Relazione Fotoelasticità

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1 Università degli studi di Cagliari Dipartimento di Meccanica, Chimica e Materiali Corso di: Comportamento meccanico dei materiali Docente Ing. Francesco Ginesu RELAZIONE TECNICA MISURA FOTOMECCANICA DELLE SOLLECITAZIONI Anno accademico 2013/2014 Gruppo di lavoro: Matr. Corso di studio Grussu Giuseppe 46599 Ing. Meccanica Manca Stefano 47131 Ing. Meccanica Loi Gianluca 46938 Ing. Meccanica Napoli Andrea Ing. Meccanica Meleddu Daniele 46894 Ing. Meccanica

Transcript of Relazione Fotoelasticità

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Università degli studi di Cagliari

Dipartimento di Meccanica, Chimica e Materiali

Corso di: Comportamento meccanico dei materiali

Docente Ing. Francesco Ginesu

RELAZIONE TECNICA

MISURA FOTOMECCANICA DELLE

SOLLECITAZIONI

Anno accademico 2013/2014

Gruppo di lavoro: Matr. Corso di studio

Grussu Giuseppe 46599 Ing. Meccanica

Manca Stefano 47131 Ing. Meccanica

Loi Gianluca 46938 Ing. Meccanica

Napoli Andrea Ing. Meccanica

Meleddu Daniele 46894 Ing. Meccanica

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Premessa ...................................................................................................................................... 3

Capitolo 1 ..................................................................................................................................... 4

LA FOTOELASTICITA’ ................................................................................................................. 4

1.1 Introduzione .................................................................................................................. 4

1.2 Polariscopio piano ad assi incrociati .............................................................................. 6

1.3 Polariscopio circolare in campo scuro ........................................................................... 7

Capitolo 2 ................................................................................................................................... 11

SET UP DI SPERIMENTAZIONE................................................................................................. 11

Capitolo 3 ................................................................................................................................... 17

SPERIMENTAZIONE E RISULTATI ............................................................................................. 17

3.1 Risultati provino 1........................................................................................................ 18

3.1.1 Misurazione con polariscopio piano – Analisi isocline ......................................... 18

3.1.2 Misurazione con polariscopio circolare – Analisi isocromatiche .......................... 22

3.2 Risultati provino 2........................................................................................................ 29

3.2.1 Misurazione con polariscopio piano – Analisi isocline ......................................... 29

3.2.2 Misurazione con polariscopio circolare – Analisi isocromatiche .......................... 34

Capitolo 4 ................................................................................................................................... 40

CONCLUSIONI ......................................................................................................................... 40

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Premessa In questa relazione lo scopo è l’individuazione delle direzioni principali e l’ampiezza

della differenza tra le corrispondenti tensioni, mediante l’utilizzo del metodo basato

sulla fotoelasticità. Per fare ciò è stato utilizzato un polariscopio multifunzione, in due

delle sue principali configurazioni disponibili, ovvero:

- Polariscopio piano ad assi incrociati

- Polariscopio circolare in campo scuro.

Presentata una breve introduzione teorica, vengono riportati i dati qualitativi e le

conseguenti osservazioni per due provini a diversi livelli di carico.

Al fine esplicativo sono stati eseguiti i calcoli relativi a uno dei provini con

configurazione di carico massimo esercitato.

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Capitolo 1

LA FOTOELASTICITA’

1.1 Introduzione

La fotoelasticità è un metodo della meccanica sperimentale ed è uno dei pochi che

permette di misurare le sollecitazioni senza passare dalla misura di deformazioni o

spostamenti.

Il metodo si basa sul fenomeno della birifrangenza accidentale che si manifesta su

alcuni materiali, grazie al quale la presenza di uno stato di sforzo scompone un fascio

luminoso incidente sul materiale in due o tre fasci su piani diversi con velocità diverse,

creando cosi uno sfasamento tra i diversi vettori.

Nel caso di presenza di stato di sforzo piano si parla di fotoelasticità bidimensionale, in

cui il fascio è scomposto su due piani.

