Rete della Conoscenza

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Segue a pagina II GLOBALIZZARE LA DEMOCRAZIA Negli ultimi 2 mesi abbiamo gioito e sofferto per le sorti dei nostri coetanei sull’altra spon- da del Mediterraneo, in rivol- ta contro regimi autoritari che andavano finalmente cancellati dalla storia. Abbiamo visto nel- le loro lotte la nostra stessa vo- glia di cambiamento, il deside- rio di prendere in mano il pro- prio presente e costruire il pro- prio futuro. Abbiamo condiviso la loro rabbia contro tiranni che hanno asservito i propri popoli agli interessi delle potenze po- litiche ed economiche occiden- tali. Non abbiamo alcuna ambi- guità: siamo con i popoli liberi, sempre e comunque, a differen- za di chi per decenni si è servi- to di Gheddafi, Mubarak e Ben Alì come cani da guardia per difendere i propri privilegi dal- le legittime aspirazioni di quei popoli.Quelli che ora lanciano la “guerra umanitaria” sono gli stessi che hanno premiato e so- stenuto Gheddafi per il suo ruo- lo di secondino del carcere afri- cano. Nessun intervento “a dife- sa dei diritti umani” è mai stato all’ordine del giorno quando de- nunciavamo i suoi crimini con- tro l’umanità, Liberi tutti II Gli studenti in mobilitazione tra 9 e 19 aprile: contro la precarietà, per un nuovo welfare universale, per l’accesso ai saperi. Referendum III Due sì per l’acqua pubblica, un sì contro il nucleare. Da scuole e università inizia la campagna referendaria. L’intervista V Con Flavio Lotti parliamo dell’intervento militare in Libia e del ruolo dei saperi nella mobilitazione globale per la pace, e la democrazia. Le prime pagine dei giornali in questi giorni sono puntate verso l’estero. Parlano della crisi atomi- ca alla centrale nucleare a Fuku- shima, della guerra in Libia, di di- ritti attaccati. L’incapacità di dare risposte politiche a problemi che coinvolgono la comunità interna- zionale è quello che emerge lam- pante. La crisi economica, dovuta all’ipertrofia del piano economi- co su quello politico, non è servita per lanciare una seria riflessione sullo stallo degli stati nazionali e sulle strutture internazionali. Che ruolo ha l’Onu? Che potere di re- golazione di contrasti ed equilibri sociali ha la comunità europea? La crisi economica si è trasforma- ta direttamente in crisi dell’occi- dente, con l’emergere di paesi che fino a pochi anni fa neanche rien- travano nella logica perversa dei G8. Questi stati come Brasile, Rus- sia, India e Cina (BRIC) non solo trovano convergenze sul piano economico-finanziario ma tendo- no a costruire un fronte politico- diplomatico sempre più dinamico contro l’inattività occidentale. Oggi scendiamo in piazza per di- fendere l’acqua pubblica, come abbiamo fatto per l’accesso al sa- pere e la dignità del mondo del la- voro. Queste battaglie di difesa di diritti essenziali sono in risposta agli attacchi portati avanti dal- le lobby economiche negli ultimi trent’anni. Se certe decisioni sul- la privatizzazione dei servizi sono state prese ai piani alti dell’econo- mia e della finanza, come faccia- mo noi, cittadini e organizzazioni sociali, ad invertire la rotta? Come riusciamo a dire che la ri- sposta alla crisi nucleare a Fuku- shima è la costruzione di una po- litica di riconversione ecologica dell’ecologia? Come facciamo a imporre il fatto che la risposta ad una guerra civile è la diplomazia e non un’altra guerra? Come pos- siamo comunicare che la risposta all’attacco globalizzato ai diritti è la costruzione di nuovi modelli di welfare a livello internazionale? Oggi serve un nuovo protagoni- smo del sociale, oggi più che mai i movimenti a livello globale de- vono essere in grado di concepire strategie comuni, idee e pratiche innovative capaci di aprire crepe nel monolite neoliberista. La sfi- da è lanciata. Federico del Giudice Sabato 26 marzo 2011 Vieni sul sito Libia e Giappone chiamano: è il momento di alzare la testa e riprendere la mobilitazione per la giustizia globale. Il 2 aprile saremo tutti in piazza per la pace, il disarmo, la democrazia. Inserto autogestito dagli studenti

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Il numero di Rete della Conoscenza - inserto del quotidiano Terra - del 26 Marzo uscito in occasione della Manifestazione nazionale per l'acqua pubblica

