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REPORT trasferta in GRECIA 21 26 giugno 2017 “Andare in Grecia è un viaggio nella storia, una storia ancora viva, che ci parla dei nostri giorni, del presente, attraverso le nostre radici.” (Chiara Bottazzi ) Diario di viaggio in Grecia, 21 26 Giugno 2017 di Michele Ottenga Caritas Cuneo foto Michele Ottenga Appunti di viaggio in “periferia”:Tinos di Vilma Lusso Caritas Fossano foto Claudia Aceto Note di viaggio in Attica di Claudia Aceto Caritas Cuneo foto Claudia Aceto

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REPORT trasferta in GRECIA 21 – 26 giugno 2017 “Andare in Grecia è un viaggio nella storia, una storia ancora viva, che ci parla dei nostri giorni, del presente, attraverso le nostre radici.” (Chiara Bottazzi )

Diario di viaggio in Grecia, 21 – 26 Giugno 2017 di Michele Ottenga – Caritas Cuneo foto Michele Ottenga

Appunti di viaggio in “periferia”:Tinos di Vilma Lusso – Caritas Fossano foto Claudia Aceto

Note di viaggio in Attica di Claudia Aceto – Caritas Cuneo foto Claudia Aceto

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Diario di viaggio in Grecia, 21 – 26 Giugno 2017 di Michele Ottenga – Caritas Cuneo

foto Michele Ottenga

Partecipanti: Michele Ottenga e Claudia Aceto (Caritas Cuneo) – Vilma Lusso (Caritas Fossano)

Luoghi e incontri principali:

Atene: Caritas Hellas, Neos Kosmos (struttura per rifugiati in Atene), Patriarcato armeno

Tinos: Caritas Tinos, Vescovo di Naxos-Tinos, Chio-Lesbo

Obiettivi del viaggio:

Conoscere da vicino le realtà del mondo Caritas in Grecia.

Studiare il rapporto Grecia-Europa in particolare per la situazione dei rifugiati.

Mettere le basi per un gemellaggio.

NEOS KOSMOS:

Neos Kosmos, centro di accoglienza per persone in difficoltà, nasce a Luglio 2014 da un’idea della Caritas Hellas. La Grecia è in profonda crisi economica e la struttura inizialmente ospita prevalentemente cittadini di origine e nazionalità greca in condizioni di difficoltà, con bisogni specifici o segnalati dai servizi sociali.

Con l’avvento della grave crisi migratoria del 2015, Neos Kosmos sposta il proprio faro di attenzione verso coloro che sono arrivati in Grecia in condizioni disperate e alla ricerca di una vita migliore.

Neos Kosmos, come struttura di accoglienza, prende nome dall’omonimo quartiere creato dai crociati armeni a cavallo tra ottocento e novecento. È quindi per sua natura un quartiere di rifugiati. Neos Kosmos è quindi soprattutto una struttura che ospita persone in difficoltà, anche greci.

Nel 2015 un richiedente asilo in Grecia aveva tre strade davanti, tutte ugualmente percorribili. Il ricollocamento in altri paesi europei, la richiesta d’asilo in Grecia, e il ricongiungimento con la famiglia in Grecia, o ancora meglio nel resto dell’Europa.

Il 20 marzo 2016 l’accordo con la Turchia ha reso i confini greci chiusi. Ora i rifugiati devono fermarsi, in attesa di essere ricollocati. Da struttura di emergenza Neos Kosmos si sta trasformando in struttura di accoglienza profughi di medio-lungo periodo. Solo più la richiesta d’asilo è accettata, anche se a Neos Kosmos ancora adesso sono presenti profughi di tutte e tre le categorie.

Principalmente sono accolte famiglie di origine iraniana, afgana, senegalese e soprattutto siriana. Sono circa cinquanta le persone accolte. È presente anche una famiglia dal Kuwait e una dall’Oman. In particolare, in questo momento, sono presenti nuclei mamma-bambini.

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Neos Kosmos è un centro per le famiglie, si respira un clima conviviale, la gente sorride ed è accogliente. Nonostante il caldo e la pesantezza dovuta al periodo di Ramadan, nessuno è scortese e tutti rispettano anche i nostri momenti di riposo. Infatti, la nostra delegazione, per i giorni in cui siamo stati ad Atene, è accolta e dorme tra le mura di questa realtà multiculturale. Le famiglie hanno una stanza dedicata, una cucina in condivisione dove avviene il momento, molto conviviale, del pasto. Non manca da parte degli operatori il fondamentale supporto e aiuto per gli aspetti legali, e la competenza per continuare a seguire le procedure di ricongiungimento.

I bambini e i ragazzi accolti non frequentano la scuola greca, perciò hanno molti corsi per impiegare il loro tempo e per continuare il proprio percorso di formazione. Non frequentano la scuola perché il progetto migratorio di queste persone non contempla il fermarsi e stabilirsi in Grecia. Sono in attesa, ormai da anni, del ricollocamento in altri paesi europei, dove, spesso, hanno altri pezzi di famiglia e amici, che aspettano.

Il 12 settembre 2016 a Neos Kosmos è iniziata appunto la scuola: sette insegnanti volontari coinvolti, circa quattro ore al giorno di lezione, per un totale di quasi venticinque ore a settimana. I bambini e i ragazzi – ma anche gli adulti, volontariamente - hanno studiato arabo (lingua principale per i più), matematica, inglese, geografia sociale (per andare a implementare la memoria storica del vissuto e per inquadrare l’esperienza del percorso migratorio), ginnastica, teatro, musica e igiene personale. In modo stabile sono stati seguiti gli ospiti dai 6 ai 14 anni in una classe mista con ragazzi di tutte le età. Il lavoro dei volontari è stato encomiabile e arricchente.

Tutti i ragazzi analfabeti che hanno partecipato hanno imparato a scrivere, almeno qualche parola, in inglese e arabo. Le conoscenze e le competenze culturali sono cresciute, soprattutto nell’educazione civica e sociale.

La nuova sfida per gli operatori è lavorare con le famiglie per passare dall'emergenza all'integrazione. Molte persone accolte però hanno altri progetti, vivono una situazione difficile; in diversi casi si parla ormai di vere e proprie forme depressive. Gli operatori continuano a lavorare per non lasciare solo chi è accolto e per creare opportunità per raccontarsi ed esprimere la creatività.

Neos Kosmos è economicamente sostenuto dalle donazioni, attraverso Caritas Hellas, della Caritas Germania, e di Caritas Austria. I locali della struttura sono stati rinnovati profondamente attraverso i fondi dell’8x1000 di Caritas Italiana. La struttura è ben integrata nel quartiere e gode di rispetto; riconosciuta dai più come una realtà “umana” e accogliente.

Elena Sofia Fanciulli è la “field-officier”, responsabile del progetto, attraverso Caritas Hellas. Laureata in “Scienze per la cooperazione internazionale” con una specializzazione sul tema della gestione dei conflitti e della pace. È arrivata a Neos Kosmos nel dicembre 2015 e ha visto tutte le fasi della crisi migratoria che ha afflitto la Grecia. Nel centro sono presenti anche un’educatrice: Petroula, un mediatore culturale e traduttore, uno psicologo e coordinatore del progetto, due caschi bianchi della Caritas, e due figure di sostegno (l’equivalente dei nostri OSS) con compiti di pulizia e tecnici.

