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Report 2018 1 REPORT del XVIII incontro annuale fra pazienti, medici e ricercatori organizzato dalla Associazione PXE-Italia Onlus sabato 26 Maggio 2018 presso il Centro Sociale S. Viola, in via Emilia Ponente, 131, Bologna, sul tema “PSEUDOXANTOMA ELASTICO: Diagnosi, controlli, terapie” Valeria Azzaroni, Ivonne Ronchetti, Consiglio Direttivo PXE-Italia Onlus L’Associazione PXE-Italia Onlus a 20 anni dalla fondazione Alberto Martignani, UO Angiologia, USL, Bologna PXE e malattia vascolare: un problema gestibile Alessandro Feo, Ostetricia e Ginecologia, Regione Campania, ASL, Salerno Implicazioni ostetriche e ginecologiche del PXE Vittoria Murro, Dario Mucciolo, Andrea Sodi, Clinica Oculistica Universitaria, Ospedale Careggi, Firenze PXE: aggiornamenti in tema di retinopatia Daniela Quaglino, Dipartimento di Scienze della Vita, Università di Modena e Reggio Emilia, Modena Non solo ABCC6: altri geni possono portare a possibili prospettive terapeutiche? A seguire: Assemblea annuale degli associati; presentazione dei risultati del questionario sulle condizioni dei pazienti PXE (A.Nodemi); social: quali e con quale finalità (V.Cascini). Per chi volesse contribuire con donazioni o tramite il 5 x 1000 PXE ITALIA ONLUS C.F. 91157050377 c/c bancario: IBAN - IT47Q0638502411100000003820 Presidente: Valeria Azzaroni Sede Legale: Via della Ferriera 17 – 40133-Bologna Il giorno 26 maggio 2018, a Bologna presso il Centro Sociale S.Viola, ha avuto luogo il consueto Incontro annuale fra pazienti, amici, medici specialisti e ricercatori interessati alla malattia genetica rara Pseudoxantoma elastico (PXE). L’incontro, che ha visto la partecipazione di più di 100 persone, si è svolto nella consueta vivace e cordiale atmosfera che da anni ormai caratterizza questo nostro incontro. Accanto ad amici che vengono da anni per discutere con gli specialisti della loro condizione e per conoscere l’avanzamento della ricerca e dei possibili trattamenti agli organi interessati, erano presenti anche nuovi pazienti desiderosi di un confronto con coloro che da tempo stanno contrastando le manifestazioni della PXE. L’incontro è durato tutta la giornata. Sono state ascoltate con interesse e discusse le relazioni , i cui riassunti sono resi noti sia sul sito www.pxeitalia.unimore.it, che su facebook ed inviati per email o posta ordinaria a tutti gli associati. Sono stati presentati i risultati di una indagine sulla condizione dei pazienti PXE, che possono essere consultati sul sito e su facebook. Dopo una breve interruzione pranzo, ha avuto luogo l’assemblea degli associati, nella quale sono state discussi ed

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Report 2018

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REPORT del XVIII incontro annuale fra pazienti, medici e ricercatori

organizzato dalla

Associazione PXE-Italia Onlus

sabato 26 Maggio 2018 presso il Centro Sociale S. Viola, in via Emilia Ponente, 131, Bologna,

sul tema “PSEUDOXANTOMA ELASTICO: Diagnosi, controlli, terapie”

Valeria Azzaroni, Ivonne Ronchetti, Consiglio Direttivo PXE-Italia Onlus L’Associazione PXE-Italia Onlus a 20 anni dalla fondazione Alberto Martignani, UO Angiologia, USL, Bologna PXE e malattia vascolare: un problema gestibile Alessandro Feo, Ostetricia e Ginecologia, Regione Campania, ASL, Salerno Implicazioni ostetriche e ginecologiche del PXE Vittoria Murro, Dario Mucciolo, Andrea Sodi, Clinica Oculistica Universitaria, Ospedale Careggi, Firenze PXE: aggiornamenti in tema di retinopatia Daniela Quaglino, Dipartimento di Scienze della Vita, Università di Modena e Reggio Emilia, Modena Non solo ABCC6: altri geni possono portare a possibili prospettive terapeutiche?

A seguire: Assemblea annuale degli associati; presentazione dei risultati del questionario sulle condizioni dei pazienti PXE (A.Nodemi); social: quali e con quale finalità (V.Cascini).

Per chi volesse contribuire con donazioni o tramite il 5 x 1000

PXE ITALIA ONLUS

C.F. 91157050377

c/c bancario: IBAN - IT47Q0638502411100000003820 Presidente: Valeria Azzaroni

Sede Legale: Via della Ferriera 17 – 40133-Bologna

Il giorno 26 maggio 2018, a Bologna presso il Centro Sociale S.Viola, ha avuto luogo il consueto Incontro annuale fra pazienti, amici, medici specialisti e ricercatori interessati alla malattia genetica rara Pseudoxantoma elastico (PXE). L’incontro, che ha visto la partecipazione di più di 100 persone, si è svolto nella consueta vivace e cordiale atmosfera che da anni ormai caratterizza questo nostro incontro. Accanto ad amici che vengono da anni per discutere con gli specialisti della loro condizione e per conoscere l’avanzamento della ricerca e dei possibili trattamenti agli organi interessati, erano presenti anche nuovi pazienti desiderosi di un confronto con coloro che da tempo stanno contrastando le manifestazioni della PXE.