Transcript of Rete della Conoscenza

Segue a pagina II

Globalizzare la democrazia

Negli ultimi 2 mesi abbiamo gioito e sofferto per le sorti dei nostri coetanei sull’altra spon-da del Mediterraneo, in rivol-ta contro regimi autoritari che andavano finalmente cancellati dalla storia. Abbiamo visto nel-le loro lotte la nostra stessa vo-glia di cambiamento, il deside-rio di prendere in mano il pro-prio presente e costruire il pro-prio futuro. Abbiamo condiviso la loro rabbia contro tiranni che hanno asservito i propri popoli agli interessi delle potenze po-litiche ed economiche occiden-tali. Non abbiamo alcuna ambi-guità: siamo con i popoli liberi, sempre e comunque, a differen-za di chi per decenni si è servi-to di Gheddafi, Mubarak e Ben Alì come cani da guardia per difendere i propri privilegi dal-le legittime aspirazioni di quei popoli.Quelli che ora lanciano la “guerra umanitaria” sono gli stessi che hanno premiato e so-stenuto Gheddafi per il suo ruo-lo di secondino del carcere afri-cano. Nessun intervento “a dife-sa dei diritti umani” è mai stato all’ordine del giorno quando de-nunciavamo i suoi crimini con-tro l’umanità,

Liberi tutti IIGli studenti in mobilitazione tra 9 e 19 aprile: contro la precarietà, per un nuovo welfare universale, per l’accesso ai saperi.

Referendum IIIDue sì per l’acqua pubblica, un sì contro il nucleare. Da scuole e università inizia la campagna referendaria.

L’intervista VCon Flavio Lotti parliamo dell’intervento militare in Libia e del ruolo dei saperi nella mobilitazione globale per la pace, e la democrazia.

Le prime pagine dei giornali in questi giorni sono puntate verso l’estero. Parlano della crisi atomi-ca alla centrale nucleare a Fuku-shima, della guerra in Libia, di di-ritti attaccati. L’incapacità di dare risposte politiche a problemi che coinvolgono la comunità interna-zionale è quello che emerge lam-pante. La crisi economica, dovuta all’ipertrofia del piano economi-co su quello politico, non è servita per lanciare una seria riflessione sullo stallo degli stati nazionali e sulle strutture internazionali. Che ruolo ha l’Onu? Che potere di re-golazione di contrasti ed equilibri sociali ha la comunità europea? La crisi economica si è trasforma-ta direttamente in crisi dell’occi-dente, con l’emergere di paesi che fino a pochi anni fa neanche rien-travano nella logica perversa dei G8. Questi stati come Brasile, Rus-sia, India e Cina (BRIC) non solo trovano convergenze sul piano economico-finanziario ma tendo-no a costruire un fronte politico-diplomatico sempre più dinamico contro l’inattività occidentale.Oggi scendiamo in piazza per di-fendere l’acqua pubblica, come abbiamo fatto per l’accesso al sa-pere e la dignità del mondo del la-voro. Queste battaglie di difesa di diritti essenziali sono in risposta agli attacchi portati avanti dal-le lobby economiche negli ultimi trent’anni. Se certe decisioni sul-la privatizzazione dei servizi sono state prese ai piani alti dell’econo-mia e della finanza, come faccia-mo noi, cittadini e organizzazioni sociali, ad invertire la rotta?Come riusciamo a dire che la ri-sposta alla crisi nucleare a Fuku-shima è la costruzione di una po-litica di riconversione ecologica dell’ecologia? Come facciamo a imporre il fatto che la risposta ad una guerra civile è la diplomazia e non un’altra guerra? Come pos-siamo comunicare che la risposta all’attacco globalizzato ai diritti è la costruzione di nuovi modelli di welfare a livello internazionale? Oggi serve un nuovo protagoni-smo del sociale, oggi più che mai i movimenti a livello globale de-vono essere in grado di concepire strategie comuni, idee e pratiche innovative capaci di aprire crepe nel monolite neoliberista. La sfi-da è lanciata.

Federico del Giudice

Sabato 26 marzo 2011

Vieni sul sito

World or war

Libia e Giappone chiamano: è il momento di alzare la testa e riprendere la mobilitazione per la giustizia globale. Il 2 aprile saremo tutti in piazza per la pace, il disarmo, la democrazia.

