RESTARE PER RESISTERE - esercito.difesa.it

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Periodico trimestrale 3/2021 - € 4 (in Italia) - www.esercito.difesa.it - Data prima immissione 15/09/2021 RESTARE PER RESTARE PER RESISTERE RESISTERE IL COLONNELLO MONTEZEMOLO IL COLONNELLO MONTEZEMOLO

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IL GENERALE CUCINO E LA IL GENERALE CUCINO E LA RISTRUTTURAZIONE DEL 1975-77RISTRUTTURAZIONE DEL 1975-77

32021

FRANCO DI SANTO

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Cari lettori,

Con questo numero di Rivista Militare mi congedo da voi poiché in procinto di cedere la Direzione di questo prestigioso periodico e di lasciare il servizio attivo, dopo più di 38 anni di vita militare che hanno fatto di me quello che sono. Tale occasione mi permette un’ulteriore riflessione sulla professione militare da me vissuta in questi decenni. Ogni giorno mi sono chiesto cosa significasse essere militari, una condizione unica e atipica nel panorama dei servitori dello Stato, e ne ho tratto una personale risposta che ho il piacere di condividere con voi.La condizione militare deriva da una disponibilità illimitata al servizio che è necessaria premessa di affidabilità; origina dalla subordinazione degli interessi personali a quelli dell’organizzazione militare per contribuire all’ottimale funzionamento di quest’ultima, dalla lealtà all’Istituzione ed agli scopi da questa perseguiti coerentemente alla Costituzione e alle leggi; è concretizzata dalla coscienza di servire sempre la comunità; è garantita dall’imparzialità dei militari che si fonda sulla loro estraneità alle lotte politiche e sociali, fedeli solo al giuramento prestato verso lo Stato fondato sui principi democratici, garantiti dalle libere Istituzioni previste dal nostro ordinamento costituzionale.La militarità è, in ultima analisi, una “Regola” spirituale, chiara e vincolante per tutti, che deve essere intimamente accettata perché ne rappresenta l’atipicità, la peculiarità e la distinzione. Solo la quotidiana pratica della “Regola” ci rende degni del sacrificio di chi ci ha preceduto, del patto di fiducia instaurato con i cittadini e delle speranze che il Paese ripone in noi.Dirigere la Rivista Militare, ancorché per un tempo limitato che però si assomma al precedente periodo svolto come Capo Redattore, ha significato molto per me che della Rivista Militare sono stato giovane lettore in anni ormai lontani: anche a tale lettura di allora faccio risalire la mia convinta e fortunata scelta della vita militare. Per questo ho sentito forte la responsabilità ma anche profondo l’orgoglio di diventarne Direttore, consapevole come nessun altro dell’indispensabile strumento di conoscenza e riflessione sul mondo militare (e non solo) rappresentato dal nostro autorevole periodico, oggi come ieri.Concludo con un grato pensiero alle superiori autorità, ai predecessori nel prestigioso incarico (tra loro, mi sia consentito di citare i Direttori Marco Centritto e Marco Ciampini che mi hanno insegnato il “mestiere” e molto altro ancora) e a tutti i miei preziosi collaboratori senza i quali nulla sarebbe stato possibile, augurando al mio successore Col. Giuseppe Cacciaguerra, a cui sono legato da profondi sentimenti di amicizia e di stima, ogni brillante successo professionale e piena soddisfazione personale nel solco della migliore tradizione della Rivista Militare, invitto (e solitario) caposaldo culturale dell’Esercito e del Paese.

ColonnelloFranco Di Santo

L’editoriale

Nel prossimo numero

Il Centenario del Milite Ignoto

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SOMMARIO

L’EDITORIALE

NOTIZIE E CURIOSITÁ

PENSIERO

AZIONE

ADDESTRAMENTO

OPERAZIONI

UNITÀ MEZZI ARMI EQUIPAGGIAMENTO E PROGETTI

L’uomo ha bisogno di ritidi Simone Tarantino

Le sfide del Kosovodi Sarah Ibrahimi Zijno Matteo Bressan

Giuseppe Cordero Lanzadi Montezemolodi Sabrina Sgueglia della Marra

La Grande Illusione di Norman Angelldi Giuseppe Cacciaguerra

Conference of European Armies 2021di Bruno Pisciotta

L’arte operativa sovieticadi Carlo Conte

Un polacco nella liberazionedi Sylwia Zawadzka

L’operatore Cyber dell’Esercitodi Luca Iuliano

Addestrare le forze localidi Antonio Merenda

Tecnologia e nuovi scenaridi Giovanni Lastella

L’Esercito Italiano per “Irini”di Pasquale Domenico Miccichè

L’abbonato recorddi Pieluigi Bussi

I più cliccati

La Scuola di Applicazione e la rinascita di Torinodi Maria La Barbera

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LO SPECIALE

RUBRICHE

PERCHÈ SI DICE COSÌ20

FOTO D’AUTORE21

L’INTERVISTA25

26 lanci prima del successodi Pierfrancesco Sampaolo

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Lorenzo Giaconia vince il premio Montecuccolidi Pieluigi Bussi

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Afghanistandi Massimiliano Marchitiello62

Un brand in evoluzionedi Francesco Greco

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La Kosovo Security Forcedi Vincenzo Stella

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RECENSIONI102

FORTI E RESISTENTI88

Italiani in Africadi Andrea Crescenzi

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DEDIZIONE

SPORT & FITNESS

VALOR MILITARE

IL SOLDATO DEL GIORNO

Proprietario

MINISTERODELLA DIFESA

Norme di collaborazione

EditoreDifesa Servizi S.p.A. - C.F. 11345641002

STATO MAGGIORE ESERCITOUfficio GeneralePromozione, Pubblicistica e Storia

Direttore responsabileColonnello Franco Di Santo

Redattore CapoTenente Colonnello Pierfrancesco Sampaolo

Coordinamento attività editoriali e Redazione pubblicazioniRossella Borino Esposito, Marcello Ciriminna, Raimondo Fierro, Andrea Maria Gradante, Annarita Laurenzi, Maria Perillo, Igor Piani, Pasquale Scafetta

Segreteria e diffusioneClaudio Angelini, Sergio Di Leva, Silvio Morini, Alessandro Serafini, Ciro Visconti

SedeVia di San Marco, 8 - 00186 RomaTel. 06 6796861

AmministrazioneDifesa Servizi S.p.A.Via Flaminia, 335 - 00196 RomaDirezione di Intendenza dello Stato Maggiore dell’EsercitoVia Napoli, 42 - 00187 Roma

StampaGemmagraf 2007 S.r.l.Via Tor de Schiavi, 227 - 00171 RomaTel. 06. 24416888

DistribuzioneDistribuzione SO.DI.P. “Angelo Patuzzi” S.p.A. Via Bettola 18 - 20092 Cinisello Balsamo (MI) Tel. 02. 660301 Telefax 02. 66030320

Abbonamento Annuale

Italia: Euro 12,00Estero: Euro 12,00 (più spese di spedizione)

Un fascicolo arretrato Euro 4,00 (più spese di spedizione a carico del richiedente)L’importo deve essere versato sul c/c postale 000029599008 intestato a Difesa Servizi S.p.A. oppure tramite bonifico intestato a Difesa Servizi S.p.A. - codice IBAN IT 37 X 07601 03200 000029599008- codice BIC/SWIFT BPPIITRRXXX.

