Calculo Numerico - Leila Zardo Puga, Rubener Da Silva Freitas, Alvaro Puga Paz e Helio Giacomini
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA … · Leila Maria SANNA Presidente ......
Transcript of REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA … · Leila Maria SANNA Presidente ......
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI GENOVA
SEZIONE PRIMA CIVILE
composta dai Magistrati
Dott. Leila Maria SANNA Presidente
Dott. Cinzia CASANOVA Giudice Consigliere
Dott. Cosima MAROCCO Giudice Ausiliario rel.
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
Nel procedimento di appello iscritto al n. 1497/2011 R.G.
promosso da
HAMMAMI Samira, c.f. HMMSMR69H59Z352B, rappresentata e difesa
dall’avv. Dahmouni Karim,
elettivamente domiciliata in Genova, via Brigata Liguria 3/11
Appellante
e
M’DAGHI MOHAMED BEN HASSINE, c.f. MDGMMD61B09Z352S,
rappresentato e difeso dall’avv. Dahmouni Karim,
elettivamente domiciliata in Genova, via Brigata Liguria 3/11
Appellante
contro
ISTITUTO GIANNINA GASLINI, P.IVA 00577500101, in persona del legale
rappresentante presidente prof. Vincenzo Lorenzelli, rappresentata e difesa
dall’avv. Ugo CARASSALE ed elettivamente domiciliata in Genova, Via Macaggi
21/5
Appellato e appellante incidentale
e contro
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Repert. n. 14/2018 del 04/01/2018
MONTALE Fabio, (C.F.MNTFBA56D27D969Q), rappresentato e difeso
dall’avv. Mirella VIALE
elettivamente domiciliato in Genova, piazza Borgo Pila n. 39
Appellato
e contro
ZURICH INSURANCE P.L.C. (già ZURIGO COMPAGNIA DI
ASSICURAZIONI S.A.), P.IVA 05380900968, in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Fausto Camerieri ed
elettivamente domiciliata in Genova, via D’Annunzio n.2/11
Appellato
All’udienza del 19 aprile 2017 le parti hanno così precisato le rispettive
conclusioni:
Per gli appellanti:
“Piaccia alla Ecc.ma Corte accogliere l’impugnazione svolta per i motivi sopra esposti e,
per l’effetto,
- in via preliminare, sospendere l’efficacia della sentenza di primo grado, sussistendo i
gravi motivi dedotti in narrativa;
- in totale riforma della sentenza di primo grado, contrariis reiectis, previa ogni meglio
vista pronuncia, accertati e rilevati gli elementi di fatto e di diritto di cui in narrativa, verificata
incidentalmente l’eventuale sussistenza del reato di lesioni, condannare l’Istituto Giannina
Gaslini, in persona del Presidente legale rappresentante pro-tempore ed il Dott. Fabio Montale,
ciascuno secondo il suo titolo e/o ragione, al risarcimento dei danni tutti subiti da Samira
Hammami e da Mohamed Ben Hassine M’Daghi per le causali di cui in narrativa, danni da
intendersi quali patrimoniali, non patrimoniali, alla salute, psicologico, biologico, morale, alla
vita di relazione, e comunque tutti quelli patiti e patiendi in conseguenza dei fatti indicati; il
tutto oltre rivalutazione monetaria, interessi e spese nella misura non inferiore a € 1.000.000,00
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Repert. n. 14/2018 del 04/01/2018
e/o nella misura che sarà determinata in corso di giudizio ed in difetto di altro criterio anche
determinati equitativamente.
- Con vittoria di spese e compensi di entrambi i gradi del giudizio, maggiorati degli
accessori di legge”.
In via istruttoria, si insta per la rinnovazione e/o integrazione della Consulenza Tecnica
d’Ufficio disposta in primo grado.”.