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CARITAS HELLAS:

La Caritas Hellas (Caritas Grecia), fondata nel 1976 dai Vescovi cattolici in Grecia, ha la missione di promuovere e salvaguardare la dignità umana attraverso servizi di assistenza sociale ai migranti e ai rifugiati, sostenendo i poveri e i bisognosi e fornendo aiuti umanitari in caso di disastri naturali o se si verificano altre tipologie di situazioni di emergenza. Durante questi anni di “crisi migratoria”, e in particolare dal 2014, Caritas Hellas ha posto il focus del proprio operato sull’aiuto concreto e sulla realizzazione di progetti rivolti a migranti e richiedenti asilo. Le Caritas diocesane hanno invece continuato nella loro opera di sostegno delle numerose e sempre più presenti povertà locali. In particolare molto attiva Caritas Atene. Caritas Hellas ha un'ampia gamma di programmi che includono servizi nutrizionali e servizi di assistenza sociale rivolti ad una popolazione in rapida crescita di rifugiati e immigrati, giovani in difficoltà, famiglie anziane e bisognose. Ogni giorno, il servizio comprende la distribuzione di cibo, vestiti, istruzione, consulenza e supporto psicologico a circa 300 persone, di cui 80 bambini. Inoltre, Caritas Hellas dispone anche di un programma di visita in carcere che offre un supporto etico e facilita i collegamenti con le famiglie. Dal 1987, la sede ufficiale della Caritas Hellas è ad Atene ed è supportata da 10 uffici regionali della Caritas. Questi uffici hanno un totale di 8 dipendenti e quasi 350 volontari, che sono descritti da Caritas Hellas come "l'anima della Caritas". Senza la loro fedeltà e impegno, i programmi sopra indicati cesserebbero di esistere. Il Consiglio di Caritas Hellas è composto dai rappresentanti permanenti delle Province ecclesiastiche cattoliche della Grecia: Atene, Syros, Creta, Salonicco, Corfù, Naxos-Tinos, Esarcato di Rodi, Esarcato Cattolico Armeno ed Esarcato dei Cattolici del rito bizantino. Caritas Hellas è un membro della Caritas Europa e della Caritas Internationalis. Il compito principale che si riconosce la Caritas Hellas non è solo quello dell'aiuto immediato e concreto ai poveri, ma lo sviluppo di una vera e propria pedagogia e di un percorso pastorale, soprattutto per i temi che riguardano l’accoglienza e l’integrazione di persone straniere e immigrate.

La visita a Caritas Hellas è iniziata ad Atene. Le sedi di Caritas Hellas e Caritas Atene si trovano in uno stesso stabile ubicato nel quartiere di Omonia, uno dei più fortemente colpiti dalla crisi; presso questo stabile si trovano anche servizi come il centro d’ascolto diocesano, la mensa, il servizio informazione per rifugiati, frequentati quotidianamente da diverse centinaia di persone.

Anche al nostro arrivo, all’ingresso, erano presenti molte persone in coda per una doccia o per la distribuzione dei viveri.

Dall’incontro avuto con i responsabili dei diversi settori è emerso un quadro critico, aggravato dal costante passaggio di migranti e da una difficoltà di lettura di quale possa essere lo sviluppo della situazione attuale.

Abbiamo visitato poi la sede del nuovo centro diurno (sempre in Omonia) finanziato con i fondi dell’8x1000 della Caritas Italiana dove è stato possibile verificare il carico di lavoro e le problematiche che operatori e volontari si trovano ad affrontare; in particolare si sta delineando un cambio tra una fase passaggio a una di permanenza dei profughi in città a causa della chiusura delle frontiere. Nel nuovo centro si da importanza in particolare all’insegnamento del greco e

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dell’inglese e ci sono spazi di formazione sia per adulti, che per bambini. È presente una sala di internet point per i richiedenti asilo e rifugiati.

Molto attiva è anche la piccola comunità di cattolici Armeni impegnata in modo particolare nell’accoglienza ai profughi ma anche sul versante dell’attenzione alle famiglie in difficoltà; di questo significativo impegno è stato possibile parlarne con l’attuale amministratore apostolico padre Joseph Bezouzou in un incontro presso la sede dell’Ordinariato per gli Armeni cattolici residenti in Grecia. In questo momento padre Joseph si occupa direttamente dell’accoglienza di alcune famiglie siriane, in stretto contatto e collaborazione con la realtà di Neos Kosmos.

I GEMELLAGGI:

Il programma dei “gemellaggi solidali” è nato nell’autunno del 2013 a seguito dell’appello di Papa Benedetto XVI a Milano durante il Meeting delle famiglie. È stato messo a punto un programma di lavoro da parte di alcune diocesi, questo ha permesso l’avvio di una serie di gemellaggi tra le comunità italiane e greche. Dalla collaborazione di questi anni sono nati dei programmi nazionali di sviluppo socioeconomico: “Elpis, Borse lavoro”; “Programma Giovani”, “Turismo solidale”, “Gruppi famiglia “Microprogetti di Sviluppo”. Attraverso il gemellaggio con le diocesi Italiane, sono stati avviate inoltre numerose attività di animazione pastorale, tra cui in particolare campi di volontariato in Grecia, visite studio in Italia e scambi pastorali. Infine, nell’ambito della promozione del volontariato, oltre all’organizzazione di numerosi campi estivi nell’ambito del progetto Gemellaggi, è in corso il Progetto Caschi Bianchi, che vede la presenza di due volontari ad Atene, in servizio presso la Caritas Grecia, per la durata di un anno; in questo momento i due Caschi Bianchi operano nella realtà di Neos Kosmos.

Sono sedici le diocesi italiane, che, attraverso le proprie Caritas diocesane, hanno deciso di impostare una qualche forma di gemellaggio con le Caritas greche, attraverso Caritas Hellas

La diocesi di Atene ad esempio collabora con tre diocesi: Reggio Calabria, Udine e Foligno. Caritas Naxos Tinos con Reggio Calabria e Foligno. Caritas Salonicco con Caritas sarde. Caritas Siros con Udine, Reggio Calabria.

Il Gemellaggio si configura come una forma di collaborazione tra le diocesi. Tutto parte da una lettura dettagliata dei bisogni, per cercare di individuare una qualche forma di collaborazione. La Caritas nazionale coordina le Caritas sul tema dei gemellaggi, e manderà un invito alle Caritas locali per iniziare un ragionamento sul tema. Dall'invito si parte per l'organizzazione.

All’incontro della mattina del 22 Giugno nella sede di Caritas Hellas erano presenti: Maria Aliverti (direttore di C.H.); Stanislao Stouraitis (responsabile sul tema dei gemellaggi); padre Antony Voutsinos (presidente Caritas Hellas e responsabile della Caritas della diocesi di Syros).

