condizioni di pace offerte da Pirro. La retorica romana nell'età della grande espansione territoriale è caratterizzata soprattutto dalla preminenza della figura di Marco Porcio Catone, i cui discorsi sono caratterizzati da uno stile semplice e conciso e da frasi taglienti, debitrici dell'influsso greco, tanto attaccato dalla sua politica conservatrice.Tuttavia la retorica si diffonde come arte soprattutto quando, a seguito della  battaglia di Pidna  del  168 a.C., I Romani entrarono in più stretto contatto con la cultura ellenica, restandone fortemente influenzati. Alla fine del II secolo a.C. infatti le orazioni mostrano una sostanziale assimilazione delle teorie greche. Un alto livello viene raggiunto da Marco Antonio e Lucio Licinio Crasso, che individuano l'importanza dell'arte retorica nella vasta e raffinata cultura e nello stile utilizzato, cioè l'elocutio, la capacità di scegliere i termini per adattarli elegantemente nel testo. 

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L’oratoria a Roma (2ª parte)Tra il 150  e il 100 a.C.    circa si opposero tra loro le due scuole oratorie nate in Grecia in età ellenistica, quella asiana e quella atticista. L'ampollosità caratteristica dello stile asiano fu incarnata dall'oratore  Quinto Ortensio Ortalo, rivale di Cicerone. Tra gli oratori atticisti, uno dei più importanti fu certamente Cesare, anche se i suoi discorsi sono andati perduti. Accanto alla scuola attica e alla scuola asiana, vi era anche una terza scuola retorica, detta rodiese, dall’isola di  Rodi  dove viveva il suo fondatore, Apollonio Molone, che sosteneva una via mediana rispetto alle altre due scuole. Esponente principale di questa scuola a Roma fu sicuramente Cicerone, il più grande oratore latino. Con il passaggio dalla Repubblica all’Impero, la retorica perse la sua funzione politica e progressivamente diminuì di importanza, pur rimanendo materia di studio. Molte informazioni sulla pratica e l'insegnamento della retorica in questo periodo si devono all'opera di Seneca il Vecchio. Con la concessione della cittadinanza romana da parte di Cesare ai maestri delle arti liberali, le scuole di retorica crebbero di numero: qui i futuri retori dovevano esercitarsi nelle declamationes con tesi e antitesi. Queste esercitazioni a loro volta si differenziavano in  suasoriae, nelle quali si immaginava di dover persuadere un personaggio storico o mitico, e controversiae, che si collocavano sul terreno giudiziario e prevedevano l'applicazione di un determinato principio legale. Proprio nei primi anni dell'Impero (I secolo  d.C.) visse e operò Marco Fabio Quintiliano, che teorizzò nella sua  “Insitutio Oratoria”  il percorso formativo che doveva seguire un giovane per poter diventare un buon oratore ed essere quindi – secondo la formula di Catone il Censore –  vir bonus dicendi peritus. Inoltre il trattato sviluppa anche una serie di considerazioni sulla tecnica e la composizione: la classificazione dei generi del discorso, le cinque fasi della composizione (inventio, dispositio,  elocutio, memoria,  actio), le caratteristiche morali e culturali che deve avere un buon oratore, il rapporto che il retore deve intrattenere con i politici.Oltre a Quintiliano altri retori ebbero una certa rilevanza in età imperiale, come Publio Rutilio Lupo, Asinio Gallio, Larcio Licinio e Domizio Afro.

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Le cinque parti della retoricaUn’orazione retorica viene codificata in 5 parti.Le prime tre consistono nella realizzazione e organizzazione del discorso e sono:- Inventio: trovare gli argomenti del discorso, sostenendo una

tesi;- Dispositio: organizzare e dare un ordine agli argomenti;- Elocutio: scegliere lessico e stile del discorso.

Le ultime due attengono alla fase di esposizione e sono:- Memoria: imparare a memoria il discorso attraverso particolari

tecniche;- Actio: recitazione del discorso mediante cambiamenti di tonalità

della voce e ricorrendo ad una gestualità enfatica.

