Relazioni cooperative a...

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7 Introduzione 11 CAP. 1 IL GRUPPO COME SOGGETTO-OGGETTO- METODO 13 Kruppa grop groppo 15 Il gruppo come soggetto di azione-costru- zione-trasformazione 21 Il gruppo come oggetto di studio e di ricerca 27 Il gruppo come metodo d’insegnamento/ apprendimento 52 Professionalità e training formativo di gruppo 57 CAP. 2 LA SCUOLA COME CONTESTO E COME PROGETTO 58 Il lavoro di gruppo a scuola: il «lievito» e gli «ingredienti» 62 Autorità/Libertà 65 Io/Gruppo 77 CAP. 3 LA CLASSE COME SISTEMA COMPLESSO 77 Apprendimento come sviluppo contestualizzato e storico 78 Attori e ruoli, vincoli e copioni 83 La diversità come risorsa 87 Imparare a pensare 102 Imparare le abilità per la vita 115 Un modello concettuale di ben-essere nelle scuole 119 CAP. 4 METODI, STRATEGIE E TECNICHE 120 Attivazione del piccolo e del grande gruppo 125 Cooperative Learning 130 Simulazione e formazione 147 BIBLIOGRAFIA INDICE

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7 Introduzione

11 CAP. 1 IL GRUPPO COME SOGGETTO-OGGETTO- METODO

13 Kruppa grop groppo 15 Il gruppo come soggetto di azione-costru-

zione-trasformazione 21 Il gruppo come oggetto di studio e di

ricerca 27 Il gruppo come metodo d’insegnamento/

apprendimento 52 Professionalità e training formativo di

gruppo

57 CAP. 2 LA SCUOLA COME CONTESTO E COME PROGETTO

58 Il lavoro di gruppo a scuola: il «lievito» e gli «ingredienti»

62 Autorità/Libertà 65 Io/Gruppo

77 CAP. 3 LA CLASSE COME SISTEMA COMPLESSO 77 Apprendimento come sviluppo

contestualizzato e storico 78 Attori e ruoli, vincoli e copioni 83 La diversità come risorsa 87 Imparare a pensare 102 Imparare le abilità per la vita 115 Un modello concettuale di ben-essere

nelle scuole

119 CAP. 4 METODI, STRATEGIE E TECNICHE 120 Attivazione del piccolo e del grande

gruppo 125 Cooperative Learning 130 Simulazione e formazione

147 BIBLIOGRAFIA

INDICE

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Il presente volume pone la problematicità e la problematizzazione a baricentro della riflessione sulla teoria e sulla prassi della dimensione e del lavoro di gruppo nel contesto scolastico e intende interpretare la complessità che lo contrassegna nelle direzioni indicate da un razio-nalismo critico interessato ad analizzare le antinomie insite nel campo educativo e a ricercare/sperimentare risposte possibili.

Al centro del discorso è una concezione di scuola intesa come istituzione intenzionalmente formativa, contesto sociale quasi natu-rale, contrassegnato dalla condizione umana della temporalità, della storicità, della incessante ricerca di «soluzioni» e di «certezze» nella forma di teorie, metodi, strategie, tecniche, formule organizzative: risposte possibili che incessantemente lasciano emergere ulteriori ele-menti di problematicità. La scuola si propone come un sistema di «pratiche di discorso», modalità operative, contesti interattivi volti a favorire la co-costruzione delle intelligenze (del sapere, del saper fare, del sapere da… storico, geografo, cittadino o cittadina). Questo sistema complesso d’interazioni, pratiche e relazioni1 — che si ripropongono goccia a goccia, giorno dopo giorno e a cui lo studente/il bambino si

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INTRODUZIONE

1 Definiamo una relazione come una storia di interazioni, ossia una storia di mi-croscambi che avviene in contesti particolari, adottando stili particolari. Si veda Mantovani (1989, p. 28).

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RELAZIONI COOPERATIVE A SCUOLA

adatta come all’aria che respira — è la scuola: costituisce a un tempo il contenitore, l’«ambiente» e il «materiale» in cui e con cui si tesse la vita nella scuola. È formativa la relazione con l’ambiente scolastico e, in particolare, l’idea che il bambino-lo studente si fa della propria ca-pacità di potere e di sapere essere attivo, di potere e di sapere scoprire, mantenere e alterare le proprietà del «suo» ambiente, di sentirsi ben visto e, quindi, di ben vedersi.

Nel volume s’intende evidenziare, proponendo anche indicazioni operative, come le relazioni intersoggettive e il contesto siano parte di ciò che succede nella scuola, come «trasportino» e «distribuiscano» energia nella forma di emozioni e cognizioni. Si riconosce la comples-sità e la problematicità dell’ambiente-scuola, dell’ambiente-classe, del team docente così come del gruppo dei pari, evidenziando la con-vivenza di forze e dinamiche potenzialmente creative e costruttive e potenzialmente distruttive e regressive. E si sottolinea la grande «cura» che serve per co-costruire un’armonia interna mai definitivamente ac-quisita e il lavoro, l’impegno che serve per portare e riportare le energie e le risorse «dentro» al gruppo, sul compito.

L’ipotesi di fondo è che possa realizzarsi, nel gruppo-classe e nei gruppi d’apprendimento fra pari, una conoscenza reciproca tale da permettere di individuare i pattern di comportamento, la «firma comportamentale» gli uni degli altri,2 tanto da potere/sapere rico-noscere gli uni (insieme alla voce, al disegno, alla grafia), le mosse cognitivo-emotive degli altri (e da avere progressivamente consape-volezza delle proprie), ma anche anticiparle, co-costruirle, regolarle e trasformarle. L’ipotesi di fondo è che una scuola e in particolare un gruppo-classe intesi come una comunità di vita, di discorso, di pratica, debbano basarsi su istituzioni interne negoziate dai con-traenti le relazioni educative, ossia su quelle regole e quell’assetto organizzativo che servono per realizzare — seppure con diversi livelli di responsabilità e decisionalità — un’idea di scuola condivisa da tutti gli attori impegnati sulla scena educativa. È che le competenze sociali s’imparino proprio facendo gruppo: gruppo d’apprendimento e gruppo-classe.

La seconda è la qualità della relazione tra bambini e insegnanti, è la qualità della relazione fra pari, è la qualità delle condizioni di contesto che l’insegnante e il team sanno mettere a punto per far sì che il bambino e la bambina accedano alle risorse utili per affrontare l’incertezza e le sfide del loro farsi «grandi», per formare un senso sta-bile di sé, per imparare un uso efficace dell’autocontrollo e un modo efficace di comunicare.

2 Si vedano Shoda e Mischel (2000, pp. 407-428).

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Introduzione

L’idea-limite è quella di costituire una rete dinamica, un sistema sufficientemente stabile di relazioni, che possano essere sempre più efficaci (perché in grado di valorizzare le diversità) e armoniose (perché in grado di integrare le risorse), sapendo che i legami che si creano tra/sui banchi di scuola — sia quelli degli allievi con gli insegnanti sia quelli tra pari — possono costituire un’occasione «plurima»: di appren-dimento, crescita, cambiamento, opportunità emotiva, riparazione, argine contro il rischio.

