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Piacenza 13 febbraio 2016 “Relazioni in gioco" Elisabetta Marazzi Tel. 3396537918 mail: [email protected]

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Piacenza – 13 febbraio 2016

“Relazioni in gioco"

Elisabetta Marazzi

Tel. 3396537918 – mail: [email protected]

Obiettivi

• Sostenere le competenze osservative rispetto ai comportamenti

relazionali attivati nel gruppo dei pari

• Rileggere il significato della relazione all’interno dei momenti di

gioco tra bambini

• Sostenere l’acquisizione/rafforzamento di competenze progettuali

al fine di favorire relazioni adeguate durate i momenti di gioco

• Favorire l’acquisizione di consapevolezza del ruolo adulto

all’interno delle relazioni tra bambini durante i momenti di gioco

Contenuti

• La relazione tra pari

• Il valore del conflitto nella costruzione delle relazioni tra pari

• Modalità comunicative e relazionali dei bambini e tra bambini

durante i momenti di gioco: differenze legate alle età e alle

competenze (linee guida all’osservazione della relazione tra pari)

• Il contesto quale fattore determinate il crearsi delle relazioni durante

i momenti di gioco

• Ruolo adulto: la progettazione dell’intervento e/o non intervento

• La condivisione con le famiglie delle modalità relazionali dei bambini

Quale idea di bambino, di relazione e di educatore?

I bisogni dei bambini

• bisogno di essere rispettati nei propri ritmi di sviluppo,innanzitutto nella gestione e nella consapevolezza del proprio corpo

• bisogno di consolidare le competenze motorie

• bisogno di sviluppare e articolare la comunicazione e illinguaggio, che attraversano un periodo di grande arricchimento alivello lessicale, morfologico e sintattico

• bisogno di trovare un ambiente adeguato ai propri interessi ecompetenze in formazione, in particolare il pensiero simbolico,l’interpretazione e produzione di messaggi, l’esplorazione dimateriali sempre più vari e complessi e la creatività nel loro utilizzo

Vis à vis: un gioco di percezione e relazione

Joey ha 4 mesi e mezzo

“Entro nell’universo del suo viso. Il volto e i suoi

lineamenti sono il cielo, le nuvole, l’acqua. Il brio e la

vivacità di lei sono l’aria e la luce. […] Tutta

l’animazione è concentrata nel posto più dolce e ricco di

energia del mondo: i suoi occhi. Essi mi trascinano

sempre più giù, verso un mondo lontano. Alla deriva in

questo mondo, mi lascio cullare dai pensieri che

increspano lo specchio limpido dei suoi occhi. Fisso lo

sguardo nelle loro profondità. […] La superficie ora

scintilla luminosa. Nuovi spazi si schiudono. Si

innalzano archi fluidi di luce. Piani e volumi danno inizio

alla loro lenta danza. Il suo volto diviene una brezza

leggera che mi sfiora, accarezzandomi”

Da D. N. Stern, Diario di un bambino

L’origine della mente

I risultati di ricerche ascrivibili a una prospettiva interattivo cognitivista(Bruner, Kaye, Schaffer, 1977) hanno portato ad alcuneimportantissime conclusioni:

• il bambino è attivo fin dalla nascita;

• lo scambio affettivo è l’elemento fondamentale della costruzionedella mente del bambino;

• gradualmente il bambino interiorizza i patterns interattivi, se lirappresenta, li anticipa e li mantiene in memoria.

Relazionalità precoce e intersoggettività

Trevarthen individua una precoce relazionalità del neonato che si

concretizza nelle prime forme di intersoggettività fra lui e chi se ne

prende cura.

“Già alla nascita (i bambini) sono in grado di partecipare a uno

scambio dinamico di stati mentali che ha un’organizzazione e una

motivazione conversazionale, ed è potenzialmente una condivisione di

intenzione e conoscenza”

(Trevarthen, 1993)

Intersoggettività e costruzione del sè

Studiare i processi di intersoggettività è fondamentale in quanto è

sempre più evidente come lo sviluppo socio-affettivo ed emotivo dei primi

mesi di vita che si crea attraverso gli scambi comunicativi ripetitivi e

regolari della quotidianità (le cure, l’alimentazione, il sonno, le interazioni

nei momenti di veglia) costruisce il senso di sé del bambino (sé nucleare

di Stern).

L’intersoggettività primaria

Dal secondo al quinto mese di vita il bambino e chi si prende cura di lui

sviluppano un’intensa comunicazione che porta a una condivisione

dell’attività mentale: questo processo è stato definito da Trevarthen

intersoggettività primaria.

L’intersoggettività primaria si fonda sulla consapevolezza della presenza

dell’altro che nel bambino si manifesta nei comportamenti di

concentrazione dello sguardo sul viso del caregiver, sul riconoscimento

della sua voce, dell’attenzione per i suoi gesti e per la sua mimica

facciale.

L’intersoggettività primaria

Il bambino attratto

dalla voce,

dall’espressione del

volto e dai gesti delle

mani risponde,

imitando e provocando

imitazione

La madre guarda e

ascolta, anticipando

intuitivamente le

espressioni del

bambino. Risponde

empaticamente

utilizzando il linguaggio

“motherese”, il contatto

fisico, espressioni del

volto e delle mani

L’intersoggettività primaria dai 2 ai 6 mesi

Il bambino manifesta interesse anche per gli oggetti, ma in questo

periodo sono ancora molto intensi e frequenti i giochi interpersonali

basati sulle aspettative reciproche e la loro manipolazione: ritmi veloci,

scherzi, aspettativa impaurita, tutti basati sul processo

eccitazione/liberazione (sparizione e riapparizione del volto dell’adulto).

In questa prospettiva il gioco solitario con gli oggetti è una riproduzione

dei giochi che l’adulto ha fatto con lui, non la prima forma di gioco del

bambino.

L’intersoggettività primaria dai 6 ai 9 mesi

Verso i sei mesi compaiono interazioni giocose con l’adulto

caratterizzate da elementi di scherzo è “canzonatura”. Il bambino infatti

diventa sempre più esperto nel giocare con le intenzioni e le

aspettative dell’altro e incomincia a prenderlo in giro (es. offre un

oggetto e poi lo tira indietro).

In questa fase compaiono anche la capacità di focalizzare la propria

attenzione sull’oggetto dell’attenzione altrui e l’uso della reazione

emotiva di un adulto quale commento sulla valenza di un oggetto o

persona.

Intrecci evolutivi: la permanenza dell’oggetto e le

reazioni circolari secondarie

Fra i 4 e gli 8 mesi avviene un’evoluzione significativa anche nel

rapporto con gli oggetti: il bambino manifesta la sua intenzionalità

ripetendo azioni che producono risultati interessanti.

L’acquisizione della permanenza dell’oggetto (Piaget) sollecita nel

bambino una serie di azioni esplorative per capire e recuperare

l’oggetto scomparso, con la conferma che il ritrovamento produce.

L’intersoggettività secondaria (9-14 mesi)

In questa fase il bambino è in grado di creare una grande quantità di

relazioni triadiche, che coinvolgono oggetti e altri soggetti (adulti e

pari).

Il contatto fisico con il caregiver diventa meno importante e la relazione

viene mantenuta grazie allo sguardo e alla voce.