Iscrizione al Registro della Stampa del Tribunale Civile di Roma n. 944 del 7 giugno 1949

ISNN 0035-6980

Periodicità trimestrale

Copyright © 2021 Riproduzione riservata

INDIRIZZI WEBInternet: www.esercito.difesa.itIntranet: www.intranet.esercito.difesa.it

INDIRIZZI E-MAIL presentazione proposte editoriali [email protected] materiale e comunicazioni: [email protected] abbonamenti:[email protected]

Edizione digitale: Marcello Ciriminna

Gioco e fantasiadi Stefano Fiorentino

Una Formazione Internazionaledi Elpidio Crispino

Atleti Militariorgoglio dell’Esercitodi Davide Dallago

Una disciplina da duridi Davide Dallago

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IN COPERTINAColonnello Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo

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VTLM 2 NECdi Francesco Di Berardino

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Centauro IIdi Paolo De Benedetto

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Obiettivo qualità della vitadi Antonio Garofalo

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Parla Giovanni Cremascoli, fedele abbonato di Rivista Militare dal 1953, non ha perso un numero del perio-dico dell’Esercito Italiano: “Nel corso degli anni ci sono state importanti novità con rubriche interessanti, ma la rivista ha comunque conservato le sue tradizioni, incentrate sulla difesa dei valori ed il senso di appartenenza nei confronti delle istituzioni”.Giovanni Cremascoli, 88 anni, è en-trato a tutti gli effetti nel guinness dei lettori storici di Rivista Militare, ne conserva la raccolta da ben sessan-totto anni. Sin dalla giovane età, ha mostrato interesse verso il mondo militare. In particolare, ha svolto il servizio di leva, frequentando il 23° corso per Allievi Ufficiali di Comple-mento a Lecce e la Scuola Allievi Ufficiali e Sottufficiali di Artiglieria a Foligno. Fu poi assegnato al 9° rgt. artiglieria pesante Trento, dove com-pletò il servizio di prima nomina. Ma nonostante questo forte legame con il mondo militare, improntò la sua carriera nel mondo civile, quale diri-gente, presso l’Amministrazione Co-munale di Monza, dove ricoprì inca-richi quale Comandante della Polizia Locale, Vice Segretario Generale e poi Segretario Generale reggente. L’attività lavorativa svolta, tuttavia, non intaccò minimamente il suo ap-passionato interessamento al settore militare, che proseguì con la naturale adesione alle Associazioni d’Arma. Attualmente, è iscritto all’Unione Na-zionale Ufficiali in Congedo d’Italia, è Presidente della locale sezione

dell’Associazione Nazionale Artiglieri d’Italia di Monza e Vice Presidente provinciale dell’ASSOARMA di Mon-za e della Brianza.

Lei è il più fedele abbonato di Rivi-sta Militare. Perché questa scelta? C’è un’immagine nella sua memo-ria che ricollega al momento in cui ha deciso?

“Fin da giovane ho sempre avuto una sorta di venerazione verso il mondo militare. In un primo momento sono stato trascinato dalla curiosità, ma in seguito la passione si è arricchita e c’è stata la voglia di coltivare sem-pre di più nozioni su quelli che sono i principi che caratterizzano l’appara-to delle Forze Armate. Agli inizi degli anni ’50, esistevano poche pubblica-zioni che si occupavano di “cultura militare”. Rivista Militare era l’unico periodico che potesse soddisfare le mie esigenze, sicuramente un cana-le molto utile per approfondire la ma-teria. Ho la fortuna di possedere tutti i numeri, probabilmente la mia è una passione innata”.

Ci racconti il suo rapporto con Rivista Militare e com’è cambiato nel tempo?

“Sicuramente un rapporto positivo.

In questo lungo periodo da lettore ho riscontrato alcune trasformazioni e la volontà di accostare le esigen-ze del mondo militare a quello civile. Per esempio, ritengo molto interes-santi alcune sezioni come la rubrica “Valor Militare” che mette in risalto le capacità spesso nascoste dei nostri soldati, le interviste alle alte cariche dell’Esercito Italiano, le anticipazio-ni e informazioni sui bilanci e spese sostenute dalle Forze Armate. Molto apprezzati gli articoli di geopolitica e tecnologia militare, dai droni ai robot, argomenti seppur complicati per noi anziani, ma che hanno implicazioni e risvolti di grande interesse. Inizial-mente alcuni articoli erano particolar-mente tecnici, se si considera la mia limitata conoscenza della materia; in seguito la rivista si è arricchita di contenuti che mi sembrano utili e ben inseriti nel nostro contesto sociale. Nonostante le innovazioni, il periodi-co ha comunque conservato le sue tradizioni, incentrate sulla difesa dei valori e il senso di appartenenza nei confronti delle istituzioni”.

La nostra Rivista può essere uno strumento utile per il “soldato del futuro”?

“Penso proprio di sì, sempre salva-guardando le sue origini e la sua identità. È un periodico che ha sem-pre approfondito aspetti storici, evite-rei un salto generazionale con con-tenuti di stampo giornalistico, non mi scosterei troppo dal passato, seppu-re ritengo molto avvincente la nuova veste moderna, adeguata ai nostri tempi”.

Qual è il suo rapporto con il mon-do militare?

“Direi ottimo, essendo anche iscrit-to all’U.N.U.C.I. ho la possibilità di continuare a vivere seppur indiret-tamente la realtà militare. Inoltre, la stessa partecipazione alla vita delle Associazioni d’Arma mi consente di mantenere un positivo scambio di notizie ed opinioni contribuendo, in tal modo, a tenere desta e sempre più allargata la cosiddetta “cultura della Difesa” anche nell’ambito della società civile”.

di Pierluigi Bussidi Pierluigi Bussi

L’ABBONATO RECORDL’ABBONATO RECORD

NOTIZIE E CURIOSITÀ

“Ho la fortuna di pos-sederli tutti, ordinati e protetti come oracoli”

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19n. 3/2021 I Rivista Militare