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L’inventioL’inventio caratterizza la via scelta dall’oratore per trovare gli argomenti per il suo discorso, sia che egli intenda convincere (fidem facere), sia che invece voglia scuotere gli animi dei suoi ascoltatori (animos impellere). Se il retore sceglie la prima strada, deve trovare le “prove” con cui spingere il pubblico a sostenere la propria tesi. Tali prove possono essere extra-tecniche (sono le testimonianze, le confessioni, le sentenze precedentemente emesse dal tribunale, e così via) oppure, ben più importanti, possono derivare dalla capacità argomentativa dell’oratore. n questo secondo caso vengono suddivise in exempla (ricavate per via induttiva) ed in argumenta (per via deduttiva): gli argumenta si fondano principalmente sulla forma logica del sillogismo, concepito non per condurre il pubblico al vero, quanto piuttosto al verisimile.

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La Dispositio

La dispositio é l’arte di collocare al posto più opportuno ciascuno dei termini che andranno a costituire il discorso, seguendo schemi studiati appositamente per evidenziare e nascondere a seconda della volontà dell’oratore stesso. Secondo Aristotele la  dispositio  si può suddividere in quattro parti: la prima e l’ultima – rispettivamente esordio ed epilogo – devono far leva sui sentimenti del pubblico, mentre le due parti intermedie, dette  narratio  (il momento espositivo) e  confirmatio  (dove l’oratore mostra veritiere le proprie prove), devono far leva sulla razionalità. L’esordio del discorso viene lasciato arbitrario e può essere a sua volta suddiviso nei momenti distinti della  captatio benevolentiae, in cui l’oratore cerca di accattivarsi le simpatie degli ascoltatori, e partitio, ovvero esposizione succinta dei temi che si andranno a trattare in seguito.

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L’Elocutio

Nell’elocutio i temi trovati e gli schemi scelti devono essere “trasformati in parole” per dar vita all’orazione vera e propria. Aristotele non dà peso eccessivo a questo momento, che invece, ripreso ed ampliato da Gorgia, divenne poi il cuore della retorica stessa. Di nuovo possiamo suddividere l’elocutio  in electio, cioè la scelta delle parole, e  compositio, cioè riunire le parole scelte in modo da comporre il periodare. Il momento dell’electio  sottintende che ogni vocabolo possa essere sostituito da un altro più opportuno. Gli strumenti a disposizione dell’oratore per realizzare questo scarto sono tropi, cioè “svolte” di espressioni da un contenuto ad un altro, per creare un effetto di straniamento (come accade per perifrasi, sineddoche, iperbole, metonimia e metafora), oppure  figure, ripartite in figure di pensiero (antitesi, ossimoro, chiasmo, similitudine, allegoria o apostrofe) e figure di parola (climax, anafora, endiadi, asindoto, anastrofe, iperbato).Il momento della compositio, infine, consiste nell’inserire correttamente le parole scelte nella cornice della frase: l’oratore può optare per una costruzione geometrica, preferita da Cicerone, in cui il periodare viene ripartito in uno schema composto da commi (battute) e colon (membri), oppure per quella dinamica, preferita da Tacito.

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Le parti dell’Orazione (1)

1. EXORDIUM

L'exordium è la parte che apre l'orazione, in cui viene esposto l'oggetto di cui ci si intende occupare. Il suo scopo è quello di accattivarsi i favori del pubblico (captatio benevolentiae) e annunciare le ripartizioni che si stanno per adottare nello svolgimento dell'orazione (partitio).  Inoltre, è importante rendere subito nota la struttura dell'orazione e l'ordine degli argomenti, così da rendere il pubblico partecipe dei termini del discorso ed evitare che sembri troppo lungo.

2. NARRATIO

La narratio è il resoconto succinto, chiaro e verisimile dei fatti che vengono affrontati, così che sia funzionale all'argomentazione. Due sono i generi di disposizione dei contenuti: l'ordo naturalis, che segue lo svolgimento  logico e  cronologico  degli eventi, e l'ordo artificialis, orientato più alla resa estetica tramite l'uso di figure retoriche, digressioni e altri procedimenti stilistici. Quest'ultimo è anche più intellettuale, poiché rompe la linearità del  tempo  per assecondare le esigenze della situazione e dell'argomento. Nell'esposizione dei fatti è inoltre necessario perseguire quello che è il «giusto mezzo», non essere troppo prolissi ma nemmeno tanto brevi da tralasciare qualcosa di importante. Bisogna poi ricordare che è essenziale la verosimiglianza dei fatti, i quali devono essere attendibili e devono essere disposti in maniera tale da assolvere alle tre funzioni della retorica:  docere,  movere  e delectare.

