Relazione - REPETITA · La sua figura malvagia incuteva rispetto più che ripugnanza. Il dramma...

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I PROMESSI SPOSI

PREMESSA"I Promessi Sposi" è un romanzo scritto dal celebre Alessandro Manzoni. Egli, essendo nato nel 1785 e morto nel 1873, vive per intero il periodo compreso tra la Restaurazione (1814 - Congresso di Vienna), e l'Unità d'Italia (1861), ma ambienta il romanzo nel 1600, inserendo come sfondo la guerra e facendo riferimento a molti episodi accaduti nell'800 (ex. 1630 - epidemia della peste).Il libro di Manzoni è stato il primo grande romanzo della letteratura italiana e, inoltre, ha avuto un enorme influenza anche sugli scrittori che seguirono.

PERSONAGGINel romanzo compaiono personaggi storici (realmente esistiti), e personaggi inventati (frutto della fantasia di Manzoni). I personaggi realmente esistiti sono: l’Innominato, la Monaca di Monza, Fra Cristoforo, i Bravi, Antonio Ferrer e il Cardinal Federigo Borromeo.

-L’Innominato

Figura esistita tra il 1500 e il 1600, rielaborata da Manzoni, l’Innominato era una delle figure psicologicamente più complesse e interessanti del romanzo. Aveva casa in campagna in località Somasca; amava essere partecipe degli affari altrui ed essere temuto. Nella sua posizione da “ribelle” riusciva a guadagnarsi una sua libertà; difendeva con coraggio estremo e con polso le cause ingiuste che gli venivano proposte. Amava razziare nelle campagne cremasche per poi rifugiarsi nelle terre del Milanese. La sua figura malvagia incuteva rispetto più che ripugnanza. Il dramma dell’Innominato si svolge nell’interno del suo spirito ed è seguito con particolare attenzione dall’autore: egli divenne pienamente un individuo. Quando egli fa la su entrata nel romanzo appare ancora in forma incosciente che da tempo gli sente per la sua vita, piena soltanto delle molte scelleratezze compiute, ma il pensiero dell’aldilà più le parole di Lucia determinano la sua risoluzione. Dopo la sua conversazione colse ogni occasione per far del bene in maniera proporzionata al male che fece.

-La monaca di Monza

Marianna de Leyva, meglio nota come la Monaca di Monza o la Signora è stata una religiosa italiana. Fu la protagonista di un celebre scandalo che sconvolse Monza all’inizio del XVII secolo. La sua fama attuale si deve soprattutto al romanzo I promessi sposi, nel quale Alessandro Manzoni si ispirò alla sua storia. Ne «I promessi sposi» Manzoni riprende la figura della «monaca di Monza», tuttavia cambia i nomi dei personaggi e oltre a cambiare alcuni dei particolari. Marianna Leyva era figlia di Martino de Leyva e di Virginia Maria Marino. A sedici anni, Marianna si fece suora, probabilmente spinta o costretta dal padre. Assunse il nome di suor Virginia ed entrò nel convento monzese di Santa Margherita. Dopo alcuni anni ella ebbe una relazione con il nobile monzese Giovan Paolo Osio. Dalla relazione nacque una figlia, la cui parentela con la madre fu tenuta nascosta. Nel 1606, una ragazza minacciò di rendere pubblica la relazione: Osio la uccise e la seppellì presso il convento, quindi tentò di eliminare altre due suore, Ottavia e Benedetta, per assicurarsi che non parlassero. Quest’ultima però sopravvisse. Suor Virginia fu arrestata il 15 novembre 1067 a Monza. Gian Paolo Osio invece, si rifugiò a Milano, ma fu tradito dai suoi stessi amici Taverna che lo uccisero. Il 15 novembre 1067 Suor Virginia venne trasferita a Milano dove fu condannata alla reclusione a vita in una

cella. Venne liberata nel 1622 dal cardinale Borromeo ma ella volle rimanere nella cella fino alla sua morte avvenuta 28 anni dopo.

