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Registro delle lezioni di Analisi Matematica (12 CFU) Universit` a di Firenze - Facolt` a di Ingegneria Corso di Laurea in Ingegneria per l’Ambiente, le Risorse ed il Territorio (IART) Anno accademico 2011/2012 – Prof. Massimo Furi Testo di riferimento: Bertsch - Dal Passo - Giacomelli, Analisi Matematica, McGraw-Hill. Testi consigliati per esercizi: Benevieri, Esercizi di Analisi Matematica 1, De Agostini Editore; Adams, Calcolo Differenziale 1, Casa Editrice Ambrosiana; Adams, Calcolo Differenziale 2, Casa Editrice Ambrosiana. Testi consigliati per eventuali approfondimenti: Giaquinta - Modica, Note di Analisi Matematica (funzioni di una variabile), Pitagora; Bertsch - Dal Passo, Elementi di Analisi Matematica, Aracne; Giaquinta - Modica, Note di Analisi Matematica (funzioni di pi` u variabili), Pitagora; Bramanti - Pagani - Salsa, Matematica (calcolo infinitesimale e algebra lineare), Zanichelli. Testi consigliati per le nozioni basilari (in caso di difficolt` a nel comprendere le spiegazioni): Anichini - Carbone - Chiarelli - Conti, Precorso di Matematica, Prentice Hall; Tommei, Matematica di base, Apogeo; Boieri - Chiti, Precorso di Matematica, Zanichelli. Avvertenza. Sono riportati nei dettagli tutti gli argomenti svolti a lezione la cui impo- stazione differisce in modo sostanziale da quella del testo di riferimento. Negli altri casi, il pi` u delle volte, ci limitiamo semplicemente ad elencare gli argomenti trattati in aula. Avvertenza. L’abbreviazione sd significa “senza dimostrazione”. Avvertenza. L’abbreviazione fac significa “dimostrazione facoltativa” o “esercizio facol- tativo” (per gli studenti pi` u preparati). Gli studenti sono invitati a segnalare eventuali errori riscontrati nel registro delle lezioni scrivendo a massimo.furi@unifi.it e indicando il tipo di errore e il numero della lezione. ` E sufficiente scrivere la formula (o frase) errata e il numero della lezione (non la pagina, perch´ e nel file sorgente, in LaTeX, non ` e indicata). Ogni errore segnalato comporter` a un bonus di un voto nel primo compito scritto, successivo alla segnalazione, che lo studente consegner` a per la correzione (comunicare nome, cognome e numero di matricola). Per un rapido riscontro con precedenti versioni del presente registro, le modifiche apportate alle lezioni svolte da pi` u di una settimana risulteranno colorate come segue: - in blu se sono integrazioni di testo; - in rosso se sono correzioni di errori o modifiche del testo preesistente. 15 luglio 2012 1

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  • Registro delle lezioni di Analisi Matematica (12 CFU)Università di Firenze - Facoltà di Ingegneria

    Corso di Laurea in Ingegneria per l’Ambiente, le Risorse ed il Territorio (IART)

    Anno accademico 2011/2012 – Prof. Massimo Furi

    Testo di riferimento:

    • Bertsch - Dal Passo - Giacomelli, Analisi Matematica, McGraw-Hill.

    Testi consigliati per esercizi:

    • Benevieri, Esercizi di Analisi Matematica 1, De Agostini Editore;• Adams, Calcolo Differenziale 1, Casa Editrice Ambrosiana;• Adams, Calcolo Differenziale 2, Casa Editrice Ambrosiana.

    Testi consigliati per eventuali approfondimenti:

    • Giaquinta - Modica, Note di Analisi Matematica (funzioni di una variabile), Pitagora;• Bertsch - Dal Passo, Elementi di Analisi Matematica, Aracne;• Giaquinta - Modica, Note di Analisi Matematica (funzioni di più variabili), Pitagora;• Bramanti - Pagani - Salsa, Matematica (calcolo infinitesimale e algebra lineare),

    Zanichelli.