Per l’appellato Istituto Giannina Gaslini :
“Ribadito il rifiuto del contradditorio su ogni domanda nuova proposta, accertata la
novità di petitum e causa petendi, voglia l’Illustrissima Corte di Appello di Genova, contrariis
reiectis, dichiarare inammissibile e comunque respingere l’appello proposto delle controparti per
ottenere la riforma della sentenza pronunciata dal Tribunale di Genova n. 3962/2008.
Inoltre, e comunque occorrendo e ferma l’inammissibilità delle domande avversarie, anche
in via di appello incidentale, in riforma della sentenza del Tribunale di Genova n. 4098/2010,
voglia la Corte di Appello accertare e dichiarare prestata l’informativa correlata al trattamento
sanitario richiesto per IVG, ex L. 194/78 artt. 6 e 7, dalla sig.ra Hammami e, quindi,
dichiarare l’assenza di responsabilità riconducibile al convenuto appellato Istituto Gaslini;
pertanto anche, per i motivi sopra esposti:
a) respingere interamente l’appello proposto perché inammissibile e infondato;
b) porre comunque a carico di parte appellante le spese del primo e del secondo grado di
giudizio.”
Per l’appellato Montale Fabio
“voglia questa Corte d’Appello, contrariis rejectis
- rigettare l’infondato appello proposto dai sig.ri Samira Hammami e Mohamed Ben
Hassine M’Daghi, confermando in ogni sua parte la sentenza del Tribunale di Genova n.
4098/10 depositata in data 10 novembre 2010;
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- conseguentemente condannare gli appellanti, ai sensi dell’art. 91 c.p.c., all’integrale
rifusione delle spese dei due gradi del giudizio da essi promosso, nonché al risarcimento dei danni
ex art. 96 1° comma c.p.c. ed al pagamento dell’ulteriore somma di cui al comma ultimo del
medesimo art. 96 c.p.c.”
Per l’appellata ZURICH INSURANCE PLC (già Zurigo Compagnia di
Assicurazioni s.a.)
“Piaccia alla Ecc.ma Corte d’Appello, contrariis reiectis, previe le pronunce meglio viste e,
in particolare previa declaratoria di inammissibilità di qualsivoglia domanda nuova nonché
previo rigetto delle istanze istruttorie avanzate dagli appellanti:
1) In via principale, rigettare l’appello proposto dai signori Hammami Samira e
M’Daghi Mohamed (Ben Hassine) contro la sentenza n° 4098/2010 del Tribunale di
Genova, siccome inammissibile e, comunque, infondato in fatto ed in diritto confermando
l’impugnata sentenza.
2) In via subordinata, occorrendo anche in via di appello incidentale subordinato e
condizionato, nel denegato e non creduto caso di riforma della sentenza di primo grado e di
accertata responsabilità del Dott. Fabio Montale respingere la domanda di manleva avanzata
nei confronti della Zurigo, Compagnia di Assicurazione S.A. (ora Zurich Insurance PLC) nel
giudizio di primo grado, e non più riproposta in grado di appello siccome inammissibile e,
comunque, infondata in fatto ed in diritto.
3) In via di estremo subordine, nel caso di insufficienza del massimale della
polizza primaria dell’Istituto Giannina Gaslini, e di ritenuta riproposizione della domanda di
manleva da parte del Dott. Fabio Montale nonché di sussistenza della garanzia assicurativa
prestata in secondo rischio con la polizza convenzione ACMI n. 109/G/2258, applicazione n.
225801194, dichiarare tenuta la Zurich Insurance PLC a manlevare e tenere indenne, per
l’eccedenza, il Dott. Fabio Montale nei limiti della quota di responsabilità allo stesso attribuita
nonché nei limiti, anche di massimale, di tutte le condizioni contrattuali e temporali di
applicabilità e le franchigie e gli scoperti della polizza prodotta.
4) Vinte le spese di lite anche del 2° grado del giudizio, oltre l’IVA e la CPA
inerenti, nonché il 15% delle spese generali forfettarie ex art. 2 D.M. n. 55/2014.”
