RESTITUZIONE del PERCORSO di COMMUNITY LAB · 2015-05-08 · 2 IPOTESI PROGETTUALE SUGLI ESITI DEL...

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1 RESTITUZIONE del PERCORSO di COMMUNITY LAB “QUALI FACCE HA LA PRECARIETÀ?” Materiale rielaborato dal gruppo di lavoro sulla base di: - interviste realizzate a Ferrara nel corso del 2013 - laboratori di idee del 22 maggio e 30 settembre 2014 - laboratorio FUTURE LAB del 15 NOVEMBRE 2014 Guida alla lettura Pagina 2 : Premessa, con considerazioni di carattere sociale sulla precarietà e le tipologie di persone che hanno partecipato alle discussioni sul tema Pagina 3 : Descrizione del percorso concreto ipotizzato Pagina 6 : Sintesi delle principali proposte attuabili emerse nel Future Lab (15 novembre) Pagina 8 : Schede/Verbali originali elaborate dai facilitatori di ogni gruppo Pagina 21 : Storia di un percorso partecipato Pagina 23: Brevi pezzi dalle interviste effettuate durante il percorso Video Documentario del percorso: http://youtu.be/YVGG5haQ6ao Pagina facebook (con foto, video, informazioni): https://www.facebook.com/FutureLabFerrara Comune di Ferrara Community Lab

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RESTITUZIONE del PERCORSO di COMMUNITY LAB

“QUALI FACCE HA LA PRECARIETÀ?”

Materiale rielaborato dal gruppo di lavoro sulla base di: - interviste realizzate a Ferrara nel corso del 2013

- laboratori di idee del 22 maggio e 30 settembre 2014 - laboratorio FUTURE LAB del 15 NOVEMBRE 2014

Guida alla lettura

Pagina 2 : Premessa, con considerazioni di carattere sociale sulla precarietà e le tipologie di persone che hanno partecipato alle discussioni sul tema Pagina 3 : Descrizione del percorso concreto ipotizzato Pagina 6 : Sintesi delle principali proposte attuabili emerse nel Future Lab (15 novembre) Pagina 8 : Schede/Verbali originali elaborate dai facilitatori di ogni gruppo Pagina 21 : Storia di un percorso partecipato Pagina 23: Brevi pezzi dalle interviste effettuate durante il percorso Video Documentario del percorso: http://youtu.be/YVGG5haQ6ao

Pagina facebook (con foto, video, informazioni): https://www.facebook.com/FutureLabFerrara

Comune di Ferrara Community Lab

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IPOTESI PROGETTUALE SUGLI ESITI DEL FUTURE LAB “QUALI FACCE HA LA PRECARIETA’?”

1. PREMESSA

Il percorso1 “Quali facce ha la precarietà”, attraverso le interviste realizzate, i laboratori aperti alla cittadinanza ed il Future Lab – il laboratorio del futuro che si è svolto 15 novembre 2014 – ci ha restituito un nuova dimensione di vulnerabilità dei giovani2. L’ immobilità di moltissimi giovani laureati, laureandi, professionisti con famiglia, che trovano difficoltà nell’inserimento in una comunità in crisi, deve essere affrontata nella multidimensionalità dei diversi determinanti sociali e negli effetti sullo stato di salute e sul benessere sociale, andando oltre una visione tradizionale e univoca delle Istituzioni.

Il lavoro sta cambiando completamente forma. Molti studiosi affermano che la condizione lavorativa dei giovani atipici di oggi ci chiama a ripensare completamente la questione: il lavoro informale e la multi-occupazione non sarebbero condizioni anomale e transitorie verso un lavoro stabile, ma elementi costitutivi di una nuova condizione di cittadinanza. La novità principale starebbe nel fatto che ciascuno non solo dovrà cambiare molti lavori ma anche e soprattutto ‘inventarsi’ il lavoro successivo: è la così detta condizione di self-employment, nella quale il lavoro non preesiste al lavoratore, ma lui stesso deve indurne la richiesta (deve convincere gli altri della utilità della sua funzione). Parallelamente, il sistema formativo non sarebbe più ‘agganciato’ ai veloci cambiamenti del mercato, e ciascuno deve inventarsi costantemente forme di ‘rispecializzazione’(Rifkin,1995; Beck, 2000; Revelli, 2001). Tanto il self-employement che la formazione permanente, infine, comporterebbero lunghi periodi lavorativi non retribuiti; per esemplificare, il tempo dell’auto-promozione e del bricolage formativo (composizione di diversi frammenti di specializzazione, riaggiornamento, ecc.) aumenterebbero incessantemente, e il tempo lavorativo non sarebbe più necessariamente tempo retribuito.3

Nel percorso Future Lab molti raccontavano dell’angoscia legata alla precarietà lavorativa. Essi si soffermavano non tanto sulla dimensione economica – il non sapere sino a quando si verrà pagati, i lunghi intervalli di lavoro impegnativo e non retribuito, la negazione dell'accesso ai mutui, ecc. – quanto sull’impossibilità di condividere con altri precari la propria storia: ciascuno di loro si connotava per percorsi unici, solitari e frammentari. Anche chi si era laureato nello stesso ambito disciplinare, si era poi addentrato in vie di specializzazione differenti (master, perfezionamenti, viaggi ecc.). Alla fine, nessuno condivideva il proprio profilo professionale con altri. Nessuno sapeva né poteva fare della propria esperienza individuale un’esperienza collettiva: i giovani sono e si sentono portatori di esperienze differenziate, composte e ricomposte continuamente e individualmente e, proprio a causa della loro continua ricomposizione, non riescono a cumularsi, cioè a darsi come esperienze comuni e condivise tra molti. Inoltre, considerando i molti immigrati presenti – alcuni dei quali di seconda generazione – è 1 Nascita di un percorso partecipato. Cfr. allegato pagina 28. 2 Per “giovani” si vuole intendere l'ampia fascia d'età che va dai 22 ai 40 anni. Essa include persone che stanno intraprendendo/concludendo gli studi, ma anche i “nuovi vulnerabili”, i cosiddetti “precari cognitivi”, cioè professionisti con una buona formazione intellettuale, sempre più numerosi, ma sempre meno richiesti nel mercato del lavoro; tra questi vi sono persone che hanno già formato una famiglia e hanno figli a carico. 3 Vincenza Pellegrino, I giovani e la vita democratica: come e perché cambiano le forme della partecipazione nell’Europa contemporanea, La Costituzione, 2011. Vincenza Pellegrino – Professoressa di Sociologia dei Processi Culturali e Comunicativi presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università di Parma, formatrice del “Community Lab”, percorso di formazione dell'Agenzia Sanitaria e Sociale della Regione Emilia Romagna sulla programmazione locale partecipata nell'ambito dei Piano per la Salute e beneSsere sociale – ha seguito l'intero percorso del Comunity Lab nel Comune di Ferrara, fino al Future Lab del 15 novembre 2014.

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emersa una minore distanza tra un giovane immigrato e un giovane autoctono rispetto a quella esistente tra loro e i propri genitori: la dimensione globale dei loro spazi comunicativi e il continuo riferimento a tali spazi fanno di loro le prime generazioni che si auto-posizionano potenzialmente ovunque nel mondo. E, se ci si può immaginare potenzialmente ovunque là-fuori, questo cambia profondamente il modo in cui ci si colloca qui-dentro: la risposta ai propri desideri non sta tanto nelle interazioni quotidiane e nei luoghi in cui si cammina realmente, ma soprattutto in quegli spazi più vasti e appetibili che si potrebbe raggiungere.

Non si deve più semplicemente alludere alla redistribuzione tra chi lavora e chi no, operando così una differenziazione implicita tra potenziali donatori di aiuto e potenziali ricettori di aiuto all’interno di uno schema unidirezionale di dono (come spesso si fa per invitare i giovani al volontariato). Lo scambio tra giovani e volontariato oggi, così come tra giovani e istituzioni, potrà avvenire solo se gli adulti muoveranno gradualmente verso un diverso paradigma dell’invito, esplicitando appunto il loro invito come frutto della ‘doppia mancanza’, dichiarando ai giovani la loro stessa fragilità e insicurezza nei confronti di un mondo nuovo che essi conoscono ancora meno. Dovrebbe essere l'invito ad uno scambio tra fragili, intesi nel senso di ‘spaesati’ davanti al mondo-fattosi-troppo-grande, che colloca nella condizione del ‘dare-e-ricevere’ contemporaneamente la compatibilità tra vita adulta (visione e condizione moderna) e vita giovane (visione e condizione postmoderna)4.

2. IDEE PER INTRAPRENDERE UN NUOVO PERCORSO

Fase 1. Breve periodo (6-12 mesi) Creare una “Rete delle Rosorse della Comunità” ovvero una mappa dei talenti del proprio territorio. L'obbiettivo è una piattaforma – digita le e fisica – in cui si possa realizzare l'incontro tra la domanda e l'offerta di IDEE (“vor rei capire come…”/“io penso che…”) e di ABILITA' (“ho bisogno di qualcuno che…”/“io so fare …”). 5 Per farlo occorre: 1. Mappare i bisogni del territorio : quali capacità vengono richieste; quali settori hanno più bisogno di innovare i propri sistemi di reclutamento della forza lavoro; quali competenze e abilità sono radicate nel territorio, ma rischiano tuttavia di scomparire; quali sfide (bisogni di aziende, problemi da risolvere, ecc.) possono essere l’origine di nuovi posti di lavoro; 2. Identificare i bacini ideativi del territorio : Università, scuole superiori, centri di formazione, collettori di impresa (SIPRO, ...); 3. Informare i giovani nelle scuole e nelle Università rispetto alle domande del territorio; formare i giovani rispetto ad una maggiore consapevolezza di sé, delle proprie abilità e della propria capacità di risposta alle domande del territorio;6 4. Realizzare una piattaforma che renda attiva e costante la comunicazione tra territorio e persone (collettore-connettitore). La Rete delle Risorse sarebbe un collettore tra opportunità di vita, lavoro e profili personali. Funzionando come una banca-dati, raccoglierebbe le informazioni sulle opportunità di vita e lavoro e i profili personalizzati delle risorse professionali e delle esperienze presenti nel territorio.