L’incontro è durato tutta la giornata. Sono state ascoltate con interesse e discusse le relazioni , i cui riassunti sono resi noti sia sul sito www.pxeitalia.unimore.it, che su facebook ed inviati per email o posta ordinaria a tutti gli associati. Sono stati presentati i risultati di una indagine sulla condizione dei pazienti PXE, che possono essere consultati sul sito e su facebook. Dopo una breve interruzione pranzo, ha avuto luogo l’assemblea degli associati, nella quale sono state discussi ed

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approvati: il bilancio consuntivo 2017; la organizzazione dell’incontro di maggio 2019; il finanziamento per la ricerca dei geni coinvolti nelle calcificazioni PXE e PXE-simili; l’istituzione di una borsa di studio annuale per una/un neolaureata/o che lavori sulle problematiche della PXE.

ASSOCIAZIONE PXE-ITALIA ONLUS

a 20 anni dalla fondazione Valeria Azzaroni, Ivonne Ronchetti

Consiglio Direttivo, PXE-Italia Onlus; [email protected]

Nel 1998, la Regione Emilia Romagna ha accolto la richiesta di un gruppo di pazienti affetti da Pseudoxantoma elastico (PXE) e di amici (Valeria e Paola Azzaroni, Massimo Hassan, Dina Landi, Simona Traverso, Paolo Cavallo e me stessa) di iscrizione dell’associazione PXE-Italia nel registro regionale del volontariato.

Nel 2011, inaspettatamente, la Regione Emilia Romagna ha inviato all’Associazione PXE-Italia Onlus un attestato di benemerenza per la sua attività a favore delle persone affette da pseudoxanthoma elastico.

Già dal 1998 eravamo a conoscenza di un numero rilevante di soggetti con PXE in Italia, con i quali collaboravamo, da più di 10 anni, alla raccolta sia delle informazioni cliniche allora necessarie per una diagnosi di PXE che di sangue da cui estrarre il DNA, per cercare, nell’ambito di un progetto

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internazionale, di identificare il gene responsabile di questa rara malattia genetica. La identificazione del gene causativo della PXE è stata pubblicata nel 2000 contemporaneamente da 3 gruppi, in uno dei quali eravamo presenti anche noi.

Fin da subito l’associazione ha organizzato incontri annuali aperti a tutti gli interessati alla PXE. Tali incontri hanno visto la partecipazione di ricercatori e medici specialisti nei diversi distretti toccati dalla malattia : l’associazione sente il dovere di ringraziarli tutti per la generosa collaborazione. Il numero dei presenti alle riunioni è cresciuto negli anni; si sono aggiunti pazienti ed amici nuovi, ed in molti sono tornati per anni e sono presenti anche all’incontro odierno. Ciò testimonia l’interesse per quanto viene presentato e discusso, ma dimostra anche come si sia creato un ambiente cordiale ed amichevole: un ringraziamento doveroso al Centro Sociale S.Viola di Borgo Panigale (BO) che ci ospita da molti anni ed alle volontarie del Centro che allestiscono un pranzo leggero ma in linea con la tradizione culinaria bolognese.

Il numero degli associati è cresciuto nel tempo ed ora siamo circa 250. Tuttavia, a nostra conoscenza, in Italia sono circa 500 le famiglie con uno o più soggetti affetti da PXE. Si può ragionevolmente pensare che in Italia gli affetti da PXE siano 1 su 50.000 nati. Finora abbiamo continuato a tenere informati, inviando loro il report scientifico delle riunioni, tutti coloro di cui abbiamo gli indirizzi, anche se non sono nostri associati. Ciò non è conforme alle norme sulla privacy, che recentemente sono state rese ancora più stringenti, ma, in attesa di precise informazioni su come potere procedere, pensiamo di fare cosa utile invitando tutti alla nostra riunione annuale ed inviando loro il report relativo per informarli sugli sviluppi della ricerca e sulle normative di legge.

Relativamente a questo settore, devo rimarcare che è stato grazie all’interessamento del nostro associato Luigi Vanni se la PXE, una volta diagnosticata, è entrata nell’elenco delle malattie esenti ticket per la diagnosi, gli esami di controllo e le cure relative.

Una volta identificato il gene, poi, si è trattato di sensibilizzare il servizio sanitario a sostenere le spese di biologia molecolare per il riconoscimento delle mutazioni nelle varie famiglie. Ci sono voluti alcuni anni durante i quali il gruppo di ricerca dell’Ateneo di Modena e Reggio Emilia ha finanziato la identificazione delle mutazioni nelle nuove famiglie con fondi di ricerca e con i finanziamenti concessi dall’Associazione PXE-Italia.

Chi ha seguito i nostri incontri e le relazioni scientifiche degli ultimi anni sa che ci sono anche altri geni che provocano calcificazioni nei tessuti connettivi molli simili a quelle della PXE. Attualmente, il gruppo della prof.ssa Daniela Quaglino ha implementato la strumentazione e le metodiche per la identificazione di questi altri geni. Ciò non è finanziato dal Servizio Sanitario Nazionale, che prevede solamente la identificazione di mutazioni al gene ABCC6. Una volta chiarito il loro ruolo, bisognerà lavorare affinchè anche questi altri geni siano inclusi. Ora la ricerca dei nuovi geni coinvolti è a carico dell’ associazione PXE-Italia Onlus, grazie a donazioni da privati e all’introito del 5x1000. Cosa ha fatto e sta facendo l’associazione

A) Organizzazione: a) Il sito www.pxeitalia.unimore.it, che offre le informazioni generali e

segnala gli eventi (Quaglino); b) Tenuta del libro soci come prevede la normativa (Nodemi);

c) Sono stati individuati i responsabili delle relazioni ministeriali (Ronchetti); della privacy

(Azzaroni); della comunicazione/social (Cascini), della contabilità (Di Franco), dei contatti

diretti con gli associati (Ronchetti, Azzaroni).

