Responsabilita’ Sociale & Tecnologia Solidale – Giugno 2012

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Responsabilità Sociale & Tecnologia Solidale Numero 3 Giugno 2012 P a g i n a | 1 COPERTINA numero 3

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Perodico del Banco Informatico Tecnologico e Biomedico

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COPERTINA numero 3

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BANCA ETICA ED ETICA SGR, OVVERO IL FINE ORIGINARIO DELLA FINANZA: LO SVILUPPO DELLA COMUNITÀ Intervista a Ugo Biggeri, presidente di Banca Etica

Presidente, cominciamo con una domanda “cattiva”. Vi definite una banca etica. Le altre allora non lo sono … ? Perché? Non voglio generalizzare, e nemmeno sparare sulle banche… ma secondo me un istituto di credito, per essere davvero etico, o socialmente responsabile

come si dice oggi, deve innanzitutto svolgere la sua funzione originaria: raccogliere risparmio e investirlo per lo sviluppo economico e sociale della comunità di riferimento. Ci sono banche più sensibili, che ancora restano aderenti a questa idea di fondo: quelle cooperative ad esempio (noi stessi siamo un banca popolare, cioè cooperativa). La maggioranza degli istituti, invece, quest’idea l’ha tradita, e fa profitti grazie ad attività slegate dal benessere collettivo. Che cosa intende dire? Quali attività? Cerco di spiegarmi meglio. In generale, oggi le grandi banche non hanno più come attività principale quella originaria, di raccolta del risparmio per investirlo nell’economia. Vivono invece di attività speculative, e vengo agli esempi. I derivati sono prodotti finanziari nati come assicurazioni contro il rischio di oscillazioni dei prezzi di prodotti come le materie prime agricole, oppure da oscillazioni dei cambi. Oggi, nella maggior parte dei casi, il derivato è sganciato dalla compravendita di un prodotto: la banca lo tratta solo per fare profitti. Secondo esempio: i crediti. Il creditore, oggi, può vendere il credito, frazionandolo e trasformandolo in titoli che si possono vendere anche ai piccoli risparmiatori. Si chiama cartolarizzazione. In questo modo, il rischio del credito si scarica su tante persone inconsapevoli. Ecco, oggi due terzi della raccolta di risparmi delle trenta maggiori banche del mondo è investito così. In ItaIia, “solo” la metà. Decisamente inquietante. I governi non dovrebbero intervenire?

Alcune operazioni, come la compravendita di derivati senza il sottostante, andrebbero semplicemente vietate. Il lassismo dei governi è dovuto alla debolezza della politica, in tutto il mondo, verso il potere finanziario, che travalica ogni confine nazionale. Dico un’altra cosa: è ovvio che le banche più spregiudicate non informano il pubblico su queste operazioni e quindi vengono meno al dovere di trasparenza, che secondo me è il secondo pilastro della responsabilità sociale. Infatti Banca Etica fa della trasparenza il suo cavallo di battaglia, ho verificato personalmente. Solo in Lombardia, ho visto 919 progetti aggiornati al primo aprile. Che tipi di attività finanziate? In genere sono piccole realtà non profit, in coerenza con la nostra mission. Circoli culturali, associazioni sportive, case di accoglienza, ma anche imprese: cooperative agricole operanti su terreni confiscati alle mafie, botteghe del commercio equo e solidale, coop sociali per la manutenzione del verde o la raccolta differenziata. Un esempio molto innovativo è la cooperativa Gres Lab di Modena, un’azienda del settore piastrelle, andata in crisi e rilevata dai lavoratori l’anno scorso, che con grande impegno sta risalendo la china. Siamo in periodo di stretta creditizia. Voi siete in controtendenza? I finanziamenti sono cresciuti del 23% dall’anno scorso, in un mercato sostanzialmente fermo. Il livello di sofferenza , cioè di insolvenza, è vicino allo zero. Parliamo di raccolta. Che possibilità offre Banca Etica al risparmiatore? Oltre ai classici prodotti come il conto corrente, si possono acquistare le nostre obbligazioni, che rendono più dei depositi ,anche se un po’ meno di quelle delle altre banche. Per chi crede nei nostri valori, c’è la possibilità di essere nostri soci, anche con piccole somme. Qui non si guadagna, però, perché tutti gli utili sono reinvestiti. C’è solo la soddisfazione di dare un contributo al bene comune. Inoltre, la nostra controllata Etica sgr è specializzata nei fondi d’investimento etici:

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gestisce 500 milioni di euro, sottoscritti da quasi 22.000 risparmiatori. Con ottimi risultati: ad esempio il fondo obbligazionario bilanciato “Valori responsabili” ha ricevuto il prestigioso premio Lipper sia nel 2010 che nel 2011. Questo dimostra che l’approccio responsabile alla finanza non comporta di rinunciare a un buon rendimento. Avete promosso la campagna “Non con i miei soldi”. Ce ne parla? E’ un’iniziativa soprattutto culturale, di sensibilizzazione dei risparmiatori, promossa da migliaia di nostri soci. Vogliamo far capire al pubblico che la crisi finanziaria attuale è anche frutto di un atteggiamento troppo passivo, indifferente, da parte dei risparmiatori. Quando si acquista un titolo bisogna chiedersi a che cosa serve, no? Soprattutto quando ci vengono

proposti rendimenti alti e rischi bassi, qualche domanda bisogna farsela. Domanda finale: come banca dedicata prevalentemente al non profit siete un bel punto d’osservazione . Quali sono i loro problemi, sono cambiati nel tempo? La crisi fa soffrire anche il non profit, naturalmente, i fondi pubblici sono stati tagliati, cose che sappiamo. Però questo deve aiutare le organizzazioni a tirar fuori nuove idee per autofinanziarsi. Faccio due esempi: nell’assistenza sociosanitaria, dove operano tante realtà, si potrebbe recuperare il principio di mutualità tra gli utenti, visto che il welfare universale non regge più. Oppure, tanti spazi nelle strutture di assistenza potrebbero generare reddito nei momenti di inutilizzo, oppure essere condivisi per ridurre i costi. In una parola, ci vogliono idee, la risorsa più importante che abbiamo.