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ESPOSIZIONE DEI MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA
DECISIONE
Con sentenza n. 4098/2010, depositata in data 10 novembre 2010, non
notificata, nell’ambito del procedimento R.G. n. 12795/05, il Tribunale di
Genova, in persona del Giudice dott. Roberto Bonino, respingeva la domanda
proposta dai coniugi, sig.ra Hammami Samira e sig. M’Daghi Mohamed per
ottenere il risarcimento dei danni tutti derivanti dalla perdita della capacità di
procreare della moglie, sopravvenuta a seguito di complicanze di un intervento
abortivo, mandando assolti i convenuti Istituto Giannina Gaslini e dott. Fabio
Montale, per essere la domanda infondata in fatto ed in diritto e condannandoli al
pagamento delle spese di giudizio in favore del dott. Montale e della Zurigo
Assicurazioni, compensando invece le spese nei confronti dell’Istituto Gaslini, che
veniva condannato invece al pagamento delle spese di CTU.
La vertenza traeva origine dalla diagnosi di malformazione del feto nel
corso della terza gravidanza della sig.ra Hammami, già madre di due figlie,
formulata all’esito delle ecotomografie effettuate, nell’ordine, presso l’Ospedale
Santa Corona di Pietra Ligure, presso il Centro Ecografico di diagnosi prenatale di
Albenga ed infine presso l’Istituto Gaslini di Genova.
Tutti i referti concordavano sulla presenza di grave malformazione fetale
dovuta a meningocele a livello occipitale.
La signora Hammami veniva ricoverata presso l’Istituto Gaslini per essere
sottoposta a consulenza psicologica, che evidenziava uno stato ansioso, depressivo
e reattivo della paziente e concludeva che la prosecuzione della gravidanza avrebbe
potuto nuocere gravemente alla salute psichica della paziente.
La sig.ra Hammami decideva per l’interruzione volontaria di gravidanza
oltre il terzo mese, cui veniva sottoposta mediante l’induzione farmacologica di
parto abortivo utilizzando il farmaco “Cervidil”, che le provocava un copioso
sanguinamento tanto che nella medesima giornata veniva sottoposta presso il
Gaslini ad operazione chirurgica d’urgenza per distacco della placenta nel corso
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della quale si evidenziava, invece, la rottura dell’utero e la presenza di un
voluminoso ematoma retroperitoneale.
I chirurghi, pertanto, estraevano il feto, asportavano la placenta e, dopo vari
tentativi conservativi, erano costretti a procedere con l’isterectomia e
l’ovariectomia totale.
All’esito di tale intervento la paziente lamentava gravi problemi di astenia,
debolezza e dolore persistente, situazione sulla quale si innestava anche una
sindrome depressiva, che la portava a lasciare la propria occupazione presso la
ditta CIR che si occupava del servizio mensa presso la Piaggio di Finale Ligure,
con conseguente grave disagio economico per la famiglia.
Gli attori deducevano che, se da un lato l’intervento interruttivo precoce
della gravidanza era stato ampiamente giustificato, sia per la patologia da cui era
affetto il feto, che per la situazione ansioso depressiva in cui versava la madre, la
scelta terapeutica, nel caso specifico, non era stata corretta.
La scelta del farmaco Cervidil (Gemeprost) non pareva indicata al caso della
sig.ra Hammami, perché, pur essendo indicato per l’induzione medica all’aborto
terapeutico tardivo, la letteratura medica indica tra i possibili effetti collaterali
proprio la rottura dell’utero nelle pazienti multipare o con precedente gravidanza
chirurgica.
La signora Hammami, secondo l’impostazione difensiva del giudizio di
prime cure, sarebbe stata sottoposta ad una terapia farmacologica controindicata
per il suo caso specifico e non sarebbe stata sufficientemente edotta sui rischi
dell’utilizzo del farmaco abortivo.
