Mito Religione ORFISMo

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Mito, religione e filosofia nel pensiero greco Francesca Cattaneo e Micol Guffanti

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  • Mito, religione e filosofia nel pensiero greco

    Francesca Cattaneo e Micol Guffanti

  • Parte prima: Orfismo: mito, religione e filosofia [lezioni 1- 5]

    Lezione n. 1: Concezione dualistica delluomo La parola greca psych si riferisce a unarea semantica piuttosto ampia (pu essere tradotta, a seconda del contesto, con anima, vita, spirito, coscienza; tra i suoi significati c anche quello di farfalla), che ha subto significative trasformazioni storiche: in Omero corrisponde allimmagine che si allontana dal cadavere di un defunto per

    raggiungere lAde, allombra spettrale con la quale si indica la persona nel suo non essere pi;

    le testimonianze del VI e del V secolo mostrano una trasformazione nelluso del termine psych, impiegato per indicare la personalit del vivente, particolarmente per quanto riguarda gli aspetti emotivi: la sede del coraggio, dellangoscia, della passione e della piet e, raramente prima di Platone, della ragione;

    fra la psych cos concepita e il corpo non sussiste nessuna conflittualit: la psych rappresenta il principio vitale (letteralmente soffio, da psychin, soffiare) intimamente connesso al corpo e ai suoi movimenti;

    questa concezione naturalistica viene approfondita dai filosofi della natura del VI secolo, che identificano la psych con larch, il principio cosmico della vita e del movimento: cos la psych per Anassimene essenzialmente aria, per Eraclito fuoco, per Filolao e il tardo pitagorismo armonia;

    occasionalmente, specie nei testi degli autori tragici, la psych si presenta come organo della coscienza e le si attribuisce una specie di intuizione non razionale: un bambino pu afferrare con la psych qualche cosa di cui non pu avere conoscenza razionale; ha una psych divina non chi pi intelligente o virtuoso, ma il veggente; si immagina che la psych abiti in qualche profondit dellorganismo e di l possa parlare a chi la possiede, con voce propria.

    Per quanto la terminologia psicologica in uso nel V secolo risulti piuttosto confusa ( ormai completamente sovvertito il vocabolario omerico), appare chiaro che, se anche lidea di psych pu evocare un vago sentore di soprannaturale, lanima non considerata affatto prigioniera del corpo: piuttosto il principio vivificante il corpo, nel quale quindi si trova come a casa propria. Accanto a questa concezione naturalistica della psych si viene per formando una diversa nozione di anima, implicante un rigido dualismo anima-corpo. Proprio il dualismo fra anima (psych) e corpo costituisce lasse portante della religiosit orfica, cos detta perch ispirata alla figura del leggendario cantore tracio Orfeo, al quale vengono attribuite le dottrine e gli scritti che costituiscono il riferimento per questa forma di spiritualit. Si tratta di una corrente religiosa molto lontana dalla religione pubblica della plis e legata piuttosto alla sfera dei culti misterici per la centralit accordata al problema della salvezza personale. Le testimonianze pi antiche riconducibili alla corrente religiosa orfica sono del VI sec. a.C.; molto difficile stabilirne con certezza i caratteri, specialmente considerando che le testimonianze dirette (laminette e terracotte funerarie) sono successive e le opere integrali tramandate come orfiche sono falsificazioni di et tardo-antica e quindi circa di un millennio posteriori alle origini dellorfismo. Tramite le testimonianze indirette tuttavia possibile enucleare alcuni caratteri distintivi delle credenze legate al movimento orfico e coglierne loriginalit rispetto alla cultura greca tradizionale e insieme la pesante ricaduta sulla trasformazione di quella stessa cultura.

  • Per seguire le tracce di questa alternativa matrice di significati, che Rohde ha chiamato una goccia di sangue estraneo nelle vene dei Greci, occorre rifarsi alla prima testimonianza significativa in questa direzione, quella del poeta Pindaro, che trova riscontri terminologici e concettuali in Senofonte e Aristotele.

    L1- T1 Unimmagine delluomo che viene dagli dei E il corpo di tutti soccombe alla morte potente. Ma viva ancora unimmagine rimane delluomo, ch sola dagli dei viene; essa dorme, mentre operano le membra; ma dimostra nei sogni ai dormienti sovente il giudizio, che avanza, di gioie e di pene. [Pindaro, fr.116 Bowra. Traduzione di F. Sarri]

    Dal testo di Pindaro (prima met del V secolo) emergono alcuni spunti significativi circa il problema della natura dellanima e del suo rapporto con il corpo: laffermazione della sopravvivenza, dopo la morte del corpo, di una immagine

    delluomo; la giustificazione di tale sopravvivenza tramite il riferimento a una origine divina; la constatazione del rapporto di proporzionalit inversa fra attivit corporea e attivit del

    principio divino; la sua esemplificazione con il richiamo allesperienza dei sogni profetici. Limmagine delluomo che rimane viva Il frammento di Pindaro esprime chiaramente e nella sua originalit lo spirito della religiosit orfica; ciononostante, per designare la psych, si serve di una perifrasi tipicamente omerica, ossia limmagine delluomo che rimane viva: questa scelta linguistica richiama da vicino lidea dellombra spettrale che si allontana dal cadavere per recarsi nellAde, tipica dellepica tradizionale. Gli Orfici possono sussumere nella loro idea di psych quella omerica di soffio vitale che al momento della morte abbandona luomo, per quanto sia apparentemente incompatibile con la divinit e immortalit dellanima: infatti la psych orfica presenta delle caratteristiche che ne consentono laccostamento alla immagine delluomo di Omero. Anche la psych divina non che immagine delluomo: non partecipa alle attivit delluomo che vive, sente, pensa, ma svolge una attivit propria che pu realizzare pienamente solo quando allenta i legami con il corpo; la sua consistenza si avvicina dunque molto a quella dello spettro omerico, la cui identit consiste propriamente nel non essere pi delluomo cui pure apparteneva.

    L1- T2 Manifestazioni del divino nellanima Io per mio conto, o figlioli, non sono mai riuscito a persuadermi di questo: che lanima, finch si trova in un corpo mortale, viva; quando se ne liberata, muoia. Vedo infatti che lanima rende vivi i corpi mortali per tutto il tempo in cui vi risiede. E neppure mi sono mai persuaso che lanima sar insensibile, una volta separata dal corpo, il quale insensibile. Anzi, quando lo spirito si separato dal corpo, allora, che sciolto da ogni mescolanza e puro, logicamente sensibile pi di prima. Allorch il corpo delluomo si dissolve, si vedono le singole parti raggiungere gli elementi della loro stessa natura, ma non lanima: essa sola, presente o assente, sfugge alla vista. Osservate poi, - prosegu,- che nessuno degli stati umani pi vicino alla morte del sonno: e lanima umana allora meglio che mai rivela con chiarezza la sua

  • natura divina, allora prevede il futuro, senza dubbio perch allora pi che mai libera. [Senofonte, Ciropedia, VIII, 7, 21. Traduzione di C. Carena]

    Lesposizione in prosa di Senofonte sembra ribadire le idee essenziali del brano di Pindaro, con alcune importanti precisazioni. In essa troviamo: la sottolineatura del rapporto di stretta intimit fra anima e corpo; ciononostante, la convinzione che un diverso destino li attenda, dopo la loro separazione:

    il corpo, insensibile, si dissolve e le parti che lo costituiscono raggiungono gli elementi della loro stessa natura; lanima logicamente pi sensibile di prima e sfugge alla vista;

    quindi, la sottolineatura della proporzionalit inversa fra attivit corporea e psichica; il richiamo alla natura divina dellanima umana; laccostamento morte-sonno e lesempio del sogno profetico. L1- T3 Dallanima al divino

    Aristotele diceva che la nozione degli dei ha avuto origine negli uomini da due fonti: dagli avvenimenti concernenti lanima e dai fenomeni celesti. Dagli avvenimenti concernenti lanima a cagione delle ispirazioni che questa ha nei sogni e nelle profezie. Quando infatti, egli dice, nel sonno lanima viene ad essere per s, allora, assunta la sua propria natura, essa prevede e predice le cose future. Tale essa anche nel separarsi dai corpi al momento della morte. Pertanto [Aristotele] approva anche il poeta Omero per il fatto che ha notato questo: ha infatti rappresentato Patroclo che, nel venire ucciso, predice luccisione di Ettore e Ettore la morte di Achille. Da questi avvenimenti, egli dice, gli uomini furono indotti a supporre che esista alcunch di divino simile per se stesso allanima e il pi capace fra tutti di avere scienza.[Aristotele, Sulla filosofia, fr.12 a Ross. Traduzione di G. Giannantoni]

    Oltre che dallosservazione dei fenomeni celesti, la nozione degli dei collegata da Aristotele allesperienza psichica. Come la contemplazione del cielo, lesperienza coscienziale alla portata di ciascun uomo. A garantirne linterpretazione chiamato Omero, lautorit per eccellenza; la testimonianza del poeta, per, riguarda soltanto la capacit profetica della psych dei morenti, non il passaggio fondamentale concernente il legame con il divino, che non poteva trovare riscontro nellIliade n nellOdissea, in quanto propriamente estraneo alla mentalit arcaica veicolata da quei testi. Laggancio a Omero in realt una rilettura del poeta alla luce di uno schema di pensiero pi complesso: nei sogni e nelle profezie lanima umana ispirata e prevede e predice le cose future; ci accade in virt del fatto che nel sonno lanima viene a essere per s e assume la sua

    propria natura; le stesse condizioni si verificano quando lanima si separa dal corpo al momento della

    morte, come attestano i poemi omerici; il divino qualcosa di simile per se stesso allanima.

    La matrice dei nuovi significati dellidea di psych legati al dualismo anima-corpo e la ragione del radicale capovolgimento del concetto omerico ma anche naturalistico di psych rappresentata dalla idea dellorigine divina dellanima. Si incomincia cos a parlare della presenza, nelluomo, di una scintilla divina e immortale, proveniente dagli dei e situata nel

  • corpo; dal momento per che la sua natura decisamente antitetica a quella del corpo, pu essere veramente se stessa quando i vincoli con il corpo si allentano, quindi quando il corpo dorme oppure si appresta a morire. Questa nozione di psych pare non potersi ricollegare alla religione popolare dei Greci, quanto piuttosto alle speculazioni dei teologi o sapienti, le cui figure (Abaris, Aristea, Ermotimo, Epimenide, Ferecide) richiamano echi della tradizione sciamanica originatasi nel mondo scitico, come anche delle credenze indoiraniche sullimmortalit. Tali credenze sembrano passare nei misteri, nelle sette religiose chiuse dedite al culto di Dioniso e, in epoca coeva alla nascita della filosofia greca, nellorfismo.

