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Enrico De Pedis
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Enrico De Pedis, fotografia originale del suo documento di
identità
Enrico De Pedis, detto Renatino (Roma, 15 maggio 1954 –
Roma, 2 febbraio 1990), è stato un criminale italiano e
boss dell'organizzazione criminale romana banda della
Magliana.
Indice [nascondi]
1 Biografia
1.1 Gli inizi
1.2 La banda della Magliana
1.3 Morte
2 La sepoltura nella basilica di Sant'Apollinare
3 Il presunto coinvolgimento nel caso Orlandi
4 De Pedis nella cultura di massa
5 Note
6 Voci correlate
7 Collegamenti esterni
Biografia[modifica | modifica wikitesto]
Gli inizi[modifica | modifica wikitesto]
Nato e cresciuto nel cuore del quartiere romano di
Trastevere, De Pedis inizia la sua carriera nella mala
capitolina come scippatore per poi passare, molto presto,
alle rapine legandosi ad una batteria di malavitosi
dell’Alberone.
Il 20 maggio del 1974 viene arrestato per la prima volta e,
nel 1977, torna di nuovo dietro le sbarre per una rapina,
commessa anni prima con Alessandro D'Ortenzi (detto
Zanzarone) e sconta la pena fino all'aprile del 1980.
Sempre ben vestito e ben pettinato e con una cura
maniacale della propria immagine, tanto da meritarsi
l’appellativo di “bambolotto”, pare trascorresse più tempo
in profumeria che in mezzo alla strada. Il 25 giugno 1988
si unisce in matrimonio con la fidanzata Carla Di Giovanni,
conosciuta nel quartiere Testaccio.
La banda della Magliana[modifica | modifica wikitesto]
Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio:
banda della Magliana.
Durante la sua carcerazione, Franco Giuseppucci (detto er
Negro), uno dei futuri componenti della banda e incaricato
di curare la custodia e la conservazione delle armi di
pertinenza di Renatino (cosa che di solito fa anche per
conto di altri criminali romani), subisce il furto di un
Maggiolone a bordo del quale si trova un borsone di armi
affidatogli proprio da Enrico De Pedis. Dopo accurate
ricerche, Giuseppucci viene a sapere che le armi,
incautamente sottratte da Giovanni Tigani (detto
Paperino), sono finite nelle mani di una batteria del
quartiere San Paolo capeggiata da Maurizio Abbatino a cui,
quindi, er Negro si rivolge per reclamarne la restituzione.
« Era accaduto che Giovanni Tigani, la cui attività era
quella di scippatore, si era impossessato di un'auto VW
"maggiolone" cabrio, a bordo nella quale Franco
Giuseppucci custodiva un "borsone" di armi appartenenti
ad Enrico De Pedis. Il Giuseppucci aveva lasciato l'auto,
con le chiavi inserite, davanti al cinema "Vittoria", mentre
consumava qualcosa al bar. Il Tigani, ignaro di chi fosse il
proprietario dell'auto e di cosa essa contenesse, se ne era
impossessato. Accortosi però delle armi, si era recato al
Trullo e, incontrato qui Emilio Castelletti, che già
conosceva, gliele aveva vendute, mi sembra per un paio di
milioni di lire. L'epoca di questo fatto è di poco successiva
ad una scarcerazione di Emilio Castelletti in precedenza
detenuto. Franco Giuseppucci, non perse tempo e si mise
immediatamente alla ricerca dell'auto e soprattutto delle
armi che vi erano custodite e lo stesso giorno, non so se
informato proprio dal Tigani, venne a reclamare le armi
stesse. Fu questa l'occasione nella quale conoscemmo
Franco Giuseppucci, il quale si unì a noi che già
conoscevamo Enrico De Pedis cui egli faceva capo, che
fece sì che ci si aggregasse con lo stesso. La "batteria" si
costituì tra noi quando ci unimmo, nelle circostanze ora
riferite, con Franco Giuseppucci. Di qui ci imponemmo gli
obblighi di esclusività e di solidarietà »
(Interrogatorio di Maurizio Abbatino del 13/12/1992[1])
Dall'incontro tra i tre nasce quindi l'idea di unire le forze in
campo per trasformare quella che in un primo tempo era
nata come una semplice "batteria" in una vera e propria
