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1 ECOMUSEO DEL PAESAGGIO DI AULETTA Un territorio, un patrimonio, una comunità INDICE Premessa 2 1. L’Ecomuseo del paesaggio di Auletta: memoria del territorio e costruzione di cittadinanza 3 1.1 Ecomusei: che cosa sono e che ruolo hanno 3 1.2 Ecomusei e patrimonio locale 3 1.3 Un territorio, quattro paesaggi 4 2. Il progetto territoriale 6 2.1 Il Sistema Ecomuseale del Vallo di Diano 6 2.2 Le antenne culturali e ambientali e il patrimonio diffuso 9 3. Il progetto locale 14 3.1 La fabbrica di paesaggio: il raggio verde 14 3.1.1 Centro accoglienza visitatori e laboratorio didattico sul terremoto 15 3.1.2 Identità/memoria: il teatro mette in scena la comunità 15 3.1.3 Accoglienza di qualità: residenze artistiche e summer school 16 3.1.4 Tipicità enogastronomiche: teatro e produzioni locali 16 3.2 Il laboratorio ecomuseale 17 3.2.1 Il progetto di comunicazione 17 3.3 Gli strumenti dell’autogoverno 17 3.3.1 La Mappa di comunità 18 3.3.2 I Consigli dell’ecomuseo 19 3.3.3 Lo Statuto del territorio 19 3.4 Ecomuseo e impresa sociale 19 4. Calcolo sommario di spesa 20

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ECOMUSEO DEL PAESAGGIO DI AULETTA Un territorio, un patrimonio, una comunità

INDICE

Premessa 2

1. L’Ecomuseo del paesaggio di Auletta: memoria del territorio e

costruzione di cittadinanza 3

1.1 Ecomusei: che cosa sono e che ruolo hanno 3

1.2 Ecomusei e patrimonio locale 3

1.3 Un territorio, quattro paesaggi 4

2. Il progetto territoriale 6

2.1 Il Sistema Ecomuseale del Vallo di Diano 6

2.2 Le antenne culturali e ambientali e il patrimonio diffuso 9

3. Il progetto locale 14

3.1 La fabbrica di paesaggio: il raggio verde 14

3.1.1 Centro accoglienza visitatori e laboratorio didattico sul terremoto 15

3.1.2 Identità/memoria: il teatro mette in scena la comunità 15

3.1.3 Accoglienza di qualità: residenze artistiche e summer school 16

3.1.4 Tipicità enogastronomiche: teatro e produzioni locali 16

3.2 Il laboratorio ecomuseale 17

3.2.1 Il progetto di comunicazione 17

3.3 Gli strumenti dell’autogoverno 17

3.3.1 La Mappa di comunità 18

3.3.2 I Consigli dell’ecomuseo 19

3.3.3 Lo Statuto del territorio 19

3.4 Ecomuseo e impresa sociale 19

4. Calcolo sommario di spesa 20

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Abbiamo bisogno di luoghi che siano uno

specchio per le nostre riflessioni. Luoghi che ci

allontanino dalla vita che stiamo facendo.

Luoghi che ci facciano camminare lungo sentieri

creati dalla nostra fantasia.

Da “Luoghi dell’anima”

Tonino Guerra

ECOMUSEO DEL PAESAGGIO DI AULETTA Un territorio, un patrimonio, una comunità

Premessa La proposta progettuale vuole affrontare il tema del concorso d’idee con un approccio metodologico innovativo che parta da un’analisi a scala territoriale, anche sulla base delle criticità emerse dalla lettura del bando, per incorporare paesaggi diversi ed accrescerne la loro qualità. L’obiettivo principale è l’istituzione di un Ecomuseo del paesaggio in cui il progetto del parco a ruderi ne rappresenti la naturale strategia esecutiva , nonché l’atto fondativo quanto più condiviso con la comunità locale. Per arrivare a dimostrare come la proposta si possa attuare, la relazione è stata articolata attorno ai contenuti che le cinque tavole grafiche di progetto vogliono esprimere:

- il progetto territoriale come offerta culturale sistemica e multidisciplinare che si relazione con il patrimonio locale materiale ed immateriale partendo dagli attrattori esistenti proposti come luoghi della memoria e dell’identità all’interno del Parco del Cilento e Vallo di Diano. (Tavola 1-2) - il progetto locale di ecomuseo come forma di museo permanente all’aperto che opera sul territorio attraverso pratiche di coinvolgimento della comunità locale con la finalità di riconnettere ad esso i suoi beni culturali e le sue peculiarità identitarie affinchè possano generarsi nuove relazioni tra innovazione tecnologica e tradizione, attraverso un processo partecipativo di messa a punto di strumenti per l’autogoverno che conducano verso nuove forme di autarchia locale. (Tavole 3-4-5-6)

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1. L’Ecomuseo del paesaggio di Auletta: memoria del territorio e costruzione di cittadinanza La proposta progettuale ruota attorno all’idea di costituire un Ecomuseo del paesaggio per Auletta, inserendolo all’interno di un processo più ampio di valorizzazione e fruizione del sistema ambientale e culturale esistente. L’operazione assai complessa è resa possibile, a nostro avviso, dall’esistenza di un tessuto sociale ed economico già predisposto per incorporare questa nuova offerta culturale del territorio capace di attivare un modello di sviluppo locale autosostenibile che accresca il benessere della comunità dell’intera valle. Gli strumenti dello sviluppo locale e i processi partecipativi possono rappresentare, assieme alle soluzioni tecnico-funzionali rappresentate dalla “fabbrica di paesaggio”, il cuore del progetto proposto, che trova il suo principale riferimento nell’Ecomuseo come modello virtuoso di valorizzazione del territorio che ben si adatterebbe anche per l’intero Vallo di Diano, partendo dall’esperienza pilota di Auletta.

1.1 Ecomusei: che cosa sono e che ruolo hanno Una definizione che assume i tratti chiave del processo ecomuseale è “un patto col quale una comunità si impegna a prendersi cura del proprio territorio ”. Patto significa che l’ecomuseo si muove in un ambiente di ‘governarce’ più che di ‘governo’ sulla base di accordi condivisi, non scritti, piuttosto che su norme che vincolano, obbligano o proibiscono. Il termine comunità implica che i soggetti protagonisti non sono solo le istituzioni e presume un ampio coinvolgimento dei cittadini. Prendersi cura vuol dire conservare ma anche saper utilizzare il proprio patrimonio culturale per oggi e per il futuro in modo da aumentarne il valore anziché eroderlo; implica una responsabilità e un impegno da parte dei cittadini come custodi del territorio. Il concetto di territorio rimanda agli assunti della scuola territorialista italiana, dove un luogo è qualcosa che va oltre, che incorpora una storia, le persone che lo hanno abitato, gli elementi visibili e nascosti che ne costituiscono il valore più profondo. La parola chiave è paesaggio , oggi un crocevia semantico di interesse centrale per moltissime discipline. Le azioni che l’ecomuseo può attivare potranno essere utili anche nell'ambito della cosiddetta pianificazione attiva, quella cioè che mira alla gestione degli spazi superando la logica esclusiva dei vincoli e dei divieti, ma facendo invece ricorso alla partecipazione degli abitanti, alla cittadinanza, alla consapevolezza del senso dei luoghi da parte di chi li abita oggi. Pensiamo quindi che questo modello museale all’aperto possa trovare una sua sperimentale attuazione anche nel territorio oggetto della proposta, nell’ambito della valorizzazione del Parco a ruderi e all’interno di un progetto innovativo di grande rilevanza territoriale. D’altra parte, il paese che conta circa 2.500 abitanti ha già dato segnali incoraggianti di partecipazione nei processi di valorizzazione del patrimonio culturale. Tutto ciò è testimoniato dai buoni risultati ottenuti dal MIdA che potrà trarre vantaggio dal’attuazione del programma ecomuseale proposto per una generale ripresa e riqualificazione delle attività economiche ad esso legate. Il MIdA potrà così contribuire strategicamente alla costruzione del processo ecomuseale puntando sulla trasmissione dell’identità culturale e sulla nascita di un coscienza di luogo da parte dei suoi abitanti. La presente proposta intende quindi rafforzare questa scelta ed implementarne i contenuti con le attività previste nel progetto proposto.

1.2 Ecomusei e patrimonio locale Crediamo che le relazioni possibili tra ecomuseo e patrimonio locale , possano attivare un processo di scambio, capace di costruire nuovi scenari di sviluppo turistico e culturale del territorio comunale e, più in generale, del Vallo di Diano. La presenza diffusa del patrimonio materiale ed immateriale ci suggerisce che il territorio non è un foglio bianco sul quale possiamo disegnare a piacimento ogni sorta di trasformazione estetica e funzionale, purché disponiamo delle risorse per farlo. Esistono al contrario ‘quadrettature’ di fondo che vanno considerate e rispettate nelle trasformazioni che oggi vengono pianificate a cui la presente proposta progettuale intende attenersi. L’insieme delle permanenze strutturali di determinati tratti, ci consegnano un'immagine di grande profondità e ricchezza dei luoghi che compongono il territorio di Auletta. Ne deriva una sottolineatura della responsabilità sociale derivante dall'essere custodi di un territorio tanto complesso è ricco di specificità uniche. Se consideriamo che uno dei maggiori impegni degli ecomusei è proprio quello di rendere le comunità residenti consapevoli di come il paesaggio attorno a loro sia il frutto del lavoro di trasformazione di generazioni di abitanti, comprendiamo il ruolo che il patrimonio culturale e ambientale oltre a quello demoetnoantropologico di Auletta può avere, con il suo carico di evidenze empiriche, di conoscenze scientifiche e di potenza comunicativa sull’affermarsi della formula ecomuseo. Ma, l’ecomuseo può a sua volta offrire metodologie e opportunità complementari ed utili al processo di sviluppo locale autosostenibile, e forse anche qualche spunto di tipo strategico. Il contributo principale è legato all’ormai ricco e sperimentato ventaglio di metodologie partecipative . Se, per fare un esempio, l’Ecomuseo del paesaggio di Auletta riuscirà a convincere la propria comunità che la tutela, la valorizzazione e la fruizione dell’area del Parco a ruderi non è una operazione di sottrazione di area potenzialmente edificabile, ma piuttosto l’occasione di un miglioramento della qualità della vita degli abitanti, è assai più facile che ogni ulteriore intervento di valorizzazione del patrimonio storico-culturale nel territorio possa avvantaggiarsene in termini di legittimazione sociale e dunque divenire anche più efficace.

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1.3 Un territorio, quattro paesaggi

Questa è la cornice ideale in cui si inquadra la nostra proposta progettuale. Convinti che la sostenibilità del progetto non si risolva nella sola ottimizzazione della qualità architettonica e ambientale del luogo (Parco a ruderi) ma, soprattutto nella ricerca delle relazioni virtuose fra sostenibilità ambientale, sociale, economica e politica che l’intervento saprà attivare sul territorio per il suo ecosviluppo e la sua autosostenibilità . In questa ottica abbiamo pensato di non isolare progettualmente l’area, ma viceversa di considerare le relazioni che l’intervento saprà creare fra i modelli di azione della società insediata e l’ambiente stesso. La metafora ce la offre Flaubert “Les perles ne font pas le collier, c’est le fil” . L’ecomuseo è il filo che riesce a tenere insieme i valori di un territorio ricco di significati storici come il Vallo di Diano.

Per raggiungere questo obiettivo si è cercato di leggere meglio il territorio e le sue potenzialità paesaggistico-ambientali tentando di riconnettere paesaggi diversi appartenenti ad un’unica storia locale. E’ a questo livello progettuale che emerge in maniera evidente l’idea di Ecomuseo del paesaggio che intendiamo proporre come livello sovraordinato al Parco a ruderi, la cui condizione progettuale l’abbiamo associata al tema dell’incorporazione spaziale di paesaggi diversi ma complementari. La proposta ecomuseale è racchiusa nella rappresentazione dei quattro paesaggi che definiscono sinteticamente l’offerta culturale del territorio di Auletta:

a. il paesaggio fluviale. b. il paesaggio naturale; c. il paesaggio urbano; d. il paesaggio archeologico.