La situazione in Grecia non è molto favorevole per Caritas; la chiesa ortodossa ha un forte legame con lo stato (attraverso il ministero dell’educazione e della religione). Anche gli ortodossi hanno una personale forma di sostegno alla gente che si chiama: “Apostolì” (missione apostolica), che però non collabora volentieri con Caritas Hellas.

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La popolazione greca è in larga maggioranza ortodossa, ma in questi anni Caritas Hellas ha aiutato chiunque, senza guardare in faccia al credo religioso e si è distinta in particolare sul tema dell’accoglienza dei rifugiati. Ancora adesso arrivano 100-150 persone al giorno. Arrivano anche persone turche. In questi anni il lavoro di Caritas Hellas ha portato allo stanziamento record di 6 milioni di euro attraverso molti progetti. Sono quindi state (e sono) circa 110 le persone che hanno lavorato a vario titolo sul tema dei rifugiati. La maggior parte degli operatori si trova sulle isole. Caritas Hellas offre soprattutto spazi di ascolto e di coordinamento degli aiuti. Negli ultimi mesi si sta creando una forte partnership con realtà cattoliche legate alla Svizzera, alla Germania (Caritas tedesca), alla Caritas austriaca e agli Stati Uniti. C’è preoccupazione per il futuro e la sostenibilità dei progetti nati e di cui si sente forte ancora il bisogno. Tutto il lavoro è stato monitorato attraverso un osservatorio e con l’utilizzo della piattaforma “Ospo Web”.

Sono state proposte due forme diverse di coinvolgimento diretto delle nostre realtà.

Da un lato è emersa forte la richiesta di una collaborazione diretta con Caritas Hellas. È stata formulata la proposta, da parte di Padre Antony, di iniziare una collaborazione diretta tra la Delegazione Regionale del Piemonte e Caritas Hellas, in particolare sul tema della formazione e dell’organizzazione di Caritas. Anche finanziariamente c’è bisogno di un sostegno.

Dall’altro lato si spinge a creare un gemellaggio diretto tra diocesi. Si ipotizza il legame tra la Caritas di Naxos-Tinos e la diocesi di Cuneo-Fossano (attraverso le due caritas diocesane).

VISITA A TINOS.

INCONTRO CON IL VESCOVO di NAXOS-TINOS. INCONTRO CON LA CARITAS DIOCESANA di TINOS.

Il 23-24 Giugno la delegazione ha visitato la Caritas di Tinos.

Tinos è un'isola del Mar Mediterraneo appartenente all'arcipelago greco delle Cicladi vicino alle isole Andros, Delos e Mykonos. È costituita unicamente dal comune omonimo con una popolazione di 8.574 abitanti al censimento 2001

L'arcidiocesi di Naxos, Andros, Tinos e Mykonos (in latino: Archidioecesis Naxiensis, Andrensis, Tinensis, et Myconensis) è una sede metropolitana della Chiesa cattolica. Nel 2013 contava 5.400 battezzati su 61.900 abitanti. È retta dall'arcivescovo Nikólaos Printesis. L'arcidiocesi estende la sua giurisdizione sui fedeli cattolici di rito latino delle isole greche di Naxos, Paros, Andros, Antiparos, Amorgos, Delos, Tinos, Syros e Mikonos.

Sede arcivescovile è la cittadina di Xinara sull'isola di Tinos; qui si trova la cattedrale di Nostra Signora del Rosario. Ad Andros, Naxos e Mikonos si trovano le ex cattedrali dedicate rispettivamente a Sant'Andrea Apostolo, alla Presentazione di Gesù al Tempio e a Nostra Signora del Rosario.

Il territorio si estende su 1.377 kmq ed è suddiviso in 30 parrocchie, o luoghi di culto, di cui ben 25 nella sola isola di Tinos.

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Attualmente il vescovo di Naxos-Tinos si occupa anche della diocesi di Chio, che estende la sua giurisdizione sui fedeli cattolici di rito latino delle isole greche di Lemno, Lesbo, Chio, Samo e Icaria. Sede vescovile è la città di Chio, dove si trova la cattedrale di San Nicola. Il territorio si estende su 4.116 kmq ed è suddiviso in 3 parrocchie: la cattedrale e due chiese, entrambe dedicate a Maria Assunta, sulle isole di Samo e Lesbo. Sono circa 500 i fedeli battezzati su una popolazione di 200.000 abitanti.

L’arcivescovo Nikòlaos ci ha accolto con il pranzo e ci ha raccontato la difficile situazione che la chiesa cattolica vive sulle isole. La disoccupazione e la crisi sono arrivate un po’ più tardi sulle isole e stanno creando molti problemi, che ci vengono poi confermati dagli incontri con i referenti della Caritas diocesana.

L’arcivescovo inoltre ci racconta la sua esperienza sulle isole di Chio e Lesbo nell’accoglienza dei richiedenti asilo, soprattutto nell’emergenza del 2015. È stato lui, personalmente, ad accogliere Papa Francesco, durante la visita sull’isola di Lesbo.

I nostri riferimenti nella Caritas di Tinos sono:

Antonis Delatolas (direttore della Caritas diocesana e assistente sociale):

[email protected]

Stella Foscolo (factotum e vice direttore della Caritas di Tinos)

[email protected] tel: 0030-6946841536

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Appunti di viaggio in “periferia”:Tinos di Vilma Lusso – Caritas Fossano foto Claudia Aceto

Sullo sfondo, tra nebbie e vapori di

calura, si staglia la sagoma ancora

indistinta di un’isola, una delle tante

sparse nel cuore dell’Egeo che, proprio

per il loro numero, danno al viaggiatore

l’impressione di non essere in mare

aperto.

Man mano che il traghetto si avvicina al

porto, Tinos, questo il nome dell’isola, ci

appare brulla, in parte rocciosa, arida,

stranamente, solo a tratti, spazzata dal

vento dell'estate che oggi non mitiga il

caldo torrido e il sole bruciante. Qua e là,

manciate di case bianche costituiscono

pittoreschi paesini adagiati nelle conche

o aggrappati alle colline, quasi sospesi in

un silenzio e una pace irreali.

La folla vacanziera si disperde brulicante e allegra su per le stradine del villaggio costiero, dove la

crisi che imperversa sul continente pare non esistere: si dirige in gran parte verso il santuario della

Madonna, la Lourdes degli ortodossi, una cattedrale rivestita di marmi bianchi, raggiunta sovente in

ginocchio dai pellegrini.

Tinos, nota anche come ‘isola della Vergine Maria’ o la

‘Lourdes dell’Egeo’ è, infatti, meta di imponenti

pellegrinaggi, due volte all’anno, da parte dei fedeli

ortodossi, che giungono sin qui per visitare l’icona sacra

del Santuario dell’Evangelistra. Il 25 marzo (Festa

dell’Annunciazione) e il giorno di ferragosto (Festa

dell’Assunzione), migliaia di pellegrini arrivano a frotte,

affollando l’isola in maniera incredibile, per chiedere

protezione all’icona della Panaghia, considerata

miracolosa. Molti sono i malati, i disabili e gli ortodossi

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in genere che credono nel potere taumaturgico di questa effigie. In quei giorni la popolazione locale - circa

ottomila anime - decuplica. La storia dell’icona è piuttosto avventurosa. Nel 1822, Pelaghia, una suora del

monastero di Kechrovouniou, situato sulle alture dell’isola, sognò un’icona seppellita in una fattoria vicina.