-Fra Cristoforo

Fra Cristoforo è un personaggio del romanzo «I Promessi Sposi» creato da Alessandro Manzoni, che si basò sulla figura reale di San Francesco: entrambi figli di un commerciante, cambiarono la propria mentalità poiché scossi da traumatici eventi. Nella storia prende importanti decisioni, quali la fuga dei protagonisti Renzo e Lucia. Prima di diventare frate, si chiamava Lodovico. Sin da giovane, rifiutato dalla nobiltà come inferiore per nascita, ha un ruolo di paladino dei più poveri. Dopo essersi scontrato con un nobile e averlo ucciso in un duello, in cui perde la vita il suo servitore Cristoforo, si rifugiò in un convento di Cappuccini. Le due tragiche morti avviano alla fine un processo già iniziato di conversione e decidono il giovane al cambiamento di vita cui aveva già altre volte pensato. Chiede di essere accolto come postulante al convento stesso dove si è rifugiato. Lodovico viene rivestito del saio. Memore del suo vecchio e amato servitore, come nome religioso Lodovico sceglierà il nome di Cristoforo.

-Antonio Ferrer

Antonio Ferrer è un personaggio descritto nel romanzo «I Promessi Sposi» di Alessandro Manzoni. Ferrer ha funzione di gran cancelliere spagnolo a Milano dove prende le veci di Don Gonzalo impegnato nella battaglia di Monferrato; egli aveva fissato un «prezzo politico» per l’acquisto del pane, che non era stato rispettato perché troppo esiguo, ed era diventato pertanto causa della carestia e dei tumulti che ne seguiranno. Personaggio secondario, non viene analizzato nella sua storia interna ma il suo temperamento lo si coglie attraverso l’episodio del suo percorso in carrozza per salvare il vicario che sta per essere ucciso dalla folla inferocita. Egli riesce a portare una certa calma e a far cadere l’attenzione del popolo su di sé con furbizia e diplomazia.

-I bravi

I bravi alle dipendenze di Don Rodrigo sono vari, tranne Nibbio che lavorava per l’innominato.

• Biondino e Carlotto: sono semplici servitori piuttosto che uomini di armi;

• Grignapoco: anche esso al servizio di Don Rodrigo, proviene da Bergamo è chiamato così perché nel dialetto del suo contado grignar voleva dire ridere; quindi era un personaggio che rideva poco. Per ingannare Agnese e svariare le indagini, gli è proibito di parlare in dialetto durante il rapimento di Lucia;

• Griso: capo dei bravi di Don Rodrigo, dal quale ha piena fiducia, compie numerosi crimini e malefatte. Nonostante il padrone si fidava di lui, non esita a tradirlo quando fu colpito dalla peste, e chiama i monatti affinché lo portino al lazaretto, per poi derubarlo. Ma, toccando i vestiti del padrone, viene colpito anche lui e muore prima del padrone;

• Nibbio: il cui padrone è l’Innominato, sembra essere il più fidato. Nel romanzo compare poche volte, ma la più importante è il rapimento di Lucia, dove appare turbato;

• Sfregiato: è uno dei migliori bravi di Don Rodrigo ma non viene menzionata la sua descrizione fisica.

-Federigo Borromeo

Federigo Borromeo, cresciuto senza il padre, studiò a Milano, sotto la direzione del cugino Carlo Borromeo e si laureò a Pavia, in teologia e diritto; dopo di che si trasferì a Bologna, dove studiò matematica e filosofia. Nel 1580 iniziò la propria carriera ecclesiastica. Nominato cardinale da papa Sisto V ottenne la propria cardinalizia con il titolo di diaconale di Santa Maria in Domenica. Nel 1593 prese gli ordini sacri venendo consacrato il 17 settembre 1593. Successe l’arcivescovo Visconte di Milano dopo la sua morte e nel 1609 fondò la biblioteca ambrosiana. Morì a Milano il 21 settembre 1631. Nel romanzo di Manzoni si contraddistingue per la grande conoscenza teologica. Egli aiuta i protagonisti ed è dipinto come un vero santo pio e umile. Il cardinale è l’aiutante che permette la realizzazione della purificazione dell’Innominato.

Mentre i personaggi frutto del genio di Manzoni furono: Lucia Mondella; Renzo Tramaglino; Don Abbondio; Don Ferrante; Donna Prassede; Conte Attilio; Tonio e Gervasio; Perpetua; Don Rodrigo; Agnese; Griso; Egidio; Avvocato Azzecca-Garbugli.