Si è voluto volontariamente inserire questo ordine alla narrazione per dare una interpretazione alla lettura del territorio; dalle sue valenze naturalistiche ed ambientali (acqua e terra) alle valenze culturali e antropiche, segnate dalla presenza del tessuto urbano contemporaneo e dell’”archeologia moderna” rappresentata dal Parco a ruderi. Questo ordine può favorire da parte della comunità aulettana e dei visitatori dell’ecomuseo, con un apposito “ipertesto” di accompagnamento, l’interpretazione e la comprensione di come e perché questo territorio sia stato occupato in epoche remote ed abbia dato origine all’insediamento umano. Il primo paesaggio è rappresentato dal paesaggio fluviale del Tanagro, che permette di capire quale ruolo il fiume abbia giocato nell’individuazione del sito di Auletta da parte delle popolazioni antiche. Sentieri che si sviluppano lungo i corsi d’acqua che caratterizzano il territorio in oggetto, aprendosi qua e là alle spaziose visioni del Vallo di Diano; essi si sviluppano lungo il fiume attraversando aree umide con la tipica vegetazione palustre e nidificazioni di uccelli acquatici migratori. Il paesaggio naturale invece è definito da sentieri caratterizzati dalla fitta presenza di canali e rii con le relative valli, soprattutto nella porzione meridionale del territorio comunale, dove si alternano i paesaggi degli ulivi

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secolari alle vedute panoramiche diffuse. Ulteriori interessanti aspetti uniscono la naturalità del territorio con la storia e la cultura dei luoghi come ad esempio i numerosi sentieri e vie che si snodano tra uliveti e frutteti sparsi nella campagna. Il paesaggio urbano è invece caratterizzato dal paese attuale, quello che vive tutt’oggi, con le sue architetture ed il suo tessuto di edilizia minore. Un importante ruolo potranno offrirlo l’eventuale ri-nascita delle botteghe artigiane del legno e degli esercizi commerciali e di ristorazione che potranno partecipare attivamente al processo ecomuseale (p.e. una Card da fornire ai turisti con la quale potranno ottenere sconti e agevolazioni per acquisti e soggiorni in loco). Per finire, il paesaggio archeologico che, attraverso l’intervento del Parco a ruderi come cantiere teatrale permanente, consentirà alla comunità locale di costruirsi una memoria indelebile sul sisma dell’80 che ha segnato per sempre la loro vita ed ai visitatori dell’ecomuseo di comprendere in maniera autentica il significato che questo evento ha avuto nella storia della comunità stessa. I paesaggi entrano a far parte dell’offerta turistico-culturale dell’Ecomuseo, il cui centro operativo per l’accoglienza dei visitatori si prevede di collocare nell’ambito del recupero della stazione ferroviaria di Auletta e della sua strada di accesso dalla strada statale 19.

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2. Il progetto territoriale Fare rete per liberare risorse è la filosofia che sta dietro all’ambizioso progetto di rilanciare l’economia del territorio del Vallo di Diano partendo dal progetto-pilota nei Comuni di Auletta e Pertosa, facendo leva sulla cultura e sul turismo sociale derivante dal sistema ecomuseale proposto. Le premesse sembrano esserci, nei contenuti e nella forma: il territorio si presenta come un terreno ricco di potenzialità storiche, culturali e ambientali tali da poterne fare un luogo di sperimentazione di “buone pratiche”, contribuendo ad attivare politiche che mettano a sistema le risorse locali favorendone lo sviluppo. Questa proposta nasce sulla scorta dell’esperienza che il gruppo di lavoro ha in atto nel Salento da alcuni anni con il Sistema Ecomuseale del Salento – SESA1, fondato sulla costruzione di laboratori ecomuseali partecipati in cui le comunità si ritrovano per costruire un futuro migliore e indicare le vie possibili di sviluppo che intendono perseguire. Ciò grazie alla volontà di alcuni Enti territoriali di favorire e stimolare le amministrazioni locali a seguire questo percorso, sostenendo e potenziando alcune azioni prototipali finalizzate alla costruzione di un sistema ecomuseale, su cui si sono cimentati gli attori locali, fornendo contenuti originali e peculiari alle forme di programmazione negoziata offerte agli enti e ai soggetti territoriali dalla più recente normativa internazionale, nazionale e regionale. Il sistema ecomuseale salentino è oggi composto da otto ecomusei municipali la cui esperienza ha spinto il Consiglio Regionale ad approvare nel luglio scorso all’unanimità la Legge Regionale di Istituzione degli Ecomusei in Puglia (L.R. n. 15/2011), riconoscendoli di fatto come esperienze innovative di valorizzazione del patrimonio basato sulla partecipazione e su modelli di sviluppo locale sostenibile e coniugandole anche con la pianificazione regionale paesaggistica come progetto sperimentale in attuazione della Convenzione europea del paesaggio.

2.1 Il Sistema Ecomuseale del Vallo di Diano (TAVOLA 1) Il SESA viene quindi preso come modello replicabile nell’ambito del territorio oggetto del bando che intende basare la sua attuazione partendo dalla costruzione della coscienza di luogo nelle comunità di Auletta e Pertosa, attraverso la partecipazione delle scuole e delle associazioni civiche per sperimentare come esperienze progettuali partecipate su temi emergenti di valorizzazione del patrimonio ambientale e culturale (fabbriche di paesaggio), nella definizione delle azioni di autogoverno del territorio attraverso strumenti come gli atlanti patrimoniali (Mappe di comunità), per aprirsi in corso d’opera ad un’altra dimensione dopo quella sociale, cioè a quella imprenditoriale e favorire un modello innovativo d’impresa che, sulla base dell’esperienza avviata, sviluppi un modello di ecoturismo che appoggi la sua affermazione sul sistema eco museale e renda il sistema proposto autosostenibile. Il turismo sociale o ecoturismo che intendiamo proporre con la formula ecomuseo dovrà strutturarsi attorno alle antenne culturali esistenti sul territorio e facenti parte dell’offerta museale dalla Fondazione MIdA:

1) Le Grotte dell´Angelo a Pertosa, con una sede museale che permette di scoprire la storia geologica del luogo, indagando le profondità della terra attraverso l’esplorazione diretta delle Grotte, riconosciuto d’interesse regionale (con delibera G.R. Campania del gennaio 2010); 2) Il Museo Botanico , in prossimità delle stesse grotte, dedicato alla flora spontanea del Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano. 3) Il Complesso Monumentale dello “Jesus” ad Auletta sede amministrativa della Fondazione ed attuale sede dell’Osservatorio sul terremoto; 4) il ”Parco Urbano a Ruderi” che è costituito dalla parte del borgo antico del Comune di Auletta che affaccia sulla rupe del torrente Cretazzaro, oggetto di apposita proposta di teatro povero con annessa scuola e residenza teatrale.

Il modello di sviluppo territoriale proposto intende quindi mettere a sistema questi contenitori attraverso percorsi ed itinerari di visita studiati e individuati nell’ambito delle attività dei laboratori ecomuseali partecipati previsti per ciascun cantiere ecomuseale che si verrà a costituire sul territorio dopo quello di Auletta. L’espressione “ecoturismo basato sulla comunità” porta la dimensione sociale ad un livello superiore. Questa è una forma di ecoturismo su cui la comunità locale può esercitare una forma di controllo, è coinvolta nello sviluppo e nella gestione, e la maggior parte dei benefici restano alla comunità stessa. Il turismo sociale community-based quindi dovrebbe adottare un approccio sostenibile e un interesse alla responsabilità collettiva, valorizzando però anche iniziative individuali all’interno della comunità ecomuseale esistente. Ulteriori aspetti generali che il turismo sociale dovrebbe promuovere sono stati identificati dall’UNEP e dall’Organizzazione mondiale del Turismo, come:

• l’apprezzamento non solo della natura, ma anche delle culture locali, come parte dell’esperienza del visitatore; • l’educazione ed i servizi di interpretariato devono far parte dell’offerta turistica; • l’organizzazione dei viaggi per gruppi poco numerosi da parte di piccole società specializzate e locali; • il minimizzare gli effetti negativi sull’ambiente naturale e socio-culturale;

1 www.ecomuseipuglia.net

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• il sostenere la conservazione delle aree naturali generando benefici economici per i gestori di aree naturali; • il fornire entrate alternative ed occasioni di impiego per le comunità locali; • l’incrementare l’attenzione locale e dei visitatori per la conservazione.

I processi che riguardano l’ecoturismo includono quindi tutti gli aspetti della progettazione, dello sviluppo, del marketing, della gestione di risorse e facilitazioni per questa forma di turismo. I provvedimenti in favore del turista comprendono l’accesso alle aree naturali e al patrimonio culturale, servizi di guida e traduzione, alloggio, ristorazione, vendita di prodotti agricoli e di artigianato, trasporti. Anche attività ricreative adeguate e di particolare interesse, come camminare su sentieri, fotografare e partecipare a programmi di conservazione, possono far parte del turismo sociale. Questo tipo di utilizzo sostenibile valorizza alcune conoscenze tradizionali locali, fornisce significativi introiti ed incoraggia le comunità a riporre un elevato valore al proprio patrimonio locale, il tutto determinando come risultato un netto beneficio per la conservazione delle diversità. Ma è possibile trasformare un territorio fuori dai circuiti turistici principali con un progetto di turismo sociale basato sul modello di sistema di ecomusei? Qual’è il rapporto che il sistema ecomuseale da avviare può instaurare con la domanda turistica esistente sulla costa tirrenica e su un sito archeologico come Paestum che dista poche decine di chilometri? Sono queste, in sintesi, le domande cui questa proposta metodologica prova a dare risposte semplici. Con un duplice orientamento. Da una parte c’è l’intenzione e la necessità di trasformare la conoscenza in risorsa locale, dall’altra c’è la volontà di verificare la possibilità di orientare i percorsi dello sviluppo locale da parte degli enti locali e territoriali partendo dai privati cittadini, sulla base dell’attribuzione di valore al sistema dei beni culturali e al paesaggio. In primo luogo occorre capire cos’è un sistema ecomuseale? Abbiamo esplorato tutte le definizioni di sistema ecomuseale restituite non solo dall’esperienza in corso, ma soprattutto dal contributo teorico di alcuni studiosi di discipline economiche, territoriali e sociali. Per gli addetti ai lavori, l’ecomuseo è un processo dinamico con il quale le comunità conservano, interpretano e valorizzano il proprio patrimonio in funzione dello sviluppo sostenibile. A noi sembra interessante questa definizione aperta che coinvolge sul tema del patrimonio culturale, sia materiale che immateriale, anche sviluppo sostenibile e società. Non ci si vuole legare ad una visione patrimonialista pura, ma assumere una visione aperta più collegata allo sviluppo locale ed alle comunità che lo hanno prodotto e che lo custodiscono. Il modello proposto che si rifà agli Open Air Museums nordeuropei, si fonda sull’avvio di esperienze partecipate a rete nel Cilento di laboratori ecomuseali per la lettura e l’attribuzione di significati e valore al patrimonio locale attraverso gli strumenti dell’autogoverno più avanti descritti, che rappresentano le matrici generali delle conoscenze locali. La proposta di questo raggruppamento consiste quindi nella messa a punto di un progetto di ricerca sperimentale per lo sviluppo locale autosostenibile del territorio del Cilento che adotta un approccio sistemico e multidisciplinare per rispondere, più in generale, alle questioni poste dal contesto economico e produttivo che viviamo: a) alla crisi esponenziale degli equilibri ambientali a cui abbiamo assistito negli ultimi trent’anni, segnata dall’abusivismo edilizio e dalla cementificazione sfrenata sinonimo secondo alcuni di progresso e sviluppo; b) alla crisi del sistema economico che ha trascinato con se anche il sistema produttivo del territorio in una depressione che riflette la crisi, più generale, dei mercati finanziari mondiali. Partendo da questi dati di fondo e da un’analisi delle reali potenzialità inespresse della nostra condizione patrimoniale siamo giunti a formulare un nuovo progetto locale come progetto di territorio fondato sul fare rete e sulla sperimentazione di un modello di sviluppo autosostenibile, basato cioè sulla capacità di produrre ricchezza da parte delle comunità locali attraverso un uso corretto e autorigenerativo del proprio patrimonio materiale ed immateriale. Il sistema museale che intendiamo prendere a modello è quello della Val di Cornia , che dalle colline metallifere del grossetano fino al golfo di Baratti ha messo assieme cinque Comuni che oggi attraverso l’ente parco gestiscono un budget di più di due milioni di euro annui tra biglietti di ingresso ai musei e parchi, progetti didattici con le scuole, gadget e souvenir, collegando il patrimonio ambientale e culturale all’offerta proveniente dal sistema produttivo locale enogastronomico, artigianale, turistico, ecc. Fare rete è quindi oggi indispensabile per liberare risorse inespresse come quelle esistenti nel territorio di progetto. La proposta nasce quindi come ricerca-azione di un’offerta museale organizzata (i n rete) per trasformare il patrimonio locale (ambientale e cult urale) in occasione di sviluppo per il territorio d el Vallo di Diano e per le popolazioni che lo abitano. A livello organizzativo si propone in primo luogo l’attivazione delle procedure per il riconoscimento di marchio collettivo presso la C.C.I.A.A. territoriale. Marchio collettivo al quale dovranno essere allegate le modalità di adesione ed i criteri che definiscono i comportamenti che devono osservare gli aderenti alla rete; siano essi attori pubblici (Enti locali, territoriali, di ricerca, ecc.) o privati (liberi professionisti, imprese, associazioni, artigiani, ecc.) che intendono condividere un nuovo progetto di territorio fondato sull’approccio multidisciplinare e proiettato verso una nuova società sensibile ai temi del paesaggio.

