Reinventarsi nuovi mondi possibili, di Giulia Bussi e Marina Farina
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Ideogramma cinese “chóng” = rinnovare
REINVENTARSI NUOVI MONDI
POSSIBILI Gli “over 50” tra resil ienza e creatività
di Giulia Bussi e Marina Farina
2 Mida SpA – Reinventarsi nuovi mondi possibili, di Giulia Bussi e Marina Farina
Con la linea IDEOGRAMMI Mida si propone di pubblicare le sue ricerche, intese come risultato di studi, pensieri, interpretazioni che gli autori
traggono dalla diretta esperienza sul campo. Ma non solo. I contributi sono anche frutto del desiderio di raccontare l’approccio
peculiare di Mida alla professione attraverso i suoi stessi protagonisti.
REINVENTARSI NUOVI MONDI POSSIBILI
Gli “over 50” t ra res i l ienza e creat ività
di Giulia Bussi e Marina Farina
Tratto da: “I luoghi dell’intuizione”, a cura di Cinzia Chiesa, Quaderni di Psicologia Analisi Transazionale e Scienze Umane
n.60-2013, La Vita Felice Ed., Milano, 2013
Mida SpA – Reinventarsi nuovi mondi possibili, di Giulia Bussi e Marina Farina 3
Riassunto
Questo articolo è dedicato alle persone “over 50” e alla loro capacità di valorizzare le proprie competenze, propensioni, risorse e talenti per reinventarsi un futuro professionale.
Vogliamo esplorare cosa significhi sentirsi etichettare come un costo o un peso per l’azienda e la società, o un “tappo” per i giovani, o addirittura viversi talmente ingombrante da perdere il
posto di lavoro a seguito di una ristrutturazione aziendale. Ma anche cosa significhi veder allungare, oltre ogni previsione, il proprio tempo di lavoro in azienda, a seguito di una riforma pensionistica.
Nella prima parte dell’articolo rifletteremo su come sia possibile, per queste persone, in un momento di cambiamento così importante della loro esistenza, cogliere invece l’opportunità all’interno della crisi.
Pensiamo che si tratti innanzitutto di una questione di resilienza, ma anche della capacità di accedere all’intuizione, alla creatività e
al desiderio, per reinventarsi un futuro migliore.
Nella seconda parte rifletteremo invece su come le organizzazioni si possano attrezzare per mantenere alta la motivazione e la produttività delle persone in questa fascia di età.
Pensiamo, infatti, che le persone senior possano costituire una risorsa fondamentale per le organizzazioni di oggi: portatrici di esperienze e competenze professionali e di vita, che possono
valorizzare e condividere attraverso un processo di scambio intergenerazionale, ma anche capaci di espandere le proprie risorse, apprendendo nuove competenze, proprio in un percorso di Long Life Training Opportunity. Perché ciò accada, conteranno sulle
loro risorse e sulle opportunità dell’ambiente, ma non possono che essere favorite da un contesto organizzativo orientato ai valori della fiducia e della co-progettazione.
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1. L’individuo e la percezione di sé
Livia aveva un sogno nel cassetto. Le sarebbe piaciuto tanto
poter studiare, ma allora le donne, soprattutto in campagna,
frequentavano solo le scuole commerciali.
Da 35 anni Livia lavora in un Centro per l’Impiego. Prima si
chiamavano uffici di collocamento: prima, quando c’era
lavoro e le persone si potevano collocare. A Livia piaceva
osservare i visi soddisfatti delle persone; ricorda ancora una
“chiamata” dalla Fiat: aveva collocato una vera “folla” di
uomini e donne. Che soddisfazione!
Ora è diverso. Le persone sono sempre tante, ma senza
speranza, desolate, disperate, arrabbiate. E allora Livia ha
imparato ad ascoltarle, ha coltivato la pazienza e non perde
mai la speranza di poterle aiutare, per quello che può, con
l’informazione corretta, con gli invii giusti, con le parole
giuste.
Per questo, da quando lavora, non ha mai smesso di
studiare, di informarsi sulle nuove leggi, di frequentare
corsi, come quando ha dovuto affrontare il passaggio dalla
biro all’informatica.
Una rivoluzione, ma anche una sfida. Di nuovo studiare…
e senza il premio di una laurea.
Con la grinta di una combattente, Livia continua ad imparare
per i suoi utenti difficili, reinventandosi il suo lavoro giorno
dopo giorno, grata per una parola di riconoscenza.
In attesa di una pensione che arriverà più tardi del previsto,
coltiva già un progetto per il futuro: fare la volontaria in
qualche patronato per aiutare i “vecchietti” a compilare
moduli e richieste.
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Francesca è entrata nell’Ente Pubblico, in cui lavora ancora
oggi, il 1° marzo del ’78: sono 35 anni quest’anno.
Non aveva ancora preso il diploma e già superava il
concorso per un livello esecutivo. Poi, una volta diplomata,
si è iscritta alla facoltà di lingue. Uscita dal lavoro, andava
direttamente all’università.
Nel frattempo, per poter progredire nella carriera gerarchica,
ha partecipato con successo a ben 7 concorsi!
Poi ha studiato il cinese per 5 anni, iscritta alla scuola serale
di lingue orientali, fino al diploma e proprio con una tesi dal
titolo: “Gli esami del mandarinato cinese: come si diventa
funzionari dell’impero in Cina”!
Intanto il mondo del lavoro cambiava velocemente; il tetto
da raggiungere per l’età pensionabile si spostava in là negli
anni e bloccava i suoi progetti per il futuro: avere tempo
libero, viaggiare, studiare per una nuova laurea… questa
volta di giorno!
Ci ha pensato molto e alla fine, per la prima volta nella vita,
ha deciso di proporsi per un ruolo di maggior responsabilità:
«Qui devo rimanere,… tanto vale restarci da protagonista!
Sta a vedere che in questi anni faccio carriera». Francesca
ha avuto l’incarico.
Adesso ha 54 anni e 37 di lavoro alle spalle. Dal punto di
vista professionale “ha ancora un gradino di possibilità”: le
piacerebbe provare ad avere una responsabilità ancora
maggiore.
Oggi è sempre più decisa a proporsi: il passare dell’età la fa
sentire “impunita”.
Le storie di Livia e Francesca raccontano di come una
persona possa vivere la situazione del cambiamento d’età
come una opportunità, come una sfida.
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Sono storie di riprogettazione del proprio futuro
professionale, storie di donne normali che hanno saputo
attribuire senso e significato al loro progetto di lavoro in
un’ottica esistenziale più ampia. Costrette a rimanere in
azienda per una legge sulle pensioni che sembrerebbe
penalizzarle, sono “contente”, motivate, piene di energia e
capaci di valorizzare la loro storia professionale, la loro
esperienza, il loro talento.
Da loro impariamo che è possibile non sentirsi ingombranti
(Rampini F., 2012), che c’è una bella differenza tra il sentirsi
in declino o il sentirsi in rilancio, tra la passività e l’azione.
Se mi sento in rilancio, faccio progetti, dò gambe ai miei
sogni, posso prendere buone decisioni per me, ma anche
per gli altri all’interno della organizzazione.
Posso decidere di insegnare con il mio esempio la pazienza
ai giovani e insieme dare una parola di speranza agli utenti,
come fa Livia, oppure propormi per offrire la mia esperienza
all’organizzazione, come ha fatto Francesca...
In entrambe le storie, c’è un tema di motivazione e di
imprenditorialità personale. La riflessione di fondo che
accomuna le narrazioni consiste nel pensiero che
l’allungamento delle aspettative di “buona” vita fa essere
attivi più a lungo e che questo costituisce un’opportunità
straordinaria: sia nella vita privata, sia in quella
professionale. «L’invecchiamento» scrive il demografo
Alessandro Rosina (Rosina A., 2013) «non fa emergere solo
nuovi rischi e nuovi bisogni, ma è anche un’opportunità da
cogliere, un’occasione unica per rimettere in discussione
vincoli, norme e freni culturali che comprimono la
valorizzazione di risorse finora sottoutilizzate e la possibilità
di una piena e lunga vita attiva.»
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L’età biologica e quella psicologica di Livia e Francesca
sembrano coincidere e convergere entrambe verso la visione
positiva di un nuovo ciclo di vita, percepito come tempo di
nuove opportunità, di scelte e di progettualità.
Insomma, come dice Enrico Oggioni (Oggioni E., 2012), sia
Livia che Francesca «se la giocano al rialzo, inventandosi un
nuovo pezzo di vita».
Le “over 50” delle nostre storie non vogliono o non hanno
potuto per necessità permettersi di vivere, seppur con
dignità ed impegno, la routine del quotidiano, ma hanno
voluto rimettersi in gioco riprogettando il proprio futuro, nel
breve o nel lungo periodo.