Pelagia si fece aiutare da alcuni vicini per scavare nei dintorni e in breve scoprirono le fondamenta di una

chiesa bizantina. Qui, il 30 gennaio del 1823, un operaio trovò un’immagine d’oro della Madonna, un’icona

che fu considerata inviata dalla Vergine Maria per curare i fedeli di Tinos e dipinta dall’evangelista Luca.

Sul luogo, tra il 1823 e il 1830, fu costruito il Santuario della Panaghia Evanghelistría (o Cattedrale della

Madonna), eretto su due livelli in cima al colle che domina il capoluogo. Costituito di marmo pregiato - di

cui l’isola è una delle principali produttrici greche - e di materiale antico di reimpiego, il santuario è oggi

uno dei luoghi di preghiera più importanti della Chiesa ortodossa.

Scendiamo dal traghetto e, in una luce abbagliante, siamo accolti con grande cordialità dalla vice

direttrice della Caritas locale, la signora Stella Foscolo, medico in pensione, donna energica,

volitiva, ma estremamente sensibile e disponibile, perfetta conoscitrice della lingua italiana e, come

tale, indispensabile interprete sia per il suo Direttore, il signor Antonis Delatolas, giovane assistente

sociale, che per noi.

Come ovunque in Grecia, la loro accoglienza è generosa e altruista e ci fa sentire presto parte della

Caritas locale, una Caritas che opera da anni, ma che ora, spinta dalle necessità crescenti e sostenuta

dal gemellaggio con Udine, ma soprattutto da quello con Reggio Calabria, si è organizzata in modo

encomiabile, lavora in rete, con Ospoweb, con statistiche, dati, schede, riassuntive di tipologie di

aiuti e di assistiti; discreta e pure attivissima, presta la propria assistenza a chiunque sia nel bisogno,

senza distinzione di fede, di genere o di provenienza.

È con sorpresa, infatti, che il Direttore ci racconta che, nonostante le apparenze di un turismo

sfavillante e quindi di un benessere diffuso, la crisi a Tinos è stata, anche se non devastante come

nel resto della Grecia, profondamente sentita ed ha messo in ginocchio gran parte delle imprese

locali, per cui la popolazione è stata costretta, dove possibile, a reinventarsi e a "tornare alle origini"

oppure ad andarsene verso Atene e il continente.

Ma la scelta di restare in questa terra istoriata di muretti a secco che delimitano le proprietà o

strappano terrazzamenti ai fianchi delle colline, non sempre ha ripagato con generosità i suoi

abitanti, gente semplice, legata alla terra e alle tradizioni, poco propensa a lasciare quest’isola, dove

tutti si conoscono e si aiutano con naturalezza e semplicità, per tentare altre strade e altre fortune.

A molti questa ritrosia a partire, come ci dice Petroula, originaria di Tinos, con studi a Roma e ora

operatrice Caritas ad Atene presso Neos Kosmos, può sembrare chiusura, ripiegamento su se stessi,

mancanza di coraggio e d’intraprendenza, ma per altri, anche giovani, è solo attaccamento

sviscerato per la propria terra, è un modo per raccogliere i pezzi sociali disgregati dalla crisi e

provare a costruire qualcosa di nuovo e sostenibile, prezioso.

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Entrambi gli atteggiamenti sono condivisibili, entrambi richiedono spirito d’iniziativa e di

adattamento, pianificazione a lungo termine, sogni importanti su cui investire e rischiare; ci vuole,

infatti, una forza d’animo non comune sia per lasciare questo paradiso di luce, di mare, di umanità

con vincoli, sì, ma anche con la rassicurante presenza di familiari e amici, sia per rimanere e

scommettere sul riscatto e sul recupero della propria isola e della propria identità.

Certo le oltre trecento costruzioni interrotte da alcuni anni, gli alberghi e i ristoranti che vivono

ormai " alla giornata", il turismo" mordi e fuggi" non fanno sperare, per il momento, in nulla di

buono e di meglio e giustificano l’aumentato impegno della Caritas locale che, qui, non si occupa di

profughi o richiedenti asilo, come ci dice il Vescovo durante il pranzo sobrio ma squisito, a base di

pietanze locali che ci ha offerto, ma deve soccorrere gli isolani, deve individuare chi, per vergogna

e pudore non osa chiedere aiuto, deve arrivare là, dove nessun altro arriverà mai.

Già, il Vescovo Nikolaos: è una figura di spicco della Diocesi, profondamente consapevole delle

restrizioni dei Tiniesi e delle gravi necessità delle isole di Lesbo, Chio e Samo dove sbarcano i

migranti e le emergenze non si contano più, ma, nonostante tutto, pastore ospitale e sorridente,

incoraggiante e attento, gioioso nella Fede e nell’Amore di Cristo; vero simbolo di quel cristiano

auspicato e indicato da Papa Francesco, di quel credente che, come tale, pur nelle difficoltà e

talvolta nell’ostilità di cui è fatto oggetto la Chiesa cattolica, sa di non essere solo a lottare e di poter

contare sulla vicinanza di Gesù.

Quest’atteggiamento positivo si ritrova nella delicatezza degli operatori Caritas, nella riservatezza

degli incontri fissati su appuntamento per rispetto della privacy, nella collaborazione discreta con le

Istituzioni per cui il Direttore lavora, nell’aver cercato un centro d’ascolto meno centrale,

nell’averlo ristrutturato con parsimonia, ma con cura per renderlo accogliente e facilmente fruibile,

per trasmettere - dice Stella - un messaggio di speranza e d’incoraggiamento.

Nuovo Centro d’Ascolto

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Ora servirebbe un piccolo frigorifero, qualche sedia, una scrivania per il computer, uno scaffale per

i dossier e i raccoglitori: tutto a tempo debito, perché la precedenza l’hanno le persone, gli "esseri

umani"- precisa il direttore - e il resto può attendere.

Certo le richieste di sostegno economico, sanitario, lavorativo, di viveri e di vestiti sono in continuo

aumento e loro si prodigano con le poche risorse che hanno a disposizione, con le raccolte che le 23

parrocchie dell'isola organizzano una volta l’anno in loro favore o con il denaro depositato dai

fedeli nelle piccole cassettine di legno appese ai muri delle chiese o con le donazioni provenienti da

Caritas straniere, ma le esigenze sono tante e, con grande umiltà, affermano che avrebbero bisogno

di poter contare su altre certezze.

