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ISTITUTO ITALIANO PER GLI STUDI FILOSOFICI REINHARD LAUTH FICHTE IN GERMANIA E IN CINA 1957 - 1980 - 2005 Traduzione di CARLA DE PASCALE e MARCO IVALDO NELLA SEDE DELL’ISTITUTO NAPOLI 2007 copertina

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ISTITUTO ITALIANO PER GLI STUDI FILOSOFICI

REINHARD LAUTH

FICHTE IN GERMANIA E IN CINA1957 - 1980 - 2005

Traduzione di CARLA DE PASCALE e MARCO IVALDO

NELLA SEDE DELL’ISTITUTO

NAPOLI 2007

copertina

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Momenti e problemi della storia del pensiero

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ISTITUTO ITALIANO PER GLI STUDI FILOSOFICI

REINHARD LAUTH

FICHTE IN GERMANIA E IN CINA1957 - 1980 - 2005

Conferenza tenuta il 29 luglio 2005 a Monaco

Traduzione di CARLA DE PASCALE e MARCO IVALDO

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NELLA SEDE DELL’ISTITUTO

NAPOLI 2007

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In questa collana vengono pubblicati i risultati di ricerche, semi-nari, convegni o corsi di lezioni su momenti e problemi della storiadel pensiero promossi dall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici.

© Istituto Italiano per gli Studi FilosoficiPalazzo Serra di CassanoVia Monte di Dio 14, Napoliwww. iisf.it

ISBN 978-88-89946-17-6

Carla De Pascale ha tradotto le pagine 5-47, Marco Ivaldo ha tradotto le pagine 19-117.

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Il senso di ciò che oggi voglio narrarvi è quello disvelare un processo in corso da decenni.

Prima di tutto devo osservare qualcosa davvero disostanza, e cioè che il compito dell’Accademia bavaresedelle scienze, come istituzione scientifica, è un compitodi ricerca ed è perciò un lavoro maggiore rispetto aquello che viene quasi esclusivamente condotto nel set-tore delle scienze dello spirito, dove si tratta semplice-mente di imbalsamare defunti, cui si potrà poi farevisita, se qualcuno vorrà visitarli. Il che significa occu-parsi di morti; ma non è questo il nostro compito.Coloro che cosí operano, fanno solo filologia o storia, eniente di piú. Il nostro compito invece è di fare ricercafilosofica. E questo significa: condurre riflessioni filoso-fiche e filosoficamente legittimate, ponderarle nellafilosofia, che è una soltanto, insieme a persone di tuttoil mondo, le quali, cosí facendo, riflettono sempre inmaniera viva e responsabile. In questo senso, siamostati e siamo legati anche con la Cina – per quantoanche la ricerca non sia ancora il tutto. Piuttosto, doveè possibile, la ricerca deve voler essere piú che mai‘capace di determinare la storia’, nel senso in cui io ho

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1 «Che cosa vuole, che cosa può volere uno scrittore ragione-vole? Niente altro che intervenire nella universale vita pubblica,formandola e trasformandola secondo la sua immagine; e se vuolfare qualcos’altro, allora tutto il suo parlare è vuoto suono, buonoper solleticare orecchie oziose. Egli vuole pensare originaria-mente e alla radice della vita spirituale, per coloro che agisconoin modo altrettanto originario, cioè governano. Perciò, egli puòscrivere soltanto in una lingua in cui pensano anche i governanti,in una lingua in cui si governa, nella lingua di un popolo checostituisce uno Stato indipendente. Che cosa vogliono, in ultimaanalisi, tutte le nostre occupazioni intorno alle scienze piúastratte? Lasciate stare lo scopo piú immediato, che sarebbequello di trapiantare la scienza di generazione in generazione e ditenerla al mondo: perché mai dovrebbe essere tenuta al mondo?Evidentemente solo per configurare al momento giusto la vitauniversale e l’intero ordine delle cose umane. Questo è il suoscopo ultimo; mediatamente dunque, sia pure solo in un lontanofuturo, ogni attività scientifica serve allo Stato. Se rinuncia a que-sto scopo, essa perde anche la sua dignità e la sua indipendenza.Ma chi ha questo scopo deve scrivere nella lingua del popolodominante» (J.G.Fichte, Reden an die deutsche Nation; Akad.-Ausg. I, 10, p. 261; trad. it. Discorsi alla nazione tedesca, a cura diG. Rametta, Roma-Bari, 2003, pp. 177-178).

usato l’espressione ‘determinare la storia’ nei mieiscritti; la ricerca deve cioè esercitare influenza, in sensopositivo, sul corso delle cose, ossia deve esercitare unainfluenza attiva1. E vedrete piú avanti che nella que-stione di cui adesso tratto è accaduto proprio questo.Ora voglio descrivervi come si sono svolte le cose, nelcaso che qui ci interessa.

Poco dopo la fine della cosiddetta rivoluzione cul-turale (1979) ci arrivò dalla Cina la notizia che uncerto professor Wang Jiu-xing, in missione ufficiale,voleva farci visita. Il professor Wang arrivò a Mainz e

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immediatamente dopo arrivò qui a Monaco. A Mainzsi recò dal prof. Funke, per l’edizione di Kant e aMonaco, per l’edizione di Fichte. Già da questa scelta,voi vedete quanto fosse essenziale per i Cinesi lanostra edizione di Fichte.

Andai ad attendere il prof. Wang alla stazione cen-trale di qua, aspettandomi naturalmente di vederearrivare una delle innumerevoli formiche blu cinesi. Einvece arrivò un signore, vestito di nero!

Io tenevo in mano un libretto rosso davanti alpetto, in modo che potesse riconoscermi. Arrivò, inmezzo a una folla di persone, si fermò di fronte a mee disse allegro: «Ecco che aspetto ha un comunistacinese!». Ero del tutto sorpreso. Ma le cose stavanocosí: prima degli ultimi rivolgimenti in Cina il prof.Wang aveva vissuto e studiato per dodici anni inSvizzera, a Friburgo. Era un cristiano cattolico battez-zato – cosa che si sarebbe fatta notare poi, quando inostri rapporti divennero piú stretti. E cosí, dopoalcune ore, potei dirgli di me: «Ecco che aspetto ha unprofessore tedesco!» – del tutto diverso dal tipicoprofessore tedesco e aperto nei confronti di coloroche, secondo la mostruosa rappresentazione di queitempi, erano “comunisti”.

Proprio il prof. Franke era allora presidente dellanostra Accademia. Due giorni dopo condussi il prof.Wang in visita dal prof. Franke e questi mantenne l’at-teggiamento di riservatezza allora usuale di fronte acomunisti, in particolare di fronte a comunisti maoisti.Alla fine dell’incontro, pregò il prof. Wang di apporre

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la sua firma nel registro degli ospiti e ne restò letteral-mente strabiliato. La formazione di un cinese la siriconosce innanzitutto dalla calligrafia. Il prof. Frankerestò sbalordito dall’avere di fronte a sé uno cosíistruito – come detto, un comunista maoista. La visitasi era svolta con grande soddisfazione da parte dientrambi. E questo fu l’inizio di un rapporto che durada decenni fra le due Accademie, l’Accademia bava-rese e l’Accademia delle scienze sociali di Pechino.

Riguardo a questo inizio, debbo ancora aggiungereche da quel momento in poi il prof. Wang e io ciintendemmo ottimamente; eravamo come un cuore eun’anima sola. Il prof. Wang rimase ancora alcune set-timane (nel gennaio 1980) a Monaco. Dunque, chi eraLauth, e chi era Wang?

Prima di tutto diciamo di me. Mio padre mi avevaeducato con Laotse e secondo Laotse. Vedete qui que-sto piccolo libricino, con la scrittura di mio padre, ilTao te king. Mi ha accompagnato per tutta la vita. Hagiocato per me un ruolo talmente grande che, sottoquesto aspetto, ero ben preparato ad un incontro conla Cina. A suo tempo, nel 1938/39, ho studiatoall’Istituto Orientale dell’Università di Bonn, con iprofessori Kirfel e Losch. Kirfel era lo specialista disanscrito, Losch di sanscrito e arabo. Giusto pocotempo fa ho mostrato a Christian Jerrentrup la piccolagrammatica di arabo che usavo allora.

Ma chi era il prof. Wang? Ho già fatto menzionedel suo periodo a Friburgo. Tornato in Cina, durantela rivoluzione “culturale” gli era proibito qualsiasi

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lavoro scientifico. Dovette lavorare come cuoco e losvolgimento di qualunque lavoro scientifico era vie-tato e punito con la pena di morte. Inoltre, a lui e allasua famiglia era interdetto di usufruire dei servigi diun medico. Questa era una misura caratteristica dellarivoluzione “culturale”. Il prof. Wang ha tradotto dinotte la Critica della ragion pura di Kant e ilFondamento dell’intera dottrina della scienza diFichte. Al mattino nascondeva il suo lavoro sotto unagrande pietra, in modo che nessuno se ne accorgessee a lui non capitasse nulla. Perché per questo avrebbepotuto essere punito.

Vi spiegherò in breve questa rivoluzione “cultu-rale”. “Culturale” deve essere messo fra virgolette, dalmomento che si è trattato dell’esatto contrario di ciòche è la cultura. Ci si arrivò in questo modo: da princi-pio Chiang Kai-shek e Mao Tse-tung, il Kuo Min-tange il partito comunista cinese, hanno guidato insieme lalotta. Ma quando Chiang Kai-shek iniziò a battere la viaborghese, il conflitto con il partito di Mao lo costrinsea ritirarsi a Taiwan, dove ancora oggi il Kuo Min-tang èun forte partito. In Cina Mao Tse-tung intraprese laLunga Marcia, finché non giunse fin dentro Pechino.Ma Mao non ha fatto soltanto la Lunga Marcia; nel girodi quindici anni ha ottenuto anche che la Cina tornassea potersi nutrire, mentre prima ovunque le personemorivano di fame. Che Mao sia riuscito a fare questo, èstata una impresa incredibile.

Nel XIX e XX secolo la Cina ha avuto una monar-chia del tutto esausta, chiamata, all’europea, ‘impero’.

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La conseguenza di questa situazione fu che gli Inglesipenetrarono in massa in Cina; con loro arrivarono poianche le altre potenze coloniali e fra queste purtroppoanche la Germania, che allora ottenne come possedi-mento Tsingtao (per fortuna, i tedeschi hannocostruito la città meglio e l’hanno fatta piú bella diquanto gli altri popoli colonizzatori non abbianocostruito le loro).

La monarchia cinese ha sempre diviso la gestione ametà con gli Inglesi. La terribile conseguenza fu chenel XIX secolo gli Inglesi combatterono le cosiddetteguerre dell’oppio nelle quali morirono di fame 50milioni di Cinesi. Il totale disordine dominava inmolte città e distretti dell’impero e ognuno faceva ciòche voleva, col massimo dell’arbitrio. Gli Inglesiindussero con la forza i Cinesi alla coltivazione del-l’oppio, per guadagnarci, e nello stesso tempo perindebolirli con il fumo. In questo periodo si ebberoanche le cosiddette sollevazioni dei Boxer, che eranouna sorta di precursori della rivoluzione “culturale”:erano bande organizzate, senza un progetto politico,che ingrossavano ulteriormente il caos già imperante.

Quando una nave passeggeri o un mercantile appro-dava da qualche parte sui grandi fiumi, di regola acca-deva questo: gli Inglesi sbarcavano i loro passeggeri oscaricavano le merci e non appena era tutto conclusouna fila di soldati col fucile spianato prendeva posi-zione sulla nave; la nave non poteva salpare senza cheuna massa di Cinesi non tentasse ancora di giungere abordo attraverso la scaletta o gli ormeggi. Solo mentre

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si continuava a sparargli addosso, la nave riusciva a sal-pare. Questa era la regola e niente affatto l’eccezione.

Ho conosciuto due persone, che hanno vissuto inquesti tempi cupi. La prima era una (vera) ladyinglese, di nome Wood, che mi raccontò – ed è tipica-mente inglese ciò che sto per dire –: «Sapeste, su tuttoil paese aleggiava un sottile odore di cadavere». ICinesi avevano gettato le figlie neonate in fosse epozzi in disuso in modo da non doverle crescere, per-ché troppa era la fame.

L’altra persona da cui ho avuto notizie su quelperiodo è il Prof. Yajima, di Tokio, mio buon amico.Degli anni Venti del secolo scorso mi raccontò esatta-mente le stesse cose: «C’era un unico odore di cada-vere, non in senso figurato, bensí letterale, di putrefa-zione».

Proprio in questo periodo comparve per la primavolta un cinese, che concepí l’idea risolutiva: LiangQichao. Aveva letto i Discorsi alla nazione tedesca diFichte e, ispirato da questi, li aveva fatti conoscere:dobbiamo arrivare a un rinnovamento spirituale,come quello proposto da Fichte per la Germania,innanzitutto creando nel popolo una coscienza dellasituazione storica e poi attraverso un movimento poli-tico tale da coinvolgere tutto il popolo2. Liang diventò

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2 «Ma la nostra intenzione è quella di cogliere queste conse-guenze nell’insieme, secondo il loro legame unitario e in profon-dità, per fornire in tal modo una descrizione approfondita deitedeschi in opposizione agli altri ceppi germanici. Elenco breve-mente queste conseguenze in via preliminare: 1) Nel popolo della

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lingua viva, la formazione dello spirito interviene nella vita; nelpopolo contrario, la cultura spirituale e la vita vanno ciascuna perla propria strada. 2) Per la stessa ragione, un popolo del primotipo con la formazione dello spirito fa veramente sul serio, e vuoleche essa intervenga nella vita; al contrario, per un popolo delsecondo tipo, essa è piuttosto un gioco geniale, con cui non vuolefare nient’altro. I secondi hanno spirito; i primi, oltre allo spirito,hanno anche un cuore. 3) Conseguenza della seconda: i primisono seri e diligenti, e s’impegnano onestamente in tutte le cose;i secondi, al contrario, si lasciano andare alla loro felice natura. 4)Conseguenza di tutto ciò che precede: in una nazione del primotipo, il popolo incolto è plasmabile, e quelli che lo plasmano spe-rimentano le loro scoperte nel popolo, e vogliono influire su diesso; al contrario, in una nazione del secondo tipo i ceti colti siseparano dal popolo, e considerano quest’ultimo solo un ciecostrumento dei loro piani» (Fichte, Reden, ibid., p. 155; trad. it.cit., pp. 61-62).

3 «Quindi, se si parla di cultura spirituale, con ciò bisognaintendere anzitutto la filosofia – come dobbiamo chiamarla colnome straniero, poiché i tedeschi non hanno accolto il nometedesco loro proposto da lungo tempo – la filosofia, dico: poiché

il campione spirituale della lotta contro l’esausta ecorrotta monarchia non meno che, naturalmente, con-tro il colonialismo britannico. E raggiunse il suoscopo. L’antica monarchia ha sempre lavorato per unametà con gli Inglesi, ma per l’altra metà no, ed è rima-sta indifferente di fronte alle sofferenze del popolo.

Questa idea di rinnovamento fu un obbligo vinco-lante sia per il Kuo Min-tang che per il partito comu-nista di Mao Tse-tung. Tutti si richiamarono e sirichiamano a Liang Qichao come a colui che ha avutouna funzione decisiva. Cosí forse ora comprenderetecome Fichte abbia avuto un sí grande significato perla Cina moderna3. Di prim’acchito appare una cosa

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è questa che coglie scientificamente l’eterna immagine originariadi ogni vita spirituale. Ora, di essa e di ogni scienza basata su diessa si loda il fatto di intervenire nella vita del popolo che parla lalingua viva. Ora però, in apparente contraddizione con questaosservazione, è stato spesso ripetuto, e anche dai nostri conna-zionali, che filosofia, scienza, belle arti e simili sono fini a se stessee non servono alla vita, e che valutarle per la loro utilità in questoservizio vorrebbe dire declassarle. Qui è il luogo per determinaremeglio queste espressioni, e proteggerle da ogni fraintendimento.Esse sono vere nel duplice, ma limitato, senso seguente: anzitutto,che scienza o arte non devono servire alla vita in un certo stadioinferiore, per esempio alla vita sensibile e terrena, o alla comuneedificazione, come hanno pensato alcuni; poi, che un singolo, inseguito alla sua personale separatezza dal tutto di un mondo deglispiriti, può dedicarsi completamente a questi rami particolari del-l’universale vita divina, senza avere bisogno di uno stimoloesterno a essi, e può trovare in essi piena soddisfazione. Ma nonsono affatto vere se assunte in senso rigoroso, poiché è altrettantoimpossibile che ci siano piú fini in se stessi quanto che ci siano piúassoluti. L’unico fine in se stesso, al di fuori del quale non ce nepuò essere nessun altro, è la vita spirituale. Ora, questa in parte siesprime e appare come un eterno fluire da se stessa, come scatu-rigine, cioè come eterna attività. Questa attività riceve eterna-mente dalla scienza la sua immagine esemplare, dall’arte l’abilitàdi configurarsi secondo questa immagine, e in questo sensopotrebbe sembrare che scienza e arte esistano come mezzi per lavita attiva in quanto scopo. Ora però, in questa forma dell’atti-vità, la vita stessa non è mai compiuta o chiusa in unità, bensí vaavanti all’infinito. Se però la vita deve esistere come una siffattaunità chiusa, allora deve esistere in un’altra forma. Ora, questa

del tutto improbabile, mentre invece giocò un ruolodirimente.

Il comunismo venne poi, come un piú imponenteed efficace sforzo di trasformare la Cina fin dalle fon-damenta. Il referente fu a quel punto la rivoluzionerussa di Ottobre. Ma voi dovete rappresentarvela non

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forma è quella del pensiero puro, che fornisce la visione religiosadescritta nel Terzo discorso; una forma, che in quanto unitàchiusa si separa assolutamente dall’infinità del fare, e in quest’ul-timo, nel fare, non può mai essere espressa completamente. Tuttie due quindi, il pensiero e l’attività, sono forme separate solo nelfenomeno; al di là del fenomeno, invece, esse sono, l’una comel’altra, la medesima unica vita assoluta; e non si può dire che ilpensiero sia e sia cosí per il fare, oppure il fare per il pensiero;bensí che entrambi devono essere assolutamente in quanto la vitadeve essere anche nel fenomeno un intero compiuto, cosí comeessa lo è al di là di ogni fenomeno. Dunque all’interno di questoambito, e secondo questa considerazione, è ancora troppo pocodire che la scienza influisce sulla vita; piuttosto, è essa stessa e inse stessa vita consistente. Oppure, per collegarci a un noto mododi dire: «A che cosa serve il sapere – si sente dire talvolta – se nonsi agisce in modo conforme a esso?» In questa espressione, ilsapere viene inteso come mezzo per l’agire, e quest’ultimo comelo scopo vero e proprio. Viceversa, si potrebbe dire: «Come sipuò agire bene senza conoscere il bene?», e in questa espressioneil sapere verrebbe considerato come ciò che condiziona l’agire.Ma entrambe le espressioni sono unilaterali: e la verità è cheentrambi, sapere e agire, sono allo stesso modo parti inseparabilidella vita razionale» (Fichte, Reden, ibid., pp. 159 s.; trad. it. cit.,pp. 64-65).

come era avvenuta in Russia. Vi furono, piuttosto, duedifferenze sostanziali. La prima era che questo comu-nismo non era nemico di Dio, non era antiteistico,ateo e anticristiano. Ciò non aveva alcun senso, per-ché in Cina non v’era monoteismo né cristianesimo.L’altra differenza era che Marx era prevalentementeimportante non come filosofo teorico, ma a seguitodella sua teoria economica e per aver propagandato lalotta di classe. È vero che nel periodo iniziale (fino al1960 circa) Mao si è in molte occasioni qualificato

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come marxista-leninista, ma già allora i punti pro-grammatici della sua dottrina andavano in altra dire-zione.

Una volta però arrivato per questa via il marxismoin Cina, si determinò, negli anni Trenta, un conflittocon la Russia bolscevica. E ciò perché Stalin volevastabilire in modo dittatoriale cosa i comunisti cinesidovessero fare e cosa dovessero pensare, e questi sirifiutarono. Tali accadimenti sono di fondamentaleimportanza ancora oggi. Per quanto riguarda i rap-porti che i Cinesi stringono e le correnti che pene-trano in Cina, il punto essenziale è che nessuno diquesti interferisca in modo palese o nascosto. Ciò nonha nulla a che vedere con la dittatura che vi è all’in-terno della Cina (come viene spesso detto inOccidente) ed è invece una difesa per l’indipendenzadell’assetto cinese. Ve ne do subito un esempio: pocotempo fa il governo cinese si è rivolto al governo russoe al patriarcato di Mosca, perché si voleva ricostituireun patriarcato in Cina. L’unica condizione che venneposta fu che questo patriarcato ortodosso fosse auto-cefalo, evidentemente perché non si volevano intro-missioni da parte di potenze o istituzioni straniere.

Ma – per riannodare il filo del discorso – nelperiodo della rivoluzione “culturale” il professorWang Jiu-xing aveva fatto ritorno in Cina, e io devo inbreve spiegare cosa ciò significasse. Una volta termi-nata la Lunga marcia, Mao Tse-tung aveva pensatoche il fine del comunismo fosse raggiunto; dette cosí ilvia ad un rinnovamento culturale: «Che fioriscano

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mille fiori!». Ma la controrivoluzione che ne scaturí sisvolse in maniera del tutto diversa da come egli l’a-veva pensata. Dovete cercare di immaginarvi l’impo-nente massa di uomini che allora per la prima volta siera sollevata dal pantano e per la quale, natural-mente, il nemico all’interno era l’antica monarchia.Ne veniva di conseguenza che tutto in questa monar-chia fosse cattivo e dunque dovesse venir distruttoinsieme a quella, senza che nulla restasse in piedi. Aciò farà da sé seguito il Nuovo, il rivoluzionario(Bakunin!). Di qui, e dalla disumana condizione dilotta, la terribile conseguenza: tutto l’esistente deveessere distrutto dalle fondamenta. Se per spiegareposso aiutarmi un poco con le mie esperienze: giunsiper la prima volta a Pechino nel 1984 e trovai tuttodistrutto, compreso ciò che è essenziale per la vita.Pechino ha all’incirca lo stesso clima di Monaco.Immaginatevi una qualsiasi casa in affitto a Monaco:tutte le finestre sfondate, il riscaldamento reso inser-vibile, le scale insudiciate, i telai delle finestre che inparte spenzolavano di fuori – e ciò frutto di violenza,dappertutto. Non che vi fosse una parte soltantodella città interessata da questo. No! L’intera Pechinoera distrutta in questo modo.

Quando vi giunsi, ero senza denaro (cinese), per-ché non se ne poteva tenere; tutte le botteghe eranochiuse; la gente viveva in grande quantità “perstrada”. Per noi stranieri vi era un solo hotel, il“Peace-Hotel”, una costruzione deteriorata, nellaquale fui alloggiato.