Queste ed altre storie ci convincono sempre di più che le
persone senior possono costituire una risorsa importante per
la società contemporanea e soprattutto per le organizzazioni
di oggi.
Sono portatori di esperienze e competenze professionali e di
vita che possono trasferire ai giovani; hanno acquisito e
consolidato maturità e stabilità psicologica, sono buoni
regolatori di emozioni e quindi capaci di gestire la
conflittualità in maniera efficace.
Contrariamente a ciò che erroneamente si continua a
pensare, sono flessibili e disposti a sperimentare e ad
apprendere. Dalle loro storie si impara come sia utile uscire
dai luoghi comuni della persona senior che arranca
sfiduciata… stanca della routine e incapace di dar forma e
significato al suo lavoro.
L’approccio della life span psychology, o psicologia del ciclo
della vita (Oggioni E., op. cit.), ci insegna che tutta
l’esistenza umana è da vedersi come un’evoluzione
continua. Non parliamo di declino, quindi, ma di
cambiamento e di opportunità per gli over di vivere la nuova
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fase della vita secondo un nuovo paradigma, quello del
rilancio attraverso l’utilizzo delle loro risorse.
Risorse cognitive innanzitutto. Diminuisce la memoria
recente? Può essere vero, ma si consolida parimenti quella
semantica: la storia personale, l’esperienza di vita e di
lavoro è presente nella memoria in modo vividissimo.
I tedeschi l’hanno compreso e il Ministro del lavoro dal 2008
ha richiamato in azienda i lavoratori pensionati, al fine di
poter utilizzare manodopera qualificata e non disperdere
saperi ed esperienze significative.
E sul piano emotivo? Come si è detto, per lo più i seniores
hanno acquisito e consolidato una buona competenza
emotiva e gestiscono meglio stress e conflittualità. Livia con
i suoi utenti difficili è capace di ascoltare. Difficilmente perde
la pazienza.
Un altro luogo comune da sfatare è quello relativo al fatto
che con l’età diminuiscano la capacità di concentrazione e di
apprendimento. Dipende. Ci si educa ad invecchiare. Livia e
Francesca hanno continuato a studiare, hanno coltivato i
loro interessi, hanno tenuto spazi per sé oltre la routine.
L’apprendimento continuo è possibile. E contrariamente a
ciò che erroneamente si continua a pensare, gli “over 50”
sono flessibili, orientati al cambiamento e disposti a
sperimentare e ad apprendere. E hanno anche voglia di
innovare. Possono essere creativi a qualsiasi età… e
reinventarsi un futuro.
1.1 Individuo e resilienza
Nella società liquido-moderna, come afferma Baumann
(Baumann Z., 2008), la vita non può mai fermarsi. La vita è
fatta di una serie di nuovi inizi e occorre imparare da un lato
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a sbarazzarsi delle cose che non funzionano più come prima,
dall’altro affrettarsi ad accelerare.
Lo testimonia la storia di Luca.
Luca ha 51 anni e da uno ha fondato una cooperativa1.
Ci racconta che da ragazzo era un po’ svogliato e i risultati
scolastici non erano granché! A casa sua… tutti avvocati o
notai; il suo destino sembrava segnato. E infatti si iscrive a
giurisprudenza, ma dopo alcuni esami abbandona. Comincia
invece a lavorare con successo in un’azienda, facendo
l’assistente degli assistenti. Il lavoro gli piaceva. Era l’epoca
dei primi PC e c’era tutto da sviluppare. Essendo curioso e
pratico, si era subito appassionato alla statistica, a tutti quei
numeri che spiegano qualcosa. In due anni era diventato
responsabile di un ufficio.
Ancora un breve periodo di esperienza nel nuovo ruolo e
Luca veniva chiamato a guidare la start up di una nuova
organizzazione. C’era qualcosa di pionieristico in questa
impresa, la sensazione di creare dal nulla e lui si sentiva
artefice di questa creazione e della sua riuscita. Racconta di
un periodo emozionante, avventuroso. I suoi capi si erano
fidati di lui: «Ero riconosciuto come una persona versatile e
che riesce a gestire lo stress dei cambiamenti. Nel ’97 sono
diventato dirigente». Per una decina d’anni tutto procede a
meraviglia.
Ma nel 2007 arriva una ristrutturazione aziendale. Era
cominciata la crisi: Luca viene licenziato!
Uscito dall’azienda racconta di aver sentito un gran vuoto.
Era arrabbiato, ma aveva anche una grande paura.
Trovatosi improvvisamente a non saper come gestire il
proprio tempo, ha cominciato a dedicarlo ai figli, alla
famiglia. Andava ai giardini pubblici con i suoi bambini e
1 Per ragioni di privacy non illustriamo nei dettagli il progetto della
cooperativa.
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vedeva che, man mano, aumentavano i maschi, i papà… con
le mamme che li guardavano un po’ male: «Che ci fanno
questi qui?»
I segnali della crisi erano evidenti.
«Era dura la mancanza di prospettive e poi, con poche
entrate, … abbiamo dovuto ridurre notevolmente il nostro
tenore di vita.»
La svolta arriva ad inizio 2011.
Si iscrive al percorso “Comincio da tre”2 e lì presenta l’idea
di creare una cooperativa. I feedback dei compagni di corso
sono positivi e Luca acquista fiducia in sé e nell’iniziativa!
Era il momento giusto; i tempi erano maturi… molte persone
del settore rischiavano di perdere il loro lavoro da
dipendente e potevano essere interessati a diventare soci
della cooperativa. Luca ha confidato in se stesso e si è detto
«Parto! Se andrà male avremo comunque fatto
un’esperienza! L’abbiamo costituita a febbraio 2012. Adesso
siamo 90 soci, dai 30 agli 80 anni. Come ci sono riuscito?
Non sono un grande condottiero, non sono un politico, ma
sono un entusiasta, ho estro, curiosità, voglia di
sperimentare».
Essere “over 50” oggi significa spesso per molti, come per
Luca, diventare improvvisamente “inoccupati”, “esodati”,
“in mobilità” o quant’altro. Non significa solo perdere il
lavoro, ma anche lo status, la sicurezza personale, il confort
del proprio tempo strutturato.
Occorre imparare ad accettare il cambiamento: ciò che è
stato non si cancella comunque.
2 Il progetto “Comincio da tre”, nato nel 2010 da un accordo tra
Confcommercio, Manager Italia e CFMT (Centro di Formazione Manageriale per il Terziario), prevede un’ ampia offerta formativa e di sostegno per i manager inoccupati del settore.
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Occorre ri-scoprire il concetto di ciclo, inteso come
alternanza tra inizio, conclusione e ritorno e quindi tra
stabilità, cambiamento, nuova stabilità.
Sappiamo che l’essere umano ha la capacità di svilupparsi
nei cicli e che è pieno di risorse: lo ha già fatto tante volte e
fa parte del suo corredo genetico. L’uomo possiede una
spinta al cambiamento, la physis dei Greci, quella forza del
divenire del mondo «che eternamente crea cose nuove e
perfeziona quelle esistenti» (Berne E., 1968).
Sempre citando Bauman (Bauman Z., op.cit) «La distruzione
creatrice è il modo tipico di procedere nella vita liquida e
talvolta occorre fare i conti con la possibilità di rinascere, di
smettere di essere quello che si è per diventare chi non si è
ancora».
E’ innanzitutto una questione di resilienza, cioè della
maggior o minor capacità dell'uomo di affrontare le
avversità della vita, di superarle e di uscirne rinforzato e
addirittura trasformato, “ri-nato” positivamente.
Più in particolare, sappiamo che la resilienza ha a che fare
con la capacità della persona di individuare la presenza di
opportunità e di risorse proprio in un contesto di avversità.
In quest’ottica va intesa come capacità di crescita in positivo
nonostante la crisi. Così è stato per Luca.
La nostra contemporaneità, come abbiamo scritto, in quanto
contemporaneità liquido-moderna si configura come un
momento di stress che sta diventando cronico e pervasivo e
viene percepito come la nuova normalità.
La resilienza comprende tutta una serie di processi che
permettono all’individuo di far fronte allo stress e al trauma
di cambiamenti percepiti inizialmente come ostili.
Non è resistenza, e neppure sopravvivenza, ma include la
capacità di crescere nonostante l’avversità. L’individuo può
soffrire in maniera profonda, ma non si priva della speranza.
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Essere resilienti non ha nulla a che fare dunque con lo
stereotipo dell’individuo forte e invulnerabile, roccia
resistente che affronta ogni cosa in solitudine, senza aver
bisogno degli altri.