  • Lezione n. 2: Metempsicosi, colpa originaria e purificazioni La mentalit greca interpreta le credenze sciamanistiche in senso morale: il fatto che lanima divina sia racchiusa in un corpo giudicato come un castigo. Questa interpretazione, veicolata dallorfismo, offre una risposta convincente ad alcune esigenze logiche, morali e psicologiche dei Greci della fine dellet arcaica. Determinando una significativa discontinuit rispetto alla mentalit corrente, lorfismo non si limita ad affermare lesistenza di premi e castighi nelloltretomba (solo in casi eccezionali e limitati, se ne trova traccia anche in Omero) o a parlare di rinascita delle anime (eventualit ammessa, anche se solo per pochi), ma estende la reincarnazione a tutte le anime senza distinzione e le attribuisce valore morale: la reincarnazione diventa un peso anzich un privilegio ed funzionale a spiegare la disparit delle sorti individuali, dimostrando, come afferma un poeta pitagorico, che le sofferenze degli uomini sono volute da loro stessi. La dinamica di sviluppo la seguente: con lo sviluppo del concetto di moralit, si fa sempre pi urgente il bisogno di

    razionalizzare il senso oscuro di colpa dominante nellet arcaica: la credenza nella ereditariet della colpa diventa sempre pi intollerabile, mentre si pone il problema di giustificare le sofferenze apparentemente inspiegabili degli innocenti;

    secondo la dottrina orfica, non esistono propriamente anime innocenti: tutti scontano colpe di varia gravit commesse nelle vite anteriori;

    la credenza nella trasmigrazione della psych, nota come metempsicosi, riguarda appunto la necessit della psych di entrare, dopo la morte, in un altro corpo per potere completare con le sofferenze della reclusione corporea il necessario ciclo delle purificazioni;

    per ciascuna anima permane dunque la validit della misura arcaica della giustizia, secondo la quale chi ha peccato, pagher; tale misura si realizza per sul metro del tempo cosmico.

    Lesistenza nel corpo dunque per la psych occasione di espiazione: se ne troverebbe testimonianza nello stesso uso linguistico, che si serve di parole molto simili per indicare il corpo (sma) e la tomba (uno dei significati di sma):

    L2- T1 La tomba dellanima Difatti alcuni dicono che il corpo tomba [sma] dellanima, quasi che essa vi sia presentemente sepolta: e poich daltro canto con esso lanima esprime [seminei] tutto ci che esprime, anche per questo stato chiamato giustamente segno [sma]. Tuttavia mi sembra che siano stati soprattutto i seguaci di Orfeo ad aver stabilito questo nome, quasi che lanima espii le colpe che appunto deve espiare, e abbia intorno a s, per essere custodita [szetai] questo recinto, sembianza di una prigione. Tale carcere dunque, come dice il suo nome, custodia [soma] dellanima, sinch essa non abbia finito di pagare i suoi debiti, e non c nulla da cambiare, neppure una sola lettera. [Platone, Cratilo, 400c. Traduzione di G. Colli]

    Oltre a ribadire alcuni aspetti del rapporto anima-corpo in continuit con i testi precedenti, questo brano di Platone offre un significativo riferimento allidea di espiazione di una colpa e di saldo di un debito, di cui viene individuata la matrice, senza per precisarne i contorni. Cos il testo presenta il corpo: il corpo segno: grazie a esso che lanima esprime tutto ci che esprime;

  • il corpo tomba dellanima, recinto con laspetto di una prigione, custodia: allinterno, lanima espia le colpe che deve espiare, fino a che non abbia saldato il suo debito;

    questa dottrina da attribuirsi soprattutto ai seguaci di Orfeo. Altrettanto incisiva la descrizione aristotelica:

    L2- T2 Il supplizio degli Etruschi Considerando questi errori e queste tribolazioni della vita umana, sembra talvolta che abbiano visto qualcosa quegli antichi, sia profeti sia interpreti dei disegni divini nella narrazione delle cerimonie sacre e delle iniziazioni, i quali hanno detto che noi siamo nati per pagare il fio di alcuni delitti commessi in una vita anteriore, e sembra vero ci che si trova presso Aristotele, ossia che noi subiamo un supplizio simile a quello patito da coloro che in altri tempi, quando cadevano nelle mani dei predoni etruschi, venivano uccisi con una crudelt ricercata: i corpi vivi di costoro erano legati assieme a dei morti con la massima precisione, dopo che la parte anteriore di ogni vivo era stata adattata alla parte anteriore di un morto. E come quei vivi erano congiunti ai morti, cos le nostre anime sono strettamente legate ai corpi.[Aristotele, Protrettico, fr.10 b. Traduzione di G. Colli]

    Rispetto al contributo precedente, il testo mette a fuoco con maggiore precisione la motivazione e la consistenza del debito della psych; in esso si riscontrano di nuovo la sottolineatura dello stretto legame fra anima e corpo e, allinterno di esso, la distinzione fra il principio vivo, rappresentato dallanima, e la pura passivit caratteristica del corpo; emergono per anche: la caratterizzazione dellunione anima-corpo come ricercato supplizio; la giustificazione del supplizio: noi siamo nati per pagare il fio di alcuni delitti

    commessi in una vita anteriore; lattribuzione di questa convinzione agli antichi, sia profeti sia interpreti dei disegni

    divini e il riscontro di questa matrice culturale nel primo Aristotele. interessante rilevare come il motivo della reminiscenza, di importanza fondamentale nella filosofia platonica, ma molto probabilmente gi in quella pitagorica, potrebbe essere stato originariamente legato proprio alla necessit di educare la memoria al ricordo di una vita anteriore, ragione delle sofferenze di quella presente. Restano da chiarire le modalit dellespiazione:

    L2- T3 Il contrappasso Questo sia detto come preludio alla trattazione di questa materia, e si aggiunga a questo la tradizione, alla quale, quando ne sentono parlare, molti di coloro, che nelle iniziazioni ai misteri sinteressano di queste cose, prestano molta fede, che, cio, nellAde vi una punizione per tali misfatti, e che gli autori di essi, tornati qui di nuovo, devono necessariamente pagare la pena naturale, quella, cio, di patire ci che hanno fatto, terminando in tal modo per mano daltri la novella vita. [Platone, Leggi, IX, 870 d-e. Traduzione di A. Cassar]

    Il testo prosegue offrendo esempi concreti in proposito: chi ha ucciso il padre deve sopportare che un giorno lo stesso trattamento gli sia riservato da parte dei figli; il matricida deve rinascere di sesso femminile e morire per mano dei figli; lanima colpevole deve pagare luccisione con luccisione, il simile con il simile. Dunque:

  • il castigo che attende i malvagi dopo la morte consiste nel tornare di nuovo in vita e

    scontare la pena naturale, cio patire ci che hanno fatto. Terminato il ciclo delle reincarnazioni, lanima ha finalmente accesso al premio che realizza il suo destino pi pieno. Circa la natura dei premi riservati alle anime purificate, le testimonianze offerte dalle laminette auree trovate presso alcune tombe presentano versioni diverse: nella laminetta trovata a Petelia si dice che il destino dellanima quello di regnare insieme agli Eroi; quella di Ipponio afferma che lanima purificata nellaldil fa molta strada per le vie che percorrono anche gli altri iniziati e posseduti da Dioniso. Numerose laminette trovate a Turi assegnano allanima il recupero della sua divinit originaria. Convivono comunque, nella descrizione dellaldil, una componente originale propriamente orfica, e un quadro tradizionale: nella maggior parte dei casi, il premio dellanima che si purificata scontando la sua pena

    naturale consiste nel rinascere dio; laldil descritto idealizzando la realt terrena e collocando i beati in un rapporto di

    armonia con gli dei. Resta comunque da spiegare per quale motivo un principio divino si macchia di colpe e si purifica da esse in un corpo mortale, vale a dire, secondo le parole di un poeta pitagorico, da dove proviene lumanit, e perch divenne cos cattiva. A questa domanda risponde la teogonia orfica, un complesso di narrazioni mitologiche destinate, in conformit con le teogonie tradizionali greche e in particolare con quella esiodea, a illustrare larticolarsi delle genealogie divine e linstaurarsi dei regni dei vari dei e a svolgere cos una cosmologia mitica in grado di abbracciare la generazione di tutto luniverso. La particolarit della teogonia orfica risiede per nel fatto di chiudersi con la spiegazione dellorigine della stirpe degli uomini e del bene e del male che in essi: questo fa s che il racconto mitico possa rappresentare la base per una dottrina etica. La teogonia orfica di difficile ricostruzione: le fonti decisive sono infatti molto tarde, e legate alla testimonianza dei Neoplatonici; questa duplice limitazione rischia di comprometterne lattendibilit, soprattutto perch lorfismo ha subito un processo di trasformazione plurisecolare che ben presto ha reso difficile distinguere gli elementi pi antichi dalle aggiunte successive. Alcuni elementi sembrano per appartenere alla narrazione originaria. Quando Zeus conquista il dominio del mondo dopo avere divorato Phanes da cui aveva avuto origine ogni cosa, plasma di nuovo luniverso. Unitosi con Rhea Zeus genera Persefone, dalla quale ha Dioniso. A questi, per quanto giovanissimo, viene attribuito il potere sul mondo e la signoria sugli dei. I Titani, per, invidiosi di Dioniso e probabilmente sobillati da Era, gli tendono una trappola.

    L2- T4 Dioniso sbranato dai Titani [] Intorno a lui ancora fanciullo si agitano in una danza armata i Cureti, ma i Titani si insinuano con lastuzia: dopo di averlo ingannato con giocattoli fanciulleschi, ecco che questi Titani lo sbranarono, sebbene fosse ancora un bambino, come dice il poeta delliniziazione, Orfeo il Tracio [] [Clemente Alessandrino, Protrettico, 2, 17- 18. Traduzione di G. Colli]

    I Titani dunque, dopo averlo ingannato con giocattoli fanciulleschi (tra cui lo specchio) fanno a pezzi Dioniso. Atena riesce a salvare solo il suo cuore, da cui Zeus genera un nuovo

  • Dioniso. I Titani per punizione vengono fulminati da Zeus e dalla loro cenere nascono gli uomini. Luomo si presenta, in questa concezione, come unione di elemento divino, dionisiaco, e elemento titanico. Si spiega cos la tendenza al bene e al male presente in ogni uomo: alla parte dionisiaca corrisponde lanima, alla parte titanica il corpo. Il compito morale che ne deriva quello di liberare lelemento divino dallinvolucro titanico. Il ciclo delle rinascite finalizzato a liberare luomo da questa colpa originaria. Per affrettare la liberazione dellelemento divino, si rende necessario un esercizio di purificazione. Il concetto di catarsi non rappresenta un elemento originale orfico: infatti al centro degli interessi del pensiero religioso anche durante let arcaica; certamente, allinterno dello schema antropologico prospettato dallorfismo, il tema della catarsi acquista un ruolo e unurgenza assolutamente prioritari: a garantire la salvezza la purezza, prima ancora che la giustizia. Tra le pratiche catartiche maggiormente attestate vanno inclusi la partecipazione a riti e cerimonie, spesso centrate sulluccisione di Dioniso a opera dei Titani, la pronuncia di formule a carattere magico e il vegetarianismo (considerato corollario naturale della metempsicosi, ma legato, pi in profondit, alla regola che comandava di astenersi da qualsiasi spargimento di sangue). Particolari declinazioni dellideale catartico si riscontrano presso alcuni filosofi che hanno aderito alle dottrine orfiche.