4 Ibidem.

5 Questa piattaforma non si sostituisce ai centri per l’impiego (incontro domanda e offerta di POSTI DI LAVORO), ma mette in rete i BISOGNI (la domanda delle aziende) e le IDEE (le proposte di giovani, professionisti, artigiani, ecc.). 6 Vedi il tema "orientamento giovanile alla definizione di un proprio profilo/set di competenze”, p. 24.

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Tale connettore, oltre a collegare le persone in cerca di opportunità (lavorative, formative) con le imprese (privato e privato sociale), gradualmente potrebbe diventare anche uno strumento per le persone che lo utilizzano per collaborare e connettersi tra loro, in un'ottica simile al funzionamento delle banche del tempo. La rete, dunque, favorirebbe non solo il rapporto azienda-persona, ma anche quello persona-persona. Altro possibile step è il collegamento tra persone che offrono competenze e le P.A., dove lo scambio non sarebbe il denaro, ma i servizi (sociali, culturali, ecc.). Ad esempio, un asilo o un reparto ospedaliero che avessero bisogno di ridipingere le pareti, prima di fare una gara d'appalto o un acquisto, potrebbero verificare la disponibilità di risorse presenti nella rete. Il connettore è, dunque, un luogo dove condividere buone prassi, esperienze, consigli, un laboratorio in cui si gioca e sperimenta il saper-fare. Infine, la Rete delle risorse della comunità dovrebbe collegarsi a tutti quei progetti e servizi che operano sullo stesso tema (altre banche-dati, banche del tempo, ecc.). Fase 2. Medio-lungo periodo (12-24 mesi): Messa a sistema; I soggetti del territorio; Programmazione, pianificazione e co -progettazione partecipata In questa fase la “Rete delle Rosorse della Comunità” – in forma di portale web nella prima fase – sperimenta anche le funzioni di banca del tempo accennate sopra. a) Le finalità del progetto sono molteplici: - accorciare la distanza tra i giovani e il mondo del lavoro; - accorciare la distanza tra i giovani e le altre generazioni;7 - accorciare le distanze tra i giovani e la pubblica amministrazione. b) Le azioni da intraprendere sono: - Avviare nel territorio ferrarese la costruzione di reti di soggetti attivi che possano fare squadra sul tema lavoro-giovani, in particolare tra i luoghi della formazione, i luoghi del lavoro e dell’innovazione, della cultura, le pubbliche amministrazioni, i luoghi della salute. - Avvicinare gli interlocutori della fascia 20-40 anni (giovani Neet8 e neo/laureati) alle imprese del territorio, alle start-up innovative, alle P.A., ecc., stimolandoli a riflettere sulle proprie attitudini e a proporre modelli e progetti innovativi all’interno delle aziende stesse, creando così valore aggiunto sia per se stessi che per il territorio. c) Chi? Per individuare i soggetti protagonisti, il progetto intende coinvolgere necessariamente: - le istituzioni, i servizi, i luoghi e gli altri progetti che già lavorano su questa tematica (i diversi Assessorati del Comune e i progetti specifici: da “Neet” di Area Giovani-Informagiovani alla Città del Ragazzo, ma anche il progetto del Centro Studi Università con l’Emporio solidale, ecc…); - i luoghi della formazione (scuole superiori, centri per la formazione, Università); - i luoghi del lavoro e dell’innovazione (aziende locali, cooperative sociali, start-up e nuova imprenditorialità); - i luoghi dell’informazione e dell’avviamento al lavoro (Informagiovani, Centri per l’impiego, Job

7 Vedi il tema “alleanza tra le diverse generazioni” nella tabella del gruppo 1, p. 8. 8 NEET è l'acronimo inglese di "Not (engaged) in Education, Employment or Training", in italiano anche “né-né”, utilizzato in economia e in sociologia del lavoro per indicare individui che non sono impegnati nel ricevere un'istruzione o una formazione, non hanno un impiego né lo cercano, e non sono impegnati in altre attività assimilabili, quali ad esempio tirocini o lavori domestici.

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Centre). d) Come? Attraverso la creazione di un modello partecipato di co-progettazione tra istituzioni, enti di formazione, cooperative, associazioni giovanili, imprenditori e giovani, seguendo 3 fasi: - attivazione dei giovani beneficiari; - tavoli di lavoro misti pubblico-privato; - co-progettazione: si tratta di stimolare i giovani a lavorare su di sé per fare emergere competenze e attitudini; - innovazione delle metodologie di comunicazione tra imprese del territorio e giovani. Tutte le fasi saranno effettuate attraverso il coinvolgimento attivo all’interno di un percorso partecipato chiamato Community Lab : Il Community Lab9 è una modalità di chiamata e di coinvolgimento all’interno di un percorso partecipato che fa emergere le attitudini dei partecipanti e le loro competenze, intese come capacità di proporre soluzioni innovative allo sviluppo del territorio, ovvero come capacità di self-employment.10 Le modalità partecipative utilizzate mirano maggiormente al senso di auto-consapevolezza (comprendere la propria collocazione rispetto al problema) e di ascolto attivante (dare spessore alla condizione o posizione altrui). In particolare, si fa qui riferimento a un processo partecipativo basato sull’intelligenza emotiva di gruppo, sulla capacità di ascolto profondo, di risonanza, di ripensamento radicale delle proprie cornici di senso, prima di entrare nell’argomentazione di tipo conflittuale). In questa serie di tecniche partecipative – già utilizzate, ad esempio, nel Future Lab del 15 novembre 2014 – abbiamo applicato in particolare specifiche tecniche teatrali volte al coinvolgimento della comunità, formazione creativa rivolta ai facilitatori dei processi, laboratori narrativi e forme della narrazione. Con questi strumenti, si curano maggiormente i passaggi del processo partecipativo che insistono sulle capacità progettuali precedentemente consolidate dai singoli o dai gruppi, quando vi siano forme di conoscenza diffusa rispetto ai problemi e tentativi di riproporre nuove e impensate soluzioni. Sono metodi che – strutturando lo stesso incontro in diverse fasi – alternano momenti evocativi ed emotivi a passaggi di sintesi razionale e progettuale. In queste pratiche di pensiero collettivo possiamo includere: metodo Future Lab, Open Space Technology, Focus Group, World Cafè . e) Dove? È importante svolgere queste fasi in luoghi che presentino determinate caratteristiche, che siano altresì ad accesso gratuito, agorà sociali multiuso, creando momenti di confronto e ascolto dedicati alla creatività di gruppo con il supporto delle istituzioni (esempio: Future Lab). Perché siano momenti di concreta progettazione di nuovi servizi e di reale risposta a nuovi bisogni, è necessario che il confronto e l’ascolto siano liberi e spontanei. Il “connettore” della fase 1 non può essere solo virtuale: per recuperare le relazioni oggi sempre più carenti tra le persone, esso deve necessariamente corrispondere anche ad un luogo o a più luoghi fisici.

9http://assr.regione.emilia-romagna.it/it/aree_attivita/partecipazione-innovazione-sociale/comunita-

equita/partecipazione-delle-comunita/community-lab-2013 10 Il self-employment è un concetto secondo il quale il lavoro non preesiste al lavoratore; è bensì quest'ultimo a doverne indurre la richiesta, convincendo dell’utilità della propria funzione. Per approfondimenti sul tema, cfr. Vincenza Pellegrino, I giovani e la vita democratica: come e perché cambiano le forme della partecipazione nell’Europa contemporanea, op. cit. .

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“QUALI FACCE HA LA PRECARIETÀ?” - Ferrara 15 novembre 2014 Sintesi delle principali proposte attuabili

Sono emersi molti punti in comune tra i 7 gruppi che hanno condiviso e cercato di concretizzare le visioni del Future Lab svoltosi il 15 novembre, presso lo spazio Wunderkammer di Ferrara. Questi i principali: 1) È importante svolgere questo tipo di progetti in LUOGHI che presentino determinate caratteristiche, che siano altresì agorà sociali multiuso ed AD ACCESSO GRATUITO, creando momenti di confronto e ascolto dedicati alla creatività di gruppo con il supporto delle istituzioni. Perché siano momenti di concreta progettazione di nuovi servizi e di reale risposta a nuovi bisogni, è necessario che il confronto e l’ascolto siano liberi e spontanei (si pensa, ad esempio, a nuovi servizi sulla domiciliarità, per evitare il rischio di eccessiva istituzionalizzazione del processo). È auspicabile la creazione di un ufficio libero, una sorta di bottega dove veicolare saperi diversi e scambiare con la P.A. alcuni dei suoi servizi. Ad esempio, un asilo o un reparto ospedaliero che avessero bisogno di ridipingere le pareti, prima di fare una gara d'appalto o un acquisto, potrebbero verificare le risorse presenti nella Bottega dei Mestieri, un luogo dove condividere buone prassi, esperienze, consigli, laboratorio in cui si sperimenta il saper-fare, l'accompagnamento e la formazione, dove si favoriscono i passaggi di consegne, l'affiancamento al lavoro e la ricerca del lavoro. In questo caso , uno degli obiettivi specifici è la CONDIVISIONE TRA GENERAZIONI . Per l'individuazione di uno o più spazi comuni di lavoro – utili in termini di risparmio e sinergia – si è pensato a canoni agevolati per locali sfitti da tempo e ad una connessione internet con libero accesso per agevolare il telelavoro. Temi da approfondire al riguardo: filiere lunghe, P. IVA, ecc. 2) E' necessaria la creazione di una BANCA DELLE RISORSE DELLA COMUNITA', ovvero una MAPPATURA DEI TALENTI del territorio : la pubblica amministrazione deve poter guardare i propri cittadini non solo come utenti che presentano continue istanze o richieste, ma anche come persone competenti, dotate di un loro saper-fare. Bisogna far circolare le risorse di questa banca dei talenti, che deve diventare dinamica, circolare e flessibile. In questa Rete delle creatività o bottega dei mestieri, tutti possiamo essere creativi; essa da spazio a chi ha voglia di mettersi in gioco, proporre qualcosa da scambiare, a chi possiede un'abilità e una competenza da mettere a disposizione della comunità. A questo proposito si auspica la creazione di una piattaforma digitale, per orientare i giovani alla definizione del proprio profilo/set di competenze (non alla definizione di una sola professione specifica), durante (non dopo) la formazione. Come portale web, la piattaforma svolgerebbe anche le funzioni di banca del tempo, collegando opportunità di vita e lavoro con i profili personali: un data-base della conoscenza che valorizzi, oltre le competenze, ciò che piace alle persone. È inoltre emerso il bisogno di una riformulazione dei curriculum , perché non siano più meri elenchi di titoli, ma degli strumenti in grado di dare uguale spazio e uguale importanza alle attitudini e alle preferenze dei soggetti. 3) È emersa l'urgenza di promuovere PERCORSI DI FORMAZIONE PIU' PRATICI: non si impara solo sui libri, ma soprattutto facendo. Ciò si può tradurre in un'università meno teorica, in grado di creare dei ponti concreti con il mercato del lavoro, grazie a stage e tirocini sostanziali, non formali; nel rinnovamento dei meccanismi di offerta e innovazione in ambito lavorativo: quali capacità vengono richieste, quali settori hanno più bisogno di innovare i propri sistemi di reclutamento della forza lavoro, quali competenze e abilità sono radicate nel territorio ma rischiano di scomparire? Allo stesso tempo è necessario conoscere quali persone escono dalle scuole e dalle Facoltà Universitarie locali: quali competenze e talenti sono in circolazione, quali bisogni vengono manifestati da parte di chi sta uscendo dall’ambito formativo e sta per entrare nel mondo del lavoro?