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“LE ONG SONO UNA COSTELLAZIONE …” Un botta e risposta di Bruno Calchera con Toni Capuozzo*

Nel tuo essere corrispondente, inviato in tanti paesi con problemi sociali, a visto il lavoro delle ONG, che testimonianza ne dai? Le ONG sono una costellazione, con milioni

di stelle, alcune più brillanti, altre meno. Alcune quasi invadenti e molto dedite all’autopromozione, altre schive. Religiose e laiche, ideologiche o pragmatiche, grandi e piccolissime. E’ impossibile dare un giudizio univoco, e sarebbe anche arrogante ergersi a giudice. Ti pare che se conoscessero il nostro servizio potrebbero ricevere i nostri beni? Ne hai viste alcune che secondo te meritano attenzione? Io credo che soprattutto le ONG piccole, che mantengono un diretto controllo sui propri progetti, e sono abituate a pensare in piccolo e pragmaticamente, potrebbero trarre beneficio dal vostro lavoro. In questo caso bisogna essere realistici: costa più trasferire materiali usati o comprarne di nuovi sul posto? Se non è così, l’unico problema, specie nel caso di attrezzature mediche è quello dei pezzi di ricambio: ho visto apparecchiature costose immobili da anni. Come si svolge il tuo lavoro? Come ti relazioni con queste ONG? Ha qualche esempio che vuoi ricordare o aneddoti? Ho conosciuto molte ONG. Nei miei primi anni in America latina erano soprattutto religiose. Nell’arco degli anni e dei luoghi, ho avuto a che fare con ogni tipo di ONG, italiane o islamiche, protestanti o terzomondiste. In generale mi è sempre piaciuto il lavoro di Medici senza Frontiere, per il suo approccio concreto, il rapporto equilibrato con l’informazione, la professionalità dei suoi membri, la distanza dalle politiche, la vicinanza alle vittime. Come potremmo collegarci meglio alle ONG? Vedi il nostro ruolo più attivo? Ad esempio

abbiamo parecchi beni, ma molte ONG li vogliono nuovi. Noi riteniamo che molti beni dismessi dagli ospedali italiani e soprattutto lombardi siano ottimi ancora, e spesso cambiati solo per un rinnovo di tecnologia. Esistono riviste che sono “piazza” per la comunicazione del terzo settore, ad esempio “Vita”. E poi incontri, convegni, fiere ... Vi sono ospedali che ricordi meglio? Che ci consigli di contattare? I PC servono alle Università, alle scuole? Vedi che esistono problemi di corrente, come spesso ci segnalano? Gli ospedali di Emergency sono una buona esperienza …. e i pc servono dappertutto, anche dove la corrente non arriva, ci sono i generatori ... I tuoi servizi su Terra (che registro abitualmente) sono un modo di fare storia. Realtà e storia. Che esperienza fai, cosa ci puoi raccontare delle sorprese, della vita che incontri? I miei servizi, e quelli dei miei colleghi, sono un modo di fare cronaca, e raccontare la realtà. Farlo onestamente, e cercare di farlo sempre (non sempre, vedi la Siria, ci si riesce) è già molto, senza scomodare parole grosse come Storia o Verità. Quanto a sorprese non mancano mai, belle o brutte, ma la vita senza sorprese mi sembrerebbe noiosa. E la vita del reporter è una vita affascinante, perché è vero che nei conflitti l’uomo mostra il suo volto peggiore, ma è capace anche di mostrare i suoi lati migliori. (*) Toni Capuozzo è vicedirettore del TG5, dal 2001 cura e conduce Terra!, il settimanale del TG5.

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IN ITALIA, 8MILA ORGANIZZAZIONI AIUTANO OLTRE DUE MILIONI DI PERSONE BISOGNOSE

Intervista a Luca Pesenti, ricercatore in Sociologia all’Università Cattolica di Milano, e direttore dell’Osservatorio regionale sull’esclusione sociale in Lombardia

Come attento osservatore dei cambiamenti sociali, conferma la diffusione di nuove forme di povertà in Italia? Certamente la povertà è aumentata, in conseguenza della lunga crisi. La perdita del lavoro, spesso senza ammortizzatori

sociali, è il fenomeno più evidente, che determina un cambiamento nella composizione etnica della povertà: prima della crisi la maggioranza degli indigenti era composta da stranieri extracomunitari, mentre oggi la disoccupazione colpisce trasversalmente, ed essendo gli stranieri circa il 10% della forza lavoro la conseguenza è che sono molti di più gli italiani che perdono il lavoro. Ma è significativa anche la povertà di chi lavora, perché pagato troppo poco, o perché il lavoro è instabile, o ancora a causa di situazioni familiari difficili, come la separazione, che ha conseguenze pesanti anche sul piano economico, soprattutto se ci sono figli a carico. Perché il lavoro oggi è così svalorizzato? Forse la crisi economica non basta a spiegarlo … Per molti anni il lavoro è stato deresponsabilizzato. In particolare nel settore pubblico, ma anche in alcune aree del privato (ovvero nelle grandi aziende). Si è diffuso un concetto di lavoro coincidente con “il posto”, sganciato dal contesto organizzativo in cui la persona si trova: come dire, lo stipendio lo porto a casa, le conseguenze del mio modo di lavorare non m’interessano. In questo senso, ben venga la discussione sull’articolo 18, se servirà a ridare responsabilità al lavoro subordinato. La deresponsabilizzazione ha riguardato anche i datori di lavoro però? Penso alla sparizione del welfare aziendale, che negli anni del boom aveva giocato un ruolo importante. E’ vero, fino agli anni ’60 le grandi fabbriche davano moltissimo ai lavoratori: Eni, Fiat, Olivetti, per fare solo i nomi più noti. La casa, le vacanze ai figli, le cure mediche, erano tutti fattori che

alzavano molto la qualità di vita delle famiglie dei lavoratori. Negli anni ’70, tutto ciò è sparito per vari motivi: l’estensione del welfare di stato, e poi regionale, fino a diventare onnicomprensivo, ma anche la radicalizzazione del conflitto sindacale, che ha portato a guardare con diffidenza a queste forme di socialità aziendale. Oggi questo modello è finito e il welfare d’impresa torna alla ribalta. Faccio un’obiezione: ma la crisi attuale non allontana le aziende da benefit sociali, che alla fine sono un costo aggiuntivo? No, se prevale una visione di medio periodo. Tutte le ricerche, infatti, dimostrano che il welfare aziendale “ritorna” in termini di produttività: diminuisce l’assenteismo, aumenta la partecipazione agli obiettivi d’impresa e quindi l’attenzione al risultato. Ne beneficia anche la reputazione, attraverso la buona immagine dell’azienda presso i collaboratori. Torniamo alla povertà più drammatica, quella che genera esclusione, marginalità. Il non profit qui è da sempre in prima linea. Di quali strumenti ha bisogno per essere più efficace negli interventi di contrasto? E’ vero è in prima linea, ma le istituzioni e le leggi ancora non riconoscono appieno questo ruolo. In Italia, 8mila organizzazioni aiutano oltre due milioni di persone bisognose. Ci sono tanti modi per potenziare la sussidiarietà, faccio qualche esempio. Oggi la destinazione del 5 per mille non è ancora un fatto automatico, ma subordinato, ogni anno, a una decisione politica. Questo genera incertezza sulle risorse disponibili, e spesso è accaduto che la politica si tenga una parte delle risorse per sé, ignorando la volontà dei contribuenti. Questo deve cambiare. Un esempio di buona prassi da questo punto di vista? Cito il caso di Regione Lombardia, che ho studiato molto. Da qualche anno la lotta alla povertà è stata potenziata con un bando annuale da 700mila euro, che vengono dati a un’unica organizzazione capace di aiutare tutta la filiera, anziché disperderli in mille rivoli. Negli ultimi