Nel caso bidimensionale, essendo la terza sollecitazione principale nulla, le equazioni di

Maxwell sulle quali si basa il metodo risultano (Eq. 1.1, 1.2, 1.3)

(Eq 1.1)

(Eq 1.2)

Dove:

=

(Eq 1.3)

ni =

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Dalla differenza tra le due equazioni di Maxwell e dalla definizione dell'indice di

rifrazione, si ottiene lo sfasamento spaziale relativo δ (Eq. 1.4)

(Eq 1.4)

Dove "K" è una costante dipendente dal materiale, coincidente alla differenza tra le

costanti "A" e "B" di Maxwell, "λ" è la lunghezza d'onda della luce e "d" lo spessore del

corpo attraversato dalla luce.

Lo sfasamento δ ha un importanza notevole, perché grazie ad esso si può evincere se

le due onde in uscita saranno in fase o in opposizione di fase.

Il secondo concetto alla base della fotoelasticità è il calcolo matriciale di Jones, grazie

al quale si può esprimere una luce in uscita da un corpo "E", scomposta in due direzioni

ortogonali Ex e Ey, in funzione della luce in ingresso "Ei" nelle medesime direzioni.

La funzione è differente per ogni elemento ottico e si esplica tramite la matrice [J], in

generale vale (Eq. 1.5)

(Eq 1.5)

Sfruttando questi principi è possibile definire il modello matematico di ogni corpo

investito da un fascio di luce distinguendo diversi elementi fondamentali della tecnica

della fotoelasticità i quali, opportunamente accoppiati, possono creare dei sistemi in

grado di individuare su un corpo birifrangente due importanti frange:

Frange isocline: sono delle frange scure che definiscono il luogo dei punti aventi

direzioni principali parallele agli assi del polarizzatore e analizzatore

Frange isocromatiche: sono delle frange caratterizzate da un colore specifico

derivato dall'annullamento di un colore dello spettro di lunghezza d'onda diversa a

seconda del valore della differenza tra le due sollecitazioni principali in quel punto.

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Per l'individuazione di queste frange si possono usare differenti metodi e strumenti:

gli strumenti utilizzati nel corso dell'esercitazione sono il polariscopio piano a ad assi

incrociati e il polariscopio circolare in campo scuro.

1.2 Polariscopio piano ad assi incrociati

Il polariscopio piano ad assi incrociati, altrimenti detti in campo scuro, è composto da

quattro elementi fondamentali:

Sorgente luminosa: di natura monocromatica o multicromatica;

Polarizzatore: elemento ottico che permette il passaggio della luce in ingresso

secondo una sola direzione detta asse di polarizzazione;

Provino birifrangente: provino di cui si vuole analizzare lo stato di sforzo;

Analizzatore: polarizzatore frontale all'osservatore ma con asse ortogonale al

primo (in quadratura).

Di seguito è riportato uno schema del polarizzatore piano in campo scuro (Figura 1.1):

Figura 1.1: Illustrazione del polariscopio piano

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La luce osservata risulterà una luce polarizzata piana con intensità luminosa

osservabile "I" definita dall'equazione seguente (Eq. 1.6)

(Eq 1.6)

In cui:

A = ampiezza

θ = angolo tra la prima direzione principale e l'asse orizzontale

ω = angolo tra l'asse dell'analizzatore e asse orizzontale

Nella funzione dell'intensità (I) si distingue il fattore che indica le direzioni principali

e quello dovuto all'ampiezza della differenza tra le sollecitazioni

principali . Con l'utilizzo del polariscopio piano in campo scuro è possibile

visualizzare sia le frange isocline che le isocromatiche, rispettivamente dovute ai due

fattori precedentemente menzionati.

Nel caso specifico, il polariscopio è stato utilizzato con luce bianca, con applicazione di

basse sollecitazioni di compressione, in modo da aumentare la leggibilità delle frange

isocline e ridurre l’intensità delle isocromatiche.

1.3 Polariscopio circolare in campo scuro

Il polariscopio circolare in campo scuro, così come quello piano, è chiamato in questo

modo poiché visualizza le zone esenti da stato di sforzo con tonalità scure, utilizzando

una luce polarizzata circolare.