B) Per gli associati: oltre al sito, è stata aperta una pagina facebook; vengono inviati

documentazione ed avvisi agli associati per email e posta ordinaria; vengono tenuti contatti

diretti telefonici e telematici con chiunque ne sia interessato; vengono tenuti rapporti con

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medici di famiglia e specialisti; vengono realizzati incontri scientifici annuali e stilati i reports

relativi che vengono pubblicizzati sul sito ed inviati a tutti gli associati; è stata realizzata, su

base volontaria, una lista di specialisti dei vari organi interessati dalla malattia; vengono

fornite informazioni socio-sanitarie e concesso aiuto finanziario per visite, controlli e

trattamenti; vengono realizzati sondaggi fra gli associati sulle problematiche più rilevanti;

viene incentivata ed aiutata la organizzazione di eventi da parte di soci e sostenitori finalizzati

a diffondere la informazione sulla malattia e a raccogliere fondi per la ricerca.

C) Per la ricerca: L’associazione PXE-Italia Onlus è parte attiva in: a) collaborazione alla raccolta

dati per banche internazionali su segni clinici, sulle mutazioni e sui siti di mutazione; b)

finanziamento per la identificazione delle mutazioni in nuove famiglie ed ora anche per la

identificazione di nuovi geni; c) sostegno finanziario alla ricerca, sia in reagenti che in borse

di studio per giovani ricercatori che lavorano sulla PXE. Il Consiglio Direttivo ha approvato il

bando per un assegno annuale da conferire per il 2018-19 a una/un giovane

ricercatrice/ricercatore che lavori sulla PXE. In pratica, e come da statuto, tutti i fondi raccolti

ogni anno sono utilizzati per la ricerca. Le spese di organizzazione sono tenute al minimo;

nessuno è pagato e molti non richiedono rimborsi per attività a favore della associazione. Al

contrario, molte attività sono programmate per raccogliere fondi.

D) Da ultimo: si ringraziano tutti i presenti; tutti coloro che donano sia in proprio che tramite il

5x1000; si invitano tutti, e specialmente coloro che praticano l’antico sport tipico degli

italiani di vedere solo ciò che non funziona, a suggerire possibili rimedi ed iniziative che

possano aiutare a risolvere i problemi rilevati, tenendo ben presente che una associazione

come la nostra non ha il compito di “confortare” ma di cercare di aiutare nel modo più

concreto possibile chi è affetto da PXE e di avere come impegno costante l’avanzamento

delle conoscenze scientifiche finalizzate a trovare terapie di lunga durata, o definitive, per le

manifestazioni cliniche causate dai geni regolatori delle calcificazioni patologiche.

PPXXEE EE MMAALLAATTTTIIAA VVAASSCCOOLLAARREE:: UUNN PPRROOBBLLEEMMAA GGEESSTTIIBBIILLEE Alberto Martignani

U.O. di Angiologia, USL di Bologna [email protected]

Delle manifestazioni vascolari associabili allo PXE quella di gran lunga più comune è l’ arteriopatia periferica degli arti inferiori che arriva a colpire sino al 45-50% dei pazienti. Molto più rare le emorragie gastro-interstinali (14% ca.), le manifestazioni cerebro-vascolari (7-8%) ed altre obiettivamente rarissime come la vasculopatia carotidea e dell’ arto superiore e l’ ipertensione nefro-vascolare (0.5%).

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Il sintomo che può indicare la presenza dell’ arteriopatia periferica degli arti inferiori è la “claudicatio intermittens” : si tratta di un do lloorree ccrraammppiiffoorrmmee cchhee iinnssoorrggee,, ggeenneerraallmmeennttee aall

ppoollppaacccciioo,, eesscclluussiivvaammeennttee dduurraannttee llaa mmaarrcciiaa,, ddooppoo uunn nnuummeerroo aabbbbaassttaannzzaa ccoossttaannttee ddii mmeettrrii

ppeerrccoorrssii ((““ttrraattttoo ssccaatteennaannttee””)).. IIll ““ttrraattttoo ssccaatteennaannttee”” èè ppiiùù bbrreevvee ssee llaa ddeeaammbbuullaazziioonnee aavvvviieennee iinn

ssaalliittaa ee//oo aa ppaassssoo vveellooccee.. IIll ddoolloorree ccoossttrriinnggee iill ppaazziieennttee aa ffeerrmmaarrssii ,, iill cchhee nnee pprroovvooccaa llaa rreecceessssiioonnee

nneellll’’ aarrccoo ddii ppoocchhii sseeccoonnddii ((““tteemmppoo ddii rreeccuuppeerroo””))..

Non sono invece quasi mai provocati da un’ arteriopatia i sintomi che invece i profani tendono spesso a ritenere di origine circolatoria, come il freddo ai piedi, i formicolii, i bruciori, i crampi notturni, i dolori a riposo o che iniziano subito dopo la marcia (attribuibili invece, quasi sempre, a problematiche osteo-articolari).