    Testi consigliati per le nozioni basilari (in caso di difficoltà nel comprendere le spiegazioni):

    • Anichini - Carbone - Chiarelli - Conti, Precorso di Matematica, Prentice Hall;• Tommei, Matematica di base, Apogeo;• Boieri - Chiti, Precorso di Matematica, Zanichelli.

    Avvertenza. Sono riportati nei dettagli tutti gli argomenti svolti a lezione la cui impo-

    stazione differisce in modo sostanziale da quella del testo di riferimento. Negli altri casi, il

    più delle volte, ci limitiamo semplicemente ad elencare gli argomenti trattati in aula.

    Avvertenza. L’abbreviazione sd significa “senza dimostrazione”.

    Avvertenza. L’abbreviazione fac significa “dimostrazione facoltativa” o “esercizio facol-

    tativo” (per gli studenti più preparati).

    Gli studenti sono invitati a segnalare eventuali errori riscontrati nel registro delle lezioni

    scrivendo a [email protected] e indicando il tipo di errore e il numero della lezione.

    È sufficiente scrivere la formula (o frase) errata e il numero della lezione (non la pagina,

    perché nel file sorgente, in LaTeX, non è indicata). Ogni errore segnalato comporterà un

    bonus di un voto nel primo compito scritto, successivo alla segnalazione, che lo studente

    consegnerà per la correzione (comunicare nome, cognome e numero di matricola).

    Per un rapido riscontro con precedenti versioni del presente registro, le modifiche apportate

    alle lezioni svolte da più di una settimana risulteranno colorate come segue:

    - in blu se sono integrazioni di testo;

    - in rosso se sono correzioni di errori o modifiche del testo preesistente.

    15 luglio 2012 1

  • Registro di Analisi Matematica – c.l. IART – a.a. 2011/2012 – M. Furi

    Prima parte: Analisi Matematica I

    1 - Mercoled̀ı 14/09/11 (per maggiori dettagli consultare il testo di riferimento)

    Richiami sul concetto di insieme. Elementi di un insieme. Sottoinsiemi di un insieme. In-

    sieme vuoto. Unione e intersezione di due insiemi. Complementare di un insieme (rispetto

    ad un universo assegnato). Differenza tra due insiemi. Leggi di De Morgan.

    2 - Mercoled̀ı 14/09/11 (per maggiori dettagli consultare il testo di riferimento)

    Richiami sull’insieme R dei numeri reali e sui seguenti suoi sottoinsiemi: dei numeri naturali(N), degli interi (Z) e dei razionali (Q).

    Esercizio. Provare che la somma di due numeri razionali è un numero razionale.

    Esercizio. Dedurre dall’esercizio precedente che la somma di un razionale e di un irrazio-

    nale è un irrazionale. Mostrare con un esempio che la somma di due irrazionali può essere

    razionale.

    Esercizio. Sia a un numero reale non negativo. Supponiamo che per ogni ε > 0 si abbia

    a ≤ ε. Provare che a = 0.

    Esercizio. Provare che il quadrato di un numero (naturale) dispari è dispari. Pertanto,

    se il quadrato di un numero è pari, tale numero è necessariamente pari.

    Esercizio. Consideriamo la seguente proprietà dell’ordinamento dei numeri reali:

    P) dati due numeri reali a e b, se a ≤ b e c ≥ 0, allora ac ≤ bc.Dimostrare, a partire dalla proprietà P, il seguente risultato: dati due numeri positivi a e

    b, risulta a ≤ b se e soltanto se a2 ≤ b2.

    Teorema. Nell’insieme Q dei razionali non esiste un numero x tale che x2 = 2.Dimostrazione. Supponiamo per assurdo che esista un numero razionale p/q (con p, q ∈ N)tale che (p/q)2 = 2. Ovviamente si può supporre che la frazione p/q sia irriducibile (cioè che

    il numeratore e il denominatore non abbiano fattori a comune). Dalla suddetta uguaglianza

    si ottiene p2 = 2q2. Quindi p2 è pari e, di conseguenza, lo è anche p. Dunque esiste un

    numero naturale k tale che p = 2k, e da ciò, tenendo conto che p2 = 2q2, si deduce 2k2 = q2.