-Contesto storico del 1800

Il Congresso di Vienna

Fra il 1814-1815 le nazioni europee che avevano sconfitto Napoleone si riunirono nel Congresso di Vienna.I rappresentanti delle grandi potenze, come Russia e Inghilterra, stabilirono che tutto doveva ritornare com’era prima della Rivoluzione Francese e che i sovrani spodestati dovevano riavere i propri troni.Incominciò così il periodo della Restaurazione, che riguardò l’Inghilterra, la Francia nel 1830 e l’Europa nel 1848. Intorno alla Francia furono messi gli stati cuscinetti, che avevano il compito di impedire a queste nazioni di espandersi e fare nuove guerre.Uno dei personaggi importante del Congresso fu il cancelliere Metternich, che ridisegnò i confini delle nazioni europee senza ascoltare i desideri di indipendenza dei vari popoli e assicurò all’Austria un ruolo di primo piano in Europa.Nel 1820-1821 la principale società fu la Carboneria, che riuscì a ristabilire i regni delle due Sicilie nel Lombardo-Veneto e in Piemonte, con i primi moti insurrezionali.Durante il Congresso di Vienna lo zar di Russia, il Re di Prussia e l’imperatore d’Austria firmarono il patto della Santa Alleanza. Questi sovrani, che volevano mantenere la sicurezza all’interno dei propri Stati, si impegnarono ad aiutarsi reciprocamente intervenendo con gli eserciti per reprimere eventuali insurrezioni.Nel 1810 le colonie spagnole si ribellarono contro Madrid e nel 1823 ottennero l’indipendenza: nel 1825 il Portogallo concesse indipendenza al Brasile. Tra il 1821 e il 1829 i Greci combatterono contro i Turchi e vinsero. I latino-americani e i Greci vinsero grazie al popolo. In America i creoli guidarono gli indios; la Grecia sopportò massacri finché non fu liberata dagli inglesi e dai francesi.Tra il 27 e il 29 luglio 1830 Parigi fu contro Carlo X ,che fuggì lasciando il posto a Luigi Filippo d’Orleans. Lo stesso succedette ai Polacchi e ai Tedeschi e nel 1831 anche ai carbonari modenesi, fermati però dalla Santa Alleanza e dalla polizia. Ebbero successo le insurrezioni della Spagna e del Belgio, che si staccò dall’Olanda.Con la restaurazione, in Italia il clero e i nobili riacquistarono gli antichi privilegi e ripresero le più importanti cariche dello Stato. I borghesi, invece, vennero penalizzati perché furono esclusi dalle carriere militari e politiche; i commercianti e gli industriali, inoltre, dovevano pagare dazi e dogane all’entrata e all’uscita di ogni Stato che attraversavano con i loro prodotti.Nel 1831 il carbonaro Giuseppe Mazzini fondò la Giovine Italia, che aveva come obbiettivo una repubblica democratica con un governo deciso dai cittadini. Per Mazzini la Nazione doveva essere “una indipendente e sovrana” gli altri obbiettivi erano cacciare gli Austriaci e l’Unità d’Italia.Alla Giovine Italia aderirono borghesi, militari e operai. I moti di Genova fallirono nel 1834. Ma fallirono anche i moti di Romagna e la spedizione dei fratelli Bandiera in Calabria nel 1844. Questi insuccessi causarono la fine della Giovine Italia. Alle idee di Mazzini si opposero i federalisti che volevano una confederazione degli Stati Italiani. I loro esponenti furono Vincenzo Gioberti, cattolico, che proponeva uno Stato

comandato dal papa, e Carlo Cattaneo, che proponeva una federazione di repubbliche italiane. Contrario al federalismo ci fu Camillo Benso, conte di Cavour, che voleva l’Unità d’Italia, al comando dei Savoia. Nel 1847, Cavour fondo un giornale chiamato Il Risorgimento, e questa parola indicò la vicenda che l’Italia divenne una Stato nazionale unitario.Nel 1847 fu eletto papa, Pio IX, che aveva simpatie liberali e che con il granduca di Toscana e Carlo Alberto cambiò delle riforme e abolì le dogane mentre l’Austria occupava Ferrara. Il 1848 fu l'anno della duplice crisi in Europa, e ciò diede il via alle rivoluzioni a Palermo, costringendo Ferdinando II di Borbone a concedere la Costituzione. Pio IX, Leopoldo II e Carlo Alberto concessero gli Statuti. A Parigi ci fu la Seconda Repubblica; Venezia diventò Repubblica e il 18 marzo cominciarono le 5 giornate di Milano nel quale l'esercito italiano scacciò via Radetzky. Carlo Alberto di Savoia, varcando il confine Piemonte-Lombardo-Veneto, dichiarò guerra all'Austria. L'esercito dei Savoia si preparò lentamente e Radetzky si organizzò nel Quadrilatero Legnago-Verona-Peschiera-Mantova, e vinse due volte, a Custoza e l'anno seguente a Novara. I democratici diedero vita alla repubblica romana e quella toscana. Il trono dei Savoia passò a Vittorio Emanuele II, che nel marzo 1849 firmò un armistizio con Radetzky.