L’intersoggettività secondaria (9-14 mesi)

Il triangolo persona-

persona-oggetto con

attenzione condivisa

Linguaggio e comunicazione

Il linguaggio è una delle competenze comunicative.

Competenze comunicative sono quelle

• linguistica

• non verbale

• para verbale

• testuale

• contestuale

Linguaggio e comunicazione:

alcuni passaggi fondamentali

Linguaggio e comunicazione: da 1 a 2 anni

LINGUAGGIO NON VERBALE (in particolare mimica facciale e postura)

ASSOCIAZIONE GESTO/PAROLA

AUMENTO DELLA RIPETIZIONE DI PAROLE → IMITAZIONE

TUTTO E’ LEGATO AL “QUI E ORA”

AUMENTO DELLA TERMINOLOGIA → circa 10 parole

CONSOLIDAMENTO DELLE CAPACITA’ ACQUISITE

RAFFORZATE DALL’INTERVENTO DELL’ADULTO

USO DELLA PAROLA-FRASE (mamma-acqua)

INIZIO DELL’INTERIORIZZAZIONE DEL SIGNIFICATO DELLE PAROLE

ASSOCIAZIONE DI SUONI/PAROLE A OGGETTI E CATEGORIE DI OGGETTI → mamma/donna

Competenze relazionali e di interazione con l’ambiente

Nuove autonomie e competenze relazionali nel terzo anno di vita

• Maggiore conoscenza di sé e del proprio corpo si rafforza il desiderio di fare da soli e di

affermarsi;

• Uso del linguaggio verbale sempre più complesso e intenzionale;

• Maggiore comprensione degli scopi della comunicazione altrui;

• Aumenta la capacità di ascolto;

• Capacità di ambientarsi in situazioni nuove e di affrontare cambiamenti;

• Interiorizzazione dei tempi della giornata;

• Interiorizzazione, conoscenza delle regole e prime “trasgressioni”;

• Maggiore comprensione degli stati d’animo altrui, capacità di relazionarsi in modo differenziato a

seconda dei propri obiettivi e della conoscenza degli altri;

• Evolve la capacità di risolvere conflitti, di condividere giochi e di rispettare il proprio turno;

• Nasce il senso di appartenenza al gruppo.

Il nido e il linguaggio del bambino

Il nido allarga la rete di relazioni sociali in cui il bambino è coinvolto e

introduce nuovi potenziali interlocutori per i suoi scambi comunicativi.

Come la famiglia, è un ambiente di vita quotidiana altamente familiare,

caratteristica importante per il primo sviluppo del linguaggio, che si

manifesta in “condizioni protette”.

Lo spirito del gioco

• “Non è possibile concepire il gioco senza riferirsi alla vita sociale e a uno

sfondo di valori che orientano i propositi e le azioni degli individui”

(Granese)

Il gioco è importante per il bambino perché

• è piacere di vivere

• è fonte di maturazione affettiva

• è ponte tra affettivo e cognitivo

• promuove sviluppo cognitivo e sociale

• promuove sviluppo linguistico e sociale

• promuove senso di efficacia e di padronanza del corpo

L’imitazione

• L’imitazione modella il comportamento umano in modo incisivo.

• Già da piccoli i bambini paiono essere predisposti a recepire la finalità

del comportamento delle altre persone. Nel comportamento imitativo i

bambini stabiliscono delle priorità, creando una sorta di gerarchia, una

stima di quello che realmente conta quando si imitano le altre persone.

• L’imitazione è determinante nello sviluppo delle abilità sociali (come

ad esempio comprendere che altre persone hanno i loro desideri,

pensieri, credenze).

Come leggere il ruolo nel contesto

dell’educazione al nido?

• Ruolo e contesto: le responsabilità, gli

interlocutori.

•Le immagini di bambino, di educazione, di nido e

il progetto pedagogico del servizio.

•Le competenze e gli stili educativi.

L’asilo nido come sistema di relazioni

• Ogni essere vivente può essere rappresentato come un sistema

aperto, olistico, in reciproca relazione con i propri simili con cui

costruisce società complesse.

• Lo sviluppo si configura come un campo di infinite possibilità per

tutto il tempo della vita.

• Nessun individuo può essere compreso al di fuori del contesto in

cui vive.

Relazioni e interazioni

• Una relazione è costituita da una serie di interazioni cheavvengono nel tempo, che hanno cioè una storia e degli stilispecifici.

• In ciascuna relazione è impossibile separare gli aspetti cognitivi daquelli emotivi e relazionali.

• Per descrivere una relazione è necessario descrivere le interazioniche la compongono, ossia il loro contenuto e la loro qualità.

• Poiché le proprietà dinamiche di una relazione cambiano con ilsuo progredire, le qualità di una relazione devono essereconsiderate in rapporto al momento in cui si trova quella relazione enel contesto delle altre relazioni in cui ciascuno dei partecipanti ècoinvolto.

L’asilo nido come sistema di relazioni

Comportamento prosociale: empatia e altruismo

• Non è questione di chiedersi se i bambini siano fondamentalmente prosociali oantisociali ma di determinare piuttosto le condizioni nelle quali può esseretrovato l’uno o l'altro tipo di comportamento, indipendentemente dall'età.

• Segni di empatia, altruismo e altre forme di comportamento prosociale sonoevidenti a partire dal secondo anno di età. Con l'ulteriore sviluppo cognitivoqueste diventano più sofisticate.

• Le tendenze prosociali del bambino si manifestano soprattutto di fronte allasofferenza di un'altra persona, sia quando è personalmente responsabile dellasofferenza dell' altro sia quando agisce da semplice spettatore.

• Le pratiche di socializzazione promosse dagli adulti rendono conto di gran partedella variabilità nelle tendenze prosociali dei bambini, altrettanto I bambini siaiutano l'uno con l'altro a socializzare.

Le relazioni con i coetanei

• Distinzione tra due tipi di relazioni, ognuno dei quali contribuisce in modo unico allo

sviluppo del bambino.

• Le relazioni verticali sono quelle che vengono a formarsi con una persona che ha

una conoscenza e un potere superiori a quelli del bambino e coinvolgono pertanto

una persona adulta come un genitore o un insegnante. Le interazioni sulle quali sono

fondate queste relazioni tendono a essere per lo più complementari. La funzione

principale delle relazioni verticali è fornire al bambino sicurezza e protezione, come

avviene per esempio nel caso dei legami di attaccamento. Un'altra funzione è anche

quella di permettere al bambino di acquisire conoscenze e capacità.

• Le relazioni orizzontali sono quelle che il bambino ha con persone che possiedono

lo stesso livello di potere sociale; sono di tipo paritario e sono basate su interazioni

che, piuttosto che complementari, sono fondamentalmente reciproche. La funzione

delle relazioni orizzontali è quella di fornire ai bambini l'opportunità di apprendere le

abilità che possono essere acquisite solo tra pari come, per esempio, la

cooperazione e la competizione.