I PIÙ CLICCATII PIÙ CLICCATI

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LORENZO GIACONIA VINCE IL PREMIO MONTECUCCOLI

di Pierluigi Bussi

L’Allievo Istruttore si è distinto con una tesina che analizza i linea-menti essenziali della campagna napoleonica del Danubio (1805), e sviscera come la manovra militare tattica operativa, coordinata e sin-cronizzata con le altre, può ancora oggi costituire fattore di successo nelle operazioni militari terrestri. Grande soddisfazione ma anche un’esperienza formativa per il vin-citore. “Approfondire l’intelligenza tattica di Napoleone è affascinan-te, le sue strategie di guerra pos-sono essere ancora utilizzate in un teatro più moderno caratterizzato dalla tecnologia”. Il Premio “Raimondo Montecuccoli”, istituito nel 2016 dallo Stato Maggio-re dell’Esercito è dedicato agli allievi dell’Accademia Militare di Modena che si sono distinti nel campo della Tattica e della Dottrina Militare. Presenta ope-re inedite di storia militare e contributi di pensiero riferiti a temi di carattere storico dottrinale. Il concorso lettera-rio è un punto di partenza per i “futuri Comandanti di uomini”, da valorizzare già durante la frequenza degli istituti di formazione. La Forza Armata, con questo premio, si prefigge lo scopo di legittimare la Dottrina come elemento necessario nel conseguimento degli obiettivi, considerando la conoscenza della dottrina militare un fattore essen-ziale per ogni combattente e in partico-lare per gli Ufficiali. Ventitré anni, di Velletri, figlio d’arte, Lo-renzo Giaconia entra in Accademia nel biennio 2018-19; appassionato di arti marziali, è un grande lettore di romanzi di fantascienza, ama la storia ma non si ritiene un esperto conoscitore della materia. Il cadetto spiega in un’intervi-

sta a Rivista Militare come ha vissuto questa avvincente esperienza. “Sono stato selezionato in quanto classificato tra i primi nella materia di Arte Militare in Accademia, il mio compito era quello di approfondire l’analisi della manovra; inizialmente non è stato facile, in quel periodo ero stato qualificato come in-quadratore e non avevo molto tempo a disposizione, ma nelle mie brevi pau-se mi sono dedicato costantemente alla studio della materia”.

L’Allievo ci tiene a sottolineare la gran-de emozione vissuta dopo aver ricevu-to la notizia: “Una soddisfazione inde-scrivibile, soprattutto una esperienza formativa”. Durante l’elaborazione della tesina Lo-renzo è rimasto affascinato dalla figura di Napoleone e dalla sua intelligenza tattica: “Un uomo carismatico, è impres-sionante come ha preparato la battaglia di Ulm ed ha organizzato l’esercito, una visione moderna fuori da ogni schema

NOTIZIE E CURIOSITÀ

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in quell’epoca”. Giaconia ritiene che le strategie messe in campo dal genio militare francese possano essere uti-lizzate anche oggi: “Ovviamente con le dovute accortezze e aggiustamenti. Il concetto di guerra si sta evolvendo ma i principi di base, per esempio muovere ed aggirare il nemico utilizzando l’oc-cultamento, sono attuabili anche oggi. Attraverso la cyberwarfare, oppure cer-cando di disturbare gli apparati di sor-veglianza si può ricreare quello che era l’occultamento realizzato da Napoleone avvalendosi del terreno. In definitiva una trasformazione di quella manovra però collocata in un teatro più moderno caratterizzato dalla tecnologia”. L’autore nel suo lavoro mette in luce la lungimiranza di Napoleone Bona-parte nell’attuare con maniacale rigo-re il concetto di manovra. “L’efficacia della manovra del Generale france-se, non fu quella di tentare di aggira-re il nemico bensì nella sua capacità di muovere in maniera estremamen-te rapida le sue truppe sfruttando l’occultamento del terreno collinare che caratterizzava l’area circostante. Lungo il Danubio, la Grande Armata copriva un fronte di 200 chilometri. I vantaggi erano triplici: 1) l’estensione non permetteva al nemico di sapere da quale punto sarebbe provenuto l’attacco più massiccio; 2) permet-teva a Napoleone di intrappolare il nemico in qualsiasi luogo egli aves-se deciso di concentrare le forze; 3) il nemico era spinto a schierare le sue formazioni per coprire tutti i set-tori dello schieramento francese dira-dando di molto le sue truppe. Tutta-via, la dispersione iniziale lasciava il posto ad una fase di concentramento graduale a mano a mano che il mo-mento dello scontro si avvicinava. In tal modo, Napoleone fuse marcia, combattimento e inseguimento in un’unica azione continua. Ciò che premiò questa manovra fu, di fatto, la velocità di spostamento delle sue truppe (si parla di Blitzkrieg di Napo-leone) e il grande numero di uomini da lui impiegato (concetto di massa). Questa rapidità era resa possibile da tre fattori: l’autodisciplina; l’indipen-denza dei Corpi d’Armata; il non aver impiegato lunghi e lenti convogli di scorte, utilizzando le risorse locali”. Il Premio intitolato a Raimondo Monte-

cuccoli (1609-1680) ricorda la storica figura di uomo, soldato, letterato euro-peo. Principe di Montecuccoli, Conte dell’Impero; Luogotenente Generale e Feldmaresciallo; Signore di Hohe-negg, Osterburg, Gleiss e Haindorf; Presidente dell’Imperial Consiglio Aulico Militare; Gran Maestro dell’Ar-tiglieria e Fortificazioni; Governatore della Raab e Colonnello - proprietario di un reggimento di cavalleria; Reale Consigliere Segreto; Camerlengo e Cavaliere dell’Ordine del Toson d’O-ro. Nato nel Castello di Montecuccoli, un tempo compreso nel territorio del Ducato di Modena, oggi appartenente al Comune di Pavullo nel Frignano, fu celebre condottiero, militò al servizio dell’Impero nella Guerra dei Trent’an-ni e in altre campagne, fra cui quel-la contro i turchi, da lui sconfitti nella battaglia di San Gottardo nel 1664. Montecuccoli è stato un Maestro nel campo della cosiddetta «Strategia Globale». Perfetto conoscitore delle relazioni tra politica e guerra, compre-se come questa fosse caratterizzata da una sostanziale irrazionalità. Ave-va ben chiare le cause psicologiche, sociali e religiose delle guerre del suo tempo. Aveva intuito che la guerra era un insieme variegato di fattori, ognu-

no bisognoso di necessario approfon-dimento al fine di aver garantita la vit-toria. L’addestramento, l’ordinamento, le infrastrutture, la logistica sono tutti elementi imprescindibili per l’ottimale funzionamento dell’esercito. Monte-cuccoli fu anche scrittore, teorico, fi-losofo, poeta. Uno dei migliori autori letterari del XVII secolo. Famosi i trattati d’arte militare, che fu-rono curati ed editi da Ugo Foscolo. Le sue doti di prosatore vigoroso e conciso spiccano principalmente nei famosi Aforismi dell’arte bellica. Anti-cipò, poi, con i suoi scritti l’approfon-dimento di tematiche oggi di grande attualità come la guerra psicologica, le operazioni speciali nonché i prin-cipi della lotta antiterroristica. Le sue esperienze militari gli diedero una visione della guerra molto più artico-lata e chiara rispetto ai tempi, propo-nendolo per lungo tempo come un indiscusso conoscitore e innovatore dell’Arte militare.