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Per lo sviluppo e la gestione delle attività di progetto la struttura operativa che dovrà gestire il sistema ecomuseale del Vallo di Diano dovrà essere organizzata in gruppi di lavoro e linee tematiche di ricerca. In esso dovranno essere impegnati giovani professionisti e ricercatori che avranno la funzione di facilitatori del processo ecomuseale sul territorio. Figure che non si formano nelle aule universitarie ma sul campo e con provenienze diverse: archeologi, architetti, sociologi, agronomi, storici, urbanisti, che hanno deciso di mettersi assieme per costruire un nuova esperienza formativa multidisciplinare. I gruppi di lavoro potranno essere tre: uno per consentire il corretto funzionamento del processo territoriale (democrazia e rete) , uno per la formazione dei facilitatori per l’attivazione delle metodologie e degli strumenti della partecipazione nei laboratori e per lo sviluppo di progetti didattici con le scuole (formazione e didattica) ed infine il terzo gruppo si dedica alla promozione ed alla divulgazione dei risultati delle attività e delle ricerche condotte (comunicazione e marketing) . (TAVOLA 2) A fronte dei tre gruppi di lavoro che rappresentano il cuore organizzativo e gestionale del sistema ecomuseale territoriale, l’interfaccia esterna sulle singole realtà locali sarà strutturata operativamente in quattro linee tematiche di progetto:

a) le fabbriche di paesaggio; b) i laboratori ecomuseali; c) l’autogoverno; d) l’ecoturismo.

a) Le fabbriche di paesaggio Rappresentano le esperienze progettuali che possono essere realizzate sul territorio in relazione al tema della musealizzazione all’aperto del patrimonio paesaggistico del comprensorio in esame. Le fabbriche di paesaggio sono espressione di una metodologia partecipata di pensare allo spazio pubblico e al paesaggio che possono attivare una serie di processi urbanistici, sociali ed economici sul territorio che esaltano, nella visione armonica della cooperazione e dello scambio di buone prassi, la salvaguardia degli ambienti urbani, la tutela della salute dei cittadini e la riscoperta di luoghi creduti perduti. Al centro di questa ricerca metodologica vi è una nuova interpretazione del valore del paesaggio urbano e rurale attraverso la quale è possibile sviluppare progetti e scoprire nuove potenzialità che sappiano mettere in connessione le aree verdi e pubbliche della città con il più vasto territorio e con tutti gli attori diversamente coinvolti in questi processi. Questo progetto/processo di sviluppo locale cerca di promuovere, anche nel Mezzogiorno d’Italia, una nozione allargata dell’abitare per assegnare valore alle peculiarità dei luoghi, considerare l’esistente come risorsa da mettere a sistema e favorire nuove forme di percezione e comunicazione. Grazie ai focus group con gli abitanti (Laboratori ecomuseali) e ad un approccio multidisciplinare da parte del gruppo di lavoro, si può intraprendere un fruttuoso cammino con l'ambizioso obiettivo di dare un contributo innovativo alla risoluzione del problema della qualità dello spazio urbano e al tempo stesso di promuovere una nuova filosofia nelle abitudini di vita dei cittadini. b) I laboratori ecomuseali Con questa linea tematica si svilupperà la dimensione sociale nel progetto di riqualificazione del paesaggio culturale di Auletta; questione centrale nelle strategie di attuazione del Sistema eco museale del Vallo di Diano. L’azione di “inseminazione” del processo partecipativo sul territorio dovrà essere promossa con la rete dei laboratori ecomuseali che rappresenta l’anima del sistema. I laboratori sono i luoghi in cui i cittadini si incontrano per sviluppare una coscienza di luogo in rapporto al patrimonio materiale ed immateriale che le singole comunità hanno prodotto. Una organizzazione a rete di centri operativi le cui sedi sono messe a disposizione dagli enti locali ed affidati alle associazioni che gestiscono il cantiere ecomuseale. I laboratori vedranno la partecipazione delle associazioni civiche, di liberi cittadini, di professionisti e amministratori locali. Grazie al loro attivismo potranno avviare diverse iniziative tra cui le Giornate del Paesaggio , iniziativa celebrata annualmente da Mondi Locali - Rete italiana degli ecomusei ogni 21 giugno con passeggiate educative e progetti didattici con le scuole. Ma lo strumento fondamentale per i laboratori ecomuseali è rappresentato dalla Mappa di Comunità ; veri e propri atlanti del patrimonio locale frutto di mesi di lavoro del laboratorio in cui si intrecciano esperienze e conoscenze portate sia da saperi esperti che da saperi contestuali. Un metodo partecipativo che permetterebbe di coinvolgere gli abitanti nelle esperienze delle fabbriche di paesaggio e nella pianificazione territoriale sviluppata nella terza linea tematica. Con questo strumento si cercherà di cogliere il paesaggio come rappresentazione della storia dei luoghi, così come tramandata dalla memoria individuale e collettiva, sensibilizzando le comunità locali alla lettura dei valori del paesaggio e soprattutto a promuovere un “patto di comunita”, che impegni abitanti, operatori e istituzioni a prendersi cura del paesaggio. c) L’autogoverno La terza linea tematica illustra la ricaduta che il processo ecomuseale introdotto può avere nel governo del territorio e nell’attuazione della Convenzione europea del paesaggio.

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I cantieri ecomuseali che saranno attivati permetteranno di dare maggiore consistenza all’azione di radicamento sul territorio di queste esperienze anche grazie ad eventuali Protocolli d’Intesa tra gli enti locali, la Regione Campania e le Università. Con l’avvio del progetto si potrà aprire un nuovo fronte di ricerca nell’ambito del rapporto tra ecomusei e pianificazione territoriale che sta interessando l’intero sistema nazionale degli ecomusei per gli spunti innovativi che il modello pugliese sta introducendo nella cultura del governo del territorio nel nostro Paese. In particolare con questa linea di attività si propone di sviluppare nei laboratori ecomuseali delle schede pratiche sulle tecniche costruttive e sulle modalità di manutenzione e cura del patrimonio rurale che consentono di arricchire di contenuti tecnici gli strumenti della pianificazione urbana e territoriale. Con i CAUA – Consigli di Architettura Urbanistica e Ambiente i cantieri ecomuseali possono contribuire attraverso i saperi locali all’attuazione del piano paesaggistico regionale. d) L’ecoturismo Questa quarta linea di progetto intende dare un ulteriore impulso al sistema territoriale, puntando sulla sperimentazione di forme di coinvolgimento degli abitanti, degli esercenti pubblici, degli artigiani, degli operatori economici, ecc. per una nuova cultura dell’ospitalità e dell’offerta turistica territoriale a prezzi calmierati, basata su una carta dei servizi (vedi l’esperienza pugliese con Pugliafriendly - Carta dei Principi dell’ospitalità della Regione Puglia) condivisa dalla rete degli operatori locali, un prototipo di albergo diffuso a rete i cui attori principali sono i laboratori ecomuseali gestiti dalle associazioni civiche. L'idea è quella di sviluppare un modello di impresa sociale che possa garantire l’autosostenibilità del processo di sviluppo territoriale, orientato verso un'offerta turistica community-based che adotti un approccio sostenibile e un interesse alla responsabilità collettiva, valorizzando anche le iniziative individuali all’interno delle comunità ecomuseali coinvolte. Con questa attività si proverà a dare una duplice risposta: da un lato per verificare in termini economici la possibilità di trasformare la conoscenza in risorsa, dall’altro per verificare la possibilità di orientare i percorsi dello sviluppo da parte degli enti locali e territoriali partendo dai privati cittadini, sulla base dell’attribuzione di valore al sistema dei beni culturali e al paesaggio. Questo livello della proposta metodologica dovrà consentire la trasformazione delle associazioni civiche in imprese sociali e promuovere concretamente un modello di gestione autarchica del patrimonio che contribuisca al miglioramento della qualità della vita al benessere sociale e alla felicità delle future generazioni.

2.2 Le antenne culturali e ambientali e il patrimonio diffuso Il progetto di Sistema ecomuseale proposto, dovrà basarsi su una impostazione metodologica che tende ad analizzare il patrimonio di risorse territoriali individuato, partendo da quello della Fondazione MIdA e ampliarlo attraverso le attività dei laboratori ecomuseali, assieme ai cittadini e alle associazioni civiche, mediante l’elaborazione di matrici di base, che raccolgono dati relativi a categorie di “beni” e “servizi” potenziali ed inespressi ad oggi che consentano di avere un quadro potenziale di sviluppo del modello turistico sociale. Le categorie di “beni” sono i seguenti purchè rispettino i criteri di adesione all’ecomuseo:

• “Beni Materiali”: sono i beni architettonici ed ambientali (beni storico artistico monumentali, beni archeologici, beni museali, parchi e riserve naturali). • “Beni Immateriali”: sono i beni di godimento, inteso come espressione delle culture locali, attività nel tempo libero e benessere, espressione del “piacere”, ricercato dalla collettività, e delle “tradizioni” locali.

Il “piacere” deve essere interpretato come “piacere del gusto” (prodotti tipici locali: oli, vini, pasta e dolci, vegetali, ecc.), “piacere ludico” (parchi di divertimento, ecc.), il “piacere della natura” (passeggiate, escursioni, trekking, ecc.), il “piacere del benessere” (terme, beauty farm, ecc.). Le “tradizioni” dovranno essere interpretate come manifestazioni locali della collettività, che raccontano le tradizioni storiche, religiose e culturali del territorio (feste religiose e tradizionali, fiere, mercati, sagre enogastronomiche, ecc ). Le categorie di “servizi” sono i seguenti purchè rispettino i criteri di adesione all’emporio:

• “Accoglienza”: ogni tipo di struttura ricettiva (case private, alberghi, agriturismo, villaggi turistici, campeggi, ostelli, ecc.); • “Ristoro”: ristoranti, trattorie, ecc. Le matrici di base relative alle categorie di beni e servizi dovranno prevedere: • Matrice dei “Beni Materiali”: raccoglie ed elabora dati relativi ai beni architettonici ed ambientali (beni storico artistico monumentali, beni archeologici, beni museali, parchi e riserve naturali). • Matrice del “Piacere”: raccoglie ed elabora dati relativi al “gusto” (prodotti tipici locali), al “ludico” (parchi divertimento, ecc.), alla “natura” (passeggiate, escursioni, trekking, ecc.) e al “benessere” (terme, beauty farm, ecc.). • Matrice delle “Tradizioni”: raccoglie ed elabora dati relativi alle tradizioni storiche, religiose e culturali del territorio (feste religiose e tradizionali, fiere, mercati, sagre enogastronomiche, ecc ). • Matrice dell’ “Accoglienza”: raccoglie ed elabora dati relativi ai tipi di struttura ricettiva (alberghi, agriturismo, villaggi, campeggi, ostelli, ecc.); • Matrice del “Ristoro”: raccoglie ed elabora dati relativi ai ristoranti.