L’asilo nido come sistema di relazioni

L’asilo nido come sistema di relazioni

Le relazioni con i coetanei

• Fin da piccolissimo il bambino mostra un interesse per gli altri bebè e tende aosservarli per periodi di tempo maggiori di quanto riservi all’adulto. La difficoltàmaggiore a quest'età sembra risiedere nel riuscire a coordinare il propriocomportamento con quello del partner: i gesti di apertura non vengonoricambiati e i contatti sociali sono spesso a senso unico.

• A partire dal secondo anno di età le interazioni con i coetanei sono piùfrequenti e più complesse. Il gioco diventa reciproco, le sequenze dicomportamenti coordinati più lunghe e i bambini riescono a scambiarsi i ruoli e arispettare i turni. Alla fine del secondo anno di vita, le coppie di bambinitrascorrono una quantità maggiore di tempo nel gioco sociale rispetto al giocosolitario e con i coetanei. Ma anche il comportamento sociale diventa piùdifferenziato e il bambino è in grado di adattarlo alle caratteristiche delcompagno di gioco.

Differenze individuali nel comportamento di socializzazione

• Esistono pronunciate differenze tra i bambini rispetto al livello di sintonia che rag-

giungono con gli altri e alle manifestazioni di comportamento altruistico.

• Sin dall'inizio, il bambino è inserito all'interno di una rete di relazioni sociali che

coinvolge molte persone diverse, ognuna delle quali esercita una certa influenza

sullo sviluppo del bambino.

• Le pratiche di socializzazione promosse dagli adulti rendono conto di gran parte della

variabilità nelle tendenze prosociali dei bambini, altrettanto I bambini si aiutano l'uno

con l'altro a socializzare.

L’asilo nido come sistema di relazioni

La socializzazione tra pari

La costruzione delle conoscenze attraverso gli scambi tra bambini

• Una leggera asimmetria di competenze favorisce le acquisizioni all'interno delgruppo. Va comunque sottolineato che anche nelle situazioni di scambio considerateparitetiche uno dei bambini può essere, in maniera momentanea o duratura, piùcompetente rispetto a una certa abilità.

• Il gioco di gruppo come area potenziale di sviluppo – Vygotskij : se il livello di sviluppoattuale è coglibile osservando ciò che un individuo sa fare da solo, l'area di sviluppoprossimale è rintracciabile a partire da quanto il medesimo individuo sa fare se sorretto daun partner competente.

• Organizzazione per imitazione (il più vecchio come modello di riferimento). Le condottedei più grandi fungono da organizzatori dei processi dei piccoli che si ispirano alle loroazioni, le riproducono oppure le trasformano sviluppando l'idea di partenza. Negli episodi diquesto tipo il grande e il piccolo conducono attività separate ma connesse.

• Organizzazione per tutela. Nelle relazioni di tutela il bambino più grande si mostraattento all'attività del più piccolo e interviene, sia a richiesta di questi, sia di propriainiziativa, per far avanzare il lavoro. Questi interventi possono essere verbali oppure aiutipratici.

La socializzazione tra pari

• La collaborazione – Questa modalità di costruzione interattiva si basa sull'accordo dei partner chedevono chiarificare le loro idee e intenzioni e compiere delle negoziazioni. Il ruolo del più vecchio è quellodi un compagno che apporta un contributo diretto alla costruzione dell'attività in corso, beneficiando eglistesso dell'apporto dei compagni. In questa modalità cooperativa le strategie di condivisione dell'attività,le negoziazioni dei contenuti, le spiegazioni e le indicazioni appropriate così come le inferenze effettuateindicano una ricerca costante dei mezzi comunicativi e delle coordinazioni cognitive tra i partner coinvolti.In questo tipo di organizzazione l'attività si costruisce attraverso il contributo reciproco tenendo contodelle proposte degli altri, ciascuno apporta un proprio contributo (espansione) o ingloba ilcontributo di un compagno (inglobamento).

• Il conflitto socio-cognitivo – Il conflitto tra pari e l'attività di negoziazione che ne conseguecostituiscono dei dispositivi che permettono l'assunzione graduale del punto di vista altrui, attraversoprocessi di negoziazione.

• I comportamenti “aggressivi”

– Esplorazione del mondo fisico e sociale (in particolare fino ai 15/18 mesi)

– Espressione di emozioni che non sono comunicate verbalmente

– Ricerca di contatto/relazione con altri bambini e adulti

– Modalità di relazione e comunicazione nell’ambito di situazioni conflittuali

Modalità di interazione nei primi 3 anni di vita

• Osservazione e condivisione dell’attenzione (guardare con attenzione/ascoltare altri, guardare lestesse cose o persone che guardano altri in modo più o meno intenzionale)

• “Pseudodialogo” (vocalizzi alternati)

• Empatia (bambini che vivono un “contagio” emotivo – ex. piangono se sentono piangere)

• Primo scambio, protodichiarazione o protodomanda (indicare/mostrare qualcosa o qualcuno, dareun oggetto)

• Riconoscimento delle emozioni dell’altro (mettere in atto schemi di cura/conosolazione secondoschemi visti o vissuti – ex. dare il ciuccio ad un bambno conosciuto quando piange)

• Imitazione parallela o reciproca (ad ex. guardare un bambino che gioca con un trainabile, cercare untrainabile e mettere in atto lo stesso schema di gioco in modo parallelo/oppure iniziando in modointenzionale schemi d'azione uguali alternandosi)

• Ricerca o rifiuto dell’altro (non interesse o non volontà di interagire o che altri interagiscano, possibileconseguenza di conflitti)

• Scambio di affetto e preferenza

• Collaborazione (bambini che hanno uno scopo comune)

Modalità di interazione nei primi 3 anni di vita

• Cooperazione (messa in comune delle diverse risorse, assegnandosi e scambiandosi ruoli econdividendo regole)

• Conflitto (ciascuno riconosce esclusivamente il proprio bisogno, interesse, desiderio, da distinguerecon i comportamenti aggressivi)

• Dialogo

• Attribuzione di giudizi, qualità, intenzioni e stati d’animo agli altri (vedendo un bimbo piangere dire“vuole la pappa”)

• “Presa di posizione” e guida dei comportamenti degli altri

• Confronto tra sé e gli altri

• Tutoring e Prosocialità (i comportamenti prosociali sono una varietà di azioni che hanno come finalitàquella di aiutare o produrre un beneficio nell’altro senza aspettarsi ricompense)

• Uso del “riferimento sociale” adulto

Il gruppo

• Cos’ è un gruppo? “Un gruppo è un insieme di individui che condivide unoscopo comune e che è caratterizzato da un rapporto di interdipendenza tra isuoi membri” (L. Dozza). Perché un insieme di bambini diventi un gruppo sononecessari: un tempo (che diventa la storia del gruppo) e l’intenzione deglieducatori di creare un gruppo.