BIBLIOGRAFIA

Di Santo F., Raimondo Montecuccoli: Uomo, soldato, letterato europeo, Fa-scicolo Rivista Militare, Roma, 2009.

Ritratto di Raimondo Montecuccoli (1609-1680).

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Adriana Cordero Lanza di Montezemolo è l’ultimogenita del Colonnello Giuseppe Montezemolo, il capo del Fronte Militare Clandestino di Resistenza, Medaglia d’Oro al Valor Militare, eroe della Resistenza, massacrato alle Fosse Ardeatine nel pomeriggio del 24 marzo 1944, assieme agli altri 334 prigionieri politici, ebrei, detenuti comuni che erano stati prelevati dalla prigione nazista di via Tasso e dal carcere di Regina Coeli, a seguito dell’attentato di Via Rasella a Roma. Nella sua abitazione romana, proprio sulla Via Ardeatina, custodisce le memorie di suo padre con il compito di divulgarle e non farle affievolire così come, prima di lei, fece la madre Juccia (Amalia), scomparsa nel 1983.

Perché suo padre intraprende la carriera militare? È una vocazione personale o intende portare avanti la tradizione familiare?

Sicuramente intraprendere la carriera militare è stata una vocazione personale che lo ha fatto partire volontario a 17 anni nella Grande Guerra, e che poi, essendo stato congedato alla fine della guerra, lo ha fatto partecipare e vincere un concorso per rientrare nell’Esercito in servizio permanente effettivo, pur avendo un ottimo lavoro da ingegnere. Non escludo, però, che le tradizioni militari della famiglia fossero nel suo dna.

Quando capisce che il fascismo è un regime oppressivo che avrebbe portato l’Italia alla rovina?

Già negli anni Trenta, dopo la guerra di Spagna, diceva che il fascismo non era più quello di prima e si preoccupava dell’amicizia di Mussolini con Hitler perché temeva l’intervento dell’Italia in guerra, dato che si rendeva perfettamente conto della nostra impreparazione.

Quando decide di resistere ai nazifascisti?

Al momento dell’occupazione dei tedeschi del Ministero della Guerra dove era il Comando della Città Aperta non ha avuto un attimo di dubbio, ha rifiutato di accompagnare il Generale Calvi in prigionia ed ha iniziato la resistenza.

Riuscì a far arrivare qualche messaggio alla famiglia e ai suoi collaboratori durante la prigionia?

AdriAnA Cordero LAnzA di MontezeMoLo

L’INTERVISTA DEL DIRETTORE

“IL SUO PIÙ GRANDE INSEGNAMENTO È STATO L’ESEMPIO DELLA SUA VITA”

La figlia dell’eroe della Resistenza parla con noi

“Al momento dell’occupazione dei tedeschi non ha avuto un attimo di dubbio”

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Sì. È riuscito a inviarci tre bigliettini in cui dava informazioni per mettere in guardia alcuni ufficiali attivamente ricercati dai tedeschi; dava consigli su come impostare la sua difesa in un eventuale processo, e infine per dire quanto amava la mamma e che rimpiangeva soltanto noi.

Qual è il suo più grande insegnamento, perché il Colonnello Montezemolo dev’essere ricordato?

Il suo più grande insegnamento è stato l’esempio della sua vita e lo dobbiamo ricordare per la sua assoluta onestà nei pensieri e nelle azioni, per il suo coraggio, per la fedeltà al dovere e per il suo amore per la Patria che anteponeva anche a quello per la famiglia.

In collaborazione con la dottoressa Sabrina Sgueglia della Marra

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GIUSEPPE CORDERO LANZA DI MONTEZEMOLO

di Sabrina Sgueglia della Marra

Il capo del Fronte Militare Clandestino di Resistenza

Il Colonnello Montezemolo a cavallo durante una parata.

PENSIERO

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Giuseppe Cordero Lanza di Monte-zemolo nacque a Roma il 26 maggio del 1901 in una famiglia di antica tra-dizione militare originaria di Mondovì, in provincia di Cuneo. Arruolatosi volontario a soli dicias-sette anni e assegnato alle truppe mobilitate in zona di guerra del 1° reggimento Alpini, ricevette il battesi-mo del fuoco il 31 agosto del 1918. Al termine del conflitto, promosso Sot-totenente di complemento e asse-gnato al 1° reggimento Genio, il 2 no-vembre del 1919 prestò giuramento di fedeltà al Re e ai suoi successori.Nel gennaio successivo, si congedò e riprese gli studi universitari, inter-rotti due anni prima, al Regio Politec-nico di Torino. Conseguita la laurea in Ingegneria civile, il 29 luglio 1923, trovò lavoro come ingegnere proget-tista e, nell’agosto successivo, sposò Amalia Dematteis, da cui avrà cinque

figli: Manfredi, Andrea, Lydia, Ysolda e Adriana. La vocazione militare, però, non era sopita: il 18 dicembre del 1924 fu no-minato Tenente del Genio. Nel gennaio del 1928, col grado di Capitano, ottenne il comando della 1ª Compagnia del reggimento Ferro-vieri del Genio di Torino e cominciò a insegnare Scienza delle Costruzioni alla Scuola di Applicazione di Artiglie-ria. Dal 1930, per tre anni, frequentò la Scuola di Guerra ove si classificò primo e il 27 novembre del 1934 fu nominato 1° Capitano al comando del Corpo d’Armata di Torino.Allo scoppio della guerra d’Etiopia, nell’ottobre del 1935, Montezemolo venne richiamato a Roma all’Ufficio Servizi del Corpo di Stato Maggiore. In seguito, ottenuto il comando di un battaglione del 1° reggimento Genio a Vercelli, nel settembre del 1937 si

arruolò nel Corpo Truppe Volontarie italiano in partenza per la Spagna e, divenuto capo di Stato Maggiore della Brigata “Frecce Nere”, ottenne la promozione a Tenente Colonnello per merito di guerra e una Croce di Guerra al Valor Militare. Alla vigilia dell’entrata in guerra del Regno d’Italia, il 4 giugno del 1940, fu trasferito al Comando Supremo dell’E-sercito e posto a capo dell’Ufficio Ope-razioni dello scacchiere africano. Nel maggio 1943, ottenne la pro-mozione a Colonnello con anzianità primo luglio 1942 e gli venne confe-rita la croce di cavaliere dell’Ordine Militare di Savoia. La sua presenza fu determinante nei principali vertici militari con le autorità tedesche: par-tecipò anche al drammatico incontro di Feltre, il 19 luglio 1943, quando ormai era profondamente deluso dal fascismo e persuaso che la sconfitta

Montezemolo secondo da sinistra, con dei colleghi.