L’individuo che intraprende un processo di resilienza, al
contrario, supera la crisi nella relazione, ricerca intrecci e
connessioni, con il contesto e con gli altri, all’interno di
mappe collaborative (Walsh F., 2008).
La resilienza va considerata quindi come un processo
intrinsecamente relazionale.
Utilizzando il linguaggio dell’Analisi Transazionale, possiamo
dire che il primo processo relazionale è quello che la persona
costruisce innanzitutto con se stessa, attraverso il suo
dialogo interno.
Non è facile reinventarsi il proprio futuro professionale in
situazioni di crisi. Occorre avere innanzitutto una buona
immagine di sé, una buona autostima, anche se, soprattutto
per le persone che hanno perso il lavoro come Luca,
l’elaborazione del lutto della perdita richiede i suoi tempi e le
sue fatiche.
E’ facile in queste occasioni “subire un sequestro
emozionale”: la rabbia, la vergogna, il senso di colpa, la
paura o la mancanza tengono le persone legate. E’ come se,
per un certo periodo, vivessero in totale adattamento o
addirittura nella passività e non riuscissero a trovare opzioni
soddisfacenti per uscire dal malessere. A Luca sembrava di
aver perso la lucidità.
La sua parte bambina si sentiva ferita, smarrita, arrabbiata,
triste… e continuava a crogiolarsi all’interno di queste
emozioni disfunzionali, come se fosse impossibile uscirne.
Dentro ad un dialogo interno depotenziante, con un Genitore
critico pressante, svalutante e giudicante nei confronti del
Bambino, può davvero accadere che l’Adulto subisca una
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doppia contaminazione e perda, almeno in parte, il suo
potere razionale.
La strada da percorrere per uscire dalla contaminazione è
quella di riuscire ad attribuire senso e significato a quello
che è accaduto e a riconciliarsi con esso.
Il tempo, ma soprattutto l’incontro con gli altri colleghi, il
loro sostegno e la guida dei counsellor hanno permesso a
Luca di elaborare il lutto. Questa è stata la prima
connessione, il primo intreccio relazionale-sociale che gli ha
consentito di liberarsi dai nodi del sequestro emozionale in
atto e di riacquistare lucidità.
L’Adulto ha ri-attivato il suo pensiero risolutore, il suo
orientamento al Problem Solving e ha inventariato le sue
risorse per riuscire a farcela.
Il Bambino ha ritrovato la fiducia e ha ricominciato a sperare
in un futuro possibile, ad ascoltare non solo i suoi bisogni,
ma anche i suoi desideri.
Ci piace pensare a questo punto ad un Bambino
intraprendente e curioso, pieno di energia e di entusiasmo,
che ri-scopre il piacere del nuovo, sostenuto da un Genitore
accogliente ed incoraggiante che, oltre a guidarlo, si prende
cura di lui e lo protegge.
1.2 L’individuo tra intuizione, desiderio e creatività
Possiamo dire allora che il processo di resilienza apre le
porte all’intuizione, intesa come una delle espressioni dei
processi creativi che ci permettono di ripensarci, anche in
momenti critici della nostra vita.
E’ indubbio, infatti, che questa connessione tra resilienza e
intuizione appaia facilitata in quelle persone che si
caratterizzano per una buona solidità del sé (Mazzetti M.,
2008), persone che si riconoscono in un sistema di valori
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coerenti e che sanno riconoscere i loro bisogni, persone con
una mappa rappresentazionale del mondo ricca di opzioni.
L’intuizione (Berne E., 1977) è una funzione arcaica, si
genera in Archeopsiche, e per poter agire ha bisogno
innanzitutto di essere svincolata da “interferenze” valoriali,
nonché dai giudizi e dai pregiudizi del Genitore, ma anche
dall’eccesso di logica e razionalità dell’Adulto.
Più l’individuo è quindi libero dalle influenze Genitoriali ed
Adulte, maggiore è la libertà del suo Bambino di “intuire”
nuove possibilità per sé. Si tratta di intuizione prelogiche,
spesso radicate dentro vissuti emotivi arcaici, frutto di
fantasie “antiche”.
Come ha potuto Luca pensare alla cooperativa, come ha
potuto Francesca decidere di fare un salto di qualità se non
“intuendo” una possibilità “altra” rispetto al passato?
Sembrerebbe che entrambi siano riusciti a comprendere, noi
diremmo ad avere un “insight”, proprio svincolandosi sia dai
messaggi inibenti del G, sia, per lo meno in una prima fase,
dall’esame di realtà dell’A e liberando l’elemento intuitivo del
B.
E siccome l’intuizione è un processo creativo, entrambi si
sono permessi di cavalcare con l’entusiasmo di un bambino
la loro decisione, perché come due bambini hanno saputo
cogliere il desiderio, che sta dietro il pensiero, che precede
la logica, precede l’azione. Possiamo immaginare che nella
loro infanzia fossero bambini desideranti, bambini
intraprendenti.
Il B Naturale o Libero rappresenta infatti la fonte del
desiderio, della curiosità, della passione, del piacere, ma
anche dell’immediatezza e dell’intraprendenza. E’ la fonte di
quell’energia che successivamente permette di agire, di dare
gambe ai sogni.
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Abbiamo visto, attraverso le storie dei nostri seniores, come
avere un desiderio aiuti nelle situazioni più difficili, perché
motiva, tiene vivi e attivi e fa sentire le persone padrone
della propria vita. Livia, Francesca, Luca si sono dati il
permesso di valorizzare le loro inclinazioni e aspirazioni
personali, per realizzare se stessi e i loro bisogni profondi:
hanno riattivato l’energia del B Naturale e hanno ritrovato il
piacere del fare.
Per reinventarsi nuovi mondi possibili occorre vedere in
modo nuovo cose note, rompere gli schemi, uscire
dall’abitudine, uscire dalla nostra zona di confort.
I passaggi di età, i cambiamenti, specie se imposti, ci
portano a guardare in modo diverso la nostra situazione, la
nostra realtà e a mettere in atto comportamenti che non ci
sono consueti.
Se in queste occasioni non siamo creativi, inesorabilmente ci
perdiamo e comunque rinunciamo a vivere “da ricchi”.
La creatività è esplorazione. «Ci si avventura ad esplorare
fenomeni, territori, idee e situazioni nuove da una base di
partenza, un luogo familiare che contiene pochi elementi
nuovi o dubbi degni di attenzione, un luogo sicuro e
confortevole e infine si ritorna alla base» (Nozich R., 2004).
Per favorire la creatività, non è utile darle un indirizzo
preciso, la creatività non vuole guide, strade prefissate,
obiettivi da raggiungere: si nutre di libertà. Diventa quindi
importante sviluppare flessibilità, adattamento al nuovo.
In un mondo fluido, gli individui hanno bisogno di flessibilità:
per rispondere ai cambiamenti continui del contesto, per
adattarsi ai cambiamenti, per generare creativamente nuovi
mondi possibili.
Ma serve anche una grande consapevolezza di saper fare.
Se pensiamo di essere efficaci è molto probabile che lo
saremo (Bandura A., 1997). Non si tratta solo di pensiero
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positivo, ma di conoscere la sequenza di azioni che facciamo
quando siamo efficaci e di saperle riprodurre, aiutati da
pensieri e sentimenti che le accompagnano e le possono
favorire.
Così se io penserò di non farcela, questo è un pensiero killer
e non mi aiuta. Viceversa la consapevolezza della propria
efficacia è un amico, un compagno per la riuscita.
Ce lo chiarisce la storia di Ale, un dirigente di 58 anni, nella
stessa Azienda dagli anni ‘90. Ecco le sue parole.
«Ho sempre avuto voglia di mettermi in gioco e ciò mi ha
permesso di fare carriera rapidamente. Il mio motto è
sempre stato “mai tirarsi indietro, io ci sono!”. La mia
motivazione è la voglia di fare, di imparare. Quando ero
bambino andavo a bottega con mio padre falegname. Lui mi
ha insegnato il piacere di lavorare, di lavorare sodo, ma
soprattutto di provare una grande gioia di fronte ai risultati:
un intarsio, un cesello, la gamba tornita di un tavolino o di
una sedia… Che soddisfazione essere capaci di farlo!
Negli anni ‘90 entro nell’organizzazione in cui sono ancora
oggi.
Divento presto dirigente, con 25 collaboratori. Dicono di me
che sono un buon motivatore, capace di valorizzare il
positivo delle persone, di rispettarle.
2010: con una ristrutturazione organizzativa viene nominato
un capo sopra di me, un capo donna, giovane, esigente,
preparata, brava.
La conseguenza per me: i miei collaboratori da 25 diventano
8.