"banda" per il controllo della criminalità romana e che, da li
a poco, verrà conosciuta come banda della Magliana. De
Pedis, il quale non fumava, non beveva e neppure
assumeva sostanze stupefacenti, al contrario degli altri
appartenenti alla banda (tutti cocainomani), fu comunque
uno dei pochi a possedere uno spiccato "spirito
imprenditoriale": mentre molti altri sperperavano i propri
bottini, egli, investiva, anche in attività legali (imprese
edili, ristoranti, boutique...), i proventi derivanti dalle
azioni criminose.[2]
Il debutto come banda è il sequestro del duca Massimiliano
Grazioli Lante della Rovere, il 7 novembre 1977 che, per
l'inesperienza nel campo, finirà nel sangue con l'uccisione
del nobiluomo, ma con il riscatto di due miliardi comunque
incassato. De Pedis, che non aveva partecipato
all'esecuzione del sequestro in quanto ancora detenuto, si
vide comunque riconosciuta una quota di quindici milioni di
lire.[3]
De Pedis, a capo della fazione testaccina della banda in cui
ci sono, tra gli altri, l’amico di sempre, Raffaele Pernasetti
(detto “er palletta”) e Danilo Abbruciati, venne favorito
nella conquista del potere anche dalla prematura
scomparsa di Giuseppucci ed Abbruciati, entrambi
assassinati, sfruttando la cosa per stringere contatti con
potenti esponenti delle organizzazioni di criminalità
organizzata, in particolare siciliana e per intraprendere
un'attività di reinvestimento di ingenti somme di denaro in
affari speculativi, in campo finanziario ed edilizio.
Nei suoi ultimi anni di vita, tentò di affrancarsi dai suoi
trascorsi malavitosi, per migrare verso uno stato sociale
più consono alle proprie aspirazioni, in ciò favorito dalle
ingenti risorse finanziarie di cui disponeva. In quest'ultimo
periodo era solito farsi chiamare "il presidente" e ad
interessarsi d'arte, frequentando le migliori botteghe
antiquarie della capitale.
Morte[modifica | modifica wikitesto]
De Pedis iniziò a non dividere più i proventi delle attività
con i suoi ex complici carcerati e i loro familiari. Si sentiva
sciolto da tale obbligo, perché ormai i suoi introiti
provenivano in buona parte da attività sue e non
rientravano più nei bottini comuni.[4] Gli altri lo
interpretarono come uno sgarro da far pagare caro[5] e
nel 1989 Edoardo Toscano, appartenente alla fazione dei
maglianesi, opposta a quella dei testaccini di cui De Pedis
era il leader, appena uscito dal carcere si mise sulle sue
tracce per ucciderlo. De Pedis fu più rapido: lo attirò in
un'imboscata con un pretesto e lo fece uccidere dai suoi
guardaspalle Angelo Cassani detto Ciletto e Libero
Angelico, meglio noto negli ambienti malavitosi col
soprannome di Rufetto.[2]
L'omicidio di Enrico De Pedis
Quando evase dal carcere Marcello Colafigli, la fazione dei
maglianesi iniziò a riorganizzarsi per eliminare De Pedis.
L'occasione si presentò quando riuscirono a convincere
Angelo Angelotti (già legato in passato alla famigerata
banda romana, nel 1981 con le sue "soffiate" aveva
permesso a Danilo Abbrucciati di uccidere Massimo
Barbieri) a fissare un appuntamento con Renatino il 2
febbraio 1990 a via del Pellegrino, nei pressi di Campo de'
Fiori a Roma.[6]
Appena finita la conversazione con l'Angelotti, il De Pedis
salì sul suo motorino Honda Vision e fece per avviarsi, ma
venne affiancato al civico 65 di Via del Pellegrino da una
potente motocicletta con a bordo due killer provenienti
dalla Toscana, Dante Del Santo detto "il cinghiale" e
Alessio Gozzani, assoldati per l'occasione, che gli
spararono un solo colpo alle spalle, uccidendolo all'istante,
davanti ad alcuni passanti. Nei pressi erano appostati, su
almeno due autovetture, diversi membri della banda, con
funzione di copertura e supporto. Alessio Gozzani fu poi
scagionato dall'accusa di essere stato alla guida della
moto, condotta forse da Antonio D'Inzillo deceduto
latitante in Sud Africa nel 2008.