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anni, ad esempio, ne ha beneficiato il Banco Alimentare, che con una somma così significativa ha potuto riorganizzare la logistica, moltiplicando per quattro la propria capacità di distribuzione di eccedenze alimentari, il cui controvalore economico è passato da 10 a 40 milioni di euro. Il non profit, da parte sua, che cosa potrebbe fare per essere più efficace? Senza dubbio rinforzare la rete, anche con i soggetti pubblici, valorizzando la relazione che si

crea tra organizzazione caritativa e beneficiari. Ad esempio, se il volontario che incontra la persona disoccupata per dargli il pacco alimentare scopre che ha bisogno di formazione, e ha un canale diretto di contatto con un centro per l’impiego, può aiutare questa persona a trovare il corso gratuito che fa per lui. Faccio ancora un esempio: il dormitorio della San Vincenzo di Brescia si è collegato con una serie di servizi ausiliari, anche del Comune, per cui da semplice dormitorio è diventato un centro di servizi polivalenti.

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IMPRESA SOCIALE, UN FATTORE DI SVILUPPO O UNA PROMESSA DISATTESA? Intervista a Carlo Borzaga, docente alla Facoltà di Economia dell’Università di Trento e presidente di Euricse – European Research Institute on Cooperative and Social Enterprises

Prof. Borzaga, Lei è un punto di riferimento per chiunque voglia parlare di impresa sociale e cooperativa in Italia. Ci parli della Sua attività di ricerca. Oggi la mia ricerca su questo tema si svolge prevalentemente in

Euricse, European Research Institute on Cooperative and Social Enterprises, del quale sono stato promotore. L’istituto è una joint venture tra l’Università di Trento, la Federazione Trentina della Cooperazione – unica rappresentanza della cooperazione nel territorio della provincia di Trento - , Coooperatives Europe, la Provincia autonoma di Trento e la Fondazione della Cassa di risparmio di Trento e Rovereto. Puntiamo sull’interdisciplinarietà e sulla dimensione internazionale, infatti stiamo attivamente collaborando con l’Alleanza cooperativa di cui Cooperatives Europe è la rappresentanza europea. Su quali temi vi siete focalizzati più recentemente? Un tema che abbiamo indagato a fondo è la legislazione europea sull’impresa cooperativa e sull’impresa sociale, con l’idea di elaborare una proposta normativa comune su tutto il territorio dell’Unione. Questo faciliterebbe molto lo sviluppo di questo tipo di imprese . Infatti, mentre le norme sulle imprese a scopo di lucro si assomigliano in tutti i Paesi del mondo, quelle sulle cooperative e sulle imprese sociali sono diversissime tra loro. Vorremmo che almeno i punti basilari fossero condivisi da tutte le legislazioni. Quali sono i punti che considera irrinunciabili nel definire un’impresa sociale? Sono due: il primo, l’essere centrata sulle persone, dunque sul lavoro, e non sul capitale. Ecco perché nei processi decisionali vale il principio “una testa, un voto”. Il secondo, non avere obiettivo il profitto, ma il servizio alla comunità, oppure a un gruppo di persone,

appunto i soci. Il profitto ci può essere, intendiamoci, ma dev’essere reinvestito in azienda per estendere il servizio e creare nuovi posti di lavoro. A Suo parere la normativa italiana contiene questi punti irrinunciabili? Come la giudica nel contesto internazionale? Direi di sì. La normativa del nostro Paese, sia quella delle cooperative che quella delle imprese sociali, è una delle più complete, la giudico buona, forse un po’ troppo pervasiva, nel senso che alcune norme sono davvero stringenti: pensiamo ad esempio all’obbligo per tutte le cooperative di trarre almeno il 51% del fatturato dai servizi verso i soci. E’ un vincolo che limita un po’ lo sviluppo di queste realtà, pensiamo per esempio alle cooperative che gestiscono nidi o case per anziani: è molto difficile che gli utenti divengano soci, a meno che non assumano la forma della cooperativa sociale che è mutualistica per legge! Sulla destinazione degli utili, la legge tutela fortemente il carattere non profit: i soci non possono guadagnare nulla, nemmeno se l’azienda viene venduta. Patrimonio e riserve sono sostanzialmente intoccabili. La legge del 2005 sull’impresa sociale ha disegnato una nuova figura giuridica, che però non è decollata. Perché? L’intenzione della legge era di consentire alle associazioni di svolgere attività d’impresa senza doversi costituire in cooperativa, insomma in un modo più semplice. Questo però non è successo, le imprese sociali sono ancora pochissime; il motivo principale è una penalizzazione fiscale, infatti queste imprese non hanno la qualifica di Onlus, diversamente dalle coop sociali. Bisogna modificare la normativa. Anche perché cooperative e imprese sociali sono le due principali istituzioni private italiane che possono operare in un’ottica di bene comune. E con lo spostamento delle economie avanzate verso i servizi, e in particolare i servizi alla persona, il lavoro ritornerà il fattore produttivo centrale, mentre il capitale perderà di importanza. Questo non potrà che andare a vantaggio della forma

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cooperativa, o comunque sociale, dell’impresa, che rimette il lavoro al centro. Però spesso proprio le coop di servizi alla persona sono accusate di essere competitive sfruttando i lavoratori. C’è del vero? E’ un tema caldo. Noi abbiamo fatto delle ricerche proprio sui lavoratori occupati nei servizi sociosanitari sia pubblici che gestiti da cooperative e da altre organizzazioni private – l’ultima di qualche anno fa su oltre 4000 lavoratori occupati in un campione statisticamente rappresentativo di 320

cooperative sociali, e abbiamo fatto scoperte molto interessanti: l’85% dei lavoratori delle cooperative sociali è assunto a tempo indeterminato, i precari sono molti di meno che nella pubblica amministrazione. Non è neppure vero che sono sottopagati, addirittura, negli ultimi tempi, guadagnano anche di più dei colleghi occupati in altri settori. Il livello di soddisfazione di questi lavoratori è elevato soprattutto perché il lavoro che fanno è coerente con le loro motivazioni. Le coop sono quindi più efficienti del pubblico perché sono organizzate meglio e perché i lavoratori sono più motivati.

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E d i t o r i a l e

LA REPUTAZIONE CONTA!