Comincio forse ad essere messo da parte? Il dubbio è
legittimo, ma mi rispondo di no: oggi ho una responsabilità
diversa che affronto con la stessa energia e l’umiltà di
sempre. Continua la sfida e io continuo ad imparare.
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Sono uno che ancora vuole portare il suo mattone per
costruire la cattedrale e ne ha le capacità.
Per questo l’azienda continua ad investire su di me.
Una volta, una consulente mi ha chiesto se prossimamente
mi piacerebbe fare il part-time, visto che sono uno della
Riforma Fornero. Ho risposto di no. Il nonno lo faccio nel
week end.
Coi giovani vado d’accordo. Ho imparato a stare ai loro
tempi, sono più veloci, più reattivi, ma io mi prendo il mio
spazio con loro, li informo, trasmetto loro la mia esperienza:
c’è reciprocità. E’ bello.
E poi oggi, nella mia organizzazione, siamo nel mezzo di una
svolta aziendale epica, il lancio di un nuovo business,
addirittura un nuovo marchio.
Ma ci pensate? Siamo già nel nuovo film e l’idea di far parte
di questo cambiamento mi piace un sacco… no, è presto per
il part time.
Ho voglia di agire, mi sento grintoso. Ci vuole coraggio,
autonomia, ottimismo. I nostri capi ci sanno dare la carica,
sono eleganti e leggeri.
Anch’io voglio contribuire a trasferire i concetti chiave di
questo cambiamento ai miei ragazzi.
Se avrò fatto questo, potrò passare il testimone ai giovani
con serenità e pienezza e andare in pensione soddisfatto…».
Troviamo che la storia di Ale sia una storia bellissima,
perché mette in risalto un altro aspetto di ciò che motiva la
persona senior a riprogettare il suo futuro e cioè il desiderio
di passare il testimone alle nuove generazioni.
Massimo Recalcati, nel suo ultimo libro “Il complesso di
Telemaco” (Recalcati M., 2013), pone in evidenza la
necessità attuale, per i giovani, di incontrare padri-
testimoni, padri capaci di «atti, scelte, passioni, padri capaci
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di testimoniare come si possa stare in questo mondo con
desiderio e insieme con responsabilità».
Telemaco, come le generazioni attuali, guarda il mare
aspettando che qualcosa del padre ritorni. In una condizione
di precarietà, distruzione dell’esperienza, mancanza di
lavoro, le nuove generazioni hanno bisogno di padri, ovvero
di adulti responsabili, significanti, che sappiano mostrare,
attraverso la testimonianza della propria vita e dei loro
saperi, che l’esistenza può avere un senso (Recalcati M., op.
cit.).
Così il compito della testimonianza paterna diventa quello di
«trasmettere il desiderio da una generazione all’altra, di
trasmettere il senso dell’avvenire; non tutto è già stato, non
tutto è già stato visto… ereditare non è solo ricevere un
senso del mondo, ma è anche la possibilità di aprire nuovi
sensi del mondo, nuovi mondi di senso».
In questo passaggio del testimone viene a svolgere «una
funzione esistenziale fondamentale il sentimento del
passato, la nostalgia» (Tierney J., 2013).
«La nostalgia fa riemergere alla mente delle esperienze a
noi care che ci rassicurano, ci fanno sentire apprezzati e ci
fanno apparire significativa la nostra esistenza». Così, pur
continuando a vivere proiettati nel futuro, pensare al
passato spesso genera in noi uno stato di benessere perché
ci mette in contatto con le nostre basi sicure (noi stessi, il
nostro saper essere, il nostro saper fare) e ci dà il permesso
di allontanarci da esse per andare ad esplorare nuove
possibilità: proprio come quel bambino che avendo avuto un
attaccamento sicuro ad una madre sufficientemente buona,
può allontanarsi da lei e andare incontro al mondo, certo che
al suo ritorno la ritroverà.
Se è vero che la nostalgia fa crescere l’autostima e la
consapevolezza della propria efficacia, allora diventa una
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risorsa per i seniores, che attraverso questa emozione,
possono cogliere non solo la bellezza del tempo che passa,
ma anche la capacità della vita di sapersi conservare nel
ricordo e quindi di divenire testimonianza, di essere
“insegnata”.
Ale ha ereditato il piacere di lavorare dal padre e ci racconta
con nostalgia dei tempi in cui andava a bottega. Oggi che,
nella complessità del cambiamento, continua comunque ad
essere faber e a “portare mattoni alla cattedrale”, desidera
essere lui a dare la carica ai giovani e a trasferire loro il
piacere di lavorare e il desiderio di crescere e di imparare.
1.3. Dall’intuizione alla realizzazione del desiderio
Realizzare il desiderio e creare nuovi mondi, per gli over 50,
significa poi confrontarsi con le concrete possibilità che la
realtà offre.
Occorre attivare lo Stato dell’Io Adulto, che sa inventariare i
dati di realtà, mettendo ordine tra le conoscenze, le abilità,
le risorse, le esperienze a disposizione e le tecniche
necessarie per trasformare il desiderio in obiettivo.
Occorre insomma sondare la realizzabilità del desiderio,
accettarne i limiti e verificare le risorse disponibili, sia
individuali che di contesto.
Ma non solo. Le quattro storie che abbiamo raccontato ci
parlano del desiderio del B, ma anche della sua compatibilità
con i modelli e i contenuti introiettati dal Genitore.
Per dar gambe al desiderio, e cioè per trasformare il
desiderio in obiettivo, occorre che ciò che si desidera sia
davvero coerente con il sistema etico valoriale della persona
e possa quindi trasformarsi per lei in una scelta ecologica ed
etica.
20 Mida SpA – Reinventarsi nuovi mondi possibili, di Giulia Bussi e Marina Farina
Occorre quindi portare il desiderio all’esame del proprio G,
perché ne autorizzi la realizzazione e possa divenire una
buona guida.
In caso contrario, occorre chiedersi come mai sia scattato il
“divieto” del G.
Vecchie credenze, idee irrazionali, pregiudizi stanno forse
contaminando la valutazione della realtà? Oppure ingiunzioni
e spinte stanno bloccando la riuscita del progetto?
Abbiamo visto in tutte e quattro le storie come sia stato
preponderante, nella realizzazione del desiderio dei
protagonisti, il permesso del GA che ha autorizzato la
possibilità di inventarsi nuove opzioni: oltre i pregiudizi,
oltre gli stereotipi dell’età, per esempio.
Occorre inoltre che il desiderio sia ben integrato nel piano di
autorealizzazione del desiderante.
Così Livia, Francesca, Luca ed Ale hanno continuato a
crescere e ad apprendere, soddisfacendo le loro pulsioni di
base all’affermazione di sé e alla crescita personale. In
questo hanno trovato il senso e il significato del loro lavoro.
Anche l’ascolto e l’utilizzo funzionale delle emozioni
concorrono a trasformare il desiderio in realtà. Talvolta
infatti “desideriamo”, ma contemporaneamente abbiamo
paura, o qualche pensiero ci fa tristezza, o ci rende rabbiosi:
siamo dentro un’impasse e facciamo fatica ad uscirne. “I
segnali emotivi” sono importanti per le nostre decisioni.
Possono favorirle, contrastarle e persino inibirle.
In ogni caso occorre tenerne conto: l’emozione, infatti, crea
un ambiente cognitivo che mette in risalto certe informazioni
piuttosto che altre. Ad esempio, la paura può mettere in
risalto aspetti di rischio presenti nella situazione desiderata
e allora è buona cosa chiedersi quali pericoli stia segnalando
e successivamente domandarsi se si tratti di pericoli reali o
magari di fantasmi legati al passato.
Mida SpA – Reinventarsi nuovi mondi possibili, di Giulia Bussi e Marina Farina 21
Ci sono comunque alcune verifiche da fare: illusioni ed
emozioni disfunzionali mal gestite o mal tollerate stanno
forse contaminando la valutazione della realtà e quindi ci
impediscono di trasformare il desiderio in azione?
I nostri protagonisti hanno saputo ascoltare, elaborare e
gestire in modo funzionale i loro segnali emotivi.
Francesca, ad esempio, ha trasformato la rabbia, legata alla
notizia di una pensione ritardata, in energia di
cambiamento, dando seguito al suo desiderio di fare
carriera; Luca ha ascoltato la preoccupazione della perdita
del lavoro, attivandosi per realizzare la sua cooperativa; Ale
non si è perso d’animo all’arrivo di un nuovo capo e ha
trasformato il timore della nuova situazione nel desiderio di
passare il testimone ai giovani. Infine Livia ha elaborato le
emozioni legate allo stress della nuova situazione dei centri
per l’impiego, nel desiderio di essere d’aiuto alle persone,
stabilendo una buona alleanza interna tra i bisogni del suo B
e gli aspetti valoriali del G.