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Questa rivoluzione “culturale” raggiunse l’acmeallorché la furibonda moglie di Mao si mise a capo diquesta corrente che era straripata dagli argini, e subitosi corse il rischio che il sacro centro di Pechino, lacittà “proibita”, venisse distrutta. Fu in questomomento che intervenne Chou En-lai, il compagno dilotta di Mao. Aveva messo insieme un gruppo diuomini, in modo da poter tornare per la prima volta aesporre manifesti murali e mandare nella città proibitatruppe, che avrebbero in seguito impedito che si arri-vasse alla distruzione di questo pezzo di cuore dellaCina.

Chou En-lai era un nobile e aveva studiatoall’Università di Pechino (dove Mao era bibliotecario)e in Europa; era straordinariamente colto. Quandol’allora cancelliere della Repubblica federale tedesca,Helmut Schmidt, che era un conoscitore della filoso-fia kantiana, si incontrò a Pechino con Mao e Chou,evidentemente informato di questo grande interesseper la filosofia tedesca, portò la conversazione suKant; restò talmente colpito dalla conoscenza che idue uomini di Stato avevano di Kant che gli fece unacerta fatica fronteggiarli nella discussione. Era tipicociò che stava accadendo. (Probabilmente non sapeteche anche Stalin ha continuato a studiare Hegel eFichte e molto spesso mandava a chiamare un filosofodi mestiere, per avere l’interpretazione di determinatipassi). Dai miei colleghi filosofi cinesi mi sono fattospiegare in modo preciso ed esauriente le conoscenzekantiane di Chou.

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4 Il professor Wang Jiu-xing mi scrisse, il 15 gennaio 1980: «InGermania sono stato accolto con amicizia dovunque, da molticolleghi tedeschi ho proficuamente imparato quello che costitui-sce un vero e proprio segno della nuova amicizia fra Germania eCina e che mi procura una grande gioia. Ma, professor Lauth,desidero dire senza complimenti e con franchezza che da Lei edal dott. Hiller, a Monaco, ho goduto della amicizia piú calda eho conosciuto queste cose al meglio. Penso che per tutta la vitanon dimenticherò mai queste esperienze. Le ho già raccontatequa, in diverse occasioni, e le racconterò ancora, con orgoglio, inCina, sia in famiglia che nel giro dei miei colleghi. Sono profon-damente toccato da ciò che Lei dice nella Sua lettera, e cioè chemi considera un vero amico. Appartenere alla Sua cerchia diamici è veramente un grande onore, per un cinese di scarsa cul-tura. Spero che il tempo dimostrerà che sono sempre stato perLei un vero amico». Cfr. su ciò Cui, Wei-hang (cur.), Wang Jiu-xing wen ji (= Collected papers of Wang Jiu-xing), 617 pp.,Pechino: Baoding Shi, 2005 (ISBN 7-81097-051-8).

Dopo l’arrivo qua del professor Wang Jiu-xingebbero inizio una comunicazione e una collaborazionecontinue4. Nel 1984 venni invitato a Pechino. Alloranon esisteva ancora una compagnia aerea cinese;dovetti perciò volare con Air France da Parigi e pagarepersonalmente il prezzo del volo, mentre fui invecesplendidamente ospitato per tutto il tempo del sog-giorno in Cina – e questo vuol dire qualcosa, se si pensaalle condizioni in cui allora versava l’intero paese.

A bordo del nostro aereo c’era fra gli altri il prin-cipe cambogiano Sihanuk, motivo per cui si partí conpiú di cinque ore di ritardo, essendo state messe inatto con la massima cura tutte le misure preventive disicurezza (motori ecc., cabine dell’aereo). Si volevaimpedire un tentativo di attentato, ma ci si preparava

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anche alla situazione che si sarebbe trovata arrivandoa Pechino. Durante il volo ci fu un banchetto concaviale e champagne. Dopo uno scalo a Dubai,facemmo nuovamente scalo a Benares, che io giàconoscevo per il periodo trascorso in India. Ciò cheallora accadde fu per me un’esperienza del tutto inu-suale. Tutto quello che era europeo scese a Benares. Siebbe l’impressione che all’improvviso tutto fossecompletamente cambiato: nessuna comunicazione ininglese o in un’altra lingua europea; solo in cinese, chenaturalmente io non capivo, e che era gentile e bello,ma era, appunto, come se venisse da un altro mondo;io ero l’unico tedesco che avesse proseguito il viaggio(a bordo possono esserci stati alcuni altri europei,l’aereo aveva due piani) – mi sentivo come perduto.Come atterrammo a Pechino, il campo di atterraggiofu circondato da soldati; tutti quelli che eravamo sul-l’aereo dovemmo, per quanto possibile, stenderci aterra o inginocchiarci. Questo per circa cinqueminuti. Poi dovemmo alzarci in piedi e scendere dal-l’aereo. Dopo di che ci fu un controllo straordinaria-mente severo dei bagagli. Inoltre, nessun abitante diPechino doveva entrare nell’edificio dell’aereoporto,sí che io vidi solo facce sconosciute; invano cercavo ilprofessor Wang. Il personale di scorta del principeSihanuk fu fatto uscire per primo; con loro avevanodozzine di pesanti valige. Ma alla fine riuscimmo a far-cela. Io mi ero fatto scolpire dall’intagliatoreStufflesser in Sudtirolo una Madonna tardo-gotica inlegno, con un viso dall’espressione che evocava il lon-

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tano-Oriente. Con noi gli addetti alle dogane furonoferoci – non riesco a esprimermi diversamente. Maquando il soldato che mi stava perquisendo vide lastatua, si mostrò all’improvviso chiaramente ralle-grato: si era subito accorto che quel viso aveva un’e-spressione orientale; e smise di controllare. Ebbi ilpermesso di andare nell’atrio dell’aereoporto, ma nonc’era nessuno per me. Percorsolo per intero, all’uscitadall’aereoporto in direzione della città scorsi final-mente il professor Wang; vi potete immaginare comefossi contento e mi sentissi sollevato. (Per spiegaretutto quello che era successo: si temevano ancoraattacchi o un tentativo di attentato organizzato daicapi della rivoluzione “culturale”).

In quei giorni ero dunque ospite dell’AccademiaCinese delle Scienze sociali, e precisamentedell’Istituto di Filosofia. Al contempo facevo lezioneall’Università di Pechino. Prima dovetti cercar dicapire chi, tra i professori, fosse veramente specializ-zato su Fichte; tale si mostrò essere il professor LiangZhi-xüe, al quale sono da allora legato da una amici-zia non offuscata da ombre. Ma nella settimanaappena iniziata cadeva anche il quarantacinquesimoanniversario della rivoluzione cinese, nel quale ebbeluogo la piú grande parata tra tutte quelle fin lí orga-nizzate. In particolare si festeggiava il superamentodella rivoluzione “culturale”. Ma d’altra parte si con-tinuava a temere ch’essa potesse scoppiare di nuovo eperciò la cosa non era priva di pericoli. I Tedeschiprovenienti dalla Repubblica federale e dalla

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Repubblica democratica di Germania erano collocatinella medesima tribuna, perché la Cina non ricono-sceva due Germanie allo stesso modo in cui non rico-nosceva due Cine. A circa 150 metri da noi sedeva ilgruppo dirigente con Deng Xiaoping. Naturalmente,questa vicinanza fu per noi un grande onore. Nellanotte ci furono fuochi d’artificio di una grandiositàmai vista prima. Alla parata presero parte millecin-quecento carri armati; per ore nella notte precedenteavevamo sentito il fragore di quei motori – un fragoreche io conoscevo bene, perché ero stato aiutantemedico in una unità corazzata con compiti esploratividella ottava divisione in Russia. Durante la parata ven-nero mostrate anche le bombe atomiche possedutedalla Cina. Seguivano i vincitori delle Olimpiadi. Allafine il tutto si trasformò in una grande festa popolarenella piazza della Pace celeste.

In queste ore e giorni osservai cose notevolissime.Fu un vero tripudio per il successo della controrivo-luzione. Non ho mai piú rivisto uomini in cosí lietadisposizione d’animo. Gruppi dei piú diversi popoli eculture ballavano in maniera spontanea e continua-vano a chiedermi con modi amichevoli di far lorofotografie o di poter fare a me una foto. Poi incontraiil professor Yajima e cosí, assieme ai professori cinesi,formammo una lieta comitiva internazionale nel belmezzo di questa compagnia di popolo. Quando, dopouna settimana, unico europeo salii sull’aereo perShanghai, ero seduto vicino a una coppia di sposicinesi. Durante il viaggio l’uomo si alzò e mi chiese se

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poteva fotografare la moglie insieme a me. Ne restaiassai stupito, senza capire il senso di questa richiesta.Venne fuori che era un ministro e voleva documentarel’inusuale evento di un tedesco che viaggiava su quel-l’aereo. Anche questo piccolo episodio mostra comeovunque regnasse cordialità.

Qui devo tornare indietro, in modo che possiatemeglio capire quanto viene poi. Nel 1957 mi ero ado-perato, insieme al Dr. Jacob, per lavorare a cose fich-tiane in collaborazione con la Biblioteca nazionaletedesca di Unter den Linden, a Berlino. L’edizione cri-tica delle opere di Fichte non era ancora, in questoperiodo, tra i progetti dell’Accademia bavarese dellescienze e una convenzione finalizzata a reperire i testicostituiva un importante presupposto per l’iniziodella programmata edizione. Io ho sempre tenuto rap-porti nella Biblioteca nazionale tedesca e i miei primiinterlocutori furono il Dr. Klaus Schrickel e ManfredBuhr. Entrambi erano allievi del professor Bloch diLipsia (in ogni caso, cosí si diceva di Schrickel);comunque, quale che fosse allora la situazione, essivenivano tutti i giorni a Berlino nella Biblioteca nazio-nale, che era ancora molto malandata. Schrickel si erain qualche modo organizzato una vecchia scrivania,che splendeva nella sua stanza come un’unica reliquia.A questa scrivania discuteva con me, mentre Buhr erasolo il suo aiutante, che di notte dormiva su unapanca, nell’edificio della biblioteca.

Vi dovete immaginare che eravamo in una situa-zione del tutto inusuale. Non avevamo alcuna espe-

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rienza dell’altra parte della Germania di allora. Era uninizio completamente nuovo. Schrickel era un mili-tante stalinista, ma con il difetto di avere nostalgia pergli anni trascorsi a Schwabing. Alcuni anni dopo checi eravamo conosciuti si allontanò con la suaWartburg verso Berlino ovest e fece ritorno aMonaco. Con il Dr. Schrickel sono andato abbastanzad’accordo perché ero già abituato ad avere a che farecon comunisti. Costoro arrivano rapidamente a sco-prire se si è avversari militanti e Schrickel ha rapida-mente osservato che io non appartenevo a questa cate-goria, non ero un sostenitore deciso del capitalismo enon propendevo né per l’un sistema né per l’altro (ilsovietico). Ancora nello stesso anno Schrickel e Buhrvennero ufficialmente a Monaco. Quando, pocodopo, i due vennero a farmi visita mi regalarono unaedizione di Diogene Laerzio pubblicata nella DDR.Buhr vi scrisse questa dedica: «Con molti ringrazia-menti per i fattivi sforzi nell’interesse di un’impresacomune: un gruppo di lavoro su testi filosofico-storiciall’Accademia tedesca delle scienze di Berlino». Nel1957 condussi la trattativa decisiva nella Bibliotecanazionale tedesca con il suo direttore, Horst Kunze.Ma Manfred Buhr e io ci eravamo già prima accordatinel voler tenere, al massimo delle nostre possibilità,del tutto fuori dalla convenzione le burocrazie dellaRepubblica federale di Germania e della Repubblicademocratica; diversamente, saremmo stati giocoforzatrascinati in conflitti ideologici che potevano con faci-lità silurare l’edizione.

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Nell’autunno del 1957 ebbe luogo l’incontro deci-sivo, fra la Biblioteca nazionale tedesca, ossia il Prof.Horst Kunze, e me, presente anche in nome del Dr.Hans Jacob, che non era potuto venire. La nostra pro-posta suonava: collaborazione su basi di neutralità,ossia facendo tacere qualsiasi influenza statale; solo inquesto modo potemmo impedire che la Repubblicafederale tedesca esercitasse un ruolo di decisione.

Proprio in questo periodo la Repubblica democra-tica tedesca era alle prese con l’affare Harich. Harichera un giovane docente che, partendo da una posi-zione hegeliana, si cimentava in una interpretazionedel marxismo che non era gradita a Ulbricht. Per talemotivo questi aveva impartito l’ordine (non ufficiale)che non ci si dovesse occupare in maniera intensiva eduratura di Kant, Fichte e Hegel. I nostri partnernella trattativa lo sapevano, ma io no. E durante latrattativa venne fuori che gli uffici della DDR eranolegati a questa situazione e perciò non potevano lavo-rare con noi in modo permanente. Il Prof. Kunzecolse l’occasione offerta da tale situazione e spostò ilsenso dell’accordo sul fatto che, in sostanza, si trattavadi uno scambio per una edizione di testi, e quindi diuna richiesta tra biblioteche, nella misura in cui l’ori-ginale veniva reso, per contratto, accessibile. Tutte edue le parti erano però interessate a usufruire in modocostante dei documenti in mano all’altra parte.

Alla nostra trattativa partecipò anche un dirigentedell’amministrazione della biblioteca, un certo signorDewey, che risultò essere un esponente del partito e si

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Foto 1: Accordo fra la redazione della Edizione completa di J. G. Fichtepromossa dalla Accademia bavarese delle scienze e la Biblioteca nazionaletedesca di Berlino.

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comprese che era da lui che dipendeva l’approvazionedefinitiva. Tutti guardavano ogni volta lui, per capirese alla fine avrebbe dato l’assenso. Poiché io rifiutavoun’influenza della DDR (esattamente come un’in-fluenza della BRD), per tre volte egli mi disse durantela trattativa: «Oggi dobbiamo ingoiarne molte daLei». Ma dato che il Prof. Kunze in modo credibiledava al contratto una connotazione di rapporto trabiblioteche, alla fine Dewey dette il suo assenso.

Dopo la conclusione della trattativa, la collabora-zione che avevamo stabilito il Prof. Buhr ed iodivenne del tutto effettiva. Fu Buhr colui che costan-temente protesse il nostro lavoro, a Est. Dopo lacostruzione del muro, per lungo tempo ci fu unasituazione in cui la continuazione del lavoro era seria-mente in pericolo, in quanto sgradita alla DDR, ed eraconsigliabile un’interruzione. In quel caso ManfredBuhr ci ha aiutato motivando il suo amico avvocatoGerardo Marotta e l’“Istituto Italiano per gli StudiFilosofici” di Napoli a dimostrare il loro vivo interesseper l’edizione di Fichte. Questo intervento dei comu-nisti italiani non poteva lasciare indifferenti le autoritàdella DDR. Senza di esso il lavoro in comune all’edi-zione, che per quest’ultima era una condizione vitale,si sarebbe esaurito. Per dirla con una parola: dob-biamo alla parte comunista se l’edizione di Fichte èproseguita in modo indisturbato e solidale; in primoluogo, per avere, in generale, stipulato il contratto,rendendo possibile l’accoglimento del progetto edito-riale nella nostra Accademia da parte del Prof. Aloys

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Wenzl, poi perché l’avvocato Marotta ha sostenuto inmodo energico il nostro lavoro, e infine per quello cheè in seguito avvenuto con la Cina, e di cui dirò piúavanti.

Già allora, come direttore dell’Istituto centrale ecome filosofo impegnato su Fichte, il Prof. Buhr avevaintrapreso relazioni con la Repubblica popolarecinese e all’incirca nello stesso periodo con me, ma ledue cose non erano collegate. Ciò era diventato possi-bile solo dopo la fine della rivoluzione “culturale”.Tuttavia lavoravamo allora del tutto in parallelo, Buhral settore scientifico e politico, io al settore scientifico.Eravamo come due fratelli gemelli e tali siamo rimastifino ad oggi. Durante il soggiorno in Cina di uno deidue facevamo sempre mostra dei lavori dell’altro,indicavamo il loro significato per la Cina e il valoreper la Cina di una valutazione positiva dei lavori tede-schi. E la nostra collaborazione produsse delle conse-guenze! Sulle specifiche attività politiche non sonoautorizzato a parlare, ma per l’aspetto scientificoposso richiamare l’attenzione sul fatto che vide la lucel’edizione di Fichte in cinese, che ora si avvia alla con-clusione, sempre sotto la direzione di Liang Zhi-xüe.

Ebbi anche la fortuna di portare con me nel 1987per la prima volta in Giappone un professore di filo-sofia cinese e comunista, nella persona di Liang Zhi-xüe, e di annodare cosí un legame che tuttora sussiste.

Durante l’intera vita della DDR Manfred Buhraveva con cautela lavorato, per quanto possibile nellecondizioni date, per tenere lontano il corso del comu-

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5 Si veda nella Dottrina del diritto di Fichte, del 1812, lasostanziale differenza fra uno Stato il cui scopo fondamentale èl’egoistica salvaguardia della proprietà esistente e lo Stato ad essocontrapposto, che intende garantire a ciascuno il diritto ch’eglirivendica ad uno spazio libero per l’otium (“Muße”), ossia perl’impegno sul piano dell’etica (in partic. Akad.-Ausg. II,13, pp.226 ss.).

nismo dalla sensibilità hegeliana e condurlo versoquella fichtiana. Mise in evidenza che il dato di fattodell’insediarsi del sistema borghese era stato inteso daHegel come la corrente vittoriosa e razionale, mentrela concezione di Fichte era rivoluzionaria sul pianosociale, storicamente aperta alle realizzazioni creatricidella nuova società che attendevano di essere attuate5.A fortiori Buhr sostenne questa concezione rispettoallo sviluppo comunista in Cina, venendo esplicita-mente incontro all’autointerpretazione cinese.

Non è opportuno ch’io dica di piú circa gli sviluppipolitici; in ogni caso, il suo lavoro politico e il miolavoro scientifico, svolti in contemporanea, eranointrecciati l’uno all’altro. Il Prof. Liang in seguito par-tecipò con sue conferenze agli incontri fichtiani diDeutschlandsberg, Napoli e Genova, sí che alcuni divoi poterono conoscere piú da vicino le sue idee opoterono apprenderle dalle pubblicazioni. Il Prof.Liang era quello che, del tutto erroneamente, vienedefinito un “nazionalista”; ragionava cioè completa-mente nella direzione del movimento comunistacinese e della cultura cinese. Tra noi c’erano molti ele-menti comuni, anche grazie al fatto che in gioventú sia

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6 «Dopo una ricerca del genere, all’educazione finora vigentebisogna concedere che essa non manca di portare avanti agliocchi dei suoi allievi una qualche immagine del modo di pensarereligioso, etico, legale e di qualsivoglia ordine e buoni costumi,ammonendoli inoltre fedelmente, qua e là, di dare a quelle imma-gini un’impronta nella loro vita. Ma a parte eccezioni straordina-riamente rare, che dunque non furono motivate da questa educa-zione, poiché allora si sarebbero dovute presentare come la

lui che io avevamo combattuto contro gli americani ederavamo entrambi d’accordo su come dover conside-rare quella loro “morale” agonistica.

Potete immaginarvi quanto fosse assolutamenteben vista la discussione di problemi di tipo sociale e diquestioni organizzative cinesi con un teorico di partitocome Buhr, che abbracciava l’orientamento fichtianocome lo abbracciava la parte cinese. Il primo aspettodi unità era dato dal fatto che Fichte sottolinea conenfasi tutta particolare che la rivoluzione deve essererivoluzione dell’intero popolo, e non solo della classeo del partito. L’altro pensiero fondamentale era che larivoluzione può riuscire solo se accompagnata daun’educazione spirituale del popolo, educazione che,come voleva Liang Qichao, può penetrare nel popolograzie a una dottrina politica nel ruolo di guida. Giàsoltanto per l’enorme quantità della popolazionecinese che viveva nel territorio dell’impero cinese – eche oggi ammonta a un miliardo e trecento milioni dipersone – il genere di provvedimenti e i modi di pro-pagandare la dottrina politica dovevano essere moltodiversi da quelli del bolscevismo6.

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regola in tutti coloro che avevano ricevuto questa formazione,bensí furono provocate da altre cause – a parte queste eccezionistraordinariamente rare, dico, gli allievi di questa educazione incomplesso non hanno seguito quelle rappresentazioni e ammoni-menti etici, bensí gli stimoli del loro egoismo, che cresceva senzaalcun ausilio da parte dell’arte educativa, e che per loro era natu-rale. Ciò dimostra in modo inconfutabile che quest’arte educativaha sí potuto riempire la memoria con qualche parola e modo didire, e la fredda e distaccata fantasia con qualche immagine fiocaed esangue, ma non è mai riuscita ad innalzare sino alla vitalità isuoi ritratti dell’ordinamento etico del mondo, né a far sí che ilsuo allievo venisse afferrato per essi da amore e nostalgia strug-genti, e dall’affetto appassionato che spinge all’esposizione nellavita, e di fronte a cui la nostalgia cade come foglia appassita.Questa educazione, dunque, è stata ben lungi dal penetrare sinoalla radice e dal formare la vita nella sua attività e nel suo movi-mento effettivi; al contrario questi, trascurati da un’educazionecieca e inetta, sono cresciuti ovunque selvaggiamente, portandobuoni frutti nei pochi ispirati da Dio, cattivi nella grande mag-gioranza» (Fichte, Reden, Akad.-Ausg. I,10, p. 113; trad. it. cit.,pp. 15-16).

Manfred Buhr e io avevamo per giunta anche unterzo legame, lungo il quale si dipanò la nostra attività.Fu come una provvidenza divina il fatto che ShenZhen, moglie del Prof. Liang Zhi-xüe, fosse anche leidocente e per l’appunto insegnasse filosofia russa. Pertale sua specializzazione ha tradotto in cinese il miolibro su Dostoevskij, che è giunto nel frattempo allaterza edizione (fra i 15.000 e i 20.000 esemplari). Ora,questo avvenne per il tramite della Prof. Gulyga, cheaveva tradotto in russo il mio Dostoevskij e lo avevapubblicato a Mosca. (Suo marito Arsenij Gulyga èconosciuto da noi per i suoi due libri su Kant e su

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7 Se ci si riflette, anche l’introduzione del programma di limi-tazione delle nascite da parte dello Stato conduce a una com-prensione della nuova concezione della società nell’Impero dimezzo. La Cina si trovava (e si trova) in un pesante stato d’ecce-zione, che ha costretto lo Stato ad agire con pari energia, se nonvoleva arrendersi. Tanto dal punto di vista giuridico, quanto daquello etico, la soluzione di questo urgentissimo problema va nelsenso dello “Stato secondo ragione”: giuridicamente è permessoa ciascuna coppia di sposi di aver un unico figlio; essi devonoastenersi da ogni ulteriore procreazione. Se superano questoambito di libertà, interviene la legge. Superarlo è loro possibile,in quanto uomini liberi. Lo fanno sotto la loro responsabilità.Avrebbero dovuto astenersene (in quale modo, lo Stato in quantoStato non lo stabilisce); ma se lo fanno, incorrono nella pena giu-diziaria. Nel privato si rendono eventualmente colpevoli da unpunto di vista morale.