Al Terzo Settore appartengono diverse realtà non profit. Il bisogno, infatti, orienta la creatività individuale verso forme di intervento sociale che spesso sono

sussidiarie rispetto allo Stato. Tale iniziativa manifesta la libera inventiva della persona e soprattutto la sua capacità di lettura delle esigenze della persona, dell’ambiente, della realtà in genere. Infine questo processo aggrega soggetti che manifestano una comune sensibilità, obiettivi e una decisione unanime di intervento diretto nel contesto sociale. Ogni realtà non profit tende ad avere un’ottima reputazione. Anzi la relazione virtuosa profit-non profit è basata dalla reputazione. Evidentemente quando una azienda vuole abbinare il proprio brand con un altro soggetto del Terzo Settore di alto livello per generare una avventura comune, una azione di Responsabilità Sociale, deve assicurarsi che la reputazione di ciascuno dei partners la faccia da padrone. In chiave di marketing, infatti, la qualità del profilo aziendale determina la scelta del consumatore, così la qualità della prestazione sociale erogata indica la affidabilità e la bontà della iniziativa sociale. La questione va approfondita. La reputazione non la si conquista una volta per tutte. E’ un riflesso, un feed back che giunge dagli stakeholder. Non sono inutili le analisi di mercato per qualificare lo status della Non Profit. Ma spesso non sono le ricerche di mercato le sole che devono misurare la reputazione. E’ la realtà che dimostra la misura eccellente. Il cosiddetto passa parola che alla fine costruisce la Buona Reputazione Assistiamo spesso, e la cronaca ce lo documenta, a quattrini dati ad opere per beneficienza, perché la reputazione è stata assimilata alla parola obiettivo. Non basta affermare che l’opera è a favore dei bambini poveri dell’India, o di uno

Stato dell’Africa. Occorre che la realtà confermi che l’opera effettivamente gode di un’ottima reputazione nel fare quel che fa. E’ nella natura di un’opera sociale “parlar bene di se stessi”: sarebbe un non senso trattare male il proprio impegno. Ma è la valutazione che genera la reputazione. E la valutazione la si dà ogni giorno, ogni mese. La reputazione cresce oppure diminuisce costantemente per fatti che accadono. Accade però che la pubblicità o un interessante spinta sui media influenzi il comun sentire. Alla fine la reputazione è più frutto “dell’immagine venduta” da chi ha investito e programmato quel che si deve pensare, che della effettiva realtà in atto. Emerge una reputazione che si confonde nel “si dice che …” nel senso che “lo dice la TV …”. Le stesse aziende si affidano a questo dato “d’immagine” per le proprie iniziative di Responsabilità Sociale. Ma la logica aziendale che nella comunicazione è autoreferenziale per vendere, dovrebbe, nel caso di alleanza con una Non Profit cercare la reputazione nell’effettivo riscontro da parte degli stakeholder. Anche il Bilancio Sociale può essere contradditorio se non letto in modo approfondito. Vanno privilegiati i dati numerici e organizzativi per capire : Come fa? La Non Profit a raggiungere i suoi obiettivi? Quale è stata la sua evoluzione? Cioè come il tempo ha inciso nell’organizzazione. Dove sono state reperite le risorse? Vedendo in tal modo il rapporto tra Fondi Pubblici e Fondi privati. La Responsabilità Sociale, che sempre vede l’affermarsi di un patto tra Profit e Non profit, vive della reputazione di entrambi i partners. Anzi, questa alleanza accresce il valore della reputazione dei singoli. Per una azienda si manifesta l’allargamento della sua visione e della sua attenzione alla problematica sociale, per una Associazione la relazione precisa anche un “di più” di caratterizzazione aziendale, che scioglie ogni

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perplessità sulla sua capacità organizzativa nel raggiungere gli obiettivi. La Reputazione è conoscenza. Reciproca. E’ dominata dai fatti. Vive del rapporto con gli stakeholder.

Si consolida attraverso fatti successivi di Buone Prassi. Permane. Decade alla prima trasgressione, alla prima rottura con l’etica. E la ricostruzione è difficile, molto. Spesso, non occorre solo tempo per ricostituirla, ma una vera rivoluzione interna. Bruno Calchera

Responsabilità Sociale & Tecnologia Solidale

anno 1 - numero 3 – periodico - Giugno 2012 Registrazione al Tribunale di Milano al n.124 del 2 marzo 2012

Direttore Responsabile: Bruno Calchera Redazione: Ida Cappiello, Marco Taverna Hanno collaborato: Ugo Biggeri, Carlo Borzaga, Toni Capuozzo, Maria Fasulo, Alessandro Fedeli, Paolo Galandra, Giovanna Loredan Bonetti, Massimo Lorenzi, Massimo Maderna, Davide Minelli, Luciana Pasimeni, Luca Pesenti, Sergio Veneziani. Impaginazione, progetto grafico e webmaster: Arvea s.r.l., [email protected]

Editore: BITeB Onlus, via Carducci 32 - 20123 Milano, Presidente: Stefano Sala Sede operativa: BITeB Onlus, via Tobagi 30 – 20060 Peschiera Borromeo (MI) Siti internet: www.biteb.org, www.tecnologiasolidale.eu , www.techsoup.it Contatti: [email protected] - Telefono: 02-5530.0873 - Telefax: 02-5530.6025 Questo numero è stato chiuso in redazione il 25 Maggio 2012 La rivista è disponibile anche nel formato PDF sfogliabile

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AGENDA DIGITALE: IL TERZO SETTORE E’ STATO DIMENTICATO? di Paolo Galandra

La diffusione delle moderne tecnologie costituisce condizione ineliminabile per lo sviluppo e la crescita complessiva di qualunque contesto sociale. L’accesso alle più svariate fonti di informazioni e la possibilità di un numero praticamente illimitato di relazioni innescano un percorso di conoscenza della realtà prima d’ora inimmaginabile. Oggi l’informatica e internet non sono più solo strumenti per esperti ma veri e propri fattori di coesione sociale. Ne sono convinti tutti, anche la politica, che ha coniato l’espressione “Agenda digitale” per indicare il progetto strategico con cui il Governo ha riassunto i punti chiave per creare l’ambiente infrastrutturale su cui promuovere un uso esteso della tecnologia in tutti i settori della società. Tale progetto elenca 5 argomenti chiave per una digitalizzazione efficace dell’Italia: banda larga e ultra-larga, smart communities/cities, open data, cloud computing, e-government. Nel dibattito che si è generato su questo argomento mi pare di riscontrare un riferimento costante a tre soggetti, che appaiono come i protagonisti del progetto: pubblica amministrazione, imprese e singoli cittadini, rispettivamente nel ruolo di erogatori di servizi, di produttori di infrastrutture e di utenti. Tutto corretto, ma mi viene una domanda: il Terzo Settore dove si colloca in questo scenario? Prima di provare a rispondere faccio una considerazione preliminare. Si parla tanto di “divario digitale” (digital divide), ma si dà a questa espressione il significato riduttivo di “mancato accesso alla banda larga”. In realtà il significato vero di questa espressione è “mancato o basso accesso alla tecnologia informatica e della comunicazione”, ad evidenziare che ci sono fasce significative della popolazione che non usano o usano poco questi strumenti. E’