Inserto autogestitodagli studenti

sabato 26 marzo 2011II www.retedellaconoscenza.it

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nsa

Mondo

Saperi

si dell’occidente presenti sul terri-torio. Le organizzazioni interna-zionali non hanno preso posizio-ne sullo scenario delle rivolte libi-che, rimanendo fin troppo nell’am-biguità, date le relazioni di conni-venza con Gheddafi, e non hanno attivato alcun meccanismo di so-stegno alle rivolte nei tempi e nelle modalità dovute, che di certo non sono i bombardamenti. Chi lo fa ora, compie un’azione con l’obiet-tivo di determinare fortemente gli esiti della crisi ed evitare ogni pos-sibile sbocco verso una vera indi-pendenza nazionale. Chiediamo quindi l’immediato cessate il fuo-co da parte di tutti e l’apertura di corridoi umanitari. Continuiamo a sostenere tutte le rivolte demo-cratiche del Mediterraneo, conti-nuiamo a credere con convinzio-ne che il ripudio della guerra non sia un tema da poter sottoporre a periodi ipotetici, balbuzie e silen-zi, continuiamo a chiedere l’acco-glienza di profughi e migranti. Ri-badiamo quindi la necessità di ga-rantire il diritto d’asilo a tutti. Cre-diamo l’Italia debba assumersi in Europa, la responsabilità di soste-nere lo sviluppo dei diritti umani in questi Paesi. Per questo saremo in piazza il 2 aprile, insieme all’ar-ci, a Legambiente, alla Fiom, a tut-to il movimento per la pace, per ri-badire che l’Italia ripudia la guerra e che le rivolte democratiche non devono essere strozzate né dai ti-ranni africani né dai bombardieri europei.

I campi di concentramento in cui migliaia di migranti venivano sterminati in nome del trattato di amicizia con l’Italia e degli accor-di con Ue e nato. neanche le ri-volte di questi mesi hanno smos-so di un millimetro i governi occi-dentali. In Yemen e Bahrein i go-verni sparano sui manifestanti, le transizioni in Egitto e Tunisia so-no ancora aperte, siria e Iran so-no polveriere pronte a scoppiare. Eppure in 2 mesi l’Europa non ha mosso un dito: nessuna iniziativa politica, nessun progetto di coo-perazione, nessuna azione diplo-matica. non ci si muove quando Gheddafi stermina i migranti, non ci si muove quando il Mediterra-neo chiede democrazia. Ma appe-na è a rischio la stabilità di un pae-se centrale dal punto di vista ener-getico e geopolitico come la Libia, ecco partire aerei militari carichi di bombe e diritti umani. Le vi-cende di questi giorni, dalla guer-ra in Libia alla tragedia giappone-se, tra petrolio e nucleare, pongo-no con rinnovata attualità il tema del modello di sviluppo e delle ri-

Due aprile in piazza: pace e democrazia in Libia

Mondo Contro l’intervento militare, torna il movimento per la pace e la giustizia globale. Le rivolte del Mediterraneo vanno difese dalla repressione e dal neocolonialismo

sorse energetiche. La vicenda li-bica dimostra il fallimento (volu-to?) della diplomazia e l’inesisten-za dell’Europa politica. Gli appelli Onu all’iniziativa diplomatica so-no stati ignorati, così come l’invi-to a soccorrere i profughi. I gran-di amici di Gheddafi, colleghi in

affari, nelle banche, nel petrolio, nell’edilizia, preoccupati dall’in-certezza sugli esiti della rivolta, hanno preferito scaricare il pro-prio socio e prendersi direttamen-te il bottino. La guerra è la sconfit-ta della politica, e questa guerra, in particolare, seppur mascherata da

intervento finalizzato a difendere i ribelli da uno scontato stermi-nio, apre delle contraddizioni che non si scioglieranno in tempi bre-vi, e che apriranno una stagione di grossa instabilità di quell’area, nonché una possibile fase neoco-loniale tesa a rafforzare gli interes-

oi non moriremo pre-cari! Riprendiamoci il futuro! Questo, il grido risuonato nelle piazze

di questo autunno, non un urlo di disperazione, ma il suono di una certezza da conquistare.nelle nostre scuole, nei call cen-ter, nelle fabbriche a Pomiglia-no come Mirafiori, Governo, le imprese, i poteri forti di que-sto Paese stanno realizzando un modello di società fonda-to sullo sfruttamento, la repres-

19 aprile degli studenti, verso lo sciopero generale

Saperi Appello dell’UdS verso la grande giornata di protesta del 6 maggio. Il 19 aprile mobilitazioni studentesche sui temidel welfare, della precarietà e dell’accesso ai saperi

sione e la cancellazione dei di-ritti. non siamo stati a guarda-re e non staremo a guardare chi ci vuole trasformare in automi e servi di questa classe dirigente, la classe dirigente più vecchia e più sorda dal dopoguerra. [...]Generale è l’attacco, generale deve essere la risposta. [...]abbiamo la necessità di costru-ire una primavera inedita. Per questo saremo in piazza con convinzione il 9 aprile, per co-struire un fronte contro la pre-carietà come fenomeno che ra-pisce la vita presente e futura.