L’ arteriopatia da PXE non colpisce tutte le arterie allo stesso modo ma, per motivi in parte ignoti, in parte legati alla ricchezza in fibre elastiche della parete, tende a localizzarsi elettivamente a un’ importante arteria della coscia che è l’ arteria femorale superficiale. Più raramente colpisce l’ arteria poplitea (che si colloca dietro all’ articolazione del ginocchio) e le arterie tibiali, che sono arterie della gamba. L’ incidenza di arteriopatia periferica, nella nostra casisitica, è risultata essere del 46.8%. Precisamente il 21.8% dei pazienti presentava un’ arteriopatia sintomatica (con claudicatio intermittens), e il 25% dei pazienti un’ arteriopatia di grado iniziale, asintomatica. L’ età media di comparsa della claudicatio intermittens è attorno ai 36 anni, con un’ età media di formulazione della diagnosi attorno ai 40 anni e un tempo medio di latenza tra esordio clinico e

D C B A

100

90

80

70

60

50

40

30

20

10

0

arti inferiori (PAD)

n B: emorragia gastro-

intestinale

n C: manifestazioni

cerebro-vascolari (an. intracranico, ictus)

n D: altre manifestazioni (vasculopatia carotidea/arto sup.,

ipertensione nefrovascolare)

MANIFESTAZIONI VASCOLARI

NELLO PXE

n A: arteriopatia periferica

La sede del dolore nella “claudicatio intermittens”

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diagnosi di circa 4 anni. La diagnosi si effettua con l’ Eco-color Doppler, una metodica rapida e assolutamente non

invasiva che consente ddii iinnddiivviidduuaarree pprreeccoocceemmeennttee,, nneellllaa ppeerrssoonnaa aaffffeettttaa ddaa PPXXEE,, ggllii eevveennttuuaallii sseeggnnii

ddii ccooiinnvvoollggiimmeennttoo vvaassccoollaarree.. E’ sicuramente opportuno che un primo Eco-color Doppler venga programmato subito dopo l’ avvenuta diagnosi di PXE, per evidenziare un’ arteriopatia già in atto o la tendenza a svilupparla. La frequenza dei controlli successivi verrà decisa dallo specialista sulla base del quadro riscontrato, dei sintomi, dell’ età, degli eventuali fattori di rischio aggiuntivi. La terapia dell’ arteriopatia da PXE può avvalersi di provvedimenti farmacologici, riabilitativi, chirurgici e “preventivi”.

Per quanto riguarda la terapia farmacologica è noto che non vanno di norma utilizzati gli antiaggreganti piastrinici (aspirina, ticlopidina ecc.) sia perché poco efficaci sia perché non si esclude che possano favorire le emorragie, soprattutto gastrointestinali. Possono invece essere utilizzati senza problemi, se necessario (esclusivamente in pz. sintomatici), gli emoreologici come la pentossifillina e il buflomedil cloridrato che migliorano la microcircolazione, e i farmaci metabolici come la propionil carnitina, che ottimizzano la resistenza del muscolo all’ ischemia, ossia al carente apporto di sangue e ossigeno. La terapia fisica è importantissima e dovrebbe essere considerata il cardine del trattamento, proprio in virtù dell’ età mediamente giovane dei pazienti che sviluppano questa forma di arteriopatia. Duplice lo scopo: 1) favorire lo sviluppo di circoli collaterali di compenso; 2) migliorare l’ efficienza metabolica del muscolo.

LLaa tteerraappiiaa ffiissiiccaa ppuuòò aanncchhee sseemmpplliicceemmeennttee ccoonnssiisstteerree nneell ccaammmmiinnaarree ccoonn rreeggoollaarriittàà.. NNeell

ppaazziieennttee ccoonn ««ccllaauuddiiccaattiioo iinntteerrmmiitttteennss»» èè iinnddiiccaattaa uunnaa ««ddeeaammbbuullaazziioonnee qquuoottiiddiiaannaa ssiisstteemmaattiiccaa»»

iinn ccuuii llaa lluunngghheezzzzaa ddeeii ppeerrccoorrssii ee llaa vveelloocciittàà ddeell ppaassssoo rriissuullttiinnoo ccaalliibbrraattee ssuullllaa bbaassee ddeellll’’ eettàà,, ddeellll’’

eeffffiicciieennzzaa ffiissiiccaa ee ddeellllaa pprreeccoocciittàà ddeell ssiinnttoommoo.. UUttiillee ssuuddddiivviiddeerree iill ccaarriiccoo iinn dduuee sseedduuttee ggiioorrnnaalliieerree

((mmaattttiinnaa ee ppoommeerriiggggiioo)).. AAuussppiiccaabbiillee cchhee llee ccaammmmiinnaattee vveennggaannoo eesseegguuiittee iinn uunn ccoonntteessttoo iill ppiiùù

ppoossssiibbiillee ssaalluubbrree ee nnaattuurraallee.. LLaa vveelloocciittàà tteennuuttaa ddoovvrreebbbbee eesssseerree ttaallee ddaa ccoonnsseennttiirree ddii ccaammmmiinnaarree iill

ppiiùù aa lluunnggoo ppoossssiibbiillee sseennzzaa aavvvveerrttiirree iill ddoolloorree.. SSee ssoopprraavvvviieennee iill ddoolloorree bbiissooggnnaa ffeerrmmaarrssii ee

aatttteennddeerree cchhee ssccoommppaaiiaa,, pprriimmaa ddii rriippaarrttiirree.. Lo scopo da perseguire è quello di un effetto «allenante» della pratica, con allungamento progressivo dei tratti percorsi.

Oltre al camminare sono indicate, in generale, tutte le attività di tipo aerobico:

11)) ccoorrssaa ddii rreessiisstteennzzaa ((ssoolloo ppzz.. nnoonn oobbeessii,, ccoonn ccaallzzaattuurree ssppeecciiffiicchhee ee nnoonn ssuu aassffaallttoo))

22)) cciicclliissmmoo ((ppuurrcchhèè ssuu ppeerrccoorrssii tteennddeennzziiaallmmeennttee ppiiaanneeggggiiaannttii))

33)) nnuuoottoo ee aattttiivviittàà iinn aaccqquuaa ((ttrraannnnee cchhee nneellllee aarrtteerriiooppaattiiee ddii ggrraaddoo sseevveerroo ee ccoommuunnqquuee mmaaii iinn

aaccqquuaa eecccceessssiivvaammeennttee ffrreeddddaa))

44)) bbaalllloo ((oottttiimmoo aanncchhee ppeerr ii bbeenneeffiiccii rriissvvoollttii ppssiiccoollooggiiccii))..

