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RELIGIONE E LIBERTA’ FILIPPO DI GIACOMO A nostro avviso non è privo di significato premettere a quanto dire- mo che, fino a poco tempo fa, fosse opinione quasi comune che la li- bertà religiosa costituisse, per così dire, il termometro di tutte le altre libertà. Oggi, in una società che si pensa sia realistico definire come « so- cietà secolare », o come « società radicalmente desacralizzata », o come « era post-cristiana della società occidentale », diventa sempre più fre - quente leggere che la religione non costituisce più un riferimento atten- dibile per l’accertamento del grado di libertà esistente in una società poi- ché la libertà vige ora soltanto nel settore religioso in ragione del mo- desto ruolo che la religione svolge nel mondo capitalista. Mondo all’in- terno del quale l’uomo moderno non si sente più un elemento del Tutto, bensì si considera un Tutto egli stesso: soggetto empirico (il tale, il tal'altro) ma anche e sopratutto essere morale. L’uomo degli scambi, deH’industria, della scienza, del diritto, si sarebbe emancipato dai lacci della religione e della politica liberando e portando a compimento la sola ideologia economica. In verità, il problema della libertà di coscienza in genere e della libertà religiosa in specie prospetta oggi, anche se con termini ed a un livello diversi dal passato, alternative non meno coinvolgenti il destino del singolo o della società. È un dato che ci viene prospettato dall’espe- rienza quotidiana (e, come punto di riferimento, si potrebbe senz’altro indicare la spartizione del mondo in due zone d’influenza che nulla hanno da invidiare all’antico principio del « cuius regio, eius religio »; la pratica quotidiana degli strumenti di tortura o la disinformazione ed altri mezzi di persuasione « occulta » che fanno impallidire il peggior ricordo dell’Inquisizione, ecc.); persino la cronaca dei nostri tempi ci presenta con chiarezza le insidie sempre crescenti alla libertà sia da parte di minoranze intolleranti che arrivano fino alla violenza fisica, sia da parte di chi più subdolamente si serve delle stesse leggi per restringere i giusti spazi di libertà dei credenti, magari chiamandoli a concordare con un laicismo minoritario ma imperante. Pertanto il concetto di libertà religiosa, come lo abbiamo precedente- Teresianum 36 (1985/1) 169-188

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R E L IG IO N E E L IB E R T A ’

FILIPPO DI GIACOMO

A nostro avviso non è privo di significato premettere a quanto dire­mo che, fino a poco tempo fa, fosse opinione quasi comune che la li­bertà religiosa costituisse, per così dire, il termometro di tutte le altre libertà. Oggi, in una società che si pensa sia realistico definire come « so­cietà secolare », o come « società radicalmente desacralizzata », o come « era post-cristiana della società occidentale », diventa sempre più fre­quente leggere che la religione non costituisce più un riferimento atten­dibile per l’accertamento del grado di libertà esistente in una società poi­ché la libertà vige ora soltanto nel settore religioso in ragione del mo­desto ruolo che la religione svolge nel mondo capitalista. Mondo all’in­terno del quale l’uomo moderno non si sente più un elemento del Tutto, bensì si considera un Tutto egli stesso: soggetto empirico (il tale, il tal'altro) ma anche e sopratutto essere morale. L’uomo degli scambi, deH’industria, della scienza, del diritto, si sarebbe emancipato dai lacci della religione e della politica liberando e portando a compimento la sola ideologia economica.

In verità, il problema della libertà di coscienza in genere e della libertà religiosa in specie prospetta oggi, anche se con termini ed a un livello diversi dal passato, alternative non meno coinvolgenti il destino del singolo o della società. È un dato che ci viene prospettato dall’espe­rienza quotidiana (e, come punto di riferimento, si potrebbe senz’altro indicare la spartizione del mondo in due zone d’influenza che nulla hanno da invidiare all’antico principio del « cuius regio, eius religio »; la pratica quotidiana degli strumenti di tortura o la disinformazione ed altri mezzi di persuasione « occulta » che fanno impallidire il peggior ricordo dell’Inquisizione, ecc.); persino la cronaca dei nostri tempi ci presenta con chiarezza le insidie sempre crescenti alla libertà sia da parte di minoranze intolleranti che arrivano fino alla violenza fisica, sia da parte di chi più subdolamente si serve delle stesse leggi per restringere i giusti spazi di libertà dei credenti, magari chiamandoli a concordare con un laicismo minoritario ma imperante.

Pertanto il concetto di libertà religiosa, come lo abbiamo precedente­

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mente trattato *, va integrato da qualche ulteriore precisazione tecnica e terminologica attinenti ai concetti di Religione e Libertà non tanto solo per frantumare tale concetto, quanto piuttosto con l’intenzione di cer­care di ritrovarne la unitarietà sostanziale anche nelle situazioni più diverse.

L a r elig io ne

1. D efin izione

Poniamo, in via preliminare, il problema di sapere che cosa sia la religione ai fini di una eventuale valutazione giuridica. Ma la religione è definibile? E nel caso che ciò sia possibile, la definizione in questione che valore assume nel campo del diritto?

Una definizione molto vicina alla cultura giuridica romana è senz’al­tro la nota definizione di Lattanzio secondo cui la religione è un vincolo, legame, obbligo che si stringe con Dio L La religione indicherebbe sostan­zialmente un rapporto di dipendenza dalla divinità che si esprime con un insieme di atti obbligatori che servono a confermare questa dipen­denza, a testimoniarla, a renderla vigente. Questi atti costituiscono il complesso dei riti e del culto. Si tratta dunque, quella di Lattanizo, di una definizione che coglie gli aspetti formali del fenomeno religioso, gli aspetti cioè di comportamento rituale esteriore.

La predetta definizione presenta uno sviluppo ulteriore: perché lega­to, vincolato, il fatto religioso è qualcosa di separato dal fatto profano, qualcosa che viene destinato alla divinità e quindi va trattato con parti­colare cura2. Il vincolo con Dio separa oggetti, atti e uomini che garan­tiscono l’osservanza delle regole del culto e del rito dal contesto profano quotidiano. La religione, in questo caso, sottolinea la straordinarietà di quello che si professa, si fa e si dice rispetto all’ordinario della vita di tutti i giorni.

La teologia cattolica tradizionale tende a considerare la religione og­gettivamente secondo la sua sostanza ed il modo in cui si comunica. Essa può quindi essere naturale o soprannaturale. L’esistenza di Dio, la sua azione creatrice e provvidente, la legge morale scolpita nel cuore dell’uomo sono tutte verità alle quali la ragione umana può giungere da sola. In questo caso la religione è naturale nella sostanza e nel modo con il quale si raggiunge3.

* Cf. « Teresianum » (Ephèm. Carm.), XXXV (1984/1) 37-72.1 « hòc vinculo pietatis obstricti Deo et religati sumus, unde ipsa Religio

nomen accepit... » Lattanzio, « Divinae Institutiones », IV, 28.2 « ...qui omnia quae ad cultum Deorum pertinerent diligenter retractarent

et quasi relegerent, sunt dicti religiosi ex relegendo, ut ex eligendo eligentes, tamquam ex diligendo diligentes ». Cicerone, « De natura Deorum », II, 28.

3 cfr. G. Cardaropoli, « Introduzione al Cristianesimo » (Roma, Paoline, 1970), 127-138; J. G rundel , «Mutevole ed immutabile nella teologia morale » (Brescia, Morcelliana, 1976) 9-19.

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Se quelle verità sono confermate sia direttamente che indirettamente da Dio, la religione, naturale nella sostanza, diviene soprannaturale per il modo della comunicazione. Se poi si tratta di verità alle quali la mente umana non può giungere desumendole dalla considerazione delle cose create, ma solo in base a una rivelazione di Dio, allora si ha una vera religione soprannaturale che è, quindi, rivelata anche quanto alla sostanza 4.

La religione è pure considerata dalla teologia cattolica come una virtù morale in quanto è subordinata alla virtù cardinale della giustizia, es­sendo obbligo di giustizia rendere a Dio l'omaggio che gli è dovuto: è anzi la più eccellente delle virtù morali perché più di ogni altra avvi­cina a Dio operando all'interno dell’anima e nell’esterno della vita in­dividuale e sociale tutto ciò che più direttamente si riferisce al culto divino 5.

Lo sviluppo delle scienze sociali e filosofiche in epoca moderna ha arricchito oltremodo la riflessione in proposito al punto che il concetto non sembra presentare più un significato univoco. Definire il concetto di religione è, ora più che mai, notoriamente difficile, variando le defini­zioni da quelle che sono ricche di contenuto, ma di applicazione ristret­ta, a quelle che combinano l’indeterminatezza con la loro applicabilità a tutto ciò che si suole chiamare religione6. Si è soliti, comunque, pen­sare alla religione come a qualcosa che comprenda la credenza esplicita e l'adorazione di Dio o, in passato, degli dèi. Così, ad esempio, il filo­sofo Abbagnano definisce la religione come « la credenza in una garanzia soprannaturale (ossia che va al di là dei limiti cui possono giungere i poteri riconosciuti propri all’uomo) offerta all’uomo per la propria salvezza » 7.