Gli elementi che lo compongono sono:

Sorgente luminosa: di carattere multicromatica;

Polarizzatore: elemento ottico che permette il passaggio della luce in ingresso

secondo una sola direzione detta asse di polarizzazione;

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Ritardatore di λ/4: è un elemento ottico di spessore e materiale tale da

scomporre la luce in ingresso in due direzioni e di sfasarle di 1/4 di lunghezza

d'onda (λ). Il suo asse è inclinato di 45° rispetto all'asse del polarizzatore;

Provino birifrangente: provino di cui si vuole analizzare lo stato di sforzo;

Ritardatore di λ/4: ritardatore con le medesime caratteristiche, con inclinazione di

stessa entità ma in senso opposto al primo;

Analizzatore: è un altro polarizzatore frontale all'osservatore ma con asse

ortogonale al primo.

E' di seguito riportato lo schema di un polariscopio circolare ad assi incrociati, nel quale

si specificano le matrici di Jones dei diversi elementi.

L'intensità luminosa osservata è definita dall'equazione 1.7, la quale evidenzia

l'assenza delle frange isocline in un osservazione tramite polariscopio circolare,

utilizzato per determinare esclusivamente le frange isocrome.

(Eq 1.7)

Figura 1.2: Illustrazione del Polariscopio circolare

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L'analisi delle isocromatiche in luce bianca, composta da tutto lo spettro, con

polariscopio in campo scuro, ha come ausilio la tabella 1.1, la quale riporta i colori

estinti a seconda del colore osservato e dunque la lunghezza d'onda del colore

soppresso.

Tabella 1.1

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1.4 Determinazione della differenza delle Ϭ principali

Dall’equazione 1.4 è possibile determinare in maniera inversa l’equazione 1.8, nella

quale viene esplicitata la differenza Ϭ1-Ϭ2:

(Eq. 1.8)

In questo caso, per il materiale policarbonato costituente i nostri provini, la costante “k”

è uguale a:

k = 0,000078 [mm2/N]

Utilizzando la tabella 1.1, si ricava il ritardo spaziale relativo in funzione del colore

osservato. Procedendo in questo modo, si è determinato il valore della differenza delle

due sollecitazioni principali (Ϭ1 – Ϭ2).

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Capitolo 2

SET UP DI SPERIMENTAZIONE

Ripetiamo il concetto di fotoelasticità, metodo sperimentale utilizzato per stabilire la

distribuzione delle tensioni in un materiale. La strumentazione impiegata è composta

da:

Una serie di polarizzatori

Due provini da studiare

Il polariscopio mostrato nella figura 2.1 è costituito in successione da:

una sorgente luminosa

un polarizzatore accoppiato ad un ritardatore

un secondo ritardatore accoppiato ad un polarizzatore nominato analizzatore.

Figura 2.1: Struttura del polariscopio

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La sorgente luminosa utilizzata per le prove è la luce bianca, pur avendo la possibilità di

lavorare con una luce monocromatica.

I polarizzatori hanno la capacità di ruotare rispetto ai corrispettivi ritardatori. Questo

ha permesso di configurare lo strumento in modo da ottenere un polariscopio piano,

portando a 0° l’angolo di sfasamento tra i polarizzatori e i rispettivi ritardatori. Questa

configurazione è stata usata per visualizzare le isocline con diversi angoli di rotazione.

Portando il ritardatore del lato polarizzatore ad un angolo di 45° rispetto all’asse di

polarizzazione e il secondo ritardatore a -45° rispetto all’asse dell’analizzatore, si

ottiene la configurazione del polariscopio circolare, che, mantenendo perpendicolari

gli assi di polarizzatore e analizzatore, risulta essere in campo scuro. Mediante questa

configurazione si possono visualizzare le frange isocromatiche.

I due provini utilizzati per la sperimentazione sono mostrati nelle figure 2.1 e 2.2 in cui

vengono indicati i dati geometrici.

Figura 2.2: Messa in tavola del provino circolare (1)

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Il provino viene posizionato all’interno di una morsa (figura 2.1) nella quale è soggetto

ad una compressione determinata dall’abbassamento della morsa stessa, tramite la

rotazione di una manovella. Prima di procedere con la sperimentazione, si è dovuto

tarare il sistema di carico in modo tale da poter determinare la relazione tra i giri della

manovella con cui si applica il carico e lo spostamento della morsa che determina la

compressione del provino.