Il Pm Andrea De Gasperis riferì alla giornalista Raffaella
Notariale che i killer di De Pedis erano stati tenuti sotto
controllo sin dai primi passi della preparazione del delitto.
In un rapporto dell'Alto commissariato per il
coordinamento alla lotta contro la delinquenza mafiosa è
ricostruito l'intero delitto, dalla preparazione, alla città in
cui si rifugiano i killer, fino alla loro cattura all'estero, sulla
base del quale fu istruito il processo agli assassini di De
Pedis. Chi stilò quel rapporto non mosse un dito per
sventare l'agguato. Si è sempre parlato dell'omicidio come
un regolamento dei conti all'interno della malavita romana,
ma resta il sospetto che i servizi segreti possano aver
avuto un ruolo nell'eliminare Renatino, divenuto troppo
potente e troppo informato.[7]
La sepoltura nella basilica di Sant'Apollinare[modifica |
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I funerali di De Pedis furono celebrati nella Basilica di San
Lorenzo in Lucina. La sua salma, inizialmente tumulata nel
Cimitero del Verano, fu trasferita circa due mesi dopo
all'interno della cripta della basilica di Sant'Apollinare[8] a
Roma. La sepoltura in Sant'Apollinare, chiesta dalla vedova
per esaudire un desiderio dello stesso De Pedis, fu
autorizzata, in deroga al diritto canonico[9], dal Vicariato
di Roma dopo che il rettore della basilica, monsignor Piero
Vergari, attestò in una lettera del 6 marzo 1990 che De
Pedis in vita fu un benefattore dei poveri che
frequentavano la basilica.[10] Il 24 aprile la salma di De
Pedis venne tumulata e le chiavi del cancello vennero
consegnate alla vedova ed al rettore della
chiesa.[11][12][13]
Della sepoltura di De Pedis in Sant'Apollinare parlò il 9
luglio 1997 sul Messaggero la giornalista Antonella Stocco.
L'articolo suscitò vive polemiche e un'interrogazione in
Parlamento, a seguito delle quali venne precluso al
pubblico l'accesso alla cripta. Già in precedenza il giudice
Andrea De Gasperis aveva dato incarico alla DIA di
indagare sulla sepoltura di De Pedis.[14] Il Vicariato, a
fronte di alcune richieste di portare via dalla basilica la
salma, dichiarò che, pur comprendendo le perplessità
ingenerate dalla sepoltura, non riteneva ormai opportuna
un'estumulazione[15]. Su autorizzazione della
magistratura italiana conforme al desiderio espresso dalla
vedova di De Pedis, il 18 giugno 2012, al termine delle
ulteriori indagini effettuate sulla sepoltura, la salma di De
Pedis fu traslata dalla basilica di Sant'Apollinare e trasferita
al Cimitero di Prima Porta, dove venne cremata.
Successivamente, le ceneri furono disperse in
mare.[16][17]
Il presunto coinvolgimento nel caso Orlandi[modifica |
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Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio:
sparizione di Emanuela Orlandi.
Il coinvolgimento di Enrico De Pedis nella scomparsa di
Emanuela Orlandi, cittadina vaticana figlia di un commesso
della Prefettura della Casa Pontificia, sparita in circostanze
misteriose all'età di 15 anni il 22 giugno del 1983 a Roma,
iniziò a prendere forma nel 2008 dalle indagini della
magistratura romana che seguirono alle dichiarazioni (mai
riscontrate e spesso confutate) di Sabrina Minardi, pentita
ed ex amante di Renatino, secondo cui De Pedis avrebbe
eseguito materialmente il sequestro per ordine dell'allora
capo dell'Istituto per le Opere di Religione (IOR),
monsignor Paul Marcinkus[18]. Sempre a detta della
Minardi, la Orlandi fu assassinata sei o sette mesi dopo il
sequestro e il suo cadavere occultato all'interno di una
betoniera nei pressi di Torvajanica, assieme ai resti di un
altro giovanissimo ostaggio, Domenico Nicitra, figlio
undicenne di un ex appartenente alla banda della
Magliana, il siciliano Salvatore Nicitra.