Una definizione di tale tipo presuppone la fede nella realtà di un es­sere o di esseri soprannaturali, in possesso di potere e valore trascen­dente8. Ciò non toglie che, in un senso più ampio, la religione possa ri­

4 G.P. Garosi, « Compendio di -filosofia » (Roma, Paoline, 1984) 515-518.5 S. T o m m a s o , « Sum. Theol. », 2a, 2ae, 81, 8.6 La difficoltà consiste nel fatto che il concetto di religione è stato e con­

tinua ad essere usato con contenuti assai diversi. È quindi molo difficile ricer­care nei vari studiosi del fenomeno religioso una formulazione univoca. Non solo divergono le formulazioni tra sociologi, antropologi, psicologi e storici delle religioni ma, all'interno delle singole discipline, le posizióni sono m olte differenziate e risnecchiano le diverse opzioni teoriche. Su tale argomento e per saperne di più: M. E lia d e , « Trattato di storia delle religioni » (Torino, Einau­di, 1954); C. L e v i-S traus , « Il pensiero selvaggio » (Milano, il Saggiatore. 1964); W . S c h m id t , « Manuale di storia comparata delle religioni » (Brescia. Morcel­liana, 1949); M. W eber, «Sociologia della religione» (Torino, UTET, 19761.

7 N. Abbagnano, voce « Religione », in « Dizionario di Filosofia » (Torino. UTET, 1961) 723.8 G. G u a rig lia , « Etnologia e teologia », in « Teologia, filosofia, scienze uma­ne » (Brescia, Morcelliana, 1976) 4142; anche se tale concetto di religione sem­

bra essere quasi esclusivo della cultura occidentale e, quindi, non estensibile ad altre realtà extraeuropee, cfr. E. P ace, voce « Religione » in « Dizionario di sociologia ed antropologia culturale » (Assisi, Cittadella, 1984) 482.

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ferirsi anche ad un orientamento totale della vita riguardo a tutto ciò che è giudicato dall’uomo come degno di interesse e di definizione fon­damentale. Il che vuol dire che se qualcuno unifica la propria vita in relazione ad un ideale fondamentale, a cui egli riconosce il diritto ad un’assoluta fedeltà da parte sua, il suo atteggiamento è religioso. Il ri­conoscimento di un tale ideale etico e la conseguente pretesa di fedeltà assoluta certamente non permette di identificare la religione alla mora­le; quello che, invece, sembra possibile è il fatto che, a certe condizio­ni, un ideale etico si trasformi in un atteggiamento religioso senza im­plicare necessariamente una credenza esplicita nell'esistenza di una real­tà divina9.

La religione come credenza stimola comportamenti che si inserisco­no in quell’azione costante di ricerca di nuove possibilità di vita. Essa suscita cioè l’esigenza di riorganizzare la propria esistenza quotidiana attorno ad un significato globale, che dia alla vita una prospettiva uni­taria e valida. Essa ispira dei comportamenti socialmente rilevanti e di­viene per molti uomini un valore fondamentale. Valore inteso come bene in funzione del cui raggiungimento e della cui conservazione si orienta la vita e per i quali, quindi, l’uomo soffre e gioisce, lotta e si placa. Esso determina quindi dei bisogni, ossia delle situazioni in cui si avver­te la necessità di procurarsi delle realtà esterne capaci di soddisfare queste esigenze; bisogni che, nel nostro caso, sono qualificabili come religiosi10.

2. Rilevanza giuridicaLe osservazioni che abbiamo fin qui premesse ci portano ad osser­

vare come, da un punto di vista strettamente strutturale, è possibile in­dividuare nelle religioni due momenti distinti:

— un momento spirituale, personale, intimo, soggettivo, che è vissu­to in riferimento alle vicende « interne » dell’esistenza di un soggetto. Questo momento non può provocare conseguenze sul piano giuridico in quanto non è proiettato verso l’esterno e non produce nessuna modifica della situazione esistente;

— un momento esteriore, organizzato visibile. Esso è capace di pro­vocare mutamenti nella situazione esistenteu.

Se la religione fosse circoscritta e riscontrabile solamente e unica­

9 F.C. Copleston , « Religione e filosofia », (Brescia, La Scuota, 1974) 17-18. In questo caso « avere fede » significa attribuire a qualcosa, che di per sé non ha valore assoluto, un senso che esclude altri sensi alternativi, cfr. G . M orra, « Teologia e filosofìa della religione », in « Grande Antologia Filosofica » (Milano, Marzorati, 1977) 451-1099.

10 A. Vitale, « Ordinamento giuridico ed interessi religiosi » (Milano, Giuf- fré, 1981) 6.11 F. B o l o g n in i, « Riflessioni sul reato di villipendio alla religione » (Milano, Giuffré, 1974) 3.

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mente all’interno della sfera personale, essa non sarebbe rilevante giu­ridicamente, perché non comporterebbe nessuno di tutti quei problemi che la pratica esterna comporta.

Di conseguenza, se la religione fosse solo racchiusa nella sfera per­sonale del soggetto si potrebbe dare una valutazione unicamente morale ad una determinata religione, ma non sarebbe possibile connettere ad essa nessuna conseguenza sul piano giuridico.

Le cose cambiano quando i fedeli di una religione si organizzano e di­ventano una entità nell’ambito di un determinato Stato: il fenomeno allora non è più trascurabile, e sia il legislatore che il giurista non lo possono ignorare; il momento spirituale sbocca logicamente in un fatto organiz­zato ed è questo il momento in cui la religione diventa un fattore fon­damentale della vita associata.

Legata ancora a quanto abbiamo premesso è la considerazione, im­portante e facile da verificare, che la nozione di religione è tanto ampia che può, per la sua stessa natura, anche prescindere dalla qualificazione e dalla valutazione che riceve dallo Stato, il quale non crea la religione con una definizione di carattere giuridico anche se, definire un concetto giuridico spiega e chiarisce un fenomeno già esistente con le sue com­ponenti e le sue caratteristiche12.

La definizione in questione avrà quindi solo carattere tecnico. Aven­do la religione un proprio contenuto e un proprio valore, il cercare da parte del legislatore e del giurista di darne la definizione è solamente un tentativo di cogliere il fenomeno nella sua ampiezza.

La religione, quindi, come forma di attività dello spirito non è creata dalle leggi dello Stato. Questi può, semmai, proibire o permettere che una certa religione sia praticata o meno però non può certamente deter­minare l’oggetto, il contenuto ed il valore di essa. In altri termini, se lo Stato si interessa al fenomeno religioso, la sua valutazione sarà possi­bile solo dall’esterno. Valutazione che riguarderà quindi solo il momento esteriore, organizzato, visibile del fenomeno stesso. Valutazione giuridica finalizzata cioè verso una regolamentazione del fenomeno nella sua di­mensione sociale, ma non certamente fondante ai fini di determinare l'essenza della religione stessa.

Le s c e l t e r e l ig io s e

1. Scelte personaliOgni azione umana è necessariamente sorretta da determinati scopi

da raggiungere e dalla tensione della volontà verso un bene reputato idoneo a soddisfare uno stato di bisogno. Questo stato di bisogno viene, dal punto di vista giuridico, chiamato « interesse » che pertanto va in­

12 D. B arillaro, « Società civile e società religiosa » (Milano, Giuffré, 1978) 3.

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teso come la relazione fra un soggetto e un bene. Nel nostro caso quin­di, la relazione tra un soggetto e la leligione è il quadro in cui l’azione umana è tesa a conseguire il bene e; dunque, a soddisfare l’interesse13.

Ogni azione umana, per la diversità dei fini che possono ispirarla, manifesta anche una tensione verso entità esterne diverse e contrapposte fra di loro, in modo che il perseguimento di alcune comporta il sacrifi­cio di altre. Il sistema giuridico esprime, in sostanza, di fronte all'azio­ne umana, la decisione e la scelta tra i fini che possono essere perse­guiti e quelli che non possono esserlo, e quindi fra gli interessi che pos­sono essere soddisfatti e quelli che non possono esserlo.

Si tratta quindi di scelte e di decisioni di notevole importanza e gravità, che sono in grado di condizionare in qualche maniera la vita individuale e sociale, contribuendo a forgiare un certo assetto della con­venienza piuttosto che un altro. Questo giustifica, da parte dello Stato, il cercare di rendersi conto di chi, come e perché le prende 14.

Questo non toglie nulla al fatto che le scelte religiose, le decisioni umane, non possono non essere motivate e le motivazioni non possono sottrarsi ad una valutazione circa la loro bontà o meno: ogni prescri­zione giuridica rimanda a questo mondo complesso e più o meno coe­rente di scelte e di decisioni, mondo complesso che può essere gradito ad alcuni e sgradito agli altri, ma del quale si deve comunque prendere coscienza, se si vuole comprendere veramente le ragioni delle singole prescrizioni.

2. Scelte collettiveLa religione è un fatto che prende l'uomo nella sua totalità, ossia

nelFinsieme delle sue espressioni individuali e sociali. L'esperienza reli­giosa comporta la partecipazione della persona a situazioni ripetibili ed essa è condizionata da tutto l’insieme delle situazioni in cui la persona si trova coinvolta e alle quali cerca di reagire in modo coerente e significativo 15.