• “Il gruppo” vs una pluralità di esperienze di gruppo:

– il gruppo-sezione

– aggregazioni libere/stabilite dall’insegnante

– gruppi nell’attività/gruppi nel gioco libero/gruppi nelle routines

– gruppi amicali/gruppi di lavoro

• I gruppi e gli apprendimenti

Il gruppo e gli apprendimenti

• il bambino costruisce conoscenze e competenze attraverso processi diinterazione con l’ambiente fisico e sociale (co-costruzione), facendoesperienza in modo attivo e riflettendo

• il “gruppo” di bambini è un fattore facilitante e specifico del nido

• si impara insieme agli altri, bambini e adulti, attraverso confronti, conflitti,ricerca di soluzioni

• si impara dall’esperienza diretta del mondo e degli altri

• si impara osservando, imitando, per analogie, per prove ed errori

• si impara quando si riflette sull’esperienza, la si elabora e rielabora insieme

Dinamiche di gruppo e qualità del gioco:

il ruolo del conflitto e della cooperazione

• Piaget: il conflitto tra pari e l'attività di negoziazione che ne consegue costituiscono dei

dispositivi che permettono l'assunzione graduale del punto di vista altrui e contribuiscono

a superare l'egocentrismo che caratterizza la mente e gli atteggiamenti sociali infantili. È

centrale il ruolo giocato dall'interazione tra compagni ritenendo inadatto ai fini

dell'acquisizione di attitudini decentrate il confronto con l'adulto, col quale il bambino non

sarebbe disposto a negoziare, bensì ad accondiscendere o ad opporsi, per via dell'

autorevolezza del suo punto di vista.

• Isaacs: “quando i suoi (del bambino) propositi urtano con quelli degli altri il bambino

viene destato ad una vivida, sebbene momentanea consapevolezza degli altri come

persone. È quindi la ribellione degli altri bambini al gioco personale ed esclusivo di un

bambino, unita alla cresciuta realtà della loro fantasia e dei loro desideri, che procura le

prime scosse alle presunzioni egocentriche del bambino e forma la sua prima

educazione sociale”.

Modalità associative di tipo conflittuale

•Non sempre il conflitto nasce da una disconferma reciproca dovuta al conflitto dei punti di vista; a un

livello più primitivo esso può manifestarsi in relazione alle modalità non verbali con cui un bambino

tenta di inserirsi nel gioco svolto da un altro bambino. Nel conflitto come modalità associativa il gioco o

patto ludico s’interrompe solo per l’allontanamento di uno dei due partner o per contesa. Il

gioco/conflitto può proseguire attraverso risposte simmetriche e interventi di modulazione (la

modulazione è una strategia secondo cui una delle due parti cede su qualcosa in cambio di qualcosa

d'altro, per esempio accetta di continuare il gioco pur non in prima persona a patto che il compagno

segua le proprie indicazioni) e negoziazione (la negoziazione si configura come una modalità più

articolata in quanto la non accettazione di una proposta da parte di uno dei partner viene direttamente

discussa dal compagno, il quale generalmente fa a sua volta una controproposta; la negoziazione

implica la discussione tra i due partner relativamente all'oggetto del disaccordo).

Modello cooperativo

•Cooperare non significa rinunciare a se stessi, ma riconoscere che lavorare con gli altri è il modo più

appropriato per esprimersi e realizzarsi.

•È assumendo i vari ruoli degli altri, e applicandoli alle interazioni sociali, che il bambino impara a

organizzare i numerosi e spesso complementari atteggiamenti che osserva.

Bondioli, 1996

Dinamiche di gruppo e qualità del gioco:

il ruolo del conflitto e della cooperazione

Modalità prescrittive e di assecondamento. Le modalità prescrittive possono

avere come esito il decollo di un gioco cooperativo nel caso in cui chi prescrive

(attribuendo un ruolo al compagno o chiedendo un contributo esecutivo a un

progetto di gioco) trovi nel compagno accondiscendenza e assecondamento.

Lo scambio si basa su un rapporto non paritario dal punto di vista

dell'ideazione e della gestione del gioco.

Modalità imitative. Spesso l'associazione nel gioco si svolge, soprattutto da

parte dei bambini meno esperti, prendendo spunto dal gioco dei compagni, dal

punto di vista dell'ideazione e riproducendo le condotte dei compagni dal punto

di vista dell' esecuzione.

Bondioli,1996

Dinamiche di gruppo e qualità del gioco:

il ruolo del conflitto e della cooperazione

Il ruolo dell’educatrice

• Gli educatori sono registi e mediatori di conoscenze, ascoltano,

riorganizzano le esperienze, ne tengono memoria, sostengono

domande più che dare risposte, costruiscono percorsi perché i bambini

scoprano da sé aiutano a risolvere i problemi, non “correggono”

• Gli educatori come ricercatori sul campo seguono le tracce dei

bambini e accanto a loro, in una relazione “calda, ma pensata”

interpretano e danno significato al fare dei bambini, interpretano e

danno significato ai loro stessi saperi

Il ruolo dell’educatrice

• La funzione tutoria dell’educatrice con una valenza di sostegno (crea

le condizioni) e di promozione dello sviluppo (arricchisce l’attività e le

condotte ludiche esplorative del bambino)

• La funzione di cura dell’educatrice che richiede capacità di ascolto, di

comprensione e condivisione con l’altro per “creare scenari di quotidianità

che rimandano benessere, che attribuiscono senso ai gesti di tutti i giorni”

La relazione non si costruisce nel vuoto, ma all’interno di contesti che si connotano

per tempi, spazi e materiali specifici, che comunicano messaggi forti e condizionanti.

Spazi, tempi e materiali sono i contenitori all’interno dei quali adulti e bambini,

individui e gruppi si relazionano e apprendono. Per questo motivo sono degli

elementi significativi della comunicazione e della relazione che concretizzano

l’intenzionalità e la progettualità del gruppo educativo

• Scaffolding (sostegno dell’esplorazione, dell’elaborazione delle esperienze e delle

conquiste dei bambini)

• Modelling (dimostrazione ed esemplificazione) risulta essere una funzione tutoriale

espletata dai membri del gruppo più competenti dal punto di vista ludico che possono

suscitare nei bambini meno esperti comportamenti imitativi sollecitando l'area delle

competenze ludiche potenziali.

• Interventi di conferma, rilancio ed espansione

Il ruolo dell’educatrice

•Prevedibilità e regolarità, coerenza, non ambivalenza

•Pertinenza e contingenza (interventi “economici e non intrusivi” - faccia a faccia, osservazionepartecipante e coazione)

•Flessibilità

•Rispecchiamento e attribuzione di significato, considerazione - riflessa nel bambino - diessere soggetto di stati mentali

•Sensibilità (studi sull’attaccamento), cioè capacità di decodificare correttamente i segnali delbambino

•Responsività da “comportamentale”, cioè risposta pronta e adeguata ai bisogni del bambino a“emotiva”, cioè capacità di condividere in modo sintonico gli affetti positivi e negativi del bambino,fornendogli una “validazione” delle sue emozioni, operazione fondamentale per la costruzione diun sé capace di integrare in modo coerente i propri stati emotivi

•Sintonizzazione emotiva

•Disponibilità emotiva

•Riferimento sociale

•Facilitazione di rapporti con altri bambini, altri adulti e il mondo intorno

Il ruolo dell’educatrice al nido

Le modificazioni del comportamento dell’adulto in base all’età del

bambino:

• Verso i 6-8 mesi “l’adulto è uno stimolo fra gli altri”

• A 10-13 mesi “l’adulto polarizza l’attenzione”

• Dai 15 mesi “l’adulto polarizza e guida l’attenzione del bambino

sulle possibilità offerte dall’oggetto”

Il ruolo dell’educatrice al nido

Durante il gioco, per favorire interazioni:

• Si fa osservare quello che fa un altro bambino

• Si cerca di creare osservazione tra loro

• Si coglie l’occasione dallo stimolo dato da più bambini per rilanciare al gruppo quel gioco

sostenendo verbalmente il piacere dell’attività

Durante il gioco, per non favorire interazioni:

• Si organizza il gioco in modo che ognuno si direzioni verso oggetti e centri di interesse

diversi

Il ruolo dell’educatrice al nido

In caso di contesa di giochi :

• Si osserva la dinamica della situazione (se viene risolta in modo autonomo dai bambini

positivamente non si interviene)

• Si cerca di capire qual è il motivo della contesa anche chiedendo ai bambini

• Si sostiene una negoziazione tra i due proponendo a uno dei due un’alternativa, di “fare a

turno”, di cercare un oggetto da dare in cambio.