questo il primo digital divide su cui riflettere, perché solo colmando questo divario sarà possibile per il progetto Agenda digitale esprimere tutte le potenzialità di sviluppo e di crescita contenute nei suoi obiettivi. Più in dettaglio, a mio parere sono tre i passaggi chiave per contribuire a superare il divario digitale: aumento del tasso di diffusione di personal computer, elevamento dell’alfabetizzazione informatica della popolazione, capacità di interagire con tutti i soggetti che erogano informazioni e servizi in modalità digitale, in primis la Pubblica Amministrazione. Partiamo da un dato: le organizzazioni non profit, nelle loro svariate forme (organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale, cooperative sociali, fondazioni, associazioni sportive dilettantistiche, associazioni culturali, solo per citare le forme più note), assommano in Italia a qualche centinaio di migliaia ed è ragionevole pensare che, tra soci, aderenti ed utenti, coinvolgano tra i 5 e i 10 milioni di persone, tutte possibili destinatari delle moderne tecnologie e dei servizi ad esse collegati. Ecco allora che il Terzo settore può assumere un grande ruolo in questo scenario, se esso riuscirà ad affiancarsi a Pubblica Amministrazione, imprese e cittadini come protagonista dell’Agenda digitale. Infatti le organizzazioni non profit potrebbero, una volta elevata in quantità e qualità la loro dotazione tecnologica, svolgere una grande azione di alfabetizzazione informatica verso i loro aderenti ed i loro utenti e di conseguenza diventare veri e propri access points diffusi ed efficaci per un accesso facilitato ai servizi disponibili in rete, primi fra tutti quelli della Pubblica Amministrazione.

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Si ha frequente notizia di progetti della PA volti a portare massivamente in rete lo svolgimento delle proprie attività istituzionali, ma è evidente ch3e essa non riuscirà mai a completare il suo percorso verso efficienza ed efficacia se non si troverà a dialogare con utenti sufficientemente

capaci di accedere ai servizi e alle informazioni in rete e di interagire adeguatamente con essi. Forse non ce n’eravamo ancora accorti: la sussidiarietà c’entra anche con la tecnologia!

VENEZIANI CI RACCONTA … Incontro con l’Auser Lombardia, una rete di socialità e solidarietà per l’invecchiamento attivo

Ventimila volontari, solo in Lombardia, sono davvero tanti. Ma non bastano ancora, perché “La solitudine degli anziani è in crescita, come nuova forma di povertà e

come conseguenza della crescente povertà” dice Sergio Veneziani, presidente di Auser Lombardia, una delle organizzazioni non profit più capillari del nostro Paese. Sono queste ventimila persone a tenere in piedi il servizio più innovativo di Auser, la telefonia sociale per gli anziani, il Filo d’Argento. Un collettore di esigenze che dà vita a una serie di servizi solidali, ad esempio,continua Veneziani, “l’anno scorso abbiamo trasportato 380mila anziani”. Ma la lotta all’esclusione va oltre l’assistenza e passa anche attraverso la socialità, lo stare insieme, che è poi la missione originaria dei circoli Auser. “Noi abbiamo due anime in effetti” prosegue Veneziani”: quella originaria, che promuove le attività ricreative e socializzanti,

e quella più nuova, i servizi offerti a chi ha bisogno. Sono diverse anche le forme organizzative previste dalla legge italiana per queste due attività: l’associazione di promozione sociale, che promuove lo stare insieme di un gruppo di persone, e l’organizzazione di volontariato, che offre servizi gratuiti alla collettività”. Alla fine, però, le due cose si intrecciano, perché i circoli ricreativi, dove si balla o si impara a usare il computer, non stanno in piedi senza volontari, e d’altra parte il ballo o la formazione diventano strumenti di contrasto alla solitudine: insomma il confine tra “ricreazione” e servizio” è sempre più labile, con il mutare dei bisogni sociali. “A noi piacerebbe dare alle persone tutto insieme” conclude Veneziani, “intendo dire, portare il pranzo alla signora anziana e poi farla venire a ballare al circolo”. La partnership tra l’Auser e il BITeB è diventata un’alleanza forte, perché sono ormai 250 i computer utilizzati nelle sedi territoriali, per la gestione o come strumenti formativi.

(*) Sergio Veneziani è presidente di Auser Lombardia

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ENERGIE RINNOVABILI NELL’AREA DI KASUNGU E SULL’ ISOLA DI LIKOMA (MALAWI) COOPI è un’organizzazione umanitaria che realizza progetti di sviluppo e interventi di emergenza in Africa, America Latina e Medio Oriente, con lo scopo di combattere la povertà, attraverso campagne di educazione allo sviluppo, sensibilizzazione e raccolta fondi. PROGETTO: ENERGIE RINNOVABILI NELL’ AREA DI KASUNGU E SULL’ ISOLA DI LIKOMA. Con questo progetto COOPI intende promuovere la diffusione e l’ utilizzo di energie rinnovabili, impegnandosi anche nella formazione delle comunità presso le quali saranno utilizzate. Tutto questo con l’ obiettivo di rendere accessibile al maggior numero di persone l’ energia elettrica, frenare il processo di deforestazione, migliorare la qualità della vita delle persone coinvolte e favorire il fiorire di piccole attività economiche che beneficeranno di questa risorsa. Grazie alla realizzazione di questo progetto oltre 2500 studenti frequentanti diverse scuole rurali, avranno un adeguato approvvigionamento di elettricità, e potranno così accedere all’ utilizzo di attrezzature informatiche. Per la realizzazione di tale progetto al Banco Informatico Tecnologico e Biomedico è stata richiesta la fornitura di 26 apparecchiature informatiche complete dotate di monitor, per il miglioramento della formazione degli studenti attraverso forme di apprendimento a distanza con l’ utilizzo di internet. I Computer più precisamente verranno donati a 6 scuole rurali, 5 delle quali in Kasungu e una in Likoma, le quali contano un totale di 6000 studenti. Per la realizzazione del progetto, COOPI si è occupata del montaggio di 6 sistemi fotovoltaici.