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Ogni matrice dovrà essere elaborata al fine di poter valutare l’attrattività che il singolo ecomuseo (antenne del sistema) può esercitare rispetto al territorio di pertinenza. Attrattività interpretata come valore di “qualità” dell’offerta turistica, ovvero come capacità di gestire e promuovere il proprio patrimonio territoriale ma anche intesa come “competitività” che il singolo ecomuseo manifesta in un processo di valorizzazione più generale riferito all’intero sistema del patrimonio culturale e ambientale presente nel territorio e finalizzato alla realizzazione del Sistema Ecomuseale del Vallo di Diano. SCHEDE Le antenne cultuali a) Le Grotte dell´Angelo a Pertosa, con una sede museale che permette di scoprire la storia geologica del luogo, indagando le profondità della terra attraverso l’esplorazione diretta delle Grotte, riconosciuto d’interesse regionale (con delibera G.R. Campania del gennaio 2010). La grotta, detta anche grotta dell’Angelo o di San Michele, è una delle più importanti ed imponenti cavità ipogee dell’Italia meridionale. Scavata dalle acque nel banco roccioso calcareo dei Monti Alburni si apre a circa 70 metri sopra il livello del fiume Tanagro. La grotta nell’età Neolitica ed Eneolitica, occupata in parte dall’acqua, fu abitata con la costruzione di abitazioni su palafitta. La frequentazione della struttura, non più riempita dall’acqua, proseguì quindi nell’età del Bronzo e nella prima età del Ferro e continuò ancora in età lucana e romana e dall’XI secolo fu utilizzata come luogo di culto cristiano. La lunghezza delle gallerie ad oggi esplorate è di circa 2500 metri. La ricchezza delle concrezioni, con cascate di stalattiti che si intrecciano a colonne di stalagmiti, e la presenza del corso d’acqua interno rendono la visita della grotta di grande suggestione. b) Il Museo Botanico , in prossimità delle stesse grotte, dedicato alla flora spontanea del Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano. Nasce dal recupero di un ex parcheggio coperto situato in località Muraglione adiacente all'area delle Grotte. Presenta la flora naturale e la biodiversità relativa alle piante alimentari del Cilento e Vallo di Diano con collezioni di erbari, semi, legni, bulbi e fossili. E’ collocato nel MIdA02 ed affacciato sull’area umida del sito di importanza comunitaria “Fiumi Sele e Tanagro”. Il frutteto storico allestito sul terrazzo con piante vive presenta una collezione di 70 varietà arboree del territorio e piante erbacee secondo la stagione. La sezione etnobotanica sulla "cernicchiara" o tagliamani (Ampelodesma) racconta la storia, gli usi e le proprietà di una delle principali emergenze naturalistiche del Parco del Cilento e Vallo di Diano, e mostra i prodotti artigianali che se ne ricavano, dai cesti alle corde "libani" per l'allevamento delle cozze". Gli erbari storici permettono di consultare (su prenotazione) esemplari di Flora del Cilento e Vallo di Diano raccolti dal 1952 al 1988 dal prof. Moggi, esemplari di foraggere e specie spontanee. Erbari moderni sono presentati a tutto il pubblico in serie tassonomica. Esempi dei principali suoli ed i materiali pedologici del Cilento e Vallo di Diano sono associati agli ambienti costieri, montani, boschivi ed agrari in un percorso che conduce "dalla roccia alla pianta" attraverso il suolo che sostiene ed ospita la vita. Le attività ed i laboratori offerti ai visitatori ed alle scolaresche permettono di esplorare il mondo vegetale ed i suoli, dall'osservazione microscopica alla lavorazione artigianale e degustazione delle piante locali. c) Il Complesso Monumentale dello “Jesus” ad Auletta sede amministrativa della Fondazione. Il complesso storico – monumentale dell’Eremitaggio dello Jesus rappresenta una delle emergenze architettoniche del centro storico aulettese. A seguito del sisma del 1857, gli ambienti della struttura, luogo di culto prima del terremoto, vennero restaurati, e gli spazi riorganizzati ed adibiti a nuove funzioni ed utilizzi. Al termine di un analogo processo di recupero e rifunzionalizzazione seguito al sisma dell’80, il complesso ospita l’Osservatorio permanente sul dopo sisma, struttura di ricerca totalmente finanziata della Fondazione MIdA. Oggi appare importante integrare maggiormente la struttura e le sue funzioni nel tessuto sociale e produttivo di Auletta per contribuire a riannodare il filo della memoria dei luoghi colpiti dal sisma dell’80 attraverso la continua riflessione sulle conseguenze e gli effetti del terremoto. Questa struttura potrebbe trovare giovamento dalla costituzione dell’ecomuseo con il suo nuovo spazio proposto nell’ambito del recuparo della Stazione ferroviaria con una seconda antenna culturale dedicata al laboratorio didattico sul terremoto (v. punto 3.1.1) d) il ”Parco Urbano a Ruderi” che è costituito dalla parte del borgo antico del Comune di Auletta che affaccia sulla rupe del torrente Cretazzaro, oggetto di apposita proposta di teatro povero con annessa scuola e residenza teatrale. Da tempo il centro storico di Auletta è balzato all’attenzione generale non solo per l’originalità del suo assetto urbanistico, ma soprattutto per il tentativo di salvaguardarne i caratteri e l’evoluzione storica attraverso un processo di conservazione pura di tutti i segni così come ereditati dal tempo, in una sequenza di stratificazioni che ha visto via via sovrapporsi la vita quotidiana, il sisma, l’abbandono ed il recupero. Auletta è uno dei comuni dell’entroterra salernitano in cui sono ancora visibili i segni del sisma che nel 1980 colpì la Campania e la Basilicata. Gli strascichi della ricostruzione hanno trovato in questo paese, caso originale nel suo genere, la volontà degli amministratori locali di preservare un’area distrutta del centro storico a imperituro ricordo del proprio passato. Nasce da qui l’idea del Parco a Ruderi, un parco urbano in grado di custodire non solo le pietre,

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ma anche la memoria, all’interno di un’area costituita da circa il 25% del centro storico, posta lungo il costone roccioso che sovrasta il torrente Cretazzaro e guarda alle montagne della Lucania. È la stessa struttura urbana a raccontare il ruolo di queste case nella storia e nell’economia del paese: erano queste le dimore dei contadini, degli umili, della “povera gente”. Man mano che ci si avvicina al bordo della rupe, il dislivello aumenta e il terreno si fa scosceso: una serie di cordonate e di piccole viuzze permettono l’ingresso alle abitazioni, i vicoli impervi si perdono tra le molteplici entrate e si aprono alla parte estrema, da sempre adibita ad orti e giardini. Molte case si aggrappano alla viva roccia, intere pareti sono di pietra; è l’economia degli spazi che ha prodotto portoni condivisi, abitazioni comunicanti, entrate anguste in cui le abitazioni si ammassano l’una sull’altra. Per questo la zona del Parco a Ruderi era la più povera del paese, perché scomoda, stretta, priva di possibilità. Qui i gesti della vita quotidiana erano difficili da perpetuare, in molti casi vi si ritornava solo a dormire, per poi ridiscendere a valle, nei campi, dove si lavorava fino al tramonto. Già nei decenni precedenti al sisma le famiglie iniziarono ad abbandonare i propri alloggi destinando questi locali all’uso di depositi o cantine; i tanti sacrifici fatti per uscire da questo labirinto di miseria hanno portato all’ingrandimento del paese, ma quest’angolo di case rimane a testimoniare un modo di vivere perso nel ricordo del sudore e della dignità. Il terremoto trova le abitazioni del Parco a Ruderi quasi tutte vuote, salvo quelle con l’ingresso su via Beatrice; è da qui che le famiglie hanno dovuto andarsene, raccogliendo le cose più care nei canestri di vimini, da portare prima nelle tende, poi nei container. Le altre stanze, dove dormivano galline e maiali, conservavano solo le cose, gli oggetti, le derrate alimentari, il vino moscatello. Altre abitazioni erano vuote, già fatiscenti, lasciate da chi col treno se n’era andato per lavorare in Germania o era riuscito a scappare da quei cunicoli. In questa parte del centro storico scampata all’oblio, tutti i segni della vita quotidiana, la storia vera di uomini veri, appaiono oggi come trasfigurati dal tempo trascorso: la rovina e l’abbandono non hanno mortificato il senso dei luoghi, ma li hanno resi lievi, drammaticamente lievi, capaci di trasmettere una loro specifica “bellezza”. Ogni pietra, anfratto, colore, sapore, odore, veduta emanano entusiasmo e amore per la terra, intesa come radice, appartenenza, saperi, storia e storie, da tutelare e valorizzare. Come forma di “resistenza” all’omologazione culturale, ci invitano a riaccendere l’interesse per la civiltà contadina, con i suoi usi e costumi, con la sua musica, racconto e riscatto, spaccato di vita e narrazione orale tramandata da generazioni. Con la recente redazione del Piano di Recupero del Centro Storico, si è individuata la modalità di recupero e di restituzione di tale patrimonio alla cittadinanza tutta, con un intervento mirato ad una spinta conservazione della memoria storica e culturale di tali luoghi. Allo stato attuale dei lavori, nel Parco a Ruderi possono distinguersi due tipologie di ambienti. Il primo è quello degli immobili che il restauro ha reso sicuri, ovvero le abitazioni della parte alta dell’area. Negli interni sono distinguibili le destinazioni d’uso precedenti grazie alla presenza degli antichi oggetti - materassi e panche lì dove si dormiva, focolai e pentole dove si cucinava, botti e attrezzi agricoli nei depositi e così via. Sono questi gli spazi che conservano le tracce di chi vi ha vissuto - le chiavi appese vicino l’uscio, le immagini sacre a proteggere quei luoghi che la tragedia ha violato. Questi ambienti ora sono vuoti, ed hanno bisogno di essere riempiti con idee che ne rispettino l’identità e ne reinventino una storia che noi abbiamo immaginato parte conclusiva di un percorso di riscoperta del territorio più ampio, che si conclude nel Parco a Ruderi reinventato a residenza artistica e teatro di comunità. L’altra tipologia è quella in cui dominano invece i segni tragici del tempo e della natura: le abitazioni scoperchiate e inondate dalle spine e dagli alberi saliti dagli orti sottostanti, terreni un tempo coltivati. È questo il terzo paesaggio, l’indefinito e indeciso luogo della contemporaneità, in cui la natura si riappropria dello spazio non più antropizzato. A cielo aperto queste che un tempo furono abitazioni sono diventate mausolei, carichi d’inquietudine, ma riappacificati con ciò che li circonda, con i campi della valle sottostante, percorsi ideali di una narrazione teatrale. Pertanto nel Parco Urbano a Ruderi il piccolo vano sfondato convive quindi con le stanze conservate alla memoria e con le stanze restaurate per l’accoglienza e l’attività teatrale previste nella nostra proposta. Potrebbe essere questa una via per assecondare la vocazione del territorio rifuggendo dal turismo di massa dei souvenirs. Una proposta per una offerta turistica che si propone come un “emporio equo e solidale” di turismo sociale, caratterizzato da impatto minimo, bassi costi, incentrato sulle relazioni umane. In quest’ottica si inserisce la proposta del Parco a Ruderi come “teatro povero”, ideale “quinta scenica” di una comunità che ospita e si racconta: consentire di leggere le tracce, immobili, dei giorni, dei passi che hanno percorso quelle stradine, delle mani che lì hanno lavorato. Le vite sono state violate, dal terremoto e dall’abbandono, non occorre ricostruirle, ma saperle leggere, avere cuore e passione che sappiano tradurre in idee pietre e memoria. Il patrimonio diffuso e) il Patrimonio archeologico Il patrimonio archeologico rappresenta un valore importante per la costruzione di un progetto locale fondato su solide basi conoscitive. Le vicende storiche e archeologiche di Auletta si legano saldamente con quelle della Valle di Diano. Si tratta di una valle interna, posta a oriente del territorio di Poseidonia, disposta da NW a SE per una lunghezza di 36 km e una larghezza di 6 km. Per tutta la sua lunghezza il Vallo è attraversato dal fiume Tanagro che nasce dal vicino Monte Sirino; è chiuso ad oriente dalla catena della Maddalena mentre verso il Tirreno è limitato dal massiccio degli Alburni che lo separa dalla piana del Sele.