II rriissuullttaattii ddii uunnaa tteerraappiiaa ffiissiiccaa bbeenn ccoonnddoottttaa ssoonnoo ssppeessssoo ““ssppeettttaaccoollaarrii”” ccoonnsseenntteennddoo,, iinn mmoollttii ccaassii,,

llaa rriissoolluuzziioonnee ccoommpplleettaa ddeell ssiinnttoommoo ““ccllaauuddiiccaattiioo iinntteerrmmiitttteennss”” oo,, qquuaannttoo mmeennoo,, uunn ssiiggnniiffiiccaattiivvoo

iinnccrreemmeennttoo ddeell ““ttrraattttoo ssccaatteennaannttee”” ccoonn ccoonntteemmppoorraanneeaa rriidduuzziioonnee ddeell ““tteemmppoo ddii rreeccuuppeerroo””..

AAllllaa tteerraappiiaa cchhiirruurrggiiccaa èè rraarroo ddoovveerr rriiccoorrrreerree ((ssoolloo nneeii ccaassii ppiiùù ggrraavvii!!)).. CCoonnssiissttee nneell

ccoonnffeezziioonnaammeennttoo ddii bbyy--ppaassss ((ffeemmoorroo--ppoopplliitteeii oo ffeemmoorroo--ddiissttaallii)),, iinn vveennaa aauuttoollooggaa oo mmaatteerriiaallee

ssiinntteettiiccoo iill ccuuii ssccooppoo èè qquueelllloo ddii vveeiiccoollaarree iill ssaanngguuee aa vvaallllee ddeell ttrraattttoo aarrtteerriioossoo oocccclluussoo.. PPoossssiibbiillii,, iinn

ccaassii sseelleezziioonnaattii,, ttrraattttaammeennttii eennddoovvaassccoollaarrii ccoonn aannggiiooppllaassttiiccaa ((PPTTAA)) ee ppoossiizziioonnaammeennttoo ddii

eennddoopprrootteessii ((SSTTEENNTT))..

II pprroovvvveeddiimmeennttii pprreevveennttiivvii ccoonnssiissttoonnoo nneellllaa ccoorrrreezziioonnee ddeeii ffaattttoorrii ddii rriisscchhiioo aaggggiiuunnttiivvii,, ee

rriivveessttoonnoo uunn rruuoolloo mmoollttoo iimmppoorrttaannttee.. LLee eevviiddeennzzee cclliinniicchhee iinn nnoossttrroo ppoosssseessssoo sseemmbbrraannoo

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iinnffaattttii ccoonnffeerrmmaarree uunn ddeeccoorrssoo ttuuttttoo ssoommmmaattoo bbeenniiggnnoo ee aauuttoolliimmiittaannttee ppeerr ll’’ aarrtteerriiooppaattiiaa

ppeerriiffeerriiccaa ddaa PPXXEE ,, aa mmeennoo cchhee aadd eessssaa nnoonn ssii ssoovvrraappppoonnggaa uunn’’ aarrtteerriiooppaattiiaa ddaa aatteerroosscclleerroossii..

EE’’ qquuiinnddii ddii ffoonnddaammeennttaallee iimmppoorrttaannzzaa pprreevveenniirree ttaallee eevveennttuuaalliittàà mmeeddiiaannttee uunn rriiggoorroossoo

aabbbbaattttiimmeennttoo ddeeii ffaattttoorrii ddii rriisscchhiioo ppeerr llaa mmaallaattttiiaa aatteerroosscclleerroottiiccaa:: ffuummoo,, ddiiaabbeettee,, iippeerrtteennssiioonnee

aarrtteerriioossaa,, iippeerrccoolleesstteerroolleemmiiaa ee oobbeessiittàà..

IMPLICAZIONI OSTETRICHE E GINECOLOGICHE DELLO PXE Alessandro Feo

Ostetrico-Ginecologo, Medico di Medicina Generale ASL SA Segretario Nazionale AIGOC - Associazione Italiana Ginecologi e Ostetrici Cattolici

www.alessandrofeo.it - [email protected]

Lo Pseudoxantoma elastico (PXE) è una malattia ereditaria del tessuto connettivo caratterizzata dalla calcificazione e dalla frammentazione progressiva delle fibre elastiche della cute, della retina e della parete delle arterie. La prevalenza stimata è tra 1/25.000 e 1/100.000. Il rapporto femmine maschi è 2:1 ma la causa di questa prevalenza del sesso femminile è ancora poco conosciuta Gestione della GRAVIDANZA in PXE

La diagnosi di PXE viene per lo più fatta durante la seconda decade di vita e, essendo più frequente nelle donne che negli uomini, la coincidenza con una gravidanza è una possibilità da prendere in considerazione.

La gestione della gravidanza in pazienti con malattie rare è spesso guidata da una conoscenza incompleta a causa della mancanza di studi caso-controllo di alta qualità o di una sufficiente esperienza da parte di un singolo centro.