[...] I tagli al diritto allo studio, all’edilizia scolastica, la disoc-cupazione giovanile, l’approva-zione della riforma dell’univer-sità, il collegato lavoro, le mi-nacce di cancellazione dello statuto dei lavoratori, esigono una risposta chiara in questa primavera. serve perciò costru-ire mobilitazioni diffuse sul ter-ritorio nazionale dopo il 9 apri-le che riportino al centro la no-stra idea di scuola, di universi-tà e ricerca nell’agenda della po-litica del Paese. Dopo aver fat-to sfoggio di retorica sulla scuo-

la pubblica il 12 Marzo, la poli-tica di questo Paese continua a calpestarla ogni giorno con i lo-ro tagli, con l’indifferenza delle opposizioni e l’assenza di pro-poste.Il 9 aprile, data centrale verso lo sciopero del 6 Maggio, va però estesa e moltiplicata.Per questo il 19 aprile, ci mobili-teremo in tantissime città d’Ita-lia con azioni e mobilitazioni sul tema del welfare, della precarie-tà e dell’accesso ai saperi e alla cultura. Ribadiremo questo an-che il 19 aprile con l’intenzio-

ne di costruire giornate di lotta nelle nostre città per pretende-re autonomia e libertà di scelta dei nostri percorsi di vita, liberi dal familismo e dal precariato a cui ci vogliono legare.Le ribellioni di questi ultimi me-si, ci consegnano una contrap-posizione tra chi vuole conser-vare il potere per interessi per-sonali e ridurre gli spazi liber-tà e popoli che invece scopro-no che è possibile riprendersi le proprie vite. Il 9 aprile, così co-me il 19, non possiamo che co-struire una giornata che parli anche di diritti umani, di giusti-zia, di libertà e di pace.La guerra non è lo strumento di risoluzione delle controversie internazionali come dice la no-stra Costituzione. In piazza ri-badiremo il nostro no alla guer-ra, denunciando gli interessi e le speculazioni che diverse na-zioni vogliono costruire sulle ri-bellione dei popoli. [...]

aderisci sul nostro sito all’appello: “Dieci anni fa centinaia di migliaia di per-sone, di tutto il mondo si diedero appuntamento a Genova per denunciare i pericoli della globalizzazione neoliberista […]. Oggi, le ragioni di allora sono ancora più evidenti. Una minoranza di avidi privilegiati pare aver dichiara-to una guerra totale al resto dell’umanità e all’intera madre Terra. […] Pro-poniamo […] a tutte/i coloro che […] ogni giorno costruiscono elementi di un mondo diverso […] di incontrarsi a Genova nel luglio del 2011”.

Loro la crisi noi la speranza

Fermiamoil massacroin Libia

Genova Appello

Saperi&M ovimenti

NUnione degli Studenti

IIIwww.retedellaconoscenza.it sabato 26 marzo 2011

Iniziative

Energie

cializzate all’interno delle no-stre sedi.Inizieremo con una campagna di informazione sui danni causati dalla quantità di plastica Pet immessa ogni an-no nell’ambiente sotto forma di rifiuti; sui problemi causa-ti dall’appropriazione, da parte delle multinazionali del settore, delle fonti idriche presenti sui vari territori; sulla necessità di garantire un servizio idrico in-tegrato efficiente e puro (ovve-ro senza le quantità di arseni-co presenti nelle acque fornite da privati).Passeremo poi alla distribuzio-ne di borracce in policarbonato all’interno delle sedi universita-rie, per poi rivendicare l’instal-lazione nelle varie sedi di di-stributori d’acqua sfusa (con la quale riempire le borracce), con l’obiettivo di eliminare l’utilizzo di bottigliette d’acqua. La bat-taglia per l’acqua pubblica ini-zia dai luoghi della formazio-ne, ed è solo con il nostro im-pegno quotidiano che potrà es-sere vinta.