    Nodi considerazione della vita del principio divino nel corpo come castigo trasmigrazione in diversi corpi finalizzata allespiazione di una colpa originaria duplice natura della stirpe umana illustrata dalla teogonia orfica liberazione dellelemento divino ruolo fondamentale della catarsi

  • Lezione n.3: Pitagorismo, Empedocle e Eraclito Uno dei pochi dati certi riguardo alla figura di Pitagora (VI sec. a.C.), per molti aspetti avvolta dal mistero, la sua adesione alla dottrina orfica della metempsicosi. Il contemporaneo Senofane, secondo quanto riferisce Diogene Laerzio, poteva scherzare sulla compassione di Pitagora nei confronti di un cagnolino bastonato:

    L3- T1 La metempsicosi Dicono che egli passando accanto a un cagnolino che veniva percosso ne abbia avuto piet e abbia detto a chi lo percuoteva cos: Cessa, non percuoterlo, poich dun uomo amico lanima che io riconobbi, udendo la sua voce.[Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, VIII,36. Traduzione di M. Gigante] Altre notizie ben attestate riguardano viaggi di Pitagora nel Vicino Oriente e in Egitto: il filosofo si sarebbe fatto discepolo degli Egiziani. Lo storico Erodoto stabilisce addirittura una linea di continuit fra tradizione egiziana, rituali orfici e dionisiaci e Pitagorismo. Al termine dei suoi viaggi, Pitagora si sarebbe stabilito a Crotone, fondando una comunit dal carattere esclusivo, organizzata secondo una rigida gerarchia, vincolata al silenzio circa alcune verit fondamentali e con laspetto insieme di setta religiosa e centro di studi scientifici. Questo duplice aspetto del sodalizio pitagorico si spiega tenendo in considerazione la concezione pitagorica della catarsi: le pratiche di purificazione dellanima includono lesercizio e lascolto della musica,

    nonch lo studio dellarmonica e degli intervalli musicali; lesercizio ascetico legato alla indagine naturalistica, finalizzata a svelare larmonia

    sottesa alla simpatia e corrispondenza universale, secondo una concezione magica probabilmente alla base delle stesse indagini matematiche;

    pi in generale, strumento di perfezionamento la filosofia (il termine sarebbe stato impiegato per la prima volta proprio allinterno della cerchia pitagorica); Pitagora, che diventato discepolo degli Egiziani port per primo in Grecia tutta la filosofia, oltre a dedicarsi ai sacrifici e alle cerimonie dei riti sacri, diventa il modello della vita pitagorica, fatta di studio e ascesi.

    Per quanto limpegno di indagine scientifica sia recuperato dai Pitagorici nel quadro delle credenze orfiche come mezzo privilegiato di purificazione della psych, la dottrina dellanima che elaborano e successivamente sviluppano come approdo della loro ricerca sulla natura sembra semplicemente giustapporsi alla concezione di matrice orfica, senza potersi armonizzare con i suoi fondamenti. Per quanto la ricostruzione delle tesi del pitagorismo antico risulti problematica, pare che la considerazione scientifica della psych porti a identificarla con il numero o le propriet del numero; questa posizione avrebbe poi potuto con una certa coerenza evolvere verso la dottrina dellanima-armonia. Sempre al Pitagorismo sarebbe da attribuire la dottrina dellanima come pnuma, soffio vitale, in stretta relazione con la cosmologia. Nonostante le oscillazioni, non certo trascurabili, chiaro che lapproccio scientifico conduce i Pitagorici nel solco dellindagine naturalistica che identifica nella psych un frammento dellarch, il principio cosmico della vita e del movimento. Questo conduce certamente a riconoscere alla psych divinit e immortalit, ma limmortalit intesa come impersonale ricongiungimento allarch, laddove le dinamiche della colpa e della purificazione implicate dalla fede orfica comportano necessariamente la conservazione dellindividualit nel

  • succedersi delle reincarnazioni. Il contrasto pi stridente si manifesta per a proposito del dualismo, fondamentale conseguenza della concezione orfica assolutamente inconciliabile con una prospettiva di tipo naturalistico, impegnata viceversa a sottolineare la continuit fra cosmologia e antropologia, fra lorganismo macrocosmico e quello microcosmico. La giustapposizione di indagine naturalistica e credenze orfiche si riscontra in maniera ancora pi evidente e quindi problematica se si considera la figura di Empedocle di Agrigento, vissuto a cavallo della met del V sec. Autore di un poema Sulla Natura in cui, intrecciando i registri espressivi della narrazione mitica e dellargomentazione razionale, tenta una sintesi fra logica delleleatismo e tradizione naturalistica, Empedocle scrive anche le Purificazioni, testo nel quale si presenta come divino taumaturgo. Diverse ipotesi sono state avanzate per dare coerenza a una produzione cos eterogenea: i testi stessi smentiscono che si possano comporre le divergenze mettendo in campo ragioni evolutive e attribuendo i due testi di Empedocle a due periodi della sua vita (a una attenta lettura risulta che nello stesso poema Sulla Natura compaiono riferimenti alle dottrine religiose orfiche e ai poteri straordinari dellautore, che rivendica le facolt di tenere a freno i venti, comandare le piogge e risuscitare i morti); difficile anche parlare di Empedocle come personalit filosofica sintetizzante, perch ci che sembra mancare proprio la sintesi delle due componenti del suo pensiero; come Pitagora, Empedocle sembra piuttosto un rappresentante del tipo dello sciamano, insieme scienziato naturalista e predicatore, poeta e filosofo, taumaturgo e pubblico consigliere. Ecco come, nelle Purificazioni, dimostra di accogliere i temi fondamentali della fede orfica:

    L3- T2 Colpa e espiazione E c, come un dato ineluttabile, lantico decreto degli dei, sempiterno, suggellato con ampi rescritti giurati, allorch per erramenti un uomo insozzi le proprie mani [con il sangue. chi risulta spergiuro per la colpa [commessa, dovr migrare lontano dai beati, che come demoni longevi [hanno raggiunto la vita, per tre volte diecimila stagioni, rinascendo attraverso il tempo in molteplici forme di corpi [mortali, permutando i procellosi cammini della propria esistenza. Cos ora sono esule anchio per il decreto divino ed errante affidato allastio furibondo [Empedocle, Poema Lustrale, fr.103 Gallavotti. Traduzione di C. Gallavotti]

    Lesilio della vita terrena si consuma nella consapevolezza della caduta da uno stato di perfezione originaria:

    L3- T3 Precipitati dalla grandezza Oh sciagura!, o stirpe meschina dei mortali, oppure infelice, da tali contese siete nati e da questi lamenti, e da quale dignit precipitando e dalla grandezza di quanta [felicit. [Empedocle, Poema Lustrale, fr.115-116 Gallavotti. Traduzione di C. Gallavotti]

  • Empedocle accoglie dunque le istanze fondamentali dellorfismo: lanima individuale deve pagare per una colpa originaria; lespiazione della colpa originaria passa attraverso il ciclo delle reincarnazioni. Non si possono per dimenticare gli elementi di matrice segnatamente pitagorica: il ciclo delle reincarnazioni si presenta molto lungo e complesso; lattivit intellettuale ritenuta un esercizio di purificazione. Anche nel caso di Empedocle fondamentale, per comprendere il problema della presenza concomitante di elementi di marca naturalistica e elementi orfici, analizzare la concezione dellanima che emerge dai testi: il termine psych compare in Empedocle una volta soltanto, con il significato di vita; per indicare lanima di origine divina che passa attraverso il ciclo delle successive

    reincarnazioni, Empedocle parla di daimon, mentre quando fa riferimento alla sede dei processi conoscitivi ne parla come di un

    principio impersonale, diversamente distribuito ma comunque presente in tutta la natura; grazie alle quattro radici di tutte le cose (revisione pluralistica dellarch dei filosofi

    ionici) che tutte le cose sono in connessione armoniosa, ciascuna con la parte a lei destinata di conoscenza e di pensiero;

    la conoscenza si fonda sullarmonia del simile con il simile: quindi plausibile, nelluomo, indicarne la sede principalmente nel sangue, risultato della mescolanza delle quattro radici (aria, acqua, terra e fuoco).

    Il naturalismo di Empedocle e in particolare la concezione della conoscenza come rapporto del simile con il simile gli impediscono di fare propria una intuizione fondamentale per la psicologia antica, quella conquistata da Eraclito di Efeso (seconda met VI sec. - prima met V). Eraclito fa proprie le idee fondamentali della spiritualit orfica, che esprime nel suo caratteristico stile aforismatico, vicino allenigma e alla profezia oracolare:

    L3- T4 Vivere morire Immortali mortali, mortali immortali, vivendo la morte di quelli, morendo la vita di quelli. [Eraclito, fr.22 B62 DK]

    L3- T5 Loltretomba Dopo la morte attendono gli uomini cose che essi non sperano e neppure immaginano. [Eraclito, fr.22 B27 DK]

    I riferimenti si inscrivono allinterno delle coordinate classiche della dottrina orfica: la vita terrena si configura come esistenza decaduta; intercorre fra vita corporea e vita dellanima di origine divina un rapporto di

    proporzionalit inversa; dopo la morte lanima va incontro a premi o castighi.

  • Il guadagno fondamentale di Eraclito non riguarda infatti una rivisitazione delle dottrine orfiche, quanto piuttosto una svolta fondamentale impressa alla speculazione naturalistica e conseguentemente alla psicologia modellata su di essa: la psych fatta coincidere con larch, il fuoco cosmico; al principio per attribuita lintelligenza, che viene quindi a essere una caratteristica propria anche della psych. Anche nella psych si manifesta infatti lattivit del lgos, la regola che governa tutte le cose attraverso tutte le cose. Questa fondamentale acquisizione apre alla psych una nuova dimensione; a rivelarlo sono le metafore spaziali impiegate dallo stesso Eraclito:

    L3- T6 Unanima senza confini I confini della psych non li potrai mai raggiungere, per quanto tu proceda fino in fondo nel percorrere le sue strade: cos profondo il suo lgos. [Eraclito, fr. 22 B 45 DK]

    L3- T7 Unanima che si accresce C un lgos della psych che accresce se stesso. [Eraclito, fr.22 B 115 DK]

    Lanima si presenta come lunica realt del mondo umano in grado di partecipare della potenza del lgos e non di subirla: grazie alla continuit garantita dal lgos che possibile per luomo superare lestraneit rispetto al mondo ed in virt dellonnipresenza del lgos che non si d contrapposizione fra indagine del macrocosmo e del microcosmo (Eraclito pu parlare della sua ricerca scrivendo: Ho indagato me stesso). Certamente anche questo tipo di considerazione della psych non esce dal solco del naturalismo, con la conseguenza inevitabile dellimpersonale omogeneit di anima e arch: tuttavia lidentificazione di anima e intelligenza, per quanto attuata attraverso il medium rappresentato dalluniversale presenza del lgos, rappresenta un traguardo del pensiero naturalistico che, lasciato cadere da Empedocle, destinato ad agire in profondit sullo sviluppo del concetto di anima fino alla rivoluzione socratica.