Per sostenere la collaborazione :

• Si rispecchiano verbalmente comportamenti cooperativi spontanei

• Si propongono comportamenti di aiuto e collaborazione (ad esempio: “prendi un pezzo di

frutta e passa il piatto”; un bambino piange perché ha sonno, si chiede ad un altro di

accompagnarlo a letto.)

Il ruolo dell’educatrice al nido

Un’osservazione: Juri (33 mesi)

Momento di gioco libero in salone. Ci sono tricicli, quadricicli, tunnel, gommone, scaletta e giochi di

costruzione. L'educatrice propone ai bambini di giocare con i tricicli. Tutti vogliono usare gli unici due

tricicli grandi perché hanno i pedali. L'educatrice propone allora di giocare a "scambiarli alla

stazione", si mette sulla poltrona vicino al portatricicli e dice: "Questa è la stazione dove si fa lo

scambio dei tricicli!". Juri già da prima era seduto su un triciclo. L'educatrice lo chiama e dice: "Vuoi

fare cambio con Damiano?"; Juri si alza e cede il triciclo a Damiano, poi si siede vicino

all'educatrice, tiene un dito in bocca e guarda Damiano e gli altri che stanno girando sui tricicli. Dopo

alcuni minuti si rifà lo scambio e Juri risale sul triciclo e inizia a girare andando a scontrarsi con

Damiano. L'educatrice dice: "Stai attento". Intorno alla stazione girano Juri, Alberta e Vincenzo.

Damiano, rimasto a piedi, chiede ad Alberta e Juri il triciclo. Alberta gli risponde: "No" e Juri non

risponde continuando a girare. Juri va a fermarsi bruscamente contro il triciclo di Vincenzo che si

mette a piangere. L'educatrice interviene dicendo: "Juri, non andare addosso a Vincenzo!". Juri la

guarda e riprende a girare, dopo un po' va ancora addosso prima ad Anna e poi a Vincenzo.

L'educatrice si avvicina a Juri e gli dice: "No Juri, non andare addosso apposta che li fai arrabbiare".

Juri la guarda e riprende a girare. Gli si avvicina Damiano che gli chiede il triciclo: "Me lo presti?".

Juri risponde: "No" e si allontana. Sta girando per il salone da solo perché gli altri bambini sono vicini

all'educatrice e stanno parlando con lei. Dopo un paio di giri si ferma un po' lontano dal gruppo e

inizia a fare dei "versi" rivolto verso i bambini che lo guardano. Poi si butta a terra continuando a far

versi e facendo cadere il triciclo mentre tutti lo guardano.

L'educatrice propone al gruppetto di bambini che si trova accanto a lei di giocare con le costruzioni.

Juri, che nel frattempo è risalito sul triciclo, si avvicina, guarda i bambini, va verso lo scivolo,

continua a guardare cosa fanno gli altri poi, sempre sul triciclo, esce dalla zona costruzioni e

continua a girare per il salone. Dopo un paio di giri si avvicina ad Alberta anche lei sul triciclo, e le va

contro con il suo; Alberta si gira verso di lui e dice: "No, no". Juri la segue e di nuovo le va addosso.

Interviene l'educatrice e dice: "Perché Juri vai addosso ad Alberta; c'è tanto spazio". Juri non

risponde ma si dirige verso un'altra zona dell'aula dove c'è Damiano che gli impedisce il passaggio.

L’educatrice dice: "Li c'è Damiano, non puoi passare, vai verso il salone che c'è tanto spazio". Juri

non risponde, va verso il centro del salone e di nuovo contro AIberta. L'educatrice interviene

dicendo: "Se vai avanti così devo mettere via il triciclo!"; Juri la guarda e risponde "No" e continua a

girare. Dopo alcuni giri Juri si avvicina piano ad Alberta che, seduta sul triciclo, sta guardando cosa

fanno gli altri. Alberta si gira verso di lui e lo spinge via dicendo: "No”. Juri va un po' indietro e poi

ritorna. Interviene l'educatrice e, rivolta ad Alberta, dice: "Forse Juri vuole giocare con te". Alberta

risponde che lei vuole giocare con Anna che sta costruendo una torre, quindi scende dal triciclo e

inizia a giocare con Anna. Juri scende dal suo triciclo e si siede su quello lasciato libero da Alberta

(...).

Anna, Juri e Vincenzo stanno girando sul triciclo; dopo alcuni giri Juri va addosso a Vincenzo e

subito dopo al gommone. Vincenzo non piange, va anche lui addosso al gommone, Juri si butta a

terra e comincia a far dei "versi". Arriva Anna che vuole passare col triciclo e gli dice: "Alzati". Juri si

sposta lasciandola passare ma resta sdraiato per terra su un fianco. Anna chiede all'educatrice:

"Perché non si alza?"; l'educatrice le risponde "Fa finta di essere caduto!". Juri resta a terra con gli

occhi chiusi.

Comportamenti prosociali e

interventi dell’adulto

Alcuni tipi di comportamento adulto più di altri risultano strettamenteassociati allo sviluppo delle tendenze prosociali dei bambini:

1. La comunicazione di principi e regole chiari

2. L'enfasi emotiva dell’adulto

3. L'attribuzione di qualità prosociali al bambino

4. Gli esempi dell’adulto

5. La cura empatica del bambino

Inoltre, altre condizioni facilitano le tendenze prosociali dei bambini:

1. La predisposizione individuale del bambino

2. La partecipazione attiva alle interazioni

3. L’autovalutazione del proprio comportamento all’interno dellarelazione

4. Il riconoscimento da parte di adulti e bambini

5. I sentimenti e le cognizioni del bambino rispetto all’attività in cui èimpegnato

Educare alle emozioni:

gli adulti di fronte ai bambini

• Bambini costruttori che esplicitano il proprio punto di vista, i propri desiderie i propri bisogni, capaci progressivamente di riflettere ed elaboraresentimenti

• Adulti capaci di

– ascoltare le proprie emozioni

– contemplare prospettive multiple

– mettersi in gioco

– osservare e ascoltare le modalità di espressione delle emozioni,anche attraverso una competenza corporea

– entrare in empatia e in contatto

– accogliere

– parlare con i bambini delle emozioni e di condividerle

– contenere

– favorire relazioni individuali e di gruppo

– mediare

La NON DIRETTIVITTA’

ovvero i criteri che favoriscono la comunicazione

• L’accettazione incondizionata e l’ascolto non giudicante(non giudicare, non valutare, non interpretare, diversa

dall’approvazione)

• La comprensione empatica o empatia(capacità di comprendere l’altro senza confondersi con lui)

• La congruenza(congruenza tra i messaggi che si inviano – di contenuto e di relazione

– e tra livello verbale e non-verbale della comunicazione)

• L’autenticità(diversa dalla sincerità)

• Le tecniche relazionali non autoritarie(ripresa “ad eco” o “a specchio”, parafrasi, “riflettere i sentimenti”)

(Rogers)

La comunicazione non verbale e paraverbale

• L’atteggiamento,– cioè la postura

• La mimica,– cioè i segnali sul volto

• La gestualità,– cioè i gesti di mani e braccia

• La distanza,– cioè vicinanza e lontananza

• Il tono,– cioè intonazione, melodia, pause, volume, ritmo, ma anche sospiri,

gemiti, ecc.