    Pertanto anche q è pari, in contrasto con l’aver supposto p/q irriducibile. La contraddizione

    prova che p/q non può essere un numero razionale.

    In seguito proveremo che, dato un numero naturale n ed assegnato un numero reale non

    negativo a, esiste un’unica soluzione non negativa dell’equazione xn = a. Tale soluzione

    si chiama radice n-esima aritmetica di a e si denota col simbolo n√a (se n = 2 si scrive√

    a). Se n è pari e a > 0, allora l’equazione xn = a ha due soluzioni, entrambe dette

    radici n-esime di a. Ciascuna delle due radici è opposta dell’altra, ma soltanto quella

    positiva si chiama radice aritmetica, ed è quella denotata n√a (l’altra è − n

    √a). Se n è

    dispari, allora, qualunque sia il numero a, l’equazione xn = a ha un’unica soluzione (in

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    campo reale), denotata n√a anche quando a < 0 (tale notazione, data l’unicità della radice

    reale del polinomio xn = a, non dà luogo a equivoci). Vedremo in seguito che (per evitare

    pedanti distinguo) è conveniente definire le potenze ad esponente reale soltanto quando la

    base è positiva (a meno che l’esponente non sia un intero). Pertanto n√a coincide con a1/n

    soltanto per a > 0 (se a < 0 ed n è dispari si ha n√a = −|a|1/n).

    Consideriamo la proposizione: se domani pioverà allora uscirò con l’ombrello. La propo-

    sizione ha un’ipotesi, “domani pioverà”, e una tesi, “uscirò con l’ombrello”. Chiamiamo

    A l’ipotesi e B la tesi. La proposizione è scritta in simboli matematici come A ⇒ B.L’indomani si possono verificare i casi seguenti:

    • piove ed esco con l’ombrello;• piove ed esco senza l’ombrello;• non piove ed esco con l’ombrello;• non piove ed esco senza l’ombrello.

    La proposizione impone a B di essere verificata se si verifica A. Se invece A non si verifica

    allora ogni obbligo su B è sciolto. In altre parole dei quattro casi precedenti solo il secondo

    provoca la falsità della proposizione A ⇒ B. Se l’indomani non piove, l’ipotesi non èsoddisfatta e non c’è alcun vincolo sulla tesi, cioè posso uscire con o senza l’ombrello, a

    piacere. Secondo il senso comune diremmo che anche il terzo caso è in contrasto con la

    proposizione. In realtà, per quanto detto prima, è invece in accordo.

    La proposizione che è vera quando sono soddisfatti il primo e il quarto dei precedenti casi

    è: se e soltanto se domani pioverà allora uscirò con l’ombrello. Essa è un modo sintetico

    di scrivere l’unione delle due proposizioni: se domani pioverà allora uscirò con l’ombrello

    e uscirò con l’ombrello solo se domani pioverà. In simboli si scrive A⇔ B.

    Vari modi equivalenti per enunciare un teorema nella forma A⇒ B:• A implica B;• se A allora B;• B se A;• da A segue B;• A solo se B.

    Ricordiamo che in un teorema nella forma A⇒ B, la proposizione A si chiama ipotesi e laB si dice tesi. Il teorema afferma che un solo fatto non si può verificare: che sia falsa B e

    vera A. In simboli logici afferma che è vera la proposizione ¬(A∧¬B) oppure, per le leggidi De Morgan, che è vera (¬A) ∨B; da cui si evince che quando A è falsa, A⇒ B è vera.

    Definizione (di intervallo). Un intervallo è un sottoinsieme di R con la proprietà che seci stanno due punti, ci stanno anche tutti i punti intermedi. In altre parole, J ⊆ R è unintervallo se è vera la seguente proposizione: (x1, x2 ∈ J) ∧ (x1 < c < x2) =⇒ c ∈ J .

    Esercizio. Provare che se un intervallo contiene due punti (distinti), allora ne contiene

    infiniti.

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    Esercizio. Mostrare che, in base alla suddetta definizione, l’insieme vuoto e i singoletti

    (cioè i sottoinsiemi di R costituiti da un sol punto) sono intervalli.Suggerimento. Ricordarsi che una proposizione del tipo A =⇒ B è falsa solo in un caso:quando A è vera e B è falsa.