    Nodi attivit intellettuale come strumento di purificazione in Pitagora e Empedocle giustapposizione di concezione naturalistica e concezione orfica della psych identificazione di psych e intelligenza in Eraclito

  • Lezione n. 4: La rivoluzione socratica Il tentativo di valutare lapporto di Socrate nellambito dello sviluppo del concetto greco di psych si scontra inevitabilmente con lostacolo rappresentato dal margine di aleatoriet che caratterizza qualsiasi ricostruzione del pensiero di questo autore. La totale assenza di testimonianze dirette costringe, anche per quanto riguarda questo tema, a ipotizzare quale possa essere stato il contributo di Socrate tramite approssimazioni successive, attraverso il confronto delle testimonianze indirette. I testimoni cui fare riferimento sono: Aristofane: la fonte pi antica; la sua commedia, Le Nuvole, assume il tono della parodia

    per accusare Socrate di essere il peggiore dei sofisti e allo stesso tempo filosofo naturalista vicino alle dottrine di Diogene di Apollonia;

    Platone: attribuisce a Socrate il ruolo di protagonista della maggior parte dei suoi dialoghi; la sua testimonianza va vagliata considerandone lintento di esaltazione della figura di Socrate, spesso trasfigurata fino a assumere valore di simbolo; occorre poi considerare che nei dialoghi platonici Socrate si fa portavoce delle dottrine platoniche;

    Senofonte: i Detti memorabili e altri scritti minori che hanno Socrate come protagonista sono per la maggior parte opere della vecchiaia dellautore, uditore di Socrate solo per brevissimo tempo e durante la giovinezza;

    Aristotele: pur offrendo contributi importanti, non un contemporaneo e per di pi parla di Socrate solo sporadicamente;

    i fondatori delle Scuole socratiche minori, le cui testimonianze sono scarse e filtrate attraverso le rispettive riletture dellinsegnamento socratico.

    Anche se le innumerevoli difficolt che si incontrano cercando di orientarsi attraverso questi riferimenti tendono a sfumarne irrimediabilmente i contorni, non si pu fare a meno di sottolineare il carattere decisivo del contributo socratico, in particolare per quanto riguarda levoluzione del concetto di psych. Proprio su questo punto infatti sembra pi netta la distinzione fra il prima e il dopo Socrate, tanto da far parlare di rivoluzione socratica. Per documentarne la consistenza, vale la pena di rivolgersi innanzitutto alla platonica Apologia di Socrate, probabilmente il documento pi cospicuo e attendibile sulla figura storica di Socrate. Levento cui lApologia fa riferimento il processo intentato contro Socrate nel 399 a.C. Difendendosi contro i suoi accusatori, Socrate mette a fuoco loggetto fondamentale della sua indagine filosofica:

    L4- T1 Sapienza umana Ebbene, che cosa affermavano i miei calunniatori nel calunniarmi? Dobbiamo leggere il loro atto di accusa, come se fossero accusatori veri e propri: Socrate commette ingiustizia e si d molto da fare, indagando le cose che stanno sotto terra e quelle celesti, facendo apparire pi forte il ragionamento pi debole e insegnando queste medesime cose anche agli altri. Questa laccusa che mi fanno. E queste stesse cose le avete viste nella commedia di Aristofane, un Socrate che l viene portato attorno, dicendo di camminare nellaria e molte altre sciocchezze: tutte cose queste di cui io non mi intendo n molto n poco. Dico ci in quanto ho disprezzo per una scienza come quella, posto che ci sia qualche sapiente di tali cose. Che io non debba ricevere da Meleto anche unaccusa di tal genere! Dico, invece, che di queste cose, o cittadini ateniesi, io non faccio assolutamente ricerca. Chiamo a testimoni, di nuovo, la maggior parte di voi. E ritengo opportuno che vi informiate a vicenda e che riferiate le vostre opinioni, quanti mi avete sentito discutere. E siete in molti che mi avete sentito! Consultatevi dunque a vicenda, se c qualcuno di

  • voi che mi abbia mai udito discutere di cose di tal genere, o poco o molto. E cos vi renderete conto che anche le altre cose che i pi dicono di me sono come queste. In realt, niente di tutto questo vero. E se poi avete udito da qualcuno che io cerco di educare uomini e che esigo danaro, neanche questo vero. In realt mi sembra che sia una cose bella, se uno in grado di educare uomini, come sono in grado di farlo Gorgia di Leontini, Prodico di Ceo e Ippia di Elide. [] Ma di tali cose non ho proprio conoscenza, cittadini di Atene!. Ora, qualcuno di voi potrebbe fare questa considerazione: Ma allora, o Socrate, quale la tua occupazione? Da che cosa ti sono derivate queste calunnie? Certamente non perch non ti occupavi di nulla di pi straordinario degli altri, si sono levate queste voci e una fama cos grande. Non sarebbero sorte, se tu non avessi fatto nulla di diverso rispetto agli altri. Devi dirci, dunque, che cos, affinch non ti giudichiamo in modo sconsiderato. Chi dice ci, mi sembra che dica il giusto. E io cercher di mostrarvi che cosa ha dato origine alla cattiva fama e alla calunnia contro di me. Dunque, ascoltatemi! Forse a qualcuno di voi sembrer che io stia scherzando. Ma seppiatelo bene: io vi dir tutta la verit. Io, cittadini ateniesi, mi sono procurato questa rinomanza non per altro che per una certa sapienza. Quale questa sapienza? Quella che, forse, una sapienza umana. Infatti, di questa pu darsi veramente che io sia sapiente. Invece, quei tali di cui poco fa parlavo, o saranno sapienti di una sapienza superiore rispetto a quella umana, o non so che cosa dire. Certamente, io non conosco questa sapienza. E chi dice, invece, che la conosco, mente; e lo dice per calunniarmi. [Platone, Apologia di Socrate, 19b-20e. Traduzione di G. Reale]

    Socrate accusato: di indagare le cose che stanno sotto terra e quelle celesti: per comprendere come questa

    attivit potesse in certi casi diventare un capo di imputazione, basta citare il precedente non lontano di Anassagora, processato nel 433 a.C. ad Atene proprio per empiet;

    di far apparire pi forte il ragionamento pi debole: tramite questa insinuazione laccusa vuole parificare linsegnamento socratico e quello dei sofisti, mirante alla persuasione e non alla verit.

    Nel rispondere, Socrate chiama gli Ateniesi stessi a testimoni della sua estraneit allindagine naturalistica e alla sofistica: riconosce lesistenza e la diffusione dellopinione che lo vorrebbe filosofo naturalista; cita

    direttamente Aristofane e la parodia delle Nuvole, la quale sfrutta fra laltro il fatto che Socrate era stato discepolo di Archelao di Atene, che poneva laria infinita come principio delle cose;

    chiarisce il suo disprezzo nei confronti di una scienza che voglia indagare le cose che stanno sotto terra e quelle celesti e mette in dubbio addirittura che possa esserci qualche sapiente di tali cose: in ogni caso, riconosce la propria ignoranza in proposito (tutte cose queste di cui io non mi intendo n molto n poco);

    insinua il dubbio anche circa la possibilit di dispensare insegnamenti circa le virt delluomo e del cittadino, alla maniera dei sofisti: ritiene certamente che sia una cosa

  • bella, se uno in grado di educare uomini, ma nel suo caso specifico non esita a ammettere di non avere alcuna conoscenza in merito;

    dopo avere per due volte ribattuto alle accuse invocando la propria ignoranza, ammette che le calunnie nei suoi confronti derivano da una certa sapienza, che ammette di possedere: una sapienza umana.

    Il magistero di Socrate in Atene inizia quando il filosofo si lasciato definitivamente alle spalle linteresse per la filosofia naturalistica e ha circoscritto la sua indagine alla sapienza umana. Questo nuovo tipo di sapere umano in quanto: prende le mosse dalla consapevolezza della limitatezza della capacit conoscitiva

    delluomo: gi dal testo sopra riportato chiaro come la sapienza umana delimiti il proprio perimetro in relazione a vaste regioni dichiaratamente consegnate allignoranza o allillusione di una sapienza superiore rispetto a quella umana;

    mette esplicitamente a fuoco quello delluomo come il problema filosofico per eccellenza. Seguire litinerario del pensiero di Socrate quindi innanzitutto chiedersi quale sia lessenza delluomo e portarsi cos alle radici, non raggiunte dalla sofistica che pure aveva indagato i problemi delluomo, della filosofia morale.

    L4- T2 Che cos luomo Socrate. Potremo mai sapere quale arte renda migliore noi stessi, mentre ignoriamo chi siamo noi stessi? Alcibiade. impossibile. Socrate. Ma forse facile conoscere se stessi ed era un buono a nulla colui che ha posto quelliscrizione sul tempio di Delfi, oppure si tratta di una cosa difficile e non alla portata di tutti? Alcibiade. Molte volte, Socrate, mi sembrata una cosa alla portata di tutti, molte volte, invece, assai difficile. Socrate. Tuttavia, Alcibiade, che sia facile oppure no, per noi la questione si pone cos: conoscendo noi stessi potremo sapere come dobbiamo prenderci cura di noi, mentre, se lo ignoriamo, non lo possiamo proprio sapere. Alcibiade. cos. Socrate. Ebbene, in quale modo si potrebbe trovare questo se stesso? Cos, infatti, scopriamo chi siamo, mentre, finch lo ignoriamo, ci sar impossibile. Alcibiade. Dici bene. Socrate. Fermati, per Zeus! Con chi stai parlando ora? Non stai parlando con me? Alcibiade. S. Socrate. E anchio con te? Alcibiade. S. Socrate. Socrate, allora, colui che parla? Alcibiade. Proprio. Socrate. Mentre Alcibiade colui che ascolta? Alcibiade. S. Socrate. Ma Socrate non discute forse con parole? Alcibiade. ovvio. Socrate. Il discutere e il servirsi di parole per te coincidono? Alcibiade. Senzaltro. Socrate. Ma chi si serve e ci di cui si serve non sono differenti? Alcibiade. Come dici? Socrate. Per esempio il calzolaio taglia con il trincetto, la lesina e altri strumenti.