La spedizione dei Mille

Durante la seconda guerra d’Indipendenza gravi tumulti erano scoppiati in tutta la Sicilia e i Borboni, la famiglia reale, si trovavano in gravi difficoltà. Garibaldi, allora, si pose a capo di una spedizione armata per assalire e conquistare il Regno delle Due Sicilie, circa mille volontari, le camicie rosse, indisciplinati, e male armati. Partirono da Quarto, in Liguria, e sbarcarono a Marsala, in Sicilia. Con l’appoggio delle popolazioni locali e dei giovani contadini, i picciotti, Garibaldi liberò tutta l’isola, passò lo Stretto di Messina, sconfisse le truppe borboniche sul fiume Volturno ed entrò trionfante a Napoli. A questo punto Vittorio Emanuele II partì da Torino con il suo esercito, attraversò l’Italia liberando le Marche e l’Umbria dal potere Pontificio e incontrò Garibaldi a Teano. In questa località l’eroe dei due mondi salutò il sovrano come Re d’Italia e gli consegno il regno che aveva conquistato. Garibaldi rifiutò ogni onore e si ritirò nell’isola di Caprera.

L’Unità d’Italia

Il 17 marzo 1861 a Torino si riunì il primo Parlamento nazionale, dove Vittorio Emanuele II fu proclamato re d'Italia, ma mancavano ancora Roma e Veneto. Fu esteso lo Statuto Albertino in tutta Italia e la sua legge elettorale che permetteva di votare ai maschi maggiorenni benestanti. Il nuovo governo fu costituito dai rappresentanti della Destra storica (seguaci di Cavour) che fondarono uno Stato unitario. Tra il 1861 e 1864 ci fu il brigantaggio con i rivoltosi ed ex soldati borbonici (attuale delinquenza). Il papa, con l'appoggio di Napoleone III, era nemico del re. Nel 1864 la capitale fu spostata da Torino a Firenze per avvicinarsi a Roma. Il re di Prussia Guglielmo I ed il cancelliere Otto Von Bismarck offrirono all'Italia un patto: i Prussiani attaccarono l'Austria da nord e gli Italiani da sud, e in caso di vittoria sarebbe stata integrato il Veneto. Nel 1866 ci fu la guerra austro-prussiana che si concluse a Sadowa con la vittoria della Prussia, e l'Austria dovette cedere il Veneto, ma si trattenne Trentino e Venezia Giulia. La Francia dichiarò guerra alla Confederazione nel

1870 e Napoleone III fu sconfitto a Sedan e fu fatto prigioniero. I Prussiani ottennero dai Tedeschi l'annessione della confederazione e Guglielmo I fu proclamato Kaiser del Secondo Impero. La Francia dovette cedere l'Alsazia e la Lorena, e si proclamò Repubblica.L'Italia approfittò dell'assenza di Luigi Napoleone per compiere il 20 settembre 1870 la breccia di Porta Pia e nel 1871 ci fu la Legge delle Guarentigie che riconoscevano l'esistenza dello Stato Vaticano. Pio IX si rifiutò di accettarla: scomunicò il re d'Italia e proibì ai cattolici e al clero di votare e partecipare alla vita politica. Così finì il Risorgimento. Per l'Unità d'Italia la Destra Storica chiese dei prestiti enormi dalle banche estere. Dal 1861 al 1876 la Destra aumentò le tasse e nel 1866 indissero la tassa sul macinato. Dal 1876 al 1896 l' Italia era in mano della Sinistra storica o democratica. Il nuovo re d'Italia fu Umberto I di Savoia. Crispi divenne il secondo Presidente del Consiglio e varò l'istruzione obbligatoria e gratuita dei bambini fino a 9 anni, l'abolizione della pena di morte e riconobbe il diritto di sciopero. Adottò il protezionismo, politica economica che proteggeva la produzione nazionale dalla concorrenza straniera o imponendo alti dazi o limitando le esportazioni.