Ecco, quindi, motivate le richieste di gemellaggio, giustificata l’esigenza di conoscere nuove forme

di solidarietà e di comunità, condivisibile il desiderio di organizzarsi, di migliorarsi, di apprendere

per essere più efficienti, per ricostruire realtà, situazioni, rapporti umani un tempo uniti e ora

lacerati dalla crisi.

Questa piccola isola, splendida nel suo mare, nel suo cielo, nei suoi mulini a vento, nelle sue

case abbarbicate tenacemente sulle colline, come i suoi abitanti, nei suoi campi coltivati a

carciofi, che sente ancora forte l’impronta lasciata da Venezia nei cognomi e nelle sue quasi

650 colombaie, questo lembo di terra immerso nell’Egeo, dove la solidarietà tra le persone è

estremamente normale e spontanea, merita il nostro appoggio e la nostra attenzione: forse noi

potremo insegnare loro l’uso della tecnologia e l’organizzazione tecnica di un ufficio, potremo

portare la nostra esperienza nel gestire le emergenze, ma loro ci potranno insegnare cosa sia il

vero rispetto dell’uomo, fatto di semplicità, di accoglienza, di umanità, di empatia con il

prossimo.

Cartoline da Tinos

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Mappa e cartina Isole Cicladi

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Note di viaggio in Attica di Claudia Aceto – Caritas Cuneo

foto Claudia Aceto

Introduzione

L'Attica è una regione storica dell'antica Grecia, che porta lo stesso nome della penisola che si

protende nel Mar Egeo, e che ospita la capitale dello stato greco, Atene.

Una domenica di luglio abbiamo percorso la costa da Atene a Capo Sounio, in un viaggio tra storia,

attualità, politica, accompagnati da un amico greco. Argiris è un giornalista e attivista sociale e

politico, ha viaggiato e lavorato in mezzo mondo, anche in Italia, ma soprattutto è un greco.

Generoso, colto, appassionato, profondo conoscitore del suo Paese, innamorato e fiero della sua

terra e della sua gente. Alto, robusto con dei sorprendenti occhi e capelli chiari, parla un italiano

fluente e corretto, con l’inflessione tipica, cantilenante della sua lingua.

Sarà la nostra guida, il nostro autista, il nostro mentore per questo viaggio nello spazio, nel tempo,

nella storia.

Scorcio porto del Pireo dal mare

Al telefono ci dice solo che verrà a prenderci e ci porterà in un bellissimo posto, a sorpresa.

Lo aspettiamo al Pireo, il porto di Atene, e saliamo sulla sua macchina.

Anche l’auto è molto “greca”: spartana, è proprio il caso di dirlo, un po’ sgarruppata, e segnata

dall’età. Somiglia alla maggior parte delle macchine che abbiamo visto in Atene. A parte i super

ricchi, che come ovunque in questo nostro mondo, girano su transatlantici lussuosi e di ultima

generazione, il resto della popolazione si accontenta di avere un mezzo di trasporto purchessia, con

quattro o due ruote. Tante, infatti, le moto, rigorosamente guidate senza casco! Proprio le

autovetture forniscono una delle immagini della crisi in cui è stato precipitato e strangolato il Paese

dalle insensate politiche di austerità imposte dall’Unione Europea. In particolare da quando, a

gennaio 2015, le elezioni hanno avuto come risultato un governo nuovo, completamente diverso da

quelli precedenti, corrotti e rovinosi, responsabili dell’enorme debito pubblico, con la ferma

intenzione di cambiare le cose. Ma la Troika (Fondo Monetario Internazionale – Banca

Centrale Europea - Commissione Europea) è scesa in campo con tutta la sua potenza di fuoco,

provocando nel paese una vera e propria crisi umanitaria, di cui non s’intravede ancora la fine.

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Dicevamo le auto. In Atene, solo nel tratto della strada dove affaccia la Neos Kosmos Social

House1, nella quale abbiamo soggiornato, abbiamo contato 48 vetture parcheggiate in condizioni

disastrose, cui spesso mancava tutto quello che era asportabile, a partire dalle gomme. La maggior

parte con un cartello sopra, che indicava la prossima rimozione del mezzo. Soliti greci, disordinati,

menefreghisti, pigri, che non rispettano le regole, etc. etc.? No, gente che non ha nemmeno più gli

occhi per piangere, che la crisi ha messo sul lastrico. La demolizione, come d’altronde da noi, non

costa poco; per loro una fortuna. Si lascia la macchina parcheggiata lungo il marciapiede, e si

aspetta che decorra il termine di riconsegna delle targhe, con i vari avvisi che si susseguono sul

parabrezza, fino a quando l’auto viene portata via dal carro attrezzi e tolta definitivamente al

proprietario. Senza spese. Certo non una prassi lodevole, ma forse un comportamento imposto dalla

necessità ai cittadini di uno Stato che non riesce a garantire le tutele primarie, pur nell’impegno di

risalire la china. Per ora a piccoli, piccolissimi passi.

Ci siamo messi in viaggio sulla costa orientale dell’Attica, lungo una strada panoramica che si

affaccia sul Golfo Saronico, o Golfo di Egina, dal nome della sua isola più importante, offrendo la

vista incantevole del Mar Egeo e del complesso delle Isole Saroniche.

Il caldo è tremendo, 40/42 gradi. In macchina poi, con condizionatore stanco, finestrini aperti, in

coda. Sembra che tutti gli ateniesi stiano andando al mare, e abbiano scelto la nostra strada!Intanto

Argiris, imperturbabile, mentre noi boccheggiamo, parla. Racconta della crisi, del governo Tsipras,

della vita della gente comune: una lotta per la sopravvivenza. Di un popolo che non si arrende, che

sa che il proprio paese è serrato in una morsa spietata, che il governo eletto e rieletto a grande

maggioranza, sta facendo quello che può. E, in effetti, qualcosa sta cambiando; arrivano decisioni e

iniziative di contrasto alla crisi. Ma siamo ancora ben lontani dal rivedere la luce. Fin dall’inizio i

cittadini, le associazioni di carattere sociale e volontariato, Caritas Grecia e le Caritas locali, si sono

attivati, mettendo in piedi tutte le contromisure popolari possibili: cucine di quartiere, ambulatori

sociali gratuiti, raccolta e distribuzione di generi di prima necessità, accordi con piccoli produttori e

negozi per avere la merce a prezzi solidali, doposcuola per ospitare i bambini, occasioni di lavoro

create o ricercate in modo nuovo. La vita da reinventare, giorno dopo giorno, per non soccombere

alla disperazione, per non perdere la dignità, per non morire.

E’ la fantasia della solidarietà che la Grecia ha mostrato al mondo, una lezione che tutti i popoli

europei dovrebbero imparare.

Ecco come descrive la situazione attuale Chiara Bottazzi2 nel suo

prezioso “manuale” Grecia. Una guida x viaggiatori solidali, contro ogni

crisi,3 che ha fatto da guida anche a noi. Nell’Introduzione, al capitolo

non a caso intitolato: Breve storia della Grecia. La nostra storia, alla

voce Il “sogno europeo” e la crisi troviamo scritto: “Gli anni ottanta e

novanta hanno forse rappresentato l’età d’oro della Grecia moderna;

anni di sviluppo economico e istituzionale, gli anni della concretizzazione

del “sogno europeo” e del boom turistico, fino al 2004, anno delle

Olimpiadi di Atene, in cui la Grecia mostrò al mondo il suo lato migliore.