Abbiamo esaminato la letteratura sulla gravidanza in PXE, inclusi gli effetti delle malattie sulla gravidanza e le sue complicanze, l'effetto di PXE sul feto e gli effetti della gravidanza in donne affette da PXE. Anche se i primi casi descritti in letteratura sembravano provare un aumento di eventi avversi insorti durante le gravidanze in donne PXE, studi più recenti dimostrano invece che la gravidanza, in queste donne, non è associata ad un significativo aumento di complicanze.

Sebbene la maggior parte delle donne con PXE abbia gravidanze normali, il ginecologo deve sapere che la donna ha il PXE.

Non bisogna sottovalutare l'importanza della storia clinica familiare dalla quale possono essere tratte informazioni molto utili. Attraverso un’attenta e dettagliata anamnesi familiare, è possibile risalire a segni che possono essere collegati col PXE in altri familiari. La gravidanza può aggravare le complicanze vascolari e compromettere la prognosi ostetrica.

Le pazienti con PXE hanno un rischio elevato di disordini vascolari perché la tonaca media e l'intima dei vasi sanguigni placentari (prevalentemente le arterie di piccolo e medio calibro) sono anche colpite dalla mineralizzazione distrofica del tessuto connettivo che caratterizza questa malattia metabolica.

A carico delle placente delle pazienti PXE sono stati descritti un aumento di necrosi e di mineralizzazione della pareti vascolari, come anche un anomalo aumento del tessuto elastico1.

L’alterazione della circolazione nei villi è responsabile della diminuita perfusione placentare con riduzione dell’apporto di O2 e di nutrienti e modifiche emodinamiche fetali.

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La conseguenza di tali alterazioni placentari può essere la riduzione della crescita fetale (IUGR). Grazie allo studio dell’ecografia con flussimetria ecocolor-doppler, attualmente siamo in

grado di valutare gli eventuali rallentamenti della crescita fetale e, soprattutto, la qualità del flusso sanguigno delle arterie uterine materne, dei vasi placentari e delle principali arterie fetali. Questo studio fornisce un’attendibile valutazione del benessere fetale. L’uso del Doppler ha quindi permesso di esaminare la dinamica della circolazione fetale in ogni dettaglio. La flussimetria dell’arteria ombelicale fornisce informazioni sulla perfusione della circolazione feto-placentare, mentre il doppler su arterie presenti in organi specifici è utile nel riconoscere gli aggiustamenti emodinamici che si presentano in risposta all’ipossia e all’anemia fetale. Gli studi doppler hanno confermato l’effetto brain-sparing nei feti con ipossia cioè la perfusione preferenziale di cervello, cuore e surrene a spese degli altri organi addominali meno nobili e degli arti inferiori. Ma la Gravidanza ha degli effetti sullo PXE ? In un sondaggio condotto su 407 donne gravide portatrici di PXE, per valutare l'effetto della gravidanza sul decorso della malattia, Bercovitch et al. hanno riscontrato: nel 10% dei casi la comparsa di ipertensione e nel 12% una esacerbazione delle lesioni cutanee2. Inoltre è stato rilevato un calo transitorio della curva di crescita fetale tra le settimane 28° e 31°, con un ritorno alla normalità dopo questo periodo2. Nelle donne in gravidanza possono comparire papule nell’area peri-ombelicale. Le lesioni possono comparire sulla parte interna del labbro, sulla mucosa orale e/o sulla mucosa della parte terminale del retto o della vagina. In alcuni casi, emorragie gastrointestinali hanno complicato la gravidanza. I pazienti devono evitare i farmaci come l'aspirina, altri FANS e gli anticoagulanti. L'acido acetilsalicilico (aspirina) è generalmente controindicato in PXE, a causa del rischio aumentato di sanguinamento retinico, intestinale e gastrico. Non sono segnalate particolari complicanze materne durante il parto, anche se molte donne affette da PXE scelgono di partorire con taglio cesareo. Non sono riportate in letteratura complicanze neanche a carico del feto. Ma qual è il momento migliore in cui dovrebbe avvenire il parto? E qual è il tipo di parto consigliato? La letteratura revisionata riporta il taglio cesareo nella maggior parte dei casi tra la 35° e la 36° settimane di gravidanza. Sembra ragionevole pensare che non sia conveniente prolungare la gravidanza oltre l'ottenimento della maturazione polmonare fetale, considerando i potenziali rischi a cui esponiamo sia la madre che il feto. Tuttavia crediamo che siano necessari ancora ulteriori studi per rispondere meglio a queste domande. Una riflessione va fatta sulla diagnosi prenatale o pre-impianto. Sappiano che il gene attualmente conosciuto del PXE è autosomico recessivo. Un bambino eredita il PXE quando i genitori sono entrambi portatori del gene ABCC6 modificato e ciascuno di essi ha trasmesso il gene mutato al bambino, il quale ha pertanto tutti e due gli alleli mutati. Se la madre ha il PXE ed il padre è sano, il nascituro è un “portatore sano” (cioè ha un solo gene mutato ereditato dalla madre) come lo sono i due nonni materni. Se invece la madre ha il PXE ed il padre è un “portatore sano” il nascituro può essere “portatore sano” oppure affetto da PXE. In teoria, la scoperta delle mutazioni causali ABCC6 renderebbe possibile la diagnosi prenatale e la diagnosi genetica pre-impianto. Tuttavia, dato che la PXE non è una patologia pericolosa per la vita, si discute ancora se sia eticamente giustificabile una diagnosi prenatale. CONCLUSIONI Non c'è alcun fondamento per sconsigliare alle donne con PXE una gravidanza, in quanto la maggior

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parte delle gravidanze in PXE NON sono complicate. 1-Gheduzzi D, Taparelli F, Quaglino D Jr, Di Rico C, Bercovitch L, Terry S, Singer DB, Pasquali-Ronchetti I. The placenta in

pseudoxanthoma elasticum: clinical, structural and immunochemical study. Placenta. 2001;22(6):580-90.