    Esercizio. Provare che (in base alla suddetta definizione) i seguenti sottoinsiemi di R sonointervalli (a e b sono due numeri reali assegnati):

    • (a, b) :={x ∈ R : a < x < b

    };

    • [a, b] :={x ∈ R : a ≤ x ≤ b

    };

    • (a, b] :={x ∈ R : a < x ≤ b

    };

    • (−∞, a] :={x ∈ R : x ≤ a

    };

    • (a,+∞) :={x ∈ R : a < x

    }.

    Esercizio. Mostrare che R\{0} non è un intervallo.

    Ogni intervallo può essere rappresentato in uno dei seguenti modi: ∅, {a}, (a, b), (a, b],[a, b), [a, b], (a,+∞), [a,+∞), (−∞, a), (−∞, a], R. Gli intervalli (a,+∞) e [a,+∞) sidicono semirette destre (di estremo a), mentre (−∞, a) e (−∞, a] sono semirette sinistre.

    Un intervallo costituito da infiniti punti si dice non banale, mentre l’insieme vuoto e i

    singoletti (dell’universo R) sono intervalli banali.

    Ogni sottoinsieme di R può possedere alcune proprietà che verranno introdotte più avanti.Come vedremo, può essere (o non essere) chiuso, aperto, limitato superiormente, limitato

    inferiormente, limitato. Per ora ci limitiamo ad affermare, come se fosse una definizione,

    che gli intervalli ∅, {a}, (a, b), (a, b], [a, b) e [a, b] sono limitati, mentre (a,+∞), [a,+∞),(−∞, a), (−∞, a] e R non lo sono; che (a, b), (−∞, a) e (a,+∞) sono aperti, e che {a},[a, b], (−∞, a] e [a,+∞) sono chiusi; mentre l’intervallo (a, b] non è né aperto né chiuso (sidice che è aperto a sinistra e chiuso a destra, ma è un’affermazione che ha senso solo per

    gli intervalli e non per gli arbitrari sottoinsiemi di R).

    Esercizio. Provare che l’intersezione di due intervalli è un intervallo (eventualmente vuoto

    o costituito da un sol punto).

    Esercizio. Mostrare con un esempio che l’unione di due intervalli può non essere un

    intervallo.

    Eserciziofac. Provare che se due intervalli hanno intersezione non vuota, allora la loro

    unione è un intervallo.

    3 - Venerd̀ı 16/09/11

    Definizione (di maggiorante e di minorante). Sia X un sottoinsieme di R. Un numeroreale b si dice un maggiorante (o una limitazione superiore) per X se x ≤ b per ogni x ∈ X.Analogamente, a è un minorante (per X) se a ≤ x,∀x ∈ X.

    Ad esempio, i numeri 5, 6, 4 e 1+π sono dei maggioranti per l’insieme X = [−1, 0)∪ (2, 4),

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    mentre non lo sono 0, 3 e −1. Il numero −1 è un minorante per X ma non lo sono 0, 3, 5,6, 4 e 1+π.

    Definizione (di insieme limitato). Un insieme X ⊆ R si dice limitato superiormentese ammette un maggiorante. Analogamente X è limitato inferiormente se ammette un

    minorante. Se X è limitato sia superiormente sia inferiormente, allora si dice che è limitato,

    e in tal caso esistono due numeri a e b tali che a ≤ x ≤ b, ∀x ∈ X (n.b. ciò non implicache X sia un intervallo).

    Per esempio, l’insieme X = [−1, 0) ∪ (2, 4) è limitato sia superiormente sia inferiormente,e quindi è limitato (si osservi che ogni x ∈ X verifica la condizione −1 ≤ x ≤ 4, ma Xnon è un intervallo). Il sottoinsieme N di R è limitato inferiormente ma non superior-mente, e quindi non è limitato. Il sottoinsieme Z di R non è limitato né inferiormente nésuperiormente, e quindi... (completare il discorso)

    Si osservi che se b è un maggiorante per X, allora lo è anche ogni c > b. Perciò i maggioranti

    di un insieme, se esistono, sono infiniti.