UNA NUOVA AULA MULTIMEDIALE AL CENTRO DI SERVIZI PER IL VOLONTARIATO DI TERAMO L’ A.P.V.A , gestore del Centro Servizi del Volontariato della provincia di Teramo, è una Onlus il cui compito è quello di promuovere e sostenere le Associazioni di Volontariato provinciale. Fra le attività a sostegno delle Adv, di particolare rilevanza è quella di formazione del personale interno e dei volontari dal punto di vista informatico. Per lo sviluppo di tale attività è stata allestita una struttura che sarà adibita ad Aula Multimediale, e sarà messa a disposizione delle Associazioni per poter proseguire in modo efficiente la formazione informatica. Al fine della realizzazione del progetto sono stati richiesti al Banco Informatico Tecnologico 12 pc perfettamente funzionanti e completi di monitor.

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CONTRO LO SPRECO TECNOLOGICO PER LA CRESCITA NEL TERZO SETTORE di Luciana Pasimeni e Massimo Maderna

Si è tenuto all’Aquila dal 19 al 21 aprile u.s. il XII Convegno Annuale AIIC (Associazione Italiana Ingegneri Clinici) dal titolo “Le tecnologie per il paziente: affrontare l’emergenza, gestire il quotidiano, valutare l’innovazione” al quale il BITeB ha partecipato con la divisione biomedica e durante il quale oltre ai posters prodotti dall’Ing. Luciana Pasimeni, l’ingegner Cesare Lombardo del Policlinico di Pavia, ha presentato l’attività del Banco nei paesi in via di Sviluppo. La comunicazione orale del BITeB dal titolo “Contro lo spreco tecnologico per la crescita del Terzo Settore” è stata collocata come parte conclusiva della terza sessione plenaria, “Interventi nei sistemi sanitari dei Paesi in via di sviluppo”, tenutasi il 20 aprile. Come ben espresso durante l’introduzione dell’ing. Nunziata all’intervento, “Il BITeB si colloca come collegamento tra l’offerta di beni dismessi ma funzionanti da parte delle aziende ospedaliere e la domanda degli stessi da parte di associazioni non profit. Il lavoro del BITeb non è però solo quello di mettere insieme le apparecchiature ma di valutare l’efficienza delle stesse e l’efficacia del relativo utilizzo nei Paesi in via di sviluppo”. La presentazione ha visto la descrizione delle 3 divisioni, con particolare attenzione alla divisione biomedica, in base al contesto del convegno. In particolare, attraverso un video dimostrativo, è

stato possibile simulare la richiesta di alcune apparecchiature elettromedicali da parte di un beneficiario sul sito www.biteb.org. Di seguito, è stato contestualizzato il progetto “Dall’ospedale agli ospedali” per far comprendere come funzionino le donazioni e le richieste nell’ambito degli ospedali pubblici della Regione Lombardia, attraverso il sito www.benidismessi.it . La ‘esposizione delle attività del BITeB ha suscitato un grande interesse e un notevole apprezzamento da parte dei partecipanti al convegno come sottolineato dall’Ing. Paolo Lago, Direttore della Struttura Complessa di Ingegneria Clinica presso il Policlinico S. Matteo di Pavia. Molte sono state le richieste di approfondimento sull’attività del Banco così come molteplici sono pervenute le domande per poter svolgere attività di volontariato all’interno della divisione biomedica. Gli ingegneri clinici presenti, così come le aziende partecipanti come espositori, hanno proposto il loro supporto nell’attività di reperimento delle apparecchiature o di arredi medicali in Aziende Ospedaliere e ASL, non ancora in contatto con il BITeB, ovvero nell’attività di manutenzione e ricondizionamento delle apparecchiature stesse. E’ presumibile, visto l’interesse suscitato, che il Banco consideri l’ipotesi di partecipare con un proprio stand al prossimo convegno annuale AIIC, così come è prevista un’intervista con il Presidente AIIC Ing. Paola Freda.

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IL CENTRO “JOIE DE VIVRE”, LUOGO EDUCATIVO E PRESIDIO SANITARIO A BANGUI, NELLA REPUBBLICA CENTRAFRICANA L’associazione “Amici per il Centrafrica Onlus” è un’ associazione laica che intende esprimere una partecipazione responsabile e solidale verso i bisogni, il disagio e le speranze di chi vive nella povertà. I suoi interventi hanno lo scopo di garantire ai bambini, alle donne, e alle comunità emarginate, l’ istruzione, la cura, la formazione e il sostegno al lavoro, con lo scopo di accompagnarle verso l’ autosufficienza.

L’associazione, i cui membri si impegnano gratuitamente per garantire la gestione puntuale dei progetti e il miglior utilizzo dei fondi raccolti, coopera con i missionari e le comunità locali per l’identificazione e l’esecuzione dei progetti più utili. Progetto: I BAMBINI DI BANGUI - CENTRO LA JOIE DE VIVRE -DISPENSARIO PEDIATRICO, LABORATORIO DI ANALISI, CENTRO ODONTOIATRICO.

Obiettivo: La costruzione del dispensario ha lo scopo di dare accoglienza a quanti più bambini possibile (si stima che nella sola Bangui risiedano più di 3.000 bambini senza famiglia), dando loro un valido accompagnamento, una concreta possibilità di recupero, oltre alla scolarizzazione e alle fondamentali cure sanitarie. Il Centro Sanitario del progetto offrirà cure gratuite ai bambini disagiati, abbandonati o orfani. Nel Centrafrica oltre alle malattie endemiche, come malaria e AIDS, esistono molte altre patologie minori che sono notevolmente aggravate dalla mancanza di Centri e cure adeguate. Con il dispensario pediatrico, il laboratorio e il centro odontoiatrico, affidati alla gestione delle “Suore della provvidenza di Rouen”, il Centro La Joie de Vivre, che si prevede essere autonomo nella gestione entro 6 anni, saranno svolti dei corsi di formazione all’igiene e prevenzione sanitaria alle mamme. Il Banco Informatico Tecnologico e Biomedico ha fornito all’ associazione diverse attrezzature tra le quali: un elettrocardiografo, un lettino da visita, un letto da degenza non elettrificato, un’apparecchiatura per lavaggio e disinfezione, un lavello con base, una gamma camera computerizzata, una centrifuga, un gruppo di continuità, una cappa sterile, un armadio, un diafanoscopio, un monitor e un congelatore da laboratorio.

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TUTTO È PRONTO PER ATTREZZARE IL ZAMBIAN–ITALIAN ORTHOPAEDIC HOSPITAL DI LUSAKA Nuovi Spazi al Servire, istituto per la cooperazione con i Paesi in Via di Sviluppo è stata fondata nel dicembre 1984, ideando e promuovendo la campagna mondiale Polio Plus, per la vaccinazione dei bambini contro la poliomelite. L’associazione in questi trent’anni oltre a cooperare con i paesi in via di sviluppo promuovendone la conoscenza dei problemi ha realizzato ospedali, laboratori e presidi sanitari dando anche supporto alle attività chirurgiche in vari paesi quali Bangladesh, Palestina, Brasile, Equador, Zambia, Benin e Uganda.