exordium narratio argumentatio peroratio

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exordium narratio Argumentatio peroratio

Le parti dell’Orazione (2)

3. ARGUMENTATIO

l’argumentatio è il cuore del discorso persuasivo, il resoconto delle prove a sostegno della tesi, che può prevedere anche un affondo contro le tesi avversarie. La sua struttura interna si compone di due parti: propositio e confirmatio, a cui può seguire una terza, l'altercatio. La propositio è una definizione ristretta della causa (o delle cause) da dibattere, subito seguita dalla confirmatio, l'elenco delle ragioni a favore, dapprima quelle più forti, in seguito le più deboli e infine le più forti in assoluto. Talvolta la confirmatio  può essere interrotta dall'intervento di un avversario, come ad esempio un avvocato di parte opposta: in questo caso si parla di altercatio, un dialogo serrato tra il retore e il suo avversario.

4. PERORATIO

la peroratio è la parte conclusiva dell'orazione, e si muove su due livelli: riprende e riassume le cose dette (enumeratio  e  rerum repetitio), tocca le corde dei sentimenti (ratio posita in affectibus). Da un lato, il retore deve concludere dando un'idea d'insieme di quanto è stato detto e sostenuto, richiamando alla memoria i punti fondamentali; dall'altro, ha luogo la perorazione vera e propria, che fa leva sui sentimenti dell'uditorio ricorrendo a dei loci prestabiliti.

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I MODELLI: LISIA (1)la vita

Lisia nasce ad Atene nel 445 a.C. Dopo la morte di suo padre nel 430 a.C, si trasferì in Magna Grecia nella colonia di Thurii, accompagnato dal fratello Polemarco. Poi però, dopo il disastro Ateniese avvenuto in Sicilia durante la guerra del Peloponneso, nel 413 a.C, Lisia ritornò nella sua città d'origine e si dedicò alla retorica. Quando al potere c'erano i 30 Tiranni, Lisia dovette rifugiarsi a Megara perchè accusato di cospirazione. Insieme a lui fu incolpato anche il fratello, il quale fu poi ucciso, per questo motivo. Il vero motivo per cui i due fratelli erano stati accusati, era però un altro. Infatti i Trenta Tiranni, fecero ciò solo perchè volevano confiscare i loro beni.Quando salì al potere Trasibulo, nel 403 a.C., Lisia potè tornare ad Atene. Qui cercò di riprendersi i beni che gli erano stati tolti e anche di ottenere la cittadinanza, ma questo non fu possibile, anche se Trasibulo aveva chiesto all'assemblea di concedergliela poichè l'oratore aveva finanziato un esercito di 300 mercenari per combattere i Trenta. Per tale motivo a circa sessanta anni, Lisia si dedicò all'attività di logografo, che era colui che a pagamento, scriveva orazioni giudiziare per conto di altri. Difatti in quel periodo ad Atene le persone non potevano essere difese in tribunale da qualcun altro, ma dovevano difendersi o dovevano accusare un imputato da sole. Anche per la fama guadagnatosi con questa attività ottenne infine la cittadinanza ateniese grazie all’appoggio di trasibulo, ma questa concessione fu poi annullata per vizio di forma e gli fu riconosciuta soltanto un’esenzione sulle tasse da pagare.Morì verso il 380.

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I MODELLI: LISIA (2)