2-Bercovitch L, Leroux T, Terry S, Weinstock MA. Pregnancy and obstetrical outcomes in pseudoxanthoma elasticum.

Br J Dermatol. 2004;151(5):1011-8.

UN CASO CLINICO In una famiglia, in cui esistono due casi “accertati” di PXE (mentre non si conosce ancora

quanti altri siano portatori o affetti) ho osservato un’alta prevalenza di gemellarità eterozigote e di CIN 3/carcinoma in situ della cervice uterina e di lesioni precancerose (CIN 1 e/o infezioni da HPV alto rischio). Una delle donne affette e trattate con conizzazione cervicale per Carcinoma in situ, aveva sviluppato tale patologia dopo appena tre mesi dal primo rapporto sessuale. Questo evento non è in accordo con la letteratura che, invece, riferisce che, in seguito ad una infezione da virus HPV, le lesioni precancerose della cervice uterina impiegano molti anni prima di manifestarsi e di evolvere verso il cancro. Concludiamo con una domanda: può esistere un collegamento tra lo PXE, la gemellarità e/o il carcinoma della cervice?

PXE – AGGIORNAMENTI IN TEMA DI RETINOPATIA Vittoria Murro, Dario Mucciolo, Aldrea Sodi

Clinica Oculistica Universitaria, Ospedale Careggi, Firenze [email protected]; [email protected]

Lo studio della retinopatia PXE-correlata nei pazienti italiani ha permesso di identificare oltre

alle caratteristiche già associate alla malattia nuovi elementi clinici tra cui lesioni puntiformi biancastre peripapillari ovvero corpi cristallini peripapillari e nel settore retinico inferiore (pioggia di comete). I corpi cristallini sono piccoli, rotondi con iperpigmentazione focale osservabili in genere come lesioni puntiformi nella media periferia del fondo. Inoltre possono essere presenti con una “coda” diretta verso il disco ottico, la quale spiega il nome descrittivo di lesioni a coda di cometa.. La patogenesi di queste lesioni non è chiara e l’analisi istologica non è disponibile. Alle immagini delle scansioni OCT appaiono come spazi cistici iporiflettenti irregolari con uno strato iperriflettente e in alcuni casi come depositi sopra l’epitelio pigmentato retinico. Essi rappresentano un tentativo di riarrangiamento dei fotorecettori al danno focale della membrana di Bruch. Quando sono vicini tra loro, più corpi cristallini possono fondersi in un’unica struttura. Alcuni corpi cristallini sono descritti al polo posteriore e nessuno vicino alla fovea. I corpi cristallini e le lesioni a coda di cometa mostrano un segnale iperautofluorescente. La pioggia di comete è sempre associata con lesioni puntiformi biancastre peripapillari. La presenza di questi elementi può contribuire alla diagnosi e allo studio della progressione della retinopatia PXE correlata, in vista di futuri studi clinici per la cura non solo della complicanza neovascolare ma anche della distrofia retinica diffusa.

L’utilizzo di specifiche tecnologie ad alta risoluzione (OCT, Wide-field fundus imaging), conferma il ruolo centrale della membrana di Bruch nella retinopatia PXE correlata e quindi queste tecniche possono essere d’aiuto nella comprensione delle manifestazioni cliniche dello

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pseudoxantoma elastico. Lo studio del fenotipo oculare nella popolazione italiana potrebbe essere utile per la prognosi

della retinopatia PXE correlata.

NON SOLO ABCC6: ALTRI GENI POSSONO PORTARE A POSSIBILI PROSPETTIVE TERAPEUTICHE?

Daniela Quaglino PXELab – Dipartimento di Scienze della Vita

Università di Modena e Reggio Emilia, Via Campi 287, 41125-Modena; [email protected]

La presentazione di quest’anno vuole focalizzarsi sulla complessità genetica del PXE e sull’importanza che le analisi biomolecolari hanno per individuare possibili approcci terapeutici. La scoperta del gene ABCC6, come responsabile del PXE, risale al 2000, ma in questi ultimi anni sono sempre più frequenti i riferimenti a possibili geni modificatori, cioè geni in grado di modulare l’effetto di mutazioni del gene ABCC6 o, in certi casi, di agire in sinergia con quest’ultimo. Inoltre, vi sono numerose patologie in cui, pur con manifestazioni cliniche differenti e con il coinvolgimento di diverse vie molecolari, si assiste alla comparsa di calcificazioni patologiche. Lo studio e la comprensione dei meccanismi patogenetici si è potuto recentemente avvalere di tecniche molecolari e bioinformatiche che permettono l’analisi contemporanea delle variazioni della sequenza del DNA presenti in ogni singolo individuo. Nel caso del PXE, scopo di questi studi è quello di identificare eventuali mutazioni e/o polimorfismi funzionali in geni diversi da ABCC6 che possono diversamente contribuire all’età di insorgenza e alla severità delle calcificazioni patologiche. Nel corso degli anni, allo scopo di interferire con la deposizione delle calcificazioni patologiche, sono stati ipotizzati diversi approcci terapeutici, tra i principali si possono annoverare:

1) Antiossidanti: la proposta derivava dalla dimostrazione che nel PXE vi è un alterato equilibrio redox che porta ad una condizione di stress ossidativo che, tuttavia, si ritrova in diverse condizioni fisiologiche (invecchiamento) e/o patologiche, anche senza la comparsa di calcificazioni. Gli studi sperimentali effettuati con diversi tipi di antiossidanti hanno evidenziato un miglioramento del metabolismo cellulare, pur senza essere in grado di ridurre e/o inibire la deposizione dei minerali.