Occorre quindi allargare il discorso e prendere anche come punto di riferimento uno specifico contesto sociale, un ambito di convivenza ge­neralmente accettato ma caratterizzato dal perenne contrasto di inte­ressi che, come è noto, sono la causa della volontà e dell’azione. In tale contesto sociale, scelte personali e preferenze individuali tendono ad ag­

o « ...un atto sociale può invece benissimo portare con sé una qualifica­zione di se stesso, cioè un’enunciazione di ciò che significa. L'uomo che agisce annette infatti al suo stesso atto un significato determinato che si esprime in un modo qualsiasi e che viene inteso da coloro cui l’atto è rivolto... La cono­scenza relativa al diritto trova quindi, per lo più, un’autoqualificazione del ma­teriale che precede la qualificazione che deve effettuare la scienza giuridica ».H. K e l s e n , « Lineamenti di dottrina pura del diritto » (Torino, Einaudi, 1952) 49.

14 A. V itale , « Il diritto ecclesiastico » (Milano, Giuffré, 1975) 14-15.15 A. V itale , « Il diritto ecclesiastico », 14-15.

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gregarsi in scelte co llettiv e , dando v ita a gruppi socia li che tend on o a l sod d isfa cim en to di determ in ati in teressi e s i scon tra n o con altre aggre­gazion i che tend on o a sod d isfare a ltri e, m agari, con trap p osti in te r e s s i16.

Le sce lte che s i r ia llacciano a ll’esp erien za re lig iosa hanno quind i b isogn o di u n m ezzo ob ie ttivo che le sottragga alla precarietà e le sta­b ilizzi in u n co n testo di rapporti determ inati. Q uesto m ezzo è, n ella ge­n eralità dei casi, una istitu z io n e (Chiesa, co n fess io n e , cu lto) che si as­su m e il com p ito di sorreggere ed indirizzare la realizzazione p erson ale e com u n itaria d ell’esperienza relig iosa . Ciò avv ien e m ed ia n te il fa tto che certe p erso n e assu m on o fu n zion i di gu ida e di governo ed in stau ran o con altri fed eli u n rapporto co m p lesso ch e s i r iflette p o i n el m odo d i v ivere l ’esperienza relig iosa . Q uesta sarà n orm alm en te in tesa dai fed eli co m e m ed ia ta e co n tro lla ta dalla in terp retazione e dalla rappresen tazion e ch e ne dà l ’autorità r e lig io s a 17.

I l rich iam o ch e abbiam o fa tto ad una determ in ata società , quandoabbiam o n otato che la re lig iosità si esp rim e sem pre in un determ in atoco n testo storico ed am bienta le, va co m p leta to con l ’afferm azione che,n elle su e d iverse m an ifestazion i storich e, la re lig io s ità assu m e anche un carattere cu lturale. E ssa partecipa, cioè, d i una cu ltura e q u esto avviene in un rapporto d i reciproca in flu en za 18.

La cu ltura ra ppresenta la con d izion e con creta d ell’u om o storicam en tee socia lm en te s i tu a to 19. La fed e re lig iosa pu ò co stitu ire un e lem en totan to im p ortan te di im a determ in ata so cietà e cu ltura da co stitu irn e il fa tto re di socia lizzazion e e un a d elle fon ti dei valori e dei sign ificati della cu ltura s t e s s a 20. Q uesto dà u n valore tu tto p artico lare s ia all'idea che al d ir itto di lib ertà re lig iosa . La lib ertà re lig iosa è la p rim a d elle lib ertà in relazion e a l r ilievo ch e il suo con ten u to assum e. E ssa h a sp ic­co tra le varie fo rm e p erché tocca l'uom o in q u ello ch e h a di p iù sacroe di p iù fo n d a m en ta le21.

16 P. G is m o n d i, « Lezioni di d iritto ecclesiastico » (Milano, Giuffré, 1979) 95-96.17 P. G is m o n d i, i b id e m .18 L. S p in e l l i, « D iritto ecclesiastico » (Torino, Utet, 1976) 213.19 II concetto di cultura, nel corso di una lunga tradizione, si è sviluppato

attraverso numerosi stadi intermedi: dalla considerazione di una particolare formazione della personalità (la « cultura animi » ciceroniana) fino alla formula­zione di un ideale collettivo mirante ad una prassi cuturale multilaterale (la civiltà borghese). La nostra definizione è presa da H.P. T h u r n «L a sociologia delta cultura » (Brescia, La Scuola, 1979), 1-9; la storia, l ’evoluzione e le varie valenze del concetto di cultura sono ampiamente trattati da C. K lu cho rn , A.L. K roeber, « I l concetto d i cu ltu ra », (Bologna, il Mulino, 1982).

20 A.C. Tem olo , voce « Libertà religiosa », in « N ovissim o Digesto Italiano » (Torino, Utet, 1968)) XV, 370-371; il più recente magistero ecclesiastico sembra insistere con particolare forza su tale concetto, cfr. Giovanni Paolo II, discor­so del 6.XI.1981 ai partecipanti al Colloquio sulle radici culturali dell’Europa, in A.A.S. LXXIV (1982) 23-27; discorso del 29.VIII.1982 nella Rep. di San Marino, in A.A.S. LXXIV (1982) 1136-1141, ecc.

21 Cfr. A. V an K aa m , «Religione e personalità» (Brescia, La Scuola, 1974), soprattutto il primo capitolo sulla personalità religiosa come presenza storica.

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E d è appunto il grande valore del suo con ten u to che fa s ì che l'ac­cogliere un a legge di libertà , e quindi d ialogare con un in terlo cu tore di orien tam en to rad ica lm en te d iverso su di un p ian o di parità , r isu lta par­tico larm en te difficile qualora la lib ertà a cu i ci si r ifer isce riguardi l ’am ­bito re lig ioso . In ogni caso, son o proprio questi sp esso non definibili b i­sogn i co llegati ad im a fed e n el soprannaturale che reclam ano n ella con­vivenza civ ile, per i com p ortam en ti che ne p o sson o procurare il sod d i­sfacim en to , quello spazio ch e è riven d icato da ogn i m an ifestazion e p os­sib ile della libertà um ana.

F u n z i o n e d e l d ir it t o

1. In ordine agli interessi religiosiE siste un u lteriore e lem en to prelim inare: occorre ancora descri­

vere i com p ortam en ti che derivano dai b isogn i re lig iosi, perché solo q u esti com p ortam en ti re lig iosi sono so tto p on ib ili a valu tazion e giurid ica da parte d ello S ta to e son o , perciò , l’oggetto sp ecifico d elle norm e di di­r itto p ubb lico ecc les ia stico le quali, p rese g lob alm en te, son o a loro vo lta il con ten u to del d iritto alla libertà re lig iosa quale sarà d escr itto nel co rso di q u esta nota.

S o tto il term ine co m p ortam en ti re lig iosi van no in tesi quel co m p lesso di a tt i tes i a sod d isfa re uno sta to di b isogn o re lativo a lle esigen ze della propria re lig io n e22.

In natura non e s is te una c la sse di co m p ortam en ti in cu i si rifletta in m od o chiaro e co m p leto l ’im pronta della fed e re lig iosa che ne isp ira l ’attuazione. Di con segu en za il d ir itto non si trova di fron te a d elle az io­ni um ane ch e abbiano tu tte il m arch io della re lig iosità e che consen ta loro di apparire ben e in d iv id u ati r isp etto a lle a ltre azioni di cu i si com ­pone l ’esperienza um ana.

In p assato si è cred u to a q u alcosa del genere dando alla d istin zion e « sp irituale-tem porale » la cap acità di ind ivid uare d iverse e p recise sfere di attiv ità . Anzi, la cu ltu ra liberale del seco lo scorso l ’ha am p iam en te (e im p rop riam en te) u tilizza ta p er dare fon d am en to alla so lu zion e sepa­ratista , che ricon osce a lla C hiesa auton om ia in rapporto alle valu tazio­ni d ’in teressi d ’ord in e sacrale, e al p otere p o litico , invece, auton om ia in rapporto a lle valu tazion i d ’in teress i d’ord ine p o litico o e c o n o m ic o 23. In realtà ogg i sem b ra che q u esta d istin zion e sia so lo un rich iam o alla d if­ferenza a stra tta ch e e s is te tra natura e sopranatura e la d iversa p rosp et­tiva che deve an im are chi si p reoccupa di r iso lvere p ro b lem i a ttin en ti al secon d o cam po. In fatti, im a cosa son o le d istin zion i astra tte e u n ’altra i m ezzi n ecessa ri, a liv e llo um ano, per raggiungere quelle finalità. I m ez­zi, qualunque sia il loro fine, sono sem pre attiv ità o co se co in volte in

22 A. V ita le , « Il d iritto ecclesiastico », 16.23 P. B e l l in i , « Prìncipi di d iritto ecclesiastico » (Milano, CETIM, 1974) 171.

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attiv ità e quind i a ttengono n ecessariam en te a lte sfera del co sid etto tem porale.