Schelling. Il Prof. Dieter Henrich ha apprezzato inparticolar modo queste pubblicazioni).

La signora Shen Zhen era amica della signoraGulyga, a sua volta docente di Storia della filosofiaall’Accademia di Mosca. Badate che era del tutto inso-lito, nell’Unione Sovietica del tempo, che un filosofosi occupasse senza limitazioni dei su nominati filosofi.Dal momento che la signora Shen Zhen non cono-sceva affatto la lingua tedesca, questa mediazione fudi grandissima importanza. Che il mio Dostoevskijriscuotesse in Cina un tale successo si spiega, per unaparte, con il fatto che i Cinesi, da quando è iniziato ilprogramma di limitazione delle nascite7, hanno avutomolto piú tempo libero per formare la loro intelli-genza in modo multiforme. Per altra parte, Mao Tse-tung e Chou En-lai hanno stabilito la via che doveva

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essere seguita, essendo però entrambi buoni conosci-tori di Kant, di Hegel e di Fichte. Infine, i giovanicinesi erano anche interessati in modo del tutto parti-colare alla Russia – da cui, pure, il comunismo eraarrivato fino a loro.

Negli ultimi vent’anni la Cina è cresciuta sul pianotecnico ed economico in modo straordinario. Oggi laCina è la terza potenza economica mondiale e laseconda potenza politica mondiale. E, grazie al suosistema, dispone di una ingentissima quantità didenaro avendo, contemporaneamente, una forte sta-bilità monetaria. Con tale quantità di miliardi la Cinapuò oggi influenzare, e di fatto influenza, l’economiadi qualsiasi altro paese. Per quanto riguarda le espor-tazioni, in unione con il Giappone e con la Corea laCina è in procinto di sottrarre agli U.S.A. l’area delPacifico del nord. Già da una serie di anni Cina eGiappone collaborano insieme ininterrottamente sulterreno tecnico-economico e ciò ha a sua volta comeconseguenza che il primo ministro giapponeseKoizumi prenda cautamente le distanze dal punto divista degli U.S.A. – quello a partire dal quale fino aoggi veniva tutto deciso. Il fatto dirimente è che ilsistema politico ed economico della Cina, sulla basedella sua struttura comunista, è fondamentalmentediverso da quello di tutte le altre potenze, strutturatein senso americano-capitalistico. Nel frattempo si èavuto anche un riavvicinamento sempre maggiore frail partito del Kuo Min-tang e il partito comunistacinese, entrambi contrari a una separazione politica di

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8 Si vedano le numerose prove dettagliate nel lavoro di P.Scheibert, Lenin an der Macht. Das russische Volk in derRevolution 1918-1922, Weinheim 1984.

Taiwan dalla Repubblica popolare. Inoltre Russia eCina appoggiano e difendono insieme la Corea ehanno lavorato a un riavvicinamento delle due Coree,oggi inarrestabilmente orientate alla riunificazione.Nel frattempo, in modo non ufficiale, la Cina haanche mostrato con chiarezza che una eventualeguerra nucleare devasterebbe sí in maniera terribile ilsuo territorio, ma neppure gli U.S.A. potrebbero evi-tare contraccolpi sul loro territorio.

A questa realtà si aggiunge ora il fatto che il regimecinese viene ridicolizzato al massimo nel cosiddettomondo occidentale, perché non sappiamo emanci-parci dalla nostra falsa idea di democrazia. Quando larivoluzione bolscevica scoppiò in Russia, la Russianon aveva ancora un proletariato in qualche mododegno del nome; e di ciò Lenin era consapevole.Secondo lui il partito doveva sostituire il proletariatoche non c’era, finché questo non si fosse costituito.Lenin condusse questa lotta all’insegna del grido dibattaglia, consapevolmente fuorviante: «Tutto ilpotere ai soviet». In verità, però, questi Consigli nonsolo non avevano alcun potere a fronte del partito, mapotevano in ogni momento venire da questo riorga-nizzati o addirittura aboliti, mentre al contempo ilpartito non doveva rendere conto delle sue violazionise non a se stesso8. Ciò portò, secondo una prassi à la

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9 L’espressione giusta sarebbe: alla direzione politica.

Robespierre, al dominio della polizia segreta e, allafine, di un piccolo gruppo di persone attorno al Com-pagno Stalin, il quale realizzò la variante bonapartista.Solo con la Grande guerra patriottica questo ebbe ter-mine, nella misura in cui Stalin volle infine essere ilsignore dell’intero popolo (nel peculiare modo tartaro,à la Ivan Grosny e Piotr Welikij). Ma in Cina ci furonosviluppi diversi. Mao ha concepito molto presto il pro-prio effettivo dominio come dominio dell’interopopolo e ha instaurato una signoria dei Consigli – taleè infatti diventato il governo cinese, sebbene esso sifaccia passare per dominio del partito comunista. Alpartito9 toccò cosí un ruolo analogo a quello dellaChiesa sul terreno religioso: esso diventò custode delladottrina. Ma il governo consiliare è governo di tutti iConsigli, concentrato, come non sarebbe altrimentipossibile, in singole personalità alle quali spetta ladecisione ultima, che però si sono concepite e si con-cepiscono come organo del cosiddetto “partito dell’u-nità”, cioè del governo dei Consigli. In questo governodei Consigli si trova racchiusa l’attività di tutto ilpopolo e il suo ideale è il comunismo cosí inteso.

Poiché abbiamo nel frattempo una connessioneglobale della vita e dell’attività di tutti i popoli dellaterra, questo sviluppo significa che la Cina anche neicomportamenti internazionali difende e pratica il suopeculiare comunismo. Noi dobbiamo avere moltochiaro che il comunismo non è morto, come le demo-

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crazie occidentali hanno creduto di poter constatare,ma continua a vivere come seconda potenza mon-diale! Anche la posizione di noi tedeschi in pocotempo ne dipenderà in modo crescente.

Ora, però, a tutto questo si deve aggiungere l’am-bivalenza dell’odierna forma politica in Russia. È unerrore ritenere che il comunismo sia morto dopo ilcrollo del bolscevismo. Anche se con mezzi nonancora pienamente adeguati, il governo Putin anela adessere anch’esso un governo di tutto il popolo ecomunque è forte la sua intesa con l’attuale governocinese. La posizione di noi tedeschi dipenderà nonsolo dal nostro rapporto con gli U.S.A. e conl’Inghilterra, ma anche da quello con il comunismod’Oriente.

Se noi e la Francia non vogliamo essere semplicidestinatari degli ordini degli U.S.A. e del loro sistemadi capitalismo mondiale, dobbiamo concretizzare unaforma di vita essenziale che tenga conto dei nostribisogni e aspirazioni fondamentali. Un principio fon-dante della nazione tedesca è sempre stato la cugi-nanza ([Vetternschaft] germani), oggi chiamata inmodo assai piú semplice ‘solidarietà’. Penso dunquead una nuova e ben funzionante forma di tale solida-rietà. Se lasciamo cadere questo ideale, finiremo persparire come mero materiale “etnografico” nel vorticedello sviluppo storico mondiale.

Poiché il comunismo cinese vuole essere un comu-nismo di tutto ciò che è popolo, vuole essere il Soviet,ha anche un rapporto essenziale con il terreno della

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cultura e della religione. Cosí, fu del tutto conse-guente che Mao dopo la fine della Lunga marcia esor-tasse a far fiorire “mille fiori”. Solo che aveva fatto unerrore di calcolo, sottovalutando l’urto onnidistrut-tivo della rivoluzione, quale era arrivata fin lí par-tendo dalla Russia. La «gioia creatrice della distru-zione», come aveva detto Bakunin, postulò ladistruzione completa di tutta l’antica cultura cinese,che fu considerata identica alla corrotta monarchia. Sigiunse cosí alla rivoluzione “culturale”, che solo ChouEn-lai riuscí ad arrestare in condizioni di pericoloestremo. Ora però è possibile, dopo l’audace passo diDeng Xiaoping, una vera rivoluzione culturale, e l’o-dierna Cina dei Consigli si accinge ad intraprenderla.

Tutto considerato, nello sviluppo cinese quelloconfuciano era stato il sistema dominante; per cuianche la rivoluzione fu specificatamente anticonfu-ciana. Con il comunismo è però diventato decisivo unelemento completamente diverso, che si avvicinamolto all’universo di pensiero di Laotse. Il Prof.Wang Shuren (di Pechino) mi disse una volta: «Allafine della rivoluzione culturale in Cina quasi tuttiabbiamo creduto in Dio». La spinta cristiana delsocialismo, frutto della mediazione di Rousseau, èdavvero andata a segno, nel momento in cui crollaval’antiteismo, estraneo al pensiero cinese.

Ciò che oggi viviamo è una rivoluzione culturalevera, nella quale è in gioco l’efficace ruolo dello “spi-rito” nella nuova società comunista. La nuova rivolu-zione culturale finirà non solo in una sorta di comuni-

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10 Chiamo cosí in questa conferenza la dottrina di Laotse. Ilfenomeno storico del sedicente “taoismo” fu cosa diversa.

smo alla Gramsci; in piú, è diventata attuale ladomanda metafisica di fondo. Si tratta della religionee religione (non solo “religione”) significa in Cinataoismo10. Anche quando cielo e terra sono nel loroordine, questo non è ancora vivere nel Tao.

L’irrompere di qualcosa di nuovo è troppo forteper esaurirsi in una semplice vita intellettuale. È laviva esperienza di un entrare con impeto nel futuro,che non significa soltanto tornare dentro una formacompiuta ma pur sempre finita (cielo e terra nel loroordine). Proprio perché Laotse rifiutò questo ordinestabile e appagato di sé nella sua staticità, al terminedella sua vita migrò fra i barbari. So, per aver parlatocon loro, che i cinesi hanno superato l’immanentismoe sono perciò maturi per il taoismo; e per questo laloro nuova apertura nei confronti del futuro dovràincontrare il taoismo – il che contemporaneamentesignifica tornare a riflettere sul proprio piú altoapproccio spirituale. Laotse fu piú avanti rispetto alpensiero dell’immanenza, cosí come Sofocle fu piúavanti rispetto alla filosofia greca.

Tornare all’iniziativa concreta: il partito comunistacinese si è ora deciso a indicare e porre di fronte agliocchi del popolo maturato nella rivoluzione il suocompito politico universale, perché è necessario com-prendere e affrontare la situazione mondiale, par-tendo dalla posizione spirituale già conquistata.

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Saranno prodotti nove film sulle grandi potenzemondiali storicamente affermatesi, Cina esclusa:U.S.A., Gran Bretagna, Francia, Germania, Russiaecc.; uno di questi film si occuperà espressamentedella Germania; in un’intervista verrà chiesto al Prof.Buhr come egli comprenda l’immagine della rivolu-zione offerta da Fichte e quale effetto possa avere perla Cina. In questo modo sarà pienamente onorata l’o-pera compiuta dal Prof. Buhr nei decenni passati. Poisi intende filmare qui a Monaco il luogo di lavorodella Fichte-Kommission. Vi potete immaginare qualesignificato avrà il fatto che proprio questa nostra atti-vità venga presentata in questo film, che poi saràproiettato, come film di istruzione, a una popolazionedi un miliardo e trecento milioni di persone. Questofilm avrà effetti permanenti per il rapporto fraGermania e Cina. Al riguardo occorre osservare che ilcomportamento politico della Germania sino dallafine della seconda guerra mondiale viene stimato, inCina come anche in molte altre parti del mondo,esemplare; occorre cioè osservare che noi abbiamosempre abbracciato il punto di vista del diritto,abbiamo rifiutato di prender parte alla guerra in Irak,condanniamo, nonostante il nostro particolare rap-porto con Israele, la politica di Sharon contro iPalestinesi, e cosí via.

Noi siamo oggi, che lo si voglia o no, in un rap-porto concreto con la seconda maggiore potenzamondiale e si tratta di una potenza comunista.L’attuale Stato tedesco, quale si è costituito dopo la

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caduta del muro, si presenta certo come la Repubblicafederale. Con ciò è però anche, necessariamente, ilsuccessore di diritto della DDR, cosí come lo Stato diHitler, volente o nolente, era sul piano giuridico-isti-tuzionale il successore della Repubblica di Weimar.Con un’opera efficace e produttiva stiamo oracostruendo relazioni positive fra Germania e Cina equest’opera concorre a determinare tale rapportoreciproco fra i due paesi – né può certo esserci indif-ferente il nostro rapporto con la Cina, a fronte dellasua dimensione e del suo dinamismo. E questo è natu-ralmente lungi dall’essere un punto finale, anzi questirapporti proseguono e si approfondiranno considere-volmente in parallelo allo stabilirsi di relazioni a tuttii livelli. Anche oggi possiamo vedere già che la nostracondotta verso la Cina contrasta, in modo molto favo-revole per noi, con un comportamento di sfrutta-mento quale ad esempio quello tenuto dagli Inglesi.

Ancora un altro punto-chiave di tale futuro rap-porto desidero porre in evidenza. Il nuovo PapaBenedetto XVI è un tedesco e, non da ultimo inquanto tedesco, è universalmente apprezzato. Comecomunicato, egli ha in programma di visitare nel pros-simo futuro la Cina. In questo caso, ciò necessaria-mente si incrocia con i lavori preliminari finalizzati acostruire le relazioni di cui si è detto. La Cina privile-gia la “Chiesa popolare”, (purtroppo) scomunicatasotto Papa Pio XII, e che è rimasta fedele alla mille-naria liturgia romana. Ci si chiede in quali rapporti lafilosofia fichtiana (come la comprende la Cina) possa

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stare con questa “Chiesa popolare”. I Cinesi sonocontemporaneamente osservatori molto acuti e giu-dici discreti. La prima volta che ho soggiornato inCina ho richiesto di poter partecipare, la domenica,alla S. Messa. Ciò non passò inosservato. Dunque sistabilirono, cosí si presume, rapporti positivi. Se oggiil governo cinese si è rivolto a Mosca pregando diristabilire un patriarcato ortodosso, allora anch’io mipermetto di mettere (un poco) in relazione ciò con ilfatto che a Pechino il mio libro su Dostoevskij è giàalla sua terza edizione. Dopo che ha compiuto la rivo-luzione, il partito cinese vuole educare il popolo econdurlo al punto da vivere, nella sua interezza, dicultura, e non solo di cultura ma anche della suaradice piú ricca di nutrimento, la religione. La parolad’ordine di Mao dei mille fiori corrisponde esatta-mente alla concezione di Fichte che la nazione (non loStato) deve restare “anarchica”: nessuna dittaturasulle intenzioni di fondo della nazione o dell’impero!Autocefalia!

Vi leggo l’ottavo capitolo del Tao te king, permostrare in breve che è possibile un collegamento frala dottrina di Laotse e il comunismo dei soviet di cuiabbiamo parlato. Il testo è naturalmente da compren-dere in maniera omotetica:

La suprema bontà assomiglia all’acqua. L’acqua ècapace di giovare a tutti gli esseri senza contrasti.Abita nel posto che tutti detestano, perciò è prossimaal tao.

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11 Lao-Tzu, Il libro della virtú e della via. Il “Te-Tao-Ching”secondo il manoscritto di Ma-Wang-Tui, a cura di L. Panciotti, SE,Milano, 1993, p. 62 (nota del traduttore; il passo: «L’acqua ècapace di giovare a tutti gli esseri e ha contrasti» è stato modificatorispetto alla traduzione italiana qui utilizzata, sia per rispettare latraduzione tedesca citata da Lauth, sia perché nella stessa edizioneitaliana il curatore avverte che il testo si presenta corrotto e che«nella versione tradizionale è detto il contrario, ovvero “senzacontrasti”, il che è piú consono al modo di pensare taoista»).

(Il luogo che tutti detestano è la cloaca. L’acquascorre anche lungo la cloaca e la pulisce.)

Si abiti in una buona terra, il cuore sia ben pro-fondo, nelle relazioni ci sia una buona fiducia, sigoverni con buon ordine, si agisca con buona capa-cità, ci si muova nella buona stagione. Se non si lotta,non si biasimi per questo11.

Ciò che qui viene detto dell’acqua docile, che nonoppone resistenza, può essere riferito anche al comu-nismo (non al marxismo!) cinese, che con l’acquapura e viva ha fatto pulizia di tutto quel terribile pan-tano di degenerazione, cioè di quanto era stato pro-dotto dalla esausta monarchia e dal colonialismoinglese. Cinquanta milioni di morti per fame solodurante la guerra dell’oppio! (Fa’ attenzione, spiritoaccanito nel pensare da solo: non Ebrei, ma Cinesi,che non sono esseri da paragonarsi agli occidentali! Equesto non è “razzismo”!).

Permettetemi qui una breve digressione! Ciò cheattualmente accade in Inghilterra, e che coincide con

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12 Lao-Tzu, Il libro della virtú e della via cit., p. 76 (nota deltraduttore; testo ritoccato).

quanto avviene in Cina, ha per gli stessi Inglesi unsignificato storico universale: il colonialismo ritornanella sua terra d’origine. Quando l’Inghilterra hadovuto restituire Hong Kong alla Repubblica popo-lare, essa ha dovuto cedere l’ultimo resto dei suoiconsiderevoli possedimenti coloniali. A quel tempoho vissuto questa restituzione di fronte alla televi-sione, seguendola punto per punto per due ore emezzo, cosí come si svolgeva. I Cinesi lo hanno fattocon grandissima dignità, gli Inglesi non sono statimortificati, ma certo si è insistito a mostrare come daparte di questi ultimi provenissero ancora delle inten-zionali umiliazioni. L’acme di quello che è il positivosviluppo in Europa aveva raggiunto la Cina con ilmovimento comunista e aveva elevato il popoloemancipandolo dalla sua indicibile miseria. Coloroche provocarono miseria dovettero infine ritirarsi. Ilcapitolo XXIV di Laotse sembra essere stato scrittoespressamente per loro e per delineare il motivo ditale partenza:

Chi sta sulla punta dei piedi non è fermo. [Chi staa gambe divaricate non cammina]. Chi si mostra nonè famoso, chi (si) fa vedere non è illustre, chi si vantanon ha risultati, chi si gloria non è un capo. La suaposizione nel tao è: avanzi di cibo ed escrescenze. Lecreature odiano ciò; pertanto, chi ha desideri (non) vipermane12.

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Ci troviamo dentro una trasformazione millenariae non illudetevi: essa si compirà nel giro di pochi anni;non perché in pochi anni i Cinesi insieme aiGiapponesi sottrarranno agli Americani il mercato delnord-Pacifico – questa non è la cosa decisiva! – e nep-pure a causa del mutato ordine politico (Cina, Russia,Germania da una parte, Inghilterra e U.S.A. dall’al-tra), ma perché è iniziato dovunque nel mondo unsovvertimento spirituale.

Ieri hanno mostrato in televisione il marocchino chein Olanda ha decapitato un sobillatore anti-musulmanoe che per questo motivo è stato condannato all’erga-stolo. Ha dichiarato ai giudici: «Ciò che si fa qua costi-tuisce un enorme oltraggio a Dio!». Questi sono dati difatto, signori, che con la parola di moda ‘terrore’ non siriescono, alla fine dei conti, a mascherare.

Di fronte a questa situazione del mondo noi pos-siamo rifiutarci di firmare le Paci di Vienna, possiamomettere la testa sotto la sabbia e dire: come era belloai tempi di Schelling; come è stato capace, lui, di par-lare di “libertà”, di rappresentarla a livello esisten-ziale! E che uomo sono io, in grado di vivere in ter-mini esistenziali questa libertà? Tutto questo èpassato. Entriamo in una fase della storia mondialecompletamente diversa. Mentre lo sviluppo econo-mico e politico spinge verso una catastrofe di cui almomento nessuno sa ancora dire se e come può esserefermata, si comincia a capire che solo una svoltamorale dell’umanità può essere di giovamento – forsepuò essere di giovamento!

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13 La NEP (Nuova Politica Economica) si segnala (e si èsegnalata) come la fase piú pericolosa dello sviluppo del comuni-smo. Già in sé è un’impresa enorme far giocare ai nuovi ricchi (ikulachi) il ruolo di sostituto del proletariato ancora inesistente; aciò si aggiunge anche che nel sistema bolscevico i Consigli sonodestinati a fallire perché privi di potere a fronte dell’onnipotentepartito. (Questa è una conseguenza del fatto che Lenin non vollefin dall’inizio dare «tutto il potere ai soviet»). Ma a tutto quantosi è esposto si aggiunge il fatto ulteriore che la NEP cade senzadubbio nel periodo in cui il comunismo, da poco affermato, hagià avuto uno sviluppo talmente forte da essere diventato unfenomeno che il sistema capitalistico deve combattere e distrug-gere con tutti i mezzi di cui dispone. Per rimanere in piedi, ilcomunismo in questa fase deve servirsi a sua volta dei metodicapitalistici, ed è indifferente se ciò avviene nella forma dell’eco-nomia di partito o dell’economia di soviet. Nella Cina odierna loStato dei soviet è l’unico capitalista; dispone dell’intero capitale,che è affidato ai singoli imprenditori solo perché lo gestiscano;ma in ogni momento ne può venir richiesta la restituzione.Sarebbe quasi un miracolo che il comunismo sviluppato con sif-fatte modalità potesse riuscire ancora ad essere comunismo.Neppure questo impedisce tuttavia che il modo di pensare e dicomportarsi degli imprenditori diventi sempre piú capitalistico.

Si può grosso modo dire che la Cina di oggi si trovaancora in una fase analoga a quella della NEP13. Lacrescita economica per quest’anno è valutata realisti-camente a circa il 15%. Il compito che di conseguenzale incombe è molto grande: se vuole progredire pro-seguendo sulla strada già percorsa, la Cina deve spez-zare la signoria del danaro. Suscitando scandalo,Fichte ha ai suoi tempi preso di petto il problema eco-nomico, nello Stato commerciale chiuso come anchenella Dottrina del diritto del 1812 – d’altra parterestando solo, all’interno della filosofia classica tede-

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sca (impossibilità di una economia solidaristica senzaemancipazione dalle pastoie della finanza internazio-nale; vincolare sia il sistema bancario che la circola-zione e il commercio alla pianificazione economicasocialmente orientata); anche in ciò egli è di esempioalla Cina odierna. La «bontà morale derivante dabenevolenza disinteressata» – oggi detta «opera disoccorso dell’ONU» – corrisponde certo appienoall’economia nazionale di Adam Smith, ma non è nes-sun ausilio atto a far uscire l’umanità dal processo disuo progressivo strangolamento. La Cina ha anchecompreso molto bene che cosa la grande finanza vuoleoggi neutralizzare nel Vicino Oriente e osserva la lottadi liberazione dei martiri suicidi in Palestina e in Irak– definita “terrore” con un’espressione consapevol-mente fuorviante; non soltanto la osserva e interpreta,ma anche la sostiene in modo indiretto, mediante l’a-zione politica condotta in estremo Oriente.