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L’area ha conosciuto una frequentazione continua a partire dall’età Neolitica Il dato archeologico più rilevante relativo all’età protostorica è rappresentato dal villaggio fortificato di località Tufariello, un abitato protetto da una cinta muraria spessa oltre 5 metri che vive nella piena età del Bronzo. A partire dal IX secolo a.C. (età del Ferro) gruppi di persone legate alla cultura villanoviana penetrano nel Vallo seguendo i percorsi dei pastori delle epoche precedenti e si stanziano nelle aree intorno a Sala Consilina. Nel VI secolo a.C. l’area diventa un vero e proprio luogo di scambio, dove si tenevano mercati tra le popolazioni vicine che arrivavano dalle importanti vie di comunicazione che mettevano in comunicazione il Tirreno con l’area ionica ed adriatica. Gli insediamenti più importanti sono stati messi in luce a Monte Pruno, nei pressi di Roscigno, dove è ubicato un grande abitato difeso da una imponente cinta fortificata, e nei pressi di Padula. A partire dal primo quarto del V secolo a.C. in tutto il Vallo si assiste ad un notevole impoverimento demografico che prosegue fino alla metà del IV secolo, momento in cui si delinea l’emergere del nuovo ethnos lucano. Uno dei centri principali è ora Atena lucana, circondato da una fortificazione costituita da due paramenti di blocchi di pietra sbozzati larga circa 3 metri. Nel corso del IV e III secolo a.C. la regione è totalmente nelle mani dei Lucani. Iscrizioni in lingua osca vengono un po’ da tutte le parti del territorio. A partire dal 272 a.C. l’area entra in contatto con il mondo romano. Dopo il passaggio di Annibale, con cui i Lucani si alleano, il vallo subisce una serie di devastazioni e viene inserito nell’ager publicus di Roma e perde le sue caratteristiche peculiari entrando a tutti gli effetti nel mondo romano. I centri antichi oggi meglio conosciuti sono Buccino, Atena, Teggiano e Cosilinum. Buccino, l’antica Volcei, sorge in una posizione dominante rispetto alla piana di Paestum e ai fiumi Tanagro e Platano. Si tratta di un sito a frequentazione di vita dall’Eneolitico fino ad oggi: il primo impianto abitativo è datato all’età del Bronzo ma è in età storica (a partire dal VII sec. a.C.) che il centro assume una certa importanza. Con l’età romana la vita civile della comunità è ricavabile dalle testimonianze epigrafiche; in questo periodo anche la campagna viene frequentata intensivamente con la realizzazione di di ville rustiche e luoghi di culto con edifici templari. Tra i monumenti degni di nota è il mausoleo dedicato da Insteia Polla a C. Uziano Rufo che doveva essere costituito da una tholos. Ad Atena si conservano i resti di mura ciclopiche databili a una fase precedente alla dominazione romana ed i resti della pavimentazione di un foro romano, mentre della presenza di importanti templi rimane menzione solo all’interno di alcune epigrafi. Teggiano (Tegianum), altra città romana, conserva i resti dello stilobate di un tempio, sotto l’attuale chiesa di San Pietro. Altri centri antichi da elencare nell’area del Vallo di Diano sono Cosilinum (Sala Consilina), con la sua torre repubblicana opera di M. Minazio Sabino e il porticus Herculis ricostruito in età imperiale avanzata da M. Vehilio Primo, e Marcellianum di cui fa menzione Cassiodoro. In conclusione, il Vallo di Diano si segnala come una territorio di passaggio sfruttato soprattutto dalle genti dell’entroterra lucano per giungere alla costa tirrenica del golfo di Paestum risalendo le sponde del fiume Tanagro; in età romana, grazie alla realizzazione della strada Capua-Reggio e alla centuriazione con cui vennero spartite le terre tra i soldati romani che avevano partecipato alla conquista dell’area, si assiste ad un incremento demografico con la realizzazione di centri urbani e ville extra-urbane legate allo sfruttamento delle risorse naturali come il legname. All’interno di queste dinamiche di trasformazione del paesaggio deve essere inserita l’area gravitante intorno al centro di Auletta. Per Auletta la documentazione archeologica è ancora alla stato embrionale; resti evidenti di una frequentazione antica, riconducibile all’età romana, può essere dedotta grazie alla presenza di blocchi antichi reimpiegati visibili in alcune strutture pubbliche del comune come nella torre dell’orologio. Tali elementi potrebbero essere ricondotti alla presenza di alcune ville gravitanti intorno al colle di Auletta. Sull’origine di Auletta esistono diverse ipotesi che si rifanno ad eventi legati alla mitologia: tra tutte quella legata al mito di Auleto, compagno di viaggio di Enea, che dopo il naufragio nei pressi di Palinuro si inoltrò nell’entroterra seguendo il fiume Tanagro fino ad arrivare in località Tempa di Donna Rosa dove fondò l’insediamento di aula electa. Un'altra ipotesi è che il nome derivi dai pastori suonatori di flauto (auletes) che nel periodo greco erano presenti lungo i contrafforti degli Alburni. Di questo passato remoto non esistono evidenze archeologiche; in età romana viene definita come pagus volcei e solo in età Medievale diventa sede di un insediamento stabile con la costruzione del castello Scanderbech e della chiesa di Sant’Andrea fuori le mura. f) il Patrimonio demoetnoantropologico La proposta progettuale e l’iniziativa ecomuseale si inseriscono all’interno di un contesto sociale che, nonostante tutto, si è mantenuto quasi intatto, ancorato alla cultura contadina. I vicoli del centro storico continuano ad ospitare gli eventi cruciali del paese così come i gesti quotidiani, nonostante la natura stessa ne abbia provocato il continuo rimodellamento. Osservando la vita quotidiana di questo paese e passeggiando per i vicoli e le scalinate è facile imbattersi nei cordiali aulettesi: gli anziani seduti davanti ai bar del corso principale, i bambini

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all’uscita della scuola, troppo pochi per riempire l’intero edificio, i piccoli esercizi commerciali a gestione familiare restituiscono la realtà e l’identità di Auletta senza leggere i dati statistici. Il bilancio demografico deficitario di Auletta non si discosta da quello degli altri paesi del comprensorio del Tanagro e del Cilento – Vallo di Diano. La causa principale dello spopolamento è la partenza dei giovani che per motivi di studio e lavoro si allontanano dal proprio nucleo familiare per poi ritornarvi sporadicamente, come testimoniano le circa centocinquanta abitazioni lasciate vuote. Da questi luoghi si è sempre partiti: fino a qualche decennio fa si aspettava alla vecchia stazione, oramai in disuso, il treno che portava al Nord; oggi è la vicina autostrada a collegare Auletta agli agglomerati urbani. Il territorio custodisce ancora tuttavia le proprie antiche tradizioni nelle quotidiane usanze della gente, nelle ricercate lavorazioni artigianali (pietra locale, legno, ferro, vimini, ricamo) e nelle genuine produzioni gastronomiche (tra le quali vanno ricordati il carciofo bianco, l’olio di oliva, i fagioli, il rafano, le ciliegie, i salumi, ma anche la pasta fatta in casa, gli asparagi, i funghi, i pomodori, i salumi, il vino ed il caciocavallo). Oggi, alla secolare vocazione agricola, si comincia ad affiancare una programmazione turistica particolarmente attenta alla conservazione ed all’offerta sostenibile, nella direzione di una giusta combinazione tra itinerari culturali e bellezze naturalistiche. Ricco è anche il patrimonio di eventi e manifestazioni che ben si presta alla diffusione delle attività del laboratorio ecomuseale proposto. Nel mese di agosto ad Auletta si svolge nel centro storico, il percorso gastronomico ”mangiamo con i contadini”, manifestazione che rievoca usanze, costumi, tradizioni e gastronomia dei contadini di una volta ce che potrebbe inserirsi nel quadro delle attività di teatralizzazione dei prodotti enogastronomici proposto. g) il Patrimonio agrario/naturalistico Il territorio di Auletta, è collocato parzialmente all’interno del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano e della Riserva Naturale Regionale Foce Sele e Tanagro, fa parte della Comunità Montana Zona del Tanagro – Alto e Medio Sele. Il paesaggio agrario si compone prevalentemente di oliveti e vigneti nelle aree di fondovalle, mentre nella fascia montana e pedemontana dominano i pascoli e i seminativi a cereali e foraggi. Il paesaggio vegetale naturale è dominato dai boschi di latifoglie decidue, cerri, roverelle, aceri, carpini neri, ornielli e castagni che ne fa assumere un carattere selvaggio, mentre al di sopra dei 1.000 m in genere preceduto da una fascia di ontano napoletano, domina incontrastato il faggio. Non manca inoltre una ricca flora in cui spiccano preziose fioriture di orchidee selvatiche. Per quanto riguarda la fauna, accanto a quella tipicamente collinare e montana (lupo, rapaci), e dei boschi e delle campagne (volpi, faine, ricci e lepri, beccacce, tordi, colombacci), per la presenza fluviale spiccano specie animali tipiche delle zone umide (ardeidi, rallidi, martin pescatore, limicoli). Tra gli anfibi e i rettili, la rana dalmatina, il tritone crestato, la salamandra, la natrice tassellata, il cervone, il biacco. Tra le produzioni agroalimentari più interessanti da inserire nell’ambito della promozione dell’ecomuseo sono da menzionare: il carciofo bianco del Tanagro (presidio Slow Food), coltivato su piccoli appezzamenti ad uso familiare; il ciliegio di Auletta; l’olio extravergine di oliva delle Colline Salernitane (DOP), ottenuto da cultivar ‘Frantoiana’, il fagiolo bianco ed il rafano. Tra quelle zootecniche, il caciocavallo silano, la soppressata, la salsiccia con polvere di peperoncino piccante o dolce, il prosciutto, il capicollo e la pancetta.

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3. Il progetto locale L’idea forza del progetto si fonda su una visione politica di una nuova forma di democrazia partecipativa che prende corpo attraverso azioni finalizzate alla crescita, al consolidamento della società locale e al “fare società locale”. Il modello di progetto locale proposto cerca di favorire le ri-nascita di una società capace di ritornare a tessere relazioni attive, affettive, sapienti, con il proprio ambiente di vita, reinterpretandone i luoghi attraverso l’arte del teatro, coinvolgendo il tessuto sociale e produttivo del paese. Partendo da una nuova destinazione d’uso del Parco a ruderi come residenza teatrale, il progetto locale si spinge fino alla crescita di coscienza di luogo e di forme di autogoverno, per produrre ricchezza durevole elevando la qualità della vita e il benessere nel contesto di un sistema aperto di relazioni e di scambi quale il sistema ecomuseale territoriale del Vallo di Diano. I riferimenti e i confronti possono essere diversi: dal format Giffoni Film Festival al modello Teatro Povero di Montichiello, l’esperienza proposta per Auletta intende inserirsi sul solco di queste felici esperienze dilatandone i significati fino alla scala territoriale ed introducendo un processo sociale per la sua realizzazione. Una proposta che intende disegnare uno scenario strategico di trasformazione, in cui il progetto socialmente condiviso che proponiamo è la base su cui pianificare il futuro, in quanto processo di realizzazione del progetto, capace di assumere i soggetti sociali, economici e culturali come attuatori di un patto sociale per la sua realizzazione. Il paese, che la tradizione vuole fondato dal compagno di Enea, Auleto, da cui prenderebbe il nome, può così trarre dalla tragedia del sisma l’occasione di un riscatto sociale e culturale oltreché economico con l’avvio di un processo di lunga durata che potrà portare ad una reidentificazione della comunità locale, anche per mezzo dell’attività teatrale, con i mondi e gli stili di vita legati ai luoghi; nelle pratiche di produzione di valori d’uso e di scambio in forme etiche; nelle azioni di cura dell’ambiente, del territorio e del paesaggio come beni comuni; nelle innovazioni produttive in agricoltura, nell’artigianato, nel terziario avanzato finalizzate al benessere sociale; nella ricostruzione dei legami sociali e di spazio pubblico; nelle pratiche di democrazia comunitaria. Per il raggiungimento di questi obiettivi, il progetto locale proposto è articolato in quattro linee di ricerca distinte ma complementari in cui si vuole dimostrare come esso non si fonda sulla conservazione dell’identità storica data, ma sull’emergenza dell’identità condivisa fra gli attori interessati alla costruzione del progetto per Auletta, attraverso un dialogo costruttivo e creativo con i valori patrimoniali presenti sul territorio. Il fine ultimo è quindi di dar vita a “nuovi abitanti” (nuovi agricoltori, nuovi produttori, nuovi consumatori) che imboccano la strada dello sviluppo locale autosostenibile, interpretando l’identità di Auletta; dei suoi luoghi, dei suoi valori, della sua ricchezza al fine di produrre una trasformazione che ne aumenti il valore.