Anni in cui, purtroppo, il debito pubblico cresceva a livelli insostenibili e

la classe politica non era in grado di affrontare nodi importanti, che

avrebbero condizionato il futuro. Fino ad arrivare al fatidico 2009, che

segna l’inizio della persistente crisi economica, in cui lo scoppio della

bolla finanziaria internazionale del 2008, genera reazioni a catena sul debito greco, che portano il

paese sull’orlo del fallimento.”

1 La Neos Kosmos Social House è stata creata da Chiara Bottazzi, con il marito Danilo Feliciangeli nel 2014, con il sostegno di

Caritas Italiana e in collaborazione con Caritas Hellas. E’un Centro che offre ascolto e accoglienza di medio lungo periodo a famiglie

che si trovano in disagio/difficoltà abitative, e che ospita attualmente profughi siriani e iracheni. 2 Storica dell’Arte, operatrice di Caritas Italiana, collaboratrice di diverse testate giornalistiche, da tempo impegnata sul Medio

Oriente (Iraq, Libano e Siria) e Grecia. Ha vissuto in Grecia questi ultimi. 3 Su progetto editoriale promosso da Caritas Hellas e Caritas Diocesana di Udine, pubblicata a gennaio 2015- Introduzione, pag.11

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La prima tappa la facciamo a Paleo Faliro, a 10 km dalla capitale, che è stato il porto principale

della città fino alle Guerre Persiane. Ci colpisce una splendida imbarcazione antica ricostruita alla

perfezione ormeggiata che ci ricorda queste origini.

La Olympias, ricostruzione moderna di un'antica trireme ateniese, unica al mondo, ed un esempio rilevante

di archeologia sperimentale.

Ma noi siamo qui per un’altra nave. E il cacciatorpediniere Velos, diventato per i greci un simbolo

di libertà e riscatto, durante uno dei periodi più bui della loro storia.

Grazie al nostro amico, possiamo usufruire di un giorno di chiusura al pubblico che ci permette una

tranquilla visita “privata”.

Il cacciatorpediniere Velos

Il 21 aprile del 1967 un gruppo di ufficiali dell’esercito guidò un colpo di stato contro il governo democraticamente eletto. Nella notte, carri armati e soldati occuparono tutti i luoghi più importanti di Atene, arrestarono il comandante in capo delle forze armate e tutti i più importanti politici del paese; poi costrinsero il re ad appoggiare il golpe e diedero iniziò a un regime brutale, che sarebbe durato per gli otto anni successivi. Nel maggio 1973, la nave fu protagonista di un clamoroso ammutinamento mentre era impegnata in

una manovra coordinata NATO, al largo dell’isola di Creta. L'equipaggio si ammutinò, rifiutando di

ritornare in Grecia, come forma di protesta verso la dittatura militare, e si diresse verso il porto di

Fiumicino, per chiedere asilo politico in Italia. Al comando c’era l’ammiraglio Nikolaos Pappas,

scomparso a 83 anni nel 2013, allora con il grado di capitano di fregata, che promosse e guidò

l’ammutinamento. Pappas, 6 ufficiali e 25 sottufficiali del Velos ottennero l’asilo politico, ma

vennero condannati in Grecia per alto tradimento (la più infamante accusa per un militare),

degradati e privati della cittadinanza. Il capitano Pappas, con questo gesto, che ebbe grande eco

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internazionale, richiamò l’attenzione sulla durissima repressione in atto in Grecia da parte dei

militari al potere.

Alla caduta del regime, nel luglio 1974, tutti gli ammutinati del Velos vennero reintegrati nel grado

e nelle funzioni e sono considerati, giustamente, degli eroi della libertà che salvarono, con il loro

coraggio, la dignità e l’onore delle Forze Armate greche in quei tempi cupi.

Il Velos, diventato una nave-museo, è meta di molte visite, che a volte assumono la sfumatura del

“pellegrinaggio” laico in un luogo di memoria storica radicata nel cuore dei greci e di molti altri che

nel mondo hanno a cuore la libertà.

Anche per noi è stato molto emozionante camminare sul ponte, visitare l’interno, vedere da vicino

una nave famosa, gli effetti personali degli uomini straordinari che l’avevano abitata. Commovente

l’arredamento della cabina del comandante e del quadrato degli ufficiali, dove alle pareti sono

esposti gli articoli di giornale, i comunicati e le notizie ufficiali che circolarono al tempo, le

fotografie d’epoca. La maggior parte di questi cimeli parlano italiano, dato il ruolo che il nostro

Paese ebbe nella vicenda e la scelta di dare accoglienza agli ammutinati, in spirito di fraternità e

condivisione contro la dittatura.

Il viaggio riprende, fa sempre più caldo, ma stiamo imparando molto sulla Grecia, e

sorprendentemente sull’Italia. Da alcune indicazioni cominciamo a intuire dove ci sta portando

Argiris, e sarà davvero una sorpresa magica…E intanto continua a raccontare il suo paese e le sue

esperienze. Un viaggio di conoscenza e d’istruzione, questo è quello che stiamo vivendo.

Ciascuno di noi ha opinioni, idee, visioni diverse, che possono essere in accordo o in conflitto con

quanto sentiamo. Ciascuno di noi ne trarrà quanto è più vicino alla propria sensibilità, provenienza,

formazione. Anche quest’aspetto è fondamentale per riuscire a trasmettere non solo notizie e

nozioni, ma le emozioni trasmesse da quello che vediamo, che ascoltiamo, che incontriamo. Senza

coinvolgimento emozionale, del cuore, non nasce un’autentica consapevolezza.

Questo differenzia il viaggio, l’esperienza diretta e personale, l’incontro con luoghi e persone,

dallo studio a tavolino o al computer.

Seconda tappa lungo la strada, più in alto, con il vento caldo che ti attraversa, su uno spiazzo brullo

che affaccia sul mare. Qui sorge un monumento, dedicato ai 4000 (qualcuno dice 4200)

prigionieri di guerra italiani affogati nelle acque sotto di noi, in seguito al naufragio della nave

Oria, sulla quale viaggiavano verso i lager nazisti.

Una storia dimenticata, nostra, alla quale la Grecia ha dedicato un monumento, inaugurato il 9

febbraio 2014, a 60 km da Atene, all’altezza dell’isola di Patroklos.