Dopo tutto ciò che ho esposto, torno sui compiti diricerca della nostra Accademia delle Scienze. Ricercascientifica significa: dire qualche cosa di legittimatodall’evidenza, che sia giusto in maniera intelligibilenon solo in una parte del mondo ma nel mondointero. Lo stesso è per la religione: non posso, senzaessere blasfemo, voler essere un “Cristianod’Occidente”. Se lo voglio, allora sono cosciente-mente particolarista; detto con il corano: sono mush-rikun (politeista). E questo universalismo è il fonda-mento degli odierni movimenti in Asia. Che cosacaratterizza Fichte nello sviluppo del pensiero

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moderno, prescindendo per una volta dal pensierotrascendentale, se non l’assoluta fedeltà all’unità dellaverità? (Anche il nuovo Papa ha marchiato il relativi-smo come il male fondamentale nell’odierno cattoli-cesimo).

A prescindere da poche eccezioni (nomino laFrankfurter Allgemeine Zeitung e la SüddeutscheZeitung), la grande stampa di lingua tedesca nella suainterezza parte dal presupposto che non possa esisterealtra economia che quella della quasi illimitata signo-ria della finanza internazionale e che la libertà sessualee i piaceri culinari compensino a sufficienza le frustra-zioni che essa produce.

Ciò che è giusto nella teoria e nella pratica nondeve sempre andare sotto le usuali denominazioni erubriche. Maria Maddalena era una prostituta (con-vertita), eppure è stata la prima a vedere e riconoscereil risorto. Dio scrive dritto anche su righe storte, recitaun proverbio spagnolo o portoghese. Cosí, neidecenni passati ho consapevolmente collaborato con icomunisti, là dove ciò mi sembrava giusto. Non chefossi comunista io stesso (nel significato allora usualedella parola). Quando, per iniziativa di ManfredBuhr, fui eletto, unico “borghese” (un altro cliché!),nella presidenza della “Società internazionale per lafilosofia dialettica”, in quanto scienziato cercai diesporre ciò che avevo trovato con la mia capacità digiudicare. Con me hanno collaborato con correttezza,in modo piú corretto che nell’Occidente capitalistico;hanno ascoltato con attenzione e ponderato con scru-

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polo una critica dura e ammonitrice. Il professor Buhrha auspicato e sostenuto la mia collaborazione in que-sta direzione. Potete bene immaginare che le rilevantidifferenze all’interno del comunismo e la questionedella futura “arte della ragione” furono lí oggetto didibattito. Come testimoniano le mie pubblicazioni,nella Mosca bolscevica ho potuto apertamente direcose che non potevano non far male, perché ci si eraconvinti che io non ero affatto un “capitalista” preve-nuto, ma mi preoccupavo, ove possibile senza pregiu-dizi, della verità e della giustizia. Forse ora capiteanche perché potemmo collaborare in modo cosístretto con l’Avvocato Marotta e con il professorGargano e l’“Istituto Italiano per gli Studi Filosofici”:queste erano anche le loro preoccupazioni. Noi tede-schi non siamo soli al mondo, né rappresentiamo ilnon plus ultra della ragione. Viviamo in un mondoche si trova di fronte ad un risveglio spirituale e che èoggi irretito secondo voleri anglosassoni. Solo chequesti non hanno visto che ciò avrebbe reso piú acutaanche la percezione della responsabilità globale eavrebbe aperto una breccia, da essi non voluta, versoun modo di vedere che non si arresta piú ai particola-rismi. Certo, ci si può chiudere di fronte a questo, male reali conseguenze che scaturiscono da questi pre-supposti si ripercuotono alla fine su di noi.

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APPENDICE 1

Liang Qichao (1873-1929)1

Liang Qichao (pseudonimo: Rengong), nato il 23febbraio 1873 a Xinhui, Guangdong; morto il 19 gen-naio 1929 a Pechino (Beijing), uomo di cultura cinese,giornalista e riformatore nella fase finale della dinastiaQing (1644-1911); appartenne a una nuova genera-zione di intellettuali, formatasi dopo la guerra dell’op-pio, e ispirò diversi uomini di cultura cinesi con i suoimovimenti e progetti rivolti a migliorare le condizionidella Cina.

Liang Qichao nacque il 23 febbraio 1873 in un pic-colo villaggio a Xinhui, nella provincia di Guangdong.In quanto figlio di contadini gli sarebbe stata di normapreclusa l’istruzione, ma suo padre Liang Baoying gliinsegnò, nel modo migliore che poté, quel sapere difondo in materie essenziali di cui disponeva, e questofece sí che egli avviasse suo figlio alla lettura di varie

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1 Questa appendice si basa sull’articolo “Liang Qichao”(http://de.wikipedia.org/wiki/Liang_Qichao – dati del 15 mag-gio 2006) tratto dalla libera enciclopedia “Wikipedia”(http://de.wikipedia.org) e gode della licenza GNU per la liberadocumentazione. Autori dell’articolo: Jailbird, Syrcro, Schewek,Afeng, Aka, RKraasch, Dr. Meierhofer, Jergen.

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opere letterarie già all’età di sei anni. Nella vita diLiang troviamo due mogli: Li Huixian e WangGuiquan. In tutto gli dettero nove figli, che grazieall’educazione rigorosa e sostanziale impartita loro daLiang divennero tutti persone di successo. Tre di loroentrarono successivamente a far parte del personalescientifico dell’Università cinese di scienze naturali.

Gli esordi. All’età di undici anni Liang superò loXiucai, un esame di licenza di basso livello, e si assunsepoi, nel 1884, il carico gravoso di prepararsi al tradi-zionale esame di stato. A sedici anni superò lo ‘Juren’,un esame finale di livello alquanto piú approfondito, efu il piú giovane concorrente del suo tempo ad averavuto un esito positivo. Nel 1890 ruppe però con l’iterformativo tradizionale, fu bocciato al suo ‘Jinshi’, cioèall’esame finale nazionale a Pechino, e non conseguipiú una licenza superiore. Trasse ispirazione dal libroInformation about The Globe e maturò un forte inte-resse per le ideologie occidentali. Tornato da Pechinoalla sua terra d’origine cominciò a fare ricerche e a stu-diare come allievo di Kang Youwei, celebre intellet-tuale e riformatore, che insegnava a Wanmu Caotang.Gli insegnamenti del maestro sulle questioni interna-zionali rafforzarono l’interesse di Liang a riformare laCina. Tornò nel 1895 a Pechino assieme a Kang perrifare l’esame di licenza nazionale, ma fallí una secondavolta. Ciononostante restò a Pechino e aiutò Kang adiffondere Domestic and Foreign Information. Inoltrecontribuí a organizzare la “Società per il rafforzamentonazionale”, di cui fu poi segretario.

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Cambiamenti riformatori. Da fautore della monar-chia costituzionale Liang non era soddisfatto del modoin cui la dinastia Qing governava, e voleva modificarela situazione cinese del suo tempo. Perciò elaboròassieme a Kang Youwei (1858-1927) dei progetti diriforma; misero su carta le loro idee e le fecero perve-nire all’imperatore Guangxu (1871-1908; periodo digoverno 1875-1908). Il loro movimento di riforma ènoto come Riforma Wu-Xu o “riforma dei centogiorni”. La loro proposta era che la Cina avesse biso-gno di un processo di maggiore autorafforzamento edessa sollecitava molti cambiamenti di tipo ideologico eistituzionale, fra cui anche l’abbattimento della corru-zione e la trasformazione del sistema degli esami distato. La loro proposta sollevò una marea di voci con-trarie e Liang venne ricercato per ordine di Cixi (1835-1908), zia dell’imperatore, leader del partito politicoconservatore e poi anche reggente del governo. Comecontromisure Cixi sviluppò in quegli anni delle deciseriforme e, con l’appoggio dei suoi sostenitori, con-dannò la “riforma dei cento giorni” accusandola diessere troppo radicale. Il putsch conservatore del 1898pose fine a tutte le riforme, e Liang fu bandito in esilioin Giappone dove trascorse i successivi quattordicianni. Non si lasciò però distogliere dal propugnare inmaniera attiva democrazia e riforme e usò i suoi scrittiper far crescere il sostegno ai riformatori, cosa chetrovò ascolto presso i cinesi oltremare, ma anchepresso il suo governo. Nel 1899 Liang andò in Canada,dove incontrò tra l’altro il dottor Sun Yat-Sen, pas-

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sando attraverso Honolulu e le Hawaii. Durante larivoluzione dei Boxer Liang si trattenne in Canada, eutilizzò questa circostanza per elaborare il Salvate lasocietà imperiale. Dal 1900 al 1901 visitò l’Australiacon un viaggio di sei mesi, che aveva lo scopo di gua-dagnare un maggior numero di sostenitori a favore diuna campagna che avrebbe dovuto modernizzare l’im-pero cinese attraverso l’accoglimento, da parte dellaCina, delle tecnologie, dell’industria e del sistema sta-tuale occidentali. Nel 1903 Liang intraprese un viaggiodi otto mesi negli Stati Uniti come lettore, in cui eraprevisto anche un incontro con il presidente TheodoreRoosevelt a Washington D. C. Passando da Vancouver(Canada) tornò successivamente in Giappone.

Esigenze del giornalismo. Liang come giornalista.Liang venne una volta designato da Lin Yutang “la piúgrande personalità nella storia del giornalismo cinese”,mentre Joseph Levenson, autore di Liang Ch’i-Ch’aoand the Mind of Modern China, presenta Liang comeun brillante intellettuale, giornalista e politico.Levenson sostiene che Liang Qichao era “l’intellet-tuale e il giornalista piú influente negli anni di svoltafra i due secoli”. Egli dimostrò infatti che i giornali e leriviste possono venire impegnati come efficacemedium comunicativo delle idee politiche. In quantostorico e in quanto giornalista Liang credeva – edespresse questa convinzione anche pubblicamente –che queste due professioni mirassero allo stesso scopoe richiedessero lo stesso impegno morale. “Mostreròagli uomini della nazione il sentiero del progresso

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attraverso l’indagine del passato e la rivelazione delfuturo”. A questo scopo fondò successivamente il suoprimo giornale Qing Yi Bao, che recava il nome di unmovimento di studenti della dinastia Han. L’esilio inGiappone gli diede la possibilità di parlare libera-mente e di esercitare la sua autonomia intellettuale.Nel corso della sua carriera giornalistica progettò gior-nali come Zhongwai Gongbao e Shiwu Bao. Inoltredivulgò le sue idee morali e politiche su Qin Yi Bao eNew Citizen. Attraverso le sue opere letterarie diffusein Cina e nel mondo intero le sue vedute sul repubbli-canesimo. Divenne perciò un influente giornalista nelcampo specifico della politica e della cultura e iniziò arealizzare nuovi generi di periodici. Si può dire che lastrada per esprimere il suo patriottismo è stata lastri-cata dal giornalismo.

La professione dei principi del giornalismo. Una pos-sibilità per dare un giudizio sull’opera giornalistica diLiang è di considerare se le sue opere contengano que-gli elementi del giornalismo che vengono descritti nellibro di Bill Kovach e Tom Rosenstiel The Elements ofJournalism. Anche se questo libro è stato pubblicatosettandue anni dopo la morte di Liang, è tuttavia unostrumento efficace per rispondere alla domanda rela-tiva a quale giornalismo sia appartenuto Liang, datoche – come è detto nella introduzione al libro – i valorifondamentali dell’informazione restano gli stessi oggi eallora.

“Il primo dovere del giornalismo è la verità”. Ilgenere di verità che Liang si propose di rendere acces-

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sibile ai suoi lettori era piú la verità di principio che laverità di fatto. La rivista New Citizen, di cui Liang fucaporedattore, fu una delle prime pubblicazioni diquesto genere. Al posto di semplici reportage Liangpresentò nuove idee e conoscenze, e sui suoi giornalidiffuse la propria visione di democrazia, repubblicane-simo e potere politico attraverso la cerchia dei suoi let-tori sia in Cina che oltremare. Per la maggior parte deilettori le sue erano idee completamente nuove. Eanche se la democrazia e il repubblicanesimo nel sensoconvenzionale della parola non sono la verità, nondi-meno rappresentano secondo l’autentica convinzionedi Liang il migliore sistema per governare la Cina. Lasua professione di fede in questi principi, in quantorendeva accessibili queste idee ai suoi concittadini,chiarisce il perché l’opera di Liang contenga in sè ilprimo elemento del giornalismo.

“La lealtà prima del giornalismo è dovuta ai citta-dini”. Liang affermò che un giornale è “lo specchiodella società”, “il sostegno del presente” e “l’illumina-zione del futuro”. Catalogò i giornali secondo quattrogeneri: il giornale di un singolo, il giornale di un par-tito, il giornale di una nazione e il giornale del mondo.In definitiva il suo scopo era realizzare un giornale peril mondo e diceva che “un giornale del mondo serve gliinteressi dell’umanità”. Dal suo manifesto New Peoplesi può riconoscere che Liang era un difensore dellademocrazia e del repubblicanesimo. Al centro dei suoiscritti stava l’insegnamento ai lettori, e ciò mediante lesue idee politiche sul potere dei cittadini. I suoi testi e

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i suoi lavori ricevettero grande ascolto e contribuironoa formare nei lettori vedute che essi non avrebberopotuto scoprire da sé. È eloquente il fatto che Liangaspirasse a fornire ai cittadini quelle informazioni dicui essi avevano bisogno per essere liberi e autonomi,cioè precisamente quello che Kovach e Rosenstielaffermano essere il primo scopo del giornalismo.

“Chi fa giornalismo deve mantenere l’indipendenzadelle sue pubblicazioni”. Liang dichiarò una volta:“Com’è grande il potere della stampa. E com’è gravosala sua responsabilità!”. Perciò Liang riteneva che lalibertà di coscienza, la libertà di espressione e la libertàdi stampa fossero la matrice di ogni civiltà. Fu speditoin esilio in Giappone dato che durante la Riforma WuXu si dimostrò assai critico nei confronti della dinastiaQing. Non si lasciò però distogliere dallo scriverenuovi articoli e saggi sui cambiamenti politici che rite-neva necessari alla Cina. Resistette alle pressioni politi-che e tenne pur sempre testa alla dinastia Qing, poichépreferí l’esilio a che gli fosse sottratta la libertà lettera-ria e politica. Grazie all’esilio Liang restò indipendentedal governo dei Qing, su cui spesso prendeva posi-zione. Proprio questa indipendenza da coloro cheavrebbero desiderato poterlo reprimere – come la ziadell’imperatore Cixi – gli permise di esprimere libera-mente le proprie idee e vedute sulla situazione politicadella Cina.

Il giornale New Citizen (Xinmin Congbao). Liangpubblicò un giornale di nome New Citizen (XinminCongbao), che usciva ogni due settimane ed era molto

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letto. Fu stampato per la prima volta a Yokohama(Giappone) il giorno 8 febbraio 1902. Ospitava moltee diverse tematiche, come politica, religione, leggi,economia, affari, geografia, questioni attuali e que-stioni internazionali. Su questo giornale Liang coniònumerosi equivalenti cinesi di espressioni o teorie“mai ascoltate prima” in Cina, e adoperò la rivista perfar giungere l’opinione del popolo anche ai lettori piúlontani. Egli sperava che New Citizen, attraverso infor-mazioni, analisi e saggi, potesse inaugurare una nuovaera nella storia della stampa cinese. Un anno dopoLiang e i suoi collaboratori videro un mutamento nellaindustria dei giornali e osservarono che “dall’inaugu-razione del nostro giornale lo scorso anno sono apparsiquasi dieci distinti giornali con lo stesso stile e design”.Come caporedattore del New Citizen Liang potè dif-fondere i suoi scritti. Il giornale venne pubblicatosenza problemi per cinque anni. Cessò solo nel 1907dopo novantasei numeri. In quel momento si calcolache avesse un pubblico di duecentomila lettori.

Il ruolo della stampa. Essendo uno fra i pionieri delgiornalismo cinese del suo tempo Liang credeva nellaforza e nel potere dei giornali, soprattutto nel loroinflusso sulla politica governativa.

L’uso della stampa per comunicare idee politiche.Liang percepí l’importanza del ruolo sociale del gior-nalismo e sviluppò prima del “Movimento del quattromaggio” (noto anche come “Movimento nuova cul-tura”) l’idea di uno stretto rapporto fra politica e gior-nalismo. Riteneva che giornali e riviste dovessero ser-

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vire come strumento necessario ed efficace per diffon-dere le idee politiche. Era inoltre dell’opinione che igiornali non dovessero soltanto fungere da meri reso-conti della storia, ma potessero anche contribuire aconfigurare il corso della storia stessa.

Stampa come arma della rivoluzione. In pari tempoLiang pensava che la stampa fosse un’arma efficace inservizio attivo nel quadro dell’insurrezione nazionale.Secondo le sue espressioni il giornale è “una rivolu-zione d’inchiostro, non una rivoluzione di sangue”.Scrisse inoltre che “la stampa consiglia al governo lasua strada come il padre o il fratello maggiore fannoper il figlio o il fratello minore; gli insegna anche sequesti non capisce, e lo rimprovera se fa qualcosa disbagliato”. La sua iniziativa volta a unificare e domi-nare un mercato della stampa in rapida ascesa e alta-mente concorrenziale ha indubbiamente dato il tonoanche per la prima generazione di storici del giornali-smo del “Movimento del quattro maggio”.

Il giornale come programma educativo. Liang avevacoscienza che il giornale poteva servire come un “pro-gramma di educazione”, e in questo senso egli dicevadi “raccogliere tutti i pensieri e le espressioni dellanazione e di presentarli sistematicamente ai cittadini,non importa se fossero importanti o meno, precisi omeno, radicali o meno. Perciò la stampa poteva conte-nere, respingere, produrre ma anche distruggeretutto”. Per esempio, durante la sua fase piú radicalescrisse un saggio assai noto dal titolo La giovane Cinae lo pubblicò sulla sua rivista Qing Yi Bao il 2 febbraio

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1900. Con questo scritto venne stabilito il concetto distato unitario; in esso venne argomentato che i giovanirivoluzionari erano le basi del futuro della Cina. Fuuno scritto che ebbe un grande influsso sulla culturapolitica cinese nella “Rivoluzione del quattro maggio”dell’anno 1920.

Stampa instabile. Liang pensava che la stampa deltempo fosse segnata da notevole instabilità, e ciò nonsoltanto a causa della mancanza di risorse finanziarie edi convenzionali pregiudizi sociali, ma anche a causadell’atmosfera nella società, che non favoriva l’acquisi-zione di nuovi lettori; inoltre c’erano troppo pochestrade e autostrade, e questo rendeva ancor piú diffi-cile la consegna dei giornali. Liang osservò che il gior-nale in uso in quel tempo non era altro che una massainerte di materie prime, e che questo tipo di giornalinon avrebbe esercitato il minimo influsso sullanazione, cosa che egli criticò vivacemente.

Carriera letteraria. Liang non era soltanto un dottoconfuciano tradizionale, ma anche un riformatore.Contribuí alle riforme nella fase tarda della dinastiaQing, in quanto cercò di interpretare idee non-cinesisulla storia e sul governo dello stato in modo da sti-molare le coscienze cinesi dei cittadini e costruire unanuova Cina. Nei suoi scritti argomentò perciò che laCina doveva certamente custodire gli antichi insegna-menti di Confucio, ma doveva anche imparare dai suc-cessi della vita politica occidentale e non soltantoimportare semplicemente tecnologie occidentali.Venne visto per questo come apripista di frizioni poli-

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tiche. Liang diede forma all’idea di democrazia in Cinae adoperò i suoi scritti come medium per unire imetodi scientifici occidentali con gli studi storici tradi-zionali. Il suo lavoro venne fortemente influenzatodallo studioso politico giapponese Kato Hiroyuki(1836-1916), che utilizzò i metodi del darwinismosociale per promuovere nella società giapponese l’i-deologia statista. Liang si distinse per molti dei suoilavori e la sua influenza ha raggiunto anche i naziona-listi coreani nel 1900.

1911-1927. Politico e uomo di cultura. Con i propriscritti Liang Qichao ha non poco contribuito al fattoche si siano diffuse in Cina idee come quelle di sovra-nità popolare (minquan) o di nazione (minzu). Eglistesso ha formato a queste idee la generazione dei rivo-luzionari. Quando infine la rivoluzione scoppiò, egli siatteggiò all’inizio scetticamente nei suoi confronti, masi adattò rapidamente alla nuova situazione. Per viadella sua grande reputazione diversi gruppi cercaronodi ottenere il suo appoggio. Liang stesso fondò diversipartiti, ma si lasciò anche tirare dalla parte di YuanShikai, cosa che secondo Meng Qiangcai, il suo bio-grafo cinese continentale, fece di lui una “donna di ser-vizio”. Liang si riprometteva di ottenere da Yuan una“dittatura illuminata” (kaiming zhuanzhi), che avrebbedovuto attuare una modernizzazione della Cina.Tuttavia Yuan Shikai non nutriva alcun interesse pri-mario in questa direzione, ma aspirava a farsi impera-tore (per ironia con il motto di governo: “Hongxian”,cioè sublime costituzione). Allorché Liang capí come

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andavano le cose, ritirò subito il suo appoggio e operòda allora a favore degli oppositori repubblicani nellaCina meridionale. La morte di Yuan Shikai pose finealla cosa, ma fu contemporaneamente il segnale d’ini-zio del periodo dei signori della guerra, che ripartironola Cina in diverse zone di influenza, in cui facevano ilbello e il cattivo tempo. Liang rinunciò alla politica,ma si impegnò per una dichiarazione di guerra all’im-pero tedesco e perciò per l’ingresso della Cina nellaprima guerra mondiale, cosa che gli riuscí nel 1917. Aquesto erano legate in Cina grandi speranze di poterfar abolire almeno alcuni dei “contratti ineguali”. Lepotenze occidentali avevano in verità già stretto pattisegreti con il Giappone, nei quali trasmettevano a que-st’ultimo i privilegi tedeschi di allora (inQingdao/Tsingtao e nella provincia di Shandong).Con un telegramma, in cui comunicò questa notiziaalla Cina, Liang contribuí all’esplosione del “Movi-mento del quattro maggio”. Il telegramma venne resopubblico, e questo mise in moto la protesta studen-tesca.