Il volume si articola in una prima parte, intesa a fornire un qua-dro teorico-metodologico che rivolge particolare attenzione alle radi-ci «storiche» dell’approccio cooperativo e interattivo-costruttivista e contestualista: le scuole attive e l’eredità di John Dewey; la teoria di campo e il metodo sperimentale di Kurt Lewin; la teoria psicoanalitica e il contributo di metodo nella definizione del setting educativo; Cé-lestin Freinet tra movimento di cooperazione educativa e pedagogia istituzionale; l’approccio interattivo-costruttivista e contestualista e il cooperative learning.

Alla luce di questo sistema d’ipotesi e idee, oggi più che mai innovative, lo sguardo va alla scuola — e al gruppo-classe — come contesto e come progetto analizzando non tanto le antinomie più formali, relative al sapere, quanto piuttosto quelle più pratico-teoriche e prati-co-educative, relative alla dialettica Autorità/Libertà e Io/Gruppo.

Ciò porta a considerare il clima di classe, quindi la funzione di guida dell’insegnante e l’iniziativa dell’allievo, l’importanza che il potere e la responsabilità siano distribuiti, l’esigenza che un gruppo di adulti pro-getti e lavori per e con un gruppo di allievi, e che fra gli allievi si creino strutture di gruppo cooperativo, a interdipendenza positiva forte. Porta a chiedersi in che modo la classe da pluralità di soggetti in interazione possa istituirsi come gruppo-classe, ossia come pluralità di soggetti in integrazione, una pluralità in integrazione che comprenda insegnanti e allievi, rompendo la scissione tra chi insegna e chi ascolta/impara. Un gruppo-classe di cui il team docente è il principale «contenitore», custode delle «maschere» e degli equilibri interni-esterni, capace di assunzione collettiva del compito, e impegnato a portare e riportare al centro del lavoro del gruppo le energie costruttive e creative.

La seconda parte del volume ci porta dentro al sistema complesso della classe.

In essa si muovono gli attori delle relazioni educative: il bambino e la bambina, il gruppo dei pari, gli insegnanti, le famiglie. La grande scommessa pedagogica che la istituisce, e che istituisce la scuola, è di essere un ambiente generativo in cui imparare a pensare e imparare le abilità per la vita. Quindi, un laboratorio, un apprendere facendo, che sia contesto e metodo di co-costruzione di specifiche intelligenze

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RELAZIONI COOPERATIVE A SCUOLA

— di intelligenze che si intrecciano, si specificano per potersi di nuovo «intrecciare» — e la messa a punto delle condizioni, degli «ingredienti» che permettono alle idee innovative e ai progetti educativi di «lievitare» e di fare la scuola: la diversità — personale e culturale — come risorsa, le abilità per apprendere ad apprendere, le situazioni efficaci in senso scolastico, l’affettività come sostegno per l’intelligenza e la produttività dell’intelligenza a seconda del segno positivo o negativo dell’affettività, la resilienza e le parole per sentire e sapere di avere, essere e potere.

Il volume si conclude con un capitolo su metodi, strategie e tecniche, che propone alcune strategie di attivazione dei gruppi (brainstorming in piccolo gruppo, Phillips 6x6 in grande gruppo); alcune tecniche del cooperative learning per creare strutture di gruppo a interdipendenza positiva forte (intervista a tre passi, Jigsaw, controversia); metodologie di simulazione e di formazione (analisi di caso, role playing, acquario, riunione-discussione, con attenzione alle funzioni e ai ruoli che si giocano in questo tipo di gruppo).

Un grazie sentito ai Proff. Franco Frabboni, Laura Cerrocchi, Berta Martini, Dario Ianes per le occasioni di confronto scientifico, alla Dr.ssa Katia Vinante, dalla cui tesi di laurea ho riportato un’espe-rienza da lei personalmente condotta in classe utilizzando la tecnica dell’intervista a tre passi per risolvere problemi di matematica; inoltre, alla Dr.ssa Elisa Folgheraiter che ha collaborato con me con passione anche per questo lavoro e alla Dr.ssa Silvia Moretti della Casa Editrice Erickson.

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Collochiamo il nostro discorso nella visione, cara al pragmatismo deweyano e riaffermata dalla teoria dell’azione così come dall’approccio della cognizione situata (Argyris e Schön, 1998; Pontecorvo, Ajello e Zuc-chermaglio, 1995; Bruner, 1999), che vede l’individuo e i suoi contesti di appartenenza in reciproca interazione, a partire dai primissimi giorni e settimane di vita nell’ambiente-famiglia — e, ancora prima, nei pro-getti dei genitori e degli adulti che circondano il bambino e la bambina (Vygotskij, 1990, p. 60) — poi nella scuola e nei contesti non-formali e informali di socializzazione, di formazione, di vita quotidiana.

Guardiamo alla scuola come a un’organizzazione complessa, a un «contesto» al cui interno s’intrecciano molteplici interazioni e relazioni «regolate» da specifiche costrizioni ecologiche e dalla matrice di signi-ficati di cui una determinata scuola è intessuta e da cui trae senso (Di Blasio, 1995, p. 6). Un «contesto» caratterizzato da un «contratto» più o meno esplicito e da un assetto organizzativo che si riverbera sull’es-sere insegnanti/operatori in quella scuola così come sull’essere allievi in quella scuola/classe. Tanto che si può affermare che il principale contenuto che della scuola resta è l’esperienza e l’idea di scuola.

I docenti, la dirigenza, le altre figure professionali e di assistenza sono chiamati a operare in una dimensione sia intra-istituzionale (inter-na alla classe e all’istituzione-scuola) sia inter-istituzionale (relazionata con altre istituzioni e servizi). Inoltre, s’interfacciano con un contesto

LA SCUOLA COME CONTESTO E COME

PROGETTO

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RELAZIONI COOPERATIVE A SCUOLA

socio-culturale più ampio che può esprimere conferma, ma anche in-differenza, disconferma.

Schein definisce la cultura organizzativa come:

l’insieme coerente di assunti fondamentali che un dato gruppo ha inventato, scoperto e sviluppato imparando ad affrontare i suoi problemi di adattamento esterno e di integrazione interna e che hanno funzionato bene, tanto da poter essere considerati validi e perciò tali da essere insegna-ti ai nuovi membri come modo corretto di percepire, pensare e sentire in relazione a quei problemi. La cultura organizzativa, che tendenzialmente è unica all’interno di un’organizzazione, è quindi una risposta interiorizzata da parte di un gruppo al problema del soddisfacimento dei propri bisogni. (Schein, 1986)1

Ripropone «qui e ora» comportamenti conseguenti a scelte compiute in relazione a situazioni createsi «là e allora». Le «attuali» scelte e le azioni di una classe, di un gruppo di progetto, della scuola come entità sociale e istituzionale possono collocarsi entro gli schemi della cultura organiz-zativa consolidata, oppure proporsi come modestamente o significativa-mente innovative. In questo secondo caso, comportano modificazioni interne e al contempo attivano una serie di feedback volti a frenare e/o incentivare i processi innovativi. Altrettanto, il sistema di aspettative e la valutazione esplicita e implicita che il contesto socio-culturale esprime, le scelte politiche e le valutazioni della collettività hanno vistose ricadute sulle scelte interne all’istituzione scolastica e sui sottosistemi che la costi-tuiscono, nonché sulla percezione e sulla rappresentazione che i docenti hanno di sé e che gli studenti hanno della scuola.