A Lisia furono attribuite 425 orazioni, ma di queste solo 323 furono ritenute effettivamente sue già nell’antichità. Nel corso del tempo ci è giunto un corpus di circa 30 orazioni e, oltre a queste, alcuni frammenti. Le sue orazioni appartenevano tutte al genere giudiziario, lette cioè in tribunale per accusare o difendere un imputato. Solo due tra quelle del suo corpus erano di genere epidittico, ovvero l'Olimpico e l'Epitafio. Per Lisia la cosa più importante era quella di mettere in primo piano le ragioni del suo committente e di far coincidere lo stile dell’argomentazione con il carattere e la personalità del suo cliente. Questo richiama il principio greco dell’etopea, dal grego ethopoiìa, che significa rappresentazione del carattere. Le varie orazioni trattano temi diversi, in base alle varie cause che vengono presentate a Lisia. Queste possono essere: peculato, tradimento, corruzione, inadempienza agli obblighi militari, sacrilegio, diffamazione, ecc..Tra le molteplici ricordiamo: Per l'invalido (scritta per un cliente di modesta estrazione sociale che rivendicava una pensione), Per l'uccisione di Eratostene (scritta sulla legittimità dell’omicidio in un caso di flagrante adulterio), Contro i mercanti di grano (testimonianza molto importante per la ricostruzione della storia economica), Per l'olivo sacro,  Per il soldato e Contro Diogitone. All’interno del Corpus Lisiano ci sono soltanto due orazioni di tipo politico e sono: Contro Eratostene (da non confondere con quello di cui si parla nell’orazione sulla sua uccisione), che è una requisitoria drammatica contro il regime dei Trenta Tiranni ed è l’unica pronunciata dallo stesso autore; Contro Agorato, che era un emissario degli oligarchi, il quale aveva provocato la morte di alcuni esponenti del partito democratico. Le orazioni di Lisia seguivano sempre la stessa struttura: prefazione, esposizione del fatto, presentazione delle testimonianze e epilogo. La lingua da lui usata è un dialetto attico molto semplice e puro. Il logografo dimostrò ai suoi tempi, e con il passare degli anni, di avere una grande padronanza di stile ed è stato un punto di riferimento essenziale per tutta la prosa successiva, in particolare per l’ellenismo e l’atticismo.

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i modelli: isocrate (1)

la vita

Nato nel 436 in una famiglia agiata, Isocrate ricevette una ferrea educazione, seguendo le lezioni dei sofisti Gorgia  e Prodico; ancor giovane fu però costretto a svolgere per un decennio la professione di logografo a causa dei dissesti finanziari della famiglia durante la guerra del Peloponneso. Testimonianza di questa attività sono sei discorsi giudiziari datati tra il 400 a.C. e il 390 a.C. .Isocrate si sentì in primo luogo "Pedagogo", impegnato nella  formazione  culturale del cittadino di livello elevato, e pretese di essere considerato  filosofo; quindi rinnegò l'appellativo di retore  (nonostante l'attività di logografo). I suoi testi coprono l'arco di quasi un secolo: dallo splendore di Pericle all'ascesa di Filippo II di Macedonia.Nel 390 a.C. aprì una scuola la cui importanza fu analoga all'Accademia di Platone. Con quest'ultimo, nonostante la diversità di  punti  di vista, Isocrate condivideva alcune concezioni:- coltivavano una profonda ammirazione per  Socrate, ma fastidio per i  Sofisti, che

ritenevano si vendessero per denaro;- erano convinti che l'educazione base fosse quella dell'etica sociale;- mostravano sfiducia nella democrazia ateniese contemporanea, sulla base degli esiti da

essa conseguiti alla fine del V secolo a.C.;- provavano spiccato interesse per la forma scritta e per lo stile;- programmavano di insegnare filosofia e proporre idee.La fama di Isocrate e della sua  scuola  fu grande in tutta l'Ellade. Egli si proponeva di istruire i propri allievi alla vita pubblica attraverso lo studio della retorica, intesa quale disciplina principe tra le arti, l'unica in grado di far sviluppare le doti necessarie per avere successo nella vita.Convinto sostenitore dell'importanza centrale di Atene e della sua democrazia nella politica greca, si fece promotore di una politica panellenica che prevedesse la collaborazione delle diverse  poleis  greche raccolte sotto la  guida  di Atene, così da opporsi all'esercito persiano. Atene, inoltre, avrebbe dovuto svolgere un importante ruolo civilizzatore presso le altre città greche, favorendo lo sviluppo di nuove società democratiche. Le sue speranze furono però deluse nel  338 a.C.  quando, al termine della  battaglia di Cheronea, la Grecia perse la propria indipendenza. Ormai ultranovantenne e affetto da vari mali, Isocrate si lasciò morire di inedia.