Con atto di citazione in appello del 28 aprile 2011 i sig.ri Hammami Samira
e M’Daghi Mohamed impugnavano la sentenza del Tribunale di Genova n.
4098/2010, ritenendola erronea sotto i seguenti profili:
i) per non aver ritenuto controindicata per il caso specifico della paziente, la
terapia farmacologica utilizzata per l’IVG, in ragione del pericolo di rottura
dell’utero derivante dalla somministrazione, evento poi effettivamente verificatosi,
che costringeva all’intervento chirurgico di asportazione.
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ii) Per non avere valutato correttamente la carenza di consenso informato
sulla tecnica e sulla pratica medica adottata, sugli effetti collaterali, pur prevedibili
ed evitabili, tenuto conto del quadro clinico della paziente, con la conseguenza che
il consenso non poteva ritenersi efficacemente manifestato per effetto
dell’incompleta e non esaustiva rappresentazione dei fatti, anche con riferimento
alla violazione del diritto all’autodeterminazione del paziente.
L’Istituto Giannina Gaslini si costituiva in giudizio con comparsa del
20.02.2012, nella quale, prendendo posizione sui profili di criticità ex adverso
formulati, evidenziava:
i) la novità di alcune domande formulate in appello
ii) l’assenza di responsabilità della struttura sanitaria in ordine alla
complicanza insorta ed alla cura applicata alla luce delle risultanze della CTU
espletata e delle testimonianze rese in primo grado;
iii) la correttezza della sentenza impugnata per aver escluso la risarcibilità
del danno conseguente alla lesione del diritto di informazione della paziente.
iv) La correttezza della decisione del Tribunale che ha escluso ogni
responsabilità per l’occorso in capo al dott. Fabio Montale.
L’Istituto Gaslini proponeva altresì appello incidentale contestando la
valutazione operata dal Giudice di prime cure, che riteneva non provato dalla
struttura sanitaria l’iter di raccolta e formalizzazione del consenso informato
chiedendo quindi accertarsi l’avvenuta informazione della paziente e l’intervenuta
raccolta del consenso informato.
L’appellato dottor Montale si costituiva in appello con la comparsa del
23.02.2012, eccependo la novità delle domande formulate in atto di appello
relativamente alle modalità di somministrazione del farmaco abortivo, sulle scelte
operatore, nonché sull’omissione del consenso informato, ribadendo la correttezza
della sentenza del Tribunale per averlo ritenuto estraneo alla decisione terapeutica
di procedere all’IVG mediante terapia farmacologica e, in ogni caso, ribadendo la
correttezza della procedura utilizzata.
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L’appellata ZURICH INSURANCE P.L.C. (già ZURIGO Compagnia di
Assicurazione S.A.) si costituiva in appello il 22.02.2012 ribadendo la correttezza
della decisione del Tribunale che ha escluso ogni responsabilità in capo al dott.
Montale, per sua totale estraneità all’iter preparatorio ed all’impostazione
terapeutica.
All’udienza del 19 aprile 2017, le parti precisavano le proprie conclusioni
come sopra e la Corte tratteneva la causa a decisione.
* * *
In primo luogo, l’appellante si duole della dichiarata di assenza di
responsabilità dell’A.S.L. appellata in ordine alla terapia farmacologica impostata
per la paziente, rivelatasi errata e non idonea, alla complicanza insorta ed alla
gravissima menomazione derivata dall’intervento chirurgico.
Le condizioni soggettive della paziente, pluripara e già sottoposta a parto
chirurgico, avrebbero imposto, secondo le doglianze degli appellanti, sin da subito
il ricorso all’aborto chirurgico, onde evitare il verificarsi della rottura dell’utero,
indicato quale possibile effetto collaterale del farmaco Cervidil su pazienti
multipare.