L’adulto non si sottrae al suo ruolo ma lo rivisita, cercando di trasformarsi

da trasmettitore a co-creatore di sapere e di cultura, accettando con piena

consapevolezza la “vulnerabilità” del proprio ruolo insieme a

dubbi, errori, stupori e curiosità.

È una condizione indispensabile per compiere autentici atti

di conoscenza e creazione.

(da “I cento linguaggi dei bambini”)

Un esempio: Thomas (16 mesi)

Thomas è in piedi davanti a Veronica che ha in testa un lenzuolino delle bambole e lo

guarda. Thomas prende il lenzuolino e lo mette sulla propria testa, lo mordicchia

strappandolo con i denti. Guarda l’educatrice, si toglie il lenzuolino dalla testa e ne

mordicchia un angolo. Si rimette il lenzuolino in testa coprendosi il viso, ride e con le

mani avanti cammina verso Elena che è davanti alla porta della casetta. Si ferma vicino

a lei, si toglie il lenzuolino dal viso e ride guardandola. Le tira i capelli tenendo con l’altra

mano il lenzuolo. Elena piange. Thomas guarda l’educatrice continuando a tirare i

capelli di Elena. Interviene l’educatrice che dice: “No, Thomas, le fai male, fai cara alla

Elena”. Thomas ride, guarda l’educatrice, lascia il lenzuolino e tira con tutte e due le

mani i capelli di Elena che, piangendo e guardando l’educatrice, dice: “No, no!”.

L’educatrice si avvicina a Thomas che lascia i capelli di Elena e si allontana

velocemente; si ferma un poco più avanti e si guarda le mani piene di capelli. Elena non

piange più. Thomas si avvicina ad un divanetto e ci sale sopra. Si alza in piedi e

accende e spegne l’interruttore della luce più volte. Scende e si avvicina a Stefano che

sta dondolando una culla con dentro una trottola. Thomas toglie la trottola dalla culla,

Stefano grida e lo spinge via. Thomas si tiene la trottola, si siede per terra lì vicino e la

fa girare sul pavimento.

Un esempio: Sabrina (2 anni e 10 mesi)

e Miki (4 anni e 5 mesi)

Un gruppo di bambini tra cui Sabrina e Miki, è seduto sul tappeto con

l’educatrice. Sabrina ridendo si gira verso Miki e gli artiglia, con le mani, le

spalle scuotendolo leggermente. Miki si gira verso di lei che sta ancora ridendo

e le dà dei pugni nel torace. Sabrina piange e dice: "Dico mamma!".

Miki non la guarda e non la ascolta. Sabrina smette di piangere, si gira verso

Miki e con le mani gli artiglia la faccia fino all’occhio. Miki urla, si porta una

mano sull’occhio, poi smette di piangere e a denti stretti si lancia su Sabrina

tempestandola di pugni. Interviene l’educatrice dicendo: "Basta ora!

Cosa succede?". Miki urlando dice: "E stata prima lei, mi ha graffiato!".

L’educatrice spiega a Miki che Sabrina è piccola, che non aveva intenzione di

fargli del male ma voleva solo abbracciarlo, che fa sempre così con i suoi amici;

poi invita Sabrina a provare ad abbracciare piano gli altri bambini.

Sabrina prova con i bambini vicini a lei e poi anche con Miki che accetta.

Un esempio: Thomas (16 mesi)

Thomas guarda Jacopo che gioca vicino a lui, gli batte con poca forza

un pezzo di lego sulla faccia, Jacopo piagnucola. Thomas lo guarda,

poi batte più forte il lego sulla faccia di Jacopo che continua a

piangere. Thomas si ferma e lo guarda. Jacopo riprende il suo gioco.

Thomas si alza e batte ancora il pezzo di lego sulla faccia di Jacopo,

poi si siede e lo guarda piangere.

Prospettive teoriche su aggressività e conflitto

Rapporti tra aggressività, contesto e cultura

• Valori

• Stili degli adulti di riferimento: autoritario, permissivo, incoerente, autorevole

Cenni teorici sull’aggressività

• Aggressività come pulsione innata nell’essere umano (psicoanalisi,

etologia/comportamentismo)

• Aggressività come potenzialità adattiva dell’essere umano (modello pluridimensionale,

Bonino e Scaglione, 1978) → dinamicità e funzionalità (espansione e difesa)

• Aggressività come espressione del continuum evolutivo cooperazione/competizione

(approccio socio-costruittivista dello sviluppo: Bruner, Hinde, Schaffer, Doise e coll.) →

connessione con i processi di socializzazione

• Differenze tra “comportamenti aggressivi” e conflitto

Interpretazioni possibili dei comportamenti aggressivi

• Esplorazione del mondo fisico e sociale

• Espressione di emozioni che non sono comunicate verbalmente

• Ricerca di contatto/relazione con altri bambini e adulti

• Modalità di relazione e comunicazione nell’ambito di situazioni conflittuali

In caso di comportamenti “dannosi” per gli altri:

• Osservare il comportamento dei bambini per: 1) conoscere, comprendere e intervenire in

modo più coerente; 2) distanziarsi dai propri pregiudizi; 3) confrontarsi con altri adulti e

condividere strategie

• Leggere i comportamenti come “segnali” comunicativi da interpretare e rispecchiare

verbalmente ai bambini

• Dare “nome” alle possibili emozioni che hanno motivato quei comportamenti

• Parlare con i bambini di quanto accaduto, contenendo i comportamenti, descrivendo i fatti

e le conseguenze, evitando atteggiamenti colpevolizzanti o “moralistici” al fine di sostenere

lo sviluppo della consapevolezza emotiva e cognitiva

•Supportare/insegnare ai bambini a mediare e negoziare, riconoscendo sia il valore di punti

di vista e volontà diversi sia quello del rispetto reciproco

• Supportare/insegnare ai bambini a identificare “il problema” dell’uno e dell’altro e a cercare

soluzioni (soprattutto dai 20 mesi in poi)

Il ruolo dell’educatrice al nido

Un esempio: Martin (25 mesi)

L’educatrice ha in mano una bambola. Martin va veloce verso di lei e

gliela prende dalle mani. L’educatrice dice: “Questa è di Luca,

prendine un’altra”. Martin piange tirando la bambola e l’educatrice gli

dice: “Martin vieni, cerchiamone un’altra”. Martin smette di piangere,

dà la mano all’educatrice e insieme vanno a cercarne un’altra. Martin

torna con in mano un’altra bambola e si avvicina a Luca dicendo: “E’

mia!”. Luca continua a giocare senza guardarlo. Allora Martin gli

picchia la bambola in testa, Luca lo guarda senza capire, Martin batte

ancora più forte la bambola sulla testa di Luca. L’educatrice si avvicina

dicendo: “Martin, Luca non è contento se fai così: guarda sta quasi per

piangere!”. Martin si guarda in giro, prende un’altra bambola e

porgendola all’educatrice dice: “Questa è mia!”. L’educatrice: “Sì, hai

dato la pappa alla bambola?”. Martin guarda l’educatrice, non dice

niente, si guarda i giro con aria distratta, lascia cadere la bambola a

terra e si arrampica sul tavolo della casetta, in piedi.