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le opere

Il  corpus  isocrateo, così come ci viene tramandato dalla tradizione, riporta oltre 60 titoli di orazioni. Al giorno d'oggi, sopravvivono solo ventuno orazioni, delle quali6 appartengono al genere giudiziario (le orazioni XVI-XXI)14 sono di genere epidittico (in ordine di datazione):1. Encomio di Elena (successiva al 390 a.C. circa)2. Busiride3. Contro i Sofisti4. Panegirico (380 a.C.)5. Plataico (371 a.C.)6. Evagora (tra il 370 e il 364 a.C.)7. Nicocle (368 a.C.)8. A Nicocle (370 a.C.)9. Archidamo (364 a.C.)10. Sulla pace (355 a.C.)11. Areopagitico12. Antidosi (di poco successivo al 354 a.C.)13. Filippo (346 a.C.)14. Panatenaico (339 a.C.)infine, lo scritto A Demonico è riconosciuto spurio.Lo stesso Isocrate ci informa che le sue orazioni epidittiche furono scritte per essere studiate dai discepoli della sua scuola: il retore infatti non pronunciò mai in pubblico tali orazioni, a causa della timidezza. Isocrate inoltre spese gran parte delle energie a rivedere i propri scritti, avendo sempre di mira la perfezione stilistica, la scorrevolezza e l'intensità emotiva: il risultato è una prosa elegante, temperata e sintatticamente corretta, scorrevole alla lettura, ma tuttavia monocorde, e carente delle coloriture tanto apprezzate in altri retori e scrittori.Egli offriva inoltre insegnamenti filosofici solo a chi ne avesse predisposizione, cioè a chi avesse l'ardire di parlare di fronte a una folla e fosse in grado di apprendere dal maestro un sistema di idee. Attraverso le idee, infatti, si forma il discorso politico, che aiuta a formare i caratteri. Il corso durava in media tre, quattro anni e l'insegnamento principale era la filosofia: l'oratoria e la filosofia permettevano di esprimersi in modo elevato.

i modelli: isocrate (2)

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Page 18: Retorica antica

i modelli: demostene (1)la vita

Demostene nacque ad Atene da una facoltosa famiglia nel 384 a. C. e si cimentò presto nell'eloquenza giudiziaria contro i tutori che lo avevano derubato del patrimonio paterno. In seguito si dedicò all'attività di logografo ottenendo un discreto successo ma soprattutto la fama necessaria per cimentarsi nelle orazioni pubbliche. Sulle simmorie è la prima delle demegorie di Demostene a noi giunte e risale al 354. In quest'orazione esprime già le proprie posizioni in merito alla migliore condotta da tenere in ambito di politica estera, riferendosi alla necessità della creazione di una flotta come strumento di dissuasione da azioni di guerra contro la città. La proposta fu bocciata per opera del suo oppositore Eubulo, filomacedone, come ancora accadde poi in occasione della prima delle 4 Filippiche e in occasione delle 3 Olintiache. Nella prima Filippica ancora esortava la cittadinanza a costruire una flotta, mentre nelle Olintiache promuoveva un intervento armato per sostenere la città di Olinto assediata dai macedoni. La seconda Filippica consiste in una denuncia delle componenti filospartane e filomacedoni della città. La terza Filippica è un compendio delle idee di Demostene e una denuncia delle mire espansionistiche di Filippo. La quarta Filippica, non attribuibile a lui, è una raccolta di più brani di Demostene. Nel 338 partecipò alla battaglia di Cheronea, da cui fu costretto a fuggire per avere salva la vita. Nel 330 Ctesifonte propose di incoronare Demostene per meriti verso la patria, ma Eschine, del partito di Eubulo, si oppose. Nel processo Demostene pronunciò la sua orazione ‘’Per la corona’’, difendendo la propria condotta e attribuendo la sventura alla sorte. Fu poi coinvolto nella vicenda del tesoro di Arpalo e costretto a fuggire. Dopo la morte di Alessandro del 323 ritornò ad Atene per tentare di risollevarla, ma il macedone Antipatro si impadronì della città. Demostene fu inseguito dai soldati del generale macedone e si suicidò nell’isola di Calauria.

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Page 19: Retorica antica

i modelli: demostene (2)Le 61 orazioni pervenute si possono dividere in gruppi tematici.

Discorsi assembleariI-XVII: detti anche, con termine greco, demegorie (demos "popolo" + agoreuo "parlare"), coprono un arco di tempo che va dall'esordio di Demostene nel 354°.C. con l'orazione ‘’Sulle simmorie’’, su un progetto di riforma della flotta, al 336 a.C. quando l'oratore si scagliò contro una presunta violazione macedone dei patti stipulati da Alessandro con Atene.

Discorsi giudiziariXVIII-XXVI: tra questi otto discorsi, va ricordato quello celeberrimo ‘’Sulla corona’’ dove Demostene ribatte alle accuse con una sorta di autobiografia politica che è al tempo stesso un appassionato atto di fede verso la patria.