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fosse inevitabile. Ebbe infatti un ruolo di spicco nel progetto volto a desti-tuire Mussolini promosso dal capo di Stato Maggiore Generale Ambro-sio, succeduto a Cavallero. Dopo la caduta del regime fascista, il nuovo capo del governo, Badoglio, lo volle accanto a sé e gli affidò la direzione della sua segreteria particolare. Ma a Montezemolo non poteva che andar stretta una mansione di tipo politico e, sollevato dall’incarico su sua esplicita richiesta, si mise a di-sposizione del Generale Carboni che lo pose al comando dell’11º Rag-gruppamento Genio motocorazzato. L’armistizio con gli Alleati, l’8 settem-bre 1943, lo sorprese mentre era im-pegnato nell’allestimento dell’unità combattente. Nelle ore immediata-mente successive, la furia tedesca si abbatté sulla capitale. Il Colonnello, lasciato senza ordini superiori, par-tecipò strenuamente alla difesa di Roma e fece parte della delegazione italiana che il 10 settembre raggiun-se il comando del Maresciallo Kes-selring per concludere la resa, otte-nere il riconoscimento dello status di città aperta per la capitale e stabilire i rapporti che sarebbero intercorsi con le autorità occupanti. Calvi di Bergolo, comandante del-la città aperta, lo pose a capo del-la direzione dell’Ufficio affari civili e quando, il 23 settembre 1943, venne fondata la Repubblica Sociale, Mon-tezemolo non ebbe esitazioni: rifiutò di prestare giuramento di fedeltà al fascismo rinato a Salò e riconobbe nel Governo del Sud l’unico legitti-mo. È proprio in quelle ore che in lui prese corpo il progetto di un’orga-nizzazione militare clandestina che resistesse ai nazifascisti e proteg-gesse la popolazione: il Fronte Mi-litare Clandestino di Resistenza. In pochi mesi, il FMCR poté contare su un organico che raggiunse dodici-mila patrioti operanti nelle bande in-terne, entro le mura della capitale, e diciassettemila effettivi nelle bande esterne che, grazie a Montezemolo, vennero legittimamente riconosciute come un Reparto delle Forze Arma-te italiane rimasto isolato in territorio occupato, formato da combattenti regolari in servizio militare presso le varie zone d’operazione. L’organiz-

Targa presso l’abitazione romana di Montezemolo in via Giovanni Battista Vico 31.

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zazione clandestina stabilì un con-tatto radio col Comando Supremo trasferitosi a Brindisi che, tra le sue prime comunicazioni, designò il Co-lonnello suo diretto rappresentante in Roma col compito di predisporre e dirigere la lotta di liberazione. Siglati da una “M”, i messaggi che quotidia-namente il FMCR fece pervenire al Governo del Sud e, suo tramite, agli Alleati, rappresentarono un’inesti-mabile fonte di informazioni strategi-che che agevolarono grandemente le operazioni angloamericane. Il 10 dicembre del 1943, per defi-nire e precisare i compiti affidati al dispositivo militare, Montezemolo scrisse di suo pugno le “Direttive per l’organizzazione e la condotta della guerriglia” e le diramò ai comandanti militari regionali del FMCR. In esse si chiariva che, per evitare rappre-saglie tedesche sulla popolazione, la guerriglia sarebbe stata ammes-sa esclusivamente al di fuori del territorio urbano. Tale impostazione strategica era in netto contrasto con quella adottata dai partiti, soprat-tutto dal Partito Comunista, le cui avanguardie armate praticavano la

lotta aperta senza quartiere anche all’interno delle mura cittadine. Ma per Montezemolo le divergenze ide-ologiche e tattiche non avrebbero dovuto pregiudicare l’unione di tutte le forze antifasciste. La cooperazio-ne con esse doveva essere cerca-ta, promossa e consolidata supe-rando ogni pregiudiziale politica ed istituzionale per dare al movimento di liberazione qualche speranza di successo. Grazie all’impegno del suo capo, il FMCR fu in grado di instaurare un rapporto di costante e proficua collaborazione coi partiti del Comitato di Liberazione Nazio-nale e fu il punto di riferimento del-le organizzazioni di Resistenza dei Carabinieri, della Guardia di Finan-za, della Marina e dell’Aeronautica, che afferirono ad esso come centro di coordinamento delle azioni di sa-botaggio, per il sostegno finanziario e per il rifornimento di armi e di do-cumenti falsi. Come affermò Kappler, a Roma Montezemolo era il nemico numero uno dei tedeschi e per questo mise una grossa taglia sulla sua testa. L’occasione propizia per arrestarlo

si presentò nei giorni successivi allo sbarco di Anzio, avvenuto il 22 gen-naio 1944.Montezemolo fu fermato il 25 gen-naio, verosimilmente in seguito a delazione. Rinchiuso per cinquan-totto giorni nella cella 1-a del car-cere di via Tasso, venne barbara-mente torturato. Ma a nulla valsero gli estenuanti interrogatori: il Co-lonnello non parlò e, al contrario, riuscì a far trapelare dalla prigionia informazioni assai utili per i suoi col-laboratori. Ogni tentativo di liberarlo risultò vano. Non venne sottoposto a processo né condannato a mor-te perché, evidentemente, era una personalità troppo conosciuta e le autorità tedesche paventavano una sollevazione della cittadinanza. Poi, il 24 marzo del 1944, Kappler ebbe finalmente modo di sbarazzarsene quando lo inserì personalmente nel-le liste dei 335 Todeskandidaten, i detenuti meritevoli di morte, trucidati alle Fosse Ardeatine. Nel luglio del 1944, al Colonnello Montezemolo è stata concessa dal Re motu proprio la Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria.

Museo della Liberazione di via Tasso, cella dove fu detenuto il Colonnello Montezemolo.

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98 Rivista Militare I n. 2/2021

VALOR MILITARE

Caporale M.B.V.M. Massimiliano Zaniolo

Al Caporale par. Massimiliano Zaniolo, nato il 12 ottobre 1973 a Milano, con la seguente motivazione: «Caporale paracadutista di leva, inquadrato nel contingente italiano inviato in Somalia nell’ambito dell’operazione umanitaria voluta dalle Nazioni Unite, partecipava con il 183 rgt. par. ‘Nembo’ al rastrella-mento di un quartiere di Mogadiscio. Nel corso dei successivi combat-timenti, proditoriamente provocati dai miliziani somali, mentre a bordo di un veicolo corazzato effettuava fuoco mirato a sostegno dell’azione condotta dalla propria squadra, veniva inquadrato dal tiro dei cecchini ma, imperturbabile, proseguiva nell’azione. Coinvolto nell’esplosione di un razzo controcarri che colpiva il mezzo sul quale operava, subiva in più parti del corpo ferite che gli procuravano anche menomazioni permanenti. Manteneva fino al sopraggiungere dei soccorsi il proprio posto al fianco dei commilitoni incitandoli alla lotta. Chiaro esempio di elevatissimo senso del dovere e della disciplina, di coraggio e di saldezza d’animo». Mogadiscio, 2 luglio 1993