Uno dei progetti in corso di realizzazione dell’ Organizzazione è attrezzare il Zambian –Italian Orthopaedic Hospital di un centro di Chirurgia Infantile. L’ Ospedale per la cura dei bambini disabili, che si trova a Lusaka in Zambia ed è stato costruito anche grazie al supporto del Rotary club di Fermo attraverso il suo Presidente il Prof. Emidio Grisostomi, ricovera attualmente circa 1000 pazienti l’anno di cui oltre 700 sono bambini indigenti disabili. Molti dei bambini che erano affetti da deformità e patologie cardiache negli anni scorsi sono stati

curati anche in ospedali italiani grazie all’intervento della Regione Marche che aveva stabilito un budget per la gestione di queste patologia nei paesi in via di sviluppo. Purtroppo a causa delle mutate condizioni economiche questa attività di supporto non può più essere svolta e molti bambini rischiano di morire anche se per piccole deformazioni cardiache. Per sopperire a queste difficoltà un equipe italiana di medici e chirurghi si è offerta di recarsi a Lusaka per svolgere questi necessari interventi chirurgici per i quali è in fase di allestimento una sala operatoria attrezzata con le apparecchiature necessarie provenienti da vari ospedali italiani. L’Ospedale che inizialmente era dotato di una sola camera operatoria fornita di 20 letti, un laboratorio di analisi, una radiologia e un centro di fisioterapia, oggi è stato ampliato ed è munito di 60 letti, con una sezione di malattie infettive con relativa sala operatoria, dispone di un’ officina ortopedica, un fabbricato per la fisioterapia ed uno adibito ad abitazioni per le madri dei bambini operati.

Per l’attuazione del progetto sono stati richiesti al BITeB diverse attrezzature, tra le quali un defibrillatore, un monitor, un elettrocardiografo assegnati tramite Decreto di Regione Lombardia, e altri richiesti direttamente al BITeB tra cui: pompe a stringa, pompe d’infusione, uno sternotomo, un’apparecchiatura per circolazione extra corporea, un elettrobisturi, uno scambiatore di calore per circolazione extracorporea e un analizzatore/programmatore per cardiostimolatori. Tutte queste apparecchiature sono già imballate e in attesa di essere trasportate all’ospedale di Lusaka.

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LA CURA DEL PATRIMONIO ARTISTICO MIGLIORA GRAZIE AL SOFTWARE DISTRIBUITO DA TECHSOUP Intervista a Giovanna Loredan Bonetti, Responsabile Raccolta Fondi Grandi Donatori e progetto “I 200 del FAI”

Di cosa si occupa la vostra realtà? Il FAI – Fondo Ambiente Italiano, fondazione nazionale senza scopo di lucro, nasce nel 1975 con un obiettivo concreto: agire per la salvaguardia del patrimonio d’arte e natura italiano. Promuovere in concreto una cultura di rispetto della natura, dell’arte, della storia e delle tradizioni d’Italia e tutelare un patrimonio che è parte fondamentale delle nostri radici e della nostra identità. Quali sono i principi che ispirano la vostra fondazione? Gli obiettivi del FAI si possono sintetizzare in tre punti: TUTELARE E VALORIZZARE: il FAI restaura e riapre al pubblico monumenti e luoghi di natura unici del nostro Paese che gli vengono affidati per donazione e in concessione. A oggi i beni del FAI regolarmente aperti al pubblico sono 25 e altri 22 (dei quali 9 in restauro)sono tutelati dalla fondazione. EDUCARE E SENSIBILIZZARE: Il FAI educa e sensibilizza la collettività alla conoscenza, al rispetto e alla cura dell’arte e della natura, elementi caratterizzanti della nostra identità. VIGILARE E INTERVENIRE: il FAI si fa portavoce degli interessi e delle istanze della società civile vigilando e intervenendo attivamente sul territorio, in difesa del paesaggio e dei beni culturali italiani. Quali sono stati i vantaggi che avete riscontrato

dalla tecnologia ottenuta attraverso il programma di donazione TechSoup? Sicuramente il vantaggio di aver potuto acquistare a prezzo simbolico i migliori software di produttività in commercio e, non meno importante, di esserci dotati di software con licenza software assurance in modo di poter migrare alle versioni successive senza alcun aggravio economico per la Fondazione. Altro vantaggio è la possibilità di scaricare il software e gestire le licenze dello stesso dal sito web dedicato senza passare di intermediari o aspettare il recapito “postale” del materiale. Può fare un esempio di un progetto concreto reso possibile dalla donazione di TechSoup? Con i software di cui ci siamo dotati con l’ultima donazione miriamo a migliorare, rendendola maggiormente uno strumento di lavoro, la nostra intranet, sviluppandola ex novo con Microsoft Sharepoint in modo da ottenere un ambiente integrato con i sistemi di comunicazione e database di cui siamo già dotati. Non ultimo, doteremo tutto il nostro parco pc dell’ultima versione di Office. Quale è il vostro augurio per il nostro lavoro? Ci auguriamo che possa continuare, ampliandosi sempre di più e che nuove aziende sottoscrivano la partnership con TechSoup in modo che si allarghi ulteriormente il portafoglio prodotti donabili.

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Responsabilità Sociale & Tecnologia Solidale – Numero 3 – Giugno 2012 P a g i n a | 19

TECHSOUP NOTIZIE Hanno recentemente ordinato:

Associazione Creare Primavera Onlus, Cologno Monzese (MI)

Microsoft Window 7

Associazione Italiana Assistenza Spastici, Monza (MB)

Microsoft Office Professional Plus 2007

Associazione Italiana Parkinsoniani, Milano

Microsoft Office Professional Plus 2010, Office for Mac 2011 Standard Edition

Avis Regionale Veneto, Treviso

Prodotti Microsoft e Symantec

Croce d’Oro Onlus, Milano

Symantec Endpoint Protection Small Business Edition , Norton Antivirus

Emmaus Società Cooperativa Sociale, Genova

Symantec Norton Antivirus

Factory Società Cooperativa Sociale Onlus, Milano

Microsoft Office professional plus 2010

Fondazione Museo Nazionale Scienza e Tecnologia, Milano

Microsoft Exchange Server 2010 Enterprise Edition

Fondazione Il Nostro Domani Onlus, Silea (TV)

Symantec Norton Antivirus

Fraternità di Misericordia "S. Francesco", Massa (MS)

Symantec Endpoint Protection Small Business Edition

Consorzio Kairos, Torino

Cisco Switch e router

Se vuoi vedere le offerte TechSoup accreditati su http://www.techsoup.it/product

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LE BREVI: Notizie, Novità, Anticipazioni A Pescara la presentazione del BITeB Mercoledì 30 maggio 2012, presso l'Auditorium “Petruzzi”, Museo delle Genti d’Abruzzo a Pescara incontro di presentazione delle attività del BITeB dal titolo: "LA TECNOLOGIA DIGITALE AL SERVIZIO DEL VOLONTARIATO", in collaborazione con il CSV di Pescara.