Quando il segnale emotivo è “positivo”, quando lo
“sentiamo” dentro di noi e ne percepiamo l’intensità e la
piacevolezza, allora seguirlo significa favorire che l’intuizione
si dispieghi, si trasformi in creatività e si realizzi in azione.
22 Mida SpA – Reinventarsi nuovi mondi possibili, di Giulia Bussi e Marina Farina
2. Valorizzare il potenziale degli “over 50”
all’interno delle organizzazioni: idee e progetti
Le storie delle persone over che abbiamo citato sono storie
di persone che prendono in mano il loro destino. Gli
americani, che in una parola dicono quello che noi diciamo in
una frase, parlano di “ownership”. Livia, Francesca, Luca e
Ale sanno individuare opportunità e risorse in un contesto di
avversità, attivano la propria resilienza, l’intuizione e il
desiderio, per rinascere, per cimentarsi in una nuova
impresa.
La loro storia è un caso, è singola, eccezionale oppure, più
in generale, ci sono occasioni, situazioni che possono
favorire il fatto che le persone senior prendano in mano il
loro destino?
Sicuramente fa parte della natura umana avere la capacità
di provare interesse per un’impresa, per un’attività. La
psicologia positiva, e in particolare gli studi di Martin
Seligman (Seligman M., 2009), hanno spostato il focus
dell’attenzione dallo studio della malattia allo studio del
funzionamento positivo della psiche, dimostrando che il
sentimento di realizzazione personale favorisce
l’empowerment della persona e quindi il suo sviluppo.
Contemporaneamente, l’uomo è un essere sociale e
difficilmente riesce da solo a compiere grandi imprese.
Perché emerga il tratto della natura, latente in tutti noi,
ovvero la capacità di essere interessati ad un progetto, ad
una nuova impresa o prospettiva di vita e
conseguentemente di agire motivati, le situazioni di contesto
devono poterlo favorire. Talvolta sono proprio le condizioni
esterne, come un licenziamento, il mutamento di un
contratto o altri eventi inaspettati ad imporre un
Mida SpA – Reinventarsi nuovi mondi possibili, di Giulia Bussi e Marina Farina 23
cambiamento improvviso e non voluto e a far ri-scoprire,
incredibilmente, alle persone risorse presenti in loro, ma
finora poco utilizzate o non utilizzate affatto.
E se fossero aziende ed istituzioni a favorire questa
scoperta, non solo perché costrette a farlo quando, ad
esempio, cambiano le leggi pensionistiche o si è in presenza
di una riorganizzazione, ma perché proprio lo vogliono,
perché credono a questa opportunità?
Chi oggi ha 50 anni ha ancora davanti a sé 10-15 anni di
lavoro, che possono essere vissuti nella routine e nella
passività, oppure diventare l’occasione per mettere
pienamente a frutto, con soddisfazione propria e
dell’Organizzazione, talenti accumulati in tutta una vita,
professionale e non.
Può essere questa la sfida delle organizzazioni di oggi? Noi
crediamo di sì.
Le Organizzazioni hanno infatti la possibilità di mettere a
disposizione strumenti di collegamento tra l’intuizione del
singolo, le decisioni individuali e le decisioni organizzative.
Pensiamo a progetti che si ispirino fondamentalmente al
concetto di Long Life Empowerment, iniziative che
promuovano la consapevolezza di sé, la motivazione,
l’apprendimento continuo e soprattutto la valorizzazione e lo
sviluppo di risorse ed opzioni.
Nella nostra esperienza professionale siamo venute a
contatto e abbiamo favorito noi stesse all’interno delle
Organizzazioni l’attuazione di Laboratori di sviluppo, con
nomi diversi come Long Life Empowerment Center,
Motivational Center o Long Life Training Opportunity.
Questi laboratori, spesso coadiuvati da attività di coaching,
hanno l’obiettivo di favorire proprio quei processi che
abbiamo sopra illustrato, a vantaggio dell’individuo e
dell’Organizzazione.
24 Mida SpA – Reinventarsi nuovi mondi possibili, di Giulia Bussi e Marina Farina
Di seguito alcune idee, strumenti e metodi su come
sviluppare il potenziale delle persone senior e favorirne
l’efficacia all’interno delle organizzazioni.
2.1. Riconoscersi nella propria esperienza
Un primo contributo che le Organizzazioni possono dare alle
persone senior, per metterle in condizione di capire su cosa
giocare il proprio futuro professionale, è quello di aiutarle a
riconoscersi nella propria esperienza.
«… se una persona non è consapevole del proprio passato,
da dove tirerà fuori i propri valori? Se io non mi ricordo della
mia vita di dieci o cinque anni fa, come faccio a sapere da
dove vengo, chi sono, che cosa è importante per me? Devo
conoscere e riconoscere il passato se voglio che alcuni di
questi aspetti possano farmi da guida. (…) Home è quel
desiderio, quella fame di ricordare, di tornare, di cercare il
luogo a cui si appartiene» (Manrique W., 2013).
Sono le parole di Toni Morrison, scrittrice afroamericana e
premio Nobel per la letteratura. La memoria è
fondamentale: per costruire e ricostruire quello che io sono,
quello che io so già di essere e quello che, per varie ragioni,
può risultare occultato a me e agli altri, per sentirmi a casa,
per essere confidente di me.
Il tema della biografia, del racconto autobiografico è
centrale sia nell’approccio terapeutico, sia nell’approccio
formativo.
La creatività necessaria per costruire nuovi mondi possibili
è, paradossalmente, legata all’esperienza che serve per
riconoscere punti di stabilità e di certezza da cui muoversi,
per cominciare il viaggio.
Per questo la ricostruzione della propria storia –
professionale ed extraprofessionale – è molto importante
Mida SpA – Reinventarsi nuovi mondi possibili, di Giulia Bussi e Marina Farina 25
per i seniores e riguarda competenze, attitudini, driver
motivazionali, valori, interessi, immagine di sé, ma anche
possibili blocchi o pattern comportamentali copionali
ripetitivi e talvolta distruttivi.
Gli orientamenti recenti dell’Analisi Transazionale, con Jim e
Barbara Allen (Allen & Allen, 1997) propongono, secondo la
prospettiva costruzionista, l’approccio narrativo come forma
di potenziamento personale. L’idea centrale del loro pensiero
è che tutto ciò che raccontiamo sia una costruzione
personale e che sia possibile, in un setting terapeutico,
aiutare le persone a “ricostruire” la loro storia.
Troviamo stimolante il pensiero di Allen & Allen, proprio
perché si focalizza sui punti di forza delle storie individuali e
sulla pensabilità positiva di poter originare opzioni per il
futuro. Lo scopo dell’approccio narrativo, come del resto
quello degli approcci più tradizionali dell’AT, è infatti quello
di aiutare l’individuo a “riscrivere” la propria storia, per
uscire da copioni banali o storie perdenti.
In particolare nel nostro caso, trattandosi di persone “over
50”, ci piace pensare che attraverso il racconto
autobiografico (che può essere, in un contesto
organizzativo, raccolto e ascoltato in un setting formativo o
di coaching), i seniores riescano a riscrivere la loro storia,
reinventandosi nuovi mondi possibili ed assumendosi la
responsabilità di nuove scelte.
Anche gli esperti del bilancio di competenze, approccio
sviluppato prevalentemente da studiosi francesi e finalizzato
a favorire l’orientamento professionale e l’occupazione,
sottolineano l’importanza dell’aspetto decisionale della
persona: un percorso di orientamento o ri-orientamento
dell’adulto non può essere dettato da condizionamenti
economici e contestuali, ma si appoggia sul “ritorno
riflessivo della persona su se stessa”. Si tratta di un
26 Mida SpA – Reinventarsi nuovi mondi possibili, di Giulia Bussi e Marina Farina
percorso di riconoscimento di sé, per esplorare i fondamenti
delle sue motivazioni e della propria capacità di proiettarsi
nell’avvenire. L’obiettivo del ritorno sull’esperienza è triplice:
“riconoscersi nella propria esperienza”, “metterla in valore”,
“oggettivare questo valore agli occhi dell’altro” (Aubret J.,
2006).
Aumentare la consapevolezza delle proprie risorse, più o
meno note, favorisce una piena espressione di sé e del
proprio potenziale, permette alle persone di far evolvere
positivamente il proprio modo di agire. La consapevolezza
personale fa diventare maggiormente autonomi e liberi.