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Il bisogno di questa mappatura prende le mosse dagli esiti del Future Lab, che ha evidenziato quale sia la nuova vulnerabilità: una precarietà diffusa in tutti i livelli di istruzione. È, dunque, importante conoscere quali sono i soggetti portatori di questa nuova vulnerabilità. Per farvi fronte, è emersa la volontà di sperimentare modalità ibride tra formazione e lavoro, individuando luoghi e occasioni per costruire un ponte tra i due mondi, formativo e lavorativo: ad esempio, è stata avanzata la proposta di sperimentare un progetto su tesi di laurea legate al territorio.

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FUTURE LAB “QUALI FACCE HA LA PRECARIETA’?”

“COMMUNITY LAB” - Ferrara, 15 novembre 2014

GRUPPO 1: ACCOMPAGNARE COLLETTIVAMENTE LA CONDIZIONE DEL PRECARIATO Al gruppo hanno partecipato: Alice, Davide, Chiara, Marina, Paola, Patrizia, Stefano, Gian Luca e Margherita (la sottoscritta) Facilitatrice: Margherita Dall’Olio; Visionaria: Paola Castagnotto A partire dal tema proposto e il successivo brain-storming “catartico” tra le visioni del futuro proposte, quella affrontata dal GRUPPO 1 è stata: ALLEANZA TRA LE DIVERSE GENERAZIONI (proposta da Paola): "passare ai giovani la propria competenza, la propria professionalità” Discussione: Alice: i miei genitori non ascoltano... ORDINANO! Davide: ... ascolto e passaggio di consegne tra generazioni??? Ma il mondo corre e le parole dell'adulto non trovano più il consenso; il TUO (tu adulto!) mondo non è più quello attuale. Paola: ... l'esperienza delle persone che sono o stanno per andare in pensione potrebbe essere messa a frutto, diventare substrato per chi subentra. I tutor, i mentori possono aiutare di più i giovani anziché i genitori stessi. Il dialogo fra generazioni è un dialogo fra ADULTI. Un ascolto guidato, aiutato, libera la mente per la costruzione di nuove idee! Patrizia: manca un patto educativo fra generazioni. Davide: ... non può essere invece che siano i giovani a dare competenze ai più anziani? Stefano: Deve esserci la consapevolezza che dopo un tot di anni il lavoratore dipendente è tutor o mentore... ma non è più stipendiato, deve lasciare libero il posto di lavoro! Patrizia: sono un'insegnante di scuola promaria, per me è evidente il gap tra me e i miei alunni! Stefano: io propongo di dividere lo stipendio tra un dipendente “anziano” e uno “giovane”! Davide: io propongo che chi ha un posto “sicuro” si licenzi e provi a vivere quello che stiamo vivendo! LICENZIATEVI! Gianluca: sì, bisogna prendere iniziative anche DIROMPENTI. Davide: io non l'avrò... la pensione! Paola: certo... bisogna quindi trovare NUOVI MECCANISMI. Chiara: io ho 30 anni, lavoro per una grande azienda: non possiamo essere tutti precari... per essere “Vicini” come generazione! Paola: Allora QUALE ALLEANZA E' POSSIBILE RISPETTO A NON RICONOSCERE LE RESPONSABILITA' DELLE GENERAZIONI PRECEDENTI? Noi (60 anni) siamo stati immersi in un sistema produttivo capitalistico. Oggi il sistema non è governato dall'economia, è determinato dalla finanza. Se vogliamo fondare un nuovo sistema è necessario CONDIVIDERE COME COSTRUIRE IL FUTURO. Servono nuovi posti di lavoro che rappresentino l'alleanza tra le nuove e le vecchie generazioni... …............................., ecc. La discussione procede ancora sugli stessi binari, ma si raggiunge una condivisione riportando gli elementi fondamentali nel cartellone e la “visione” per il futuro che il cartellone descrive; da tali temi viene scelto il primo per rappresentarlo attraverso un tableau vivant.

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CARTELLONE − AVERE LUOGHI DI CONDIVISIONE TRA GENERAZIONI (come quello in cui si è discusso) − PROMUOVERE CONTRATTI DI AFFIANCAMENTO TRA CHI ENTRA E CHI ESCE DAL LAVORO − STABILIRE TETTI (MASSIMI *) SEVERI SULLE PENSIONI − CREARE COLLABORAZIONI PER NUOVI POSTI DI LAVORO, MA INNOVATIVI − DEFINIRE ALLEANZE TRA LAVORATORI PER SUPERARE IL LAVORO NERO * Vincenza Pellegrino ha chiesto al gruppo “Qual è il tetto massimo per voi?” e lo ha stimolato a dirlo a voce alta Il report è stato redatto dalla facilitatirice: Margherita Dall'Olio – Responsabile Servizio Famiglia e minori – Unione Bassa Romagna 0545/38531 338/7282088 – [email protected]

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GRUPPO 2: SALARIO CREATIVO Al gruppo hanno partecipato: Cecilia Dall'Ara, Elena Maioli, Paola Castagnotto, Raffaella Ferrari, Serena Maioli, Stefano Sandalo, Carla Golfieri Facilitatrice: Vanessa Vivoli; Visionaria: Elena Maioli

"IO CONSUMO

IO VOGLIO IO HO IO DO

IO SCAMBIO IO CAMBIO

.... NOI CAMBIAMO"

Il salario creativo come nuovo METODO di scambio, ma anche come ESPRESSIONE di una NUOVA CULTURA.

Il salario creativo, un LABORATORIO di SCAMBIO DI SERVIZI che può diventare occasione non solo di AGEVOLAZIONI, ma anche modalità di UTILIZZARE il TEMPO e proposta di EDUCARE AL MENO (meno consumi e più servizi).

Ma come si fa?

Prima di tutto è necessario MAPPARE I TALENTI del proprio territorio.

La Pubblica Amministrazione deve imparare a guadare i propri cittadini non solo come utenti che presentano continue istanze o richieste, li deve vedere anche come PERSONE COMPETENTI in grado di "fare delle cose".

Bisogna creare una BANCA DELLE RISORSE DELLA COMUNITA'.

Bisogna far circolare le risorse di questa Banca dei talenti, deve diventare DINAMICA, CIRCOLARE, FLESSIBILE.

Una RETE di CREATIVI.

Bisogna creare una BOTTEGA DEI MESTIERI.

Ma chi sono i creativi?

Tutti possiamo essere creativi. Chi ha voglia di mettersi in gioco e proporre qualcosa da scambiare. Chi ha un'abilità e una competenza da mettere a disposizione.

Chi mette passione, motivazione e divertimento in quello che fa. Essere creativi è uno stato d'animo. Essere creativi è contagioso.

In questo modo la RETE di CREATIVI si può allagare (possiamo visualizzarla come una serie di cerchi concentrici che mano a mano diventa sempre più grande) .

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Come si può rendere concreta questa idea?

Innanzitutto è fondamentale una premessa: ci vuole un CAMBIO DI PARADIGMA CULTURALE.

Da un consumo di oggetti di massa ad un idea di CONSUMO SOSTENIBILE, dove si dà più valore ai servizi e alle prestazioni.

Bisogna partire dai bambini ed insegnare loro un' IDEA DIVERSA DI CONSUMO. Si potrebbe proporre alle scuole (materna o primaria) dei giochi educativi dove i bambini si scambiano tra loro i talenti (competenze) che possiedono e si insegni loro che per essere felice non è sempre necessario possedere oggetti; si lavori sulla loro CREATIVITA' e si propongano giochi che stimolino lo SCAMBIO di FANTASIA.

Ci vuole uno spazio fisico per organizzare la BOTTEGA.

Ci vuole, però, un ufficio libero dai vincoli burocratici tipici della pubblica amministrazione. La pubblica amministrazione deve sostenere e supportare il progetto ma non governarlo.

Ad esempio potrebbe dare un SUPPORTO LOGISTICO: uno spazio fisico ed eventualmente alcuni allestimenti per cominciare a rendere concreto il progetto.

Inoltre la PUBBLICA AMMINISTRAZIONE potrebbe essere un ACQUIRENTE della bottega e scambiare alcuni dei suoi SERVIZI. Ad esempio, se si vuole ridipingere le pareti di un asilo o di un reparto ospedaliero, prima di fare una gara o un acquisto, potrebbe verificare se nella Bottega dei Mestieri c'è qualcuno dei suoi cittadini che offre questa prestazione.

Ma come avviene concretamente lo scambio?

Ogni talento deve essere tradotto in termini di servizio/prestazione e "pesato" in termini di quantità di lavoro e impegno.

Ogni prestazione si può scambiare con altre prestazioni o con denaro, oppure parte in prestazioni e parte della quota in denaro.

Quindi anche la Pubblica Amministrazione, qualora diventasse un acquirente potrebbe decidere se remunerare in denaro o con servizi.