Il «lievito» di concezioni innovative rispetto all’esistente richiede un’at-tenta messa a punto di «contesti» d’interazione e di relazione per dare alla scuola il «sapore del ben-essere e del bell’essere».

Il lavoro di gruppo a scuola: il «lievito» e gli «ingredienti»

Crediamo che il lavoro di gruppo nella scuola e nel gruppo-clas-se si giochi all’interno di molteplici antinomie,2 contraddizioni irri-

1 Si vedano anche Schein (1989; 1992) e Weick (1993; 1997).2 Per antinomia (dal greco antì: contro, e nómos: legge) si intende la compresenza di

due proposizioni espressive di leggi relative a un medesimo oggetto e reciprocamente contraddittorie, nonché giustificabili con argomenti di identico valore probativo. L’antinomia è una figura centrale in pedagogia e in didattica. Sottolinea l’intrinseca problematicità delle esperienze e delle soluzioni. Si può dire che la pedagogia e la didattica sono organizzate intorno ad antinomie: a due tipi di antinomie — come si legge in Cambi (2000, p. 145) — «quelle più formali, relative al sapere; quelle più pratico-teoriche che emergono dalla ri-lettura (razionale) del processo educativo».

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La scuola come contesto e come progetto

solvibili (interne ai processi di insegnamento/apprendimento e alle dinamiche di coordinamento-gestione della scuola) che alimentano sia la problematicità sia l’apertura al possibile. Quando si parla di antinomie in campo educativo, ci si riferisce a quei poli costitutivi che rappresentano le finalità corrispondenti alle esigenze educative maggiormente in contrasto. Tali poli, proprio in ragione della radicalità dell’opposizione cui si riferiscono, permettono la delimitazione di un campo educativo aperto alla comprensione dell’universalità delle forme (date storicamente o in possibili progettazioni) in cui l’esperienza si manifesta (Bertin, 1968, p. 55).

La presunzione di una sintesi perfetta dei due poli o momenti antinomici nega validità assoluta all’espressione e alla pressione del-le istanze provenienti da ciascuno di essi, le une e le altre parziali o inautentiche, se considerate nella loro unilateralità. In questo modo l’antinomicità rinvia a un processo infinito l’unificazione razionale dei termini che la costituiscono.

In queste pagine ci soffermeremo su alcune antinomie che ali-mentano nello specifico l’organizzazione e le dinamiche del lavoro di gruppo nella scuola.

Trascureremo le antinomie più formali, relative al sapere, per con-siderare quelle più pratico-teoriche e pratico-educative. Tratteremo di quelle antinomie che si dipanano nel campo dinamico dove i progetti (o anche generici sistemi di ipotesi) e la gestione quotidiana dei rap-porti di potere contribuiscono a creare il «teatro» nel quale si muovono gli attori (gli insegnanti, gli allievi, i genitori, il personale non docente) giocando ruoli istituzionalizzati e insieme meta-istituzionali (in quanto definiti dall’istituzione e al contempo capaci di «definire» l’istituzione), all’interno dei vincoli (gli orari, l’articolazione degli spazi e degli arredi, il sapere «diviso» in discipline, le classi d’età) e dei confini (i rituali, le «regole» implicite ed esplicite) che governano le dinamiche e la «vita» del gruppo-classe e della scuola.

Riteniamo che le principali antinomie relative al gruppo e al lavoro di gruppo nella scuola possano essere raccolte sotto l’ombrel-lo dell’antinomia-madre autorità/libertà e dell’antinomia-madre io/gruppo che prendono forma in una serie di antinomie-figlie, interne ai processi di coordinamento-gestione e di insegnamento/appren-dimento e alle dinamiche interattive e relazionali che li sostengono e/o li «distraggono».

Crediamo che l’antinomia-madre autorità/libertà si manifesti in particolare nelle dinamiche conseguenti alla relazione asimmetrica tra dirigenza e insegnanti e tra insegnante/i e allievo/i, ma anche nel gruppo-classe, tra gli allievi stessi e nel team.

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RELAZIONI COOPERATIVE A SCUOLA

Autorità/Libertà

Insegnante come guida

vs.Iniziativa

dell’allievo

RELAZIONI E LAVORO DI GRUPPO NEL GRUPPO-CLASSE

ANTINOMIE E RISPOSTE POSSIBILI

Io/Gruppo

Gruppo-classe (e/o team docente) come pluralità di soggetti in interazione

vs.

Gruppo-classe (e/o team docente) come pluralità di soggetti in integrazione

Lavoro/apprendimento individuale vsCo-costruzione dell’apprendimento individuale

Trasmissione del sapere vs. Co-costruzione

Regole imposte dall’insegnante o dal team vs.Regole negoziate con il gruppo-classe (istituzioni interne)

Basso livello di integrazione delle intelligenze e risorse individuali vs. Alto livello di integrazione

Tutoring/scaffolding Classe cooperativamonitoring

Individualismo e/o competizionevs. Collaborazione

Clima autoritario o permissivovs. Clima democratico

Richieste troppo o troppo poco elevatevs. Valutazione dinamica e scaffolging

Forze regressive e distruttivenel/contro il gruppo

vs.Forze creative e costruttive

nel/per il gruppo

Fig. 2.1 Il gruppo-classe: relazioni e lavoro di gruppo.

VygotskijBrunerMontessoriLumbelliPontecorvoBoscoloPianta

Cooperative learning

(Dewey, Lewin)Johnson e JohnsonCohen Sharan e SharanComoglio

Pedagogia istituzionale

Vasquez e Oury FreinetM.C.E.Don Milani CiariLodiNitsum

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La scuola come contesto e come progetto

Autorità/Libertà

Dirigentecome guida

vs.

Iniziativa dei gruppi:commissioni,

team docenti, altro personale nella scuola

RELAZIONI E LAVORO DI GRUPPO NELLA SCUOLA

ANTINOMIE E RISPOSTE POSSIBILI

Io/Gruppo

Collegio, team docenti come pluralità di soggetti in interazione

vs.

Collegio, team docenti come pluralità di soggetti in integrazione

Programmazione-conduzione classevs. Programmazione-conduzione di team

Organizzazioneburocraticavs. Learning Organization

Stile di conduzione autoritario o permissivo vs. Stile di conduzione democratica

Basso livello di integrazione delle competenze e diversità individuali vs. Alto livello d’integrazione

Tutoring/scaffolding Cooperazioneapprendimento organizzativo

VygotskijDewey, BrunerFoulkes, NitsunArgyris, Schön, Morgan, Quaglino

CooperativeLearning

(Dewey, Lewin)Johnson e Johnson CohenKaganSharan e SharanSlavinComoglio

Pedagogia istituzionale

Vasquez e Oury Freinet, M.C.E.,Don Milani, Ciari, Lodi

Lavoro individuale vs. Lavoro coordinato e assunzione

collegiale del compito

Leadership centrata sul dirigente o abbandonicavs. Leadership distribuita

Autoreferenzialitàvs. Auto e eterovalutazione

Forze regressive e distruttivenel/contro il gruppo

vs.Forze costruttive e creative

nel/per il gruppo

Fig. 2.2 La scuola: relazioni e lavoro di gruppo.