Le dichiarazioni della Minardi, benché riconosciute dagli
inquirenti come incoerenti (il piccolo Nicitra, ad esempio, in
realtà scomparve solo nell'estate del 1993, tre anni dopo la
morte di De Pedis[18]), anche a causa dell'uso di droga da
parte della donna[18], attirarono nuovamente l'attenzione
degli investigatori quando, mesi dopo, venne rinvenuta la
BMW che la stessa Minardi raccontò di aver utilizzato per il
trasporto della Orlandi e che risultò appartenuta prima al
faccendiere Flavio Carboni e successivamente a uno dei
componenti della banda della Magliana[19].
Già nel luglio del 2005, comunque, il caso venne collegato
alla vicenda Orlandi, quando alla redazione del programma
televisivo Chi l'ha visto?, in onda su Rai 3, arrivò una
telefonata anonima[20]: «Riguardo al fatto di Emanuela
Orlandi, per trovare la soluzione del caso, andate a vedere
chi è sepolto nella cripta della basilica di Sant'Apollinare, e
del favore che Renatino fece al cardinal Poletti, all'epoca, e
chiedete al barista di via Montebello, che pure la figlia
stava con lei..». Partendo da questa telefonata, la
giornalista Raffaella Notariale riuscì a trovare le fotografie
della tomba e i documenti originali che autorizzavano lo
spostamento della salma di De Pedis dal cimitero del
Verano, a Roma, alla cripta della basilica di
Sant'Apollinare, firmati dal Cardinale Ugo Poletti e da
monsignor Piero Vergari. Dopo la telefonata, alla redazione
della trasmissione Chi l'ha visto? fu recapitato un biglietto
anonimo con su scritto: «Lasciate in pace Renatino».
Nel 2007 un altro pentito della banda della Magliana,
Antonio Mancini, detto Accattone, rilasciò dichiarazioni
relative al coinvolgimento di De Pedis e di alcuni esponenti
vaticani nella vicenda di Emanuela Orlandi, rivelando ai
magistrati della Procura di Roma che in carcere, all'epoca
della scomparsa della quindicenne «si diceva che la
ragazza era robba nostra (della banda, ndr), l'aveva presa
uno dei nostri»[18].
Le dichiarazioni di Mancini sembrano confermate anche da
Maurizio Abbatino, collaboratore di giustizia e grande
accusatore della banda che, nel dicembre del 2009, rivelò
al procuratore aggiunto titolare dell'inchiesta sulla
Magliana alcune confidenze raccolte fra i loro membri sul
coinvolgimento di De Pedis e dei suoi uomini nel sequestro
e nell'uccisione di Emanuela nell'ambito di rapporti
intrattenuti da lui con alcuni esponenti del Vaticano[21].
Altro indizio che collegherebbe De Pedis alla scomparsa
venne individuato da alcuni nell'insolita sepoltura di
Renatino nella basilica di Sant'Apollinare a Roma, di
proprietà dell'Amministrazione del Patrimonio della Sede
Apostolica e gestita pastoralmente dal Vicariato di
Roma[22], posizionata proprio accanto alla scuola di
musica frequentata dalla ragazza[23]. Il 14 maggio 2012,
su disposizione dell'Autorità giudiziaria, fu aperto il
sarcofago di marmo contenente la bara di De Pedis: gli
accertamenti permisero di identificare il corpo ivi contenuto
con quello di Enrico De Pedis, escludendo la presenza del
cadavere della Orlandi.[24][25] Anche i vestiti che
abbigliavano la salma erano i medesimi della sepoltura,
descritti nei verbali dell’epoca.[26] L'ispezione nella tomba
di De Pedis permise anche di ritrovare all'interno della
cripta, ma in un'altra stanza, circa 200 urne funerarie
contenenti resti ossei risalenti a due - tre secoli fa.
De Pedis nella cultura di massa[modifica | modifica
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La figura di De Pedis ha ispirato il personaggio del Dandi,
uno dei protagonisti del romanzo, scritto nel 2002 da
Giancarlo De Cataldo e ispirato alle vicende della banda
della Magliana, Romanzo criminale. Dal libro è stato tratto
il film del 2005 Romanzo criminale, diretto da Michele
Placido, nel quale il Dandi è interpretato da Claudio
Santamaria, e, nel 2008, il regista Stefano Sollima realizza
la serie televisiva Romanzo criminale dove i panni del
personaggio sono vestiti da Alessandro Roja. Altro suo
interprete è stato Gaetano Amato in I banchieri di Dio - Il
caso Calvi, mentre la sua figura ha ispirato il personaggio
di Marcello Jacobis, interpretato da Mario Contu nel film
Fatti della banda della Magliana del 2004.