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GRUPPO 3: NO CONFINI TRA I PRECARI, ELABORARE UN LINGUAGGIO COMUNE Al gruppo hanno partecipato: Elona, Sara Ilheam, Doretta Insegnante, Hassan, Federico, Francesca, Tommaso Facilitatore: Tommaso; Visionario: Federico Quale Utopia? Il gruppo è partito dal concetto di Globalizzazione: è possibile viverla con una modalità differente rispetto agli ultimi 20 anni? Nel nostro mondo utopico si supera e si chiude la fase attuale dello sfruttamento fino al limite delle risorse della terra e del consumismo eccessivo. Ci chiediamo: è possibile influire, anche minimamente, per tenerci solo gli aspetti positivi del mondo globale? La contaminazione tra le diverse culture, la condivisione delle informazioni attraverso la diffusione esponenziale delle capacità di comunicazione di internet... Immaginiamo una società utopica dove al centro non ci sono più i beni materiali e il dominio del denaro, ma troviamo gli esseri umani con i loro bisogni, le diverse qualità, la dignità della persona, le relazioni tra perone e l’ambiente che le circonda. Come valorizzare diverse culture esistenti nella società, promuovere lo scambio dei saperi, favorire il circolo delle attività e superare la staticità attuale? Si pensa ai Neet, ai disoccupati, ma anche a chi fa lo stesso lavoro da anni ed è “immobile”, insoddisfatto e sente che le sue capacità sono inespresse. Elementi utopici concreti La società utopica che emerge è caratterizzata da una dimensione “di oltre confine”:

Mobilità all’estero possibile per tutti, attraverso politiche a sostegno della mobilità internazionale, un servizio internazionale capillare, agevolato dalla diminuzione della burocrazia per accedervi, servizi di accoglienza per i beneficiari (mobilità sostenuta con la disponibilità di alloggi e servizi a favore delle persone che escono dal proprio stato, con tutor e/o volontari che aiutano), trasporto gratuito: tutto ciò al fine di favorire esperienze lavorative, formative, di volontariato e ricreative (attraverso un sistema di convenzioni condivise tra enti locali – comuni, regioni, stati – enti di formazione, scuole e Università, aziende private, terzo settore). Questa esperienza dovrebbe avere un riconoscimento formale e sostanziale, in termini sociali, di servizi e opportunità, un arricchimento completo della persona, ricollocamento valorizzato nella società (ad esempio, chi fa volontariato o compie studi all’estero dovrebbe avere un giusto riconoscimento certificato e l'opportunità per accedere a servizi pubblici: cohousing, emporio alimentare, cultura, per gli studenti un riconoscimento in termini di crediti formativi e curriculari delle esperienze vissute – al fine di riconoscere esperienze concrete e pratiche e non solo teoriche; per i precari o i disoccupati, l’accesso ad una rete di servizi e opportunità che favorisca una collocazione sociale; per chi lavora forme di tutela per garantire il posto di lavoro lasciato vacante o comunque forme innovative di ricollocazione. In questo sistema “mobile” è fondamentale garantire una forte tutela della persona :tutela dei diritti umani, civili e sociali. La mobilità deve essere promossa in tutte le fasi delle diverse età: dagli anni delle scuole secondarie e non deve basarsi sui meriti scolastici (pagelle) indipendentemente dal rendimento scolastico, senza discriminazione di merito, ma essere un’opportunità uguale per tutti), per le fasce di età studenti universitari per chi ha concluso il periodo di studi e ha bisogno di sperimentarsi in attività pratiche, chi lavora ma sente il bisogno di sperimentarsi in attività diverse o in contesti sociali diversi. Al centro di questa visione vi è l’utilizzo di un sito web, un portale Wikisocial un collettore-connettitore (con funzioni anche di banca del tempo) tra opportunità di vita e lavoro in Italia e all’estero e profili personali, un data-base con banca dati della conoscenza (che faciliti lo scambio tra diverse opportunità, personalizzate e diversificate in base ai profili), per inserire le esperienze

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personali, professionali. Non solo un sito, ma anche un luogo di aggregazione, una sorta di agorà sociale, un “Wiki cafè” dove condividere buone prassi, esperienze, consigli, laboratori in cui si gioca, si sperimenta il saper fare di ognuno. Ovviamente l’accesso è gratuito, per tradurre in realtà la virtualità del web, insomma una sorta di via di mezzo-misto tra centro di aggregazione e co-working. Il gestore non dovrebbe essere unico, ma disponibile e accessibile, modificabile da tutti, occorrono giuste tutele e sistemi di protezione della privacy. Nello specifico ambito scolastico, principale riforma utopica è l’omogeneizzazione ed il riconoscimento globale dei titoli di studio ottenuti nei diversi stati del mondo. Altra proposta è fornire una maggiore scelta per l’apprendimento delle lingue, oltre i soliti inglese, francese, spagnolo e tedesco. Inoltre nella visione del futuro possibile, 2 lingue madri comuni tra gli stati. Inoltre in un'ottica di offerta formativa universale, si dovrebbe insegnare educazione interculturale , una sorta di filosofia etica morale (oltre ogni singola religione di stato).

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GRUPPO 4: VISIONE: ASCOLTO TRA PERSONE, SPAZI DI CREATIVITA Facilitatrice: Fabrizia Paltrinieri Visione • Il mondo del lavoro del futuro dovrebbe essere finalmente libero da ogni forma di discriminazione; stessi diritti per cittadini comunitari; no discrimazioni, ad esempio, per l' accesso ai concorsi pubblici

• L'inserimento nel mondo del lavoro dovrebbe valutare di più le competenze che i titoli

• Dovrebbe essere garantito un maggior spazio ai giovani rispetto agli over 65, non allungando l’età pensionabile e favorire l’accesso al mercato del lavoro dei giovani

• Favorire il trasferimento di competenze ed esperienze dagli anziani più esperti ai giovani neofiti senza esperienza

• Lasciare spazio alla creatività individuale: funziona soltanto se è libera e spontanea, evitare forme di imbrigliamento della creatività

• Trovare modo per esprimere un maggior grado di umanità nel mondo del lavoro, magari mettendo a disposizione tempo dedicato agli altri, all’ascolto, al confronto

• Vorremo un mondo del lavoro in cui si lasci spazio all’ascolto e all’empatia nelle relazioni Azioni, piste di lavoro, dispositivi, politiche possibili… • Creare luoghi/momenti di confronto e ascolto dedicati alla creatività con il supporto delle istituzioni (es: Future Lab). È importante che il confronto e l’ascolto siano liberi e spontanei e allora questi momenti serviranno realmente a progettare nuovi servizi che rispondono a nuovi bisogni (ad esempio, nuovi servizi sulla domiciliarità per evitare istituzionalizzazione)

• le istituzioni dovrebbero supportare forme di avvio all’impresa creativa, una sorta di start up della creatività • banche del tempo rinnovate • interscambiabilità dei lavori: soprattutto nei lavori di cura che richiedono energie sempre nuove, prevedere forme di scambio tra professioni in modo da garantire la motivazione degli operatori

• permettere una messa alla prova delle competenze. Non colloqui e selezioni su cv, ma guardando le competenze, permettendo alle persone di mostrare ciò che sanno fare

• prevedere forme di sostegno alle imprese che riconoscono le competenze in modo più aperto e disponibile, più attento alle persone

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GRUPPO 5: CIRCOLAZIONE DEI LAVORATORI

Visionaria: Elisa; Facilitatrice: Francesca Tamascelli Titolo: IO NON SONO IL MIO LAVORO. Tutta la vita davanti p er cambiare.

Interrogativi. Nella nostra società c’è la possibilità di cambiare, ma in senso soprattutto verticale: si sale di livello, c’è la promozione di carriera, e questo significa più soldi e più responsabilità. Ma è possibile cambiare anche in senso orizzontale? È possibile ampliare la propria professionalità in altre direzioni, magari passando la propria professionalità ad altri?

Problema attuale: “io non mi vedo a fare la stessa cosa per 40 anni”. Nella nostra società, paradossalmente, si può essere fissi anche da precari! Ci sono persone che, seppure contrattualmente precarie, fanno la stessa cosa per tutta la vita! L’utopia che abbiamo immaginato nasce quindi dal bisogno di evitare la distopia del “marcire per 40 anni dietro la stessa scrivania a fare le stesse cose”, come ben descritto dal video di Steve Cutts visualizzabile al link https://www.youtube.com/watch?v=lsCcLMm7lhA . DEFINIZIONE DELL’UTOPIA Immaginiamo un mondo del lavoro in cui ci sia la reale (e strutturale) possibilità di cambiamento nel corso della vita, di modo che le persone non debbano restare agganciate per sempre alla stessa mansione. Il cambiamento può avvenire in diverse forme:

� Mantenendo lo stesso ruolo (o un ruolo simile) ma sperimentando diversi ambienti di lavoro (ad esempio, una persona che svolge la professione infermieristica, ma cambia – nell’arco della vita – ospedali, cliniche, reparti, in modo da entrare in contatto con realtà differenti, nuovi colleghi, nuovi stimoli, ecc.).