Una persona più indipendente, meno soggetta all’opinione
altrui, è una persona che sa vivere e lavorare bene in
contesti meno strutturati, meno regolati sulla base del
principio dell’autorità di ruolo e della gerarchia, in contesti
più incerti, come quelli attuali, dove diventa sempre più
difficile fare riferimento a forme di coordinamento
“classiche” (gerarchia, coordinamento funzionale, divisione
del lavoro chiara nei ruoli) ed è più frequentemente richiesto
di lavorare in rete (gruppi di progetto, team interaziendali),
negoziando e sperimentando nuove forme di collaborazione.
Tutto ciò implica un livello di autonomia e di indipendenza
più alto, che è più facile trovare in persone esperte, in
persone senior, che sanno quali sono le proprie competenze
e abilità e che, nelle esperienze della vita, hanno imparato a
“cavarsela” nelle più varie situazioni.
Le Organizzazioni devono potersi muovere nella direzione di
valorizzare, mettere a frutto tutto questo potenziale,
utilizzando al meglio queste aree di eccellenza dei senior.
Se usiamo il linguaggio berniano, ci viene da pensare allo
Stato dell’Io Adulto Integrato, che certo non è legato all’età
anagrafica, ma che è più facilmente riconoscibile in persone
Mida SpA – Reinventarsi nuovi mondi possibili, di Giulia Bussi e Marina Farina 27
che abbiano fatto un lavoro di analisi della propria
esperienza, in persone di “esperienza”.
L’Adulto integrato descrive proprio la capacità dell’individuo
psicologicamente maturo di integrare i propri stati arcaici
così come le esperienze, risalenti al passato, per utilizzarli
nel qui ed ora. Berne (Berne E., 1961) lo descrive così:
«Sembra che in molti casi alcune qualità del B si integrino
nello stato dell'io A in modo molto diverso da quanto accade
in un processo di contaminazione. Resta ancora da chiarire il
meccanismo di tale integrazione, ma possiamo osservare
che alcune persone, anche funzionando da Adulti, hanno un
fascino e una spontaneità naturale che ricordano quelle dei
bambini. A tali doti si associano sentimenti di responsabilità
nei confronti del resto dell'umanità che possiamo definire
con il termine classico di pathos. Vi sono d'altra parte qualità
morali, quali il coraggio, la sincerità, la lealtà, la
attendibilità, che universalmente ci aspettiamo da persone
che assumono responsabilità adulte: qualità che non
soddisfano meri pregiudizi locali ma un ethos di portata
universale. In questo senso possiamo dire che l'Adulto ha
aspetti infantili e aspetti etici…».
Berne mise in evidenza come nel corso di tale "processo" di
integrazione la persona si assuma la responsabilità piena di
tutto ciò che sente, pensa e crede sviluppando e integrando
un sistema etico di valori, ethos, un sistema di informazioni
e di saperi, techne, e un sistema di sentimenti ed emozioni
che gli permettono di sperimentare intimità, pathos.
Imparare a scegliere e assumersene il rischio richiede
dunque, secondo Berne, consapevolezza, spontaneità ed
intimità, «tre virtù chiave nel nuovo secolo, che possono al
meglio trovare espressione in un sistema sociale e
istituzionale che le mantenga attive» (Rosina A., op. cit ).
28 Mida SpA – Reinventarsi nuovi mondi possibili, di Giulia Bussi e Marina Farina
La vita si allunga e così il tempo dell’attività lavorativa.
E’ auspicabile, quindi, che le aziende favoriscano nelle
persone senior, all’interno di un progetto di investimento
sulla qualità del capitale umano, un percorso di
consapevolezza di sé, che generi autonomia e creatività.
2.2. Accresciuta consapevolezza di sé e
potenziamento delle risorse
L’accresciuta consapevolezza di sé è tappa e insieme
risultato del percorso. Abbiamo analizzato l’importanza del
recupero della storia personale e sappiamo che talvolta
questa parte del percorso può essere fatta anche in
solitudine, attraverso una ricerca interiore.
Tuttavia, uno dei cardini di qualunque percorso di
arricchimento personale è il confronto tra auto ed etero
valutazione. Posso avere una idea di me, per quanto
riguarda l’efficacia dei miei comportamenti e poi gli altri non
me la riconoscono o, al contrario, non vedere una mia
risorsa che gli altri apprezzano di me.
Per le persone senior attivare un confronto tra auto ed etero
valutazione è molto importante, soprattutto per capire il
posto che occupano e che potrebbero occupare in futuro
dentro l’Organizzazione. E’ inoltre un modo per sviluppare
progettualità e pensabilità positiva.
Come faccio a sapere se i miei colleghi più giovani
considerano importante per loro la mia esperienza, se non
mi confronto con la percezione che essi hanno della
medesima: è utile, è ingombrante, è sovrabbondante, è
obsoleta? E’ la stessa percezione che ho io di me, oppure è
diversa? Questo confronto tra auto ed etero percezione può
essere coadiuvato e sostenuto da interventi a cura
Mida SpA – Reinventarsi nuovi mondi possibili, di Giulia Bussi e Marina Farina 29
dell’Organizzazione, per esempio attraverso laboratori di
sviluppo.
In un “Long Life Development Center” dedicato alle persone
over è possibile, ad esempio, favorire il riappropriarsi delle
proprie risorse attraverso metodiche che fanno rivivere alla
persona le sue esperienze positive: esercitazioni attraverso
le quali richiamare vissuti emotivi ed esperienziali legati ad
un momento di particolare successo e di pieno utilizzo sia
delle proprie risorse interne, sia della propria performance.
Questo fa sentire la persona più potente.
Ma la cosa che fa veramente la differenza, a livello di
contesto, è la cultura aziendale rispetto al feedback.
Occorre interrogarsi se l’organizzazione sia una
organizzazione che si confronta, un’organizzazione nella
quale le persone esprimono le proprie idee anche in
presenza dei superiori; è utile verificare se si è sviluppata
una cultura del feedback positivo, oltre che di quello
negativo e spesso svalutante e chiedersi se si utilizzano
modalità di problem solving per la soluzione dei problemi,
oppure se è più frequente che il processo si arresti con
l’identificazione e la conseguente penalizzazione del
responsabile dell’errore.
Analizzando i copioni organizzativi, Rosa Krausz (Krausz R.,
1986) evidenzia come le organizzazioni definite “vincenti”
abbiano costruito una cultura organizzativa con una forte
connotazione etico-valoriale, basata sul rispetto dell’altro.
In queste Organizzazioni è presente una forte attenzione ai
temi dell’Age Diversity.
Si tratta di sistemi culturalmente rispettosi delle persone,
che utilizzano il processo di feedback orientandolo allo
sviluppo. Sono contesti nei quali è più facile che si affermino
processi di accresciuta consapevolezza di sé e di
30 Mida SpA – Reinventarsi nuovi mondi possibili, di Giulia Bussi e Marina Farina
potenziamento delle risorse, anche “over 50”. E’ la
compatibilità con la cultura aziendale, che rende credibile
prima ed efficace poi, un progetto di “Development Center”
per persone senior, che viceversa avrebbe ben poche
possibilità di affermarsi.
E per l’individuo? Se per rinnovarsi il confronto con gli altri è
importante, il “tessuto” individuale che favorisce il confronto
tra me e l’altro è la convinzione profonda che “io valgo” e
che anche l’altro “vale”, ciascuno con le proprie
caratteristiche e specificità. Nell’approccio teorico dell’Analisi
Transazionale l’assunto filosofico dell’okness promuove
l’intersoggettività della relazione e favorisce uno scambio
reciproco, nel riconoscimento di sé e dell’altro.
Questa convinzione sottolinea «l’adeguatezza di ciascuno a
essere quello che è, la sua competenza a farsi carico della
sua vita, a prendere decisioni rispetto a sé» (Rotondo A.,
1991) e dà il permesso alla persona di notare le differenze
tra sé e gli altri, di fare una autovalutazione e una
valutazione altrui, di esprimere un giudizio, in quanto
finalizzato a riconoscere il valore proprio e altrui.
Come farlo, come valutare sé e l’altro in modo efficace?
Serve coltivare l’osservazione, l’analisi e la capacità di
separare. Se si tratta di competenze, per esempio, una
persona può avere un alto livello di iniziativa e un basso
livello nella capacità di rispettare il sistema di valori e di
procedure aziendali. Nella vita questa è una situazione
piuttosto consueta: spesso chi è molto autonomo ha anche
un alto livello di iniziativa ed è un po’ restio a rispettare le
regole. Si tratta di saper riconoscere quello che c’è, con
realismo, senza cercare la perfezione, si tratta di saper fare
l’analisi di realtà. Dal punto di vista dell’Analisi
Transazionale, è l’“Adulto che guarda” (Berne E., 1966),
Mida SpA – Reinventarsi nuovi mondi possibili, di Giulia Bussi e Marina Farina 31
l’Adulto che sa separare, che si confronta senza
contaminazioni.