  • Alcibiade. S. Socrate. Pertanto, chi taglia e si serve di qualcosa diverso da ci che, tagliando, usa? Alcibiade. Come no? Socrate. E cos anche gli strumenti di cui si serve il suonatore di cetre sono diversi dal citarista stesso? Alcibiade. S. [] Socrate. Dunque, calzolaio e citarista sono diversi dalle mani e dagli occhi di cui si servono? Alcibiade. chiaro. Socrate. E luomo non si serve di tutto il corpo? Alcibiade. Senzaltro. Socrate. Ma non ci risultava diverso chi si serve di qualcosa da ci di cui si serve? Alcibiade. S. Socrate. Pertanto luomo diverso dal suo corpo? Alcibiade. Sembra di s. Socrate. Che cos, allora, luomo? Alcibiade. Non so che cosa rispondere. Socrate. Per sai che ci che si serve del corpo. Socrate. Vi forse qualcosaltro che se ne serve, al di fuori dellanima? Alcibiade. Nientaltro. [] Socrate. Lanima quindi ci ordina di conoscere chi ci comanda conosci te stesso. [Platone, Alcibiade Maggiore, 128e-131a. Traduzione M.L. Gatti]

    Il monito delfico Conosci te stesso pu senza dubbio essere assunto quale cifra del filosofare socratico: la stessa urgenza dellesigenza morale pu trovare opportuna risposta solo a partire da unadeguata analisi introspettiva, come evidenziato in apertura del testo. Chi dunque il te stesso che loracolo comanda di conoscere? Attraverso alcuni semplici passaggi, Alcibiade messo nella condizione di poter rispondere: il primo esempio prende spunto dallesperienza del colloquio in atto: gli interlocutori

    parlano, e per fare ci si servono dello strumento rappresentato dalle parole; seguono altri esempi: il calzolaio svolge il suo lavoro servendosi degli strumenti

    caratteristici (trincetto, lesina) e cos il citarista; sempre mantenendo gli esempi precedenti, si guadagna un ulteriore acquisizione: nel

    lavoro, anche alcune parti del corpo intervengono come strumenti specializzati (mani, occhi);

    se si considera quel particolare mestiere che lessere uomo, ci si accorge che a essere impiegato come strumento tutto il corpo;

    anche in questultimo caso, come nei precedenti, va tenuta ferma la regola per cui diverso chi si serve di qualcosa e ci di cui si serve;

    dunque luomo non corpo, ma ci che si serve del corpo: luomo lanima, unanima che si serve del corpo come strumento.

    Letica socratica prende le mosse proprio dallidentificazione delluomo con la sua anima, e dalla particolare concezione dellanima propria di Socrate. Ecco come il filosofo presenta la propria originale attivit di educatore della citt, che considera missione divina:

    L4- T3 La missione di Socrate

  • Cittadini ateniesi, vi sono grato e vi voglio bene; per ubbidir pi al dio che a non a voi; e finch abbia fiato e sia in grado di farlo, io non smetter di filosofare, di esortarvi e di farvi capire, sempre, chiunque di voi incontri, dicendogli quel tipo di cose che sono solito dire, ossia queste: Ottimo uomo, dal momento che sei ateniese, cittadino della Citt pi grande e pi famosa per sapienza e potenza, non ti vergogni di occuparti delle ricchezze per guadagnarne il pi possibile e della fama e dellonore, e invece non ti occupi e non ti dai pensiero della saggezza, della verit e della tua anima, in modo che diventi il pi possibile buona?. E se qualcuno di voi dissentir su questo e sosterr di prendersene cura, non lo lascer andare immediatamente, n me ne andr io, ma lo interrogher, lo sottoporr ad esame e lo confuter. E se mi risulter che egli non possegga virt, se non a parole, lo biasimer, in quanto tiene in pochissimo conto le cose che hanno maggior valore, e in maggior conto le cose che ne hanno molto poco. E far queste cose con chiunque incontrer, sia con chi pi giovane, sia con chi pi vecchio, sia con uno straniero, sia con un cittadino, ma specialmente con voi, cittadini, in quanto mi siete pi vicini per stirpe. Infatti queste cose, come sapete bene, me le comanda il dio. E io non ritengo che ci sia per voi, nella Citt, un bene maggiore di questo mio servizio al dio. Infatti, io vado intorno facendo nientaltro che cercare di persuadere voi, e pi giovani e pi vecchi, che non dei corpi dovete prendervi cura, n delle ricchezze, n di alcunaltra cosa prima e con maggiore impegno che dellanima, in modo che diventi buona il pi possibile, sostenendo che la virt non nasce dalle ricchezze, ma dalla virt stessa nascono le ricchezze e tutti gli altri beni per gli uomini, e in privato e in pubblico. [Platone, Apologia di Socrate, 29d-30b. Traduzione di G. Reale.]

    Il testo evidenzia la portata dirompente dellidentificazione dellessenza delluomo con lanima; Socrate: caratterizza il suo filosofare come continuo interrogare e sottoporre a esame gli

    interlocutori per metterli sulla strada della virt; capovolge la gerarchia dei valori: rimprovera infatti agli Ateniesi di tenere in maggiore

    conto le cose che hanno scarso valore e di darsi pensiero unicamente delle ricchezze, della fama e dellonore;

    recupera il primato della virt rispetto a qualsiasi altro bene; riannoda la virt allessenza delluomo: coltivare la virt significa darsi pensiero della

    saggezza, della verit e della propria anima, in modo che diventi il pi possibile buona. Il fatto che vengano accomunate la cura per la saggezza, per la verit e per la propria anima chiarisce un aspetto essenziale della rivoluzione socratica: lanima, che rappresenta per Socrate lessenza delluomo, la coscienza pensante e operante, il soggetto dellattivit intellettuale e morale. In definitiva, uno sguardo complessivo sulla dottrina socratica dellanima non pu fare a meno di sottolineare il ruolo decisivo di due componenti, gi anticipate, senza svilupparne tutte le implicazioni, da Eraclito: linteresse per lindagine introspettiva lidentificazione della psych con la sede dellintelligenza individuale;

  • Anche la matrice orfica rappresenta un riferimento imprescindibile; nellappello socratico alla cura dellanima convergono: la concezione della psych come individuale (legata nellorfismo alla necessit della

    conservazione della medesima identit attraverso le successive trasmigrazioni); la convinzione del primato dellanima sul corpo e linsistenza sulla necessit di

    preoccuparsi della vita dellanima piuttosto che di quella del corpo (le tracce del dualismo gerarchico anima-corpo tipico dellorfismo si ripresentano puntualmente nei limiti intellettualistici delletica socratica, che riduce di fatto il vizio a un deficit di conoscenza);

    lidea che lattenzione per lanima si concretizzi in un esercizio continuo finalizzato alla sua purificazione (cos pu essere letto il riferimento allincessante esame di se stessi e della propria condotta);

    la centralit della tematica antropologica, pur non legata a una escatologia (la posizione socratica circa il destino dellanima aporetica) e lurgenza dellesigenza etica, gi incontrate come caratteri distintivi dellOrfismo e della narrazione teogonica che ne alla base.

    Inoltre, limportanza, per la costruzione dellidea socratica di psych, del concetto orfico di anima-demone troverebbe conferma nella testimonianza del poeta comico Aristofane, nelle Nuvole: la parodia dellinsegnamento socratico include infatti la presentazione del pensatoio delle psychi sapienti come comunit mistico-esoterica.

    L4- T4 Riti di iniziazione Socrate. Vuoi chiaramente conoscere la vera essenza delle divine cose? Strepsiade. Se si pu, perdio! Socrate. E intavolare un discorso con le Nuvole, nostre divinit? Strepsiade. Certissimo. Socrate. E allora siedi sul sacro trespolo. Strepsiade. Eccomi seduto. Socrate. Ora prendi questa corona. Strepsiade. La corona, perch? Povero me, Socrate, baste che non mi sacrificate: che sono, Atamante? Socrate. Ma no: tutte cose che facciamo agli iniziati. Strepsiade. E che me ne viene? Socrate. A parlare diventerai limatissimo, sonante, fior di farina. (Lo spruzza di farina) Ma sta fermo! Strepsiade. Perdio, mi imbrogli! Spruzzato cos, chi non diventa fior di farina? Socrate. Che taccia il vecchio in devozione e ascolti la preghiera: Aere possente signore smisurato tu che la Terra reggi sospesa nello spazio Etere fulgido e Nuvole sante divine tra i fulmini tonanti or vi levate apparite voi Signore nellaria a quei che pensa. [Aristofane, Le Nuvole. Traduzione Marzullo]

    I riferimenti di marca mistico-esoterica sono numerosi: il sacro trespolo;

  • la corona; laccenno agli iniziati; il battesimo con la farina; linvocazione delle divinit della setta, tra cui Caos e Etere, due figure fondamentali della

    cosmogonia orfica. Con Socrate tuttavia gli elementi desunti dallOrfismo sono recuperati in una sintesi speculativa del tutto originale: identificando nella psych la sede dellintelligenza e della coscienza la riflessione filosofica sullanima finisce di dividersi fra approccio naturalistico-scientifico (destinato irrimediabilmente ad appiattire il discorso sulluomo nel quadro di una pi vasta indagine sulla natura) e considerazione teosofica (che prescrive la cura di un misterioso secondo io che alberga nelluomo) e apre lo spazio per lautonomo sviluppo della riflessione morale.

  • Lezione n. 5: Platone: lanima e il suo destino Con Platone giunge a piena maturazione il concetto di anima avanzato da Socrate; si possono infatti riscontrare: laffermazione che luomo si identifica con la propria anima; lidentificazione dellanima individuale con la capacit di intendere e di volere del

    singolo; la prescrizione che di essa e non del corpo deve innanzitutto occuparsi l'uomo. Questi guadagni fondamentali sono raggiunti dalla protrettica e dalla dialettica socratica principalmente per via intuitiva, mentre grazie a Platone acquistano il rigore di conclusioni dimostrate. Un riferimento importante per lindagine psicologica platonica offerto dalla cosiddetta seconda navigazione, che dischiude la dimensione del soprasensibile: ammettendo lappartenenza dellanima a questo ordine di realt possibile acquisire per via dimostrativa i punti principali di una dottrina della psych che conserva molti aspetti di quella orfica, ancorandola per a una salda fondazione speculativa. Si ritrovano dunque in Platone temi caratteristici dellorfismo, a partire da quello dello scambio morte-vita. Un elemento ulteriore, anche se non del tutto originale (basta pensare ai Pitagorici), rintracciabile nella trattazione platonica invece la particolare interpretazione dell esercizio di purificazione necessario per riscattare la psych dal suo esilio corporeo: si tratta innanzitutto di un esercizio filosofico. Date queste premesse, non risulta difficile comprendere il messaggio proposto nel Fedone: i filosofi fanno della morte in quanto distacco dal corpo la loro professione; a maggior ragione dunque non li spaventa il sopraggiungere della morte vera, per prepararsi alla quale impiegano lintera esistenza.

    L5- T1 Occupati a morire Tutti coloro che praticano la filosofia in modo retto rischiano che passi inosservato agli altri che la loro autentica occupazione non altra se non quella di morire e di essere morti. E se questo vero, sarebbe veramente assurdo per tutta la vita non curarsi daltro che della morte, e poi, quando arriva la morte, addolorarsi di ci che da tanto tempo si desiderava e di cui ci si dava tanta cura. E Simmia, ridendo, disse: Per Zeus, Socrate, mi hai fatto ridere, anche se ora non ne avevo proprio voglia! Io penso che la gente, se sentisse dire questo, penserebbe che sia davvero ben detto dei filosofi- e lo riterrebbero in particolar modo i nostri concittadini-, ossia che essi sono veramente dei moribondi; e direbbe di essersi ben accorta che i filosofi sono degni di subire la morte! E direbbe la verit, Simmia! Per non vero che la gente se ne sia davvero accorta. Infatti non si accorta in che senso i veri filosofi siano dei moribondi e in che senso siano degni di morte, e di quale morte! Ragioniamo dunque, tra noi e lasciamo andare la gente. Riteniamo noi che la morte sia qualche cosa? Certo, disse Simmia. E riteniamo che sia altro che non una separazione dellanima dal corpo? E che essere morto non sia altro che questo: da un lato, lessere il corpo, separatosi dallanima, da s solo, e dallaltro, lessere lanima, separatasi dal corpo, da s sola? O dobbiamo ritenere che la morte sia qualcosa daltro e non questo? [Platone, Fedone, 64 a- c. Traduzione di G. Reale]

    Il discorso procede in maniera estremamente lineare:

  • la morte consiste nella separazione dellanima dal corpo: dopo la morte, lanima sta da s sola e cos il corpo;

    se si intende la morte in questo senso, loccupazione dei filosofi principalmente quella di morire.