Un seco n d o criterio di d istinzione, e laborato dalla teo log ia m orale, com p orta una differenza tra fine in trin seco e fine estr in seco d e ll’atto um ano. Il p rim o è quello a cu i l’a tto tende p er propria natura, p er cu i ne è inseparabile e ne co stitu isce l ’e lem en to oggettivo . E sso v ien e chia­m ato anche il fine d e ll’azione o dell'opera ed è l ’effetto n ecessa r io d e ll’at­to. Il secon d o è quello a cui l ’a tto è indirizzato dal so gg etto agen te ed è l'e lem ento soggettivo e separabile d e ll’a t t o 24. Q uesto cr iterio sem bra essere relativo in quanto presu ppone una scelta d iscrezion a le tra le varie attiv ità che si è d isp o sti o m en o a ricollegare d irettam en te al sod d isfa ­c im en to di in teressi re lig iosi. E q uesto , n on ostan te che si p ossa sen z’al­tro dire ch e le p iù svaria te attiv ità p o sson o essere co m p iu te con una m otivazion e relig iosa , te quale quindi rappresenta, r isp etto a tali attività, u n o dei loro tanti fini e s tr in s e c i25.

Lo s te sso carattere re lativo h a il cr iterio ch e d istin gu e tra attiv ità p rin cipali e a ttiv ità strum entali.

M igliore riu scita sem bra avere il ten tativo ch e si b asa su lla co n sta ­tazione d e ll’esisten za di una gradualità nella sp ecific ità dei co m p orta­m en ti r e lig io s i26: —- una p rim a categoria di co m p ortam en ti re lig io si, de­finibili co m e sp ecifica tam en te tali, è riconducib ile a lte con sid eraz ion e che la relazione d ell’u om o con la d ivin ità v ien e ricercata ed esp ressa non tan to in form u le re lazionali, quan to p iu tto sto da u n in siem e di com p or­tam enti d estin ati a legare, tra l ’u om o e Dio, quei legam i ch e esprim ono dipendenza: com p ortam en ti rituali che variano secon d o i cu lti, m a che p resen tan o un certo num ero di caratteristich e com u n i che, n e lle grandi relig ion i, p o sson o addirittura com p rendere la to ta lità d e ll’u om o e d ei suoi rapporti con gli a ltri.

Dal punto di v ista di u n osserva tore estern o , perciò, si p u ò dire che la re lig iosità si esp rim e innan zitu tto in tecn ich e d irette ad o tten ere e conservare te garanzia soprannaturale e, cioè, g li a tti e le p ratich e di culto: preghiere, p ratiche di sacrificio e pen itenza, cerim on ie , riti, ser­vizio divino.

Il linguaggio dei sim b oli corrisponde ad una d im en sion e tu tta parti­colare, ben diversa dalle a ltre d im en sion i del v ivere q u otid ian o e q u esto vale a conferire a tali tecn ich e una fisionom ia sp icca ta ed in co n fon d ib ile perché so lo l'uom o re lig ioso s i avvale di esse , ed e sse lo iden tificano, in un certo sen so , d istin gu en d olo dall'uom o non r e lig io so 27. A q u esto tipo

24 G . A m b r o s e t t i , « Diritto naturale cristiano » (Roma, Studium, 1964) 11-23.25 A.C. J e m o lo , « Lezioni di d iritto ecclesiastico » (Milano, Giuffré, 1978) 20.26 A.C. J em o lo , i b id e m .27 Scriveva il prof. Jemolo: « Va da sé che se resta estraneo al concetto

di libertà religiosa quanto tocca l ’ateismo, vi restano del pari estranee le dot­trine quali esse siano, politiche o sociali, che pur rivestano forme e riti trat­ti ad imitazione di quelli religiosi, e proclamino di voler essere una dottrina religiosa, ma non si rifacciano alla divintà, al sacro ». A.C. J em o lo , voce « liber­tà di religione», in % Nov. Dig. Italiano » XV, 371.

178 m u r o pi Giacomo

di co m p ortam en to corrispondono esigen ze re lig iose concern en ti n on solo la p o ss ib ilità di com p iere quei ge sti sim b olic i, m a anche la p ossib ilità d ’azione p er l ’apparato organizzativo a cu i ev en tu alm en te la co n fessio n e re lig iosa affidi il co m p ito di garantire l ’ord in ato svo lg im en to d i qu ei riti e cerim onie (cioè l'a ttiv ità di cu lto n el sen so p iù p ien o della parola) e tu tto quello che sia stru m en tale a ll’e s isten za ed a ll’a tt iv ità di ta le ap­parato (com e la p o ssib ilità di com u n icazion e con i fedeli, di guida e di governo degli s tess i, p o ss ib ilità di u su fru ire dei m ezzi econ om ici n eces­sari p er la stru ttu ra e p er le fu n zion i d ell’apparato organizzativo).

— Una secon d a ca tegoria d i com p ortam en ti re lig iosi deriva dal fa tto che, afferm ando l'esisten za di una verità asso lu ta e sa lvatrice, le grandi re lig ion i son o n ecessa riam en te m ission arie: espand ere q u esta verità è p er l'uom o re lig ioso un dovere verso D io e verso g li a ltr i uom in i. Q ue­sta attiv ità verso il p ro se litism o, a secon d a d e lle d ifferenti d ottrin e e le differenti cu lture, h a p reso le form e p iù d iverse, d a ll’in to lleran za e la co n q u ista arm ata, fino a lla testim on ian za s ilen zio sa e a l m a r tir io 28.

A q u esto secon d o tip o di com p ortam en ti corrisp on d on o esigen ze re­lig io se co n cern en ti la p oss ib ilità di organizzare q u est’opera di p ro se li­tism o utilizzando tu tte le occasion i p ossib ili: m ezzi d i com u n icazion e di m assa , scu ole , ecc. Per realizzare ta li opere occorre, a ltre a lla p o ssib i­lità di farlo , anche la d isp on ib ilità di fru ire dei m ezzi econ om ici n eces­sari che, co m ’è fa c ile in tu ire, son o pur sem p re necessari.

— Una terza categoria di com p ortam en ti re lig iosi è r ico llegab ile a l fa t­to che la re lig ion e h a an ch e ca rattere di « im p resa » r ivo lta a lla realizzazio­ne di un p rogetto p er trasform are la società . Un p ro getto in teso c io è ad operare, a ttraverso u n lavoro ed u n im p egn o p erson a le e co lle ttiv o , cam ­b iam en ti s ia n e i riguardi del m on d o in teriore d el soggetto ch e n e l m ondo estern o della co lle ttiv ità e d e ll’am b ien te in cu i q u esta vive. In alcune relig ion i q u esto p rogetto ind ivid uale e co lle ttiv o è ta lm en te accen tu ato da giungere all'organizzazione di un a « c iv ita s » re lig iosa , stru ttu rata ed organizzata fortem en te , con gerarchia e d iritto proprio. In a ltre società p o sso n o essere rico n d otti a l fa tto re re lig ioso co m p ortam en ti di t ip o d i­verso , degradanti via-via da im a ch iara sp ecific ità che li rende d istin gu i­b ili e n on com p arabili ad a ltre esperienze , fino ad un a gen eric ità che li accom u n a in vece ad a ltri com p ortam en ti d e tta ti da esp er ien ze d iv e r se 29.

2 . In o rd in e al co n tro llo socia le

In definitiva, la re lig ion e e , sop ra tu tto ,le grandi re lig ion i m o n o te iste e le se tte ch e si rich iam an o ad esse , esercitan o su l cred en te u n ’influenza totale. N ella m isu ra in cu i e sse forn iscon o a ll’u o m o una sp iegazion e glo­b a le del su o d estin o , e s s e d ettan o i su o i com p ortam en ti ind iv id u ali e socia li, m od ellan o il suo p en siero e la sua azione. P oiché e sse afferm ano

28 A .C . J e m o lo , « Lezioni di d iritto ecclesiastico », 21.29 A .C . J em olo , iv i, 22.

RELIGIONE E LIBERTÀ 1 7 9

la priorità d ell’ord ine soprannaturale su ogn i ord in e um ano, e sse sp in­gono il credente, coeren te con se stesso , a p referire in ca so di conflitto tra i p oteri dello S ta to e g li im perativ i della su a fed e, l ’obbed ienza alla regola p iù alta. Le re lig ion i portano dunque in e sse una v irtuale lim ita ­zione del potere tem porale. Da qui, l ’estrem a gravità dei prob lem i che esse hanno in ogn i epoca p osto agli S ta ti e la m oltep lic ità d elle a ttitu ­dini con cui d etti prob lem i son o sta ti r is o lt i30.

R isu lta logico , quindi, che se si vu o le garantire la sopravvivenza del co n testo socia le occorre realizzare u n ’in tegrazion e ed u n a razionalizza­zione deg li in teressi e d elle finalità em ergen ti dalla rea ltà socia le . A quest'opera di in tegrazion e provved ono, sostan zia lm en te , i gruppi dotati di p otere d i fatto: capaci, c io è , d i esercitare effetti su lla lin ea d i con d ot­ta deg li a ltri in d ivid u i e d eg li a ltri gruppi socia li.