sempre più difficile cre-are spazi di socialità e di cittadinanza atti-va: sempre più spesso

i cittadini vengono emarginati agli angoli più remoti dalla vi-ta politica del paese, segregati a semplici spettatori di un mon-do sempre più frenetico e sem-pre più sordo alle proprie istan-ze. Ma ogni tanto tutte que-ste costanti vengono smentite, e gruppi di cittadini, organiz-zati o meno, si riuniscono per tentare di ridare voce a quelle masse inascoltate.È proprio questo che il succes-so della raccolta firme per l’ac-qua pubblica ha dimostrato. In pochi mesi la popolarità della campagna di raccolta firme ha fatto si che questa battaglia sa-lisse sul podio degli argomen-ti sui quali la politica deve con-frontarsi, nonostante i tentativi più o meno espliciti di non con-cederle risonanza mediatica.Noi, come studenti universi-tari in lotta contro il ddl 1905, abbiamo fatto subito nostra questa battaglia, diventando-ne promotori e confrontandoci giorno per giorno con altre or-ganizzazioni impegnate in am-biti sociali, crescendo, e volen-do ridare ai luoghi che noi vi-viamo, le università, la centra-lità della vita culturale del pa-ese, in totale disaccordo con i

Ripubblicizzare l’acqua partendo dalle scuole

Lorenzo Pantano

è

Iniziative La battaglia per la ripubblicizzazione della risorsa, verso il referendum di giugno, passa per scuole e università. Da Torino una proposta concreta per un cambiamento possibile

progetti dei vari governi, il cui implicito obiettivo è quello di decentrare la formazione della cultura spostandone il baricen-tro verso istituti più elitari.È per queste ragioni che credia-mo sia necessario che l’univer-sità si prenda carico della cam-

pagna in difesa dell’acqua, cre-ando quel modello culturale al-ternativo in grado di preserva-re la risorsa più importante del pianeta, garantirne l’equo uti-lizzo per tutti e la sostenibilità temporale. Crediamo innanzi-tutto che questi siano i presup-

posti perché un bene possa es-sere considerato davvero “co-mune”.Per questo è importante che gli studenti, in vista della cam-pagna referendaria, dichiarino guerra alle bottiglie di plasti-ca da troppo tempo commer-

on possiamo che prova-re dolore e impotenza per ciò che sta accaden-do negli ultimi giorni in

Giappone: per gli operai che stan-no rischiando la vita nel cercare di stabilizzare la centrale di Fuku-shima, per l’allarme della conta-minazione dell’ambiente, del cibo e dell’acqua (la cui consumazio-ne è stata infatti vietata ai bam-bini), per la nube radioattiva che in questo momento sta sfilando per i cieli d’Europa.Non possiamo che provare dolo-re, ma non possiamo che prova-re anche rabbia: rabbia verso chi continua ad affermare che il nu-cleare è una energia pulita e sicu-ra, verso chi ne minimizza con-tinuamente i rischi per meri fini lobbistici, verso il nostro governo muto e sordo alle istanze dei cit-tadini, verso una classe dirigen-te che calpesta la volontà popo-

Ilaria Ruggero

N Si al referendum per fermare il nucleare

Energie Votare sì alla consultazione del 13 giugno ci dà l’opportunità di fermare il nucleare, costoso, pericolo e inquinante, e aprire una seria politica di investimento sulle energie rinnovabili

lare espressa nel referendum del 1987.A giugno saremo chiamati a esprimerci ancora una volta sul nucleare e non si tratterà soltan-to di decidere se abrogare una legge o meno. Se l’Italia ribadisse la sua contrarietà ci sarebbe un grosso capovolgimento: il nostro paese sarebbe uno dei primi a di-scostarsi dalla nuova “primavera del nucleare” che negli ultimi an-ni ha visto 62 nuovi reattori in fa-se di costruzione, 158 in progetta-zione e 234 in attesa di approva-zione in tutto il mondo. Abbiamo

la grande possibilità di essere da esempio e non possiamo lasciar-cela scappare: il sì al referendum (e quindi il no al nucleare) è il sì ad un nuovo modo di intende-re l’energia e il territorio, è il sì ad un futuro di sicurezza ambienta-le ed energetica, è il sì all’apertu-ra di una nuova vertenza ambien-tale più ampia che ci deve vede-re protagonisti. La lotta al nuclea-re è una presa di coscienza collet-tiva di cruciale importanza in un pianeta in crisi devastato da poli-tiche energetiche scellerate.Ma perché “ il nucleare non ser-

ve al clima”? Partiamo da sempli-ci dati di fatto: esso emette quan-tità tutt’altro che trascurabili di gas serra, soprattutto se si con-sidera il processo per la costru-zione e lo smantellamento delle centrali, l’estrazione e il traspor-to dell’uranio, il trattamento e lo smaltimento delle scorie radio-attive il cui problema ancora og-gi non ha trovato una soluzione in nessun paese del mondo come il rischio di proliferazione di armi nucleari.Il nucleare non è assolutamen-te un’energia pulita, convenien-

te e sicura; esso non può e non deve essere la nuova frontiera dell’energia. È assurdo che si di-scuta ancora del nucleare e che non si avvii una vera politica am-bientale che tenga conto delle esi-genze del territorio, dell’econo-mia, dell’ambiente e della socie-tà. Vogliamo costruire un’alterna-tiva o ripetere gli errori del passa-to? Vogliamo continuare a sacri-ficare l’ambiente e la nostra sicu-rezza o vogliamo una nuova giu-stizia ecologica? Il 13 giugno pos-siamo scegliere: denuclearizzia-mo il mondo.