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Il monumento ai caduti del naufragio dell’Oria, con la lapide in greco e in italiano

Nell'autunno del 1943, dopo la resa delle truppe italiane in Grecia, i tedeschi decisero di trasferire

le decine di migliaia di prigionieri italiani via mare. L'Oria fu tra le navi scelte per il trasporto dei

prigionieri italiani. Era una nave norvegese di 2000 tonnellate, varata nel 1920; una carrettata del

mare che all'inizio della guerra faceva rotta col Nord Africa e fu poi requisita dai tedeschi per

trasferire gli internati delle Isole. Gli italiani in divisa che dissero no a Hitler e Mussolini, in

seguito all’Armistizio dell'8 settembre 1943, vennero trattati peggio degli ignavi danteschi nella

palude dello Stige: non erano prigionieri di guerra, di conseguenza senza i benefici della

Convenzione di Ginevra e dell'assistenza della Croce Rossa. Questi trasferimenti vennero effettuati

usando carrette del mare, stipando i prigionieri all’inverosimile, e senza nessuna norma di

sicurezza.

L’Oria salpò l'11 febbraio 1944 da Rodi per il Pireo. A bordo più di 4000 prigionieri italiani che si

erano rifiutati di aderire al nazismo o alla Repubblica Sociale Italiana dopo, 90 tedeschi di guardia

o di passaggio e l'equipaggio norvegese.

L'indomani, 12 febbraio, colto da una tempesta, il piroscafo affondò a 25 miglia dalla destinazione

finale, dopo essersi incagliato nei bassi fondali antistanti l'isola di Patroklos. Si salvarono in 30.

I pescatori sulla riva di quel tratto di mare, videro affiorare cadaveri per mesi dopo la tragedia, e

scavarono delle fosse comuni per poterli almeno seppellire.

Ci furono altri casi di navi cariche di militari italiani, affondate dagli alleati o per cause naturali:

il Donizetti (i cui caduti furono 1584), il Petrella (2670 morti) e la nave Sintra, in cui morirono

oltre 2mila italiani. Ma quello dell’Oria è stato senz'altro il più grande naufragio di militari italiani.

Per aggiungere orrore a orrore, ci sono testimonianze e documenti in base ai quali l’affondamento

di queste navi sarebbe stato provocato dai tedeschi stessi, colpendole in mare aperto, lontano dalla

costa e dalla vista, per liberarsi di uno scomodo e ingombrante carico umano…

Solo pochi anni fa, grazie alle nuove opportunità offerte da Internet, si è potuta ricostruire la

vicenda, recuperare la lista degli imbarcati, identificare il relitto, esplorare i luoghi e riscontrare

l’esistenza di resti umani e materiali, sia in sepolture collettive anonime, sia, soprattutto, sul fondo

del mare. Si è creata una Rete di Familiari che, con l’appoggio di cittadini e istituzioni in Grecia e,

in seguito in Italia, ha ottenuto la realizzazione di un monumento, rintracciato i discendenti di circa

300 dispersi, informandoli del destino dei loro cari e recuperato documenti storici di straordinaria

importanza, a cominciare dalla lista degli imbarcati.

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Nel corso della sua visita di stato in Grecia, il Presidente Mattarella, ha compiuto una visita

ufficiale al monumento, il 6 settembre 2017, portando l’omaggio del popolo italiano a questi morti,

dimenticati per 70 anni.

Anche noi l’abbiamo fatto, con in mente un tragico passato recente, che si incrocia con un

altrettanto tragico presente. Migliaia di morti in quel tratto di Egeo, italiani. La maggior parte

di loro non avrà mai un nome. Migliaia di morti nel Mediterraneo, stranieri. La maggior

parte di loro non avrà mai un nome. Nessuna differenza, anche nell’insensatezza e nella

disumanità di chi quelle morti ha provocato, e provoca. Sentinella, quanto resta della notte? O

sarà una notte eterna?

Riprendiamo la strada. Argiris non sembra neanche stanco. Noi stiamo boccheggiando. Normale,

lui è abituato a quel clima. Adesso è il momento di una pausa. Abbiamo tutti bisogno di bere e

mangiare. Il “nostro” greco ci porta fuori dai classici luoghi per turisti, vuole farci vedere un pezzo

di Grecia vera, popolare. E’ un paesino, dal nome impossibile, nel cuore dell’antica zona delle

miniere del monte Laurio.

Numerosi i resti di queste miniere (pozzi, gallerie e laboratori di superficie) che segnano ancora il

paesaggio della regione.

Resti delle miniere di Laurio – Una moneta fabbricata con l’argento che qui si estraeva (foto di repertorio.)

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In epoca classica, furono impiegati i più svariati metodi per sfruttare al massimo queste miniere, che

rappresentarono una delle principali fonti di ricchezza per lo stato ateniese. Questo contribuì molto

alla fortuna della città e fu senza dubbio decisivo per stabilire la sua egemonia sul mar Egeo.

L'argento era usato soprattutto per il conio delle monete, e lo sviluppo delle monete ateniesi e la

loro funzione di punto di riferimento in tutto il mondo greco a quell'epoca, si spiegano con la

ricchezza dei depositi del Laurio, prima tappa della storia delle miniere d'argento. Abbandonate

nel I secolo a.C., le miniere furono rimesse in funzione nel 1860 e sfruttate da compagnie francesi e

greche fino al 1977.

Le miniere del Laurio erano famose per il trattamento cui erano sottoposti gli schiavi che ne

rappresentavano la principale forza-lavoro. Trattamento non molto diverso da quello che subiscono

quelli che chiamiamo “schiavi del terzo millennio”, che estraggono minerali preziosi per lo sviluppo

economico delle regioni industrializzate, nei Paesi del Sud e delle Periferie del mondo, ricevendo in

cambio salari indegni, nessuna tutela sociale o addirittura umana, lavorando in condizioni

spaventose, bambini compresi, lasciando spesso la vita nelle viscere della terra.

E’ sorprendente come percorrendo le strade di un Paese culla della nostra civiltà, dal quale

hanno preso origine le nostre culture europee, possiamo ritrovare memorie così simili alla

nostra attualità. Stiamo facendo un viaggio nello spazio, ma anche nel tempo, e incontriamo

gli ultimi della Terra sempre ultimi, sfruttati, esclusi, dimenticati….

Pranziamo a un’ora tarda, alla maniera dei greci, in una trattoria tipica, ma non folcloristica. Gente

del posto e turisti a tavoli di legno grezzo, stoviglie semplici, tovaglioli di carta. Si mangia alla

greca. Il cibo è buonissimo, non solo perché siamo tutti affamati. Il costo basso, grazie alla crisi, e

quando paghiamo sentiamo un vago senso d’imbarazzo. Ma in Grecia adesso è così quasi

dappertutto. Argiris che, fra le tante cose è anche giornalista - scrive sul web, per testate nazionali e

internazionali - a metà pranzo si scusa perché deve alzarsi per rispondere a un’intervista radiofonica

sul sistema bancario europeo! Lo fa al telefono, mettendosi in un angolo d’ombra, un po’appartato,

per ripararsi dalle voci e dal traffico. Ritorna, come se fosse stato via per fumarsi una sigaretta.

Si riparte un’altra volta, ma la nostra meta è ormai in vista.

Capo Sunio è uno splendido promontorio roccioso situato sulla punta meridionale dell'Attica, e

ospita uno dei luoghi più sacri e famosi della Grecia. Nel punto più alto si levano le 16 imponenti

colonne giunte fino a noi (34 quelle originali) del Tempio di Poseidone, 60 metri a picco sul mare.