“Ho sempre desiderato essere un mi-litare, un paracadutista come mio pa-dre. A diciotto anni, essendo il servizio di leva obbligatorio partii per Pisa e an-cora ricordo l’ansia e l’emozione quan-do mi comunicarono che ero entrato a far parte del 183° reggimento “Nembo”. Era il primo passo per poi continuare quella professione, io volevo essere nei Corpi Speciali. Quel basco ama-ranto ha un suo significato tanto che, dopo la Battaglia del checkpoint “Pa-sta” (Mogadiscio 2 luglio 1993 n.d.r.) avendo riportato varie ferite, decisi di

congedarmi non potendo continuare quel percorso così come lo avevo immaginato.” Inizia così il suo raccon-to per “Rivista Militare” Massimiliano Zaniolo. Attualmente responsabile am-ministrativo per una ditta lombarda, è sposato ed ha due figli. “Quando mi dissero che dovevo parti-re per una missione, non pensai ai ri-schi ma solo che si stava realizzando un sogno. I primi mesi furono abba-stanza tranquilli e quel famoso 2 luglio io ero a Balad, con altri compagni ci spostammo verso il centro di Moga-

discio per un’azione di rastrellamento, eravamo alla ricerca di armi. Mentre raggiungevamo il centro, vedemmo delle barricate e la presenza di donne e bambini si intensificava: la situazio-ne iniziò a diventare pesante. I mili-ziani cominciarono a colpire i mezzi ed arrivò l’ordine di tornare indietro. A metà strada ci dissero che la tensione nei pressi del Checkpoint “Pasta” era degenerata, decidemmo di ritornare, ci venne a prendere la Compagnia dei Diavoli Neri, io e la mia squadra entrammo nel mezzo in cui c’era Pa-

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99n. 2/2021 I Rivista Militare

a cura del Ten. Col. M.O.V.M. Gianfranco Paglia

squale Baccaro (uno dei tre militari che perse la vita n.d.r.) appostato alla torretta. Ritornammo quindi a Moga-discio ed è lì che lo scontro divenne violentissimo, un razzo squarciò il carro, fui colpito al torace, al braccio, alla gamba e alla mano, riportai ferite ovunque. Fino a quando non fu aper-to il portellone eravamo tutti ammas-sati tra pezzi di carne e continuammo, per quel che si poteva, a dare una mano. Non c’era tempo per pensare e, non avendo mai perso la lucidità, capii subito che la mia vita sarebbe cambiata e che quella sarebbe stata la mia ultima volta da soldato, perchè tutte le professioni, questa in partico-lare, vanno fatte bene ed io non ero più il ragazzo di prima.Quel giorno mi ha segnato indelebil-mente, per anni non ho sopportato i rumori anche quelli dei fuochi d’artifi-cio; accettarsi a diciannove anni con un corpo diverso non è stato semplice però, devo anche ammettere, mi ha dato la forza di reagire, ho studiato ed ora ho un impiego completamente opposto, ma che svolgo con lo stes-so metodo che ho appreso durante il servizio di leva. Non sono pentito del-le scelte fatte in quel giorno, anzi se non avessi dato il mio contributo, oggi vivrei con un continuo senso di colpa. Ho fatto tutto con convinzione e nes-suno mi ha obbligato, sono tornato in-

dietro perché lo ritenevo giusto, i miei fratelli erano in difficoltà. Lo spirito di corpo che si crea è indescrivibile, si è davvero un’unica famiglia ed io sono rimasto in contatto con molti di loro.” Cosa ha raccontato ai suoi figli?“Non è stato facile, sono ancora piccoli ma non avendo due dita della mano sinistra mi hanno chiesto cosa fosse accaduto. In un primo tempo ho rac-contato di uno squalo a mare, poi ho spiegato che non tutto il mondo è in pace e che ci sono zone in cui i popoli sono in guerra, ho detto che ero milita-re e che ho combattuto per la pace, i segni evidenti che porto sul mio corpo sono la testimonianza di quel giorno. Hanno capito e reagito bene.”

Se uno di loro o entrambi decidessero di intraprendere la carriera militare, lei cosa consiglierebbe?“Sarei molto contento, ma lo sarò per tutte le decisione che prenderanno per il loro futuro. Cerco di non influenzarli perché ogni scelta dovrà essere auto-noma per non avere rimpianti”.Un’ultima domanda, lei che era di leva, è favorevole al ritorno della leva obbligatoria?“Non sono favorevole all’obbliga-torietà, ma incentiverei e formerei al meglio chi decide liberamente di entrare nelle Forze Armate eviden-ziando che il sacrificio è la prima parola che dovrà entrare nel nuovo vocabolario della propria vita.”

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passato… che non vuole passare. E finite nel bel mezzo di conflitti in terre lontane per motivi altrettanto differenti: chi per dovere, chi per scelta, chi perché costretta. Tutte dovranno prendere delle strade che segneranno il loro futuro e quello delle persone che hanno intorno, decisioni influenzate dalla drammaticità e dall’orrore del con-testo in cui sono prese. È opinione dell’Autore infatti che “la guerra muta radicalmente la percezione della realtà, delle priorità, nonché gli equilibri nei rapporti fra le per-sone”. L’arco narrativo copre cir-ca 60 anni, dalla Seconda Guerra Mondiale alla Missione ISAF in Afghanistan, omaggio di Petrelli alle passioni letterarie (We were soldiers, la saga dei “dannati” di Sven Hassel, The Short-Timers, Quell’ultimo ponte), ai suoi studi e a pubblicazioni dedicate. Quanto ai personaggi: “Nel 2019 avevo moderato un incontro del Comune di Amelia sui vent’anni della Legge 380 che permise l’in-gresso delle donne nelle FFAA Italiane. Evento che ha accre-sciuto la curiosità verso la realtà femminile nel mondo militare. Un rapporto, quello fra mondo delle donne e guerra, chiaramente ben più antico: basti pensare alla figu-ra di Artemisia… Il Novecento, tut-tavia, ha offerto un ampio spettro di figure, aneddoti, esperienze, di spunti importanti per la stesura delle storie. Quanto ai singoli per-sonaggi, il primo a nascere è stato il G.I. del Big Red One nel dicem-bre 2017… su un foglio di carta. Poi, il primo lungo lockdown ha fornito l’occasione (e lo stimolo) per dare forma a “Qui non si sal-va nessuno”, primo test narrativo e libro decisamente anti-femmini-sta. Già, perché in disaccordo con quel femminismo urlato, piazza-iolo, affetto da misandria, ritengo che l’uomo e la donna siano meno diversi di quanto si possa pensa-re. Se proprio si vuole cercare un discrimine, infatti, questi è solo la capacità di affrontare i problemi, grandi e piccoli, del quotidiano: c’è chi li affronta tentando di risol-

verli, chi invece si abbandona allo sconforto”.Gli episodi sono arricchiti da det-tagli che omaggiano le passioni dell’Autore per la musica, per i viaggi, per la fotografia, per il re-portage e per la storia militare. Qui non si salva nessuno è dedi-cato (alla memoria) a Sorella Ma-ria Cristina Luinetti, Sottotenente delle Infermiere volontarie caduta in Somalia nel 1993 e al Capita-no Pilota Maria Angela Valentini dell’Aeronautica Militare, caduta in seguito all’incidente aereo di Ascoli del 2014 insieme ad altre tre colleghi.