Note[modifica | modifica wikitesto]
^ Interrogatorio di Maurizio Abbatino, 13.12.92.
^ a b Valentina Errante e Cristina Mangani, Il boss e la
bella tra aerei privati, feste e cocaina in Il Messaggero.it.
URL consultato l'11 maggio 2009.
^ Così fu ucciso il duca Grazioli - Il Corriere della Sera
^ La Repubblica, Dalla Magliana ai salotti buoni, romanzo
criminale di una banda, 25 giugno 2008
^ Martirano Dino, Alla sbarra i killer di "Renatino" Cinque
anni fa la spietata esecuzione di via del Pellegrino, voluta
dai boss della Magliana in Corriere.it, 9 marzo 1995. URL
consultato l'11 maggio 2009.
^ via del Pellegrino.
^ Vittorio Savino, 2 febbraio 90: ucciso De Pedis, boss
della Magliana poi sepolto come un Papa in Cronaca, 02
febbraio 2009. URL consultato l'11 maggio 2009.
^ La Repubblica, La salma di Renatino nella basilica,
l'ultimo colpo del boss benefattore, 25 giugno 2008
^ Curia romana, Codice di Diritto Canonico - LIBRO
QUARTO LA FUNZIONE DI SANTIFICARE DELLA CHIESA -
PARTE TERZA I LUOGHI E I TEMPI SACRI - TITOLO I I
LUOGHI SACRI (Cann. 1205 – 1243) - CAPITOLO V I
CIMITERI. URL consultato il 9 luglio 2008.
^ cristianesimo.it, A proposito della scomparsa di
Emanuela Orlandi. URL consultato il 14 gennaio 2012.
^ L'ispezione nella tomba di De Pedis a Sant'Apollinare, Il
Messaggero, 2 aprile 2012. URL consultato il 21 settembre
2014.
^ Caso Orlandi. La procura cambia idea: la tomba di De
Pedis verrà aperta, blitzquotidiano.it, 24 aprile 2012. URL
consultato il 21 settembre 2014.
^ Caso Orlandi, Pm decidono: non sarà aperta la tomba di
De Pedis, romatoday.it, 2 aprile 2012. URL consultato il 21
settembre 2014.
^ Andrea Garibaldi, Archivio '900: I nuovi misteri sul boss
nella cripta da cardinale. URL consultato il 9 luglio 2008.
Basato su un articolo del Corriere della Sera del
12/09/2005
^ "Vicariato di Roma: i resti del capo della banda della
Magliana non saranno spostati" su mondoacolori.org del
04/10/2005 − archivio900.it
^ Le ceneri di De Pedis disperse in mare
^ Redazione Roma Online, Si chiude il caso De Pedis, le
spoglie traslate dalla basilica di S.Apollinare in Corriere
della Sera, 18 giugno 2012. URL consultato il 18 giugno
2012.
^ a b c d Marino Bisso, Giovanni Gagliardi, Caso Orlandi,
parla la superteste "Rapita per ordine di Marcinkus" in
Repubblica.it, 23 giugno 2008. URL consultato il 17 giugno
2010.
^ «Sequestro Orlandi, ecco l’auto». Parcheggiata da 13
anni, articolo da "Il Corriere della Sera" del 14 agosto 2008
^ chiamata anonima
^ «È stato Renatino a rapire la Orlandi» in Corriere della
Sera, 28 dicembre 2009. URL consultato il 17 giugno 2010.
^ Scheda sulla basilica di Sant'Apollinare
^ Scheda su Enrico De Pedis sul sito di Chi l'ha visto?
^ Redazione Roma Online, Sant'Apollinare, il corpo è di De
Pedis «Trovati anche altri resti nella cripta» in Corriere
della Sera, 14 maggio 2012. URL consultato il 14 maggio
2012.
^ Laura Bogliolo, Caso Orlandi, aperta tomba di De Pedis
La salma è quella del boss in Il Messaggero, 14 maggio
2012. URL consultato il 14 maggio 2012.
^ Fabrizio Peronaci, Lunedì si sposta la «tripla bara» di De
Pedis in Corriere della Sera, 13 maggio 2012. URL
consultato il 14 maggio 2012.