Il mito racconta che su questo promontorio il re di Atene, Egeo, stesse aspettando il ritorno del

figlio Teseo, partito tempo prima alla volta di Creta, per un’impresa rischiosa, tentando la quale

molti erano morti prima di lui. Nelle viscere dell’isola, il re Minosse teneva prigioniero il

Minotauro, essere mostruoso, con il corpo di uomo e la testa di toro, che si cibava di carne umana.

A lui, ogni anno, era tributato il sacrificio di giovani vite, 7 fanciulle e 7 fanciulli, pretese da Atene,

allora sottomessa a Creta.

Se Teseo fosse tornato vincitore, avrebbe issato sulla nave le vele bianche. Se invece l’impresa

fosse fallita e Teseo morto, divorato dal Minotauro, le vele sarebbero state nere.

Teseo, inebriato dalla vittoria e ansioso di portare la notizia in patria, dimenticò il cambio di vele.

Ai piedi del Tempio, guardando in basso dal ciglio del promontorio a picco sul mare, sembra di

vedere il vecchio re che scruta l’orizzonte, dove appare finalmente la nave del figlio, ma ammantata

nelle vele scure, foriere di sciagura.

Sembra quasi di avvertire l’improvvisa e intollerabile disperazione che lo spinge a gettarsi nelle

acque turchine sotto di lui.

Il mito racconta che così nacque il Mare Egeo.

Siamo fortunati, l’ora e il caldo ci hanno favoriti. Non c’è quasi nessuno, a fronte del solito

brulicare di turisti. Percorriamo da soli la salita che porta al tempio, in silenzio, sotto il sole a picco

e sferzati da un vento caldo.

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Capo Sounio

Il posto è magnifico, e imponenti i resti del tempio. Ci si sente emozionati, commossi, quasi in

soggezione, ma allo stesso tempo grati e fieri. Stiamo incontrando la Storia, e questa Storia in

particolare, la nostra Storia, dove affondano le nostre origini. E’ alla civiltà greca che

dobbiamo la nostra cultura, la nostra civiltà, la nostra lingua.

Argiris ci “spiega” il Tempio e ci racconta le varie fasi della vita di quei resti grandiosi, rendendoci

consapevoli che stiamo camminando su pietre antiche di 2600 anni!

Capo Sounio – Tempio di Poseidone

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E’ in posti come questi che si respira il passato, inevitabilmente intrecciato al presente.

Questa tormentata Europa sta lottando per ritrovare la sua anima, prima che sia troppo tardi.

L’avidità, il profitto e la sete di potere di un’elite di privilegiati, che la governano, come governano

il mondo, sembra non avere limiti. Ma non è solo questo che si percepisce qui. Insieme agli interessi

finanziari, economici, politici, si muove un sentimento di rivalsa, d’invidia, quasi di rancore.

A Capo Sounio, come ad Atene, come in tutta la Grecia, la grandezza dell’antica civiltà ellenica si

mostra in tutta la sua maestosa presenza, un’eredità che coinvolge l’Europa intera, attraverso Roma

e l’Italia. Quando si parla di radici europee, è qui che le incontriamo! Non riconoscerle ci condanna

a un futuro monco, deficitario. Ma una memoria così imponente e pervasiva pesa come un macigno

a quelli che affondano le loro di radici nello spazio di qualche centinaia di anni, e che non vogliono

accettare questo immenso dono, che può essere la fonte di un bene comune e di un comune solidale

sviluppo.

Scendendo dal Tempio di Poseidone, sono state queste le riflessioni che ci siamo scambiati,

sorridendo, dentro di noi fieri della nostra comune appartenenza. In fondo, come dice Argiris

riferendosi alla Grecia, possono calpestarci, umiliarci, ridurci alla fame, chiudere le nostre banche,

comprare scampoli della nostra terra, ma il nostro passato e tutto quello che significa, per il mondo

intero, non ce l’avranno mai!

Di nuovo in auto, verso Atene. Stanchissimi, la testa affollata d’immagini, colori, parole, suoni,

pensieri, visioni. Il cuore innamorato di questo paese e della sua gente.

La sera l’ultimo dono della giornata, che Argiris ha completamente dedicato a noi. Su per una salita

infinita di gradini, a vedere la città da un’altura che permette di abbracciarla per 2/3. Uno spettacolo

grandioso di luci, con l’Acropoli, e poi il mare e l’isola di Egina in lontananza, che non si

dimentica. 4“Andare in Grecia è un viaggio nella storia, una storia ancora viva, che ci parla dei nostri

giorni, del presente, attraverso le nostre radici.”

La “lezione” greca

5“In greco il corrispettivo di uomo si dice anthropos, vale a dire: colui che guarda avanti. Non

dietro, al passato, né di lato, come gli animali. L’anthtropos non è colui che guarda se stesso, ma

chi alza lo sguardo dal proprio ombelico, onfalos, per incontrare persone, bisogni, situazioni. E la

crisi può aiutare l’uomo a tornare anthropos, a ritrovare le radici morali del suo stesso esistere.

Come in questi ultimi tempi si è molto discusso di crisi, un’altra parola che torna spesso nei

discorsi è la solidarietà.

Si parla di persone solidali con chi ha subito un’ingiustizia o di qualcuno che, nel momento di

difficoltà, sa mostra solidale. Si parla persino dei doveri di solidarietà prescritti dalla Costituzione.

Solidarietà, dal latino solidus, vale adire compatto appunto, solido, un termine che ci spiega che la

forza di un corpo sta nella sua coesione.

Il miglior modo di rispondere alla crisi è attraverso la solidarietà, quel legame che si esprime

innanzitutto nell’aiuto reciproco, in una fratellanza che scaturisce dalla consapevolezza di essere

parte di un tutto, di un unico corpo solido.

La solidarietà è il contrario della crisi. Se la crisi sta minando la naturale compattezza del corpo

sociale, disgregando la sua solidità in tanti pezzi incoerenti, attraverso l’uso di un cemento

umano, chiamato aiuto, sarà possibile evitarne il disfacimento; perché solo una società solidale è

una società solida.”

4 Vedi pag.2, nota 3 – Introduzione, pag. 9

5 Vedi pag.2, nota 3 – Introduzione, pag. 14

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Cartoline da Atene

Palazzo “decorato” nel centro di Atene

La Banca di Grecia

Il Politecnico di Atene, famoso per la rivolta degli

studenti contro la dittatura dei colonnelli del 17/11/73

Su molte case private sventola la bandiera nazionale

Cartelloni al Teatro di Dioniso, Uno dei tanti murales dedicati alla crisi

sotto l’Acropoli

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Gruppo Regionale Educazione alla Mondialità Piemonte/Valle d’Aosta Progetto Regionale “Migration and Development III”

A cura di:

Aceto Claudia – Caritas Cuneo

Lusso Vilma – Caritas Fossano

Ottenga Michele – Caritas Cuneo