� Sperimentando, all’interno della stessa azienda (o anche di diverse aziende) ruoli lavorativi differenti. Immaginiamo, ad esempio, che un’azienda possa assumere un team eterogeneo per competenze, esperienze e attitudini e che faccia nel tempo circolare questo team attraverso i ruoli. Il grande problema che ci siamo trovati a dover affrontare nella definizione della nostra utopia è la questione delle garanzie e delle tutele per proteggere il lavoratore nelle fasi di cambiamento. Difatti siamo partiti dal presupposto che nulla vieta, anche ai giorni nostri, di cambiare mestiere ma… a rischio e pericolo del singolo lavoratore che, nel passaggio tra un lavoro e l’altro, potrebbe trovarsi disoccupato per troppo tempo. Benché nella nostra società nulla vieti la possibilità di cambiamento, spesso e volentieri le persone rimangono legate al lavoro che hanno per non rischiare una disoccupazione che non possono permettersi. Ovviamente non esistono solo i salti nel vuoto: capita anche di poter lasciare un lavoro perché se ne è già trovato un altro. A quel punto, il problema potrebbe essere la condizione contrattuale: potrei cambiare lavoro, ma le condizioni di quello nuovo (che magari mi piace di più) sono troppo sfavorevoli rispetto a quello che già ho, e non posso permettermi di fare passi indietro sulle tutele. Occorre quindi una qualche forma di stabilità retributiva e di continuità a livello di tutele contrattuali. Per queste ragioni, nella nostra utopia il lavoratore si trova nel mondo del lavoro con un DOPPIO CONTRATTO. Il primo è un contratto stabile con lo stato, un contratto unico che vale per tutta la vita lavorativa e che, in un certo senso, attesta l’ingresso nel mondo del lavoro e garantisce diritti, tutele e una sorta di continuità retributiva. Il secondo tipo di contratto è quello che, di volta in volta, il lavoratore firma con il datore di lavoro di turno. Tale contratto stabilisce le condizioni lavorative specifiche che regolano i rapporti tra il datore e il lavoratore (durata del contratto, prestazione da offrire, ecc…). Nella nostra visione utopica, esiste una cassa comune, gestita da un ente statale: le aziende non retribuiscono singolarmente i propri lavoratori, bensì versano una quota annuale nella cassa comune, sulla base della quantità di lavoratori e del tipo di prestazioni di cui necessitano. I lavoratori vengono retribuiti da questa cassa comune. Ciò non significa equiparazione degli stipendi: la quantità di denaro che ogni lavoratore percepisce dipende dal tipo di lavoro svolto e dalla quantità di ore impiegate. L’ente che gestisce la cassa comune è anche l’ente redistributore,

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ovvero si occupa della mobilità e redistribuzione dei lavoratori, fungendo da mediatore tra lavoratori e aziende. Tale ente non deve però essere esclusivamente un tramite, ma un “raccoglitore e catalizzatore” di competenze. Per agevolare tali processi di mobilità, pensiamo sia necessario rivedere anche il sistema formativo: è necessario che vi sia un sistema di certificazione delle competenze, equiparato almeno a livello europeo, che valuti per ogni persona le singole competenze (anche eterogenee, non per forza coincidenti con un titolo di laurea) acquisite nel corso della formazione e del lavoro. LA NOSTRA PROPOSTA (QUALI PASSI?) 1) RINNOVAMENTO DEL SISTEMA FORMATIVO. Serve una formazione lavorativa, affinché la connessione tra formazione e mondo del lavoro sia più semplice e sensata rispetto alle necessità reali e concrete della società. Al momento c’è un gap tra formazione e lavoro: prima si studia, poi si lavora e in mezzo c’è un “salto” da fare. Nella nostra idea, la formazione è molto più pratica: non si impara (solo) sui libri ma (soprattutto) facendo. Per questa ragione, le esperienze di lavoro devono essere già previste nel corso della formazione come parte integrante e massiccia, non solo come sporadici tirocini di un centinaio di ore. L’idea è sostanzialmente quella di potenziare la presenza dei tirocini nel percorso formativo, assicurandosi però che il tirocinio sia veramente, nei fatti, un’esperienza di lavoro e apprendimento completa e non un modo per l’azienda di occupare gratuitamente qualcuno, in posizioni spesso non rispondenti alle esigenze formative dello studente. I tirocini gratuiti, inoltre, dovrebbero essere vietati dopo il termine del percorso di studio, per evitare il prolungamento infinito della formazione. Adesso, ad esempio, prima ci si laurea, poi si fanno esperienze di lavoro non retribuito, promosse dalle aziende come imperdibili opportunità di “fare curriculum”. La direzione in cui vogliamo andare è quella di includere tali esperienze, importantissime, all’interno del percorso formativo, per poi arrivare alla laurea con un bagaglio di esperienza già apprezzabile e poter subito iniziare percorsi di lavoro retribuito. 2) BANCA DATI EUROPEA. Un luogo anche fisico, ma soprattutto virtuale. Raccoglierebbe le schede dei lavoratori non sulla base di specifici profili professionali, individuati attraverso categorie professionali definite, ma sulla base delle competenze e abilità sviluppate. Vanno svincolate le competenze dalle mansioni/professioni. Questo anche in considerazione di un mondo del lavoro in costante mutazione ed evoluzione, per cui è sempre più difficile individuare professioni prestabilite: la velocità con cui cambia il mondo del lavoro rende necessario individuare man mano professionalità nuove e figure ibride che possano stimolare l’innovazione. Di conseguenza è spesso più conveniente individuare abilità e competenze puntuali – benché eterogenee – di un lavoratore. 3) ENTE CERTIFICATORE DI COMPETENZE, A LIVELLO EUROPEO. Per uniformare, oltre i confini territoriali, la certificazione formativo/professionale. Sulla base di quanto espresso al punto precedente, bisognerà certificare le competenze in senso ampio e in senso lato, piuttosto che certificare un “titolo”. 4) RIFLESSIONI “VOLANTI”. Nell’ambito del pubblico impiego vi è una fissità quasi marmorea. Cambiare il sistema delle assunzioni nel pubblico, rendendolo più simile al sistema delle aziende private. Nelle aziende deve essere presente uno psicologo facilitatore che aiuti le persone nei momenti di transizione e cambiamento. Una sorta di facilitatore del rischio! In una fase iniziale serve anche, verso la cittadinanza, una progetto di comunicazione sul cambiamento: bisogna stimolare la voglia e il bisogno di cambiare nel corso della propria vita lavorativa!

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GRUPPO 6: SCELTA, CONCILIAZIONE: PAROLE

Composizione del gruppo: 12 ragazze di un Istituto Professionale, 3 ragazze di trent’anni e un giovane di ventiquattro. Facilitatrice: Lidia. In un primo momento il gruppo si è chiesto quale fosse la conciliazione più significativa per ciascun componente. Dal confronto è emerso quanto riportato nei grafici 1 e 2.

Grafico 1

conciliazione come...

unione fra

mondo del

lavoro e studio

autorealizzazione sia nel mercato del

lavoro, sia al di fuori

accompagnamento

nel mondo reale

conciliazioneconciliazioneconciliazioneconciliazione

fra...fra...fra...fra...

lavoro e passione

lavoro e studio

autonomia vs rinuncia

quello che studio vs quello che farò

o che faccio

quello che sono ora e

quello che vorrei

diventare

Guadagno e

realizzazione

CON LA

PRECARIETA’

�giusto studiare

tanti anni per poi

fare un lavoro che

non mi appartiene?

aspetto positivo della

precarietà: si possono mettere

in discussione le etichette. E’ il

momento giusto per fare ciò

che ci piace.

lavoro e famiglia

non tanto quanto

guadagno, ma per quanto

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Grafico 2

Per i componenti del gruppo il tema della conciliazione è strettamente connesso a quello della scelta. Abbiamo quindi ragionato anche su questa parola. Per molti, attualmente, la scelta è qualcosa di negativo e obbligato, che implica sempre una rinuncia a qualcosa (“apro una porta, ma una rimane sempre chiusa”); altri si sentono impossibilitati a fare una scelta, soprattutto di lungo periodo. Per queste ragioni, da subito, i soggetti hanno ipotizzato un futuro utopico in relazione al tema della scelta, riportato nel grafico 3.

Grafico 3

Infine, il gruppo ha lavorato sulla definizione di un futuro utopico, condiviso dai componenti, e sull’individuazione di una proposta concreta per avvicinarsi a quest’ultimo. FUTURO UTOPICO: Futuro nel quale ci siano finestre costanti e reali fra il mondo del lavoro e quello scolastico e nel quale ci sia una maggiore accoglienza dei giovani – visti come risorse – nei luoghi di lavoro. PROPOSTA (per arrivare al futuro utopico): � rendere l’Università più pratica che teorica, in grado di creare dei ponti concreti con il mercato del lavoro, grazie a stage e tirocini sostanziali (non formali). � valorizzare ciò che piace alle persone, oltre che la loro competenza, attraverso una riformulazione dei curriculum , che non siano più meri elenchi di titoli, come una lista della spesa, ma dei profili nei quali sia dato uguale spazio e uguale importanza alle attitudini e alle preferenze dei soggetti.

Scelta

obbligata Impossibilità di

scegliere

ORAORAORAORA FUTURO UTOPICOFUTURO UTOPICOFUTURO UTOPICOFUTURO UTOPICO

Scelta

come libertà in

cui progetto il

mio futuro

come

piacere e

opportunit

sacrificio opportunità

solo nel

presente

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GRUPPO 7: "LAVORARE TUTTI, LAVORARE MENO" – NUOVI STILI DI CONSUMO Facilitatrice: Silvia Zoli SINTESI DEI TEMI DISCUSSI:

• In realtà il problema contemporaneo è che si lavora molto di più di un tempo, ma si guadagna meno!!! (es: i nuovi professionisti con la Partita IVA che "rincorrono" ogni lavoro possibile) • Aumenta lo stress ma non il guadagno, tutti corrono corrono... • Se si diffondesse la cultura del lavoro "da remoto" si risparmierebbe tempo, spese, energie... • Ognuno dovrebbe cercare di ottimizzare il tempo speso • Anche le energie per il tempo libero, per gli interessi, la cultura, ecc. sono "utili" • Ci devono essere pari opportunità tra italiani e stranieri • La possibilità di avere una vita dignitosa devo essere alla portata di tutti • I singoli dovrebbero essere pronti a rinunciare a quella parte di lavoro che "non serve" • Le persone dovrebbero essere incentivate ad andare in pensione prima, non solo per cedere il proprio posto, ma per fare un passaggio di consegne e di saperi • Collettivamente si dovrebbe fare una riflessione su molti stili di vita. Servono, ad esempio, le aperture domenicali dei negozi? • Forme di reddito integrativo e servizi a prezzo agevolato per chi sceglie contratti di solidarietà • Maggior controllo negli appalti pubblici • Meno intermediari • Canoni agevolati per i locali sfitti da tempo • Connessione internet con libero accesso per agevolare il telelavoro • Spazi comuni di lavoro (risparmio e sinergia) • Temi da approfondire: filiere lunghe, P. IVA, ecc. • Bisognerebbe educare sin da piccoli i bambini al minor possesso di beni, a SCEGLIERE di avere il giusto, l'utile • Si dovrebbero promuovere reti di famiglie e di singoli per vivere la convivialità in modo più sobrio • Serve una cultura del consumo per consumare tutti meglio • Promozione di gruppi di acquisto • Incentivazione all'utilizzo di prodotti a chilometro zero • Autoproduzione • Sensibilizzazione nelle scuole • Laboratori di "economia domestica" e attività pratiche manuali • Orti su terreni pubblici per le famiglie • Forme pubblicizzate di prestito e noleggio per gli oggetti • Baratto/banche del tempo