E’ anche lo sguardo dell’antropologo, allenato alla distanza
critica, che sa come ciò che ci appare naturale è sempre una
costruzione culturale, variabile a seconda dei contesti, delle
epoche, delle tradizioni. Come afferma Marc Augè (Augè M.,
2011), è un modo di pensare che nega l’esistenza della
verità “assoluta”, della versione “buona”, qualunque capo la
affermi. E’ la capacità di accogliere il feedback ricevuto, ma
anche di relativizzarlo, sapendo che certo parlerà di me, ma
anche di chi l’ha dato.
Questo percorso di autoconsapevolezza adulta porta al
potenziamento delle proprie risorse e a far sentire la
persona più “potente”, proprio perché più consapevole di sé
e dei suoi punti di forza.
D’altra parte, secondo noi, sviluppare il potenziale di una
persona senior non ha tanto a che fare con l’individuazione
di aree di miglioramento e relative azioni di sviluppo, quanto
soprattutto con il favorire l’espressione piena e completa
delle sue risorse, delle sue aree di eccellenza.
2.3. Reciprocità della relazione e nuovi apprendimenti
A seguito della consapevolezza di sé, un percorso di
empowerment porta quasi sicuramente la persona senior a
desiderare di apprendere qualcosa di nuovo per sé.
L’apprendimento scolastico, che fino a qualche tempo fa era
appannaggio dei giovani fino ai 25 anni, adesso riguarda un
po’ tutti. Federico Rampini (Rampini F., op. cit.) descrive il
fenomeno del “ritorno a scuola” di una generazione di
persone coi capelli grigi, non come passatempo e neanche
come rimedio alla noia dovuta alla inoccupazione, ma come
risposta ad un desiderio. Le persone over sono interessate
32 Mida SpA – Reinventarsi nuovi mondi possibili, di Giulia Bussi e Marina Farina
ad imparare cose nuove, non per impegnare il tempo, né
perché sia necessario per riqualificarsi, ma perché lo
desiderano. Come si fa ad imparare cose nuove in generale
e, in particolare, nella maturità? A tutti noi capitano delle
occasioni in cui “impariamo davvero” qualcosa, occasioni in
cui un certo “saper fare”, che ritenevamo essere confinato in
una esperienza specifica, diventa una competenza, cioè un
ampliamento consapevole delle nostre possibilità e capacità
di azione in situazioni complesse. Quando succede c’è una
disposizione, una disponibilità individuale, che abbiamo visto
essere legata alle pulsioni di base del B di crescere e di
affermarsi. Per conoscere ed imparare occorre infatti aver
sviluppato curiosità, intraprendenza, riflessività. Serve aver
sviluppato autonomia di pensiero per farsi una opinione di
ciò che c’è, di ciò che accade, per proporre agli altri la
nostra opinione, esponendone le ragioni che la determinano
e poi sottoporre la nostra ragione al confronto con gli altri.
Vale per la ricerca scientifica, vale per il sapere filosofico,
vale per il sapere comune, vale anche per promuovere
apprendimento in ambito organizzativo.
Le organizzazioni, per gli adulti senior che hanno voglia e
disponibilità ad imparare, possono mettere a disposizione un
contesto e occasioni favorevoli, secondo la logica di un
percorso mai interrotto di Long Life Training Opportunity.
Un percorso che si proponga di favorire lo sviluppo e
l’acquisizione di nuove conoscenze mette a confronto
persone differenti tra loro per età, competenza,
appartenenza organizzativa, favorendone lo scambio di idee
e la possibilità di acquisirne di nuove. E’ nel raccontare agli
altri cosa so, cosa ho capito nella specifica situazione, nel
mettere a punto le mie argomentazioni e nell’ascoltare le
argomentazioni degli altri, che posso apprendere cose
nuove. Questo lo posso fare in un gruppo di lavoro, in un
Mida SpA – Reinventarsi nuovi mondi possibili, di Giulia Bussi e Marina Farina 33
team di progetto, lo posso fare affiancando, come istruttore
o come mentore, persone più giovani, lo posso fare in
un’aula di formazione, in cui io, persona senior, metto a
disposizione le mie competenze e, nel confronto con gli altri,
ne acquisisco di nuove. Ma non basta che ci siano occasioni
come la formazione o la mentorship; è fondamentale che il
contesto sia emotivamente favorevole. Le neuroscienze
evidenziano che la parte più importante della mente è quella
inconscia e che l’emozione non è contrapposta alla ragione;
sono anzi le nostre emozioni ad attribuire valore alle cose e
a costituire la base della ragione. In un contesto
emozionalmente positivo e un po’ protetto, in cui ci sia un
approccio prevalentemente di fiducia e non di valutazione
tra le persone, è possibile che si generino nuovi
apprendimenti, anche inter-generazionali. Dal punto di vista
dell’AT, è nell’OKness che si genera apprendimento. E’ nella
relazione e nel confronto con gli altri, in una relazione di
reciprocità, che si possono apprendere nuove competenze e
nuovi saperi. Questa reciprocità è anche l’effetto dell’agire
dell’Adulto che vede i dati, che sa che non può conoscere
ogni cosa, che quello è il suo punto di vista, che è
influenzato dalla sua mappa rappresentazionale. E’ l’Adulto
che pensa, utilizzando «una razionalità critica che accetta
l’idea che le sue teorie possano essere rimesse in
discussione. Essa non solo riconosce i propri errori, come ha
insegnato Popper (Popper K. R., 1934), ma sa anche
accettare ciò che sfugge al suo dominio e alla sua
comprensione» (Morin E., 2011). E’ accettando di non
sapere che posso sapere… è sapendo di non sapere, ma
poggiando la mia curiosità su quel poco che so di sapere,
che posso intuire cose nuove. Questo approccio è del
singolo, può essere dell’organizzazione, può essere favorito
34 Mida SpA – Reinventarsi nuovi mondi possibili, di Giulia Bussi e Marina Farina
dall’Organizzazione, da una cultura organizzativa
“rispettosa” dell’altro.
2.4. Il futuro del lavoro: rinnovata progettualità,
co-progettazione e fiducia
L’ultimo passaggio del percorso è l’applicazione di ciò che la
persona sa e di ciò che di nuovo ha appreso nel contesto in
cui opera. Questo richiede competenza, un approccio
progettuale e vision, sia da parte del singolo, sia da parte
del sistema azienda.
Dalle storie dei nostri protagonisti “over 50”, abbiamo
appreso che dalle persone di esperienza le aziende possono
ricevere idee, proposte.
Per il singolo l’applicazione delle proprie idee e risorse al
contesto attuale, implica la capacità interpretativa
dell’ambiente. E’ molto difficile avere la libertà, il “distacco”
necessario per interpretare un contesto che ci sta mettendo
un po’ da parte. In AT si direbbe che bisogna uscire dalle
contaminazioni dell’Adulto, uscire dal dialogo interno, del
pregiudizio del G o da una emozione mal gestita del B.
Serve, sul piano del pensiero, attivare l’energia dell’A e
pensare qualcosa di “filosofico”: collegare i fatti tra loro,
saper interpretare i dati, saper fare un esame di realtà.
E poi, sul piano emotivo, serve sapersi immedesimare nelle
posizioni degli altri. Come fa una persona senior, che può
sentirsi – come si diceva sopra - un po’ messa da parte, ad
avere la capacità di comprendere, fino in fondo, il contesto
in cui – si trova per dare, così, un contributo adeguato ed
utile?
Le serve la capacità di immedesimarsi nelle posizioni degli
altri, l’“immaginazione simpatetica”, di cui parla Martha
Nussbaum (Nussbaum M.C., 2011) che, se sviluppata,
Mida SpA – Reinventarsi nuovi mondi possibili, di Giulia Bussi e Marina Farina 35
consente alle persone di pensarsi fuori dal proprio circolo
ristretto e assumere le posizioni di interlocutori molto lontani
da sé. Per comprendere un giovane che guarda me, persona
senior, con un po’ di sospetto, magari preoccupandosi che io
abbia l’energia per lavorare sul progetto o la disponibilità ad
accogliere le novità, mi serve mettermi nel suo punto di
vista. Per lui o lei sono una persona “di età”, che può
stimare per la competenza, temere per l’autorità del ruolo, o
guardare con un po’ di sospetto per quanto riguarda la
velocità del pensiero o la capacità di innovazione. E’ normale
che sia così. Sostenere il valore di un lavoro che si
avvantaggia delle differenze delle persone non significa far
finta che non ci siano, non si tratta di sostenere un
ingannevole giovanilismo… è certo che un trentenne può
fare e fa cose diverse da un cinquantenne, ma quello che sa
fare un cinquantenne, generalmente meglio di una persona
più giovane, è comprendere il punto di vista del suo
interlocutore. «Io capisco le tue ragioni, capisco i tuoi
sospetti, i tuoi dubbi sul mio contributo, li vedo e li
comprendo, perché l’esperienza – se il mio cammino è stato
buono – mi aiuta a sapermi mettere nel tuo punto di vista,
ad avere la com-passione che serve per vedere te e me, con
le nostre differenze e le nostre potenzialità.»