Viaggio in Europa 1919-1920. Come delegato non-ufficiale Liang prese parte alle trattative di pace aVersailles. Lí prese coscienza di come di regola si mer-canteggiasse riguardo a paesi e a persone. Nelle sueImpressioni di viaggio in Europa, pubblicato dopo ilsuo ritorno nel 1920, disegna un ritratto deprimentedell’Europa e si pronuncia al tempo stesso per unafusione consapevole di etica orientale personalizzata edi scienza e rigore occidentali. Qui egli presenta in una

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veste modernamente accattivante le antiche idee delclassico confuciano Daxue (Grande insegnamento).Dopo il suo ritorno dall’Europa Liang si dedicò quasiesclusivamente a impegni accademici. Insegnò tra l’al-tro nell’università Nankai a Tianjin.

1923. Scienza e metafisica. L’ultima volta in cuiLiang Qichao intervenne in un dibattito di attualità fuin quello su Scienza e metafisica (kexue yu xuanxue) del1923. La discussione era stata impostata da due suoiscolari, che avevano fatto con lui il viaggio in Europatre anni prima: Zhang Junmai (alias Zhang Jiasen, aliasCarsun Chang, 1887-1969) e Deng Wenjiang. Si trat-tava della questione: in che misura e, in generale, se lascienza poteva essere una visione della vita. Liang siconsiderò come “neutrale”, e a entrambi i contendentiprincipali rimproverò di non aver argomentato inmaniera sufficientemente precisa; alla fine difese peròl’idea che la vita è certamente assai determinata dallascienza, ma che quest’ultima può spiegare soltanto gliaspetti razionali dell’essere, non gli irrazionali, comead esempio l’amore. “Dove la vita è soggetta agliaspetti della ragione (lizhi), si può spiegarla conmetodi scientifici. Per quanto riguarda il lato emozio-nale, la vita va invece assolutamente al di là dellascienza”, scrive nel suo contributo Visione della vita escienza (Renshengguan yu kexue).

La morte. A causa di una malattia renale gli ultimianni di Liang non furono piacevoli. Tra il 1926 e il1928 fu costretto a entrare piú volte in ospedale. Nel1927 dovette accompagnare per l’ultimo viaggio Kang

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Youwei, da cui da molto tempo si era separato spiri-tualmente, ma che considerava sempre il suo maestro.Il 29 gennaio 1929 Liang morí all’Union MedicalCollege Hospital (Xiehe Yiyuan) di Pechino.

Idee sulla storiografia. I pensieri di Liang Qichaosulla storiografia rappresentano l’inizio della storiogra-fia cinese moderna e ne spiegano alcune tendenzesignificative nel 20° secolo. L’errore fondamentale dei“vecchi storici” consisteva secondo Liang nel fatto chein loro mancava la promozione di quella coscienzanazionale necessaria per formare una nazione forte emoderna. Il suo appello per una nuova storia andavatuttavia al di là della richiesta di un nuovo orienta-mento degli studi storici; puntava infatti anche sullacrescita di una moderna coscienza storica presso gliintellettuali cinesi. Anche il popolo, nonostante lotte edivisioni partitiche, cominciò a formarsi una propriaopinione, che Liang riassunse in due tesi centrali: 1)“Nessuno che non sia cinese ha il diritto di immi-schiarsi nelle questioni cinesi”, 2) “Ognuno che siacinese ha il diritto di immischiarsi nelle questionicinesi”. Spiegò poi che la prima proposizione esprimelo spirito dello stato nazionale, la seconda lo spiritodella repubblica. Durante il periodo di rivalità con ilGiappone nella guerra cino-giapponese (1894-1895)Liang partecipò a proteste a Pechino, che spingevanoper aumentare la partecipazione popolare all’eserciziodel potere. Questa protesta fu la prima del suo generenella storia cinese. Inoltre la rivoluzione storiograficaintrodotta da Liang Qichao all’inizio del ventesimo

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secolo evidenziò che il modo di vedere la tradizioneandava mutando. Frustrato dal fallimento delle sueriforme Liang si rivolse a una riforma culturale. Nel1902, allorché era in esilio in Giappone, scrisse NewHistory e iniziò ad attaccare la storiografia tradizio-nale.

Traduttore. Liang era alla testa di un ufficio di tra-duzioni, e sovraintese alla formazione di studenti cheimparavano a tradurre lavori occidentali in cinese.Credeva che questo “compito fosse il piú essenziale adisposizione per la realizzazione di tutte le iniziativeessenziali”, dato che era dell’opinione che gli occiden-tali avessero avuto notevoli successi, tanto sotto il pro-filo politico, quanto tecnologico ed economico.

Lavori filosofici. Dopo essersi messo in salvo daPechino e dai rastrellamenti governativi contro coloroche protestavano contro i Qing, Liang studiò le operedi filosofi occidentali dell’età dell’illuminismo, comeHobbes, Rousseau, Locke, Hume e Bentham. Ne tra-dusse i testi e vi aggiunse le sue proprie interpreta-zioni. I suoi scritti vennero pubblicati su un grannumero di organi di stampa, ed era evidente un inte-resse fra gli intellettuali cinesi, che in questo modovennero riportati al tempo dello smembramento delgrande impero cinese per mano di potenze straniere.

Teorie sociali e politiche occidentali. All’inizio del20° secolo Liang giocò un ruolo significativo nelperiodo dell’introduzione di teorie sociali ed economi-che occidentali in Corea, come il darwinismo sociale eil diritto internazionale. Nel suo assai noto manifesto

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New People Liang scrisse: “La libertà significa libertàdel gruppo, non libertà del singolo. (...) Gli uomininon devono essere schiavi di altri uomini, ma devonoessere schiavi del proprio gruppo. Se non sono schiavidel loro gruppo diventeranno schiavi di un altro”.

Poeta e romanziere. Liang sostenne la riforma inentrambi i generi letterari della poesia e del romanzo.I Collected Works of Yinbingshi (Opere complete diYinbingshi) sono opere letterarie altamente rappresen-tative, raccolte ed elaborate in 148 volumi. Ebbe l’ideadi intitolare il lavoro Collected Works of Yinbingshi dauna sentenza in un passo del filosofo Zhuangzi:“Benchè soffra cruccio e freddezza a motivo del miocoinvolgimento in politica, il mio cuore è ancor caldo,e pieno d’ardore a proseguire il lavoro”. Come risul-tato Liang denominò il luogo in cui lavoravaYinbingshi, e si presentò come Yinbingshi Zhuren,che letteralmente è da intendersi come: “il padronedella camera del Yinbing [bevitore di ghiaccio]”. In talmodo palesava la sua idea, che egli si accalorava sí sututte le questioni politiche, ma al tempo stesso, o pro-prio per questo, faceva del suo meglio per riformare lasocietà attraverso la fatica dello scrivere. Inoltre scrisseanche opere di fantasia come Fuggendo in Giapponedopo la caduta della “Riforma dei cento giorni” (1898)oppure Sul rapporto fra finzione e governo degli uomini(1902). Questi romanzi sottolineano la modernitàdell’Occidente ed esortano a riforme.

Docente. Nei tardi Anni Venti Liang si ritirò dallapolitica e dall’insegnamento nella università Tung-nan

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di Shanghai e da tutore del Tsinghua ResearchInstitute a Pechino. Fondò Jiangxue She (ChineseLecture Association) e portò in Cina oltre a Driesch eTagore molti uomini di cultura. Dal punto di vistaaccademico fu un celebre uomo di cultura del suotempo, che introdusse lo studio e le ideologie occiden-tali, ma condusse anche ricerche particolareggiate sullacultura cinese antica. Negli ultimi decenni della suavita scrisse anche molti libri che documentano la storiaculturale, la storia letteraria e la storiografia cinesi.Nutrí inoltre un forte interesse per il buddismo, escrisse numerosi articoli storici e politici in cui è avver-tibile l’influsso buddista. Allargando progressivamentela raccolta dei propri saggi egli influenzò anche gli stu-denti nella creazione di propri lavori letterari. Fra glistudenti di Liang vi furono Xu Zhimo, un celebrepoeta moderno, e Wang Li, dotto poeta e fondatoredella linguistica cinese come ramo scientifico e ambitodi insegnamento moderni.

Alcune pubblicazioni di Liang Qichao. Introduction to the Learning of the Qing Dynasty

(1920); The Learning of Mohism (1921); ChineseAcademic History of the Recent 300 Years (1924);History of Chinese Culture (1927); The Construction ofNew China; The Philosophy of Laozi; The History ofBuddhism in China; Collected Works of Yinbingshi,Zhong Hwa Book Co, Shanghai 1936; Collected Worksof Yinbingshi, Zhong Hwa Book Co, Beijing 2003, 4°ed. (ISBN 7-101-00475-X); Raccolte di saggi. Dal libro

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I al libro V: edizioni originali: lib. I: vol. 1-9; lib. II: vol.10-19; lib. III: vol. 20-26; lib. IV: vol. 27-37; lib. V: vol.38-45; Raccolte monografiche. Dal libro VI al libro XII:lib. VI: vol. 1-21; lib. VII: vol. 22-29; lib. VIII: vol. 30-45; lib. IX: vol. 46-72; lib. X: vol. 73-87; lib. XI: vol 88-95; lib. XII: vol. 96-104.

Edizioni complete/Opere complete: Yinbingshiheji/zhuanji [Opere complete dalla camera del bevitoredi ghiaccio], 40 voll., Zhonghua Shuju, Shanghai 1932;Yinbingshi wenji [Opere complete dalla camera delbevitore di ghiaccio], 2 voll., Xinxing Shuju, Tabei1955; Yinbingshi wenji liebian [Opere complete dallacamera del bevitore di ghiaccio, cronologicamente ordi-nate], Huazheng Shuju, Tabei 1974; Liang Qichaoxuanji [Opere scelte di Liang Qichao] , cur. Li Huaxinge Wu Jiaxun, Renmin Chubanshe, Shanghai 1984;Liang Qichao quanji [Scritti completi di Liang Qichao],cur. Zhan Dainian, Dai Tu, Wang Daocheng, ZhuShuxin e Tao Xincheng, 10 voll., Beijing Chubanshe,Beijing 1983; Yichou chonghian Yinbingshi wenji[Opere complete dalla camera del bevitore di ghiaccio],rielaborate nell’anno Yichou [1925], cur. e riv. da WuSong (e altri), 6 voll., Yunnan Jiaoyu Chubanshe,Kunming 2001.

Nianpu [Cronache]: Liang Qichao nianpu chang-bian [Cronaca di Liang Qichao], cur. Ding Wenjiang eZhao Fengtian, Renmin Chubanshe, Shanghai 1983.

Opere singole in nuova edizione: Zhongguo jin san-bai nian xueshushi [Storia scientifica della Cina negliultimi 300 anni], Tianjin Guji Chubanshe, Tianjin

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2003; Qingdai xueshu gailun/Rujia zhexue [Profilogenerale della scienza durante l’epoca Qing/La filosofiaconfuciana] Tianjing Guji Chubanshe, Tianjing 2003.

Letteratura secondaria. Chang, Hao, Liang Ch’i-Ch’ao and intellectual

transition in China. 1890-1907, Oxford UniversityPress, London 1971; Chen, Chun-chi, Politics and thenovel: a study of Liang Ch’i-Ch’ao’s future of NewChina and his news on fiction, UMI dissertation ser-vice, Ann Arbor 1998; d’Elia, Pascal M., SJ, Un maîtrede la Jeune China: Liang K’i-tch’ao, in “T’oung Pao”,vol. XVIII, pp. 247-294; Huang, Philip C., Liang Ch’i-ch’ao and Modern Chinese Liberalism, Publications onAsia of the Institute of Comparative and Foreign AreaStudies, Nr. 22, University of Washington Press,Seattle (Wash.)-London 1972; Jiang, Guangxue, LiangQichao he Zhongguo gudai xueshu de zhongjie [LiangQichao e la fine della vecchia erudizione cinese], JiangsuJiaoyu Chubanshe, Nanjing 2001; Kovach,Bill/Rosenstiel, Tom, The Elements of Journalism,Random House, New York 2001; Levenson, Joseph,Liang Ch’i-Ch’ao and the Mind of Modern China,University of California Press, Los Angeles 1970; Li,Xisuo/Yuan, Qing, Liang Qichao zhuan [Biografia diLiang Qichao],, Renming Chubanshe, Beijing 1995; Li,Xisuo e altri (cur.), Liang Qichao yu jindai Zhongguoshehui wenhua [Liang Qichao e la cultura sociale cinesemoderna], Tianjin Guji Chubanshe, Tianjin 2005;Machetzki, Rüdiger, Liang Ch’i-ch’ao und die Einflüsse

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deutscher Staatslehren auf den monarchischenReformnationalismus in China, Diss. UniversitätHamburg, Hamburg 1973; Meng, Xiangcai, LiangQichao zhuan [Biografia di Liang Qichao] BeijingChubanshe, Beijing 1980; Metzger, Gilbert, LiangQichao, China and der Westen nach dem ErstenWeltkrieg, Lit., Münster 2006; Shin, Tim Sung Wook,The concepts of state (kuo-chia) and people (min) in thelate Ch’ing, 1890-1907: the Case of Liang Ch’i Ch’ao,T’an S’su-t’ung and Huang Tsun-Hsien, UniversityMicrofilms International, Ann Arbor 1986; Tang,Xiaobing, Global space and the Nationalist Discourse ofModernity. The Historical Thinking of Liang Qichao,Standford University Press, Standford 1996; Wang,Xunmin, Liang Qichao zhuan [Biografia di LiangQichao], Tuanjie Chubanshe, Beijing 1998; Wu,Qichang, Liang Qichao zhuan [Biografia di LiangQichao], Tuanjie Chubanshe, Beijing 2004; Xiao,Xiaoxui, China encounters Western ideas (1895-1905):a rethorical analysis of Yan Fu, Tan Sitong and LiangQichao, UMI dissertation services, Ann Arbor 1992;Zhang, Pengyuan, Liang Qichao yu Qingji geming(Liang Ch’i-ch’ao and the Late Ch’ing Revolution),Institute of Modern History Academia SinicaMonograph Series, Nr. 11, 3° ed., Institute of ModernHistory Academia Sinica, Taibei 1982; Zheng,Kuangmin, Liang Qichao qimeng sixiang de dongxuebeijing [Il retroterra orientale del pensiero illuminista diLiang Qichao], Shanghai Shudian, Shanghai 2003.

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1 William Burr (cur.), The Kissinger Transcripts. The Top SecretTalks with Beijing and Moscow, The New Press, New York 1998,pp. 93-101. © 1998 by The New Press. Estratti dal testo inglese,tradotti e riprodotti per cortese autorizzazione.

APPENDICE 2

Henry Kissinger incontra Mao Tse-tung17 febbraio 19731

Verbale del colloquio, con l'annotazione: segretis-simo, informazione delicata, documento disponibilesoltanto per visione.

Partecipanti: Mao Tse-tung, presidente dell'Ufficiopolitico del Partito comunista cinese; Chou En-lai,Primo ministro; Wang Hai-rong, ministro degli esterifacente funzione; Tang Wen-shen, interprete; ShenZuo-yun, interprete; Dr. Henry A. Kissinger, consi-gliere per la sicurezza del Presidente degli Stati Unitid'America; Winston Lord, membro del Consiglio disicurezza nazionale degli Stati Uniti d'America.

Data e orario: sabato, 17 febbraio 1973, ore 22.30-domenica, 18 febbraio 1973, ore 01.20.

Luogo: Zhungnanhai, residenza a Pechino del pre-sidente Mao nella Repubblica popolare cinese.

Fonte: National Archives, Record Group 59,Department of State Records, Policy Planning Staff(Director's files), 1969-1977.

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***

Presidente Mao: Il commercio fra i nostri due paesiè al momento abbastanza misero. Cresce lentamente.Lei sa che la Cina è un paese molto povero. Nonabbiamo molto. Ciò che abbiamo in abbondanza sonole donne. (Risa)

Kissinger: Per questo non esistono né quote nédogane.

Mao: Possiamo darvene, se ne volete qualcuna,anche qualche decina di migliaia. (Risa)

Primo ministro Chou: Naturalmente su base volon-taria.

Mao: Ve le facciamo arrivare. Porteranno disgrazia.Cosí potrete far diminuire i nostri problemi.

Kissinger: Il nostro interesse al commercio con laCina non è di tipo commerciale. Si tratta di costruirequei rapporti che sono necessari per le relazioni politi-che fra noi.

Mao: È vero.Kissinger: È in questo spirito che portiamo avanti le

nostre discussioni.Mao: Ho avuto una volta una discussione con un'a-

mico straniero (Le interpreti si consigliano con il presi-dente Mao). Gli dicevo che dobbiamo tirare una lineaorizzontale: USA-Giappone-Pakistan-Iran-(il presi-dente Mao tossisce fortemente)-Turchia-Europa.

Kissinger: Abbiamo idee del tutto simili. Avrà lettosui giornali che il signor Helms è stato spostato in Iran,e sui giornali sono apparse un sacco di speculazioni su

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come questo fatto poteva toccare la mia posizione. Inverità abbiamo mandato Helms in Iran per occuparsidella Turchia, dell'Iran, del Pakistan e del GolfoPersico per via delle esperienze accumulate nel suoincarico precedente: avevamo bisogno in quel posto diuna persona affidabile, che capisse le complicate fac-cende da risolvere. (Il presidente Mao accende di nuovoil suo sigaro.) Gli daremo pieni poteri per potersi occu-pare di tutti questi paesi, anche se non lo faremo pub-blicamente.

Mao: Per quanto riguarda queste cose, noncapiamo molto delle faccende degli Stati Uniti. Ci sonomolte cose che non capiamo. Ad esempio le vostrequestioni di politica interna. Non le capiamo. Anche inpolitica estera ci sono molte cose che non capiamo.Forse potremo imparare da Lei qualcosa su questo neiprossimi quattro anni.

Kissinger: Ho già detto al primo ministro che Lei haun modo di procedere piú diretto, forse anche piúeroico del nostro. Talvolta dobbiamo scegliere vie piúcomplicate a causa della nostra situazione politicainterna. (Il presidente Mao si informa a proposito dellatraduzione, e la signora Tang ripete: “modo di proce-dere”.) Quanto ai nostri fini principali agiremo inmodo molto deciso, senza riguardo per l’opinionepubblica. Se perciò emerge un pericolo reale o ven-gono in gioco pretese egemoniche, noi ci opporremoovunque si presentino. E come già disse il nostro pre-sidente al signor presidente: nel nostro interesse, e nonper cortesia nei confronti di chicchessia.

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Mao (ride): Queste sono parole sincere.Kissinger: È la nostra posizione.Mao: Le volete allora le nostre donne cinesi?

Possiamo darvene dieci milioni (Risa, soprattutto fra lesignore).

Kissinger: Il signor presidente aumenta la suaofferta.

Mao: Cosí possiamo invadere di disgrazie il vostropaese e perciò danneggiare i vostri interessi. Abbiamotroppe donne nel nostro Paese, ed esse hanno le lorostranezze. Mettono al mondo figli, e ne abbiamotroppi (Risa).

Kissinger: È una proposta totalmente nuova.Dovremo verificarla.

Mao: Potete fondare un comitato e verificare lacosa. In tal modo la Sua visita risolve il problemademografico (Risa).

Kissinger: Verificheremo impiego e sistemazione.Mao: Se dicessimo loro di andare, lo farebbero.Chou: Non necessariamente.Mao: Dipende dalla loro mentalità feudale.

Sciovinismo da grande potenza.Kissinger: Noi saremmo certamente pronti ad acco-

glierle.Mao: I cinesi escludono facilmente gli stranieri.

Prendiamo il Suo paese: Voi potete lasciar entrare cosítante nazionalità! Ma quanti stranieri ci sono in Cina?

Chou: Molto pochi.Kissinger: Molto pochi.Mao: Negli Stati Uniti avete circa 600.000 cinesi.

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Probabilmente qui noi non abbiamo nemmeno ses-santa americani. Mi piacerebbe studiare il problema.Non so perché avviene così.

La signora Tang: La moglie del signor Lord è cinese. Mao: Davvero? Lord: Sí. Mao: Mi sono occupato della cosa. Non so perché

ai cinesi non piacciono gli stranieri. Non abbiamoindiani qui, credo. Anche di giapponesi ce ne sonopochi. Confrontati con gli altri sono certo molti, alcunisi sono sposati e si sono stabiliti qui.

Kissinger: Naturalmente le Vostre esperienze congli stranieri non sono sempre state positive.

Mao: È cosí, forse dipende in parte da questo. Sí,negli ultimi cento anni sono state soprattutto le ottopotenze, e poi il Giappone, durante la rivolta deiBoxer. Il Giappone ha tenuto occupata per tredici annila Cina. Occupavano la maggior parte della Cina. Lepotenze alleate, e gli stranieri che si sono introdottiqui, hanno non soltanto occupato territorio cinese, mavolevano anche che la Cina pagasse indennizzi.

Kissinger: Sí, e i diritti extraterritoriali.Mao: Quanto ai nostri rapporti con il Giappone,

non abbiamo chiesto risarcimenti, questo avrebbeancor piú aumentato il peso sulla popolazione.Sarebbe stato difficile calcolare l’insieme dei danni.Nessun contabile l’avrebbe potuto. D’altronde solocosí potevamo arrivare dall’inimicizia a costruire rela-zioni piú distese fra i nostri popoli. È piú difficile rego-lare ostilità fra giapponesi e cinesi che tra noi e voi.

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Kissinger: È vero. Gli americani non nutrono nes-sun sentimento ostile verso i cinesi. Al contrario: fra dinoi c’è propriamente soltanto un problema giuridico(il presidente Mao annuisce), che risolveremo nei pros-simi anni. Ma esiste una forte comunanza di interessi,che può operare da subito.

Mao: Cioè?Kissinger: Fra la Cina e gli Stati Uniti.Mao: Che cosa intende per comunanza di interessi?

Si riferisce a Taiwan?Kissinger: Mi riferisco ad altri paesi, che potrebbero

avere determinate mire.Chou: Pensa all’Unione Sovietica?Kissinger: Penso all’Unione Sovietica.Chou: La signora Shen l’ha capita.Mao: (guarda verso la signora Shen) I cinesi cono-

scono bene l’inglese. (A Chou) Chi è?Chou: La signora Shen Zuo-yun.Mao: Signorina! (Chou ride). Oggi ho detto una

cosa stupida, di cui mi devo scusare con le donnecinesi.

Kissinger: Suonava molto attraente per gli ameri-cani presenti (Il presidente Mao e le signorine ridono).

Mao: Se apriamo nel Suo Paese un ufficio di rela-zioni volete allora la signora Shen o la signora Tang?

Kissinger: Sistemeremo la cosa con Huang Hua.(Risa)

Mao: Abbiamo davvero troppo pochi interpreti.Kissinger: Però gli interpreti con cui abbiamo avuto

a che fare hanno fatto il loro lavoro egregiamente.