I gruppi dotati di ta le p otere danno v ita ad un ordine socia le , il quale sarà garantito proprio dal potere di cu i d isp on gon o quei m ed esim i gruppi e che, trasfon d en d osi esso s te sso nell'ordine socia le , si esp rim e co m e « governo co n creto », c io è com e scelta dei fini, d ec ision e p o litica su l che fare in una d ata situ azion e concreta . E c iò s i esp rim e p artico­larm en te com e p otere norm ativo: potere d i sta b ilire p er tu tti i m em bri di una determ in ata società , n ei lim iti dei co m p iti affidati alla funzione di governo, quali sian o i com p ortam en ti da ten ere e q u esto attraverso , ap­punto, norm e giurid iche. In effetti, im o degli stru m en ti di cui le p erso­ne a cu i è d ato il potere di governare d ispongono è il d iritto il quale, p er l ’appunto, può essere co n sid erato uno dei tanti stru m en ti (e certa­m en te non il p iù im portante) del co n tro llo s o c ia le 31.

C ontrollo socia le che è in teso n on co m e una sem p lice esp ression e sta tica , di sem p lice stab ilizzazion e della s itu azion e soc ia le es isten te , m a che esp rim e anche un con ten u to d inam ico e che so ttin ten d e ad un m u­tam en to gu id ato della società . Q uando p erciò si d ice che le n orm e giu­rid iche d iscip lin an o in teressi, c iò equ ivale all'afferm azione che esse fissa­n o d eterm in ati sch em i di com p ortam en to , adottan d o i quali i soggetti p osson o o tten ere il sod d isfacim en to dei loro in teressi. I l d iritto d iventa quindi stru m en to di razionalizzazione degli in teressi socia li attraverso le istitu z ion i del potere s ta ta le 32.

Però l'uom o ch e v ive in una so c ie tà organizzata avverte, da un punto di v ista pratico , un con d izion am en to p erm anente che co n siste n el fa tto di non p oter svolgere, assicu rare, m odificare e nep pure com u nicare la propria azione nel quadro d elle relazion i so c ia li in cu i d etta azione si in­ser isce n ecessa riam en te , sen za essere co stre tto ad adeguarla a certe stru t­ture di com p ortam en to che son o p red isp oste su o m algrado e che g li ven­

30 J. R ivero , « Les libertés publiques », vol. II, « Le régime des principales libertés » (Paris, P.U.F., 1980) 161.

31 E. R esta , « D iritto e sistem a politico » (Torino, Loescher, 1982), sopratutto il cap. I l i su « Diritto e potere nello Stato moderno » (pagg. 171-230).

32 V. F r o s in i, voce « Ordinamento giuridico » (fil. del dir.) in « Enciclopedia del d iritto », (Milano, Giuffré, 1974) XXX, 654.

1 8 0 FILIPPO DI GIACOMO

gon o im p oste dalla com u n ità so tto form a di leggi d ell'ord inam ento giu­rid ico. Per cui l ’ind ivid uo è sp in to ad u tilizzare per quan to è p o ssib ile quelle situ azion i e quei stru m en ti che l’ord in am en to giurid ico sotto p on e, per una ser ie d i ragioni co n n esse al suo com p ito di regolam entazione della v ita associata , al co n tro llo della propria d isc ip lin a 33.

Da un pu n to di v ista p ratico , e n otiam o che q u esta è la ch iave di com p ren sion e del d iritto p ubb lico ecc les ia stico in genere e del d iritto alla lib ertà re lig iosa in p articolare, di fron te a ll'ord in am en to giurid ico e s is te u n dopp io p iano di azione: d ei s in goli e dei gruppi. E sis te cioè, da u n a p arte un'azione Ubera, pre-giurid ica (che il d ir itto dovrebbe risp et­tare e far rispettare) e d a ll’a ltra p arte e s is te u n ’azion e v in colata , condi­zion ata d a ll’ord in am en to già es isten te , che vu o le in serirsi n e l co m p lesso d elle valu tazion i op eran ti p er sod d isfare attraverso q u esta v ia gli in te­ressi in g ioco. Q uesto è vero anche p er i com p ortam en ti r ivo lti a fina­lità re lig iosa , sop ra ttu tto per quei com p ortam en ti ch e abbiam o definito re lig iosi in sen so la to (p roselitism o e azione so c ia le ) p er cui il s istem a giurid ico, con g li spazi ch e occu p a e le co n d o tte che tu te la e stim ola , da una p arte appare co m e un o staco lo da superare, u n cond izion am en to co n tro cu i lo tta re p er d ifendere am b iti d i au ton om ia e di libertà , d a ll’al­tra parte appare in vece co m e una situ azion e da u tilizzare, u n o stru m en to u tile p er favorire e fac ilitare i com p ortam en ti che esp rim on o, su l p iano d e ll’azione, g li in teress i definiti com e r e l ig io s i34.

L ibertà religiosa

1. In genereQ uanto abbiam o p rem esso (e c io è la p o ssib ile rilevanza giurid ica

della n ozion e d i relig ione, i b isogn i ed i co m p ortam en ti re lig iosi con la relativa funzion e d el d ir itto ), è so lo u n p icco lissim o accenno a lla co m ­p lessa d ia le ttica fra il p otere p ubb lico e le co n fess io n i re lig iose e p erciò tra il p rim o e la lib ertà relig iosa , con tu tta la su a m alce la ta p ossib ilità di generare sem pre n uove ten sion i le quali non sono tu tte confinabili n e ll’am bito d ella coscien za ind ivid uale. Il tem a della lib ertà relig iosa , in fa tti, è v a stiss im o ed anche di estrem a co m p lessità , p oten d o essere p reso in con sid erazion e dai p iù svaria ti angoli v isu ali, quale q u ello teo­log ico d ella lib ertà della fede, quello filosofico d ella libertà di pen siero , quello co n fessio n a le della lib ertà ch e una data co n fess io n e co n sen te alle

33 V. F r o s in i, ib id e m .34 Le dinamiche socio-politiche (alTinterno del quale il diritto svolge la sua

doppia funzione di razionalizzazione degli interessi in gioco e di mezzo di con­trollo sociale) possono essere utilmente approfondite in N . M atteu cc i, « Alla ri­cerca dell'ordine politico » (Bologna, il Mulino, 1984); J. D u n n , « La teoria poli­tica di fronte al futuro » (Milano, Feltrinelli, 1983); A. S ch iavo ne , « Alle origini del d iritto borghese » (Bari, Laterza, 1984) 39-60.

RELIGIONE E LIBERTÀ 18 1

altre, quello p o litico d ella lib ertà che lo S ta to deve lasc iare ai propri cittad in i in tem a di creden ze relig iose, e a ltre ancora. L’esp ress io n e « li­bertà re lig iosa » è, di conseguenza, assa i generica p erch é ad e s sa si ac­com p agna una d iversità di con ten u ti e finalità proprie d i un co n cetto assa i a r tic o la to 35.

R ileviam o an zitu tto che, in quan to co n cetto , la lib ertà re lig iosa è sta ta teorizzata sostan zia lm en te n ell'o ttocen to com e m an ifestazion e di l i­b ertà dallo S ta to e ha sub ito , neg li u ltim i cen tocin q u a n ta anni, n o tevoli e profon d e innovazion i. Q uesto n on so ltan to p erché n el fra ttem p o son o m u tati il co n cetto di S tato , la funzione alla quale esso d eve assolvere, le finalità verso le quali e s so è proteso , gli stru m en ti d i cui è in p os­sesso p er p oterle realizzare; m a anche perché, di conseguenza, h an n o su­b ito una trasform azione l ’ind ivid uo in quan to ta le, le form azion i socia li, la ra tio ste ssa della relig ion e nei suoi rapporti con la so c ie tà c iv i le 36.

N el d elin eare le p ro sp ettive d ottrin a li del d ir itto ecc les ia stico in m a­teria d i lib ertà re lig iosa s i è so liti d istin gu ere tre d ifferenti o t t ic h e 37: quella liberale-borghese del seco lo scorso che valu tava il m o m en to reli­g ioso n el suo profilo essen zia lm en te in d ivid uale, con l ’accen to p o sto su lla libertà della persona um ana e re lativa sva lu tazion e del m om en to co llet­tivo del fen om en o relig ioso (il gruppo re lig ioso co n sid erato in secon d o piano); quella dei regim i tota litari della prim a parte del n ostro seco lo ch e vede lo S ta to im pegnato a tu telare il m om en to re lig ioso in q u an to il fine e tico d ello S ta to era q u ello di raggiungere una co esio n e d ella po­p olazion e anche tram ite un a determ inata re lig ion e co n sid erata co m e re­lig ion e di S ta to e vedeva, quind i, il fen om en o re lig ioso co m e u n fen o ­m en o sociale; n eg li a ttu ali regim i liberal-dem ocratici si è avu to il p as­sagg io dalla auton om ia ind ivid uale a quella co llettiv a co n il r icon osci­m en to dei gruppi che hann o la fun zion e di tu telare m eglio la p erson alità dei s in goli individui: la lib ertà co llettiv a dei gruppi socia li è un o deim ezzi ch e realizzano il p ien o sviluppo di co loro che dei gruppi socia li fanno parte com e m e m b r i38.