Discorsi privatiXXVII-LIX: costituiscono il gruppo più nutrito del corpus demostenico (32 orazioni) e ci mostrano l'oratore calato nei conflitti interni dell'epoca più tormentata per Atene. Tra l'altro, le orazioni più antiche sono quelle “Contro Afobo” e “Contro Onetore”, suoi tutori, condotte nel processo del 364 a.C. per recuperare il proprio patrimonio. Inoltre, alcune orazioni spurie fanno luce su un oratore minore Apollodoro, figlio di Pasione, le cui orazioni sono giunte in questo corpus perché gli antichi le ritenevano scritte da Demostene.

Orazioni epiditticheLX-LXI: su questo piccolo gruppo pesano forti sospetti di inautenticità, probabilmente nutriti anche dagli editori antichi.

La potenza e il vigore dell’eloquenza demostenica fecero di lui il modello insuperabile, nella tradizione successiva, dell’oratoria politica, ammirato soprattutto per l’impeto veemente e la forza travolgente delle invettive e per la straordinaria abilità nel ricorso al pathos, cioè per la capacità di suscitare intense emozioni e viva commozione.

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Cicerone: la vita (1)Marco Tullio Cicerone è stato un politico, avvocato e scrittore, tra i maggiori della storia latina, in uno dei suoi momenti più critici: il passaggio dalla repubblica all’impero.Cicerone nacque nel 106 a.C. ad Arpino, nel basso Lazio, da una famiglia agiata del ceto equestre che però non aveva rappresentanti nella politica senatoria romana. Il padre di Cicerone, desideroso di avere un esponente della propria famiglia nella nobilitas, condusse il ragazzo a Roma per studiare retorica e giurisprudenza. Nell’Urbe il giovane Cicerone fu attratto anche dallo studio della poesia e della filosofia.L’esordio di Cicerone nell’avvocatura risale all’81 a.C., anno in cui egli pronunciò la sua prima orazione, la “Pro Quinctio”, anche se la prima che conteneva anche caratteri politici fu la “Pro Roscio” poiché Cicerone si schierò contro Crisogono, un liberto di Silla (all’epoca dei fatti dittatore). Dopo questo processo, temendo ritorsioni, dal 79 al 77 a.C. fece un viaggio in Grecia ove studiò e perfezionò la retorica grazie ad Apollonio Molone di Rodi. Alla morte di Silla ritornò a Roma.La sua carriera politica inizia nel 75 a.C. quando viene eletto questore e inviato in Sicilia. Lì ricevette molti consensi, al punto che i Siciliani nel 70 a.C. lo vollero come proprio difensore nel processo da loro intentato contro l’ex governatore Verre. Sotto il peso di prove schiaccianti e grazie alla grande abilità oratoria mostrata da Cicerone nelle “Verrinae”, già dalle orazioni preliminari, Verre, anche se difeso da uno dei più importanti oratori dell’epoca, Ortensio Ortalo, rinunciò alla difesa optando per un esilio volontario. Il processo all’ex governatore della Sicilia fu il trampolino di lancio per la carriera politica di Cicerone che dopo aver rivestito le cariche di edile (69) e pretore (66) nel 63 a.C. raggiunse l’apice con il consolato, grazie ai consensi ottenuti dalla nobilitas romana e dal partito degli optimates, assieme ad Antonio Ibrida, a discapito di Catilina, membro della gens Sergia ed esponente dei populares. Quest’ultimo si presentò per le elezioni del 62 a.C. ma per i continui rinvii di Cicerone, fu ancora sconfitto. Non riuscendo a conseguire il suo obiettivo tramite le elezioni, Catilina scelse di raggiungerlo tramite una congiura ai danni dei due consoli. Alcune voci fecero sì che Cicerone venisse a conoscenza del piano dell’esponente dei populares, e il console denunciò le intenzioni di Catilina in senato prima, e al popolo poi, ciò elevò Cicerone a “pater patriae”. Catilina, dopo essersi rifugiato in Etruria, fu ucciso in battaglia a Pistoia; a Roma altri congiurati furono catturati e giustiziati, senza possibilità d’appello per chiedere la grazia al popolo.