“[...] Noi, i movimenti sociali, ribadiamo la necessità di costruire una strategia comune di lotta contro il capitalismo. Lottiamo contro le transnazionali perché sostengono il sistema, privatizzano vita, i servizi pubblici e i beni comuni come l’acqua, l’aria, la terra, e le risorse minerarie. […] Ispirandoci alle lotte dei popo-li di Tunisia ed Egitto, chiediamo che il 20 marzo sia un giorno mondiale di so-lidarietà per la rivolta delle genti arabe e africane [...]. Inoltre indiciamo per il 12 ottobre una giornata di azione globale contro il capitalismo [...]”.

Andrea Camilleri, Luigi Ciotti, Cristina Comencini, Margherita Hack, Dacia Maraini, Moni Ovadia e Igiaba Scego hanno lanciato l’appello “Il Mediterra-neo dei gelsomini”: “C’è una Italia che si riconosce nella lezione di coraggio e dignità che arriva dal mondo arabo. […] Siamo tutti coinvolti da ciò che accade aldilà del mare. […] Non possiamo tollerare che la reazione italiana ed europea alle rivoluzioni democratiche del mondo arabo sia la costruzio-ne di un muro di navi militari in mezzo al mare.[...]”

Dichiarazione finale del Word Social Forum

Dakar

Saperi&M ovimenti

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IV www.retedellaconoscenza.itSabato 26 marzo 2011

la difesa del contratto nazionale al rifiu-to di ogni logica di guerra tra poveri tra precari e “garantiti”, dall’eliminazione delle tipologie contrattuali atipiche che travestono da lavoro autonomo quello subordinato e legalizzano il caporalato, al riconoscimento a tutti i lavoratori e le lavoratrici, a tempo indeterminato o de-terminato, degli stessi diritti, delle stesse tutele e degli stessi ammortizzatori so-ciali, dall’istituzione di un reddito di ba-se ( fissato al 60% del salario medio na-zionale, come stabilito dal Parlamento europeo) come forma di welfare univer-sale, che assicuri la continuità di reddito ai precari e liberi almeno in parte dal ri-catto del posto di lavoro, al rilancio degli

investimenti sulla forma-zione e sulla ricerca per far crescere l’occupazio-ne in quantità e qualità e orientare la produzione verso la sostenibilità so-ciale ed ambientale.

Il primo sit in del comitato che organizza il 9 aprile

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Contro la precarietà per un nuovo welfare

a trasformazione del mercato del lavoro negli ultimi decenni, caratterizzata dalla crescita smi-surata dei rapporti di lavoro pre-

cario, da un lato ha drasticamente inde-bolito la forza contrattuale dei lavorato-ri, sottoposti continuamente al ricatto, dall’altro ha completamente scardina-to il sistema di welfare italiano, tradizio-nalmente costruito intorno al contratto di lavoro a tempo indeterminato. La precarietà lavorativa, la mercificazio-ne dei saperi, la privatizzazione di par-ti sempre più significative della società sono, del resto, parte di un unico pro-cesso, cioè la progressiva colonizzazio-ne da parte delle logiche del mercato e del profitto di ogni ambito dell’esistenza

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Dal 9 aprile può iniziare una grande mobilitazione per la dignità del lavoro e l’autonomia sociale degli individui

umana. La nostra battaglia per la digni-tà del lavoro è quindi parte fondamenta-le del percorso di lotta contro la preca-rietà esistenziale e la ripubblicizzazione dei saperi. Il caso Fiat, inoltre, ha dimostrato come il livellamento verso il basso dei diritti e delle condizioni di lavoro e di vita non risparmi nessuno. Il ricatto della deloca-lizzazione rende precari, di fatto, anche molti lavoratori a tempo indeterminato, facendo saltare ogni distinzione tra ga-rantiti e non garantiti. Il ruolo dei sog-

getti in formazione in questo contesto è centrale. Negli ultimi mesi abbiamo sa-puto porre all’opinione pubblica la que-stione generazionale come questione sociale, raccontando in tutte le piazze la nostra condizione di studentesse e stu-denti che rifiutano la schiavitù della pre-carietà e che hanno deciso di rivendica-re il diritto a costruire in autonomia per-corsi di vita dignitosi e soddisfacenti. L’appello “Il nostro tempo è adesso”, fir-mato da esponenti di diversi reti del la-voro precario, rappresenta quindi un’oc-

casione da non perdere. Il 9 aprile può essere una tappa di una generale presa di coscienza intorno a questi temi, che va poi moltiplicata all’interno del per-corso verso lo sciopero generale del 6 maggio. Perché questo percorso non sia caratterizzato da un superficiale gio-vanilismo, sta ai sogget-ti sociali proporre obiet-tivi concreti e contenu-ti di mobilitazione: dal-