La misura dello spostamento viene effettuata mediante un calibro al nonio:

- Valore di partenza: 72,4 [mm];

- Dopo due rotazioni di manovella: 73,5 [mm.]

Quindi con una rotazione di manovella si ha uno spostamento pari a

= 0,55 [mm].

Figura 2.3: Messa in tavola provino rettangolare forato(2)

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Su entrambi i provini è stato utilizzata sia la configurazione di polariscopio piano che la

configurazione di polariscopio circolare, in modo da osservare le isocline e le

isocromatiche.

Con la modalità di polariscopio piano, sono state effettuate quattro differenti

misurazioni al variare dell’angolo geometrico rispetto ad una posizione iniziale, con

parità di carico fino ad un massimo di 45°. La rotazione geometrica è stata effettuata

allo stesso modo per tutti e quattro gli elementi. Le quattro posizioni scelte sono le

seguenti:

- Posizione 1: è la posizione di partenza con angolo nullo (θ = 0°)

- Posizione 2: θ = 15°

- Posizione 3: θ = 30°

- Posizione 4: θ = 45°

Come descritto nel capitolo 1, in questo modo vengono rese evidenti le angolazioni

delle frange isocromatiche e isocline; in particolar modo, nel caso in esame, si è scelto

di visualizzare esclusivamente le curve isocline ponendo il carico minimo.

Riguardo alla misurazione effettuata con il polariscopio circolare, per il provino 1 è

stato scelto di applicare quattro differenti modalità di carico, man mano crescente,

mentre per il provino 2, cinque modalità di carico, ugualmente crescente.

- Carico minimo

Figura 2.4: Posizione iniziale

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- Carico applicato dopo ½ giro di manovella

Si ha uno spostamento verticale della morsa pari a:

- Carico applicato dopo 1 giro di manovella

Si ha uno spostamento verticale della morsa doppio rispetto al caso precedente,

ovvero:

Figura 2.5: Dopo ½ giro rispetto alla

posizione iniziale

Figura 2.6: Dopo 1 giro rispetto alla

posizione iniziale

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- Carico applicato dopo 1 giro e ¼ di manovella

Si ha uno spostamento verticale della morsa pari a:

Figura 2.5: Posizione dopo 1 giro e ¼

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Capitolo 3

SPERIMENTAZIONE E RISULTATI

Sono stati analizzati i due provini descritti nel capitolo 2 sia in modalità di polariscopio

piano che circolare. E’ stato scelto di utilizzare esclusivamente la luce bianca

nonostante si avesse la possibilità di una sorgente con luce monocromatica (Figura

3.1).

Figura 3.1: Illustrazione della sorgente di luce bianca

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3.1 Risultati provino 1

3.1.1 Misurazione con polariscopio piano – Analisi isocline

- Posizione 1

[θ = 0°]

La figura 3.2 mostra l’andamento delle isocline con forma “a croce”, rispecchiando così

le previsioni ipotizzate.

Figura 3.2: Provino 1 nella prima posizione

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- Posizione 2

[θ = 15°]

Figura 3.3: Provino 1 nella seconda posizione

20

- Posizione 3

[θ = 30°]

Figura 3.4: Provino 1 nella terza posizione

21

- Posizione 4

[θ = 45°]

Figura 3.5: Provino 1 nella quarta posizione

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3.1.2 Misurazione con polariscopio circolare – Analisi isocromatiche

Il provino è stato posizionato tra i polarizzatori senza imprimergli alcun carico, in modo

tale che si possano visualizzare le eventuali tensioni residue (Figura 3.6).

Ricordando che le zone di colorazione nera sono prive di tensioni, mentre le zone

bianche nella sezione sono costituite da tensioni di basso livello, è possibile affermare

che il primo provino analizzato presenta delle tensioni residue. Specialmente nella sua

zona perimetrale sono distinguibili le frange bianche. E’ possibile ipotizzare che siano

dovute a lavorazioni eseguite per la realizzazione del pezzo, con un aumento di

temperatura nella zona interessata.