La consulenza tecnica di ufficio, disposta dal Tribunale sul punto, ha
evidenziato che la scelta dell’interruzione farmacologica era stata assolutamente
corretta, anche con riferimento alle condizioni specifiche della paziente, in quanto
l’intervento chirurgico era e doveva rimanere l’ultima soluzione possibile, a causa
delle ben peggiori e rischiose conseguenze che ne potevano derivare (sepsi e
trombosi, rottura irreparabile dell’utero, emorragie ed addirittura, anche, la morte).
La scelta operata dal personale sanitario del Gaslini di procedere ad IVG
farmacologica è stata corretta, tenendo anche conto delle condizioni soggettive ed
oggettive della paziente e nessun errore può essere imputabile, neanche per quel
che riguarda la successiva fase chirurgica, secondo le articolate e puntuali
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conclusioni dei CTU, condivise con motivazione ineccepibile dal Giudice di prime
cure e, pertanto, il motivo deve essere respinto.
Il secondo motivo di gravame contesta la sentenza del Tribunale di Genova
per non aver riconosciuto il diritto al risarcimento del danno da lesione del diritto
all’informazione della paziente, per non essere stata adeguatamente informata degli
effetti collaterali della terapia farmacologica.
Anche l’appello incidentale del Gaslini investe la medesima questione
relativa alla raccolta del consenso informato della paziente, che il Tribunale ha
ritenuto insussistente e che secondo l’A.S.L. appellata, invece, sarebbe stato nella
fattispecie consapevolmente espresso, poiché, se così non fosse stato, non avrebbe
potuto prendere avvio l’iter autorizzativo all’interruzione di gravidanza tardiva e
come dimostrato dalla non opposizione della paziente alla somministrazione del
farmaco, avvenuta in cinque somministrazioni per via vaginale.
Correttamente il Tribunale ha ritenuto che tali circostanze non consentano
di ritenere sussistente la piena prova di un valido consenso informato esteso a tutti
gli aspetti dell’intervento interruttivo, soprattutto con riferimenti agli effetti
collaterali.
Rileva il Collegio che secondo un indirizzo giurisprudenziale ormai
consolidato il consenso al trattamento medico deve essere pienamente
consapevole, dovendo basarsi su informazioni dettagliate fornite dal medico ed
implicando, quindi, la piena conoscenza della natura dell'intervento medico o
chirurgico, della sua portata ed estensione, dei suoi rischi, dei risultati conseguibili
e delle possibili conseguenze negative. L’informazione deve sostanziarsi in
spiegazioni dettagliate e adeguate al livello culturale del paziente, con l'adozione di
un linguaggio che tenga conto del suo particolare stato soggettivo e del grado di
conoscenze specifiche di cui dispone (Cassazione 20/08/2013, n. 19220)
La responsabilità del sanitario per violazione dell'obbligo del consenso
informato discende a) dalla condotta omissiva tenuta in relazione all'adempimento
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dell'obbligo di informazione in ordine alle prevedibili conseguenze del trattamento
cui il paziente sia sottoposto b) dal verificarsi - in conseguenza dell'esecuzione del
trattamento stesso, e, quindi, in forza di un nesso di causalità con essa - di un
aggravamento delle condizioni di salute del paziente.
Non assume, invece, alcuna influenza, ai fini della sussistenza dell'illecito
per violazione del consenso informato, la circostanza che il trattamento sia stato
eseguito correttamente o meno. Sotto tale profilo, infatti, ciò che rileva è che il
paziente, a causa del deficit di informazione non sia stato messo in condizione di
assentire al trattamento sanitario con una volontà consapevole delle sue
implicazioni, consumandosi, nei suoi confronti, una lesione di quella dignità che
connota l'esistenza nei momenti cruciali della sofferenza, fisica e psichica” (Cass.
Civ. n.19220/2013 cit; Cass.Civ. 27 novembre 2012, n. 20984; Cass.Civ. 28 luglio
2011, n. 16543).