2) Vitamina K: l’idea era nata dalla dimostrazione di un’insufficiente maturazione di un inibitore delle calcificazioni, la proteina carbossilata della matrice (MGP) che richiede vitamina K per essere attivata. Esperimenti condotti su cellule e sul modello animale PXE

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hanno evidenziato che la somministrazione della vitamina, pur aumentando il processo di carbossilazione, non è sufficiente per inibire la formazione delle calcificazioni.

3) Magnesio: i depositi minerali sono costituiti da calcio e fosfato che si combinano a formare idrossiapatite. Pertanto, è stato ipotizzato che si potesse interferire con la deposizione di idrossiapatite utilizzando il magnesio. Il magnesio, infatti, legandosi al fosfato, al posto del calcio, forma dei sali più solubili. Il trial clinico avviato negli USA prevedeva la somministrazione per due anni di magnesio a dosi superiori a quelle normalmente previste per gli “integratori”. Ad oggi, l’analisi dei dati ottenuti a conclusione del trial non ha portato a evidenze significative.

4) Pirofosfato inorganico: si tratta di un potente inibitore delle calcificazioni. A seguito di particolari mutazioni geniche, i pazienti con bassi livelli di pirofosfato inorganico (PPi) presentano gravi calcificazioni vascolari. Alcuni studi hanno suggerito che il pirofosfato possa, in alcuni casi, avere un ruolo anche nel PXE. Poiché, attualmente, non esiste un esame che permetta di misurare in maniera riproducibile il pirofosfato, vi è uno sforzo congiunto fra diversi gruppi di ricerca per sviluppare un metodo laboratoristico, sensibile e specifico, capace di valutare la quantità di pirofosfato plasmatico. In questo modo sarà possibile identificare quali pazienti PXE possano realmente presentare una carenza di PPi e trarre un beneficio da una eventuale integrazione.

5) Bifosfonati: sono una famiglia di molecole che, sebbene strutturalmente simili al PPi, agiscono con diversi meccanismi d’azione sul tessuto osseo e sul sistema vascolare. Sono utilizzati da tempo in diverse condizioni patologiche, ma è solo recentemente che è stato condotto un trial in cui i bifosfonati sono stati somministrati per un anno a pazienti PXE. Sebbene alcuni dati siano incoraggianti, come dichiarato dagli stessi autori dello studio, è necessario valutare i meccanismi d’azione del farmaco per un periodo più prolungato e verificare gli effetti su altri organi e sistemi, anche in considerazione della loro propensione ad accumularsi, ad esempio, nel tessuto osseo.

6) Cellule staminali e terapia genica: il loro utilizzo è stato recentemente proposto per alcune condizioni patologiche. Si tratta di isolare delle cellule staminali del paziente, inserire il gene corretto, farle proliferare e reimpiantarle nel paziente. La ricerca effettuata in questi anni su altri tipi di patologie genetiche ha dimostrato che la procedura è tecnicamente possibile, tuttavia i risultati dipendono fortemente dal tipo di cellula, dal gene che deve essere corretto, dalla possibilità di far arrivare le cellule “corrette” nel posto giusto e lì farle sopravvivere. Nel caso del PXE, si tratta di correggere delle cellule epatiche che dovrebbero poi ricolonizzare il fegato, visto che è il fegato ad esprimere il gene ABCC6. Attualmente sono disponibili e in via di studio diversi metodi per correggere gli errori del DNA, ognuno dei quali specifico per determinati tipi di variazione/errore della sequenza del DNA.

Un’analisi generale sulla mancata e/o ridotta efficacia dei trattamenti sull’uomo rispetto a

quelli condotti sul modello animale PXE è legato al fatto che i trial clinici, fino ad oggi, sono stati di breve durata (da 6 mesi a due anni, a seconda del trattamento) e che, essendo sperimentazioni sull’uomo, queste vengono condotte su pazienti adulti dove la calcificazione è già conclamata e quindi risulta più complesso agire. Inoltre, bisogna considerare la grande variabilità delle manifestazioni cliniche e la eterogeneità, sia nell’età di insorgenza sia nell’evoluzione della sintomatologia, che rende particolarmente difficile valutare, nel breve periodo, sia l’efficacia, sia gli eventuali effetti collaterali del trattamento stesso. Ad oggi tuttavia si deve ancora comprendere perché soggetti con la stessa mutazione nel gene ABCC6, e a volte appartenenti alla stessa famiglia, presentano manifestazioni cliniche e una

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progressione della malattia molto differenti. Risulta quindi strategico: a) capire quali siano i geni che interagiscono con ABCC6 e che quindi possono modulare la funzione stessa di ABCC6; b) individuare dei biomarcatori, possibilmente plasmatici, che permettano di evidenziare eventuali carenze nel paziente e, conseguentemente, di definire strategie terapeutiche differenziali; c) valutare, una volta identificata la tipologia della variazione genetica presente nel paziente, se è possibile proporre una strategia per correggere l’errore e quindi ripristinare, anche solo parzialmente, la funzione di ABCC6.

Nel PXELab, presso il Dipartimento di Scienze della Vita dell’Università di Modena e Reggio Emilia, con sofisticate indagini molecolari e bioinformatiche, si sta portando avanti l’analisi di oltre mezzo milione di dati di sequenze di DNA ottenute da pazienti PXE per individuare quali possono essere altri geni in grado di ridurre o potenziare gli errori di ABCC6 e quindi modificare la clinica del PXE.