Effettuata questa analisi, il provino è stato sottoposto ai 4 carichi crescenti descritti nel

capitolo 2, nelle quattro posizioni.

Figura 3.6: Visualizzazione delle tensioni residue

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- Posizione 1

Il provino è quasi completamente scarico (posizione 0° della manovella);

Dall'analisi della figura 3.7 è possibile arguire la natura delle tensioni residue osservate

nella figura 3.6.

E' ben evidente che la stato di carico nella figura 3.7 sia di compressione. Nella zona

perimetrale, la dove erano presenti nella figura 3.6. frange bianche, ora vi sono invece

frange di colore nero, le quali rappresentano un livello di carico nullo.

Da ciò si deduce che le sollecitazioni applicate con la manovella (di compressione) si

siano sottratte alle tensioni residue, risultando così tensioni residue di trazione.

Figura 3.7: Provino 1 con carico minimo

24

- Posizione 2

Il carico è stato incrementato ruotando la manovella di

.

Figura 3.8: Provino 1 con carico 2

25

- Posizione 3

Il carico è ancora aumentato ruotando la manovella nuovamente di

, con rotazione

totale di π dal punto iniziale.

Figura 3.9: Provino 1 con carico 2

26

- Posizione 4

E’ stato ulteriormente aumentato il carico, con una rotazione di

della manovella,

ottenendo una rotazione totale dalla rotazione iniziale di (

).

Osservando le frange isocromatiche del provino, si riportano i valori determinati della

differenza tra le tensioni principali, utilizzando il metodo del paragrafo 1.4 (tabella 3.1):

Figura 3.10: Provino 1 con carico 3

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Tabella 3.1: Calcolo delle differenze di tensioni

Colore frangia [MPa] Nero 0 0

Bianco 0,4 0

Giallo (1° ordine) 0,7 0,641

Arancione (1° ordine) 0,8 0,824 Rosso (1° ordine) 0,9 1,13

Violetto (1° ordine) 1 1,35

Blu intenso (1° ordine) 1,1 1,64

Giallo (2° ordine) 1,4 1,28 Violetto (2° ordine) 2 2,7

Verde (2° ordine) 2,4 3,85

Giallo (3° ordine) 2,7 3,29

Violetto (3° ordine) 3 4,05

Dalla letteratura sono note le sollecitazioni del disco compresso nel punto centrale,

che risultano espresse da:

(Eq. 3.1)

(Eq. 3.2)

E' anche noto che dalla definizione di ritardo spaziale relativo si possono esprimere le

sollecitazione come:

(Eq. 3.3)

dove F è la costante di frangia del modello espressa dall'equazione 3.4

(Eq. 3.4)

L’eq. 3.4, calcolata nel punto centrale, fornisce una costante pari a:

Mettendo a sistema le equazioni 3.1, 3.2, 3.3 si ottiene la forza applicata P (Eq. 3.5)

(Eq. 3.5)

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la quale, calcolata nel caso specifico, fornisce una forza di:

Sostituendo il valore ottenuto di P, é possibile ricavare il valore delle sollecitazioni

principali nel centro del disco utilizzando le eq. 3.1 e 3.2:

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3.2 Risultati provino 2

3.2.1 Misurazione con polariscopio piano – Analisi isocline

Come per il provino precedente, la prima verifica che è stata effettuata è la presenza o

meno delle tensioni residue sulla propria superficie. Nella figura 3.11 è stato riportato

il provino completamente scarico:

Come è possibile notare dall’immagine, il provino presenta una concentrazione di

tensioni residue in prossimità del foro centrale e qualche accenno nella zona

perimetrale. Le tensioni residue nell’intorno del foro sono dovute ad un aumento della

temperatura durante la lavorazione effettuata per la realizzazione dello stesso foro.

Figura 3.11: Visualizzazione delle tensioni residue nel provino 2

30

In seguito sono riportati i risultati ottenuti nelle quattro modalità di misurazione

effettuate sul provino.