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RELAZIONI COOPERATIVE A SCUOLA

Riteniamo che l’antinomia-madre io/gruppo si manifesti in particolare nelle dinamiche tra dirigenza, figure di sistema, insegnanti; all’interno del team di classe e di interclasse, dei gruppi monodisciplinari, del gruppo del personale amministrativo, di quello del personale di assistenza, del colle-gio dei docenti, dei gruppi di genitori e di altri tipi di gruppo nell’istitu-zione, così come nelle relazioni tra allievi all’interno del gruppo-classe.

Autorità/Libertà

L’antinomia-madre autorità/libertà evidenzia un problema costitutivo nella dinamica dell’insegnamento/apprendimento nel grup-po-classe (e delle interazioni e relazioni nella scuola), un problema difficilmente aggirabile nell’azione didattica, un oggetto inquietante del dibattito teorico. Scrive, in proposito, Cambi:

Se l’educazione è crescita, cura, acquisir forma, implica una guida,

un senso, una direzione, materiale e formale: un soggetto che guida (o più soggetti) è un modello. Un soggetto che aiuta, sorregge, indica è un modello che è fine-in-vista e lievito stesso del processo. Nel contempo, però, è collaborazione da parte del soggetto guidato, è assunzione convinta e spontanea di fini e di forme, è elaborazione (o ri-elaborazione) libera di questi. L’educazione si scandisce tra guida (autorità) e autonomia (libertà). E «tra» significa che oscilla, integra e separa, media senza risolvere un radicale dualismo, costante e necessario. (Cambi, 2000, p. 146)

È un’antinomia che si scandisce anche storicamente, ora accentuan-do l’elemento di autorità ora quello di libertà, e che — come abbiamo visto con riferimento ai principali approcci didattici contemporanei — nell’epoca contemporanea vede prevalere la polarità della libertà: del resto, è questa la polarità che «deve prevalere, in quanto tutto il Moderno — pur con i suoi rapporti ambigui con l’Autorità — è in-cardinato sulla Libertà» (Cambi, 2000, p. 147).

Il clima di classe

L’antinomia autorità/libertà, a livello di classe, si sostanzia nella polarità insegnante/allievo. Se domandiamo a un bambino che cosa va a fare a scuola, questi molto probabilmente ci risponderà che «si sta a scuola per imparare, per ricordare e anche per far vedere che si sa» (Pontecorvo, Ajello e Zucchermaglio, 1991, p. 14). Dal canto suo, l’insegnante «fa» la scuola. È vero:

L’insegnante è l’elemento fondamentale della scuola. [...] possiamo avere ottimi locali, ottime attrezzature didattiche, ottime disposizioni

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La scuola come contesto e come progetto

organizzative e ottimi scolari, ma senza l’insegnante non si potrà mai avere la scuola. (Genovesi, 1999, pp. 197-198)

Quelli dell’insegnante e dell’allievo sono due ruoli entrambi isti-tuzionalizzati (scanditi anche storicamente) e meta-istituzionali, ossia capaci di raccontare che cosa è la scuola e che cosa vi si fa, quale ruolo si ricopre nel gioco delle parti.

Nei modelli pratico-teorici di insegnamento/apprendimento più accreditati (basti ricordare Freinet e il Movimento di Cooperazione Educativa, la pedagogia istituzionale di Vasquez e Oury, Ciari, Don Milani, Lodi, i differenti filoni del cooperative learning) convive l’enfa-si e l’insistenza sulla polarità insegnante come guida/iniziativa dell’allie-vo: sulla figura dell’insegnante come cardine della scuola e guida solida della comunicazione educativa e insieme sull’iniziativa e gli interessi degli allievi, sul bisogno di ciascuno di esprimersi e di essere protago-nista attivo del proprio percorso di apprendimento.

Oggi la classe viene rappresentata come un campo dinamico, come un contesto interattivo per la co-costruzione e la socializzazione di intel-ligenze, dove la polarità leadership autoritaria/leadership permissiva, dopo alcuni viraggi sulla seconda (negli anni Settanta) trova un’integrazione possibile, senza peraltro risolvere il radicale dualismo che la sottende. Sappiamo che una leadership autoritaria può compromettere il senso di appartenenza al gruppo-classe, la capacità di decentrarsi sul punto di vista degli altri, di assumere in prima persona responsabilità e autonomia e può attivare molta ansia, impastare di ansia la vita della scuola. E sap-piamo che una semplice attenuazione fenomenica (Lumbelli, 1981b, p. 227) di tale approccio (qualora esso rimanga nella sostanza autoritario) non è sufficiente: anzi rischia di trasformarsi nell’uso opportunistico di scelte sedicenti antiautoritarie, in una serie di strategie di manipolazione e di captazione del consenso (che spesso nascondono la rinuncia a im-pegnarsi professionalmente e umanamente). Al contempo, si è potuto ampiamente sperimentare come una leadership permissiva (lassista) risulti abbandonica e, in quanto tale, induca il tasso più alto di aggressività, di sentimenti di fallimento e di acuta frustrazione.3

3 Vi è, a livello inconscio, una speciale solidarietà fra «fuga» e «attacco»: il ritiro, la fuga facilmente si trasforma in un attacco. Chi si allontana, anche per propria iniziativa, può vivere questa esperienza come se fosse lui/lei a essere abbandonato/a, scacciato/a. L’insegnante lassista, l’insegnante che «non c’è» si sente a propria volta rifiutato e tende a percepire come ostili i propri allievi. Si crea in tal modo un circolo perverso di reciproci movimenti di attacco-fuga, dove gli allievi si sentono attaccati e a loro volta attaccano: in tal modo non può costituirsi un gruppo-classe vitale, in grado di funzionare costruttivamente.

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RELAZIONI COOPERATIVE A SCUOLA

Resta, peraltro, ancora aperta la questione di come sia possibile conciliare un progetto pedagogico che ha l’obiettivo di stimolare la libertà e l’iniziativa dell’allievo con il mantenimento della sede de-cisionale nella figura dell’insegnante, almeno per quanto riguarda le scelte più importanti di obiettivi e di strategie educative. Una risposta possibile, per un insegnante (e per un team) che opti per un approccio attivo e partecipativo alla conoscenza e alla gestione della classe, si basa sulla distinzione tra potere istituzionale e potere connesso con la competenza e con l’humanitas:4 solo questo secondo dovrebbe essere fatto valere qualora si opti per un approccio democratico e partecipativo al fare scuola quotidiano.