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Cicerone: la vita (2)Il processo irregolare ai congiurati provocò dissapori tra Cicerone e Cesare e Crasso, che assieme a Pompeo instaurarono il primo triumvirato nel 60 a.C., e nel 58 a.C. fu causa del suo esilio, su proposta del tribuno Clodio Pulcro. Nel 57 a.C. su iniziativa di Pompeo poté tornare a Roma al costo di difendere e sostenere i seguaci e le proposte dei triumviri, avendo così un ruolo secondario sulla scena politica.Avversi al governo dei populares, esponenti della classe senatoria erano soliti scontrarsi per le strade di Roma contro le bande armate dei tribuni. In una di queste occasioni il filo-aristocratico Milone uccise il tribuno della plebe Clodio nel 52 a.C.. Cicerone si propose di difenderlo attraverso la “Pro Milone” ma gli schiamazzi dei sostenitori di Clodio all’esterno del tribunale gli impedirono di pronunciare l’orazione, così Milone fu esiliato. Nel 51 a.C. Cicerone fu inviato in Cilicia quale proconsole e al suo ritorno a Roma si era ormai alla guerra civile tra Cesare e Pompeo. Egli prese le parti di quest’ultimo seguendolo in Grecia. Dopo la vittoria di Cesare tornò nell’Urbe ottenendo il perdono del dittatore tramite la difesa dei partigiani di Pompeo in nome della clemenza di Cesare. La dittatura di Cesare costrinse Cicerone a dedicarsi a trattati filosofici e allontanarsi dalla scena politica, inoltre in questo periodo visse anche momenti personali difficili, dal divorzio dalla moglie Terenzia nel 46 a.C. per sposare la giovane ereditiera Pubilia da cui si separò nuovamente nel 45 a.C., alla morte della figlia Tullia nello stesso anno.L’anno della svolta è il 44 a.C., anno in cui Cesare viene assassinato in una congiura alle idi di marzo. Dopo la morte del dittatore a Roma si prospetta un nuovo scontro per definire il suo erede. I contendenti sono Marco Antonio, ex luogotenente di Cesare, ed Ottaviano, figlio adottivo del dittatore. Quest’ultimo, poco noto alla scena politica romana, adotta posizioni filo-senatoriali, guadagnandosi così l’appoggio di Cicerone. Colui che scrisse anni prima le Catilinariae, tra il 44 e il 43 a.C. pronuncia 14 orazioni “Antonianae” contro Marco Antonio, attirando le ire dell’ex luogotenente su di sé. Queste sono caratterizzate da una tale veemenza nelle accusa che rimandano alle orazioni di Demostene contro Filippo II di Macedonia, infatti sono altrimenti chiamate “Philippicae”. Nonostante il suo impegno a favore di Ottaviano, il giovane, una volta divenuto console - grazie anche all’appoggio di Cicerone - e salito al potere, stringe un patto per istituire il II triumvirato nel 43 a.C. con Marco Antonio e Lepido, ex generale di Cesare. La prima condizione che Marco Antonio pone ad Ottaviano è di inserire Cicerone come primo delle liste di proscrizione, così il 7 dicembre del 43 a.C. viene assassinato a Formia dai sicari di Marco Antonio e la sua testa e le sue mani vengono esposte nel foro come segno di sfregio, ree di aver pensato, detto e scritto le Antonianae.Cicerone nonostante il suo grande ruolo politico, oggigiorno è ricordato maggiormente per le sue orazioni e il suo epistolario, poiché, essendo egli sprovvisto di un esercito in un’epoca in cui potere politico e militare erano strettamente legati, non ebbe il successo che desiderava.

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Cicerone: le orazioni politicheCicerone, uno dei più grandi autori della letteratura latina, scrisse un notevole numero di orazioni destinate ad essere pronunciate in svariati contesti e ad essere pubblicate. Già a venticinque anni sostenne il suo primo discorso (Pro Quinctio). Dopo un anno pronunciò la Pro Roscio Amerino, orazione in cui difendeva Roscio, accusato dell’omicidio del padre da Crisògono, liberto di Silla. Roscio fu assolto. Le orazioni dell’autore latino abbracciano principalmente l’ambito giudiziario e politico.