3.1 La fabbrica di paesaggio: il Raggio Verde (TAVOLA 3) La prima linea di ricerca riguarda la proposta di un progetto partecipato di paesaggio capace di dare un impulso significato alla trasformazione futura di Auletta nel rispetto degli obiettivi sopra descritti. La domanda da cui siamo partiti è stata: esiste una offerta culturale capace di andare oltre il parco a ruderi come albergo diffuso ed avviare un’ampia e profonda riflessione sul tema del rapporto tra rovine e paesaggio contemporaneo? La particolare localizzazione dell’area del parco che costituisce il limite orientale dell’attuale abitato, ha stimolato la ricerca progettuale anche sul versante del rapporto tra paesaggio culturale e paesaggio naturale per individuare e proporre nuovi possibili usi e rendere ambedue i paesaggi contemporanei e vivi quindi collegati all’arte del teatro e della comunicazione, a forme di residenza artistica, a luoghi per lo spettacolo, a luogo per il tempo libero, alla didattica ambientale, ecc. La proposta progettuale della fabbrica di paesaggio da sviluppare nel laboratorio di Auletta riguarda il tema del corridoio ecologico a mobilità lenta di collegamento tra la stazione ferroviaria dismessa e il parco a ruderi: un Raggio Verde per Auletta che include un nuovo rapporto tra il paese (il Parco a ruderi) e la sua campagna che permetta di sviluppare le potenzialità di interconnessione degli spazi che si attestano lungo questa direttrice storica. Il corridoio che abbiamo inteso proporre come idea forza del progetto, interessa l’asse di collegamento tra il paese e la sua vecchia stazione ferroviaria ormai in disuso dagli anni “80. Stazione che ha visto passare sui suoi binari migliaia di treni con sopra tanti aulettani in cerca di miglior fortuna al nord. Uno spazio che il progetto intende recuperare e destinare a sede dell’ecomuseo e centro di accoglienza dei visitatori. Da qui il Raggio si snoda per circa 3 km con un percorso che segue l’antico sentiero di valle lungo il quale, attraverso il metodo della sentieristica partecipata si propongono diverse letture; una didattica dedicata all’educazione ambientale ed una emozionale dedicata alla descrizione dei paesi fantasma di cui è ricco il nostro Paese. Il collegamento con il parco a ruderi è proposto attraverso il forte contrasto dettato dalla presenza di un ascensore panoramico che collega il fondo valle con il paese e quindi con il palcoscenico del teatro di comunità di Auletta proposto come nuova destinazione del parco a ruderi. Un contrasto che segna la ricerca di un nuovo rapporto tra innovazione tecnologica e autenticità dei luoghi. Un raggio verde capace di creare un nuovo assetto urbano e territoriale, un catalizzatore con il fine principale di esportare cultura dal centro verso la campagna e di importare natura nel centro del paese, nel quadro di una ritrovata alleanza tra città e campagna. Il tema del bando invita quindi a porre l’attenzione verso lo spirito dei luoghi e l’ascolto della natura. Da un lato proprio la “forza” della natura, inesorabile regolatrice di vita, che per anni ha “occupato case e plasmato materie”;

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dall’altro, il senso contadino dello spazio, la valorizzazione del limite del costruito laggiù, al bordo della rupe come nella tradizione iconografica dei mille centri storici collinari. Crescono quindi le opportunità progettuali, accelerate anche da una condizione idrogeologica critica del bordo stesso, con la necessità di ancorare a terra, nelle duttili forme dell’ingegneria naturalistica, questa parte di centro storico tutto caratterizzato da cordonate e discese a valle. Proposte progettuali relative ad un nuovo collegamento col paesaggio, prima verso il letto del Cretazzaro e poi verso i campi della sponda opposta, magari conquistando un percorso pedonale di bordo in cui inserire una struttura tecnologica quale un ascensore panoramico, in modo tale che il visitatore, oltre a godere del paesaggio verso Caggiano, possa distintamente avvertire la sensazione di essere dentro lo stesso paesaggio.

3.1.1 Centro accoglienza visitatori e Laboratorio didattico sul terremoto Il primo aspetto affrontato nella definizione delle tematiche del raggio verde ha riguardato il possibile recupero della ex-stazione ferroviaria di Auletta e la sua destinazione d’uso a Centro di Accoglienza dei visitatori e laboratorio didattico sul terremoto. La stazione di Auletta è difficilmente accessibile ad oggi eppure risulta ancora segnalata da un cartello indicatore lungo la strada statale 19. Prima della costruzione di questa statale, la stazione veniva raggiunta dal paese tramite un sentiero che risultava persino più breve della stradina attuale. Oggi questa stradina è solo in parte percorribile agevolmente mentre l'ultimo tratto risulta ormai non curato. Il progetto del Raggio Verde intende recuperare questo antico asse di collegamento attraverso un percorso a mobilità lenta e con un progetto didattico di sentieristica partecipata. Un tema interessante su cui si potrà strutturare il progetto di comunicazione del sentiero, oltre al tema della didattica ambientale, riguarderà come detto la descrizione dei paesi fantasma, legati come Auletta ad eventi tragici o a semplici fenomeni di abbandono. Il Parco a ruderi di Auletta rappresenta uno di questi luoghi dell’Italia scomparsa, memorie che raccontano storie più recenti e minute. Con l’aiuto di pannelli e totem informativi il Raggio Verde si snoda, per riprendere le parole di Paolo Rumiz, all’interno di una “Mappa dei Luoghi Perduti”, una sorta di geografia parallela, passando in rassegna e raccontando le storie di una serie di luoghi fantasma. Luoghi che in passato hanno ospitato gli uomini e le loro attività ma ora risultano privi di vita. La stazione di Auletta, indubbiamente isolata, ma proprio per questo dotata di grande fascino, consente in lontananza da un lato di scorgere Auletta, dall'altro lato il ponte dell'autostrada sotto il quale corre il suggestivo viadotto ferroviario costituito da diverse lunghe arcate. La stazione, danneggiata dal sisma del 1980, venne ricostruita con un piccolo edificio con affianco un prefabbricato. Oggi le strutture sono vandalizzate e sommerse dalla vegetazione e nessuna traccia resta degli impianti. La stazione risulta oggi "ingoiata" dalla vegetazione spontanea ed in pieno Parco Nazionale del Cilento. La destinazione d’uso dopo un suo ipotetico recupero potrebbe consentire la realizzazione della sede dell’ecomuseo e del centro di accoglienza visitatori da dove potranno partire le visite ed anche eventuali spettacoli itineranti che introducono al teatro sul parco a ruderi. Un ulteriore spazio potrebbe essere destinato al laboratorio didattico sul terremoto sul modello di altri realizzati altrove (vedi Gemona). Il laboratorio didattico sul terremoto dovrà fondarsi sulla trasmissione della conoscenza che è il fondamento della responsabilità. Senza di essa, nessun legame può avere stabilità ed essere vincolante nelle scelte. Essa aiuta a costruire una coscienza collettiva fondata sulla necessità di imparare dal nostro passato per potenziare l’attitudine, ancora oggi carente, alla prevenzione. Il futuro della comunità di Auletta è, oggi, fondato sulla conoscenza da parte dei suoi membri di avere piena consapevolezza delle proprie condizioni di vita nel contesto naturale, sociale e storico che le determina. Il Laboratorio ecomuseale ed in particolare le attività didattiche sul terremoto possono arricchire l’offerta di spazi sociali per la conoscenza delle vocazioni territoriali. Nel caso di Gemona del Friuli il polo scientifico-divulgativo sul tema dei terremoti ha toccato uno degli aspetti più drammatici della natura e della storia del Friuli. Va sottolineato il carattere educativo-didattico di questo luogo che non si limita ad esporre e informare bensì a far costruire saperi, a produrre apprendimenti attraverso percorsi attivi e partecipati.

3.1.2 Identità/memoria: il teatro mette in scena la comunità L’altro estremo del Raggio interessa la nuova destinazione d’uso proposta per il Parco a Ruderi al quale si accede con un ascensore panoramico dal fondo valle. Il progetto prevede quindi la destinazione d’uso del Parco come palcoscenico ideale del teatro di comunità e come residenza artistica dove svolgere le attività descritte nei successivi paragrafi 3.1.3 e 3.1.4. In questa dimensione che ben sintetizza il concetto di neoruralità, dal forte impatto emotivo dettato dal contrasto tra innovazione tecnologica (ascensore panoramico) e rovine (il senso del tempo descritto da M. Augè), il teatro può essere straordinario veicolo di analisi e valorizzazione della storia e della memoria di Auletta e di coinvolgimento della comunità. Il teatro come modo per fare i conti con la propria identità attraverso il racconto individuale e collettivo dei propri vissuti e come fattore di cambiamento sociale attraverso il lavoro di improvvisazione su altre e nuove identità. Esistono esperienze di eccellenza in tale ambito come quella di Monticchiello dove i residenti ogni anno preparano uno spettacolo su fatti recenti o lontani di questo piccolo paese o come l’esperienza dei Cantieri Koreja di Lecce che attraverso lo spettacolo JANCU (v. VIDEO) ha raccontato la vita e le storie di un piccolo centro del Salento, Tuglie, consegnando un affresco generazionale dentro il quale tutti si sono riconosciuti come protagonisti, complici e partecipi di quella comunità. Teatro di

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partecipazione . Un mondo di figure mitiche, contadini, preti, nonni che sognano il futuro. Teatro di narrazione dove si racconta tutto e dove tutti si raccontano per porre le basi di un museo della memoria locale dove recuperare racconti e storie legate ad Auletta, conservarne il paesaggio culturale immateriale, dove tutelare le storie personali di ciascuno che mettono in moto e alimentano la Storia con la S maiuscola in un intreccio di personale e collettivo, privato e pubblico, dove. recuperare una memoria collettiva attorno alla quale ricostruire l’energia e l’identità di una comunità. Auletta si mette in scena costruendo una drammaturgia del luogo. Con il supporto di un gruppo di attori professionisti si intende implementare un percorso di ricerca e di produzione che partendo da una relazione ravvicinata con i residenti (lunghe permanenze in diversi periodi dell’anno, interviste, raccolta di testi e materiali informativi, canti, tradizioni, la lingua locale etc.) arrivi alla costruzione di un gruppo intergenerazionale che preparerà una performance sulla memoria del luogo realizzata direttamente dai residenti. Tale performance potrà diventare un modello di intervento sociale e artistico in contesti che necessitano di ricostruire la propria memoria e il proprio futuro.

3.1.3 Accoglienza di qualità: residenze artistiche e summer school Il TEATRO DEI LUOGHI ci sembra la formula più appropriata per definire l'equilibrio sempre più necessario fra l'emozione e l'energia dei luoghi e l'emozione e l'energia del teatro. Un programma di residenze artistiche, di master class, di summer scool che, nell’ambito della ri-progettazione del Parco a Ruderi, può dar corpo al progetto di sviluppo sostenibile di Auletta per proporsi non come location per grandi eventi ma come luogo e campo di innovazione sociale dove conta più la qualità e la particolarità dell'accoglienza, delle produzioni, dei saperi, dell'ambiente piuttosto che i grandi numeri. Le connessioni in ambito nazionale e internazionale costruite dai Cantieri Koreja di Lecce permetteranno di offrire il classico buen retiro e attrarre artisti di levatura internazionale nei diversi ambiti del teatro, della danza, del cinema, dell'arte contemporanea. Attraverso lunghe permanenze di almeno un mese potranno fecondare e coltivare in situ talenti e intelligenze. Il paesaggio nelle sue declinazioni culturali, storiche e antropologiche può diventare nel nostro caso oggetto e soggetto di elaborazione e di sperimentazione creativa. Il lavoro di networking realizzato da Koreja consentirà inoltre un benefico collegamento con i più importanti network internazionali fra residenze artistiche come anche con le più prestigiose scuole di teatro nazionali e internazionali. Auletta si candida a fungere da snodo per il ricambio generazionale nelle arti, implementando un dialogo fra gli ultimi maestri del Novecento e quelli che si propongono come i nuovi maestri del nuovo secolo. Le master class saranno finalizzate alla trasmissione di tecniche nell'ambito del teatro di narrazione che ci sembra coerente con le finalità del progetto e ospiteranno i maestri più riconosciuti nel genere come Marco Paolini, Ascanio Celestini, Marco Baliani etc. Le residenze artistiche e la summer school coinvolgeranno artisti come Jan Fabre, Palladino e Pistoletto, Kounellis e Teodoros Terzopoulos, Eugenio Barba, Oskaras Korsunovas e danzatori del Tanzteater di Pina Bausch, Matteo Garrone e Roberto Saviano insieme ai rappresentanti più accreditati del genius loci.