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Mao: Gli interpreti che avete incontrato e i nostriqui che svolgono la maggior parte del lavoro, sonoadesso sui venticinque o trent’anni. Se diventanotroppo vecchi il loro lavoro di traduttori non è più cosíbuono.

Chou: Dovremmo mandarli all’estero.Mao: Manderemo ragazzi di questa altezza (accenna

all’altezza con la mano), non troppo vecchi.Kissinger: Saremmo disponibili a istituire pro-

grammi di scambio, e potreste inviare studenti inAmerica.

Mao: E se fra cento ve ne fossero venti che impa-rano bene la lingua, sarebbe un bel successo. E se vene fossero di sopra i trent’anni e cinesi, e questi venis-sero eliminati, ciò risolverebbe per noi il problema.Perché le persone anziane come me non riescono aimparare il cinese. Leggiamo in cinese. La maggiorparte dei miei libri sono in cinese. Ci sono troppopochi vocabolari oltre confine. Sono in cinese tutti glialtri libri.

Kissinger: Il signor presidente sta adesso imparandol’inglese?

Mao: Ho sentito che attualmente starei imparandola lingua. Sono dicerie che vengono da fuori. Non netengo nessun conto. Sono falsità. Conosco alcuneparole inglesi. Ma non conosco la grammatica.

La signora Tang: Il signor presidente ha inventatoun termine inglese.

Mao: Sí, ho inventato l’espressione inglese ‘papertiger’ [tigre di carta].

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Kissinger: ‘Paper tiger’ – sí, questo si riferiva chia-ramente a noi. (Risa)

Mao: Ma Lei è un tedesco di Germania. La SuaGermania ha avuto però un destino crudele, sconfittacom’è stata in due guerre mondiali.

Kissinger: Ha voluto troppo, e questo superava lesue capacità e risorse.

Mao: È vero, e dissipò le sue forze in guerra. Adesempio nell’attacco all’Unione Sovietica. Se volevaattaccare, doveva farlo in un solo punto, invece divi-sero le loro truppe su tre direzioni. Cominciò in giu-gno, ma poi non riuscirono a farcela in inverno perchéfaceva troppo freddo. Da cosa dipende che gli europeihanno cosí paura del freddo?

Kissinger: I tedeschi non erano preparati a unaguerra lunga. Di fatto hanno mobilitato tutte le loroforze soltanto dal 1943. Concordo con il signor presi-dente che se si fossero concentrati su un solo fronte,avrebbero quasi sicuramente vinto. Distavano soltantodieci chilometri da Mosca, benché avessero frazionatole proprie forze. (Il presidente Mao si riaccende ilsigaro.)

Mao: Non avrebbero dovuto attaccare Mosca oKiew. Per prima cosa avrebbero dovuto prendereLeningrado. Un altro errore politico è stato che dopoDunkerque non attraversarono.

Kissinger: Dopo Dunkerque Mao: Erano completamente impreparati.Kissinger: E Hitler era un romantico. Aveva una

strana predilezione per l’Inghilterra.

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Mao: Davvero? E allora perché non ci sono andati?In quel momento i Britannici erano completamentesenza truppe.

Kissinger: Se ce l’avessero fatta ad attraversare ilCanale verso la Gran Bretagna. Credo che in tuttal’Inghilterra ci fosse una sola divisione.

Chou: È vero?Kissinger: Sí.Chou: Anche sir Anthony Eden ci raccontava allora

in Germania che un ministro del governo Churchillavrebbe detto che se Hitler avesse attraversato allora ilCanale non avevano forze armate. Avevano ritiratotutte le loro forze. Churchill non aveva armi allorché itedeschi si preparavano ad attraversare la Manica. Erasolo nella condizione di poter organizzare forze dipolizia per difendere la costa.

Kissinger: Questa dimostra anche dove può arrivareun uomo coraggioso. Churchill con la sua personalitàcreò assai piú forza di quanta allora effettivamenteavessero.

Mao: Non riuscirono effettivamente a imporsiallora.

Chou: Dunque Hitler avrebbe nutrito sentimentiromantici per la Gran Bretagna?

Kissinger: Io trovo che fosse un infame, ma effetti-vamente aveva delle aspettative nei confronti dellaGran Bretagna.

Mao: Hitler veniva dalla zona del Reno?Kissinger: Dall’Austria.Chou: Era soldato nella prima guerra mondiale.

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Kissinger: Era nell’esercito tedesco, ma provenivadall’Austria.

Chou: Dalla zona danubiana. Kissinger: Portava avanti la sua strategia in modo

artistico, meno strategico. Agiva secondo la sua ispira-zione. Non aveva un piano globale.

Mao: Ma perché le forze armate tedesche lo hannoascoltato cosí tanto?

Kissinger: Forse perché da qualche parte i tedeschisono gente romantica, e perché deve aver avuto unapersonalità molto forte.

Mao: Fondamentalmente perché la nazione tede-sca è stata umiliata durante la prima guerra mon-diale.

Kissinger: Sí, questo è stato un fattore molto impor-tante

Mao: Se ci fossero dei russi che avessero l’intenzionedi attaccare la Cina, Le posso assicurare che la nostramaniera di condurre la guerra sarebbe la guerra diguerriglia, e sarebbe una guerra lunga e complicata. Lilasceremmo andare dove vogliono. (Chou ride.) Sevolessero arrivare agli affluenti del Fiume Giallosarebbe bene, molto bene. (Risa.) E non sarebbe nean-che male se volessero risalire gli affluenti.

Kissinger: Ma se usassero bombe e non mandas-sero esercito? (Risa)

Mao: Che cosa dovremmo fare? Forse potreste for-mare una commissione per studiare il problema. Lilasceremmo bastonarci, ma perderebbero moltimezzi. Lei dice che sono socialisti. Anche noi siamo

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socialisti, e questo significherebbe che dei socialistiattaccano dei socialisti.

Kissinger: Se attaccassero la Cina, ci opporremmoa loro per nostre ragioni.

Mao: Ma il Suo popolo non ha coscienza di questo,e l’Europa e voi pensereste che sia una buona cosa sel’acqua cattiva scorre verso la Cina.

Kissinger: Su ciò che pensa l’Europa non mi per-metto nessun giudizio. Inoltre non possono fare tutto.In fondo sono insignificanti. (A questo punto il presi-dente Mao fa con il tè un brindisi al dottor Kissinger eal signor Lord.) Ciò che pensiamo è che se l’UnioneSovietica sopraffà la Cina, questo scuoterebbe la sicu-rezza di tutti gli altri paesi e condurrebbe al nostroisolamento.

Mao: Ma come dovrebbe avvenire? Come potrebbeessere? È perché avete avuto cosí tante difficoltàquando siete rimasti incagliati in Vietnam. Credete chesi sentirebbero bene se fossero loro a restare incagliatiin Cina?

Kissinger: L’Unione Sovietica?Signora Tang: L’Unione Sovietica.Mao: E allora, voi pensate, si può farli affondare in

Cina, sei mesi, un anno, due, tre, quattro anni. Poipotreste far loro la lezione. La vostra parola d’ordinesarebbe “per la pace”, direste che voi a causa dellapace dovete vincere l’imperialismo socialista. E forsepotete addirittura aiutarli, dicendo loro: Ciò di cuiavete bisogno, lo otterrete da noi contro la Cina.

Kissinger: Signor presidente, è importantissimo

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che noi comprendiamo i motivi dell’altro. Non parte-ciperemmo mai intenzionalmente a un attacco allaCina.

Mao (interrompe): No, cosí non è. La vostra inten-zione sarebbe allora di vincere l’Unione Sovietica.

Kissinger: Questa è una cosa molto pericolosa.(Risa)

Mao (gesticolando con entrambe la mani): Lo scopodell’Unione sovietica è di occupare sia l’Europa chel’Asia, tutti e due i continenti.

Kissinger: Vogliamo trattenerli da un attacco, nonstroncarlo. Vogliamo impedirlo (Chou guarda l’orolo-gio).

Mao: È difficile giudicare le cose, le faccende nelmondo. Noi tendiamo a pensarla cosí. Troviamo checosí il mondo divenga migliore.

Kissinger: In che modo?Mao: Che loro attacchino la Cina e vengano scon-

fitti. Dobbiamo pensare al caso peggiore.Kissinger: Questo deve farlo (Chou ride).Mao: Abbiamo cosí tante donne nel nostro Paese,

che non hanno alcuna idea di cosa siano le battaglie.La signora Tang: Non necessariamente. Ci sono

reparti femminili.Mao: Vengono soltanto fatte avanzare. Se si arri-

vasse effettivamente a un combattimento, fuggireb-bero in fretta e correrebbero in un rifugio sotterraneo.

La signora Tang: Se venisse pubblicato il verbale diquesto colloquio, scatenerebbe la rabbia di metà dellapopolazione.

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Mao: Cioè della metà della popolazione cinese.Chou: Non verrebbe certo dal ministero degli

esteri.Mao: Potremmo chiamare questo un incontro

segreto (I cinesi ridono). Il nostro incontro di oggi deveessere reso pubblico o restare segreto?

Kissinger: Dipende da voi. Io sarei disposto a ren-derlo pubblico, se lo desiderate.

Mao: Lei che cosa pensa? Meglio reso pubblico omeglio segreto?

Kissinger: Penso sia meglio renderlo pubblico.Mao: Allora cancelleremo le parole che abbiamo

detto sulle donne. (Risa)Kissinger: Le toglieremo dal protocollo. (Risa)

Rifletteremo sulla proposta quando sarò di ritorno qui.Mao: Lei allora sa che i cinesi hanno un piano per

danneggiare gli Stati Uniti, il piano cioè di mandarenegli Stati Uniti dieci milioni di donne e di danneg-giare i loro interessi con l’aumento della popolazione.

Kissinger: Il signor presidente ha radicato questaidea cosí saldamente nel mio cervello, che la utilizzeròsenz’altro nella mia prossima conferenza stampa.(Risa)

Mao: A me andrebbe molto bene. Non ho paura dinulla. E poi Dio mi ha mandato un invito.

Kissinger: Trovo che quest’anno il signor presidentestia meglio di salute che lo scorso anno.

Mao. Sí, va meglio che l’anno scorso. (I fotografientrano nella stanza.) Ci attaccano. (Il presidente si alzasenza bisogno di aiuto per congedarsi dagli americani.)

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Porti per favore al Suo presidente i saluti piú calorosi.Anche alla signora Nixon. Purtroppo non potei rice-vere lei e il segretario Rogers. Devo scusarmi con loro.

Kissinger: Lo farò senz’altro.Chou: Fra un’ora Le invierò un comunicato stampa

(Il presidente Mao accompagna il dottor Kissinger inun’anticamera, dove si congeda da lui e dal signor Lord,e infine accompagna il dottor Kissinger alla sua automo-bile che era già in attesa).

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Foto 2: Henry Kissinger, Chou En-lai e Mao Tse-tung il 17 febbraio 1973.

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1 Http://staatsbibliothek-berlin.de/deutsch/publikationen/2_2000/317_personalnachrichten / personalnachrichten_4.html. –Riproduzione per cortese autorizzazione.

2 Zum 90. Geburtstag von Horst Kunze in: Mitt. SBB (PK) N.F. 8.1999, q. 2, pp. 187-211. All’interno: Jammers, Antonius, InDankbarkeit für das Geleistete, pp. 187-190; Plassmann,Engelbert, Der Lesende, der Schreibende, pp. 191-197; Schubarth-Engelschall, Karl, Horst Kunze als Generaldirektor der DeutschenStaatsbibliothek: Leistung und Wirkung, pp. 197-203; Nestler,Friedrich, Ein Assistent erinnert sich, pp. 204-208; Körner,Wolfram, Horst Kunze bibliophil, pp. 208-211. Cfr. anche:Jammers, Antonius, Horst Kunze 90 Jahre alt, in: ZfBB 46 (1999),pp. 354-358. In occasione del novantesimo compleanno sono

APPENDICE 3

Prof. Dr. Dr. h. c. Horst Kunze(22 settembre 1909-18 luglio 2000)1

Horst Kunze, dal 1950 al 1976 direttore generaledella Biblioteca nazionale tedesca (Deutsche Staats-bibliothek) di Berlino, è morto dopo grave malattiapoche settimane prima del compimento del 91° annod’età a Berlino. Il suo novantesimo compleanno ful’occasione di una cerimonia nella sede della Unter denLinden della Biblioteca nazionale di Berlino – Fondoculturale di Prussia (Preußischer Kulturbesitz). Indiverse allocuzioni è stato reso onore alla sua opera afavore del libro, la biblioteconomia, la Bibliotecanazionale, la formazione archivistica2.

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inoltre apparsi: Kunze, Horst, Buchgefährten: Aufsätze aus sechsJahrzehnten über Buchgestalter, Verleger, Buchhändler undBibliothekare, cur. su incarico della Pirckheimer-Gesellschaft daFriedhilde Krause e Renate Gollmitz, stampato con il cortesesostegno della Biblioteca nazionale di Berlino, Pirckheimer-Gesellschaft, Berlin 1999, 204 pp.. All’interno: BiographischeDaten zu Horst Kunze, pp. 196-197; Veröffentlichungen von HorstKunze (Auswahl), pp. 198-199. Si rinvia alle bibliografie esistentiper quanto riguarda le pubblicazioni e le attività della Bibliotecanazionale durante l’incarico di Horst Kunz come direttore gene-rale della Biblioteca nazionale tedesca.

Successivamente il festeggiato, in piena forma fisicae spirituale, ha potuto ricevere le congratulazioni dimolti suoi scolari d’allora, di colleghi e amici.

Richiamiamo alcuni dati della sua vita. Nato aDresda Kunze studiò filosofia, germanistica, romani-stica e anglistica a Lipsia, Vienna e Grenoble. Dopol’esame di stato (1933) e la promozione (1935) fre-quentò un corso di formazione per il servizio scienti-fico in ambito bibliotecario nella Biblioteca nazionaledi Sassonia a Dresda e poi nella Biblioteca tedesca aLipsia. Qui egli operò come ausiliare scientifico dal1937 al 1939 dopo il superamento dell’esame speciali-stico. Nei suoi anni di apprendistato e poi nei primianni di lavoro ricevette impulsi soprattutto da MartinBollert, Heinrich Uhlendahl e Hans Heinrich Bockwitz,che avrebbero poi fecondato tutta la sua successivavita professionale. Dal 1939 al 1946 Horst Kunze fuconsigliere bibliotecario in Darmstadt, un periodointerrotto da diversi anni di servizio militare in guerrae da una prigionia di guerra sotto in francesi. Nel 1947

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accettò una chiamata come direttore della Bibliotecauniversitaria di Halle. Nel 1950 gli fu affidata la dire-zione dell’Ufficio centrale per la letturatura scientifica aBerlino. Il I novembre del 1950 assunse, dapprimacome seconda occupazione e in veste commissariale,poi dal I settembre 1951 in via definitiva, l’incarico didirettore principale, e dall’ottobre 1964 di direttoregenerale della Biblioteca scientifica pubblica (ÖWB:Öffentliche Wissenschaftliche Bibliothek), che su suaistanza dal 1954 si chiamava Biblioteca nazionale tede-sca (DSB: Deutsche Staatsbibliothek). Qui, nello storicoedificio della Biblioteca nazionale di Prussia, si trovavail principale campo di lavoro di Horst Kunze fino alsuo esonero il 31 dicembre 1976. Sotto la sua direzionela Biblioteca si sviluppò fino a diventare la bibliotecauniversale centrale scientifica della Repubblica demo-cratica tedesca (DDR) con fama internazionale.

Il lavoro di Horst Kunze alla Biblioteca nazionalenon deve essere visto e considerato in maniera separatadagli altri suoi ambiti di impegno: professore allaUniversità Humboldt (1953); fondatore e primo diret-tore dell’Istituto di biblioteconomia e informazionescientifica (1955-1968); primo presidente dell’Unionedelle biblioteche tedesche, fondata nel 1964 (dal 1972:Unione biblioteche della Repubblica democraticatedesca); membro dei collegi redazionali delZentralblatt für Bibliothekswesen e di Marginalien;membro di numerosi altri consigli bibliotecari, biblio-teconomici, bibliofili, anche oltre i confini dellaRepubblica democratica tedesca.

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3 Kunze, Horst, Zur Baugeschichte der Deutschen Staats-bibliothek 1945-1989, in “Berichte zur Geschichte der DeutschenStaatsbibliothek in Berlin” (Beiträge aus d. Staatsbibl. zu Berlin –Preuß. Kulturbes.; Bd. 4), Berlin 1996, pp. 163-191.

Horst Kunze ha egli stesso illustrato i molteplicisforzi intrapresi per restaurare l’edificio dellaBiblioteca nazionale, danneggiato dalla guerra3.Adoperò precedenti contatti con la Polonia e inUnione Sovietica per individuare i luoghi inPomerania e in Slesia dove erano stati messi al sicurodurante la guerra i fondi bibliotecari. I risultati di que-sto impegno furono i parziali ritorni di fondi negli anni1957 e 1965. Dedicò grande attenzione all’aumentoquantitativo e alla qualità del fondo bibliotecario.Venne assicurato il diritto della Biblioteca nazionaletedesca a ricevere esemplari obbligatori. Fu intensifi-cato lo scambio di opere, in particolare con i paesieuropeo-orientali. Nel 1956, e con effetto retroattivodal 1945, la Biblioteca ottenne lo status di DepositoryLibrary delle Nazioni Unite. Vennero intensificati glisforzi finalizzati a completare i fondi storici, che daitrasferimenti dopo la guerra non erano piú tornatinella sede Unter den Linden. Serví a questo, tra l’altro,l’Ufficio centrale per gli antichi fondi scientifici che,fondato nel 1959 a Gotha, era stato associato allaBiblioteca nazionale tedesca. Nel periodo di incaricodi Horst Kunze il fondo della Biblioteca nazionalevenne triplicato, da circa un milione a 3,1 milioni divolumi.

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Kunze si riallacciò alle tradizione della Bibliotecanazionale di Prussia con la ripresa dei BerlinerTiteldrucke, come Nuova serie dal 1954, attraverso lafondazione nell’anno 1953 dell’Indice generale delleriviste straniere 1939 ss. (GAZ: GesamtverzeichnisAusländischer Zeitschriften), e con la prosecuzione delCatalogo centrale della letteratura straniera (ZKZ:Zentralkatalog der Auslandsliteratur) che facevaseguito al Catalogo completo, scomparso durante laguerra. Un altro esempio: la pubblicazione dei Beiträgezur Inkunabelkunde venne continuata come Terza serienel 1964 e fu di nuovo ripreso il lavoro al Catalogocompleto degli incunaboli (GW: Gesamtkatalog derWiegendrucke). Pure con il Zehnjahresbericht derDeutschen Staatsbibliothek 1946-1955 e i resocontiannuali che lo seguirono vennero riprese le affermatetradizioni bibliotecarie di prima della guerra.

Nel 1951 Horst Kunze fondò la sezione dei libriper l’infanzia e la gioventú. Offriva cosí a un genere diletteratura abbastanza trascurato nelle bibliotechescientifiche del passato, un punto di raccolta e unasede di ricerca. Attraverso mostre e con il suo vastolavoro bibliografico la sezione conquistò considera-zione e stima sul piano internazionale. La sezione distampe rare e pregiate, fondata nel 1975, ebbe il com-pito di ricercare nei depositi stampe preziose del pas-sato, di metterle al sicuro, e di renderle piú accessibiliall’utilizzo.

Per ottenere beni librari preziosi vennero provvi-soriamente uniti alla Biblioteca nazionale la Fototeca

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4 Kunze, Horst, Lieblingsbücher von dazumal: eine Blütenleseaus den erfolgreichsten Büchern von 1790-1860; zugleich ein ersterVersuch zur Geschichte des Lesergeschmacks, Heimeran, München1938, pp. 438, con 24 tavole e 40 illustrazioni nel testo. Una suc-cessiva edizione è uscita, rielaborata in parte, con il titolo:Gelesen und geliebt.

tedesca di Dresda (1961-1982) e l’Archivio Fontane diPotsdam (1969-1990).

Ai fini del miglioramento dell’organizzazionebibliotecaria e della consultazione dei nuovi arriviHorst Kunze sollecitò nel 1955 l’interruzione delCatalogo per soggetti, disposto nel 1842 su grandivolumi in folio. Venne avviato un nuovo Catalogo persoggetti con l’utilizzo di schede, che si adattava meglioallo sviluppo delle scienze e della relativa letteratura.L’introduzione delle Regeln für die AlphabetischeKatalogisierung (RAK) per i cataloghi della Bibliotecanazionale, elaborate secondo standard internazionali,fu unita a una riforma complessiva delle sigle e dellacollocazione dei libri nei depositi.

Nel suo primo libro Horst Kunze si era occupato diquestioni di sociologia della lettura4. Nella Bibliotecaaveva secondo lui priorità la questione di come sipotesse migliorare il suo servizio a favore degli utenti.Sollevava incessantemente questa domanda, che deter-minò molte delle sue scelte.

Un soluzione di passaggio, ma per quei tempinecessaria, fu l’apertura nel 1952 di una sala di letturagenerale scientifica. Conteneva un cospicuo fondo dilibero accesso, con letteratura specialistica del dopo-

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guerra, che venne reso aperto al prestito in manierasemplificata, senza dispendiose prenotazioni in magaz-zino. Ad essa fu unita anche una sezione, assai fre-quentata, di letteratura amena con opere proibitedopo il 1933 o difficilmente accessibili. Poi, via via chea Berlino venivano ricostruite le biblioteche scientifi-che pubbliche, la sala di lettura generale scientificaperse la sua funzione e venne chiusa. Tuttavia con isuoi fondi di letteratura tecnica e scientifico-naturaleessa costituí il punto di partenza di un sistema di saledi lettura specialistiche, concepito e avviato da HorstKunze nel 1956.

La fondazione dell’Unione delle biblioteche nel1964 e la sua appartenenza alla IFLA (InternationalFederation of Library Associations and Institutions)allargò le possibilità di lavoro internazionale dellaBiblioteca nazionale tedesca, in cui Horz Kunzeinserí in misura crescente collaboratori con funzionedirettiva.

Horst Kunze era sempre aperto ai nuovi sviluppitecnici. Nel 1968 aprí una sezione di riprografia, chepiú tardi divenne il Centro per l’allestimento di docu-menti. Nel 1973 venne fondato un settore di mecca-nizzazione e automatizzazione, che fu il nucleo dellasezione omonima, costituita nel 1975. Già nel 1973 eraapparso, come primo annuario realizzato con tecnichecomputeristiche, l’annuario del Zentralkatalog derZeitschriften und Serien des Auslandes, contenente ilresoconto dell’anno 1971.