Poiché l'intervento del medico dà luogo in ogni caso all'instaurazione di un
rapporto di natura contrattuale, la corretta informazione del paziente costituisce
un'obbligazione negoziale il cui assolvimento deve essere provato dalla parte alla
quale è ascritto l’inadempimento, e quindi dal medico. A tal fine, secondo un
orientamento pacifico, non è sufficiente neanche la produzione di un modulo
sottoscritto dal paziente quando il suo contenuto sia generico (Cfr. Cass.Civ.
08/10/2008, n. 24791 secondo cui “il medico viene meno all'obbligo di fornire un
valido ed esaustivo consenso informato al paziente non solo quando omette del
tutto di riferirgli della natura della cura cui dovrà sottoporsi, dei relativi rischi e
delle possibilità di successo, ma anche quando ritenga di sottoporre al paziente,
perché lo sottoscriva, un modulo del tutto generico, dal quale non sia possibile
desumere con certezza che il paziente abbia ottenuto in modo esaustivo le
suddette informazioni”).
Sulla base dei principi esposti e delle risultanze processuali ritiene la Corte
che, nel caso, in esame non sia stata fornita la prova che la paziente fosse stata
informata di tutti gli aspetti ed effetti collaterali della interruzione di gravidanza e
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Repert. n. 14/2018 del 04/01/2018
del farmaco somministrato. A fronte della inesistenza di un modulo sottoscritto
dalla paziente, si deve escludere che sia stato assolto, dalla struttura sanitaria o dal
medico, l’onere probatorio di avere fornito alla stessa idonee spiegazioni sulla
natura dell’intervento, sui suoi rischi e sulle possibili conseguenze indesiderate.
Ciò posto, si rende necessario verificare in concreto l’esistenza di un nesso
causale tra la mancata o insufficiente informazione della paziente e la decisione
della medesima di sottoporsi all’interruzione di gravidanza farmacologica da cui è
derivato il danno.
Come precisato dalla Corte Suprema nella sentenza 09/02/2010, n. 2847,
cui si è conformata la giurisprudenza successiva, “In tema di responsabilità professionale
del medico, in presenza di un atto terapeutico necessario e correttamente eseguito in base alle regole
dell'arte, dal quale siano tuttavia derivate conseguenze dannose per la salute, ove tale intervento
non sia stato preceduto da un'adeguata informazione del paziente circa i possibili effetti
pregiudizievoli non imprevedibili, il medico può essere chiamato a risarcire il danno alla salute
solo se il paziente dimostri, anche tramite presunzioni, che, ove compiutamente informato, egli
avrebbe verosimilmente rifiutato l'intervento, non potendo altrimenti ricondursi all'inadempimento
dell'obbligo di informazione alcuna rilevanza causale sul danno alla salute”.
Ha precisato la Corte, nella motivazione della sentenza, che l’onere
probatorio grava sul paziente: (a) perchè la prova di nesso causale tra
inadempimento e danno comunque compete alla parte che alleghi
l'inadempimento altrui e pretenda per questo il risarcimento; (b) perchè il fatto
positivo da provare è il rifiuto che sarebbe stato opposto dal paziente al medico;
(c) perchè si tratta pur sempre di stabilire in quale senso si sarebbe orientata la
scelta soggettiva del paziente, sicché anche il criterio di distribuzione dell'onere
probatorio in funzione della "vicinanza" al fatto da provare induce alla medesima
conclusione; (d) perché il discostamento della scelta del paziente dalla valutazione
di opportunità del medico costituisce un'eventualità che non corrisponde all'id quod
plerumque accidit.