    Esercizio. Provare che se un insieme non vuoto ammette un maggiorante, allora l’insieme

    dei suoi maggioranti è una semiretta destra (vedremo che tale semiretta è sempre chiusa).

    Il massimo di un sottoinsieme X di R è, per definizione, un elemento di X maggioreo uguale ad ogni altro elemento di X. In altre parole, quando esiste, il massimo è un

    maggiorante appartenente all’insieme (se ne provi l’unicità). In modo analogo si definisce

    il concetto di minimo.

    Si osservi che non tutti gli insiemi limitati superiormente ammettono massimo (si pensi ad

    un intervallo aperto). Ciò giustifica l’introduzione di un concetto sostitutivo: la nozione di

    estremo superiore.

    Definizione (di estremo superiore e di estremo inferiore). Sia X un sottoinsieme di R. SeX è limitato superiormente, il suo estremo superiore è il minimo dei maggioranti di X e

    si denota col simbolo supX. Analogamente, se X è limitato inferiormente, il suo estremo

    inferiore (inf X) è il massimo dei minoranti di X. Si scrive inoltre supX = +∞ se X nonè limitato superiormente e inf X = −∞ se non è limitato inferiormente. È convenienteinfine porre inf ∅ = +∞ e sup ∅ = −∞ (l’insieme vuoto è l’unico sottoinsieme X di R percui non vale la relazione inf X ≤ supX).

    Esercizio. Mostrare che il massimo di un insieme, quando esiste, coincide con l’estre-

    mo superiore. Provare inoltre che l’estremo superiore di un insieme, quando appartiene

    all’insieme, coincide col massimo.

    Teoremasd (Proprietà di Dedekind, o di completezza, dei numeri reali). Ogni sottoin-

    sieme di R limitato superiormente (risp. inferiormente) ammette estremo superiore (risp.inferiore).

    In altre parole, se è vero, come si è visto, che non tutti gli insiemi limitati inferiormente

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    ammettono minimo, è invece vero che ammette sempre minimo la semiretta dei maggioranti

    di un qualsiasi insieme limitato superiormente.

    È noto che l’insieme Q dei razionali non gode della proprietà di Dedekind. Ad esempio, sipotrebbe provare (ma non lo facciamo) che, nell’universo dei razionali, l’insieme

    C ={x ∈ Q : (x > 0) ∧ (x2 < 2)

    }dei numeri razionali positivi il cui quadrato è minore di 2 non ammette estremo superiore.

    Esercizio. Provare che l’insieme C sopra definito ammette estremo inferiore sia nell’uni-

    verso dei razionali sia in quello dei reali.

    Eserciziofac. Provare che il numero 3/2 è un maggiorante per l’insieme C precedentemente

    definito. Pertanto, per la proprietà di Dedekind, nell’universo R esiste il numero supC. Sipotrebbe provare (ma non lo facciamo) che (supC)2 = 2, cioè supC =

    √2.

    Suggerimento. Supporre (per assurdo) che 3/2 non sia un maggiorante per C (negando la

    proposizione “ogni x ∈ C è tale che x ≤ 3/2”) e usare il fatto che se due numeri a e bverificano la condizione 0 < a < b, allora risulta a2 < b2.

    Esercizio. Dall’esercizio precedente dedurre che√

    2 ≤ 1, 5.

    Esercizio. Provare che il numero 1, 4 appartiene all’insieme C sopra definito. Dedurre da

    ciò che 1, 4 ≤√

    2.

    Esercizio. Provare che se A ⊆ B allora supA ≤ supB. Osservare inoltre che, in virtùdella convenzione sup ∅ = −∞, tale relazione è verificata anche quando A = ∅.

    Dalla Proprietà di Dedekind è possibile dedurre la seguente Proprietà di Archimede

    dei numeri reali: il sottoinsieme N di R non è limitato superiormente. Si osservi che ciòequivale ad affermare che per ogni a ∈ R esiste un n ∈ N tale che n > a (significa che “ognia ∈ R non è un maggiorante per N”, e ciò non è altro che la negazione della proposizione“esiste un maggiorante per N”).