Evitare il giovanilismo per avanzare nell’analisi

utti gli atenei italiani sono or-mai da un paio di mesi alle pre-se con la riscrittura degli statu-ti d’ateneo. Passata la legge Gel-mini, i rettori si sono subito mes-

si al lavoro per costituire le commissioni che avranno il compito di modificare l’in-tera organizzazione delle nostre universi-tà. La legge infatti prevede la costituzione di una commissione composta da quindici persone che entro nove mesi, due dei qua-li già passati, dovrà terminare i lavori, pena il commissariamento dell’ateneo e l’impo-sizione da Roma di nuovo statuto all’uni-versità refrattaria al rispetto dei tempi. La riscrittura degli statuti, le costituzioni del-le nostre università, generalmente richie-deva tempi molto lunghi, la ristrettezza

dei tempi voluti dal Ministro ha scatenato tutti i baronati e i potentati esistenti negli atenei desiderosi di inserire un professore compiacente ed amico nelle commissioni e di essere partecipi di questo processo co-stituente. In molti atenei studenti e ricer-catori si sono fatti sentire, bloccando l’in-sediamento delle commissioni, richieden-do libere elezioni per la scelta dei membri delle stesse... In questa fase complessa, che vede ben poca chiarezza da parte dei ret-tori, LINK-Coordinamento Universitario ha prodotto un opuscolo sugli statuti per aiutare gli studenti a capire come sfuggi-re alle trappole della legge Gelmini nella ri-scrittura degli studenti e per spiegare agli studenti come cambierà l’università l’anno prossimo.

A Catania il rettore non si è fatto scrupoli a nominare in maniera autoritaria i due studenti ( tutti e due di area Pdl) che dovranno sedere in que-sta commissione senza aver avvia-to nessun processo democratico, malgrado il movimento studente-sco catanese avesse richiesto libe-re elezioni studentesche.

Catania

Cambiare gli statutiper fermare la Gelmini

T

Riforme di Luca Spadon

Si dovevano svolgere regolari elezioni studentesche a maggio, il rettore in accordo con Comunione e Liberazione ha cerca-to in tutti i modi di non farle svolge-re arrivando a militarizzare l’ateneo per evitare lo svolgimento di un’as-semblea promossa dagli Studenti In-dipendenti in concomitanza con la commissione statuto per richiedere libere elezioni.

Torino

In movimento

LINK- Coordinamento

Universitario ha prodotto un opuscolo sugli statuti per aiutare

gli studenti a capire come

sfuggire alle trappole della legge Gelmini

sabato 26 marzo 2011 V

No alla guerra

ggi la situazione libica è descritta dai media in modo confuso e spes-so omertoso. Nessuno

fa un chiaro riferimento alla chiara richiesta volta al “no ai bombardamenti” se non una parte della società civi-le, cosa ne pensi? Che tipo di intervento pensi possa venire dalla società civile stessa?Oggi, credo che la prima respon-sabilità della società civile sia quella di capire cosa sta avve-nendo per giungere più vicino al-la realtà e lontano dai luoghi co-muni. La seconda responsabili-tà deve essere prendere la paro-la, dare la voce al-la pace e alla do-manda di pace. Nel concreto si-gnifica battersi e ribadire il “cessa-te al fuoco” e la fi-ne dei bombarda-menti, che strin-gono la popola-zione libica. Inol-tre è nostra re-sponsabilità guar-dare agli altri paesi del Mediter-raneo e del Medio Oriente, attra-versati dal sommovimento pro-fondo, dalla richiesta di giustizia, di libertà e di democrazia. Non dobbiamo lasciarli soli. È no-stro compito progettare percor-si d solidarietà e allo stesso tem-po chiedere alla politica di agi-re concretamente per mettere fi-ne a tutte le repressioni che sono in corso non solo in Libia, ma in tutti in quei paesi che le viveva-no e continuano tuttora.