3.1.4 Tipicità enogastronomiche: teatro e produzioni locali Una ulteriore attività che potrà rafforzare lo sviluppo del teatro di comunità ad Auletta può essere rappresentato dal coinvolgimento attivo dei produttori locali. Attraverso la degustazione di prodotti tipici il pubblico dei residenti e quello dei turisti potranno fare appello alle loro risorse emotive, collegando sapori e saperi, il gusto dell'assaporare, la memoria e le tradizioni del luogo. In questo caso il teatro si inventa un format di immediata e breve fruizione oltre che duttile, con la presenza in scena dei prodotti tipici, di attori e attrici e di qualche espediente tecnologico. Nell'arco di 20 minuti si allestisce una sorta di radiodramma che fa rivivere direttamente il gioco fra realtà e finzione in cui attori e spettatori si scambiano ruoli e funzioni, gli spettatori diventano osservati e osservati Riproponendo il format già collaudato con IL PASTO DELLA TARANTOLA (v. VIDEO), i Cantieri Koreja di Lecce reinventeranno sui prodotti tipici di Auletta uno spettacolo-degustazione in cui le attrici-hostess accompagneranno il pubblico come maestre di cerimonie , introducendolo ai piaceri del palato per scoprire quei prodotti tipici che possiedono il segreto di un mondo tanto antico e forte da risultare a tratti oscuro. Gli spettatori verranno disposti a due a due, dietro piccole tavole imbandite e verranno invitati a indossare cuffie per ascoltare, amplificate, musiche tradizionali, sonorità arcaiche, dialetti che accompagnano il semplice racconto-spiegazione. Su un tavolo-altare-palcoscenico , oltre ai piatti, agiscono le due attrici le cui azioni vengono replicate su uno schermo al plasma. L'azione teatrale (a numero limitato) racconta la cultura locale attraverso un connubio tra teatro, cibo e tecnologia. L’allestimento dello spettacolo è costituito da una serie di postazioni per una degustazione individuale guidata. Il pubblico viene isolato dal resto delle persone tramite cuffie ed è invitato a scoprire la cultura del luogo attraverso pietanze tipiche e grazie allo straordinario uso delle tecnologie. Un grande schermo al plasma duplica le attrici sulla scena e le cuffie immergono completamente l’ascoltatore nei ritmi e nei suoni del territorio. Le attrici-cameriere accompagnano lo spettatore-avventore alla scoperta dei sapori tipici. I prodotti alimentari rispecchiano e testimoniano la cultura (non solo materiale) da cui sono nati. Insomma cultura e colture, saperi e sapori uniti da un unico respiro che alimenta il miracolo di un territorio ricco di tradizione e di futuro.

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3.2 Il laboratorio ecomuseale (TAVOLA 4) A livello organizzativo il progetto locale per Auletta individua il laboratorio ecomuseale quale spazio che costituisce la struttura operativa della proposta progettuale in cui i cittadini si incontrano per sviluppare una coscienza di luogo in rapporto al patrimonio materiale ed immateriale che le singole comunità hanno prodotto. L’organizzazione di questi laboratori, portati su scala territoriale, possono costituire una rete di centri operativi, in cui si attribuisce indirettamente agli enti locali, che hanno in carico il funzionamento e l’organizzazione dei laboratori, importanti responsabilità nell’avviare relazioni di scambio e di cooperazione con gli altri partner di progetto. L’attività del laboratorio di Auletta potrebbe trovare posto all’interno del Complesso dello “Jesus”. Esso si dovrà basare sulla sperimentazione di metodologie diverse di ascolto, di selezione/decisione sugli elementi e sui valori e di rappresentazione formale degli strumenti da realizzare (Mappe, Consigli e Statuto del paesaggio). Il laboratorio dovrà privilegiare i metodi di indagine e di realizzazione che ritiene più adatti alla propria realtà e capacità, decidendo di dare avvio alla propria attività con la predisposizione di alcune domande significative (Cosa rende speciale e diverso dagli altri questo luogo? Quali sono le cose che hanno maggiore significato per noi? Cosa è importante di questo paesaggio? Che cosa mi mancherebbe se non ci fosse più? Cosa vogliamo farne di questo patrimonio? Cosa e come vogliamo preservare? O migliorare? O trasformare?) da sottoporre alla comunità locale sottoforma di questionario/inchiesta distribuito anche con l’aiuto delle scuole. I lavori realizzati daranno risalto principalmente al modo in cui le comunità percepiscono i propri paesaggi, come definiti dalla Convenzione Europea, ovvero "parti di territorio, così come percepite dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione dell'uomo e della natura e dalle loro interrelazioni, componente essenziale del contesto di vita delle popolazioni, espressione della diversità del loro comune patrimonio culturale e naturale e fondamento della loro identità". Il lavoro del laboratorio sarà organizzato per fasi attuative che corrisponderanno alla redazione del Quaderno dell’ecomuseo (diario di bordo delle attività, questionari, materiale grafico e fotografico, risultati, proposte, ecc.) con i quali far conoscere agli altri Comuni del Vallo i percorsi seguiti e le conoscenze sul proprio territorio, acquisite o riscoperte. In questa prospettiva sarà importante creare momenti di scambio di informazioni e di esperienze tra i gruppi dei diversi Comuni e di diffusione pubblica dei risultati, quest'ultima resa più efficace anche grazie alla realizzazione di una eventuale mostra itinerante.

3.2.1 Il progetto di comunicazione Il laboratorio di Auletta costituirà il nucleo fondante del sistema territoriale dei laboratori che si dovrà appoggiare sulla creazione di un sito web dedicato al progetto che costituirà la piattaforma comunicativa del Sistema Ecomuseale del Vallo di Diano. Tramite il sito web sarà possibile accogliere le domande di partecipazione al laboratorio sia dei singoli cittadini che dalle associazioni civiche locali e territoriali che aderiranno al progetto. Il progetto di comunicazione si avvarrà anche di una linea editoriale con i Quaderni dell’ecomuseo che permetteranno di diffondere i risultati in ogni famiglia. Una pubblicazione agile che consentirà di fare il punto sugli esiti raggiunti da ogni laboratorio. A tal riguardo la Tavola 4 presenta il progetto di comunicazione proposto partendo dall’esperienza salentina condotta in collaborazione con la Regione Puglia e l’Università del Salento. Un lavoro che ha ricevuto una menzione per l’originalità del processo partecipativo proposto da parte della Commissione nazionale di valutazione delle candidature italiane per il Premio d’Europa del Paesaggio, edizione 2008, previsto dalla Convenzione europea. Un riconoscimento che ha messo in evidenza come dieci anni di sperimentazione e di ricerca tra archeologia, paesaggio e pianificazione hanno permesso di sviluppare una metodologia che può rappresentare una delle strade possibili verso l’attuazione della Convenzione europea del paesaggio. Il percorso di coinvolgimento che parte dal basso, e chiama in causa le municipalità, gli ecomusei, le associazioni locali, gli enti territoriali e di ricerca per costruire tutti assieme un diverso futuro ed una nuova cittadinanza che riconosca il paesaggio come bene comune su cui impostare la qualità della vita delle future generazioni.

3.3 Gli strumenti dell’autogoverno Con la proposta di avvio di un cantiere ecomuseale per Auletta, si intende attivare una serie di strumenti di pianificazione partecipata, presentati di seguito, con cui gli abitanti non sono più un elemento neutrale, ma diventano parte attiva nelle scelte progettuali e del loro sviluppo futuro. Con questa proposta il gruppo di lavoro non intende essere chiamato a progettare secondo le modalità tradizionali, seppur siamo venuti a conoscenza delle problematiche del territorio non ci limitiamo a fare nuove proposte progettuali (l’ennesima probabilmente) ma intendiamo veicolare le esigenze che i cittadini in prima persona esprimono rispetto al proprio ambiente di vita. È la pianificazione democratica di cui parla L. Mumford, che intendiamo sperimentare concretamente ad Auletta, quando si riferisce ad un vero e proprio processo di riorganizzazione della società connotato da una notevole espressione sociale e da una multidisciplinarietà dell’approccio. È una pianificazione che si pone come punto di incontro tra l’abitante che ha un ruolo attivo ed è il produttore culturale del proprio ambiente e le tecniche di progettazione.

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In questo modo il tessuto urbano di Auletta può diventare un organo essenziale per esprimere e attuare la nuova personalità umana, quella dell’uomo del mondo. La città diventa veicolo della volontà individuale e collettiva dei suoi cittadini, che ha per meta l’autocoscienza, l’autogoverno e la realizzazione della propria personalità. L’abitante, il cittadino è partecipe dei processi di cambiamento che avvengono nella propria città: solo in questo modo si potrà favorire il successo dei cambiamenti stessi e garantire l’attivazione di un autogoverno responsabile. Si potrà compiere così, la grande missione del progetto per l’Auletta del domani: favorire la partecipazione consapevole degli abitanti al suo processo storico di trasformazione. Il paese mette in scena se stesso con la destinazione del Parco a ruderi a residenza teatrale, aiutando i suoi abitanti a conoscere la sua struttura complessa e durevole. Con le attività teatrali inserite nella proposta del Raggio Verde si accresce la capacità umana di interpretare i processi di trasformazione in atto e di parteciparvi attivamente e normativamente, in modo che ogni parte del dramma messo in scena contenga il più possibile, la luce della consapevolezza, il marchio della finalità e il colore dell’amore. [Mumford L., La città nella storia, Bompiani, Milano, 2002, ed. orig. The City in History, Harmondsworth, Penguin, 1966]

3.3.1 La Mappa di comunità (TAVOLA 5) Le mappe di comunità traggono spunto dall’esperienza delle Parish Maps scozzesi avviate intorno agli anni “80 dall’associazione Common Ground. Questi strumenti, essenziali per comprendere se ci sono le condizione per l’avvio di un ecomuseo in un territorio, costituiscono un processo partecipativo che coinvolge gli abitanti, in un esercizio di auto-rappresentazione identitaria e di riconoscimento dei valori tipici del luogo che abitano. Le mappe si costruiscono infatti per fare in modo che la diversità di un territorio continui ad esistere. Esse sono assai diverse dalle carte topografica, in quanto mappe sentimentali, che trasmettono la densità del valore dei luoghi che rappresentano piuttosto che la loro cruda rappresentazione tecnica affidata alle carte ufficiali. Una diversità che implica la ricerca di quel particolare equilibrio fra ripetitività e specificità locali del paesaggio di Auletta; fra gli aspetti materiali e visibili (architetture rurali, ulivi, corsi d’acqua, ecc.) e quelli immateriali come le tradizioni, i modi di vivere, le lingue, la musica, i modi di alimentarsi, include in una parola sola anche le società che abita il territorio. Quando si parla di territorio si parla di cose e di persone insieme: si parla di paesaggi. Una diversità che è minacciata quotidianamente da potenti forze che tendono invece a livellarla, ad eliminarla. Il fascino del paesaggio di Auletta è il frutto di processi evolutivi di generazioni di uomini che hanno lavorato per costruire questa diversità, che oggi dobbiamo difendere dall’uniformità. Con l’esperienza della Mappa si dovranno rendere coscienti i cittadini di quali sono le dinamiche che hanno reso unico questo luogo e cercare di favorirle. La mappa è un modo per riconoscerle ed è particolarmente utile alla scala del micro-locale, della comunità di paese. Con parole semplici, una mappa di comunità è un gruppo di abitanti che riflette collettivamente sulle specificità locali, ossia sulle cose che rendono il luogo in cui vi abitano diverso dagli altri. Specificità per cui vale la pena vivere lì e che una volta individuate trovano posto nella mappa di comunità. Ciò permette di instaurare un rapporto profondo con i luoghi e con le persone che li abitano, la mappa di Auletta sarà una espressione comune di valori fisici e umani, senza la comprensione dei quali, essere parte di una comunità perde gran parte del suo significato. Negli ultimi anni si è delineata una “via italiana” delle Mappe di Comunità orientata anche verso la disciplina urbanistica, con la sperimentazione di processi per l’attuazione della Convenzione Europea del Paesaggio, di cui l’esperienza che abbiamo condotto con il Progetto Sperimentale del PPTR di Puglia ne rappresenta un esempio pionieristico in questo senso. (vedi Tavola 5) La mappa di Auletta dovrà quindi essere indirizzata su tre diversi livelli di approfondimento:

- la memoria dei luoghi e il paesaggio storico. E’ il livello della conoscenza esperta, della dimensione oggettiva della percezione del paesaggio storico, quello che Eugenio Turri definisce lo “sguardo da lontano”, dei saperi esperti, propedeutico al progetto del Raggio Verde. La mappa corrisponde alla lettura del paesaggio come valore depositario di memorie e di caratteri identitari che coinvolgono le relazioni tra le componenti estetiche, ambientali, sociali ed economiche del territorio.