- Posizione 1

[θ = 0°]

Figura 3.12: Provino 2 nella posizione 1

31

- Posizione 2

[θ = 15°]

3.13: Provino 2 nella posizione 2

32

- Posizione 3

[θ = 30°]

Figura 3.14: Provino 2 nella posizione 3

33

- Posizione 4

[θ = 45°]

Figura 3.15: Provino 2 nella posizione 4

34

3.2.2 Misurazione con polariscopio circolare – Analisi isocromatiche

Prima analisi effettuata sempre per la visualizzazione delle tensioni residue (Figura

3.16).

Le stesse considerazioni e ipotesi fatte nell’analisi delle tensioni residue sul provino

circolare, sussistono anche per questo secondo provino.

Ora saranno riportate le analisi eseguite con carichi man mano crescenti.

Figura 3.16: Illustrazione delle tensioni residue

35

- Posizione 1

Posizione iniziale: provino quasi totalmente scarico con posizione della manovella nella

posizione 0°.

Dal confronto della figura 3.17 con la figura 3.16 si desume che le tensioni residue

siano di compressione, in quanto, con l'applicazione del carico che comprime le fibre,

l'intensità delle frange aumenta. Questo perché le tensioni residue sono concordi con

le tensioni generate dalla compressione del provino.

Figura 3.17: Provino 2 con carico quasi nullo

36

- Posizione 2

E’ stato aumentato il carico ruotando la manovella di

.

Figura 3.18: Provino 2 con carico 1

37

- Posizione 3

E’ stato aumentato il carico ruotando la manovella nuovamente di

, con una rotazione

totale pari a π dalla posizione iniziale.

Figura 3.19: Provino 2 con carico 2

38

- Posizione 4

E’ stato ulteriormente aumentato il carico, con una rotazione di

della manovella,

ottenendo una rotazione totale dalla posizione iniziale di (

).

Figura 3.20: Provino 2 con carico 3

39

- Posizione 5

Per l’analisi finale, il provino è stato sottoposto ad un carico ancora più alto,

aumentando la pressione esercitata con altro ¼ di giro della manovella, avendo una

rotazione totale, rispetto alla posizione iniziale, pari a (

).

Il provino è sollecitato con il massimo carico sottoposto nella prova. E’ possibile

analizzare le frange isocrone, come fatto per il primo provino, ai fini di ricavare le

differenze delle tensioni principali Ϭ1 e Ϭ2.

Figura 3.21: Provino 2 con carico 4

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Capitolo 4

CONCLUSIONI

L’analisi qualitativa dell’andamento delle isocromatiche ha permesso di individuare le

tensioni residue dei due provini. Inoltre è stato possibile determinare la differenza

delle tensioni principali in configurazione di carico massimo.

Per l’individuazione delle direzioni principali sono state analizzate le curve isocline

mediante la configurazione di polariscopio piano con il carico minimo applicabile, con

quattro step di 15°, coprendo un angolo totale di 45°. Questo è sufficiente a dedurre

l’andamento generale essendo una funzione periodica di

.

L’utilizzo del metodo della fotoelasticità permette di confrontare le distribuzioni delle

sollecitazioni reali con il relativo modello matematico. Nel caso specifico si è potuto

evidenziare l’importanza di considerare le pressioni di contatto, spesso trascurate, per

complessità di calcolo e forte dipendenza dalla soggettività del pezzo studiato e dal

mezzo di trasmissione.

Le singole sollecitazioni principali ricavate nel provino circolare con massimo carico

applicato (posizione 4 del provino 1), sono riferite al punto coincidente con il

baricentro geometrico del medesimo. Questa scelta è diretta conseguenza della

visualizzazione della isocromatica di ordine massimo (=3), di colorazione violetto come

tinta di passaggio, corrispondente alle tensioni massime presenti nel provino. Il

risultato ottenuto, mediante l’utilizzo della luce bianca, presenta delle difficoltà di

lettura non indifferenti, che impediscono di individuare con certezza il punto centrale

della singola frangia. Onde evitare le suddette complicazioni, è consigliato l’impiego di

luce monocromatica, di modo da visualizzare nel modello sotto esame, esclusivamente

l’alternarsi di frange scure e chiare.