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E ancora, in tema di attività medico chirurgica, è pacifico che la
manifestazione del consenso informato alla prestazione sanitaria costituisca
l’esercizio di un diritto soggettivo del paziente all’autodeterminazione, cui
corrisponde da parte del medico, l’obbligo di fornire informazioni dettagliate
sull’intervento da eseguire. Nel caso in cui il medico non fornisca la prova del
corretto adempimento dell’obbligo informativo preventivo, come nel caso di
specie, è necessario distinguere, “ai fini della valutazione della fondatezza della domanda
risarcitoria proposta dal paziente, l’ipotesi in cui il danno alla salute costituisca esito non
attendibile dalla prestazione tecnica, se correttamente eseguita, da quella in cui, invece, il
peggioramento della salute corrisponda ad un esito infausto prevedibile “ex ante”, nonostante la
corretta esecuzione della prestazione tecnico-sanitaria che si rendeva comunque necessaria, nel
qual caso, ai fini dell’accertamento del danno, graverà sul paziente l’onere della prova, anche
tramite presunzioni, che il danno alla salute è dipeso dal fatto che, ove compiutamente informato,
egli avrebbe verosimilmente rifiutato l’intervento” (Cass.Civ. 13.1.2017 n. 24074).
Nel caso di specie, dalle indagini tecniche disposte in giudizio sono
risultate: la correttezza della scelta di IVG farmacologia, conforme alle linee guida
ed alle prassi in uso all’epoca, la necessità e la infungibilità della terapia
farmacologica prescelta, anche in considerazione delle specifica anamnesi della
paziente, la pericolosità dell’invocato intervento chirurgico, che, secondo il parere
dei consulenti nominati dal Giudice, presentava condizioni ad alto rischio, ben
maggiore di quelle eventualmente derivanti dalla somministrazione del Cervidil.
Deve quindi presumersi che una corretta e completa informazione avrebbe
posto in rilievo l’indispensabilità dell’IVG farmacologica, indicazione a fronte della
quale difficilmente può ipotizzarsi un rifiuto del paziente, della cui precisa volontà
abortiva non v’è dubbio.
A fronte di tali risultanze vi è la sola dichiarazione degli appellanti, i quali
hanno sostenuto che, se informata, la sig.ra Hammani avrebbe preferito non
interrompere la gravidanza piuttosto che subire le complicanze patite. Trattasi di
una dichiarazione della parte, che non ha ovviamente valenza probatoria a suo
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favore, anche tenuto conto che la volontà di abortire non è mai stata posta in
discussione prima dall’appellante, che ha sempre sostenuto la propria precisa
volontà di non voler proseguire la gravidanza dal momento che il feto appariva
affetto da una grave malformazione.
Ritiene pertanto la Corte che parte appellata non abbia assolto l’onere di
provare che, in caso di corretta informazione e di raccolta di un valido consenso
informato, la sig.ra Hammami non si sarebbe sottoposta all’esame.
Ne consegue il rigetto, sotto i profili esposti, dell’appello principale
proposto.
L’appello incidentale del Gaslini viene analogamente respinto, in ragione
delle argomentazioni comuni sopra esposte e della mancata prova di avere
informato adeguatamente proprio quella paziente sui rischi derivanti dalla
somministrazione del farmaco abortivo.
Il terzo motivo di impugnazione, infine, attiene al ruolo del dott. Montale,
che, secondo gli appellanti se è pur vero non essere stato presente in Ospedale il
29.01.2003 per riposo compensativo, non risulta provato in causa che non abbia
partecipato alla decisione della terapia nei giorni precedenti e, peraltro, essendosi
occupato della fase di urgenza vengono prospettate sue responsabilità in ordine
alla gestione della fase di intervento chirurgico.
La sentenza del Tribunale ha accertato l’estraneità del dott. Montale ai fatti
per cui è causa per avere allegato e provato che il giorno 29 gennaio 2003 –
quando venne decisa la terapia farmacologica abortiva – egli era assente dal lavoro
per riposo compensativo, con la conseguenza che gli addebiti a lui mossi in
citazione – scelta terapeutica non corretta e mancata adeguata informazione su tale
scelta terapeutica ed i possibili e prevedibili effetti collaterali rischiosi per la salute
della donna – erano di per sé infondati non potendo proprio il sanitario aver
deciso la terapia e/o proceduto ad illustrare alla donna le procedure e le
problematiche connesse alla tecnica abortiva “prima” di dar corso alla procedura
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terapeutica e/o aver omesso di fornire tali informazioni in quanto assente dal
posto di lavoro il giorno in cui sarebbero stati commessi gli illeciti commissivi ed
omissivi da parte dei sanitari del Gaslini così come dedotti in citazione.