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Horst Kunze amava e favoriva il libro ben leggibilee curato in modo da essere facilmente utilizzabile.Operò molti anni a Lipsia nella giuria per la premia-zione dei “Libri piú belli della Repubblica democra-tica tedesca”. Nella Biblioteca nazionale esortò piúvolte i referenti specializzati durante le sedute di acqui-sti, ai suoi tempi ancora regolari, a valutare non sol-tanto il contenuto scientifico dei volumi, ma anche laqualità della loro configurazione tecnica e artistica.Nel 1957 ampliò le raccolte di libri rari e di singolivolumi con una raccolta speciale di stampe artistiche,in cui confluirono anno per anno dal 1960 tutti i “Libripiú belli” premiati a Lipsia.

I colloqui di servizio con i direttori di sezioni, lesedute di acquisti con la partecipazione di tutti i col-laboratori scientifici e i colloqui di lavoro con tutti gliimpiegati della Biblioteca nazionale erano le sedi incui Horst Kunze sollevava le questioni di politicabibliotecaria. Si attendeva che le proposte oppure leobiezioni venissero argomentate con precisione.Ascoltava e verificava con pazienza, ma giudicava epoi decideva rapidamente. Non amava discussionilunghe e improduttive. Nella cornice delle sue sceltedi fondo lasciava poi ai suoi collaboratori moltalibertà di agire responsabile.

Dal tempo dei suoi studi Horst Kunze fu un con-vinto socialista. Era aperto al mondo, ma era anche unpatriota nel senso migliore della parola. Aveva sempredinnanzi il bene generale della società che aveva sceltoe in cui viveva, il bene della biblioteca che dirigeva e

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delle altre istituzioni che presiedeva e cui apparteneva,il bene delle persone che gli erano state affidate e cheavevano fiducia in lui. Ciò gli procurò conflitti, che lotoccarono umanamente e che egli cercò di umana-mente risolvere. Nei discorsi pronunciati in occasionedel suo 90° compleanno vengono evocati incisiva-mente questi aspetti.

Soprattutto ospitava un potenziale conflittuale ilrapporto con la biblioteca sorella, la Bibliotecanazionale del Fondo culturale di Prussia (Preußis-cher Kulturbesitz) di Marburg/Berlino (Ovest). Ciòsi palesò specialmente in occasione del 300° anniver-sario della Biblioteca nazionale nell’anno 1961, annocosí denso di tensioni politiche. Horst Kunze siattenne alle disposizioni giuridiche e alle “regole lin-guistiche” prescritte alle autorità della Repubblicademocratica tedesca, ma utilizzò tutti gli spazi liberiper la collaborazione pratica, ad esempio nel pre-stito, per lo scambi di dati di cataloghi o la parteci-pazione a progetti di cataloghi generali. Curò con-tatti personali con i colleghi e ammise, anzipromosse che tali contatti avvenissero anche a livellodi collaboratori.

Il lavoro scientifico di Horst Kunze, la sua autoritàindiscussa, il riconoscimento di cui godeva anche alivello internazionale, si riflettevano sui suoi collabo-ratori. Per molti era un segno di merito il fatto diessere fra suoi allievi o di lavorare alla “Stabi”(=Staatsbibliothek). Gli procurava simpatia il suohumor, che si manifestava specialmente in occasione

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5 Purtroppo esiste di questo indice generale soltanto unmanoscritto riprodotto, e continuamente aggiornato da RenateGollmitz. Precedenti bibliografie, pubblicate ad esempio inscritti in onore di Horst Kunze, sono state superate dalla produt-tività del festeggiato. Offre una selezione il catalogo: Gollmitz,Renate, Prof. Dr. Dr. h. c. Horst Kunze zum 85. Geburtstag am 22.September 1994. Buch, Buchkunst, Bibliophilie: eine Bibliographiein Auswahl, in “Marginalien”, 135 (1994), allegato, 24 pp. fir-mate.

delle feste aziendali e in molte delle sue pubblicazionibibliofile.

Grande è l’elenco delle pubblicazioni di HorstKunze. Renate Gollmitz ha raccolto circa 750 titoli5.Ad essi appartengono opere fondamentali come laDottrina della gestione bibliotecaria (1956), apparsanel 1976 in quarta edizione e ampliata in modo essen-ziale con il titolo: Grundzüge der Bibliothekslehre, o lostudio, diffuso in varie edizioni, Über das Register-machen (prima ed. 1964). È impossibile dar conto diquei lavori e pubblicazioni di altre persone che devonola loro nascita alla sollecitazione di Horst Kunze.Anche in pensione Horst Kunze rimase fecondamentee incessantemente attivo sul piano scientifico e pubbli-cistico. Si concentrò sulla storia del libro e sulla suaconfigurazione artistica. Fino a poche settimane primadella morte si recava regolarmente nella sede dellaUnter den Linden. Lí stava il suo tavolo di lavoro, inuno spazio un po’ appartato, circondato dalla biblio-teca del suo maestro, lo storico della carta e del libroHans Heinrich Bockwitz. Qui, e nello studio di casa

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6 Ne siano richiamate soltanto due: Kunze, Horst, Geschichteder Buchillustration in Deutschland. Das 16. und 17. Jahrhundert,redazione delle illustrazioni in collaborazione con l’autore e con-figurazione da parte di Hans-Joachim Walch, 1 vol. di testo e 1vol. di illustrazioni, Insel-Verlag, Frankfurt am Main-Leipzig1993, XIV, 682, 24 pp. con 353 illustrazioni in parte a colori; 609pp. con 540 riproduzioni in parte a colori; Kunze, Horst-Klemke, Werner, Lebensbild und Bibliographie seines buchkün-stlerischen Werkes, burgart-presse (Bibliogr. Druck der burgart-presse Jens Henkel; 5), Rudolstadt 1999, 260 pp., con 240 illu-strazioni.

sua, ebbero ancora origine numerosi saggi e significa-tivi suoi lavori, che restano opere modello6.

Horst Kunze ricevette in vita numerose onorifi-cenze, e fra queste gli furono dedicati molti scritti insuo onore. È stato sepolto il 27 luglio 2000 a Berlin-Grünau alla presenza dei famigliari e di un foltogruppo di partecipanti alle esequie.

Peter Kittel

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1 Da: Neue Zürcher Zeitung, 20 agosto 2005. –www.nzz.ch/2005/08/20/fw/article D1DHH.html. © by NeueZürcher Zeitung.

APPENDICE 4

Il ritorno carico di conseguenze della Cina nell’economia mondiale.

L’Impero di mezzo come rischio politico-strategico1

Ai piani alti delle grandi imprese e nei ministeri deglistati industriali occidentali la Cina viene vista pur sem-pre primariamente come destinatario di investimenti eluogo di produzione a prezzi favorevoli. In realtà negliultimi anni l’Impero di mezzo è divenuto una potenzaeconomica, il cui sviluppo futuro avrà conseguenze diampia portata per l’economia mondiale.

Dal nostro corrispondente a Pechino Urs Schoettli

Nelle grandi banche internazionali ci sono espertiche cercano di minimizzare la rilevanza economicamondiale della Cina a seguito dei recentissimi passi diriforma con la moneta Yuan. Gli argomenti messi incampo per spiegare perché ciò che accade in Cina è diimportanza secondaria risuonano nella maggior partedei casi come un forte tentativo per autorassicurarsi.Ciò che avviene nel mondo reale si palesa invece in

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modo molto piú chiaro con il recente conflitto intornoall’acquisizione di Unocal da parte della società petro-lifera nazionale cinese CNOOC. Ciò che per gli unibalzava agli occhi come il peccato originale politico-strategico commesso dai dirigenti di quella potenzaegemone, cioè gli USA, che dovrebbe tenere alto il ves-sillo della economia libera mondiale, era per gli altrisemplicemente una legittima difesa dal tentativo diPechino di conquistare un territorio strategicamenteimportante. È in ogni caso incontestabile che il pos-sente ritorno della Cina nell’economia mondiale, inquanto evento senza precedenti, produrrà adesso eancor piú in futuro conseguenze il cui contenuto dirischio è semplicemente imprevedibile a causa dellamancanza di esempi paragonabili nel passato.

Non soltanto materie primeLa crescita economica incessante ed elevata nel

corso degli ultimi dieci anni ha fatto diventare la Cinada realtà marginale nell’economia mondiale a fattoretrainante in molti settori. Chi intende la modernizza-zione dell’economia cinese come solo un processolineare finisce necessariamente per non capire la realeportata di questo mutamento. Finora il mondo avevaconosciuto una simile rapidissima crescita soltantonegli “Stati tigre” del sud-est e dell’est asiatici, e venivaperciò naturale spiegare lo sviluppo cinese semplice-mente con le dimensioni dell’Impero di mezzo.Passava cosí sotto silenzio il fatto che in una civiltàantichissima di dimensioni continentali sarebbero

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prima o poi comparsi mutamenti qualitativi di grandeportata. Uno di questi è che la Cina non si sarebbe piúaccontentata di fungere da luogo di produzione dibeni a bassissimo costo, ma sarebbe penetrata anchenei piú alti campi della creazione di valori economici.L’acquito di Lenovo dalla IBM o il tentativo di acqui-sizione di Unocal da parte della CNOOC sono i primisegnali di questa nuova epoca. Piú evidente e perciòpiú facilmente percepibile del “pericolo giallo” ampia-mente evocato a proposito dell’esodo dei posti dilavoro è l’ingresso della Cina nei mercati delle materieprime.

L’Impero di mezzo è in questi anni diventato ilmaggiore consumatore mondiale della maggior partedelle materie prime industriali e nell’ultimo anno hasostituito il Giappone come secondo piú grandeimportatore di petrolio del mondo. Ancora dieci annifa la Cina esportava petrolio. Chiunque avesse seguitoi giganteschi balzi in avanti del commercio esterocinese, avrebbe potuto prevedere la drastica crescitadel consumo di materie prime e di energia. Con il rapi-dissimo sviluppo dell’export è cresciuto l’afflusso dimoneta, sia nella forma di investimenti stranieri direttisia nella forma di eccedenze che derivano special-mente dal commercio bilaterale con gli USA e la UE.La forza finanziaria che ne consegue per la Cina stadietro il giro di acquisti cui si sono aperte diverse dittecinesi all’estero e cui si apriranno in futuro, come èstato per il modello giapponese negli anni settanta oottanta del Novecento. Essa permette tuttavia al Paese

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anche di elevare considerevolmente gli investimentiper la ricerca e lo sviluppo. Benché ancora con note-vole distacco la Repubblica popolare cinese è oggi ilterzo maggiore investitore del mondo in ricerca e svi-luppo dopo gli USA e il Giappone. Negli ultimi anni ilnumero dei diplomati in discipline scientifico-naturalinelle università cinesi si è quadruplicato. Si perfezionacontinuamente l’osmosi fra istituzioni di ricerca statalied economia privata. Se in precedenza molti ricerca-tori cinesi dotati andavano all’estero, oggi essi ritor-nano in Cina. Sono sempre di piú le società multina-zionali, che da alcuni anni mantenevano sedi diproduzione in Cina, che aprono adesso anche diparti-menti di ricerca nell’Impero di mezzo. Con la “strate-gia nazionale per l’innovazione autonoma” promossadell’attuale leadership la Cina si trova dinnanzi a unodei piú impressionanti take-off tecnologici della storiamoderna.

Sono però le conseguenze sull’ordine politico mon-diale le implicazioni di gran lunga piú considerevoli diquesto ritorno della Cina nell’economia mondiale. Ilmondo si trova oggi in realtà in una situazione com-pletamente nuova, che viene plasticamente illustratada una semplice e duplice sfida. Mai prima era diven-tata di tale peso per il corso dell’economia mondialel’economia di un paese che è sottoposto al dominioesclusivo di un partito con una pretesa totalitaria dipotere. Dal punto di vista militare, e a tratti ancheideologico, l’Unione Sovietica ha rappresentato unasfida assai piú pericolosa della Cina, ma dal punto di

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vista dell’economia mondiale essa restava pur sempreuna realtà marginale, come il resto del blocco sovie-tico. Bisogna poi considerare che mai finora un appa-rato di potere comunista ha avuto il dominio su unaeconomia nazionale piú strettamente collegata all’eco-nomia mondiale di quanto avvenga adesso in Cina.Sono cosí fortemente cresciute le vulnerabilità onnila-terali, e soprattutto il mondo è messo dinnanzi a rischiche non riesce a classificare correttamente a causa del-l’assenza di esperienze paragonabili.

Una base debole di legittimazioneNelle democrazie vale la regola che l’andamento

dell’economia influisce in maniera determinante sullapopolarità dei politici e dei partiti e può risultare deci-sivo sugli esiti elettorali. Le conseguenze piú svantag-giose che possono derivarne per l’economia mondialenascono da tentazioni protezionistiche, che possonoabbracciare un intero arco di misure chiaramente rico-noscibili o nascoste. Quanto piú benestante e formatadi classe media è divenuta una società, tanto piú èverosimile che in essa non riescano a divenire maggio-ritarie posizioni estreme. Ma anche nel caso di unpaese in via di sviluppo, che come l’India abbia unademocrazia consolidata, sono prevedibili le oscilla-zioni possibili nella politica economica nazionale. Insimili casi i processi di apertura e di riforma possonodurare un po’ piú a lungo a causa di ritardi infrastrut-turali e sociali, ma anche qui, al piú tardi dalla finedella guerra fredda, sono diventati inverosimili drastici

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cambiamenti di sistema. Nel caso della Cina bisognainvece mettere in conto un fattore di rischio unico nelsuo genere. Ogni analisi sulla forma di dominio delPartito comunista cinese deve giungere alla conclu-sione che non soltanto a partire dalla bancarotta delblocco sovietico, ma anche dalla accelerazione delleriforme economiche cinesi iniziate alla fine degli anniSettanta, la base di legittimazione dei sovrani assolutidi Pechino si è fondamentalmente ristretta alla prose-cuzione di una elevata crescita economica.

Il cancro della corruzione e l’incapacità o la non-volontà di realizzare riforme politiche globali – fra cuila piú urgente sarebbe la costituzione di uno stato didiritto, in cui anche il partito sia sottoposto alle leggi –,hanno portato la base di legittimazione del potere aridursi ulteriormente al benessere economico. Questosignifica che al centro sta la politica della crescita.Nella primavera dello scorso anno (2004) era statapronunciata chiaramente la parola di una diminuzionedella crescita per paura del formarsi di una pericolosabolla speculativa, cosí come a causa di strettoie nelleinfrastrutture e dell’eccessivo fabbisogno di materieprime. Circolava lo slogan della “crescita sostenibile”che doveva subentrare a ogni costo alla precedentecrescita. Certamente, come dimostrano i dati delprimo semestre 2005, non è ancora intervenuto alcunrallentamento della crescita; tuttavia alcuni fattoricome la produzione industriale e gli investimenti dicapitali indicano un chiaro rallentamento. Intorno alloslogan della “crescita sostenibile” è perciò calato il

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silenzio. Rispetto a ciò aumentano i segnali di un girodi vite da parte della dirigenza del partito. Ne sono unmotivo i segni crescenti di inquietudine sociale, che hamolteplici cause, dalla corruzione, passando per uncrescente dislivello nella ricchezza, fino ai classici con-flitti sociali.

Un nuovo ciclo di crescitaNulla sarebbe piú sbagliato che pensare che la Cina

si trovi alla vigilia di una agitazione sociale che mettain pericolo il sistema e sia diffusa in tutto il paese. Leproteste sono frequenti, ma sempre limitate al livellolocale, e la molteplicità dei motivi di insoddisfazioneche ne sono alla base rende ancor piú difficile un coor-dinamento a livello nazionale. Comune a tutti è peròche nel sistema vigente non esiste la possibilità di sca-ricare le tensioni in modo ordinato e legale.Prescindendo da smottamenti esterni, il cui potenzialedi pericolosità è cresciuto attraverso l’integrazioneaccelerata della Cina nell’economia mondiale, esisteuna serie di sfide casalinghe. L’attuale ciclo di crescitasi distingue dai due precedenti degli anni ottanta enovanta perché si svolge in un contesto economico piúmaturo, ma anche piú complesso. La partecipazionedel settore privato all’economia globale è molto piúsignificativa di quanto non sia mai avvenuto in prece-denza, ma proprio la sua repentina espansione portanaturalmente in sé anche una maggiore possibilità diridimensionamento. In una serie di comparti indu-striali le capacità produttive sono cresciute negli ultimi

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anni piú rapidamente della domanda. Come si puòvedere particolarmente bene nel settore automobili-stico ne sono conseguenze i prezzi in caduta e una lottapiú aspra per conquistare quote di mercato. Questosviluppo avviene per di piú in un periodo in cui anchein Cina i costi di produzione salgono non soltanto acausa dell’aumento dei prezzi dell’energia e dellematerie prime, ma anche a causa degli stipendi cre-scenti. Soprattutto per la forza lavoro con buoni livelliformativi ci sono oggi difficoltà nelle regioni industria-lizzate piú dinamiche.

Margini di guadagno in diminuzione si riflette-ranno prima o poi in un piú basso volume di investi-menti, e questo condurrà a sua volta a un rallenta-mento della crescita, che presto lascerà il segno sulmercato del lavoro. Per riuscire a stabilizzare la con-giuntura e ridurre la dipendenza straordinariamentealta dall’esportazione, il governo cerca da molto tempodi simolare la domanda interna. Certamente negliultimi due decenni è cresciuta una classe media quan-titativamente significativa, tuttavia il potere d’acquistoin Cina, anche nelle città, è tuttora assai modesto.Grandi eccedenze produttive nelle imprese che pro-ducono per i mercati delle nazioni industriali occiden-tali e aventi potere d’acquisto assai piú elevato, nonpossono venire assorbite con la stessa rapidità dalladomanda interna. Resta, come classico strumento diregolazione dai tempi dell’economia di piano, il settorebancario controllato dallo stato. Secondo gli obblighicontratti all’atto dell’ingresso nell’Organizzazione

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mondiale del commercio (WTO), entro la fine del2006 la Cina dovrà completamente liberalizzare il set-tore finanziario. Non passa praticamente mese senza lanotizia di un nuovo impegno da parte di una bancastraniera. Anche nel comparto assicurativo è statonotevolmente allargato lo spazio di movimento a dis-posizione di soggetti stranieri. Tuttavia anche in futuroil settore finanziario resterà sotto forte controllo sta-tale. Nel gigantesco impero la concessione del creditoè uno strumento importante per manovrare le clientelee creare dipendenze. È altamente improbabile che ilpartito rinunci a un tale prezioso strumento di potere.

La lotta per la stabilità e il mantenimento del potereDove sono in gioco la sopravvivenza del sistema, il

mantenimento del potere e la salvaguardia di enormiprebende accumulate nel corso degli anni, c’è daattendersi che in caso di emergenza vengano impiegatitutti i mezzi a disposizione per garantire lo status quo.Sul fronte interno gli strumenti abituali di una domi-nazione autoritaria sono censura, oppressione e propa-ganda. Dopo l’apertura della Cina al mondo esterno èdi particolare significato vedere quali misure politico-economiche internazionalmente sensibili potrebberovenir prese. Di notevole interesse è pure la domanda sesarebbero possibili dei passi indietro o addirittura undietro-front nella modernizzazione e nell’apertura del-l’economia nazionale cinese. Niente può venireescluso, in primo luogo perché in ogni paese che sisente sotto pressione dall’esterno sono facilmente

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mobilitabili riflessi xenofobi e antiliberali, e in secondoluogo perché i politici attribuiscono un cattivo anda-mento economico preferibilmente anche agli influssidall’estero. A fronte di ciò e tenendo conto di unagenerale suscettibilità dei cinesi nelle questioni didignità nazionale è un serio problema che recentissi-mamente Pechino abbia dovuto sopportare all’esteroanche parecchi contraccolpi.

Animosità e pericolo di discriminazioneL’attività di blocco della società petrolifera

CNOOC, incompatibile con l’idea di una economialibera, nel suo tentativo di acquisire Unocal, seguí alcambio di linea dei cinesi nell’apprezzamento delloYuan e nel taglio del suo cordone ombelicale con ildollaro americano. È istruttivo che i media cinesi, pernon far lievitare sentimenti xenofobi, siano stati obbli-gati a mantenere un tono cauto nel trattare del fiascodella CNOOC. D’altra parte i politici americanidevono accettare che in questa circostanza si chiedaloro se con il loro intervento non abbiano dato allaCina piú di un motivo per entrare in relazione conregimi pericolosi dal punto di vista di Washington,come quelli del Sudan o dell’Iran, dato che l’Impero dimezzo dovrà alla fine pur soddisfare da qualche parteil suo crescente fabbisogno di greggio. Come dapper-tutto nel mondo anche in Cina si confrontano politicipiú aperti al mondo e politici piú nazionalisti, politicipiú liberali e politici piú conservatori, laddove imodernizzatori sono in vantaggio finché l’economia è

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in salute. Se si prende in considerazione il corso che haintrapreso il capo dello stato e leader del partito HuJin-tao dalla sua entrata in carica si vede che hannoassoluta priorità la stabilità e con ciò il mantenimentodel potere da parte del Partito comunista cinese. Perl’economia cinese vale senza limitazioni il primato dellapolitica, e in settori chiave esso continua a venire garan-tito come sempre dal ruolo dominante dello stato. Nedà esempio eloquente la spiccata preferenza che la poli-tica di concessione dei crediti delle banche statali ha neiconfronti di imprese controllate dallo stato.

Lo Stato nella stanza dei bottoni delle bancheDi fronte a queste realtà è giusto, a livello politico-

strategico, che tanto l’Unione europea quanto gli StatiUniti non siano disposti a concedere alla Cina lo statusdi una economia di mercato, cui da molto tempoPechino aspira. Alla fin fine tutto quanto viene avviatonell’ambito della politica economica e sociale ha loscopo di servire al mantenimento del dominio del par-tito. Perciò nel caso di una notevole recessione nellacrescita economica v’è da attendersi che Pechino possaanche intraprendere misure che possano andar controgli interessi del settore privato, ma anche degli investi-tori stranieri e del mondo della finanza e delle impreseinternazionali. La Cina dispone oggi di riserve finan-ziarie gigantesche per assorbire gli shock. Inoltre èsempre possibile che con provvedimenti piuttosto dra-coniani vengano capovolte le priorità negli investi-menti dell’economia interna. Si può pensare in questo

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senso al mercato immobiliare che si è chiaramente sur-riscaldato nel settore degli alti prezzi, settore margi-nale dal punto di vista della politica nazionale. Né sipuò escludere che vengano suscitati sentimenti avversinei confronti di ditte straniere in Cina o che venganoperfino lanciate misure discriminanti verso interessistranieri. La storia della Cina dimostra che simili senti-menti xenofobi posso venire talora assai utili per chia-mare all’unità e che possono funzionare bene perdeviare altrove l’insoddisfazione.