Non possiamo, in questa sede, soffermarci su altre specifiche con-seguenti antinomie (per esempio: trasmissione del sapere vs. ricerca) se non per sottolineare che l’obiettivo di un insegnamento/appren-dimento come ricerca e co-costruzione delle conoscenze (forte an-tidoto alla pigrizia e al conformismo intellettuale, quindi agli atteg-giamenti subalterni e/o passivi) richiede una radicale ri-definizione e ri-strutturazione del campo in direzione di un’integrazione dialettica delle istanze di autorità e di libertà. Tale modificazione del campo deve riguardare innanzi tutto la scuola che — se non vuole essere soltanto scuola-testo (manuale, banco, aula) bensì anche scuola-bottega e labo-ratorio di apprendimento e di vita democratica — deve introdurre ele-menti di apertura, flessibilità, integrazione al proprio interno e rispetto alle opportunità formative del fuori scuola. Altrettanto l’insegnante e il team docente — se non vuole svolgere un lavoro «separato», fon-dato su una concezione di insegnamento/apprendimento basata sulla relazione «diadica» docente/allievo e sulla teoria ingenua secondo cui l’apprendimento è un processo che «non si vede», il risultato di un’atti-vità individuale — deve entrare nella prospettiva di una co-costruzione di intelligenze, che vede un gruppo di adulti progettare e lavorare per e con un gruppo di allievi e gruppi di allievi lavorare in situazione di interdipendenza positiva forte.

L’aria che si respira a scuola

L’antinomia autorità/libertà, a livello di istituzione scolastica, si sostanzia innanzi tutto nella polarità dirigente (e cuore organizzativo)/insegnante/i (ma anche personale della scuola, famiglie, altri soggetti isti-tuzionali intenzionalmente formativi impegnati nel territorio).

4 Questa sottile distinzione — tra potere istituzionale e potere connesso con le com-petenze e con l’humanitas — è stata più volte formulata da De Bartolomeis (1969a; 1972; 1976); si veda anche Lumbelli (1981b, pp. 227-228).

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La scuola come contesto e come progetto

Il sistema d’idee che il «cuore» organizzativo (dirigenza e figure di sistema) promuove e sostiene è il «lievito» dei processi che si attivano nella scuola, è l’impalcatura di sostegno del curricolo formativo che vi si realizza ossia, di quel sistema complesso di interazioni, pratiche e relazioni che costituiscono a un tempo il contenitore e l’«ambiente» in cui si tesse la vita della scuola. Questo sistema complesso di interazioni, pratiche e relazioni è l’aria che si respira, è come l’acqua per i pesci, è la scuola.

La qualità delle relazioni nella scuola e nelle classi riguarda sia la scelta dei modelli d’insegnamento/apprendimento sia l’adozione con-sapevole di modelli di comportamento socio-affettivo, ossia la progres-siva «costruzione» del clima del «contesto» scuola: l’ordine, la sicurezza cognitivo-emotiva, le qualità estetiche e la piacevolezza dell’ambiente, la «cura» dei legami e del ben-essere di tutti, adulti e bambini.

La responsabilità del modello organizzativo e della cultura che cir-cola nella scuola, quindi anche del clima che vi si respira, dovrebbe essere condivisa, attraverso uno stile partecipativo, riflessivo, plurale, da tutti: allievi e adulti.

Io/Gruppo

L’antinomia io/gruppo evidenzia altre polarità costitutive della dinamica insegnamento/apprendimento nel gruppo-classe (e delle interazioni e relazioni nella scuola). Innanzi tutto la potenza della classe in quanto contesto sociale e la pluralità implicita nell’antinomia insegnante/allievo, che può essere ridefinita al plurale: insegnante/allievo vs. insegnante-i/allievo-i e, più in generale, l’antinomia gruppo-classe come pluralità di soggetti in interazione vs. gruppo-classe come pluralità di soggetti in integrazione con specifiche antinomie-figlie: lavoro individua-le dell’insegnante vs. lavoro coordinato con il team; lavoro-apprendimento individuale dell’allievo vs. co-costruzione dell’apprendimento individuale; basso livello di integrazione delle intelligenze, delle differenze di genere e delle risorse individuali vs. alto livello di integrazione, ecc.

Il gruppo-classe

L’antinomia gruppo-classe come pluralità di soggetti in interazione vs. gruppo-classe come pluralità di soggetti in integrazione evidenzia alcuni problemi costitutivi della dinamica insegnamento/apprendi-mento. Da un lato, una classe che è poco più di un aggregato di allievi oggetto di insegnamento, dall’altro è un gruppo classe che è diventato tale perché si articola in sottogruppi interni, ma può anche funzionare come un insieme dinamico e creativo, capace di riconoscere il valore

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RELAZIONI COOPERATIVE A SCUOLA

delle diversità che lo compongono, di creare strutture d’interdipenden-za positiva forte al proprio interno e di avvalersi del pensiero riflessivo. Vale a dire è diventato un gruppo-classe i cui componenti sono soggetti di azione e trasformazione e sono impegnati in imprese condivise.

Nel processo che porta all’obiettivo dello sviluppo e del cambia-mento individuale, troppo spesso l’individuo e il gruppo sono stati considerati oggetti di cambiamento (contenitori da riempire di sapere, identità da plasmare) piuttosto che soggetti di azione e trasformazione. Altrettanto, il concetto di interazione è stato usato per indicare un rim-balzare di comportamenti mossi dall’esterno, piuttosto che un insieme di processi riflessivi e correttivi (di ristrutturazione) dei sistemi interni cognitivo-emotivi così come delle dinamiche di un gruppo.

Sui concetti di interazione e di relazione ci permettiamo una breve parentesi: definiamo interazione uno scambio comunicativo, un’azione reciproca o un sistema di scambi tra più soggetti; definiamo relazione una storia di micro-scambi con uno stile particolare, in un clima e in un contesto particolare.

Riteniamo che, seppure le dimensioni del gruppo-classe sono soli-tamente quelle di un gruppo medio-grande, un gruppo di docenti che lavori per creare senso di appartenenza, rapporti di interdipendenza nel lavoro scolastico, interazione positiva e, quindi, legami significativi, con il tempo può vedere il gruppo classe funzionare come un piccolo gruppo o gruppo primario.5

In tal caso, il gruppo-classe comprenderà non solo gli allievi, ma anche i docenti e gli altri adulti che vi lavorano e, in modi appropriati, anche i genitori. Non sarà un gruppo omogeneo, sarà articolato in sottogruppi. Ma sarà unito dal fatto di condividere un progetto e una responsabilità. Una tale struttura di gruppo si propone come possibile integrazione dialettica dell’antinomia insegnante/i vs. allievo/i. L’antino-mia insegnante/i vs. allievo/i segnala la scissione in due differenti mondi: chi insegna e chi «ascolta e impara». Una situazione non così rara. Si

5 «Per gruppi primari intendo quelli caratterizzati da un’associazione cooperativa intima e faccia faccia [...]. Il risultato di questa associazione intima è, dal punto di vista psicologico, una certa fusione delle individualità in un tutto comune, in modo che la vita comune e l’obiettivo del gruppo diventano la vita e l’obiettivo di ognuno [...]. Il modo più semplice di descrivere questa totalità è quello di dire che essa è un noi: ciò implica quella specie di simpatia e di identificazione mutua di cui noi è espressione naturale. I gruppi primari sono primari nel senso che forniscono all’individuo la sua esperienza più primitiva e più completa dell’unità sociale: lo sono anche nel senso che non sono mutevoli tanto quanto le relazioni più elaborate, per cui formano una fonte relativamente permanente da cui il resto deriva sempre [...]. In tal modo questi gruppi costituiscono delle fonti di vita non solo per l’individuo ma per le istituzioni sociali». (Cooley, 1963, pp. 23-28)

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La scuola come contesto e come progetto

sente spesso dire: «Quest’anno sono su6 questa/e classe/i». Non è di tutti i docenti percepirsi parte dell’impresa. Tanto che se rompessimo lo schema della struttura frontale e disponessimo gli allievi in cerchio, alcuni si collocherebbero psicologicamente e forse anche fisicamente fuori dal cerchio o al centro di esso.