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PRESENTAZIONE SINTETICA IN PLENARIA LAVORARE TUTTI, LAVORARE MENO PER VIVERE MEGLIO IN COMUNITÀ. DARE VALORE AL TEMPO LIBERO CHE NON E' VUOTO. NON SOLO C ONSUMARE MENO, MA DIVERSAMENTE

• Cultura e sensibilizzazione • Connesioni libere in città per favorire il telelavoro • Strumenti/agevolazioni fiscali per favorire il part-ti • Occasioni e spazi per favorire il lavoro (co-working) • Pensionamenti come passaggi di consegne • Orari di lavoro rimodulati

• Educazione al consumo e ai saperi pratici • Chilometro zero e gruppi di acquisto di beni • Prestiti, noleggio, scambio di cose ma ance di tempo • Orti • Convivialità sobria

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Storia di un percorso partecipato Il Community Lab, nell'ambito territoriale della Provincia di Ferrara, inizia nel 2013 e vede principlamente attive due città: Ferrara e Comacchio. In quell'anno, la Provincia di Ferrara insieme all'Azienda Usl presentano all'Agenzia Sanitaria e Sociale della Regione Emilia Romagna la candidatura di per attivare un percorso Community Lab11 sulla salute e il benessere delle donne, in particolare sul disagio e la sofferenza legati al lavoro o all'assenza di lavoro. Sono stati realizzati diversi incontri12 di focus group ed eventi pubblici, tra Comacchio e Ferrara, con la finalità di condividere il percorso con diversi soggetti: personale del pubblico impiego (Comuni, Provincie, Azienda Usl e ASP), organizzazioni del terzo settore attive sul tema delle politiche di genere, e persone che gradualemente sono state coinvolte nelle varie fasi del percorso partecipato. L’obbiettivo generale di un Community Lab è la costruzione di una nuova rappresentanza di esperienze e saperi solitamente non rappresentati ed il conivolgimento di chi non ha spazi pubblici di parola, perché resa/o “invisibile” dalla precarietà o dall'esclusione (economica, sociale, culturale). Nella Provincia di Ferrara, in particolare, il Community Lab ha avuto come obiettivo quello di essere un “Tavolo di pensiero e di proposta” sulla salute e il benessere delle donne e di ricerca di nuove “risorse informali” comunitarie, non visibili nella relazione tradizionale con le istituzioni.

Nei focus group del territorio di Comacchio, ogni partecipante prendeva l’impegno di invitare gruppi informali di cittadini o singole persone – con attenzione particolare verso le donne – che solitamente non partecipano agli incontri istituzionali o ad eventi pubblici, ma potenzialmente interessate a questo percorso. La finalità era raggiungere persone che potessero arricchire gli incontri con punti di vista innovativi, scardinando automatismi nel dialogo tra cittadini e istituzioni. La 2ª fase del percorso è stata proporre alle partecipanti delle video-interviste, nelle quali sono state invitate a raccontarsi. Le domande che abbiamo rivolto loro riguardavano il lavoro, o l'assenza di lavoro (quindi il vissuto legato al non lavoro), la conciliazione dei tempi tra famiglia, figli e lavoro, la vita quotidiana rispetto al territorio, quali servizi desiderassero per la loro città e quale avrebbe potuto essere il loro ruolo in questi servizi. Ad ogni focus group, alcune di queste interviste sono state condivise: questo ha fatto sì che altre donne abbiano trovato il coraggio di parlare, di raccontarsi e affrontare tematiche sociali che riguardano anche situazioni di disagio. Le interviste

11L’ obiettivo di fondo del Community Lab è quello di estrapolare dallo studio di casi (esperienze in atto a livello regionale) indicazioni operative su come si potrà realizzare la programmazione locale (Piani di zona per la salute e il benessere sociale) in senso partecipativo, considerando i diversi livelli in cui si articola il processo decisionale. Il Community Lab è un modello di elaborazione partecipata, metodologicamente fondato sulla convinzione che lo studio di contesti "micro" offra le chiavi di lettura per comprendere il livello "macro": le relazioni interindividuali generano risorsa per la comunità, i conflitti concreti svelano distanze nuove; queste concrete dinamiche locali possono svelare nuove forme del disagio sociale, ma anche indicare le risorse disponibili in termini di partecipazione, e valutare il tipo di partecipazione adatta a sostenere nuove forme di welfare. 12 Ferrara Focus Group (8.5.2013, 10.7.2013, 15.10.2013, 11.4.2014,10.7.2014, 18.9.2014,22.10.2014). Laboratori Partecipati (22.5.2014 e 30.9.2014 in media paretecipanti 30 ad incontro). Interviste a singole persone: 20 partecipanti. Evento Pubblico: 15 novembre Future Lab "Quali facce ha la precarietà?" (partecipanti 125 persone). Comacchio Focus Group (05/06/2014, 4.07.2013, 19.09.2013, 17.10.2013, 6.11.2013, 10.4.2014, 6.6.2014 ) Interviste a singole persone realizzate: 40. Eventi Pubblici: 13.12.2013 "Andar per storie: la sofferenza delle donne nel mondo del lavoro" (partecipanti: 80 persone). Laboratori di teatro sociale: 14, 21, 28 e 31 maggio (media partecipanti : 30 persone ad incontro). 2.06.2014 "La Parola delle donne a Comacchio", spettacolo di Teatro Sociale delle donne partecipanti al percoso (partecipanti: 100 persone).

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fatte alle donne partecipanti sono state effettuate nei loro luoghi di ritrovo o in luoghi associativi, per favorire l’intimità e l’apertura (ad esempio presso il Centro Italiano Femminile, il Centro per le Famiglie, un asilo, una cooperativa sociale, oppure ascoltando i racconti di precarietà, partecipando ad alcune manifestazioni di lavoratrici minacciate dalla perdita del lavoro). Le interviste sono poi servite decisamente alle partecipanti dei focus group, per costruire la metodologia di lavoro successiva, ovvero la restituzione alla comunità del lavoro svolto.

E' stato scelto di organizzare un evento pubblico attraverso il teatro sociale, proponendo dei laboratori teatrali per costruire uno spettacolo. Le donne partecipanti hanno reso visibile all’intera comunità di Comacchio – con una metodologia “leggera”, ma forse più coinvolgente e diretta rispetto ai classici seminari, report, dati statistici – le problematiche sociali, i desideri ed i bisogni di una parte della comunità stessa:

Ad oggi, grazie anche alle interviste realizzate, il Comune di Comacchio ha messo a disposizione uno spazio pubblico verde per tutte le famiglie, al fine di condividere momenti di socialità e solidarietà. Inoltre, attraverso l'entusiasmo e l'attiviazione delle donne partecipanti al percorso Community Lab, a Comacchio è attivo un gruppo di persone (donne e uomini, bambini ed anziani) che si riuniscono per condividere le tematiche sociali attraverso il Teatro Sociale Comunitario.

Il Comune di Ferrara , attraverso la sua cabina di regia, ha fatto una scelta diversa riguardo al focus dell’oggetto di lavoro, anche in considerazione della differenza tra il territorio comacchiese e quello ferrarese. Le persone partecipanti hanno condiviso una visione della precarietà che parte da tante diverse esperienze, raccontate direttamente da chi le vive, nel lavoro, nella relazioni, nel modo di vivere la città. Anche in questo caso, con la stessa modalità di coinvolgimento delle persone utilizzata a Comacchio (focus group, interviste, laboratori partecipati) è stato possibile raccolgiere molto materiale. L'evento pubblico di restituzione è stato il Future Lab13, un laboratorio partecipato di co-progettazzione. Si tratta di un processo partecipativo: si ascoltano le persone, si riflette sulle difficoltà del presente e su come si possa affrontarle in una chiave di visione futura, con lo scopo di individuare risorse già vive e presenti nella comunità, un vero e proprio esperimento di cittadinanza attiva. Il Future Lab è anche un processo deliberativo: difatti, alcune proposte progettuali emerse da questa giornata saranno inserite nella programmazione del nuovo piano socio-sanitario.

13La metodologia del Future Lab, ideata dal tedesco Robert Jungk, viene utilizzata nei Paesi del Nord-Europa per la pianificazione e il miglioramento dei servizi al cittadino. In Emilia-Romagna, questo metodo è stato sperimentato a livello regionale dall’Agenzia Socio-Sanitaria su molte tipologie di partecipanti (cittadini adulti, anziani, portatori di handicap, ragazzi) sempre considerati degli esperti in grado di migliorare e arrichire la qualità sia dei processi partecipativi, sia dei servizi che questi processi sono chiamati a far nascere. Il Future Lab si propone come “nuovo setting politico”, vale a dire una nuova forma di elaborazione politica, focalizzata su linguaggi espressivi, narrativi, teatrali e sulla cura dei gruppi, a partire dalle modalità di invito e convocazione delle persone, sino all'elaborazione di forme di convivialità in grado di favorire ulteriormente la pratica della visione e della “navigazione simbolica” nel futuro, sostendo la produzione di “aspirazioni al cambiamento”. Nel Future Lab, la progettualità viene coltivata per 3 fasi: una prima fase di confronto sulla quotidianità dolente (l’evocazione delle fatiche quotidiane e l’esplorazione della domanda «cosa accadrebbe se continuassimo così?»); si passa poi ad una seconda fase, centrata sulla possibilità di emancipazione dalla visione negativa («cosa accadrebbe se modificassimo quegli aspetti?» o, meglio, «quale quotidianità futura vivremmo?»). La terza fase di lavoro ha l’obiettivo di dare corpo e concretezza alla seconda fase:

dall’utopia alla realtà, ovvero «quali azioni bisognerebbe mettere in pratica al fine di realizzare la nostra utopia?».