A ttualm en te, quind i, la dottrin a giurid ica tende a co llocare il fen o­m en o re lig ioso in siem e ai tan ti che concorrono a costitu ire e qualificare l’an im a socia le di un popolo e non, com e in p assato , quale esp ressio n e di un m on d o a sé, forn ito di un bagaglio id eo log ico e g iurid ico proprio e, non di rado, in co n trasto con quello della società c iv i le 39. Il ricom pren­dere tra i d iritti fon d am en ta li d ell’u om o anche q u ello di lib ertà re lig io­sa, s ia a live llo ind ivid uale che co llettiv o , porta quind i con sé l ’im por­

35 P .A . D ’A v ack « Truttato di d iritto ecclesiastico italiano » (Milano, Giuffré, 1978) 399.

36 P .A . D ’Avack, ib id e m .37 C i r i f e r i a m o , a d e s e m p io , a i s e g u e n t i m a n u a l i : V. D e l G iu d ic e , « Manuale di d iritto ecclesiastico » (M ila n o , G iu f f r é , 1970); P .A . D ’Avack, c i t . n o t a 35; P .

G is m o n d i , c i t . n o t a 16; L . S p i n e l l i , c i t . n o t a 18, e c c .38 S . L a r ic c ia , intervento in. A A .W ., « Nuove prospettive per la legislazione ecclesiastica » (Milano, Giuffré, 1981) 171.39 G. L e z i r o l i , « A spetti detta libertà religiosa » (Milano, Giuffré, 1977) 26.

182 FILIPPO DI GIACOMO

tante conseguenza del r icon oscim en to del su o sign ificato di valore che aiuta a realizzare i fini della società . Q uesto d isegn o teor ico trova il su o naturale am b ito di sv iluppo all'in terno di un tipo di S ta to la cui dem ocratic ità principale co n siste nell'assu m ere l ’individ uo nella glob ali­tà e nella cen tra lità del suo « va lore p o litico », n onché nel co n segu en te log ico ricon oscim en to dei com p iti che a llo s te sso S ta to derivano n ei con ­fron ti d ell’ind ivid uo w.

In ta le p rosp ettiva è l’individuo, appunto , ch e v iene a co stitu ire, n e l­l’esercizio dem ocratico della sovran ità e dei d iritti ch e gli com p eton o, l ’elem en to r iso lu tore del rapporto tra so c ie tà civ ile e società religiosa. La n ozione di lib ertà re lig iosa assu m e quind i u n sen so ancora p iù am pio e generale co m e è am pia e generale la lib ertà di cui l ’u om o d eve godere, in relazione a i suoi con v in cim en ti etic i, d elle relative esp lìc itaz ion i n el cam p o socia le , sian o ess i fon d ati su prin cip i re lig iosi, oppu re su prin ci­pi di carattere filo so fico 41.

In u n p rim o sen so , di ord ine stretta m en te n aturale, la libertà appare com e la fa co ltà d i operare sce lte lec ite ed esp rim e, in u n sen so p sico lo ­gico, il d om in io d e ll’ind ivid uo su lla propria volon tà . D a u n p u n to di v ista p ratico c iò si tradu ce n e ll’u om o in una serie di d ec ision i p ersonali co n form i a l proprio giud izio e q u esto s ia ch e eg li vog lia co m p iere una sce lta ed agire in u n certo sen so , s ia ch e n on vog lia sceg liere e deter­m ini di om ettere di operare in un altro sen so . La padronanza della pro­pria volon tà suppone, sem p re n e ll’u om o , l’assen za di im p ed im en ti ch e si frapp ongono sia al form arsi della sua vo lon tà (m om en to p sico log ico ) e s ia al fa tto che l’individ uo p ossa tradurre in az ion e il proprio co n vin cim en to (m om en to fisico o m ater ia le). G iurid icam ente è q u esta libertà , al con tem ­po p sico log ica e fisica, che v ien e presa co m e fon d am en to degli a tti u m a­n i i quali d iventano im putab ili a ll’agente m ed ian te un n esso di respon­sab ilità p erson ale a condizione, appunto, ch e g li a tti p erson ali siano lib e­ri e v o lo n ta r i42.

A bbiam o quind i due prim e qualifiche d ella lib ertà naturale: quel­la p sico lo g ica e quella fisica. Però a live llo di co m p ortam en to , n elle su e m anifestazion i esterne, m ora li e giurid iche, è n ecessaria una u lteriore

4(1 Sul « valore politico » dell’uomo, cfr. R. P e z z im e n t i , « Dall'intransigenza alla laicità » (Napoli, Gallina, 1984) 48-60; AA.VV., « Oltre l’egemonia politica » (Brescia, La Scuola, 1980) 9-45.

41 Forse è bene anche ricordare quanto dice la Chiesa, nella dichiarazione conciliare « Dignitatis Humanae », sulla dignità della persona umana; tale di­gnità è costituita, secondo il Concilio, da tre aspetti differenti:

a. Come frutto dell’evoluzione storica dell’umanità ed alla cui maturazio­ne non è estraneo il fenomeno evangelico. Frutto che è, ormai, patrimonio co­mune a tutta l’umanità contemporanea. (DH. 12); b. Come inerente alla stessa natura dell’uomo, essere intelligente e libero, dotato di responsabilità personale (DH. 2); c. Come elemento qualificante della relazione uomo-verità (DH. 2).

42 P. B e l l in i, « Libertà dell’uomo e fa ttore religioso nei sistem i ideologici contem poranei », contributo all’opera « Teoria e prassi delle libertà d i religio­ne » (Bologna, il Mulino, 1975) 112.

RELIGIONE E LIBERTÀ 183

q ualificazione che perm etta di m eg lio circoscrivere , p er m otiv i pratici, l ’idea di libertà . In fatti, legata u n icam en te a lla vo lon tà e a lla op erati­v ità d el soggetto , e ssa assu m ereb b e u n rilievo tan to am p io da scad ere n el generico e neirindeteim im ato. E sis te quind i la n ecessità di ind ivid ua­re il con ten u to ordinario della libertà . Q uesto, genera lm en te, si fa co n si­stere n ella fa co ltà di au tod eterm in azion e p erso n a le in ord in e a sce lte che s ia n o m ora lm en te o g iu rid icam en te le c i t e 43.

È p ossib ile rilevare, con n atu rale a ll’idea s te ssa di libertà , u n confine tra la vera lib ertà e quella fa lsa , c io è l ’arbitrio, la licen za . È u n lim ite in tern o, connaturale a ll’idea s te ssa d i lib ertà e s i m an ifesta in m od o ne­gativo: la im p ossib ilità di una co n d o tta ind iv id u ale ch e sia in con trasto con le p o ss ib ili sce lte ch e u n ind ivid uo pu ò com p iere e d elle quali s i rende in terp rete e cu sto d e la leg ge oggettiva , s ia essa m ora le o giuri­dica. La vera libertà , quella con cep ib ile a ll’in tern o di u n s istem a giuri­d ico , non può co n sistere n ella fa co ltà p erson ale di p referire indifferen­tem en te il b en e o il m ale, quan to v iceversa n ella fa co ltà di sceg liere il ben e e di resp in gere il m ale. N atu ralm en te, potrà variare da s istem a a s istem a la nozione di c iò che è b en e e c iò ch e è m ale. P otrà essere d i­versa l ’op in ion e su l dove co llocare il lim ite ch e d elim ita i due co n cetti. R esta però ferm o il pu n to ch e ch i sceg lie il m ale, resp in gendo il ben e, non realizza m a, invece, nega la p ropria l ib e r tà 44.

I l co n cetto di lib ertà p orta anche, sp esso , con n atu rata con sé l ’e s i­genza d i un a legge ogg ettiv a ch e d elim iti la sfera en tro la q u a le i sog­getti p osso n o agire liberam ente. L ogicam en te d etta leg g e deve essere , a sua vo lta , co n form e alla libertà , co sicch é q u esta p ossa avere sem p re il valore di u n can on e idea le che trascen d e le sin go le determ in azion i le ­gali p o s it iv e 45.

U n’u lter iore sv ilu p po di q u esto d isco rso p orta a lla co n sid erazion e ch e la defin izione form ale d ella lib ertà (quale fa co ltà d i operare le pro­p rie sce lte p erson ali n ei lim iti d ella legge p ositiva) non è sufficiente. Però essa stim o la a p recisare e id en tificare quali sian o i va lori di fo n d o (indi­v id u a li e co llettiv i) ch e la legge p ositiva deve risp ettare , p erch é essa p ossa essere co n sid erata un a leg ge con fo rm e a l ib e r tà 46. I l va lore d ella

43 P. B e l l in i , i b id e m44 La libertà così proposta non è un mezzo per perseguire il fine, ma bensì

esso è per l ’individuo un modo di vivere conforme al fine e per lo Stato un metodo per perseguire un fine. Il patrimonio comune all’individuo ed allo Stato è quindi il fine il quale deve essere comune e non individuale, nel qual caso esso non potrebbe essere né conosciuto e né valutato. Cfr. M.F. R a b a g l i e t t i , « La libertà religiosa nella trasform azione della società » (Milano, Giuffré 1967) 84.