La compassione e la comprensione aiutano a decidere come
agire, sono alla base della decisione e della libertà o
responsabilità dell’azione.
All’interno delle strutture organizzative è importante che ci
uno spazio, una riflessione, un pensiero su come fare in
modo che gli over fifty siano protagonisti. Quando le
persone, in conclusione di un percorso talvolta sostenuto
dall’organizzazione attraverso un menù di risorse possibili
quali progetti, gruppi di lavoro, esperienze di tutoring on the
job o laboratori di sviluppo, sanno mettere a disposizione la
36 Mida SpA – Reinventarsi nuovi mondi possibili, di Giulia Bussi e Marina Farina
loro capacità progettuale e la loro “vision” e intravedono
un’apertura di nuove possibilità in modo pragmatico e
realistico, c’è sicuramente qualcosa che aziende e istituzioni
possono fare per utilizzare il loro contributo nel modo
migliore. Pensiamo che la co-progettazione tra persone
giovani e persone senior e la fiducia reciproca siano la
chiave dello sviluppo delle organizzazioni nei prossimi anni. I
senior sono esperti del loro lavoro, dunque è molto probabile
che oltre ad essere dei potenziali ottimi istruttori, insegnanti
o allenatori dei giovani, abbiano idee, “vision” su quello che
si può fare di strategico o di organizzativo in una certa
struttura per farla funzionare meglio. Questo significa che,
attraverso percorsi guidati, cui abbiamo accennato, li si può
aiutare a “tirar fuori” la voglia di mettere a disposizione le
proprie idee e anche farli allenare, attraverso il progetto su
di sé, sul proprio futuro, o su un progetto concreto,
precedentemente concordato con l’azienda. Quello che
appare chiaro nel contesto competitivo attuale è che è molto
difficile fare previsioni sui profili di persone che possono
essere utili all’organizzazione. Il fatto che quest’ultime si
tengano più libere, dando spazio alla collaborazione tra
profili diversi tra loro, è una occasione per loro, una
opportunità. Dalle persone “di esperienza” possono venire
molte idee, molta progettualità. Sono persone che
conoscono sistemi e processi aziendali, sanno come
funzionano, sono profili di esperti e sono persone che sanno
stare nell’incertezza, perché nel corso della loro vita hanno
affrontato crisi, difficoltà e sviluppato la loro capacità di
stare nelle situazioni difficili, talvolta precarie. Come
abbiamo dimostrato, spesso le persone mature sono più
stabili, e la stabilità non è un limite, vuol dire essere
centrati, “avere un centro di gravità permanente”, come
recitava una famosa canzone.
Mida SpA – Reinventarsi nuovi mondi possibili, di Giulia Bussi e Marina Farina 37
Le Organizzazioni possono contare su questo, ma è
importante che mettano a disposizione un contesto
favorevole, positivo, orientato al rispetto e alla
collaborazione.
«Darwin riconobbe nella simpatia, sentimento che per Hume
e ancor più per Adam Smith era il fondamento della moralità
umana, la chiave per capire l’origine evolutiva di quello che
chiamiamo senso morale» (Corbellini G., 2012). Come dire
che l’uomo accetta di comportarsi in modo morale, perché
ha della simpatia per i suoi simili e probabilmente ha voglia
di stare in relazione con loro. Cerca dunque di seguire le
regole del senso morale comune, perché questo gli consente
di stare dentro una comunità nella quale desidera vivere.
Per progredire nei nostri tempi incerti ci serve creare
comunità e organizzazioni dentro le quali gli uomini abbiano
il piacere di vivere, in modo da potenziare il loro senso
morale e conseguentemente agire non solo per il proprio
personale opportunismo, ma per il bene della comunità e
dell’Organizzazione. Perché ciò accada, serve dare fiducia
alle persone e favorire la cooperazione. Questo può
richiedere un rinnovamento, un cambiamento di usi e
costumi (non era previsto, ad esempio, fino a poco tempo
fa, che le persone senior cambiassero mansione o
seguissero percorsi di sviluppo negli anni di poco precedenti
la pensione!). Il permesso di cambiare usi e costumi è,
d’altra parte, esso stesso alla base della fiducia e della
cooperazione.
«La questione morale è - in estensione - la questione del
possibile rinnovamento dei nostri mores, delle nostre
abitudini quotidiane», scrive Roberta De Monticelli (De
Monticelli R., 2010), affermando poi che il rinnovamento è
possibile solo se la nostra esperienza morale è
“fondamentalmente aperta al vero”.
38 Mida SpA – Reinventarsi nuovi mondi possibili, di Giulia Bussi e Marina Farina
«Non c’è virtù senza conoscenza e tutte le categorie della
conoscenza (De Monticelli R., op. cit.) vanno ricollocate nel
cuore della nostra esperienza morale… non c’è altra vita
morale che nel perpetuo rinnovamento, vale a dire nella
sempre rinnovata verifica che la persona è disposta a fare
del giudizio di valore attraverso l’esperienza e la critica.»
Le persone senior che nella loro vita hanno saputo
individuare opportunità in un contesto di avversità e hanno
superato le difficoltà attribuendo senso e significato a quello
che era loro accaduto, possono essere una grandissima
risorsa per organizzazioni che si confrontano con le crisi di
oggi e che possono avere successo riattivando anch’esse
l’energia dell’intuizione. L’intuizione, come abbiamo scritto,
per poter agire ha bisogno sì di essere svincolata da
“interferenze” valoriali, ma è basata sull’esperienza più
morale che ci sia, quella di aprirsi al confronto delle proprie
idee con quelle degli altri.
Ad organizzazioni orientate ad agire con rispetto, fiducia e
cooperazione, riteniamo che le persone “over 50” possano
dare un grande contributo.
Mida SpA – Reinventarsi nuovi mondi possibili, di Giulia Bussi e Marina Farina 39
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Mida SpA – Reinventarsi nuovi mondi possibili, di Giulia Bussi e Marina Farina 41
Giulia Bussi
Consulente, formatore e coach, lavora per la
società di consulenza Mida S.p.A. Si occupa di
formazione finalizzata allo sviluppo di
comportamenti organizzativi funzionali
all’efficacia nel ruolo e nel contesto
organizzativo, al coordinamento di persone e gruppi, alla
collaborazione in team. In consulenza, lavora su progetti di
accompagnamento al cambiamento, attraverso il modellamento di
esperienze di successo e l’individuazione dei principi di
funzionamento e dell’identità organizzativa delle imprese. Sta
frequentando la Scuola di Counselling presso la cooperativa
Terrenuove di Milano.
Marina Farina
Psicoterapeuta, analista transazionale PTSTA
E., è docente alla Scuola di Counselling
psicosociale del Centro di Psicologia e Analisi
Transazionale di Milano. Consulente senior di
Mida S.p.A, si occupa da anni del
potenziamento delle persone e delle organizzazioni, progettando e
realizzando percorsi di formazione e sviluppo per gruppi e individui,
in ottica di empowerment. Ha sviluppato tematiche relative alla
leadership e alla gestione del cambiamento in tempo di crisi. Si
occupa inoltre di Diversity, attraverso l’ideazione, la progettazione
e la realizzazione di percorsi di self empowerment di genere,
nell’ambito delle pari opportunità. Ha pubblicato articoli sulla
relazione, la comunicazione ed il counselling.
Reinventarsi nuovi mondi possibili - Gli “over 50” tra resilienza e creatività, di Giulia
Bussi e Marina Farina.
Tratto da: “I luoghi dell’intuizione”, a cura di Cinzia Chiesa, Quaderni di Psicologia
Analisi Transazionale e Scienze Umane n.60-2013, La Vita Felice Ed., Milano, 2013
Mida SpA Via Antonio da Recanate, 1
20124 Milano - Italy Tel. 026691845 - Fax 026697220 www.mida.biz – [email protected]
In copertina
L’ideogramma cinese 重 chóng, rinnovare, unito
all’ideogramma 新 xīn, nuovo, significa re-.
Non è un inizio, ma un 重新开始 ri-cominciare,
un 重新发明 re-inventarsi intuendo nuove possibilità e
重新构建 ri-costruendo qualcosa di nuovo.