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Documentazione diffusa ai partecipanti del percorso “Quali facce ha la precarietà”

14 QUALI FACCE HA LA PRECARIETÀ?

Pezzi di vita precaria Estratti dai laboratori di idee realizzati a Ferrara (22 maggio e 30 settembre), dalle interviste15 effettuate a Comacchio e Ferrara nel 2013 nell’ambito del progetto provinciale Community lab “il lavoro e la sofferenza delle donne”, brevi post dalla pagina16 facebook future lab Ferrara e dalla pagina twitter . "Si sta come

D'autunno

Sugli alberi

Le foglie" Giuseppe Ungaretti

Dai 20 ai 30 anni…

“Ci dicono che la precarietà è scrematura di talenti…ma fino a che punto? Cosa so fare io? Chi ci guadagna dal mio lavoro? Secondo me le reti sociali sono importantissime per orientarti nella vita.” “Sono laureata in architettura. Penso che in Italia ci sia una buona formazione universitaria, c'è una grande qualità dell'insegnamento. Però non ti preparano ad affrontare il mercato del lavoro. Sei chiuso in una bolla, senza nessuna possibilità di fare esperienza, dopo la laurea la cosa migliore che ti può capitare è di venire sfruttato all'interno di uno studio di architetti. Io ho sempre cercato di non pesare troppo sulla mia famiglia. Ho mandato curriculum ovunque, a raggi sempre più ampi: in città, in provincia, in regione, in tutto il territorio nazionale, nel mondo intero!” “La mia utopia è poter lavorare senza avere per forza un contratto di lavoro subordinato, per poter fare le attività che mi appassionano ed essere riconosciuta e apprezzata per questo.” “Il posto fisso mi spaventa…ma io voglio un lavoro!! Basta con la formazione infinita. Ho voglia di

14 La grafica del Future lab Ferrara e la realizzazione del Totem Informativo sono a cura di Serena Maioli 15 Interviste realizzate da Tommaso Gradi e Natasha Czertok 16 Pagina facebook e twitter a cura di Francesca Tamascelli

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pratica, di azione. Ho paura di vivere un’ adolescenza prolungata fino alla vecchiaia.” “Nonostante la pesante crisi socio-economica che vive il nostro paese, da quando sono diventata madre vedo il mondo con occhi diversi, colori e profumi che prima non vedevo, non sentivo. Mi sento ottimista, positiva. Sogno per mia figlia e per gli altri bimbi un mondo meraviglioso.” “Sento molto pregiudizio qui, non è possibile integrarsi, è così che si costruisce tensione sociale: con gli stereotipi ed i pregiudizi.” “Lavoravo solo nella stagione estiva: al mare come barista negli stabilimenti balneari, facevo l'animatrice nei villaggi turistici mentre studiavo all'università. Ora dopo un lungo percorso di studio e di tirocinio faccio la farmacista. Mi sento molto fortunata. Avrò 3 mesi di maternità.”

“Vorrei sfatare il mito negativo della donna frustrata che fa la casalinga, per occuparsi della cura della casa e dei figli. Ci si può sentire realizzate anche senza un lavoro. Ho l'esempio di mia madre, una donna felice e soddisfatta come casalinga. Si tiene informata, legge molto. ”

“E’ possibile che io non riesca a trovare un lavoro che abbia una durata annuale? Ho sempre lavorato in estate…mentre gli altri ragazzi vanno in ferie e si divertono… Per fortuna si è presentata l’opportunità di fare il servizio civile. Poi con un’ amica ho aperto un’ associazione di promozione sociale per avviare attività di animazione per bambini. Ora gestiamo un doposcuola e la mia vita è migliorata.” “Ci sono alternative alla svalutazione delle proprie aspettative nel mondo della precarietà?” “Possiamo far fruttare le nostre conoscenze anche senza l'orizzonte del posto fisso?” “Ma come si fa a fare un figlio che ha bisogni a tempo indeterminato, se il contratto (di lavoro) è a tempo determinato?” “Occorrono politiche sociali a sostegno delle partite IVA. Più tirocini innovativi immersi nel vivere quotidiano.” “Cultura e cinema gratis per tutti in cambio di prestazioni intellettuali.” “Io propongo dei servizi per la costruzione creativa dei Curriculum Vitae…Luoghi a supporto della precarietà, spazi per il co-working, la consulenza di rete per alimentare la solidarietà dei vissuti precari….e poi forme di passaggio di competenze.” Dai 30 ai 40 anni…

“La mia strada l’ho trovata tardi. Quando lavoravo in ufficio, con un lavoro “sicuro”- contratto a tempo indeterminato- mi sentivo male, moralmente e fisicamente: facevo un lavoro che non mi piaceva. Per anni mi ero detta delle bugie: che un lavoro creativo era un’utopia irrealizzabile. Le persone vicine a me mi dicevano di aprire gli occhi, di accettare la vita adulta “verz gli occh”. La sofferenza mi ha portato a prendere in mano la mia vita. Se non stai bene con te stessa, non stai bene da nessuna parte. Si confonde il desiderio di lavorare, di essere attivi, con il posto fisso. Davanti a queste scelte siamo soli, io ho avuto il coraggio di dire NO. In molti mi hanno criticato, dicendomi che ero matta. Ma poi tutto è cambiato, ho preso fiducia in me stessa. Ora faccio lezioni di musica per bambini e genitori. Non riesco e non voglio dividere il lavoro dalla mia famiglia ed il

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tempo libero: per me sono un'unica cosa. Mi sono resa conto che ho bisogno di meno cose rispetto a quelle che immaginavo prima, vivo con la mia famiglia una vita low cost, più “lenta”. “Per assurdo mi sono sentita precaria quando ho avuto il contratto a tempo indeterminato presso un’agenzia di una Banca. Sono una neo assunta e non ho figli, a causa della crisi infatti, ogni giorno potrei essere licenziata, la mia agenzia ridimensionata. Vivo in continua sofferenza: ogni giorno che timbro il cartellino spero non sia l’ultimo. Il lavoro fisso rappresenta per me un bisogno essenziale: autonomia dai miei genitori, autonomia materiale garantita.” “Ho studiato per molti anni musica al conservatorio con tanta passione e fatica. Non ho cercato concorsi, un posto fisso da maestra statale. Mi sono detta: ho la capacità e la creatività, voglio essere una libera professionista. Apro una partita IVA e sarò io a proporre progetti. E ha funzionato. Ora convivo però con le difficoltà legate a questa scelta: non posso permettermi una seconda figlia perché non avrò la maternità, se mi assento troppo dal lavoro i miei clienti non mi chiamano più. Penso che non ci sono politiche sociali adeguate a sostegno delle persone che hanno fatto la mia stessa scelta.” “Nel mondo della precarietà, oltre al lavoro sono precari anche gli affetti? Come sono cambiate le relazioni sociali e affettive e come pensiamo che potrebbero/dovrebbero cambiare in futuro?” “La precarietà per una donna immigrata può voler dire diventare clandestina. Per sopravvivere occorre cercare qualche lavoro in nero. Precarietà significa, per me, non la mancanza di un reddito, ma non avere diritti, non avere l’assistenza sanitaria.”

“Ho bisogno di sentirmi accolta dalle altre donne della comunità in cui vivo, dalle famiglie italiane. Sono arrivata in Italia dopo un viaggio di mille disavventure partendo dal Marocco, ero sola con mia figlia di 3 anni. Ora vivo qui. Mi sento italiana e voglio vivere la vita come tutte voi!” “Nello sport allenarsi vuole dire affrontare una gara, una partita finale, ma qui la partita non arriva mai…non ci sono concorsi, non c’è lavoro. Arriva la depressione…e la voglia di agire scompare piano piano.” “La mia fidanzata ha trovato un lavoro a tempo indeterminato appena laureata, ma con la crisi, dopo appena 2 mesi è stata messa in cassa integrazione. Il nostro standard di vita, le nostre aspettative si sono abbassate. Viviamo senza speranza e senza certezze. Io dico…poneteci degli obbiettivi davanti, qualche riferimento verso cui muoverci ..” “Ti viene da pensare ad un figlio come un punto del bilancio economico della tua vita, quando invece dovrebbe essere una scelta di coppia libera e senza vincoli.” “Troppi stimoli. Troppa competizione. Troppo veloce la vita. Ho voglia di lentezza. Sì, una vita lenta!!!” “Non voglio che nel mio CV sia scritto grande capacità a sopportare lo stress. Io non voglio stress” “Ho potuto laurearmi in giurisprudenza grazie ai sacrifici dei miei genitori. Il mio babbo andava a lavorare dalle 5 della mattina fino alle 7 della sera e mia madre faceva gli straordinari. Ora, quando entri nel mondo del lavoro scopri che meno titoli di studio hai meglio è, perchè se hai più qualifiche ti devono pagare di più. Mia nonna mi ha sempre raccontato delle lotte sindacali che faceva con le sue compagne alla manifattura del tabacco, per avere le 8 ore, le ferie, la maternità.

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Mia madre senza bisogno di laurearsi ha trovato un buon lavoro in banca come impiegata. Ora ci sono io, laureata. Guadagno un quarto di quello che guadagnava mia madre..la società torna indietro. Lavoro in una cooperativa che si occupa di commercio equo, il lavoro mi piace molto ma quello che percepisco non è un vero stipendio. In questo momento il lavoro non esiste, bisogna tentare di inventarselo.” “La cosa più difficile in questi anni è stato capire che tutto quello che non riuscivo a fare non sempre era solo colpa mia. Dobbiamo capire che non siamo soli. Bisognerebbe iniziare a fare squadra con quelli che la vivono come te.”

“Sono la mamma di Antonio. Ho iniziato a lavorare all'età di 14 anni facendo lavori stagionali, in pasticceria, al supermercato, fino al termine degli studi universitari. Dopo al laurea ho fatto un concorso e ora sono dipendente. Lavoro per una azienda pubblica che però dista 100 Km da dove abito. La proposta era prendere o lasciare. Ho fatto un sacrificio, comprese le due ore al giorno di viaggio per raggiungere il lavoro, sto fuori casa dalla mattina alla sera. Il mio compagno ha un lavoro precario e abbiamo un mutuo sulla casa che grava sul reddito, però mi ritengo fortunata.”

“La mia gravidanza l'ho potuta fare a casa perchè il mio è un lavoro a rischio. Tornerò a lavorare quando mio figlio avrà 10 mesi.”