Nel gruppo-classe si può costruire nel tempo — a partire da un setting basato su regolarità e coerenze convenute — una trama di re-lazioni tra i docenti, tra i docenti e gli allievi e tra gli allievi, che im-plica sentimenti di appartenenza, bisogni, desideri, rappresentazioni, attrazioni e contrapposizioni che rendono il gruppo classe simile a un organismo vivente, a un mega-individuo, la cui fisionomia si modifi-ca se arriva un nuovo componente o se qualcuno se ne va, oppure se l’ambiente esterno cambia.

Il principale «contenitore» del gruppo-classe è il team docente che ha il compito di progettare e di compiere scelte con riguardo agli obiettivi e ai contenuti disciplinari, alle metodologie didattiche, allo stile relazionale, alla valutazione dei processi e dei prodotti. E ha il compito di mettere a punto i contesti generativi di apprendimento. Ma il team docente, al momento della sua costituzione, non è altro che una pluralità di soggetti in interazione: una pluralità di insegnanti che si trova a lavorare in quella scuola e con la pluralità degli allievi iscritti in quella classe o sezione. La pluralità dei docenti impegnati, per esempio, in una classe primaria (così come i bambini che frequentano quella classe) inizialmente non è altro che un gruppo potenziale. È un gruppo che può evolvere sia verso un lavoro in gruppo, dove ciascuno svolge la propria parte, separatamente, sia verso un lavoro di gruppo, ossia verso un gruppo di lavoro, il solo che può permettere di introdurre elementi di flessibilità nelle variabili di campo: spazio/tempo, assetto organizzativo e relazioni, didattica disciplinare/interdisciplinare.

Il team docente

L’antinomia libertà d’insegnamento vs. assunzione collegiale del com-pito può considerarsi una specificazione interna dell’antinomia madre io/gruppo.

La scuola è stata definita un’organizzazione a legami deboli (Wei-ck, 1982) in quanto solitamente le relazioni interne sono scarse e non vincolanti. Gli insegnanti trovano difficoltà ad accettare la di-mensione collettiva dell’organizzazione e spesso ritengono dispersivo lavorare insieme. Al contrario, il lavoro di team è riconosciuto come

6 Nel linguaggio comune si usa il suffisso «su» che allude a un ben preciso «vertice» da cui il docente e il team guardano alla classe.

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RELAZIONI COOPERATIVE A SCUOLA

un’esigenza prioritaria della scuola dell’autonomia e come un dovere professionale.

La libertà d’insegnamento garantita al singolo insegnante dovrebbe armonizzarsi con le decisioni prese collettivamente e con l’assunzione collettiva del compito che l’istituzione scolastica deve perseguire, intesa ad assicurare a ciascun alunno un percorso formativo che gli permetta buo-ne probabilità di successo negli ordini successivi di scuola e nella vita.

In particolare, il lavoro individuale dovrebbe armonizzarsi con l’esigenza di un lavoro coordinato. Ogni insegnante, nell’esercizio della libertà d’insegnamento, ha il diritto di fare scelte operative e di elaborare ipotesi di lavoro che ritiene efficaci anche perchè valorizza-no le sue competenze, sensibilità, motivazioni. Questa componente di progettazione individuale, però, deve confrontarsi e integrarsi con una componente di lavoro coordinato, che comporta scelte collegiali basate sulla ricerca dell’accordo del gruppo cooperativo coinvolto nel progetto.

Un insegnante che riconosca la necessità di un lavoro coordinato (con colleghi e colleghe, così come con altri componenti) si sente in dovere di esporre e proporre al team il proprio punto di vista e il proprio lavoro, considerandolo mancante se non coordinato con il lavoro degli altri. Ritiene essenziale e importante strutturare il proprio intervento ricercando un’interdipendenza positiva utile allo scopo della formazione di ciascun allievo e del gruppo-classe sia sul piano cognitivo sia su quello affettivo/emotivo. Gli allievi, dal canto loro (ma anche le famiglie), captano il clima relazionale e il livello di interdipendenza che esiste nel team docente e percepiscono il team come un «conte-nitore» sicuro e rassicurante oppure carico di tensioni contagiose che provocano mal-essere, a tal punto che il team stesso potrebbe andare in frantumi.

Il lavoro coordinato costituisce un fattore fondamentale per la qua-lità della scuola e per la motivazione degli studenti e degli insegnanti. Ricerca un possibile equilibrio tra esigenze individuali ed esigenze collettive di coordinazione e di coordinamento finalizzate alla realiz-zazione di una scuola di qualità. Persegue un’integrazione efficace tra libertà individuale e regole organizzative di un sistema dinamico che ha cura degli equilibri e dell’armonia interna e interna-esterna, della concezione di una scuola intesa come soggetto collettivo unitario e come communitas (Esposito, 1998).

Ciò significa basare la progettazione su gruppi di lavoro che co-stituiscono le articolazioni strutturali fondamentali del collegio dei docenti e che sono i gruppi disciplinari, i consigli di classe e/o d’inter-classe, i gruppi di progetto di natura interdisciplinare. Comporta:

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La scuola come contesto e come progetto

1. la definizione precisa del compito del gruppo e del campo d’inter-vento all’interno del quale si devono individuare coerenze e con-cordare le priorità essenziali;

2. una comunicazione efficace (delle scelte concordate e delle proce-dure adottate) sia rispetto e tra le componenti interne alla scuola sia con le famiglie e altri soggetti, a differente titolo e con differente livello di responsabilità e decisionalità, interessati alla qualità del servizio;

3. il rispetto delle decisioni concordate;4. l’impegno e il sostegno del dirigente scolastico, il cui ruolo risulta

fondamentale per innescare processi innovativi;5. l’assistenza temporanea e/o la supervisione di esperti esterni;6. una gestione capace di facilitare il lavoro dei team e le scelte della

scuola.

Soprattutto, il lavoro collegiale dovrebbe istituirsi come prassi nor-male, garantita dall’integrazione funzionale delle differenti componen-ti, compresa la struttura amministrativo-contabile. La collegialità è una conquista culturale che richiede tempo ed esercizio. Entrerà nella scuola come prassi ordinaria di lavoro solo quando gli insegnanti e gli altri attori che «fanno» la scuola, esercitandola con continuità e sistematicamente, riusciranno a valutarne l’utilità e cominceranno a considerarla come una componente fondamentale della loro profes-sionalità docente.