45 P. B e l l in i , « Libertà dell’uomo e fattore religioso nei sistem i ideologici contem poranei », 113-117.46 « Si intendono per valori quelle concezioni di sé o di altri, o di sé in rap­porto ad oggetti o soggetti, che si ritengono meritevoli di essere desiderate. Tali concezioni, proprie di un individuo o di un gruppo, permeano di sé un’in­tera cultura. Possono essere esplicite o implicite e influenzano la selezione tra i possibili mezzi modi e fini dell’azione. G. De Cristofaro L ongo, voce « Valo­r i» in « Dizionario d i sociologia e antropologia culturale », 612. '

1 8 4 FILIPPO DI GIACOMO

libertà non può essere rim esso a ll’ap prezzam ento d ’ogn i s in golo ind ivi­duo m a, assu n to dalla legge (che è n orm a soc ia le di co n d otta ) d etto va­lore prende i co n n otati e la d im en sion e ch e le ven gon o im p resse da lla coscien za civ ile dom in an te n e ll’am b ito co m u n itario e storico nel quale viene, di volta in volta, p osta la q u e s t io n e 47.

Q uando si ricorre con consap evolezza a ll’idea di libertà , sentiam o che siam o autorizzati a farlo in quan to pen siam o a quei m om en ti della nostra v ita che toccan o più da v ic in o il nostro essere persona: quei m o­m en ti ch e sono più in tim am en te legati al n ostro v ivere in un am b ito co­m unitario , non co m e sem p lic i esseri anonim i com p on en ti la so cietà m a com e individui irripetib ili e ricchi di un p atr im on io sp iritu ale esc lu sivo e personale. Q uindi, il b en e finale ch e si deve p roteggere ed aiutare nella sua realizzazione è la valorizzazione d ella p erson a lità um ana. Q uesto, o l­tretutto , è il postu lato-base della libertà su cui si in tendono fon d ati gli Stati dem ocratic i m oderni. P ostu la to ch e si realiza so lo p erm etten d o a ciascu n ind ivid uo di au tod eterm in arsi nei d iversi settori d ella v ita co­m unitaria e socia le in cu i si m an ifesta e si arricch isce la p ersonalità d ell’uom o 48.

2. C om e « libertà -va lo re »

È p o ssib ile a q u esto pu n to individuare, tra le tante a ttiv ità um ane p ossib ili, una cerch ia p iù ristretta di com p ortam en ti che si r ifer iscon o ad a ttiv ità qualificate com e aventi una d ign ità superiore. Tali a ttiv ità sono qualificate co m e tali sia p er la d irezione in cu i s i svo lgon o e s ia p er i b isogn i ai quali soddisfan o . E q u esto p erm ette di g iungere ad un a va­lu tazion e g iurid ica d elle libertà d e ll’u om o ch e n on sia lim ita ta a lla gene­rica defin izione del g iu rid icam en te lec ito , m a si accom pagni anche ad una fa ttiv a azione di so stegn o da parte d e ll’apparato p ubb lico , sostegn o or­d in ato a prom uovere p ositivam en te la realizzazione di com p ortam en ti isp irati a quella d ignità superiore dai quali n ascon o e si artico lan o i diritti d i lib e r tà 49.

E siston o d elle ca tegorie autonom e tra le tan te a ttiv ità p o ssib ili e p ro tette da norm e che, anziché essere so lo indifferenti o non contrarie agli ideali che devono isp irare il program m a di sv iluppo p erson ale di

47 I valori sono distinti dalle norme di condotta. Le norme di condotta ri­guardano le modalità concrete di espressione del comportamento ispirato a un determinato valore. Esse possono manifestarsi in termini di prescrizione o di proibizione di un certo modo di agire. Un valore, inoltre, può costituire punto di riferimento per più norme intersoggettive; può, però, verificarsi anche il caso in cui una norma presuppone più valori di riferimento. Cfr. G. D e C r i s to f a r o L ongo, op. cit. 613.

48 H.A. S im o n , « La ragione nelle vicende umane » (Bologna, il Mulino, 1984) 115-151.

49 P. B e l l i n i , « Libertà dell'uomo e fattore religioso nei sistem i ideologici contem poranei », 117-140.

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ciascu n individ uo nel co n testo più generale di una com u n ità , sono real­m en te isp irate in m odo p iù p ositivo agli id ea li in q u estion e i quali, un i­cam ente, p osson o essere co n sid erati esp ressio n e di vera lib ertà ed essere perciò va lu ta ti d istin ta m en te e in m odo p iù im p ortan te della grande quan­tità di a ttiv ità che sono solo, p iù sem p licem en te, garantite o rese lec ite dalla le g g e 50.

Q uesto dà un sign ificato più p rofondo e co m p leto a ll’id ea di liber­tà. Tale significato è b asato su lla fa co ltà d i c ia scu n individ uo d i fare quelle co se che la legge, in terp rete del grado di c iv iltà raggiunto da cia­scuna società , g iud ica p ositivam en te co m e rispond enti e con fo rm i a lle esigen ze di un effettivo program m a di prom ozion e personale. Q uindi, li­b ertà n on è una sem p lice fa co ltà di fare le co se che s i vog lion o fare o q uello che è lec ito vo lere, m a faco ltà di fa re p iu tto sto quelle co se che si rivelano degne di essere fa tte a lla lu ce deg li ideali ch e guidano un program m a di sv iluppo um ano secon d o gli idea li acco lti dalla legge, per­ché p atrim on io cu lturale com u ne ai m em bri di una determ in ata s o c ie tà 51.

La faco ltà di fare so lo quelle co se ch e s i deb bono volere, in m odo che venga reso m ig liore sia l ’ind ivid uo che il su o am b ito socia le , è un dovere m ora le e n o n giurid ico in quan to esso non può essere im p o sto a chi non vuole, perché in tal ca so verreb be a m ancare l ’au tod eterm in a­zion e p erson ale che resta non so lo l’am b ito di esercizio di ta le lib ertà m a è a llo ste sso tem p o la con d izion e in d isp en sab ile sen za la quale non è neppure con cep ib ile alcun arricch im ento p e r so n a le 52.

Com e « valore-etico », la libertà re lig iosa , quindi, si rich iam a n eces­sariam ente ad una concezion e deU’uom o, d ella società , d ella religione. E ssa suppone anche, da parte d ell’individ uo, la coscien za del p o ssesso di un patrim on io idea le ch e fa n ascere u n vero sistem a di v a lo r i53.

Q uesta libertà-valore non può essere v ista co m e sem p lice assen za di coercizione, m a p iu tto sto com e fa co ltà di aderire a valori che contribu i­scono alla p erfezion e della persona, ch e è ch iam ata, in q u est’ottica , ad assu m ere un a funzione di protagon ista in m ateria di gestion e ind ivid uale od asso cia ta a dei va lori ch e com p on gon o l ’id ea di l ib e r tà 54. Q uesto è, inoltre, lo sv iluppo del p ostu la to id eo log ico di b a se degli ord in am en ti dem ocratic i m oderni a cui abbiam o accennato poco innanzi. E ssi, avendo scelto com e proprio com p ito prim ario la valorizzazione d ella p erson a lità

50 P. B e l l in i , ib id e m .51 P . B e l l i n i , ib id e m .52 Scriveva il prof. D'Avack: « Anche chi, come cattolico, non ammette che,

specie in materia religiosa e morale, si possano configurare verità obbiettive l ’una diversa dall’altra o addirittura l’una in contrasto con l ’altra, deve ac­cettare il fatto che anche circa dette materie possano darsi in concreto nei singoli individui diverse verità soggettive, le quali in ogni caso esigono di es­sere rispettate nelle persone che ne sono portatrici ». P .A . D’Avack, voce « Li­bertà religiosa » (dir. ca.) in « Enciclopedia del d iritto » (Milano, Giuffré, 1974) XXIV, 611.

53 P. B e l l in i , « Libertà dell’uomo e sistem i ideologici contem poranei » 117-140.

54 P. B e l l in i , i b id e m .

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d e ll’uom o, concretizzano l ’in tero sistem a d elle lib ertà fond am en tali ordi­nand olo in funzione dell'esigenza di r isp ettare e p rom uovere l ’im pegno di autodeterm inazione ind ivid uale a cu i ogn i sog getto è ch iam ato, a l fine di com p iere la propria realizzazione civ ile e m ora le Q uesto s ia che ta le im ­p egno si p ro ietti nel p iano dei rapporti p u b b lici e p o litic i, e sia ch e si svolga su quel p iano sp iritu ale in cu i co n ta il rapporto d ell’u om o con Dio, dell'u om o con se ste sso , con la propria coscien za m orale; su i pro­b lem i che con cern on o il proprio essere , la con sap evolezza e la g iustifica­zione di sé, la propria redenzione e la propria sa lv ez za 55.

Ma è sopra tu tto perché la co m p on en te re lig iosa abbraccia quei mo-' m en ti del p ro cesso di m aturazione p erson ale di ogn i u om o n el m odo in­teriore con cui il soggetto s i determ ina in ord ine ai fa tti dello sp irito che si ricollegano al trascen d en te, che e ssa deve essere co n sid erata com e uno degli a sp etti fond am en tali attraverso il quale s i concretizza a ll’inter­no di una determ inata so cietà la leg ittim a p re tesa di c ia scu n o di rea­lizzare, il p iù co m p iu tam en te p ossib ile , la propria qualità di u o m o 56.