“Lavoro in una fabbrica metalmeccanica. Ritornerò a lavorare quando la mia bambina avrà 6 mesi, dopo l'inserimento al nido. Dovrò lavorare fino a mezzanotte, questo fino ai 3 anni di età di mia figlia. Poi avrò i turni fino alle 6 del mattino. Nella fabbrica siamo in 400 persone, la metà sono tutte donne con lo stesso problema.”

“Come tante donne sono sola e separata, con un figlio a carico. Ho la laurea in giurisprudenza ottenuta Romania, ma arrivata in Italia mi sono ritrovata a fare la lavapiatti nei ristoranti per brevi periodi durante l’anno. Quando lavoravo non dormivo mai una notte a casa con mio figlio, non mi davano mai un giorno libero: iniziavo alle 18 e finivo alle 3 di notte.”

Dai 40 ai 50 anni…

“Come è possibile integrare vissuti diversi? Chi si sente precario, chi non si sente precaria... mi chiedo cosa ci accomuna, forse essere genitori… nonni? Sento il bisogno di trovare risposte che ci uniscano.” “Sono una lavoratrice precaria, con contratti a progetto da molti anni, sono anche madre di una giovane precaria. Vivo l’ansia ogni anno nel mese di dicembre, quando scopro se il mio contratto sarà rinnovato o meno.” “Ora il precariato condiziona intere famiglie. Ci hanno raccontato delle balle negli anni 90’. I miei genitori a 30 anni avevano già raggiunto molti obiettivi, io ho potuto studiare all’università, ora molti giovani non hanno più le possibilità economiche per sostenere gli studi.” “Mi chiedo: esisteva il termine precarietà 50 anni fa? Se ci pensate la società del posto fisso è durata solo 2-3 decenni, gli anni 70’ e 80’ e 90’.” “Sono 2 anni che mio marito è in cassa integrazione. Siamo messi male, abbiamo il mutuo da pagare, i figli da mantenere. Se perdiamo il lavoro, i figli rimarranno a casa da scuola perchè non avremo più i soldi per le spese. Togliendoci il lavoro rubano il futuro ai nostri figli!”

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“La mia azienda sta per chiudere. Eravamo pieni di lavoro fino a poco tempo fa. Ora siamo quasi tutti in cassa integrazione. Mi manca il mio lavoro, è fondamentale per fare sopravvivere la mia famiglia. Dobbiamo combattere per sperare che ci sia un futuro. “

“Sono emigrata dalla Puglia al nord-Italia, ero sola con mio figlio e senza un lavoro. Non gli ho fatto mancare niente a mio figlio: ero sempre presente per le sue recite, i compleanni, le feste di Natale e di carnevale: il principale impegno e obiettivo della mia vita è stato lui. Ho lavorato da quando avevo 16 anni presso una fabbrica che produceva conserve di pomodori, nei forni, a temperature altissime, per 9 anni della mia vita. Successivamente ho lavorato per un breve periodo presso un’ impresa di pulizie e poi mille altri lavori precari….senza mai avere una speranza e una sicurezza. ”

“Durante il ricevimento dei genitori, il professore mi ha detto di pensare che mio figlio fosse orfano: andava sempre mio padre a prenderlo. Ora ho chiesto il part- time per seguire i figli, ma sono preoccupata perchè né mio marito né i miei figli più grandi lavorano.” Dai 50 in poi…

“Faccio parte di una generazione per la quale il precariato era una condizione di passaggio, utile per potersi allenare al lavoro, un training per sperimentarsi in diverse attività e condizioni. Dopo anni di precariato infatti sono stata assunta a tempo indeterminato nel 90’, per un lavoro che mi piace e che ho scelto. Ora il precariato è visto come condizione negativa, non più una fase di passaggio, ma definitiva e immutabile, legata alla sofferenza.” “Sono della generazione del “Piano A”, la sofferenza legata al precariato non l’ho mai vissuta sulla mia pelle, appena laureata negli anni 70’, tutti i concorsi che facevo, molti, li vincevo.” “Gli anziani sono invidiosi dei giovani. Penso sia per questo motivo che non si trasmettono le esperienze nelle grandi organizzazioni di lavoro. Ci sarà un futuro dove le esperienze saranno condivise??” “Sento troppa competizione tra le generazioni. Non c’è più solidarietà.”

“Da giovane ho studiato alla Facoltà di Lingue, poi mi sono sposata, è nata la prima figlia, poi la seconda… e mio marito lavorava, faceva carriera nel lavoro e nella politica. Ma a casa non c'era mai. Ero io che dovevo badare alla famiglia. Così ho dovuto abbandonare gli studi e i miei sogni. Ogni autunno andavo in crisi, mi ero ridotta solo a lavare i panni, i pavimenti, curare i figli, mentre mio marito andava in giro fino a mezzanotte…mi dicevo: nella mia vita non ho combinato un bel niente, sono la serva della famiglia. Poi ho deciso di reagire, ho iniziato a fare volontariato, ho dato tutta me stessa. Nel frattempo ho aiutato anche le mie figlie a crescere le nipotine, volavo da una parte all'altra.”

“I nonni sono una risorsa fondamentale, sia pratica che economica.”

“Dal lavoro al pensionamento ho subito un senso di perdita. Prima ero io che determinavo la mia agenda: il tempo del lavoro, della casa…adesso i mie orari li determinano i miei figli, i miei genitori non autosufficienti bisognosi di cure”

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“Mia madre faceva la parrucchiera, poi sono nata io, e altri due figli...ha dovuto chiudere il negozio per stare con noi: ne ha sofferto molto perchè lavorare le piaceva.”

“Mia figlia è laureata ma sarà probabilmente una futura disoccupata. La situazione delle nostre figlie è questa.”

Se io ti dico precaria/o tu mi dici…

“ Incerto, Insicuro, Instabile, Provvisorio, Revocabile, Temporaneo, Transitorio”

“(P)asso i gio(R)ni s(E)nza (C)certezze (A)spettando un futu(R)o che (I)nvano s(O)gno”

“Effimero, Cagionevole, Mutevole”

“Povero”

“Rispetto, Umanità, Partecipazione, Preoccupazioni, Salute, Cultura, Integrazione, Arcobaleno, Aria, Luce, Solidità, Altalena, Amore, Famiglia, Speranza, Lavoro, Scuola, Ricordi”

“Insicurezza, Maternità, Pregiudizio, Tolleranza”

“Educazione, Ricchezza, Tradizione, Innovazione, Genitorialità, Formazione, Apertura, Mutevolezza”

“Collaborazione, Aiuto/sostegno, Nuovi orizzonti, Ascolto, Sensibilità, Organizzazione”

“Donne, Mamme, Storia, Tecnologia”;

“Collaborazione, Aiuto, Ricordi ed insegnamenti, Calore, Fiducia, Disponibilità, Ampliare le menti, Rispolverare vecchi mestieri, Maggior ascolto per i bisogni, Aumentare la sensibilità verso il prossimo, Interessare i giovani con l’aiuto degli anziani, Maggior dialogo tra amministratori e cittadini di ogni tipo”

“Precarietà, Comunità, Competenze, Benessere, Indipendenza, Creatività, Felicità, Liberazione”

“Condivisione, Casa, Aspettative, Creazione, Prospettive, Dinamicità, Cambiamento, Umiltà, Pazienza, Rispetto”

“Pianto,Infanzia, Matrimonio, Figlio, Separazione, Responsabilità, Coraggio, Difficoltà, Resistenza, Mobbing”

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I PARTECIPANTI

Chiara Sapigni Paola Castagnotto Lucia Bergamini Tommaso Gradi Serena Maioli Francesca Tamascelli Monia Finessi Natasha Czertok Martina Pagliucoli Marcello Duo Ilde Peverati Priscilla Madau Francesca Venturoli Cecilia Colombo Miriam Cariani Valeria Rustici Isabella Facecchia Manuela De Zordo Davide Della Chiara Elena Maioli Fausto Pagliarini Sabina Tassinari Massimo Bovolenta Emanuela Marconi Settembrini Shana Abla Rouadi Giorgia Laudicella Cecilia Dall’Ara Chiara Bertelli Ballan Fatima Cristina Forlani Raffaella Forlani Elena Russo Chantal Toschi Sara Cattin Federica Rizzati Daniela Sejdirj Mayya Sogomonyan Giovanna Carlini Luna Giubellini Francesca Bellettati Chiara Balestra Elona Kurti Francesco Bregola Pierluigi Zironi Marisol Machuca

Vincenza Pellegrino Carla Golfieri Lidia Frazzei Vanessa Vivoli Fabrizia Paltrinieri Fausta Martino Silvia Zoli Martina Stevoli Elisa Galeati Samid Hassan Marco Fiore Anne Marie Tsaglieli Elisabetta Azzali Tonina Droghetti Chiara Turra Marzia Bregoli Alice Balboni Paola Poggipollini Elsa Franza Cavallini Lino Benini Linda Toselli Ilaria Rossi Claudia Leuemberger Giorgia Giglioli Lilli Garbellini Patricia Ineye Antonella Bergonzoni Federico Monesi Marco Caramori Mary Beccati Laura Antolini Guido Giglioli Sara Bovoli Sandra Ferrighi Betty Alvarez Rita Baraldi Sandra Bombardi Raffaella Ferrari Valentina Cavicchi Davide Nanni Faiza Ben Hammadi Margerita Dall’Olio Micol Rovigatti Gianluca Ferioli Marina Tuffanelli Benedetta Strozzi

Greta Dalla Libera Arianna Carlini Musacchi Sharon Mariano Forgione Daniele Cappelli Ilham Rouadi Anna Tamascelli Nicole Sassone Nicola Massari Lucrezia Caramori Magnani Lorenzo Lorenzo Boccafogli Luana Vecchi Maria Carlotta Rossi Maddalena Bonafini Vera Perri Patrizia Del Sordo Solange Bastos Gaia Lembo Garni Samire Federica Pezzoli Gianni Medici Andrea De Salvo Doretta Pretti Francesca Bolleninari Sofia Gradi Celeste Manzali Agata Bovolenta Francesca Schiavina Giorgia Schiavina Moukhabir Abdenour Miracolo Santiago Useche Emma Della Chiara Pietro Giglioli