Fino a pochi anni fa la Campagna di Sicilia e la battaglia di Gela erano state dimenticate dalla sto-riografia ufficiale. La ricerca degli autori, basata su materiale dell’Archivio dell’Uffi-cio Storico dello Stato Maggiore Esercito, nonché su testimonian-ze di reduci e civili del luogo in-crociate con le ricerche sul cam-po, mira a far conoscere il ruolo avuto dai soldati italiani nella battaglia. I fatti. La notte tra il 9 e 10 luglio del 1943 gli Alleati misero in atto la più grande operazione anfibia mai tentata fino ad allora, chiu-dendo la Sicilia sud orientale in una morsa di fuoco ed acciaio. Nel settore di Gela l’urto iniziale

RECENSIONI

Marco Petrelli (prefazione di Debora Corbi), Qui non si salva nessuno. Cinque storie di donne nell’infer-no della guerra, Eclettica Edizioni, 2021, pp. 162, € 16,00.

“Finished with my woman ‘cause she couldn’t help me with my mind/People think I’m insane because I am frowning all the time” Vittoria adorava Paranoid, canzo-ne che aveva scoperto guardan-do un canale online dedicato alla musica nella Guerra del Vietnam. Il ritmo travolgente dei Black Sab-bath accompagnava i voli degli eli-cotteri-icona del conflitto, compre-so l’UH-1/ AB“205” sul quale si era formata come pilota. Trentadue anni, da Castel Viscardo, il Capita-no dell’Aviazione Esercito Vittoria Greco era al suo primo turno in Af-ghanistan. Era nata laddove un tempo sorge-va il più bell’aeroporto mai costru-ito, l’Aeroporto di Orvieto - Castel Viscardo di Pierluigi Nervi, capo-lavoro del razionalismo la cui me-moria si era tramandata solo gra-zie alle foto prebelliche. La storia del Capitano Vittoria Greco (e delle altre protagoniste del nuovo libro di Marco Petrelli) prosegue nelle pagine di “Qui non si salva nessuno. Cinque storie di donne nell’inferno della guerra”, in libre-ria dal 1° febbraio con Eclettica Edizioni. Una spia francese nell’Italia del ’44, una guerrigliera vietcong, una infermiera volontaria italiana in Somalia, un soldato del “Grande Uno Rosso”, un pilota dell’Aviazio-ne Esercito: donne di età e di tra-scorsi diversi, accomunate da un

Giovanni Iacono – Salvatore Reale: Tre giorni vissuti da Eroi. Le voci dei protagonisti. Gela 10-12 luglio 1943, edito dagli autori, 2020, pp. 328, € 20,80.

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RECENSIONIfu sostenuto dalle unità della XVIII Brigata costiera. La reazione dei Comandi italiani fu immediata. Alle 05.00 del 10 luglio il Gruppo mobile “E”, di stanza a Niscemi, mosse al contrattacco riuscendo a penetrare dentro l’abitato di Gela, ma, dopo aver subito ingen-ti perdite a causa del fuoco delle artiglierie navali, dovette ripiega-re sulle posizioni di partenza. La mattina dell’11 luglio le DivisioniLivorno e H. Goering mossero al contrattacco. Alle 11.00 gli uomi-ni della Livorno erano alle portedi Gela, ma ancora una volta l’in-tervento dell’artiglieria navale fu decisivo. I Reparti, decimati, do-vettero ripiegare sulle posizioni di partenza. In due giorni di com-battimento la Divisione Livorno aveva perso la propria capacità operativa lamentando la perdita, tra morti feriti e dispersi, del 65% degli effettivi.Dalla lettura dell’opera, che ha ri-cevuto il patrocinio gratuito dello Stato Maggiore Esercito, emerge la capacità degli autori di mettere in risalto, oltre alla condotta delleoperazioni dei Reparti italiani, lo stato d’animo dei soldati italiani che compirono numerosi atti di eroismo, spesso sconosciuti ai più. Inoltre, per onorare la memo-ria di quei soldati, spesso dimen-ticati, gli autori hanno dedicato ampio spazio alle numerose ini-ziative locali che mirano a creare un vero e proprio “percorso della memoria”.

Il Bollettino dell’Ufficio Storico ri-prende una consolidata tradizione dell’Ufficio Storico dello Stato Mag-giore Esercito. Giunto al quarto volume della Nuova serie, riproposta nel 2017, vuole for-nire a un pubblico di studiosi e ap-passionati degli elementi innovativi di ricerca e utili strumenti per l’ac-cesso ai fondi dell’Archivio Storico dello Stato Maggiore Esercito. Le radici storiche del Bollettino ri-salgono all’idea del Capo di Stato Maggiore del Regio Esercito, Alber-to Pollio, che nel 1909 propose di raccogliere in maniera aperiodica i contributi dei militari storici in ma-niera da diffondere la cultura storica dell’Esercito, ma soprattutto per aiu-tare la pianificazione dei conflitti futu-ri. Le Memorie Storico Militari furono sospese nel 1915 per essere poi ri-prese tra il 1926 e il 1934 come Bol-lettino dell’Ufficio Storico, trimestrale di informazione storica, ma anche finestra sul “mondo culturale delle forze armate”, italiane e straniere. Fu poi nel 1977 che venne riproposto al pubblico di studiosi la nuova serie di Memorie Storico Militari, pubblicato fino al 2009, a cui venne aggiunto nel 2001 il Bollettino dell’Archivio dell’Uf-ficio Storico, pubblicato fino al 2012 . Il volume 2019-2020, la cui coper-tina è stata concessa dall’artista Ennio Naso, si compone di quattro sezioni. La prima è frutto di ricerche presso l’Ufficio Storico dello Sato Maggiore Esercito da parte di Mi-litari - storici e studiosi che hanno evidenziato aspetti interessanti su tematiche di interesse per la Forza Armata. Tra i saggi si segnala quello del Colonnello Filippo Cappellano, il più importante militare – storico in circolazione, su un tema di interesse corrente come l’occupazione italia-na nei paesi balcanici, nel caso spe-cifico quello del Montenegro. Per la seconda sezione si segnala un in-tervento, frutto di ricerca d’archivio in loco, relativo all’atteggiamento dell’Amministrazione Militare Britan-nica e il cimitero italiano di Cheren (Eritrea). Danno lustro al volume le recensioni di importanti studi stori-co - militari, sia italiani sia in lingua straniera, come ad esempio i volu-mi in lingua russa sulla situazione del fronte durante la Prima Guerra

Mondiale, per giungere fino ai testi spagnoli sulla Civile, passando per il più importante studio tedesco sulla guerra franco – prussiana.Chiude il volume la sezione dedica-ta agli strumenti di ricerca, utile au-silio soprattutto per gli studiosi che si recano presso l’Archivio Storico dello Stato Maggiore Esercito. Infat-ti riporta uno schematico interventi sulle nuove acquisizioni di fondi utili ad integrare gli studi di quelli istitu-zionalmente conservati. Il Bollettino si pone in linea con le finalità istituzionali di diffusione e studio della cultura miliare e tale scopo è suggellato dal Comitato tecnico-scientifico che supervisiona ogni singolo intervento.