In questa p rospettiva , la libertà re lig iosa appare co m e u n valore ca­rico di p recise caratteristich e, ch e p roducon o con segu en ze rilevanti sia sul p iano d elle id ee che su quello socia le ed istitu z ion a le in q u an to ri­sp osta ad u n prob lem a che, p iù che il foro in tern o d elle co sc ien ze ind i­viduali, tocca , p rim a di tu tto e fon d am en talm en te, il m od o di essere e la sopravviven za d ella società co m e en tità p o litica ed organizzata. I di­r itti ch e ne conseguono, q uelli defin iti com e d iritti di lib ertà relig iosa , n e ll’u o m o com e sin golo e n e ll’u om o in quan to in ser ito in u n a form azion e socia le a finalità re lig iosa , d evono essere r icon osciu ti e tu te la ti, d i con­seguenza, co m e e p erché indirizzati a con sen tirg li d i adem piere a i doveri di so lid arietà attraverso i quali edificare una so c ie tà più g iu s ta 57.

55 Lo Stato moderno, così com ’è strutturato nelle situazioni politiche delle democrazie occidentali, è contingente, cioè non necessariamente immutabile. Assistiamo, anzi, a manifestazioni tese al superamento della configurazione na­zionale per organismi sovranazionali; anche il rilievo che va assumendo la co­munità internazionale e sempre maggiore. E questi sono elementi che senz'al­tro confermano il fatto che è l ’uomo, e non l’istituzione, il centro della gerar­chia dei valori. Cfr. M. G iu l ia n o , « D iritto internazionale », voi. I « La società internazionale e il d iritto » (Milano, Giuffré, 1983) 51-56; C. M ortati, « Le form e di governo » (Padova, CEDAM, 1973) 157-163; G. Ca m p a n in i, « Cittadini e parti­ti » (Brescia, La Scuola, 1980) 121-138.

56 P. B e l l in i, « Libertà dell’uomo e sistem i ideologici contem poranei », 117-140.

57 Ricordiamo che nella giusplubblicistica moderna il diritto alla libertà re­ligiosa è un diritto di tipo negativo (in quanto espressione giuridica di una libertà); assoluto, ossia obbliga erga omnes lo Stato, le associazioni interme­die e gli individui; pubblico, cioè proiettato verso gli interessi del convivere politico-sociale; costituzionale, perché appartene per natura sua alla materia essenziale della costituzione di una società politica perfetta; per cui in genere, è anche formalmente riconosciuto, dichiarato e tutelato nelle Costituzioni scrit­te degli Stati. Cfr. P. F edele, « La libertà religiosa » (Milano, Giuffré, 1963) 5-7; L. M is t ò , « Libertà religiosa e libertà della Chiesa » (Brescia, Morcelliana, 1982) 141-144.

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V alore, quindi, p o litico p erché s i rich iam a ad un s istem a socio-cu ltu­rale determ in ato e, a llo s te sso tem po, valore m ora le p erché appartiene al p en siero ed opera en tro quel s istem a di valori ch e esso instaura. Ed è q u esta rea ltà sto rica e soc ia le ch e determ in a la n a sc ita d ell’is titu to e del p rin cip io g iu rid ico che ha carattere funzion ale per rapporto a l va lo­r e 58. La rilevanza giurid ica, in fa tti, n a sce quando la lib ertà re lig iosa si co n creta n e lla d iretta form u lazion e ed attu azion e di u n prin cip io essen ­zia lm en te g iurid ico d iretto a lla regolam en tazion e d i t ip ic i e d elica tissim i rapporti in tersu b b iettiv i e socia li che n asco n o dalla vo lon tà libera e co­sc ien te dei soggetti di una co m u n ità a vo ler p ro fessare e v ivere secon d o i prin cip i di un a determ inata re lig ion e ®.

La rea ltà relig iosa , però, resta sem pre autonom a. Il soggetto è tenu­to, in quan to cittad ino, a risp ettare le leggi dello S tato . D ette leggi p o s­son o m utare e, p ertan to , son o sog gette ad adegu am en ti resi n ecessa ri dal rinn ovam en to ch e il s istem a giurid ico opera su se stesso . Q uesto fen o ­m eno, però, è abbastanza recen te, co m ’è recen te la partecip azion e popo­lare a ll’a ttiv ità leg isla tiva in quanto, p er gran p arte della sto ria dei p o­poli, le legg i ven ivano im p o ste a tu tti e tu tti dovevano accettare quanto ven iva im p o sto e rinnovato.

La relig ion e h a u n ’evoluzizone com p letam en te differente. E ssa v ive e si tram anda sop ra tu tto p er la trad izione con cui determ in ati valori sono trasm essi; si rafforza attraverso il travaglio in tim o d ello sp irito; è v iv i­ficata con le opere realizzate in obbedienza a lle n ecessità della v ita sp i­rituale; fa affrontare sacrifici e porta al superam ento di se ste ss i. T utto ciò è sem p re patrim on io ge loso ed esc lu siv o di u n credo re lig ioso , vo ­lu to ferm a m en te e scelto liberam ente. La relig ione, p ertanto, è m o lto con creta m en te un fa tto au ton om o di evo lu zion e e si sta cca da tu tte le altre com p on en ti d elle a ttiv ità u m an e p er la sua struttura e la sua fun zion e ®.

Su q u este basi, il co n cetto di lib ertà re lig iosa assu m e nel n ostro tem ­po u n resp iro m aggiore e p o rta con sé la log ica esigen za d i un a prote­zione p iù am pia. L iberata dalla p retesa d i d istin gu ere il c ittad in o dal fe­dele, e quindi i com p ortam en ti ch e fanno capo a ll’una o a ll’altra quali­ficazione, il co n cetto di lib ertà re lig iosa ha su b ito u n ’evoluzion e m oder­na caratterizzata da un a afferm ata tendenza a tradurre n ella rea ltà co n ­creta il prin cip io da applicare, partendo d al dato che la re lig ion e non è so lo u n fa tto in teriore m a anche coeren za di vita.

In un a so cietà d em ocratica e p lu ra lista l ’u om o m od ern o s i trova capace di p oter influire nei su o i com p ortam en ti in m od o m olto p iù con ­creto re lativam ente a tu tto quello che riguarda la sfera d elle prop rie convinzion i interne: egli ha, cioè, la p o ss ib ilità di p resen tarsi n el suo m odo di vivere co m e esp ression e au ten tica della propria coscienza. Di

58 G. L e z ir o l i, « A spetti della libertà religiosa », 76.59 P.A. D 'A vack, « T rattato di d iritto ecclesiastico italiano », 399.60 P. B e l l in i, « Libertà e dogma » (Bologna, il Mulino, 1984) 117-155.

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conseguenza, l'esercizio della lib ertà re lig iosa , ogg i p iù ch e m ai, co involge l ’uom o nella sua tota lità e lo pon e n el v ivere soc ia le in un a posizion e corrisp on d en te a lle convinzion i che lo anim ano.

Il fon d am en to an trop o log ico del d ir itto a lla lib ertà re lig iosa è la dign ità della person a um ana; n e co n segu e che non è p ertin en te a tale argom ento il prob lem a d ella coscien za vera o erronea. La q u estion e della verità o d e ll’errore della co scien za è irr ilevan te riguardo al prob lem a g iurid ico-sociale della libertà relig iosa . La libertà re lig iosa non attiene al rapporto tra persona e verità e non si so stien e su i d ir itti della verità, b en sì so lo su i d iritti della p erso n a sia e s sa n ella verità o n e ll’errore. In effetti, d ire « d iritto » sign ifica fare r ifer im en to im m ed ia to a lla p ersona e ai rapporti in terp ersonali; esso trae la sua radice e la sua or ig in e nella persona. C onseguentem ente son o le p erson e che hanno d iritti, non le co se o le idee.

F ondato su lla d ign ità della p erso n a um ana, il d iritto a lla libertà re­lig io sa s i d ila ta fino ad in teressare il prob lem a di ogn i lib ertà e d i ogn i d iritto . E ssa va ricon osciu ta co m e p rim o anello d ella loro ca ten a e com e loro caposaldo, com p en d io e v in co lo così che, a lm en o virtualm ente, tu tti su ssisto n o con essa o, sem pre con essa , tu tti c a d o n o 6I.

61 E questo è l'insegnamento di Paolo VI poiché, infatti, il Concilio non aveva precisato direttamente quale fosse il rapporto tra diritto e libertà reli­giosa; cfr. F. B i f f i , « I d ir itti umani da Leone X III a Giovanni Paolo II », in « I d ir itti umani, teoria e prassi » (Roma, A.V.E. 1982) 218-219. Paolo VI, invece, ha ripetutamente affermato la priorità del diritto fondamentale alla libertà re­ligiosa rispetto a tutti gli airi diritti, cfr. « Evangelii Nuntiandi », 39 in A.A.S. 68 (1976) 1-76.