    Resta per da chiarire perch il filosofo persegue la separazione dellanima dal corpo, e quindi in che senso la filosofia rappresenta una pratica di purificazione. Cos argomenta il Fedone:

    L5- T2 Puri come la verit Sembra che ci sia un sentiero che ci porta, mediante il ragionamento, direttamente a questa considerazione: fino a quando noi possediamo il corpo e la nostra anima resta invischiata in un male siffatto, noi non raggiungeremo mai in modo adeguato quello che ardentemente desideriamo, vale a dire la verit. [] Ma risulta veramente chiaro che, se mai vogliamo vedere qualcosa nella sua purezza, dobbiamo staccarci dal corpo e guardare con la sola anima le cose in se medesime. E allora soltanto, come sembra, ci sar dato di raggiungere ci che vivamente desideriamo e di cui ci diciamo amanti, vale a dire la saggezza: cio quando noi saremo morti, come dimostra il ragionamento, e non fin quando siamo vivi. Infatti, se non possibile conoscere alcunch nella sua purezza mediante il corpo, delle due luna: o non possibile raggiungere il sapere, o sar possibile solo quando si sar morti; infatti solamente allora lanima sar sola per se stessa e separata dal corpo, prima no. E nel tempo in cui siamo in vita, come sembra, noi ci avvicineremo tanto di pi al sapere quanto meno avremo relazioni con il corpo e comunione con esso, se non nella stretta misura in cui vi sia piena necessit, e non ci lasceremo contaminare dalla natura del corpo, ma dal corpo ci manterremo puri, fino a quando il dio stesso non ci abbia sciolto da esso. E, cos puri, liberati dalla stoltezza che ci viene dal corpo, come verosimile, ci troveremo con esseri puri come noi, e conosceremo da noi stessi tutto ci che semplice: questa forse la verit. Infatti, a chi impuro non lecito accostarsi a ci che puro. [Platone, Fedone, 66 b-67 b. Traduzione di G. Reale]

    Dunque il filosofo, etimologicamente amante della saggezza, persegue un obiettivo, la verit, per il raggiungimento del quale il corpo rappresenta un impedimento: da esso non viene saggezza, ma stoltezza: nella parte di testo omessa, Platone

    argomenta questa tesi, elencando le innumerevoli preoccupazioni a motivo delle quali il corpo distoglie dalla ricerca della verit (necessit del nutrimento, malattie, amori, passioni, paure, vanit e, come se non bastasse, interferenze nelle ricerche stesse che impediscono di vedere il vero);

    la acquisizione del sapere autentico presuppone che lanima sia sola per se stessa e separata dal corpo, dunque precisamente nella condizione che il testo precedente indicava quale prodotta dalla morte;

    quella approssimazione alla saggezza in cui precisamente consiste la vita del filosofo dunque un cammino di perfezionamento dallessere la propria anima allessere esclusivamente la propria anima: per questo motivo ricalca litinerario della purificazione orfica e ne rispetta lassunto di fondo: a chi impuro non lecito accostarsi a ci che puro;

    la concezione dellattivit intellettuale come purificazione solo con Platone riesce a armonizzarsi opportunamente con la dottrina della psych, soprattutto per via degli approdi della seconda navigazione;

  • se la "stoffa" dellanima quella del mondo soprasensibile e intelligibile, unico il cammino che conduce dal sensibile allintelligibile (quello filosofico) e che consente la emancipazione della psych dalla corporeit (quello di purificazione).

    Non stupisce quindi che Platone possa sentirsi sicuro nellinterpretare come conformi alla sua dottrina le testimonianze degli esperti dei misteri:

    L5- T3 Chi sono gli eletti E certamente non furono degli sciocchi coloro che istituirono i Misteri: e in verit gi dai tempi antichi ci hanno velatamente rivelato che colui il quale arriva allAde senza essersi iniziato e senza essersi purificato, giacer in mezzo al fango; invece, colui che si iniziato e si purificato, giungendo col, abiter con gli Dei. Infatti, gli interpreti dei misteri dicono che i portatori di ferule sono molti, ma i Bacchi sono pochi. E costoro, io penso, non sono se non coloro che praticano rettamente la filosofia.[Platone, Fedone, 69 c-d. Traduzione di G.Reale]

    Oltre allo scambio morte-vita e allurgenza della pratica catartica, possibile riscontrare nella trattazione platonica sullanima altri temi che richiamano, pi o meno da vicino, lOrfismo. Analoghi in particolare sono gli interrogativi circa lorigine divina dellanima, le ragioni della sua caduta in un corpo e il suo destino ultimo; anche il registro espressivo scelto ricalca quello mitico-poetico della teogonia orfica. Il testo di riferimento per i temi in esame il Fedro, a partire dal celebre mito dellauriga:

    L5- T4 La struttura dellanima Della immortalit dellanima si parlato abbastanza, ma quanto alla sua natura dobbiamo dire che definire quale sia sarebbe trattazione adeguata solo per un dio e anche lunga; tuttavia, parlarne per immagini impresa umana e pi breve. Questo sia dunque il modo del nostro discorso. Si raffiguri lanima come la potenza dinsieme di una pariglia alata e di un auriga. Ora tutti i corsieri degli dei e i loro aurighi sono buoni e di buona razza, ma quelli degli altri esseri sono un po s e un po no. Innanzitutto, per noi uomini, lauriga conduce la pariglia; poi dei due corsieri uno nobile e buono, e di buona razza, mentre laltro tutto il contrario ed di razza opposta. Di qui consegue che, nel nostro caso, il compito di tal guida davvero difficile e penoso [Fedro, 246a 246b. Traduzione di P. Pucci modificata].

    Il testo si apre con un riferimento alla trattazione sullimmortalit dellanima: tale accenno particolarmente importante, in quanto consente di ribadire, nel quadro di un discorso mirante a rintracciare gli elementi di matrice orfica nel discorso platonico, lirriducibile stacco comunque sussistente fra il discorso filosofico e quello religioso sulla psych: Platone pu, a differenza di qualsiasi iniziato ai misteri orfici, asserire di avere dimostrato razionalmente, grazie alle acquisizioni della seconda navigazione, limmortalit dellanima (le principali prove da lui offerte sono contenute nel Fedone; inoltre se ne contano una nel Fedro e una nella Repubblica). Ci non toglie che altri aspetti della dottrina della psych (la sua natura, origine e destino) risultino meno accessibili allindagine conoscitiva e possano essere espressi solo attraverso immagini. Il mito dellauriga, consapevolmente utilizzato come strumento umano per affrontare un tema divino, si propone di illustrare la struttura interna dellanima:

  • lanima umana presenta una articolazione funzionale rispetto alla sua destinazione di ente immortale ma incarnato;

    tale destinazione si riflette nella struttura: le anime destinate alla incarnazione sono diverse intrinsecamente caratterizzate da una eterogeneit di componenti - rispetto a quelle uniformi degli dei, estranee alla prospettiva della unione con il corpo;

    la struttura dellanima presenta dunque una sostanziale tensione tra le componenti: una ben disposta, laltra meno, alla guida dellauriga;

    il disordine dellanima quindi potenzialmente legato alla sua struttura; essa pu essere cos interpretata: una componente razionale [quella essenziale allanima,

    che impronta lunit dellanima divina], una irascibile, disposta a lasciarsi condurre dalla prima ma da essa distinta, una concupiscibile, destinata a scontrarsi con le direttive razionali e a essere la maggiore responsabile del disordine.

    Una tale descrizione rappresenta indubbiamente un contributo fondamentale per levoluzione del concetto di psych: lintuizione socratica dellidentificazione dellanima con lintelligenza e la coscienza

    sviluppata in un quadro pi complesso; lo stesso rigido dualismo del Fedone sembra superato: la tripartizione dellanima fa s che

    emozioni e desideri non siano imputati esclusivamente alla corporeit. Seguire lo sviluppo del discorso sullanima nel Fedro offre dunque la possibilit di osservare come Platone declini il tema del dualismo, di matrice orfica, in una tensione interna allanima; il problema circa la componente che deve essere fatta prevalere significativamente risolto a partire dalla considerazione dellorigine dellanima e del suo legame con il divino.

    L5- T5 La natura dellanima Ora dobbiamo spiegare come gli esseri viventi siano chiamati mortali e immortali. Tutto ci che anima si prende cura di ci che inanimato, e penetra per lintero universo assumendo secondo i luoghi forme sempre differenti. Cos, quando sia perfetta ed alata, lanima spazia nell'alto e governa il mondo; ma quando unanima perda le ali, essa precipita fino a che non si appiglia a qualcosa di solido, dove si accasa, e assume un corpo di terra che sembra si muova da solo, per merito della potenza dellanima. Questa composita struttura di anima e di corpo fu chiamata essere vivente, e poi definita mortale. [] Veniamo a esaminare il perch della caduta delle ali per cui esse si staccano dallanima. Ci accade allincirca in questo modo. La funzione naturale dellala di sollevare ci che peso e di innalzarlo l dove dimora la comunit degli dei; e in qualche modo essa partecipa del divino pi delle e altre cose che hanno attinenza col corpo. Il divino bellezza, sapienza, bont e ogni altra virt affine. Ora, proprio di queste cose si nutre e si arricchisce lala dellanima, mentre dalla turpitudine, dalla malvagit e da altri vizi, viene corrotta e perduta [Fedro, 246b 246d. Traduzione di P. Pucci modificata].

    Il mito evidenzia:

    il nesso strutturale tra anima e corpo, per cui secondo tradizione alla prima spetta il compito di vivificare (dare vita a) il mondo materiale, nel suo complesso e nelle sue varie parti [di qui la multiforme pregnanza e presenza dellanima];

  • il nesso essenziale tra psych e mondo divino: quella dellanima una natura meta-fisica che la avvicina alla perfezione ma tendenzialmente destinata a sollevare, con le proprie ali, un corpo;

    conseguentemente, il nesso essenziale tra anima e idee (bellezza, sapienza ) e, una volta incarnata, la sua possibilit di recuperarle (reminiscenza);

    il nesso essenziale tra contemplazione e destino dellanima: essa nutre delle idee la propria essenza metafisica, mentre ci che legato alle distrazioni del corpo causa di corruzione.

    Il testo che segue mostra come Platone, affrontando il tema del destino dellanima,

    rielabori anche il tema orfico della reincarnazione.