    Esercizio. Si consideri l’insieme X = {1/n : n ∈ N} e si dimostri, usando le definizioni diestremo inferiore e di estremo superiore, che inf X = 0 e supX = 1.

    Suggerimento (per l’estremo inferiore). Si usi la Proprietà di Archimede per mostrare che

    X non ammette minoranti positivi.

    Eserciziofac. Determinare gli estremi superiore e inferiore dei seguenti insiemi (stabilire

    anche se ammettono massimo e minimo):

    1)⋃n≥1

    (nn+2 ,

    nn+1

    );

    2)⋃n≥2

    (− 12n , 1−

    1n

    ].

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    4 - Venerd̀ı 16/09/11 (per maggiori dettagli consultare il testo di riferimento)

    Richiami sulle potenze ad esponente intero (la base è arbitraria, tranne il caso 00, che non

    conviene definire). Richiami sulle potenze ad esponente reale (la base è positiva).

    Le tre proprietà fondamentali delle potenze (ad esponente reale):

    1) axay = ax+y;

    2) (ax)y = axy;

    3) axbx = (ab)x.

    Esercizio. Dedurre, dalle tre proprietà fondamentali delle potenze, le seguenti ulteriori

    proprietà:

    4) ax/ay = ax−y;

    5) (a/b)x = ax/bx.

    Il segno di un numero reale x è cos̀ı definito:

    signx =

    1 se x > 0

    0 se x = 0

    −1 se x < 0

    Ricordiamo che il valore assoluto di un numero reale è cos̀ı definito:

    |x| =

    {x se x ≥ 0

    −x se x < 0Tre definizioni alternative di valore assoluto:

    |x| =√x2, |x| = (signx)x, |x| = max{x,−x}.

    Talvolta per indicare il valore assoluto di un numero x si usa la notazione absx.

    Esercizio. Provare le seguenti proprietà fondamentali del valore assoluto:

    • |ab| = |a||b|;• |a+ b| ≤ |a|+ |b|.

    Esercizio. Provare che |x| < c se e solo se −c < x < c (e, analogamente, |x| ≤ c se e solose −c ≤ x ≤ c).

    Esercizio. Sia x0 un punto di R. Dedurre dall’esercizio precedente che |x − x0| < c se esolo se x0 − c < x < x0 + c.

    Ulteriore proprietà del valore assoluto (deducibilefac dalle proprietà fondamentali):

    | |a| − |b| | ≤ |a− b|.

    Definizione (di distanza). Dati due punti a, b ∈ R, il numero non negativo |b − a| sichiama distanza tra a e b.

    Definizione (di intorno). Dato un punto x0 ∈ R ed assegnato un numero r > 0, l’intornodi x0 di raggio r è l’insieme

    I(x0, r) ={x ∈ R : |x− x0| < r

    }

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    costituito dai punti x che distano da x0 meno di r.

    Esercizio. Mostrare che I(x0, r) coincide con l’intervallo aperto (x0 − r, x0 + r) di centrox0 e ampiezza 2r.

    5 - Venerd̀ı 16/09/11

    Dal punto di vista informale, una funzione (o applicazione) f da un insieme X in un

    insieme Y (si scrive f :X → Y ) è una “legge” che ad ogni elemento x ∈ X fa corrispondereun unico elemento y ∈ Y , detto immagine di x (tramite f) e denotato col simbolo f(x).Gli insiemi X e Y si chiamano, rispettivamente, dominio e codominio di f (quest’ultimo

    non va confuso con l’immagine di f , che definiremo più avanti). La relazione y = f(x)

    che lega ogni elemento del dominio col corrispondente elemento del codominio si chiama

    equazione del grafico di f . La lettera che si usa per rappresentare un generico elemento del

    dominio si chiama variabile indipendente mentre quella che rappresenta gli elementi del

    codominio è detta variabile dipendente. È di uso frequente denotare con x la prima e con

    y la seconda ma, ovviamente, si possono usare altre lettere. L’importante, quando è data

    l’equazione del grafico, è che risulti chiaro (almeno dal contesto) quale lettera rappresenta

    gli elementi del dominio e quale gli elementi del codominio.