Quanto alla partecipazione alla procedura terapeutica decisa da altri ed
avviata sin dalle ore 7.00 del 30/1/2003 è evidente che il medico si trovò
semplicemente a proseguirla essendo entrato in servizio alle ore 8.00 e fece poi
tutto ciò che era necessario per far fronte alla grave complicanza che manifestò nel
tardo pomeriggio del 30/1/2003”
In ogni caso, la CTU ha recisamente e motivatamente escluso che, nell’aver
prescritto la terapia abortiva per induzione farmacologica (anziché tramite taglio
cesareo) potesse ravvisarsi qualsivoglia profilo di responsabilità medica, poiché nel
caso di specie non esisteva una “scelta terapeutica migliore e diversa rispetto a
quella adottata”, all’epoca, dai medici che ebbero in cura la sig.ra Hammami.
Né miglior fondamento ha il rilievo secondo cui in ogni caso, non risulta
documentato che la decisione in ordine alla tecnica abortiva sia stata adottata
proprio il giorno 29.1.1.2003 e non quello successivo in concomitanza con
l’effettiva somministrazione della terapia farmacologica. La circostanza secondo
cui la pratica abortiva fu decisa il giorno 29 gennaio 2003, in assenza del dott.
Montale, non è mai stata oggetto di specifica contestazione e/o comunque
superata tramite adeguata prova contraria.
Quanto poi alla pretesa responsabilità del dott. Montale in ordine alla
asserita non corretta “esecuzione” della pratica abortiva in questione e degli
“interventi riparatori successivi all’insorgenza dell’emorragia”, trattasi di domande
nuove che esulano dal presente giudizio, la cui causa petendi , secondo la
prospettazione datane dalla sig.ra Hammami nell’atto di citazione è circoscritta
all’accertamento della presunta responsabilità medica nella scelta della terapia
farmacologica abortiva errata e posta in essere in assenza di valido consenso
informato.
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L’esito del giudizio consente di compensare le spese tra gli appellanti e
l’appellante incidentale Istituto Giannina Gaslini, mentre gli appellanti vengono
condannati a pagare le spese del presente grado di giudizio in favore degli appellati
dott. Fabio Montale e Zurich Insurance PLC, liquidate, in conformità ai criteri di
cui al decreto ministeriale 55/2014 e relativo allegato, riducendo alla metà i valori
medi dello scaglione applicabile considerata la non particolare complessità della
controversia, in complessivi euro 4.757,50 (per fase studio euro 1.417,50, per la
fase introduttiva euro 910,00 ed euro 2.430,00 per la fase decisoria), oltre rimborso
spese forfettarie ed oneri di legge;
P.Q.M.
La Corte definitivamente pronunciando, nella causa tra le parti in epigrafe,
respinge l’appello proposto dai signori HAMMAMI Samira e M’DAGHI
Mohamed Ben Hassine confermando la sentenza n. 4098/2010 del Tribunale di
Genova;
Respinge l’appello incidentale dell’Istituto Gaslini;
Dichiara interamente compensate tra le parti appellanti e l’appellata
incidentale Istituto Gaslini, le spese del presente grado di giudizio;
condanna gli appellanti in solido al pagamento delle spese del presente
grado del giudizio, che liquida a favore degli appellati, dott. Fabio Montale e
Zurich Insurance P.L.C., in complessivi € 4.757,50 ciascuno, oltre rimborso spese
forfettario ed oneri di legge.
Così deciso in Genova in data 13 dicembre 2017
Il Presidente
Dott. Leila Maria Sanna
Il Giudice Ausiliario estensore
Dott. Cosima Marocco
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