    L5- T6 Anima e incarnazione Ecco la legge di Adrastea. Qualunque anima, al seguito di un dio, abbia contemplato qualche verit, fino al periplo successivo rimane estranea a dolori, e se sar in grado di far sempre lo stesso, rimarr immune da mali. Ma quando lanima, incapace di seguire questo volo, non colga nulla della verit, quando, in conseguenza di qualche disgrazia, impregnata di smemoratezza e vizio, si appesantisca, e per colpa di questo peso perda le ali e precipiti a terra, allora la legge vuole che questa anima non si trapianti in alcuna natura ferma durante la prima generazione; ma prescrive che quella fra le anime che pi abbia veduto si trapianti in un seme duomo destinato a divenire un ricercatore della sapienza e del bello o un musico, o un esperto damore; che lanima, seconda alla prima nella visione dellessere si incarni in un re rispettoso della legge, esperto di guerra e capace di buon governo; che la terza si trapianti in un uomo di stato, o in un esperto di affari e di finanze; che la quarta scenda in un atleta incline alle fatiche, o in un medico; che la quinta abbia una vita da indovino o da iniziato; che alla sesta si adatti un poeta o un altro artista darti imitative, alla settima un operaio o un contadino, allottava un sofista o un demagogo, e alla nona un tiranno. Ora, fra tutti costoro, chi abbia vissuto con giustizia riceve in cambio una sorte migliore e chi senza giustizia, una sorte peggiore. Perch ciascuna anima non ritorna al luogo stesso da cui era partita prima di diecimila anni giacch non mette ali in un tempo minore tranne lanima di chi ha perseguito con convinzione la sapienza, o di chi ha amato i giovani secondo quella sapienza. Tali anime, se durante tre periodi di un millennio hanno scelto, sempre di seguito, questa vita filosofica, riacquistano per conseguenza le ali e se ne dipartono al termine del terzo millennio. Ma le altre, quando abbiano compiuto la loro prima vita, vengono a giudizio, e dopo il giudizio, alcune scontano la pena nelle prigioni sotterranee, altre, alzate dalla Giustizia in qualche sito celeste, ci vivono cos come hanno meritato dalla loro vita, passata in forma umana. Allo scadere del millennio, entrambe le schiere giungono al sorteggio e alla scelta della seconda vita; ciascuna anima sceglie secondo il proprio volere: qui che unanima pu passare in una vita ferma e lanima di una bestia che una volta sia stata in un uomo pu ritornare in un uomo; ma ad essere uomo non potr mai giungere unanima che non abbia contemplato la verit [Fedro, 248c 249b. Traduzione di P. Pucci modificata].

    Nellultima parte del mito Platone (come nel Gorgia, nel Fedone e nella Repubblica) si intrattiene sul tema dei destini ultraterreni dellanima e sulle modalit dei cicli di reincarnazione:

    la incarnazione dellanima originariamente prospettata come effetto di un deficit

    contemplativo, di una carente visione della verit intelligibile;

  • a motivo della essenziale coappartenenza, lanima nutre la propria natura immortale della contemplazione degli enti intelligibili: il deficit contemplativo comporta dunque uno scadimento di condizione, che si traduce, miticamente, nella perdita dellala e nella caduta;

    anche la caduta condizionata dalla precedente visione: quanto pi unanima ha comunque contemplato della verit, tanto migliore la sua destinazione incarnata;

    Platone pu cos delineare una gerarchia di incarnazioni, dal mondo vegetale al vertice del tipo uomo rappresentato dal filosofo, sottolineando come, in ogni caso, lanima umana sia quella che pi ha contemplato [e quindi pi o meno faticosamente in grado di progredire verso la verit];

    ogni incarnazione, cos determinata, seguita da un giudizio sulla condotta dellanima incarnata, accompagnato da remunerazioni o pene;

    la originaria contemplazione incide ancora allinterno del ciclo delle reincarnazioni: le anime di coloro che pi contemplarono e che, conseguentemente, ricevettero un destino migliore, saranno poi anche le prime, confermando in un circuito di tremila anni la scelta di vita filosofica, a sfuggire al percorso previsto (diecimila anni), tornando alla patria celeste con grande anticipo rispetto alle altre anime.

    In definitiva, si pu affermare che, nel Fedone come nel Fedro, che pure sviluppano diversamente la tematica del dualismo anima-corpo, rimane ferma, saldamente ancorata alle acquisizioni della seconda navigazione, lappartenenza strutturale dellanima allordine metafisico: nella misura in cui lanima conserva la memoria di questa origine e asseconda il desiderio dellintelligibile, che di tale origine testimonianza, adempie il suo pi alto destino; per questo motivo i due dialoghi presi in esame sono concordi nelladditare nellesercizio filosofico la forma pi indicata di cura dellanima.

  • Parte prima: conclusioni Con la diffusione della corrente religiosa orfica, il mondo greco conosce un nuovo schema di civilt, fondato su un rigido dualismo anima-corpo. Nonostante il carattere frammentario e in gran parte tardo delle testimonianze, possibile stabilire i motivi centrali di tale forma di spiritualit: lanima umana sede di un principio divino; tale principio, totalmente eterogeneo rispetto al corpo, manifesta la sua presenza quando i

    legami con il corpo si allentano (nel sonno o in prossimit della morte; il fatto che lanima divina sia racchiusa in un corpo considerato un castigo; lesistenza nel corpo e la reincarnazione in corpi diversi sono per la psych occasione di

    espiazione; la teogonia orfica presenta luomo come unione di un elemento divino, dionisiaco (anima)

    e di un elemento titanico (corpo): il ciclo delle rinascite finalizzato a liberare lelemento divino dallinvolucro titanico.

    La tematica della purificazione dellanima, centrale nellOrfismo, si pu rintracciare nellopera di numerosi interpreti della filosofia antica, che a loro volta lhanno arricchita di precisazioni e sviluppi: i Pitagorici accolgono lesigenza orfica della catarsi, perseguita attraverso lesercizio e

    lascolto della musica, ma anche tramite lindagine filosofica; la loro dottrina sullanima non riesce per a armonizzarsi con il dualismo orfico, inconciliabile con ogni prospettiva naturalistica;

    Empedocle accoglie le istanze fondamentali dellOrfismo, ma non offre soluzioni circa il rapporto fra lanima divina e lanima come espressione di un principio che si distribuisce in tutta la natura;

    a Eraclito si deve lattribuzione allanima dellintelligenza; con Socrate la riflessione filosofica sullanima cessa di dividersi fra approccio

    naturalistico e considerazione teosofica; la seconda navigazione platonica offre la base speculativa per sviluppare il dualismo

    anima-corpo; la filosofia si configura come autentico esercizio catartico.

    Ricerche Per quanto riguarda lo sviluppo del concetto di anima nelluniverso spirituale greco, con particolare attenzione allet arcaica, resta fondamentale, per lo studente con una conoscenza anche solo elementare della lingua greca, il contributo classico di B. Snell, Luomo nella concezione di Omero, in La cultura greca e le origini del pensiero europeo, , Einaudi, Torino 1963. Un testo recente e piuttosto accessibile che segue levoluzione del concetto di uomo da Omero a Platone Corpo, anima e salute di G. Reale, Cortina, Milano, 1999. Per quanto riguarda i temi specifici oggetto della parte prima di questo percorso, si consiglia in particolare la lettura del capitolo ottavo, dedicato allOrfismo come schema di cultura in antitesi con quello dei poemi omerici, del nono (La psych nei primi filosofi) , dei capitoli 10-12 dedicati alla rivoluzione socratica e del capitolo quindicesimo (La natura dellanima secondo Platone).

  • Una sintesi chiara e efficace degli aspetti essenziali della dottrina orfica si trova nellappendice prima (LOrfismo e la novit del suo messaggio) al volume I della Storia della filosofia antica in cinque volumi di G. Reale, Vita e pensiero, Milano, 1975. Di primario interesse, soprattutto per le ipotesi circa le origini della religiosit orfica, e di non difficile lettura anche il capitolo dedicato allOrfismo dal classico E.R. Dodds, I Greci e lirrazionale, La Nuova Italia, Firenze, 1973. Per accedere alla lettura delle testimonianze e dei frammenti orfici si pu consultare G. Colli, La sapienza greca, I volume, Adelphi, Milano,1977. Impegnativa ma di indubbio interesse , nello stesso volume, la lettura della parte dedicata a Orfeo dellIntroduzione. Per quanto riguarda, nello specifico, i contributi pi decisivi per levoluzione del concetto di psych, il tema della rivoluzione socratica pu essere sviluppato a partire da un approfondimento sulla figura di Socrate con la lettura di G. Reale, Socrate: alla scoperta della sapienza umana, Rizzoli, Milano, 2000; altro testo di riferimento, di agevole consultazione, pu essere Socrate e la nascita del concetto occidentale di anima, di F. Sarri, Vita e Pensiero, Milano,1997. Per quanto riguarda Platone, il problema dellanima, del suo rapporto con il corpo e della sua immortalit, oltre ai capitoli specifici nel gi citato Corpo, anima e salute possibile consultare R. Di Giuseppe, La teoria della morte nel Fedone platonico, Il Mulino, Bologna, 1993 e la raccolta di J. Patoka, Platone e lEuropa, Vita e Pensiero, Milano, 1997.

  • Parte seconda: Il poema Sulla natura di Parmenide [lezioni 6- 9]

    Lezione n. 6: Il Proemio Parmenide espone la sua dottrina filosofica in unopera in versi, che i commentatori posteriori hanno intitolato Sulla natura; la datazione incerta, ma potrebbe essere collocata verso il 468 a.C. Del poema rimangono 154 versi, raggruppati in 19 frammenti. Il Proemio (fr. 1, integralmente conservato) evidenzia, meglio di ogni altro frammento, la forte incidenza, allinterno dellopera parmenidea, della componente mitico-religiosa e del linguaggio poetico in cui essa si esprime. Altre parti (fr.2-8) presentano una marca decisamente logico-ontologica, mentre una mescolanza di elementi mitici e logico-razionali si riscontra sia nella parte finale del Proemio (v. T2), sia nella parte dedicata alla verit (altheia), che anche Altheia (figura divina), sia nella seconda parte, dedicata allesposizione delle opinioni degli uomini e della dottrina corretta del mondo delle apparenze. Il poema si presenta come armonica e compiuta sintesi di un aspetto propriamente mitico-poetico, interpretato dal linguaggio dellepica, e di un aspetto schiettamente filosofico-razionale, attestato dalla comparsa di una terminologia di inedita astrattezza. Lelemento religioso, asse portante della costruzione mitico-poetica, non rimane confinato allinterno di essa, ma estende la sua funzione strutturale alledificio filosofico, caratterizzato dallo statuto del tutto particolare di rivelazione destinata alla disamina razionale, in quanto garantita dalla sua stessa inattaccabilit logica.