- l’ecomuseo e la mappa di comunità. E’ il percorso dei saperi contestuali, della dimensione soggettiva, dello “sguardo da vicino” del paesaggio storico. Il progetto del Raggio Verde viene sottoposto all’attenzione della comunità locale e con essa, partendo da questo intervento di riqualificazione paesaggistica, viene avviato un processo di costruzione di una nuova cittadinanza più attenta e consapevole del proprio patrimonio e capace di impostare con esso un nuovo modello di sviluppo locale autosostenibile del territorio. La mappa di comunità diventa così lo strumento per aiutare la popolazione locale a liberarsi dagli stereotipi di uno sviluppo dettato da forme di omologazione e luoghi comuni assai diffusi nella società contemporanea, per costruire assieme un nuovo piano collettivo per l’evoluzione delle comunità attraverso reti di nuove cittadinanze più sensibili alle tematiche paesaggistiche e ambientali.

- la mappa di comunità e la pianificazione urbanistica. E’ la fase operativa proiettata nel “dopo-mappa”, cioè nell’utilizzazione dei risultati al fine di una pianificazione partecipata per la manutenzione e la gestione delle diversità dei caratteri paesaggistici del territorio aulettano. La mappa intende così contribuire nell’identificazione

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degli obiettivi di qualità paesaggistica con la stesura dei Consigli d’uso e di manutenzione del paesaggio e dello Statuto del paesaggio locale. Essi riportano le regole ed i comportamenti che hanno permesso di costruire il paesaggio locale e che possono rallentare i processi di depauperamento delle risorse ambientali e paesaggistiche in atto, sostiene di fatto il processo sperimentale di attuazione della Convenzione europea del paesaggio.

3.3.2 I Consigli dell’ecomuseo (TAVOLA 6) Abbiamo descritto nel precedente paragrafo perché si fa e a cosa serve la mappa di comunità. Con essa si potrà preparare il terreno ai successivi due strumenti del processo di autogoverno del territorio: i Consigli dell’ecomuseo e lo Statuto del paesaggio. I Consigli dell’ecomuseo sono percorsi ed itinerari di visita proposti dalla comunità locale, in cui si mettono in evidenza le regole di comportamento e le modalità d’uso del paesaggio e della sua corretta manutenzione al fine della conservazione delle diversità paesaggistiche esistenti nel territorio. I Consigli costituiscono approfondimenti delle tematiche che la Mappa di comunità ha messo in evidenza attraverso il processo partecipativo, come nei casi condotti nel Salento con il SESA (vedi Tavola 6). Prima attraverso un’analisi a scala urbana, si individuano gli itinerari di visita, dove vengono evidenziati valori e disvalori del paesaggio urbano e, successivamente, con un’analisi sui punti di forza e le criticità dei caratteri del territorio extra urbano, attraverso la lettura dei metodi agricoli, di sfruttamento delle risorse, di uso della campagna, ecc. si possono costruire gli itinerari del paesaggio rurale locale. Una sezione specifica dei Consigli dovrà essere riservata al dialogo attivo con i cittadini con la possibilità di quest’ultimi di scrivere le loro sensazioni e riflessioni in merito alla ricerca degli elementi di pregio e di difetto nella pratica agricola e in quella costruttiva contemporanea. In particolare si dovrà descrivere rispetto a specifiche tematiche riferite ad esempio alla pratica agricola, i caratteri del paesaggio rurale, la sistemazione dei campi, le coltivazioni tipiche, i metodi di irrigazione, quelli di concimazione, ecc. e rispetto a ciò descrivere come si faceva, come si fa ora e che cosa proponevano di fare.

3.3.3 Lo Statuto del territorio Il processo di costruzione del quadro conoscitivo e propositivo sul patrimonio territoriale ottenuto dal rapporto dialettico fra saperi contestuali e saperi esperti, si conclude con la stesura dello Statuto del paesaggio locale di Auletta. Esso rappresenta il passaggio istituzionale di riconoscimento del lavoro svolto dal laboratorio attraverso l’approvazione del Consiglio Comunale di tutti i documenti prodotti (Raggio Verde, Mappa, Consigli e Statuto) per poi essere inseriti tra le “buone pratiche” proposte nell’ambito della pianificazione paesaggistica regionale. Lo Statuto del paesaggio ha la finalità di identificare, alla luce del lavoro propedeutico condotto (Mappe e Consigli), i micro-paesaggi che possiedono caratteri e valori importanti ed inalienabili per la comunità di Auletta. Questa sintesi, che coincide con la lettura del tessuto storico e insediativo del territorio, condotta assieme ai cittadini, porterà alla definizione di un documento che rappresenta simbolicamente le linee guida per una trasformazione territoriale che, nelle sue forme più evolute, potrà giungere alla formulazione di un “contratto” tra ente pubblico e cittadini sul modello di alcune esperienze ecomuseali spagnole (es. Ecomuseo Vernissa Viu). L’approvazione dello Statuto rappresenta quindi il risultato conclusivo del progetto sperimentale per Auletta con il quale la comunità riconosce la condizione fondamentale per misurare la qualità del suo ambiente di vita e l’eventuale miglioramento degli aspetti sociali attraverso norme di tutela e di trasformazione compatibile con i valori patrimoniali esistenti. Con esso si intende promuovere la diffusione di una coscienza di luogo per la valorizzazione del paesaggio quale prodotto dello stile di vita della popolazione ed occasione di sviluppo locale autosostenibile. Il documento dovrà elencare infatti i caratteri identitari di qualità del paesaggio urbano e rurale ed impegna simbolicamente i cittadini e l’amministrazione pubblica a conservare i caratteri paesaggistici in esso riconosciuti. Entrambi si impegnano a fornire, a chiunque le richieda, le indicazioni utili all’uso ed alla corretta gestione del paesaggio ed i chiarimenti riguardanti eventuali trasformazioni dello stesso compatibili con i valori riconosciuti. Ciò potrebbe avere un impatto notevole anche tra i produttori di paesaggio e gli addetti ai lavori soprattutto se il laboratorio rappresenterà un vero e proprio centro di ascolto per i tecnici e gli addetti ai lavori.

3.4 Ecomuseo e impresa sociale Quanto detto fino ad ora descrive in maniera compiuta l’intero progetto di sviluppo locale proposto. Un progetto articolato su tre linee tematiche di ricerca che può consentire nel tempo il consolidarsi di una rete di enti locali che si è ritrovato su alcuni temi fondamentali come quello dello sviluppo autosostenibile, della costruzione della coscienza di luogo e più in generale dell’affermarsi del concetto di territorio come bene comune. Sarà importante, ai fini del buon esisto del progetto proposto far si che le esperienze maturate nel laboratorio possano contribuire ad affrontare la nuova sfida che abbiamo davanti per far fronte all’attuale crisi economica e ambientale di carattere internazionale. Sfida che richiede la messa a punto di nuove strategie di sviluppo ed un sostanziale cambiamento del concetto di progresso che abbiamo ereditato nei decenni precedenti fondato sulla crescita economica illimitata.

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La ricerca-azione proposta attraverso la fabbrica di paesaggio da un lato e il laboratorio dall’altra con i suoi strumenti di autogoverno, costituirà uno strumento ideale per la sperimentazione dell’approccio territorialista che dalla metà degli anni ’80 ha caratterizzato la ricerca di un gruppo di studiosi di diverse discipline. Un approccio che ha posto al centro dell’attenzione della ricerca il territorio come bene comune nella sua identità storica, culturale, sociale ed ambientale. L’importanza del fare impresa appare così un passaggio ineludibile per dare forza all’esperienza di Auletta, per renderla autosufficiente e costruire attorno ad essa un nuovo progetto sociale e di territorio basato sull’autosostenibilità. Un progetto di impresa territorialista che dovrà basarsi sull’attività di gestione dell’ecomuseo supportata nello sviluppo dall’Amministrazione comunale, dal MIdA e da tutti i soggetti territorialmente esistenti. Si potrà costruire in questo modo un profondo legame tra la fase di start-up del progetto di ecomuseo, sostenuta dalle associazioni civiche e da singoli cittadini e la fase a regime che viene affidata all’impresa sociale da costituire, alla quale verranno forniti gli strumenti ed il supporto costante per poter camminare con le proprie gambe anche con l’eventuale contributo di soggetti finanziari come Banca Etica, Oltreventure Capital Sociale, ecc. Pertanto, rispetto al percorso di autogoverno sin qui descritto si aggiunge una quarta fase operativa che coincide con la trasformazione dell’ecomuseo in impresa sociale e sostenere così il progetto proposto da un punto di vista economico finanziario: quella del turismo sociale. Con esso si intende dare un ulteriore impulso al progetto di sviluppo sostenibile per Auletta, puntando sulla innovativa sperimentazione, attraverso le attività del laboratorio ecomuseale, con forme di coinvolgimento degli abitanti, degli esercenti pubblici, degli artigiani, degli operatori economici, ecc. per una nuova cultura dell’ospitalità e dell’offerta turistica territoriale, basata su una carta dei servizi che risponda ai dettati europei per l’ospitalità turistica (v. Pugliafriendly - Carta dei Principi dell’ospitalità della Regione Puglia) condivisa dalla rete degli operatori locali (un prototipo di albergo diffuso a rete come risultato finale di un processo partecipativo integrato). L'idea è quella di sviluppare un modello innovativo di impresa sociale rivolto all’impresa sociale che gestirà l’ecomuseo, per un'offerta turistica community-based che adotti un approccio sostenibile e un interesse alla responsabilità collettiva, valorizzando anche le iniziative individuali all’interno della comunità ecomuseale. Partendo dagli strumenti messi a punto nel laboratorio si cercherà di capire se questo può generare matrici condivise del progetto di turismo locale attraverso l’articolazione del suo contenuto, individuando concetti, definizioni, temi ed esperienze che possono essere utilizzate come uno strumento di indagine, rapido e sintetico, che indaga il complesso delle conoscenze sul tema “patrimonio locale” trasformandolo in potenziale ricchezza per la comunità. Con questa nuova organizzazione d’impresa la comunità di Auletta potrà partecipare concretamente alla costruzione di un modello di progetto locale autosostenibile che prendendo corpo attraverso forme di democrazia partecipata possa contribuire al miglioramento della qualità della vita e del benessere sociale delle future generazioni. 4. Calcolo sommario di spesa Rispetto alle economie relative alle disponibilità per la realizzazione della proposta progettuale pari ad € 1.000.000,00 questi possono intendersi così sommariamente ripartiti: a) Lavori edili, impianti e forniture per la realizzazione del Raggio Verde € 450.000,00 b) Attività del laboratorio teatrale € 230.000,00 c) Attività di coordinamento ed elaborazione degli strumenti di autogoverno € 60.000,00 d) Attrezzature, strumentazioni e arredi del Laboratorio € 30.000,00 e) Spese generali 12% su a) (progetto, direzione lavori, consulenze, ecc.) € 54.000,00 f) Formazione facilitatori, progetto di comunicazione, ecc € 30.000,00 g) TOTALE NETTO € 854.000,00 h) Oneri previdenziali 4% su e) € 2.160,00 i) IVA 10% su a) € 45.000,00 l) IVA 21% su b)+c)+d)+e)+f)+h) € 85.294,00 m) Imprevisti € 13.546,00 n) TOTALE € 1.000.000,00

Il gruppo di lavoro La.Ar.Pa. s.r.l. - Lecce

Cantieri Koreja - Lecce Ass. Play Your Place - Maruggio - Taranto

Dip.to Scienze Sociali e della Comunicazione - Univ ersità del Salento Francesco Baratti - Architetto

Renato Caldarola - Archeologo Fabrizio Ghio - Architetto

Fabio Ippolito - Agronomo Corrado Notario – Archeologo Caterina Polito - Archeologa

Serena Quarta - Sociologa Aldo Summa - Architetto