- CONTESTO STORICO 1600

Nel corso del Seicento la Spagna attraversava una profonda crisi: infatti la sua economia era stata rovinata dal fallito tentativo di dominare l‘Europa. Per aumentare le proprie entrate, la decise allora di tassare pesantemente i suoi possedimenti italiani che così si impoverirono. Il grave declino economico dell‘Italia del Seicento fu dovuto anche ad altri motivi. Sicuramente i mercanti e i produttori italiani non seppero rinnovarsi e stare al passo con i tempi, e questo avvenne proprio mentre gli stati nazionali europei favorivano in ogni modo lo sviluppo delle proprie manifatture e dei propri commerci. Un altro motivo di arretratezza fu il sopravvivere delle arti e corporazioni. Ostacolavano i nuovi produttori, si opponevano a qualsiasi nuova tecnica, facevano resistenza a tutte le innovazioni che avrebbero potuto permettere alle manifatture italiane di competere con quelle straniere. Inoltre, la scoperta dell‘America aveva ormai spostato il centro del commercio internazionale dal Mar Mediterraneo all‘Oceano Atlantico. I traffici con l‘Oriente di vennero secondari rispetto a quelli con l‘Occidente. Le città mediterranee persero la loro importanza a beneficio di quelle collocate sull‘Atlantico. Il crollo del commercio internazionale svolto dall‘Italia portò con sé anche quello delle attività collegate. Sulla crisi economica dell’Italia del Seicento influì in modo rilevante l'epidemia di peste, che colpì l‘Italia Settentrionale nel 1630-31 e il Mezzogiorno nel 1656-57. L’Italia divenne un paese arretrato che esportava pochissimo e solo beni "poveri”.I dominatori spagnoli portarono in Italia una mentalità orgogliosa e aristocratica, che disprezzava ogni attività volta al lavoro o al guadagno. Favorirono i nobili e i proprietari terrieri a svantaggio dei ceti produttivi. La società italiana divenne spenta e inefficiente. La Lombardia era un territorio di confine, considerato un baluardo contro francesi e austriaci, e la Spagna cercò di guadagnarsi il favore della popolazione. Per cui, evitò di colpire l'economia lombarda con troppe tasse. Il Mezzogiorno fu considerato una colonia da sfruttare e quindi colpito da fortissime tasse. Qui gli

spagnoli pensarono soprattutto a mantenere il controllo di Napoli, dove risiedeva il vice-ré. Per governare il resto del territorio si appoggiarono soprattutto alla nobiltà feudale. Si sviluppò così l'agricoltura dei latifondi. Inoltre, fu particolarmente ostacolato lo sviluppo di una classe borghese. Nel regno di Napoli e in Sardegna, le tasse dei dominatori spagnoli colpirono sia le attività economiche sia i generi alimentari di più largo consumo. Ciò provocò svariate rivolte da parte del popolo. La più celebre di queste insurrezioni fu quella che scoppiò a Napoli nel 1647. La rivolta dalla città dilagò anche nelle campagne e durò diversi mesi. Si trattò in genere di moti disordinati, ma gli spagnoli riuscirono sempre a reprimerli. Nel Seicento i pontefici avevano ormai perso gran parte della loro autorità politica. Tuttavia in Italia riuscirono ancora a impadronirsi delle città di Ferrara e Urbino. Lo Stato della Chiesa si caratterizzò per il forte contrasto tra lo splendore di Roma e la miseria delle campagne circostanti. Ma gli enormi latifondi delle famiglie nobili romane erano fonte di ricchezza per pochi proprietari. La Toscana riuscì a rimanere indipendente sotto la dinastia dei Medici, ma conobbe una grave decadenza economica. Solo la fondazione del porto di Livorno produsse qualche miglioramento a una situazione economica ormai in forte difficoltà. Venezia vide la sua importanza commerciale ridursi. Per sostenere la propria economia, essa cercò allora un'alternativa e si dedicò a sviluppare l'agricoltura nella cosiddetta terraferma. Bonificò vasti territori paludosi, sviluppò un sistema di canali per irrigare i campi, costruì dighe, introdusse nuove colture come il riso, il mais e il gelso. Questo consentì il rallentamento del suo declino. Anche sul piano politico l'importanza di Venezia si ridusse. Per mantenere la propria indipendenza, fu obbligata a tenersi in equilibrio fra le grandi potenze, conservando una stretta neutralità.

A cura di: Teresa Migliaccio, Lorenza e

Michele Alberto Monti,

Marin Verrengia e

Sara Vozzolo.