Sebbene sia necessario non guardare solo al caso della Libia, non dobbiamo dimen-ticare che è in atto un bom-bardamento da parte di al-cune forze dell’Occidente e l’istituzione della NATO ha dimostrato la sua inefficacia. Quali sono le posizioni del-

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«Cessate il fuoco, la pace deve partire dalle nostre comunità»Monica Usai

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No alla Guerra Dialogo con Flavio Lotti portavoce nazionale della Tavola della Pace, in merito ai bombardamenti in Libia e il ruolo della società civile nei paesi in rivolta nel nord africa

cia dalle nostre città, dalle no-stre scuole e università. È li che abbiamo l’obbligo di costruire le nostre comunità di pace per di-fendere i diritti umani, ribaltare l’indifferenza, creare tasselli di giustizia sociale e solidarietà.

La Rete della Conosceza si mo-biliterà il 2 aprile per ribadi-re il nostro No a tutte le guerre. Per questo abbiamo deciso di in-tervistare Flavio Lotti Portavoce nazionale della Tavola per la Pa-ce, coordinamento di realtà che si occupa quotidianamente di costruire una cultura alla pace e alla solidarietà nel nostro Pa-ese e creare legami di solidarietà forti all’interno della società civi-le tutta.

la Tavola per la Pace, che quo-tidianamente promuove una

cultura di pace e solidarietà?Intervenire in Libia per ferma-re Gheddafi era necessario, ma non doveva essere fatto in que-sto modo. Si doveva intervenire prima e l’Italia avrebbe dovuto intervenire almeno con un chia-ro invito alla moderazione. Infi-ne la Comunità internazionale avrebbe dovuto agire per impe-dire che la città di Benghazi fa-cesse la fine di Sarajevo di alcu-ni anni fa.Allo stesso tempo che alcuni Pa-esi, con la complicità dell’Ita-lia, siano intervenuti, rischiano di provocare più danni che so-luzioni al problema. Queste ini-ziative militari che non sono sta-te precedute da alcuna iniziati-va politica seria e non fanno che allungare la scia di sangue, piut-tosto che seguire la risoluzio-ne dell’Onu. In questo momen-

to l’Onu è come la Terra, ovve-ro sebbene sia malata è l’unica che abbiamo e questa condizio-ne non ci consente di buttarla via. In ogni caso rimane un’isti-tuzione condizionata fortemen-te dai singoli interessi naziona-li e le impedisce di perseguire il mandato. Io credo che sia neces-sario non solo riformarla, ma an-che rinforzarla e soprattutto de-mocratizzarla. Lo ribadisco, è necessario il nostro impegno per porre rimedio alle tante tragedie che continuano a perdurare.

Il nostro Paese non solo si fa complice dei bombarda-menti in atto, ma nega un accoglienza dignitosa a tut-te quelle persone che stanno sbarcando principalmente a Lampedusa. Ancora una vol-ta la società civile deve col-mare un vuoto della politi-ca istituzionale, e ribadire un piano di solidarietà con gli sfollati. Cosa dovremo dire?

Questo è senza dubbio uno scan-dalo nello scandalo. Diciamo di aiutare queste persone nel loro Paese e dall’altro continuiamo a calpestare i diritti fondamenta-li nel nostro Paese. È un dove-re riconoscere la dignità di tut-te le persone e ancora oggi non abbiamo messo in atto le misure indispensabili per impegnarci in tal senso. La dignità deve veni-re ancora prima dell’affermazio-ne dei diritti fondamentali, e su questo noi dobbiamo essere pro-tagonisti.

Da pochi giorni si sta pro-muovendo il 2 aprile come giornata di mobilitazione na-zionale, promossa dalla so-cietà civile tutta, per ribadi-re il nostro “NO A TUTTE LE GUERRE”. Come si colloca la Tavola della Pace in questa mobilitazione, e quali sono i contenuti che intende rilan-ciare?L’appello che lanciamo met-te in campo una mobilitazione che dimostra l’assenza di politi-ca, soprattutto in sede istituzio-nale. Un costo che continuiamo a pagare caramente tuttora. Ab-biamo bisogno di prendere e da-re voce a tutte e tutti, ma soprat-tutto tutti si devono sentire in re-sponsabilità di chiedere con for-za il “CESSATE AL FUOCO!”. Io credo questa debba essere so-lo la prima di una serie di inizia-tive messe in campo, che ci de-vono portare ad impegnare gior-nalmente all’interno delle nostre comunità locali. La pace comin-

“L’appello che lanciamo mette

in campo una mobilitazione che

dimostra l’assenza di politica che

abbiamo pagato fino ad oggi”

Flavio Lotti

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