Dal gruppo al gruppo di lavoro

Il percorso dall’interazione all’integrazione è un tracciato evolutivo (si veda la figura 2.3) che richiede tempo e impegno e che contribui-sce a trasformare sia le caratteristiche interne del soggetto gruppo (e degli individui che lo compongono) sia le sue relazioni con l’ambiente (Quaglino, Casagrande e Castellano, 1992, p. 25).

Il percorso/processo che permette il passaggio dal gruppo come plu-ralità di soggetti in interazione al gruppo come pluralità di soggetti in integrazione comporta alcune importanti fasi:• dall’interazione, ossia dalla percezione di essere dentro, di essere par-

te dell’evento gruppo, alla coesione del/nel gruppo: la prima colla, l’insieme di forze che spingono ciascun componente del gruppo a restare unito agli altri, il sentimento di fusione e di piacere che deriva dall’essere insieme, oppure (e anche) i sentimenti negativi, di ostilità, di forte conflittualità che costringono a restare «legati»;

• dalla coesione all’interdipendenza: l’acquisizione della consapevolezza dei componenti del gruppo di dipendere gli uni dagli altri, la percezione

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RELAZIONI COOPERATIVE A SCUOLA

DAL GRUPPO AL GRUPPO DI LAVORO

OVVERO, DA PLURALITÀ IN INTERAZIONE A PLURALITÀ IN INTEGRAZIONE

Fig. 2.3 Dal gruppo al gruppo di lavoro (Rielaborazione da: Quaglino, Casagrande e Castellano, 1992, p. 29).

DIFFERENZE

SI

MILARITÀ

GRUPPO

INTERAZIONE

Coesione

INTERDIPENDENZA

Negoziazione

INTEGRAZIONE

GRUPPO DI LAVORO

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La scuola come contesto e come progetto

della necessità reciproca, lo sviluppo della rappresentazione di un’unità basata sulla differenza e sulla sofferta elaborazione dei confini;

• dall’interdipendenza all’integrazione, ossia alla ricerca dell’integrazione come una situazione di equilibrio possibile, di integrazione dialettica tra soddisfazione dei bisogni individuali e dei bisogni del gruppo. Se il gruppo arriva a questa fase — questo non sempre succede e, qualora accada, richiede grande cura per sostenerne gli equilibri — si istituisce un soggetto autonomo, che scambia energia con l’ambiente in cui si è costituito. L’integrazione comporta il costo del cambia-mento, la responsabilità del risultato, l’onere della risposta e della negoziazione all’interno del gruppo e con l’esterno, il confronto con gli altri gruppi presenti nell’ambiente. Si crea un’area di lavoro co-mune, di fiducia tra i membri, di negoziazione di obiettivi, metodi, ruoli, leadership, e la possibilità della condivisione.

Un gruppo ha bisogno di tempo e di un insieme di condizioni favorevoli per istituirsi come gruppo di lavoro e bisogna sapere che una condizione raggiunta non lo è per sempre. I processi e le dina-miche interne al gruppo richiedono grande impegno da parte di chi conduce e di tutti i componenti, perché nel gruppo potenzialmente convivono forze creative e costruttive e forze regressive e distruttive, e la costruzione di un equilibrio e di un’armonia interna non si può ritenere realizzata una volta per tutte. Possono registrarsi anche, e a maggior ragione nel gruppo, così come nello sviluppo di una persona, situazioni di «stallo», in cui le energie risultano bloccate o vengono agite fuori o contro il compito e il gruppo stesso (Dozza, 2000a).

Poiché difficoltà e «fallimenti» non sono infrequenti, ci si può chiedere se vi siano vie d’uscita da dinamiche regressive e aggressive. È possibile rimettere in circolo energie bloccate e agite in modo «pa-rassita»?

Innanzi tutto, va detto che prima di uscirne bisogna entrarci. Es-sendoci entrati, bisogna chiedersi che cosa sta accadendo al gruppo e, soprattutto, che cos’è che lo attraversa e lo accomuna in quel momento.

Il gruppo e il suo procedere nel lavoro può essere percepito come deludente o frustrante; per esempio, gli individui, confrontando le loro aspettative con i loro progressi, possono sentirsi bloccati, incapa-ci di muoversi e perciò delusi; oppure infastiditi da incoerenze nella conduzione e/o dal fatto che uno o più elementi del gruppo svolgono funzioni distruttive.7 Ebbene, se il sentimento comune provato più o meno consapevolmente è riconosciuto e contenuto, possono prodursi

7 Si veda il paragrafo Funzioni e ruoli in un gruppo.

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RELAZIONI COOPERATIVE A SCUOLA

movimenti che hanno a che fare con una presa d’atto depressiva, mo-vimenti e processi che sono in grado di attivare un effetto paradossale di rinforzo della speranza di costruzione e di cambiamento.

È molto importante che chi conduce, oppure un componente del gruppo, sia in grado di riconoscere ed esplicitare il sentire-pensare comune e sappia contenere l’aggressività, la frustrazione, la delusione e prendersene cura, restituendola al gruppo come qualcosa che si può pensare e di cui è possibile parlare. Inoltre, non è possibile «risolvere» la questione dicendo che è determinata da quella/quelle persone: con-viene piuttosto creare strutture a interdipendenza positiva forte che assegnino loro compiti e valore.

Nitsun definisce in questo modo il concetto di anti-gruppo:

[...] è un termine ampio che descrive l’aspetto distruttivo del gruppo, che ne minaccia l’integrità e lo sviluppo. Non si tratta di una «cosa» statica, che ac-cade in tutti i gruppi allo stesso modo, ma di un insieme di atteggiamenti e impulsi, consci e inconsci, che si manifestano in maniera diversa in differen-ti gruppi. Credo che la maggior parte, se non tutti i gruppi, contengano un anti-gruppo ma che, mentre in alcuni gruppi questo si risolve con relativo agio, in altri può minacciare e distruggere le basi del gruppo stesso.A causa di ciò, io ritengo importante — se non essenziale — essere in grado di comprenderne le origini. Credo anche che occuparsi con successo dell’anti-gruppo possa rappresentare un punto centrale nello sviluppo del gruppo. Aiutando il gruppo a contenere il suo particolare anti-gruppo, non solo si riducono le possibilità di acting out distruttivi, ma il gruppo si rafforza e il suo potere creativo viene liberato. (Nitsun, 1991, pp. 7-8)

Nitsun precisa che l’enfasi dell’ultima parte della citazione sul po-tenziale creativo del gruppo è essenziale. L’anti-gruppo, infatti, non viene concepito come una forza monolitica che inevitabilmente di-strugge il gruppo. Piuttosto, è visto in una relazione complementare con i processi creativi del gruppo, come un aspetto che richiede atten-zione e cura affinché lo sviluppo costruttivo del gruppo stesso possa procedere senza seri ostacoli. In tal modo, il conflitto tra creatività e distruttività è anch’esso visto come generativo: dà valore e senso alla natura paradossale non solo del gruppo, ma dell’esistenza umana in generale e il suo contenimento e riconoscimento risulta rafforzante (Nitsun, 1991, p. 45).