Arrivato in Madagascar il container per l’Associazione Hafaliana: “Carissimo Stefano, ho il piacere di comunicarti che il container con il materiale del banco biomedico è arrivato a destinazione in Madagascar. Padre Stefano e frate Alessandro hanno già espletato le formalità di sdoganamento e hanno potuto prendere visone dei macchinari che abbiamo inviato loro, sono contentissimi perché sono in ottimo stato e saranno utilissimi per l'ospedale. Grazie di tutto e tanti ringraziamenti da tutti noi di Hafaliana.” Con queste parole Guenda Preti Moavero dell’Associazione Hafaliana- La Gioia Onlus ha confermato l’arrivo di tutte le apparecchiature elettromedicali per il Centre Medico Chirurgicale Saint Damien in Madagascar.

Smontaggio lampade scialitiche L’associazione Medicus Mundi e i suoi volontari hanno provveduto, per conto del BITeB, allo smontaggio di sei lampade scialitiche presso l’Azienda Ospedaliera di Legnano. Queste attrezzature verranno inviate nel mese di giugno,unitamente ad altri beni, all’Associazione Pietre vive per l’esecuzione del progetto di potenziamento delle attrezzature sanitarie per il St. Joseph Hospital di Kitgum in Uganda.

Il Glossario della Responsabilità Sociale Per comprendere tutte le parole necessarie per capire il mondo della CSR (dal sito BilanciaRSI Valore Sostenibile)

Bioforum Bioforum è la mostra convegno dedicata alle biotecnologie. La prossima edizione di Bioforum si terrà a Napoli il 7 e 8 giugno 2012, ospite del IGB - Institute of Genetics and Biophysics, del CNR.

Medical Technology Event Le tecnologie elettroniche al servizio della salute - 2a edizione Milano, 28 giugno 2012 (organizzato da Selezione di elettronica, rivista del Gruppo 24 Ore)

REPORT INTEGRATO – edizione italiana di Robert G. Eccles, Michael, P. Kruzus – edizione italiana a cura di Andrea Casadei

Disponibile la versione italiana del testo vincitore del Prose Award 2010, come miglior libro di Affari, Finanza e Management. “Report Integrato” è il libro di riferimento sulla nuova forma di rendicontazione che costituirà il cardine delle comunicazioni sociali di tutte le più importanti organizzazioni mondiali.

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L’OPINIONE DI… Alessandro Fedeli, Direttore regionale del CSV delle Marche

Le attuali condizioni economiche, politiche e sociali caratterizzate da una diffusa crisi materiale, di coscienza, di valori e di responsabilità sono ormai purtroppo “patrimonio” largamente acquisito da tutti e sul quale non vale tanto la pena soffermarsi. La situazione del nostro paese è resa efficacemente nell’immagine offertaci dal CENSIS: “un inconscio collettivo senza più legge né desiderio”. Il mondo del volontariato è parte integrante della comunità e come tale non è certo immune dai mutamenti in atto nel più ampio contesto sociale. Nel contesto marchigiano il volontariato appare ancora frammentato, ripiegato su se stesso, in affanno e poco consapevole della propria potenzialità politica. C’è un

generale “avvilimento” delle organizzazioni, che ovviamente riflette quello più generale della cittadinanza e che ha pesanti ripercussioni sui progetti realizzati dal volontariato e sulle “energie” ad essi destinate. Gli enti pubblici, alle prese con la pesante riduzione delle risorse a disposizione ed al fine di conseguire irrinunciabili economie, stanno affidando al volontariato una serie di servizi anche complessi che prima venivano affidati a soggetti professionalmente più preparati, con evidenti ripercussioni sulla qualità del servizio. Ciò avviene senza una minima attenzione per la missione ed il ruolo del volontariato, alimentando concreti rischi di sostituzione dell’ente pubblico da parte del volontariato, con le strumentalizzazioni che ne derivano. Nonostante ciò e proprio in ragione di ciò riteniamo che imperativo d’obbligo del volontariato marchigiano diventi giocoforza quello di “dare e ritrovare fiducia” per scovare quelle energie necessarie a vincere e superare le difficoltà presenti e guardare al futuro con rinnovato ottimismo. Ci aspettano infatti delle sfide che dobbiamo esser capaci di affrontare e vincere se vogliamo continuare a garantire il nostro prezioso contributo al miglioramento delle nostre comunità. Sono sei le sfide che ci aspettano:

1. il volontariato deve essere capace di custodire i propri valori (gratuità, impegno, stile di vita, solidarietà) di ripensarsi senza la presunzione di avere la verità in mano e con la consapevolezza dei propri limiti e delle proprie potenzialità;

2. il volontariato deve essere capace di esprimere una strategia comune di partecipazione e di intervento al suo interno e nel rapporto con gli altri soggetti territoriali (cooperative sociali, associazioni di promozione sociale, enti locali, sindacati, imprese etc..) al fine di addivenire a possibili intese finalizzate alla costruzione di patti territoriali che rispondano ai bisogni della comunità;

3. il volontariato deve imparare ad essere “scomodo, indigesto, antipatico”, sintomi indiscutibili di un ruolo politico esercitato con consapevolezza ed efficacia;

4. il volontariato deve essere capace di fornire un contributo nell’affrontare le problematiche emergenti, mettendo a disposizione persone, esperienze, capacità di mobilitazione di risorse, ma anche, e forse soprattutto, riflessioni e idee per cercare di fornire risposte convincenti ai fenomeni di cambiamento in atto;

5. il volontariato deve essere capace di custodire e coltivare la sensibilità per agire in controtendenza e per contagiare positivamente la speranza sopita nel tessuto sociale ed istituzionale e contribuire a ricreare un tessuto di solidarietà di base (intergenerazionale, interculturale, tra i membri di società attraversate dal rischio dell’atomizzazione e dell’individualismo);

6. il volontariato deve essere capace di essere volano per l’attivazione di virtuosi circuiti generatori di cittadinanza attiva e responsabile e di vera ed efficace sussidiarietà.

Porteremo avanti queste sfide nella convinzione che il volontariato è ingrediente essenziale, irrinunciabile e prezioso per guardare al futuro delle nostre Marche. Il capitale sociale generato e moltiplicato dalle nostre organizzazioni è infatti lievito per sviluppare comunità territoriali forti, coese, solidali, ricche di conoscenze e generatrici di speranza; la speranza di fare delle nostre Marche una regione più bella, più solidale, più attraente e più capace di futuro.

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