“Il Peacekeeping: fine di un (falso) mito” di Michele Dell’Agli e France-sco Lamberti è un libro che pone innumerevoli interrogativi. Cosa rappresentano oggi le Nazioni Uni-te? Svolgono ancora un ruolo deter-minante nel preservare e garantire la pace? Ha ancora senso parlare di peacekeeping nella sua originaria accezione? È un’opera facilmente comprensi-bile e ordinata, permette di avere un quadro documentato di tutti gli aspetti relativi agli interventi milita-ri e civili, statali e non statali che si portano dietro un grande dilemma. Le operazioni di peacekeeping sono state veramente ideate per essere operazioni di pace e di difesa dei

Fabrizio Giardini, Domenico Spo-liti, Emilio Tirone, Bollettino dell’Uf-ficio Storico 2019-2020, Ed. Stato Maggiore dell’Esercito, Ufficio Sto-rico, Roma, 2021, pp 550, € 15,00.

Michele Dell’Agli e Francesco Lamberti, Il Peacekeeping: fine di un (falso) mito, Giuffrè Francis Lefebvre S.p.a. 2021, pp. 350, € 36,10.

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diritti umani? Seppur affronta tema-tiche spinose, però, è un testo che è attento a non sottovalutare gli stru-menti per capire e cercare di trovare un modello d’intervento umanitario che implichi la non belligeranza.Il libro si distingue per la trasparenza degli autori nell’ammettere evidenti distorsioni del diritto internazionale, mettendo in risalto le evidenti contrad-dizioni circa gli scopi delle operazioni, i costi e i profitti, le limitazioni e l’effet-tiva utilità di risorse materiali e umane messe a disposizione. Michele Dell’A-gli e Francesco Lamberti hanno for-nito una serie fittissima di motivi per togliere anche ai più disinformati ogni dubbio non soltanto sulle operazioni, ma sulle corrette scelte della politica internazionale degli ultimi trenta anni.

sa azione di Premuda di Rizzo, Aonzo e Gori (notte sul 10 giu-gno 1918). Dardanelli! parte da più lontano, dall’azione di forza-mento dello stretto dei Dardanelli del 18-19 luglio 1912 (nell’ambito della guerra italo-turca) ad opera di una squadriglia di Torpediniere al comando del Capitano di va-scello Luigi Millo, come perno da cui prende avvio un racconto che vede il protagonista Carlo, orfano di uno dei partecipanti a quell’im-presa e, volontario nella guerra di Spagna, vivere intensamente la propria epoca, porre in dubbio la propria adesione al fascismo, per giungere ad affrontare serena-mente la meritata vecchiaia. Non mancano, nel racconto, le sorpre-se. Si tratta, in definitiva, di un libro interessante e godibile che lascia al lettore una sensazione di freschezza e la consapevolezza di aver appreso, con leggerezza, qualcosa di più della storia della Marina Militare e, con questa, del-la nostra Italia.

Granatieri, Lancieri, Carristi, Fanti e Carabinieri, insieme a moltissimi civili, formarono le Divisioni italia-ne poste a difesa della capitale, e quella che troppo spesso viene ricordata come la mancata difesa Roma fu un’aspra battaglia in cui caddero 416 militari e 183 civili. At-traverso un lungo lavoro di ricerca, e grazie alle testimonianze estra-

polate da numerose pubblicazioni, l’autore ci fa rivivere i tre durissimi giorni di combattimenti dando voce agli stessi protagonisti di una vicen-da spesso fraintesa e mal narrata. Roma era sotto assedio e la batta-glia per la sua difesa, 8 - 10 settem-bre, vedrà schierati soldati e molti civili che con coraggio ne tentarono l’eroica difesa dall’assalto dei re-parti tedeschi.Difesa - o meglio mancata difesa - di cui molto si è discusso nel corso degli anni.Ma cosa accadde in quei tre giorni? Chi furono i protagonisti della vi-cenda? Cosa provarono in quei tre giorni interminabili?Come la vicenda dimostra, facen-do parlare gli stessi protagonisti in maniera viva ed avvincente con dialoghi sia immaginari che reali, a mancare e a non garan-tire una difesa furono gli apparati governativi che, sottovalutando la necessità di mantenere una rap-presentanza a Roma per fronteg-giare un momento così tragico e delicato, si concentrarono sul loro “trasferimento” generando confu-sione nell’emanazione di ordini.Avvincente, emozionante e inci-sivo nel riportare alla memoria le vicende di quegli eroi che si im-molarono per la libertà e la Patria, per quei valori che si erano ormai dati per scontati; eroi che nel cor-so di tre giorni di combattimenti, narrati con la puntualità della ri-cerca storica e lo slancio emotivo del romanzo, ci permettono di po-ter prender parte alla vicenda, al loro fianco.Paura, sofferenza, coraggio e ge-sta riprendono forma tra le pagine e forniscono un senso più profon-do ad una pagina di storia spesso confusa, quasi - a peccato - di-menticata. Molte sono state le pagine di po-lemica scritte sulla mancata difesa di Roma e sullo sbando dei militari dopo l’8 settembre, ma in quest’o-pera l’esposizione della battaglia è resa viva e commovente al punto da farci soffermare ulteriormente sulle pagine, nei dialoghi e nella gesta, per assorbirne i valori più profondi e poterli così tramandare.

Giuseppe Sfacteria, Dardanel-li!, Ed. Libertà, 2020, pp. 144, € 14,00.

Con Dardanelli! l’autore, Ufficiale commissario della Marina Milita-re, ci riprova, e “fa centro”, con un racconto, nella forma del romanzo breve, in cui - come nel preceden-te Di mare e di guerra - l’occa-sione del racconto è data da un episodio della storia militare e tale occasione è, in realtà, il pretesto per raccontare la storia di perso-naggi di pura fantasia che pure, calati nel contesto Ligure, terra d’origine dell’autore e da questi efficacemente ricostruito, tanto hanno di concreto e, certamente, spingono ad una riflessione. In Di mare e di guerra il pretesto guerresco era offerto dalla glorio-

Pier Luigi Villari, Sotto Asse-dio, la battaglia per la difesa di Roma 8-10 settembre 1943, Ed. IBN, 2021, pp. 370, € 23,00.

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LE OPERAZIONI GIAPPONESINEI PRIMI MESI DELLAGUERRA NEL PACIFICO