Nelle ultime settimane ha attratto l’attenzione su disé il motore di ricerca Internet cinese Baidu.com. Chia New York aveva investito nelle quotazioni in borsa diquesta impresa poteva intascare in breve tempo con-grui profitti. Internet è di voga in Cina e i potenziali dimercato sono di fatto enormi nell’Impero di mezzo.Contrasta con ciò il fatto che Internet, se si tratta dimateriali critici, debba pur sempre operare nell’etàdella pietra della censura totalitaria. Se si cercano noti-zie da fonti che le autorità cinesi hanno da principiocatalogato come inaffidabili, e se ci si vuole informaresu temi controversi da Taiwan al Tibet, appare il piúdelle volte sullo schermo la finestra: “server non dis-ponibile”. La Cina intraprende sforzi enormi neicampi della scienza e della ricerca per aprirsi a chi nelmondo determina le tendenze. Allo stesso tempo le sueautorità non hanno ancora capito che con misure ditutela di stampo orwelliano ci si mette fuori gioco inun epoca in cui sapere e informazione trainano lo svi-luppo economico e il benessere.

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1 Sono venuto a sapere soltanto successivamente che si volevaconoscere se i tedeschi fossero oggi ancora per l’idea fichtiana di

APPENDICE 5

Domande della Central China TeleVision (CCTV) a Reinhard Lauth (e a Manfred Buhr)

1. Quali pericoli correva Fichte quando tenne iDiscorsi alla nazione tedesca? Che idea aveva di talipericoli?

2. Perché Fichte, quando scoppiò la Rivoluzionefrancese, ne fu per molti anni deciso fautore e sosteni-tore?

3. Dov’è secondo Fichte il metodo giusto per larinascita del popolo tedesco? Perché pensava che sidovesse anzitutto educare l’uomo nella sua globalità eche soltanto dopo si potesse fondare uno stato per-fetto?

4. Perché nell’educazione nazionale Fichte vuoleeducare non soltanto i figli dei nobili e dei benestanti,ma tutti i cittadini?

5. Perché Fichte, quando la Germania era divisa,dette priorità al fatto di riscoprire lo spirito tedesco?

6. Quale era propriamente lo spirito tedesco comeFichte lo intendeva? E lo spirito tedesco è oggi lostesso di allora?1

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nazione tedesca. Rispondo: No, coloro che sono sulla lineaGoethe, Schelling, Schopenhauer, Wagner, H. St. Chamberlain.Sí, invece, coloro che ritengono che Kant, Reinhold, Fichteabbiano indicato la strada giusta.

2 Si osserverà che nelle risposte ho tenuto conto dei presup-posti da cui muoveva la parte cinese.

7. Quale è secondo Fichte il rapporto fra l’educa-zione e l’economia nazionale?

Risposte di Reinhard Lauth2

Alla domanda 1:Fichte tenne i suoi Discorsi alla nazione tedesca

durante l’occupazione di Berlino da parte delle truppenapoleoniche che, in modo contraddittorio sotto unmonarca universale, presumevano ancora di propu-gnare le idee della Rivoluzione francese. Dato cheFichte indirettamente, con i Discorsi, esortava a bat-tere il bonapartismo, lo minacciavano prigione, depor-tazione, messa a morte. Ma poiché egli era per altroverso noto come difensore della Rivoluzione, vennecoperto segretamente da amici francesi fra le truppeoccupanti.

Alla domanda 2:Già dall’inizio la Rivoluzione francese era contrad-

dittoria. L’ideale della liberazione dalla schiavitú peruna società libera e operante in modo responsabile(Rousseau!) si contrapponeva al pensiero di uno sfrut-tamento rovesciato, tanto nei rivoluzionari quanto nel-

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l’intera società (Danton). Alla fine la Rivoluzione fran-cese ha perseguito soltanto il secondo scopo, avendoessa rifiutato il rinnovamento sociale. Babeuf lo dimo-strò, ma venne per questo giustiziato. Fichte sosteneval’idea di Rousseau di una società (senza classi), chedoveva risolvere in maniera durevole il compitomorale dell’umanità.

Alla domanda 3:L’idea fondamentale di Fichte era che mediante una

comune convinzione ideologica, da crearsi, si dovesseattuare l’”arte della ragione”, cioè l’arte della costru-zione sociale della nazione (in via prioritaria rispettoallo stato!). Rifiutò lo “stato perfetto” (al contrario diHegel). Oltre a ciò la società deve soddisfare unsupremo compito spirituale nella cultura, nella morale,nella religione, la cui infrastruttura deve certamenteessere l’effettiva, libera fraternità. Accentuando lacosa: la fraternità ha per lui il primato sulla libertà (cheè altrettanto necessaria).

Alla domanda 4:Secondo l’idea fondamentale di Fichte bisognava

liberare il popolo servitore e la nobiltà: la nobiltà dallasua dominazione ingiusta sulla gente al suo servizio eda una visione errata dello scopo finale dell’uomo; ilpopolo dall’intenzione di ergersi a dominatore nellanuova società.

Alla domanda 5:La funzione eminente del Sacro impero era per

Fichte che esso doveva essere un regno (Reich) senzaimperium e che tale sia effettivamente stato. Il nazio-

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nalismo dello stato nazionale in competizione con glialtri stati e dell’economia concorrenziale mirava sol-tanto alla supremazia nella comunità dei popoli e allasupremazia del proprio popolo. Fichte combattè per-ciò contemporaneamente il principio della domina-zione economica e il principio della privata ambizione.Private vices non fanno affatto public benefit, ma pro-ducono public vice. Antidoti possibili sono a suo avvisola solidarietà sociale e la federazione dei popoli.

Alla domanda 6:Secondo Fichte lo “spirito tedesco” era lo spirito

della vera solidarietà (“cuginanza” [Vetternschaft], ger-manus significa “cugino”) in tutte le sfere umane, per-ciò non soltanto nella comunità locale e nello stato, maanche nella cultura e nella religione. Un tale spirito èsostenuto da incondizionata moralità.

Alla domanda 7:L’educazione di tutti i membri del popolo non deve

essere soltanto astratta, teoretica, ma deve essere unaeducazione reale che abbracci tutte le forme di vita. Èsoltanto una astrazione priva di sostanza una educa-zione che manchi di realizzazione sociale e universal-mente umana. Il superamento del “liberismo” econo-mico anglosassone, che è in realtà un sistema distrangolamento, costituisce una componente assoluta-mente necessaria di una reale trasformazione, e solounita a essa può fiorire la “cultura” (Bildung), cosícome dall’altro lato la cultura è certamente “l’irrinun-ciabile scopo superiore dell’umanità”.

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Osservazione conclusiva sulle domande

Lo scopo della Rivoluzione francese era totalmentecontraddittorio. L’ideale di Rousseau era opposto aquello di Danton e Robespierre. Poiché il Quarto statovenne tenuto fuori, la Rivoluzione portò al dominiodella Bourgeoisie, dominio che, come aveva già dimo-strato Babeuf, divenne un sistema di sfruttamento acarico del livello inferiore e addirittura, nel Comitatodi salute pubblica di Robespierre, un sistema di sfrut-tamento nel proprio stesso partito. La soluzione diNapoleone fu che egli da rivoluzionario si fece sovranonella nuova società borghese.

Stalin scelse la stessa strada nella Rivoluzione bol-scevica. Ciò fu possibile perché Lenin intraprese larivoluzione con la chiara coscienza che in Russia nonesisteva ancora il proletariato. Il partito doveva assu-mere artificialmente il ruolo del proletariato fino a chequesto non si fosse formato. La conseguenza fu che nelsistema bolscevico sorse il dominio di una classe (arti-ficiale), cioè del partito. Dentro il partito divennedominante il modo il procedere di Robespierre, percui il partito stesso dominava illimitatamente ilgoverno dei consigli. (La parola d’ordine di Lenin:“Tutto il potere ai soviet” era consapevolmente fuor-viante: in realtà egli voleva tutto il potere per il par-tito.) Dentro il partito si presentò ciò che era già avve-nuto sotto Danton: il partito stesso divenne un sistemadi dominio (delle singole correnti, della polizia segreta,infine dei piú stretti fiduciari di Stalin).

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Da tutto questo la Rivoluzione cinese si distingue inmaniera fondamentale. Il suo padre spirituale LiangQichao prese come modello la concezione dellasocietà di Fichte: la rivoluzione doveva essere dall’ini-zio rivoluzione di tutto il popolo. Nell’Impero cinese,allora corrotto e sfruttato dagli Inglesi (guerra dell’op-pio), era questa l’unica possibilità per realizzare unsovvertimento nel senso di Rousseau. Per attuare que-sto scopo era necessario un programma ideologico. IlKuo Min-tang e il partito comunista di Mao lottaronoall’inizio insieme per questo obiettivo. Ma quando sipalesò che Chiang Kai-shek iniziava a percorrere nuo-vamente la via borghese si arrivò alla rottura e allaLunga Marcia di Mao Tse-tung attraverso la Cina finoa Pechino. Ma poiché anche Mao era consapevole cheegli non agiva affatto come battistrada di un proleta-riato che non esisteva affatto, egli si appoggiò sulmovimento dell’intero popolo. Abbandonò presto lastrada sbagliata di una industrializzazione di tipo bol-scevico e impedí a Stalin di umiliare il Partito comuni-sta cinese degradandolo a esecutore di ordini.

A questo punto occorre ancora e in modo partico-lare prendere in considerazione un fatto fondamen-tale: il comunismo europeo-russo era metafisicamenteuna lotta contro la religione cristiana e per il pienopotere dell’uomo e del suo operare rispetto a Dio.(Archimede, Galilei, Bacone). Tanto in Francia (Parigi,1794 e 1870) quanto anche in Russia (fase della guerracivile) si abusò addirittura della rivoluzione per scopoantiteistici (Trotskij!). In base a una falsa fede nel pro-

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gresso si credeva che una volta compiuta la rivoluzionela nuova società si sarebbe installata da sé, ma si misco-nobbe – soprattutto a causa della dialettica apparentedi Hegel – la dimensione morale, gia chiaramente rico-nosciuta da Rousseau. La forma piú radicale fu quelladel “nichilismo” ispirato da Bakunin: si doveva soltantodistruggere ogni cosa in modo radicale, la nuova societàsi sarebbe instaurata completamente da sé.

Un simile antiteismo non aveva in Cina base alcuna,dato che non esisteva affatto un teismo. Tuttavia ilnichilismo operò ancora nell’identificazione dellaantica società con il suo sistema di dominio. Si giunsecosí alla cosidetta rivoluzione “culturale” (Mao nonaveva riconosciuto questo virus). Soltanto l’interventodi Chou En-lai impedí all’ultimo momento la distru-zione della Città proibita e salvò cosí la Rivoluzione:Deng Xiaoping ne trasse la lezione e proseguí la rivolu-zione come rivoluzione dell’intero popolo.

È noto il balzo in avanti tecnico ed economico dellaCina che si è con ciò realizzato. Tuttavia sussisteva esussiste tuttora il pericolo che essa non divenga rivolu-zione della cultura (secondo il vero volere di Mao).

In effetti oggi in Cina il sovrano è l’intero popolo,rappresentato dal ‘partito’, che però dovrebbe preci-samente chiamarsi ‘soviet’ (consiglio). Il governocinese è un governo dei consigli, non un governo delpartito. In questo senso è fuorviante il nome di“Partito comunista cinese”. Il Partito comunistacinese ha rispetto a questo governo dei consigli inruolo analogo a quello della chiesa all’interno della

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religione (cristiana). È il rappresentante della dottrina(esattamente nel senso di Liang Qichao). E proprioperché è cosí, il partito è il battistrada di una verarivoluzione culturale, che compensi la portata delletrasformazioni tecnico-economiche. Questo è possi-bile perché il sovrano, diversamente che nel bolscevi-smo, è tutto il popolo. Il partito è perciò in senso fich-tiano il “despota” (Zwangsherr, il signore dotato dipotenza coercitiva) dell’educazione (nel capitalismooccidentale questo dominio coercitivo viene esercitatooccultamente dalla formazione scolastica). Il successodella rivoluzione culturale è l’intralasciabile condi-zione per il compimento della rinascita morale.

Sulle domande a Manfred Buhr

Alla domanda 7:L’errore capitale della Rivoluzione francese è d’aver

liberato l’uomo politicamente, ma non economica-mente. L’educazione deve far sí che gli uomini ricono-scano che non può darsi salvaguardia dei diritti umanisenza il superamento del sistema di sfruttamento eco-nomico.

Alla domanda 6:Lo spirito tedesco è quello della fraternità senza

imperialismo. Teotisk, germanus. È lo spirito di unasolidarietà onnilateralmente umana e del permanenteapprofondimento spirituale.

Alla domanda 5: Fichte riuscí a enucleare la specifica idea tedesca

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perché aveva compreso l’idea del regno (Reich).(Soltanto un anno prima, nel 1806, era stato “sciolto”il Sacro Impero). È l’idea di una comunità anarchica aldi sopra di tutti gli istituti statuali, che a suo avvisodevono stare al servizio del regno.

Alla domanda 4:Gia dalla prima epoca antica i tedeschi non vollero

“re” dalla nobiltà ma capi “per valore”, come già testi-monia Tacito. Il loro atto di significato storico-univer-sale è stato che senza “reges ex nobilitate” si volle unanazione “anarchica”, i cui duces o il cui dux dovevaessere soltanto un protettore delegato, non un impe-ratore o basileus.

Alla domanda 3:Lo stato di diritto sussiste soltanto se è sostenuto

dalla coscienza del diritto dei suoi cittadini. Nessunabuona repubblica senza buoni repubblicani. Perciò èla disposizione spirituale che sta alla base la condizionedecisiva della giusta esistenza politica.

Alla domanda 2:L’esistenza fondativa dell’uomo è per Fichte quella

della libera “posizione”. Questa sola fa il suo essereuomo. Perciò i cittadini di una comunità politicadevono essere uomini che “si pongono come liberi”,liberi nella loro esistenza sociale. Questo era l’assiomadella Rivoluzione francese; ma essa non giunse allavera “fraternità”.

Alla domanda 1: Fichte colse il pericolo dell’imperialismo, un impe-

rialismo straniero imposto ai tedeschi da parte dei

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rivoluzionari francesi (e del loro Empereur). Lo spiritofondante della nazione sarebbe stato ucciso (esempioodierno: l’Irak da parte degli USA!).

Dopo la ricezione delle risposte dalla direzionecinematografica della Central China TeleVision è statocomunicato a me – Reinhard Lauth – da parte delsignor Zhang Wen-peng, il cui compito era in partico-lare la produzione del film documentario sullaGermania, che fra tutti gli intervistati avrei spiegato ionel modo piú calzante la via specifica del comunismocinese. Questa comunicazione mi giunse in parte dalprofessor Liang Zhi-xüe dell’Istituto di filosofia dellaAccademia delle scienze sociali. La linea direttasarebbe: Rousseau – Fichte – Liang Qichao – RosaLuxemburg – Mao Tse-tung – Deng Xiaoping.

Essendo rimasto sopreso dalla menzione di RosaLuxemburg, ne studiai ancora una volta la posizione.Risultato: Non posso accettare la concezione del ruolodel partito politico nella Luxemburg e, dato che que-sta è una posizione in lei fondante, non posso accet-tare nemmeno la sua critica alla concezione di Lenin.Secondo il concetto democratico in senso formale ilpartito è in ogni democrazia una determinata e decisarappresentanza di interessi. Il risultato della sua operaè la volonté de tous, non la volonté générale. Nellanuova società comunista può tuttavia venire rappre-sentato soltanto il punto di vista della volonté générale,che deve venire mediata volta a volta dai soviet.

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Considerazione finale

Venendo da occidente la Germania è la primapotenza orientale, cosí come la Russia, venendo daoriente, è la prima potenza occidentale. Questa osser-vazione può sorprendere o addirittura scandalizzaremolte persone, ma soltanto perché fanno l’errore dipensare che ciò che non si osserva o che non si lasciaosservare, anche non esista. In fondo noi tedeschisiamo due cose: siamo come sempre un “regno” e nonun imperium e/o una democrazia formale, e come sem-pre siamo legati a un altro ideale di comunità rispettoa quello dell’occidente moderno.

Siamo una potenza orientale proprio perché confi-niamo con l’oriente, anzitutto confiniamo con l’orientein Russia, i cui problemi non ci possono restare indif-ferenti. Siamo una potenza orientale perché dai cri-mini di Hitler (guerra contro la Russia) abbiamo unarelazione particolare con l’ebraismo, che è per partesua un fenomeno orientale (anche se sui generis).Siamo una potenza orientale perché sono nostri con-cittadini molti milioni di immigrati dalla Turchia edall’Asia anteriore, cosa che a noi tedeschi che pen-siamo piú in profondità solleva un problema di com-prensione. Piú che per tutti i motivi addotti siamo indefinitiva una potenza orientale perché la nostra vicinaRussia – da Pietro il Grande e la zarina (tedesca)Caterina attraverso Tauroggen (1812), Verdun (1916,in senso negativo), Brest-Litovsk (1918) e Rapallo(1917); dalla collaborazione dei generali e dei diplo-

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matici dell’impero tedesco con Lenin, passando per lacollaborazione di Reichswehr e Armata rossa (diSeeckt e Tuchatschewskij) e, per quanto paradossaleciò sia, di Hitler e Stalin dal 1933 al 1941, e addiritturafino alla primavera del 1943 (l’ultima offerta di Stalina Hitler di terminare la guerra) – dicevo, perché lanostra vicina Russia sa da tutto questo che la nostrasorte è collegata alla sua fatalmente, o meglio: è colle-gata alla sua in un modo particolare per l’istanza difondo dei nostri due popoli. Infine siamo una potenzaorientale perché sull’altro confine dell’Asia esiste pari-menti un “regno”, l’“Impero di mezzo”, che inmaniera analoga chiude l’oriente in Estremo oriente.Per il felice sviluppo in direzione dell’Unione è l’interaEuropa che oggi è con noi, da un suo lato, una potenzaorientale, se essa non andrà infine in frantumi per lesue contraddizioni (disfacentesi ateismo rivolto controla base cristiana). Già il prossimo futuro rivelerà contutta la chiarezza desiderabile che cosa questo signifi-chi e quale sciagura ne deriverebbe se non volessimocapire che questo è il compito nostro.

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Appendice fotografica

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Foto 3. Reinhard Lauth eManfred Buhr

Foto 4. Nel giorno della grande Festa della rivoluzione

davanti al mausoleo di Mao

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121FICHTE IN GERMANIA E IN CINA

Foto 5. Wang Jiu-xing

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Foto 6. Reinhard Lauth e Wang Jiu-xing

Foto 7. Reinhard Lauth e Liang Zhi-xüe a Deutschlandsberg nel 1987

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123FICHTE IN GERMANIA E IN CINA

Foto 8. Liang Zhi-xüe e la moglie Shen Zhen

Foto 9. Conferenza all’Istituto di filosofia di Pechino nel 1984

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Foto 10. Sulla Muraglia cinese nel 1987

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INDICE

Fichte in Germania e in Cina 1957-1980-2005.Conferenza tenuta a Monaco il 29 luglio 2005.

APPENDICE 1: Liang Qichao (1873-1929)

APPENDICE 2: Henry Kissinger incontra Mao Tse-Tung – 17 febbraio 1973

APPENDICE 3: Prof. Dr. Dr. h. c. Horst Kunze (22 set-tembre 1909-18 luglio 2000)

APPENDICE 4: Il ritorno carico di conseguenze dellaCina nell’economia mondiale. L’Impero di mezzocome rischio politico-strategico

APPENDICE 5: Domande della Central ChinaTeleVision (CCTV) a Reinhard Lauth (e a ManfredBuhr)

Considerazione finale

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Riproduzioni:

Foto 1: Accordo fra la redazione della Edizione com-pleta di J. G. Fichte promossa dalla Accademia bava-rese delle scienze e la Biblioteca nazionale tedesca diBerlino.

Foto 2: Henry Kissinger, Chou En-lai e Mao Tse-tungil 17 febbraio 1973

Foto 3: Reinhard Lauth e Manfred Buhr

Foto 4: Nel giorno della grande Festa della rivolu-zione davanti al mausoleo di Mao

Foto 5: Wang Jiu-xing

Foto 6: Reinhard Lauth e Wang Jiu-xing

Foto 7: Reinhard Lauth e Liang Zhi-xüe a Deutsch-landsberg nel 1987

Foto 8: Liang Zhi-xüe e la moglie Shen Zhen

Foto 9: Conferenza all’Istituto di filosofia di Pechinonel 1984

Foto 10: Sulla Muraglia cinese nel 1987

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ISTITUTO ITALIANO PER GLI STUDI FILOSOFICI

«Momenti e problemi della storia del pensiero»

1. RENATO LAURENTI, Introduzione alla Politica di Aristotele.2. MANFRED BUHR, Ragione e rivoluzione nella filosofia clas-

sica tedesca.3. ARBOGAST SCHMITT, Autocoscienza moderna e interpreta-

zione dell’antichità.4. ERNESTO GRASSI, Il dramma della metafora. Euripide,

Eschilo, Sofocle, Ovidio.5. GIOVANNI MASTROIANNI, Pensatori russi del Novecento.6. AA.VV., L’esperienza e l’uomo nel pensiero di Franco Lom-

bardi.7. IMRE TOTH, I paradossi di Zenone nel Parmenide di Pla-

tone.8. OTTO PÖGGELER, Heidegger e la filosofia ermeneutica.9. ARMANDO RIGOBELLO (a cura di), Il «regno dei fini» in Kant.

10. LEONARDO DI CARLO, Tempo, autocoscienza e storia inHegel.

11. AA.VV., La verita nell’antico e nel moderno, (a cura diDomenico di Iasio).

12. AA.VV., Il passato degli antichi, (a cura di Flaviana Ficca).13. AA.VV., Il medico tra corpo e anima, (a cura di Angela

Giustino Vitolo e Mario Coltorti).14. RAFFAELE SIRRI, Le opere e i giorni d’un filosofo. Bernardino

Telesio.15. FIORINDA LI VIGNI, Il concetto di astratto nel giudizio sulla

Rivoluzione francese.16. AA.VV., Ricomincio ... da me - Il Counseling esistenziale

nel lavoro individuale e di gruppo.17. RAFFAELE SIRRI (a cura di), Giambattista della Porta in edi-

zione nazionale.

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18. NICOLA CAPUTO, Bertando Spaventa e la sua scuola. Saggiostorico-teoretico.

19. JULIA PONZIO, FILIPPO SILVESTRI, Il seme umanissimo dellafilosofia. Itinerari nel pensiero filosofico di Giuseppe Seme-rari.

20. SOSSIO GIAMETTA, Colli e Montinari.21. PIETRO LAURO, Nel contesto. Sulla critica di Adorno a

Husserl.22. SERGIO MAROTTA, Le nuove feudalità. Società e diritto nel-

l’epoca della globalizzazione.23. GIOVANNI STELLI, Il filo di Arianna. Relativismi postmo-

derni e verità della ragione.24. REINHARD LAUTH, Fichte in Germania e in Cina. 1957 -

1980 - 2005.