Tutoring e zone di sviluppo prossimale

Il team docente, se si orienta in direzione dell’insegnamento di grup-po o cooperative teaching, può costituire uno spazio di progettualità e di riflessività sull’azione didattica. Può introdurre quegli elementi di

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La scuola come contesto e come progetto

setting utili ad attivare nel gruppo-classe le condizioni di un apprendi-mento cooperativo e l’integrazione delle molteplici potenzialità, iden-tità, risorse. Può svolgere una importante funzione di tutoring per il singolo allievo e per il gruppo se sa compiere una valutazione dinamica del livello di sviluppo attuale dell’allievo (del gruppo degli allievi) e del livello di sviluppo potenziale (la prestazione che l’allievo e/o il gruppo potrà effettuare) ossia del livello di competenza che potrà raggiungere con il debito aiuto. Per debito aiuto si intende un’impalcatura di soste-gno temporanea (scaffolding) volta a fornire/indicare strategie facilitan-ti. È un’impalcatura di sostegno che ricerca un’armonica integrazione del piano affettivo e del piano razionale per l’individuo e per il gruppo, che cerca di calibrare le richieste (che non dovranno essere percepite né come troppo elevate e incongruenti, né come troppo semplici rispetto al livello ottimale di novità e di difficoltà del compito. L’adulto (o un coeta-neo, se possibile di due o tre anni più grande e debitamente preparato) che fornisce un’impalcatura di sostegno si muove lungo un continuum che va da un massimo di funzione a un minimo e incomincia a ritirare l’aiuto quando l’allievo inizia a interiorizzare il compito. Muoversi nella zona di sviluppo prossimale significa per insegnante e allievo basarsi sulla possibilità di una «definizione condivisa della situazione» o, me-glio «giocare» sulla possibilità di una «ri-definizione condivisa della si-tuazione» e, quindi, di una delimitazione del compito (Wertsch, Minik e Arns, 1984, p. 13),8 sulla messa a punto di un contesto facilitante l’attivazione e il mantenimento della concentrazione, sul sostegno nei momenti critici, sulla proposta di strategie, sulla revisione individuale e di gruppo, sul monitoraggio del docente, perché l’impalcatura di sostegno che si fornisce è destinata a scomparire a mano a mano che l’allievo e il gruppo si rendono autonomi. Anche il tutoring fornito da un allievo più grande, un allievo istruttore, è una strategia vantaggiosa sia per chi apprende che per chi insegna: permette all’allievo che ap-prende di conseguire gli obiettivi perseguiti, ma al contempo a colui che insegna di sviluppare un nuovo senso di competenza personale e di acquisire una maggiore padronanza dei concetti e/o delle procedure insegnate (Cohen, 1999, p. 33).

In questo modo, il team docente e il gruppo-classe sostengono molteplici e sovrapposte zone di sviluppo prossimo favorenti la co-co-struzione di conoscenze-aree di abilità e di significati negoziati: processi interpersonali che si trasformano in processi intrapersonali (Vygotskij, 1974, p. 33).

8 Inoltre, si vedano: Bruner (1978); Greenfield (1984); Rogoff e Gardner (1984); Bo-scolo (1990, pp. 16-22); Pontecorvo, Ajello e Zucchermaglio (1995, pp. 21-37).

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RELAZIONI COOPERATIVE A SCUOLA

Una tale funzione viene svolta adeguatamente in una classe coope-rativa: una classe intesa come comunità di apprendimento, come scuola a nuovo indirizzo (Frabboni, 1999a, pp. 75-196) le cui radici teoriche possono rintracciarsi nel pensiero e nell’opera di grandi educatori, quali Freinet, Ciari, Don Milani, Lodi e di movimenti di insegnanti quali il Movimento di Cooperazione Educativa e i vari filoni del coo-perative learning.

AREA

DI S

VIL

UPPO P

ROSSIM

ALE

LIVELLO POTENZIALE

(dove il gruppo può arrivare con il debito aiuto)

LIVELLO ATTUALE

(che cosa il gruppo è in grado di fare, come riesce a relazionarsi nei contesti di vita quotidiana)

Fig. 2.4 Tutoring e zone di sviluppo prossimale.

LEGENDA

= debito aiuto - tutoring

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La scuola come contesto e come progetto

Cooperare e apprendere

L’organizzazione cooperativa del gruppo-classe richiede un’assun-zione attiva di compiti e responsabilità, ma anche che ruoli e funzioni ruotino in modo che ciascuno si sperimenti in ruoli e funzioni diverse. Necessita cioè di strutture di gruppo a interdipendenza positiva forte: di scopo, di compito, di ruolo, di informazioni e risorse, di abilità manuali e di fantasia, ossia di un’interdipendenza giocata sia all’in-terno del piccolo gruppo sia tra sottogruppi nella classe.9 Perché si creino queste condizioni occorrono attività diversificate e coinvolgenti e l’assunzione di decisioni al riguardo, quindi una leadership distribuita e un potere di parola distribuito. Ci riferiamo, in generale, ai principi-base e ai suggerimenti metodologici sui quali si fonda l’approccio del cooperative learning. Sono le premesse per realizzare progetti eserci-tando, valorizzando, intrecciando differenti intelligenze, per sollecitare gli allievi ad assumere in proprio «sfide» intellettuali, etiche, estetiche, per dare a ciascuno la possibilità di sperimentare il successo in un qualche ambito.

Inoltre, aggiungiamo che l’organizzazione stessa della struttura cooperativa deve operare una distinzione tra quanto è istituito, che riguarda qualcosa di già dato dall’esterno (per esempio, gli insegnanti che lavorano con una classe e gli allievi iscritti in quella classe, la scuola come edificio) e l’istituente: il gruppo-docente insieme al gruppo-classe è istituente, sia riguardo alla struttura organizzativa della classe, sia ri-guardo alle istituzioni interne, ossia a quei contesti di apprendimento e a quelle poche e chiare regole convenute dal gruppo che devono essere discusse e condivise da tutti e che servono al gruppo stesso per coor-dinarsi costruttivamente. Siamo alle radici del concetto di leadership distribuita, di potere, impegno e responsabilità distribuiti e condivisi (figura 2.5).

9 Sono i principi sui quali si basa l’approccio del cooperative learning. Si vedano, in proposito: Comoglio (1998; 1999); Comoglio e Cardoso (1996); Johnson, Johnson e Holubec (1996); Slavin (1990); Sharan e Sharan (1998); Kagan (1994); Cohen (1999).

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RELAZIONI COOPERATIVE A SCUOLA

PER UN PROGETTO EDUCATIVO

SETTING EDUCATIVO(definizione e ri-definizione condivisa degli spazi,

tempi, regole-relazioni; del progetto/patto educativo)

Fig. 2.5 Una scuola come comunità di discorso e di pratica.

ISTITUZIONI INTERNE(una cultura di gruppo)

RICONOSCIMENTO E VALORIZZAZIONE DELLE DIVERSITÀ

CO-COSTRUZIONE DELLE INTELLIGENZE EINDIVIDUAZIONE DI SÉ

CON E ATTRAVERSO GLI ALTRI