Cicerone fu autore di numerose orazioni deliberative. Tra le più importanti si ricordano le Catilinariae e le Philippicae.Le Catilinariae sono quattro discorsi pronunciati nel 63 a.C. in occasione della scoperta della congiura di Catilina. Tramite la prima orazione, pronunciata in Senato davanti allo stesso Catilina, Cicerone dichiarava al Senato di essere a conoscenza della congiura e invitava Catilina ad abbandonare le sue intenzioni e ad allontanarsi da Roma; la seconda e la terza orazione venivano pronunciate davanti al popolo, rispettivamente, per denunciare la congiura e la malvagità di Catilina e per informare dell’arresto dei congiurati e della fine del pericolo. Nell’ultima orazione, pronunciata in Senato, si discuteva sulla sorte dei congiurati (condanna a morte o ad esilio) e Cicerone si mostrò a favore della pena di morte.Le Philippicae, note anche come “Antonianae”, sono quattordici orazioni pronunciate fra il 44 e il 43 a.C. per far dichiarare Antonio nemico di Roma. La quarta e la sesta orazione furono rivolte al popolo, 11 orazioni furono pronunciate in senato; la seconda orazione non fu mai pronunciata, ma solo successivamente fu pubblicata, in quanto la più violenta fra tutte.

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Cicerone: le orazioni giudiziarieCicerone fu autore di numerosi discorsi di genere giudiziario che vennero pronunciati e pubblicati nell’arco di tempo dell’intera sua vita. ne citiamo i principali.Le “Verrinae”, ovvero “discorsi contro Verre”, sono sette orazioni divise in 3 sezioni. La prima orazione è la “Divinatio in Caecilium”, pronunciata nel 70 a.C. con lo scopo di ottenere il diritto di sostenere l’accusa contro Verre, accusato dai siciliani di estorsioni, violenze e soprusi, contrapponendosi a Cecilio, amico di Ortensio Ortalo, difensore di Verre, il quale aveva presentato una falsa accusa, per perdere tempo e aspettare che Ortensio diventasse console e poter difendere Verre. Grazie a questo discorso assunse l’accusa e ottenne 110 giorni di tempo per compiere indagini. La seconda orazione è l’“Actio prima in Verrem”, la prima fase del processo, che spinse Verre a partire in un volontario esilio, in presenza di prove schiaccianti.La terza orazione, “Actio secunda in Verrem”, è costituita da cinque orazioni (mai pronunciate, ma soltanto pubblicate) contenenti la rielaborazione del materiale raccolto durante le indagini in Sicilia.La “Pro Archia” fu pronunciata nel 62 a.C. per difendere il poeta Archia, accusato di avere ottenuto illegalmente il diritto di cittadinanza romana. Cicerone approfittò del discorso per elogiare la poesia e la cultura affermando che, anche se Archia avesse ottenuto la cittadinanza illegalmente, la meriterebbe comunque in quanto poeta. Grazie a questo discorso Archia venne assolto.La Pro Sestio, del 56 a.C., venne pronunciata da Cicerone con lo scopo di difendere Sestio (tribuno che si era adoperato per ottenere il suo ritorno dall’esilio), accusato di aver organizzato bande armate contro Clodio: l’oratore difese l’accusato sostenendo che costui aveva agito per necessità, in quanto lo stato, secondo la propria opinione, era minacciato dai populares. Ne approfittò per lanciare il Consensus omnium bonorum o Concordia ordinum (rispettivamente, Alleanza di tutti i cittadini onesti o Concordia degli ordini) un’alleanza dei cittadini moderati, coalizzati contro i nemici populares in difesa del tradizionale sistema di governo romano. Sestio venne assolto.La Pro Caelio, venne pronunciata nel 56 a.C. per difendere Celio, accusato di aver rubato dei gioielli a Clodia e di aver tentato di avvelenarla. Cicerone manifestò il suo odio verso Clodio, attaccando la sorella Clodia, presentandola come una donna corrotta e dissoluta. Inoltre in questa orazione Cicerone auspica un allentamento degli aspetti più rigorosi del Mos Maiorum, che ormai appare incomprensibile ai giovani. Celio viene assolto.Infine la “Pro Milone”, scritta in difesa di Milone, accusato nel 54 a.C. della morte di Clodio, non fu mai pronunciata in quanto, durante il processo nel Foro, gli schiamazzi della folla impedirono a Cicerone di pronunciare il discorso. Nell’orazione l’autore sostiene la tesi della legittima difesa: Milone non ha premeditato l’omicidio ma ha agito soltanto per difendersi. L’imputato fu costretto all’esilio. la versione che abbiamo fu rivista e pubblicata da Cicerone due anni dopo il processo.

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I grandi oratori della storia

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