Un esempio: Valerio (5 anni)

Valerio è stato definito dalle sue educatrici un bambino aggressivo probabilmente perché è sempre al centro

di giochi di gruppo piuttosto movimentati.

Valerio e altri bambini di 5 anni in un momento di gioco libero in sezione.

Valerio e Mattia sono sul materasso e hanno in mano un omino di plastica. Mattia dice: "Questo può anche

volare". Valerio dice: "Se sono due fratelli il vampiro non può succhiare il sangue al suo grande fratellone! ".

Mattia dice: "Il vampiro succhia il sangue ai suoi nemici". Valerio fa cenno di sì con la testa, poi fanno

rotolare per terra i loro due omini. Si allontanano dai materassi e si avvicinano ad un gruppo di bambini che

stanno facendo una costruzione con i mattoni grandi. I bambini spingono la costruzione verso il centro

dell’aula. Valerio li segue con lo sguardo e dice: "Sta arrivando la barchetta scassarola, cerchiamo di

distruggerla". Lui e Mattia ridono. Valerio si avvicina alla costruzione dei compagni: uno dei bambini di quel

gruppo gli dà una spinta per allontanarlo. Valerio sale sulla costruzione. Uno dei bambini del gruppo dice

"Lasciamolo" e tutti insieme spingono la costruzione con sopra Valerio. Poco dopo Valerio scende dalla

costruzione e va vicino a Mattia dicendo: "Voglio fermare la nave dei pirati". Ritorna di nuovo vicino alla

costruzione e tenta di staccare alcuni mattoni. Uno dei bambini del gruppo cerca di fermarlo. Intervengono

altri tre bambini e tutti spingono Valerio verso i materassi e Valerio scappa. Roberto dice: "Maestra, Valerio

vuole rompere la nostra zattera". Stefano: "Dai lascia perdere, meno male che è andato via! ". Giovanni:

"Ora non ci disturba più", e continuano il gioco. Valerio e Mattia si allontanano.

(...) Un quarto d’ora dopo...

Valerio ha in mano un pennarello e minaccia Mauro (5 anni) dicendo: "Non hai speranza, muori! ". Mauro dà

il suo pezzo di legno sulle mani di Valerio che dice: "Non è valido sulle mani!". Mauro prende un cartone e lo

usa come scudo: mimano la lotta. Si avvicina Ivan con una spada di plastica. Valerio vedendo che Ivan gli si

avvicina con la spada dice: "Maestra, Ivan mi fa male!". Ivan e Valerio si spingono e Valerio dice: "Dai,

combatti Ivan, non mi fai paura!". Valerio fa indietreggiare Ivan verso il muro fino ad immobilizzarlo. Arriva

Mauro che comincia a combattere con Valerio ma Valerio lo spinge via. Valerio immobilizza Ivan; Giovanni

gli si avvicina e gli picchia forte un pezzo di legno sulla mano. Valerio piange e il gruppo si disperde.

L’educatrice chiama Giovanni e gli chiede perché ha fatto male al compagno; Giovanni risponde: "Lui prima

voleva rompere la nostra costruzione!".

• L’osservazione come formazione di un atteggiamento e metodo di

ricognizione il più possibile accurato.

• L’osservazione realizzata in modo analitico e descrittivo consente

di dare un senso condiviso intersoggettivamente ai comportamenti

interattivi.

• L’osservazione è lo strumento principale per avviare, monitorare,

verificare e valutare e poi ri-progettare quanto si fa

quotidianamente nei servizi educativi.

L’osservazione

• Si fa osservazione per conoscere un determinato fenomeno.

• L’osservazione consente di vedere comportamenti in una luce diversa da quellausuale e di analizzare la relazione esistente tra un determinato comportamento e lecondizioni del contesto

Lo scopo è quello di abituarsi a non interpretare troppo rapidamente, ma di arrivare adun giudizio sulla base di una documentazione la più ampia possibile.

L’osservazione deve essere una registrazione il più possibile fedele di ciò che avvienenell’ambiente.

Vi sono due livelli di osservazione:

1. esplorativo, quando non vi sono specifiche informazioni preliminari

2. guidato da ipotesi, quando si hanno ipotesi basate su informazioni precedenti, percui l’osservazione è già orientata e più selettiva

Generalmente, distinguere la fase descrittiva da quella valutativa consente:

•un maggior controllo intersoggettivo tra gli osservatori

•una maggior comunicabilità dei dati

•un minor rischio di valutazioni e, quindi, di interventi affrettati

•un minor condizionamento da preconcetti e pregiudizi

•l’acquisizione di un metodo rigoroso per la raccolta di informazioni

L’osservazione

Osservare la relazione

• Una relazione è una serie di interazioni che avvengono nel tempo,

che hanno cioè una storia (sono contestualizzate rispetto a un

prima e un poi e cambiano) e sono caratterizzate da un certo stile

(da certe modalità interattive). (Hinde)

• Osservare la relazione quindi significa osservare delle interazioni o

scambi, prestando attenzione ai comportamenti che avvengono nel

contesto.

L’osservazione

• Postura e distanze

• Coordinazione dello sguardo

• Coordinazione dei movimenti e dei gesti

• Coordinazione della comunicazione paraverbale e verbale (espressioni emotive)

• Inizio e fine dell’interazione

• Frequenza dei comportamenti di reazione circolare

• Durata dei microscambi

• Format

• Tipologie di frames

• Imitazioni

• Comportamenti di previsione

• Espansioni/commenti/attribuzioni esplicite di significati

• Dichiarazioni/esibizioni e protodichiarazioni

• Richieste e protorichieste

• Nuovi segnali comunicativi

• Pseudodialoghi e dialoghi

Indicatori d’osservazione nelle interazioni

Le interazioni tra bambini

e i comportamenti osservabili

•Osservazione e condivisione dell’attenzione …Guardare con attenzione/ascoltare

altri, guardare le stesse cose o persone che guardano altri in modo più o meno

intenzionale

•“Pseudodialogo”, Vocalizzi alternati

•Primo scambio, protodichiarazione o protodomanda, Indicare/mostrare qualcosa o

qualcuno, dare un oggetto

•Empatia Riconoscimento delle emozioni dell’altro (mettere in atto schemi di

cura/conosolazione secondo schemi visti o vissuti…dare il ciuccio a un bambino

conosciuto quando piange

•Imitazione parallela o reciproca…iniziare in modo intenzionale schemi d’azione uguali

alternandosi

•Ricerca dell’altro o Rifiuto (non interesse o non volontà di interagire o che altri

interagiscano, possibile conseguenza di conflitti, non )