    L6- T1 Proemio del poema Le cavalle che mi portano fin dove il mio desiderio [vuol giungere, mi accompagnarono, dopo che mi ebbero condotto e [mi ebbero posto sulla via che dice molte cose, che appartiene alla divinit e che porta per tutti i [luoghi luomo che sa. L fui portato. Infatti, l mi portarono accorte cavalle Tirando il mio carro, e fanciulle indicavano la via. Lasse dei mozzi mandava un sibilo acuto, [infiammandosi, in quanto era premuto da due [rotanti cerchi da una parte e dallaltra-, quando [affrettavano il corso nellaccompagnarmi, le fanciulle Figlie del Sole, dopo aver lasciato le case [della Notte, verso la luce, togliendosi con le mani i veli dal capo. L la porta dei sentieri della Notte e del Giorno, con ai due estremi un architrave e una soglia di pietra; e la porta, eretta nelletere, rinchiusa da grandi [battenti. Di questi, Giustizia, che molto punisce, tiene le [chiavi che aprono e chiudono. Le fanciulle, allora, rivolgendole soavi parole, con accortezza la persuasero, affinch, per loro, la [sbarra del chiavistello senza indugiare togliesse dalla porta. E questa, subito [aprendosi,

  • produsse una vasta apertura dei battenti, facendo [ruotare nei cardini, in senso inverso, i bronzei assi fissati con chiodi e con borchie. Di l, subito, [attraverso la porta, diritto per la strada maestra le fanciulle guidarono [carro e cavalle. [Parmenide, Poema sulla natura. Traduzione di G. Reale. DK28B1 vv. 1-22]

    fondamentale, per comprendere il singolare e multiforme registro dellesposizione parmenidea, mettere a fuoco anzitutto il significato di un impiego filosofico del linguaggio mitico-epico rispetto alla cultura del tempo: loperazione di Parmenide non rappresenta un attardarsi sulle forme espressive

    tradizionali, ma un loro consapevole recupero dopo laffermazione della prosa filosofica ionica e la polemica contro il mito, decisamente propugnata dalla filosofia milesia e da Senofane;

    Parmenide si contrappone alla razionalit di tipo ionico sia dal punto di vista del registro espressivo, sia dal punto di vista dei contenuti; anzi la nuova formalizzazione che egli offre dei problemi affrontati dalla tradizione precedente che permette di evidenziarne efficacemente i limiti;

    allinterno di questa ri-formulazione delle domande dei predecessori riveste un ruolo-chiave proprio il ritorno al mito, e la sua lettura mediata da una sensibilit nuova: la domanda fondamentale da cui muove lindagine parmenidea non la domanda sul principio dal quale tutte le cose derivano e nel quale tutte ultimamente si risolvono (tematica rispetto alla quale si pu riscontrare una vicinanza della filosofia ionica alla tradizione mitica), ma la domanda sullessere e sugli enti e sulla loro verit;

    il contenuto dellepica, cos come si trova espresso nellIliade a opera dellindovino Calcante (I, 70) e nella Teogonia di Esiodo dalle Muse (Proemio, 26 ss.), riguarda proprio le cose che sono e le cose che sono vere, intese secondo lapertura totalizzante caratteristica delle grandi descrizioni cosmogoniche e teogoniche;

    nel momento in cui riporta lattenzione su le cose che sono e le cose che sono vere, Parmenide si richiama al linguaggio che da sempre ne ha veicolata lespressione, il linguaggio del mito e dellepica;

    come coloro che a vario titolo disprezzavano il mito, privandolo di qualsiasi consistenza razionale, non facevano differenza fra le varie tradizioni mitiche, accomunandole in una generale irrisione, Parmenide, pur animato da una valutazione opposta, si muove allinterno di una pluralit di riferimenti (Omero e Esiodo certamente, ma anche i misteri, la tragedia, la lirica arcaica), che raccoglie non in un sincretismo pi o meno esteriore, ma tramite una robusta sintesi che disponga lo scenario per quellessere e quella verit evocati dal mito e in attesa di diventare gli eroi protagonisti di un altro discorso, il lgos filosofico.

    Anche la componente religiosa acquisisce reale spessore solo se esaminata nel suo contesto: il contributo di Parmenide si inserisce nel quadro degli sforzi di perfezionamento del

    concetto del divino che a partire dal VI sec. a.C. si esprimono attraverso la destrutturazione della religiosit di tipo olimpico a favore dei culti misterici, specialmente orfici, lelaborazione di nuove teogonie, la polemica dei filosofi contro i culti tradizionali;

  • dal punto di vista filosofico, il nodo problematico in esame quello dei molti nomi del divino, nati nellambito della religiosit pre-ellenica ma, diversamente che in essa, non pi armonizzati nellunit della dea-madre e conseguentemente esposti alla reciproca scomposizione e opposizione;

    dal momento che i nomi divini rispecchiano altrettanti aspetti del reale, il prevalere delle divergenti determinazioni del divino sulla capacit di attrazione centripeta dellunit della dea-madre porta inevitabilmente con s la disgregazione del reale stesso, frantumato in una molteplicit irrelata e contraddittoria;

    un tentativo di superamento di questa contraddizione ravvisabile in un tragico come Eschilo; in Senofane lapprodo la cancellazione dei molti nomi; in Parmenide la polinomia non cancellata, ma conservata e esplorata come illustrazione delle diverse regioni e dimensioni del Tutto;

    alla considerazione logico-ontologica dellessere totale fa riscontro sul piano mitico-religioso la divinit pre-ellenica della Grande Dea mediterranea, unica e medesima pur nelle diverse denominazioni, che ne accentuano laspetto normativo (Annke, Necessit; Mira, Destino; Peith, Persuasione; Altheia, Verit) nella prima parte del poema e il carattere di scaturigine dei molti aspetti del reale nella seconda (Afrodite, corona celeste); la riconduzione delle diverse figure divine a ununica divinit dunque allo stesso tempo la ricomposizione e riconciliazione della molteplicit degli aspetti del reale.

    Del resto, quella che nel poema si prospetta come una rivelazione da parte della Dea, altro non che lautomanifestarsi del reale, legato a nessi di necessit e di razionalit che vincolano uomini e dei a convergere nellassolutezza della legge dellessere, del cui autosvelamento sono testimoni. Infatti: mentre le Muse esiodee possono dire anche il falso, la Dea di Parmenide vincolata a

    manifestare la verit, lessere; la Dea esorta ripetutamente a considerare (fr.6), giudicare con la ragione (fr.7) quanto

    propone; laccento posto sul coinvolgimento razionale riveste di nuovo significato lepiteto di uomo

    che sa, attribuito al destinatario della rivelazione: ricorrente nei misteri, particolarmente quelli orfici, per additare liniziato, indica, nel corso del poema, un tipo ben diverso di sapere, la cui inattaccabilit consiste nella coerenza logico-razionale.

    Gli elementi mitici e religiosi del Proemio si dispongono tutti intorno al motivo principale che lo attraversa, quello del viaggio, a sua volta dotato di una valenza mitica, religiosa e speculativa: il tema della via rappresenta forma e contenuto della rivelazione: il messaggio della dea

    comunicato nel corso di un viaggio, ma allo stesso tempo riguarda le possibili vie di ricerca e la loro percorribilit;

    indicando lunica possibile via di ricerca e argomentando tale unicit, la Dea conferisce alla strada (ods) per la quale guida luomo che sa anche la valenza di metodo (mthodos);

    la via dice molte cose, appartiene alla divinit e porta per tutti i luoghi luomo che sa: traccia un cammino sicuro (v. subito, diritto) sviluppandosi attraverso il tutto; come la via attraversa una regione e insieme parte di essa, cos la via mthodos per la conoscenza della verit e gi parte della verit stessa;

    il viaggio raccontato da chi ha ricevuto la rivelazione, dopo aver fatto ritorno dalle case della Notte verso il mondo della luce (illuminato quotidianamente dal sole, come attesta

  • lepica); le Heliadi, figlie del Sole, dopo essersi allontanate i veli dal capo, accompagnano il protagonista alla luce, scortandolo nel viaggio di ritorno, momento critico di qualsiasi viaggio ultraterreno, come testimoniato dagli esempi di Kore e Persefone, Orfeo e Euridice, Ulisse, Fetonte, Ercole e Alcesti; il fatto che laccento sia posto sul viaggio di ritorno assume una valenza del tutto particolare se si considera limportanza attribuita da Parmenide alla corretta spiegazione del mondo delle apparenze alla luce della conoscenza della verit.

    Il programma della rivelazione della Dea rivela del resto apertamente lesigenza logico-espositiva di riappropriazione del mondo alla luce della verit:

    L6- T2 Lannuncio della rivelazione E la Dea di buon animo mi accolse, e con la sua mano [la mia mano destra prese, e incominci a parlare cos e mi disse: O giovane, tu che, compagno di immortali guidatrici, con le cavalle che ti portano giungi alla nostra dimora, rallegrati, poich non uninfausta sorte ti ha condotto [a percorrere questo cammino - infatti esso fuori dalla via[battuta dagli uomini -, ma legge divina e giustizia. Bisogna che tu tutto [apprenda: e il solido cuore della verit ben rotonda e le opinioni dei mortali, nelle quali non c una vera [certezza. Eppure anche questo imparerai: come le cose che [appaiono bisognava che veramente fossero, essendo tutte in ogni senso. [DK28B1vv. 23-34]

    La rivelazione si dispiegher dunque in tre momenti: il solido cuore della verit ben rotonda, vale a dire il lgos, la norma che rende veri i

    contenuti veri; le opinioni dei mortali, nelle quali non c una vera certezza e che pertanto necessitano di

    essere confutate; la spiegazione di come le cose che appaiono bisognava che veramente fossero, essendo

    tutte in ogni senso, cio la descrizione del mondo dellesperienza secondo la corretta interpretazione di esso che si fonda sul solido cuore della verit ben rotonda;

    soltanto a partire da esso si possono derivare tesi il cui statuto sia quello della vera certezza: certezza, e non verit, in quanto concernente una materia legata al mondo dellapparenza, ma pur sempre vera, perch lapparenza riletta sulla base della norma della verit; le opinioni dei mortali sono dunque fallaci sia considerate in se stesse,come opposte alla esatta descrizione de le cose che appaiono, sia considerate nella radice comune che le fonda, lerrore circa il cuore della verit ben rotonda.

    Introducendo il protagonista alla rivelazione tramite le sue anticipazioni, comunque, la Dea mette in chiaro almeno due aspetti:

  • bisogna che liniziato tutto apprenda: la verit tale in quanto si dispiega come totalit

    onnicomprensiva; la contrapposizione non fra verit e apparenza o opinione, ma fra verit e apparenza o

    opinione che non si fondino sulla verit e non conseguano quindi vera certezza; non negato il mondo dellapparenza, ma la sua erronea interpretazione sulla scorta dellerrore dei mortali.

  • Lezione n. 7: Il linguaggio della Verit

    L7- T1 Essere, pensiero, intelligenza Orbene io ti dir e tu ascolta e ricevi la mia [parola quali sono le vie della ricerca che sole si possono pensare: luna che e che non possibile che non sia il sentiero della Persuasione, perch tien dietro [alla Verit laltra che non e che necessario che non sia. E io ti dico che questo un sentiero su cui nulla si [apprende. Infatti, non potresti conoscere ci che non , perch [non fattibile, n potresti esprimerlo [DK28B2]

    Il primo rilievo che si impone nellaffrontare il contenuto della rivelazione della Dea riguarda il registro del discorso: per quanto esso tratti del nucleo speculativo della dottrina di Parmenide, conserva nume