•Scambio di affetto e preferenza…Fare le coccole, darsi baci

Linee guida all’osservazione delle

interazioni tra bambini

•Collaborazione (bambini che hanno uno scopo comune) ….Costruiscono insieme una

pista, infilare perle in un abaco… alternandosi, fare giochi di parole e condividere scherzi,

cercare soluzioni a problemi

•Cooperazione (messa in comune delle diverse risorse, assegnandosi e scambiandosi

ruoli e condividendo regole)…Nel gioco di finzione distribuirsi i ruoli

•Conflitto (ciascuno riconosce esclusivamente il proprio bisogno, interesse, desiderio, da

distinguere con i comportamenti aggressivi)

•Nel gioco di finzione la contesa tra due bambini per lo stesso ferro da stiro giocattolo

•Dialogo

•Attribuzioni di giudizi, qualità, intenzioni e stati d’animo agli altri … Vedendo un bimbo

piangere dire “ vuole la pappa”

•“Presa di posizione” e guida dei comportamenti degli altri

•Negare o confermare comportamenti degli altri, fare rispettare regole

•Confronto tra sé e gli altri

•Tutoring e Prosocialità …Il bambino che imbocca l’altro, aiuta a togliere le scarpe,

distribuisce i ciucci…., chiamare un adulto, mostrare come si fa, fare al posto di, fare

commenti positivi su altri…

•Uso del “riferimento sociale” adulto

Linee guida per l’osservazione dell’adulto in

interazione con il bambini

Spunti per l’osservazione utili a guidare l’intervento adulto versoun maggior rispetto dei bisogni del bambino e verso quellapertinenza cruciale per l’efficacia dell’intervento stesso:

• chiedersi prima dell’intervento

– Che cosa voglio che il bambino faccia (interagire con me, continuareciò che sta facendo, ecc.)?

– Secondo l’attività, il suo livello di sviluppo, la sua capacità didecodificare i miei segnali, che cosa attira maggiormente la suaattenzione?

– Come devo modulare la mia iniziativa, con che tempi?

• chiedersi dopo l’intervento

– Che cosa ho fatto?

– Che effetto ha sortito il mio intervento

• Osservare il comportamento dei bambini

• Analizzare le proprie osservazioni

• Riflettere sulle implicazioni pedagogiche– (ad ex.: viene sostenuta la relazione?)

• Impostare, progettare il cambiamento– Individuare possibilità reali per impostare il cambiamento.

Introdurre, eliminare, modificare sia per rafforzare comportamentipositivi che per ridurre comportamenti negativi

Progettare un intervento

• L’intervento dell’adulto deve essere correlato con il significato

attribuito al comportamento agito dal bambino.

• In tal senso è importante aver stabilito:

– l’interlocutore sociale (il singolo, il gruppo dei pari, l’adulto)

– la situazione più estesa (quando si verificano certi episodi)

– il contesto temporale (cosa è successo prima e dopo)

– la periodicità

• E’ pensabile ricorrere a due differenti tipi di interventi:

– l’intervento immediato

– l’intervento di lungo periodo

Progettare un intervento

Diventa efficace:

• progettare in modo accurato lo stile di comunicazione con il bambino;

• progettare in modo accurato lo stile di comunicazione con la famiglia;

• rileggere la relazione fra stile di comunicazione adottato e feed back del

bambino e della famiglia;

• progettare in modo accurato la mediazione educativa e didattica, utilizzando il

gruppo come risorsa fondamentale.

Progettare un intervento

L’educatrice di fronte alle famiglie

• I genitori, nel tempo, si sono trasformati in un’utenza esigente, informata,

che manifesta il diritto ad usufruire del servizio non solo per esigenze

lavorative, ma per scelta consapevole. Gli obiettivi-finalità si fondano

sull'affermazione delle rispettive autonomie: i rapporti con le famiglie sono

"contesti di apprendimento relazionale e cognitivo" che ci consentono di

operare in vista del riconoscimento/consapevolezza della rispettiva

differenza, specificità e responsabilità educativa.

• Le strutture educative hanno il potenziale per diventare luoghi di dibattito

aperto nella società civile (forum) e, come tali, per contribuire a creare una

democrazia partecipativa e una cittadinanza attiva. Le istituzioni per la

prima infanzia possono essere intese come “forum pubblici situati in una

società civile nella quale i bambini e gli adulti partecipano a progetti di

rilevanza sociale, culturale, politica ed economica.

• I servizi educativi si fanno carico di dare risposta ai bisogni dellefamiglie offrendo contesti che siano una possibile occasione di sostegnoreciproco tra adulti e, quindi, anche un luogo ove condividere edelaborare risposte comuni ai problemi nuovi che interessano oggil'esperienza genitoriale.

• Obiettivo è dunque anche quello di sviluppare e consolidare nei genitorila fiducia di saper comprendere il proprio bambino, la consapevolezzache i problemi che li mettono in ansia sono problemi normali e condivisi,la capacità di trovare soluzioni educative proprie, personali, adatte aivalori e allo stile di vita della propria famiglia. Lo scopo non è quello dicomunicare linee educative più o meno specifiche, bensì di attivare lasensibilità e le risorse educative dei genitori, facilitando la comunicazionee la conoscenza tra le famiglie e sollecitando la condivisione diesperienze, dubbi, difficoltà e soluzioni educative con e nei servizieducativi.

L’educatrice di fronte alle famiglie

L’educatrice di fronte alle famiglie

L’obiettivo è avviare una conoscenza reciproca :

– conoscere il genitore (attraverso il racconto che fa delbambino e della relazione con lui)

– mettere a fuoco le questioni che il genitore sentemaggiormente (per rassicurarlo)

– tenere in considerazione le richieste, le preoccupazioni, i temiproposti dal genitore

L’educatrice di fronte alle famiglie

– costruire un progetto condiviso con la famiglia e con il gruppodi lavoro

– porre le basi di un supporto alla relazione

– porre le basi di un supporto alla genitorialità

– contenere le emozioni

L’educatrice di fronte alle famiglie

Il ruolo dell’educatrice nella conduzione delle relazioni… alcunipunti di attenzione:

– portavoce dei contenuti e del progetto educativo del nido

– predisposizione del contesto (spazi, tempi, ruoli)

– comunicazione (informare, ascoltare)

– osservazione di relazioni e interazioni

“L’invito è quello di saper ascoltare quello che a volte

non abbiamo tempo e pazienza di ascoltare …

La tesi è che se non apprendiamo ad ascoltare i

bambini ci sarà difficile apprendere l’arte di stare a

conversare con loro.

Non solo, ci sarà difficile forse impossibile capire

come e perché pensano e parlano,

come fanno, chiedono, congetturano, teorizzano,

desiderano, quali messaggi privilegiano, quali

procedure esplorano e scelgono per guadagnare

effetti e conoscenza …”

Loris Malaguzzi