    Un esempio di funzione è la legge che ad ogni studente dell’aula associa la prima lettera

    del suo cognome. Il dominio, in questo caso, è l’insieme degli studenti presenti in aula.

    Riguardo alla scelta del codominio, è prudente considerare l’insieme di tutte le lettere

    dell’alfabeto. L’immagine della funzione, come vedremo, è l’insieme costituito dalle lettere

    che corrispondono ad almeno uno studente presente in aula (è molto probabile che sia un

    sottoinsieme proprio del codominio, nel qual caso diremo che la funzione non è suriettiva).

    Consideriamo f :R→ R, f(x) = x2. Se prendiamo due numeri opposti, a e −a, osserviamoche f(a) = f(−a) = a2. Il fatto che due o più elementi (eventualmente tutti) abbiano lastessa immagine è una caratteristica di f e non è in contrasto con la definizione di funzione

    come “legge che ad ogni elemento del dominio associa un unico elemento del codominio”.

    Consideriamo f : [0, 1] → R, f(x) = x2. Il dominio è diverso da quello dell’esempio prece-dente. Quando due funzioni hanno domini diversi, anche se hanno la stessa legge, sono da

    considerarsi due funzioni diverse.

    Consideriamo f :R→ R, f(x) =

    {1/x se x 6= 0,0 se x = 0.

    La funzione assume valore 1/x se e solo se x 6= 0. Non si commetta quindi l’errore di direche la f non è definita in x = 0 perché si annulla il denominatore. La precedente funzione

    è ben diversa da g(x) = 1/x, definita in (−∞, 0) ∪ (0,+∞).

    Definizione (di restrizione di una funzione). La restrizione di una funzione f :X → Y adun sottoinsieme A di X (denotata f |A :A→ Y ) è definita dalla stessa legge che rappresentala funzione f , ma considerata da A in Y ; ossia valida soltanto per gli elementi di A.

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  • Registro di Analisi Matematica – c.l. IART – a.a. 2011/2012 – M. Furi

    Per indicare che f associa ad un generico elemento x ∈ X l’elemento f(x) ∈ Y , talvolta siusa la notazione f :x 7→ f(x). Ad esempio, la funzione f :R → R definita da f(x) = x2 sidenota anche f :x 7→ x2.

    Definizione (di funzione iniettiva). Una funzione f :X → Y si dice iniettiva (o 1− 1) seper ogni y ∈ Y esiste al più un x ∈ X tale che f(x) = y o, equivalentemente, se per ognix1, x2 ∈ X tali che x1 6= x2 risulta f(x1) 6= f(x2).

    Ad esempio, la funzione che ad ogni studente presente in aula associa il suo codice fiscale è

    ovviamente iniettiva, mentre non lo è quella che ad ogni studente in aula fa corrispondere

    l’iniziale del suo cognome (possiamo affermarlo con certezza, dato che gli studenti presenti

    sono più di 26).

    Definizione (di immagine). Data una funzione f :X → Y e dato un sottoinsieme A di X,l’immagine di A (tramite f) è il sottoinsieme f(A) del codominio Y di f costituito dagli

    elementi y che sono immagine di almeno un x ∈ A. In simboli:

    f(A) ={y ∈ Y : y = f(x) per almeno un x ∈ A

    },

    oppure

    f(A) ={y ∈ Y : ∃x ∈ A tale che y = f(x)

    }.

    L’immagine f(X) di tutto il dominio si chiama anche immagine di f e si denota col simbolo

    Imf (oltre che con f(X)).

    Esercizio. Stabilire (in base alla suddetta definizione) se i numeri y = −3, y = 0 e y = 2appartengono all’immagine della seguente funzione (reale di variabile reale):

    f(x) =1

    x+ 1.

    Esercizio. Determinare l’immagine di

    f(x) =1

    x+ 1,

    usando esclusivamente la definizione di immagine.

    Esercizio. Determiniamo l’immagine della funzione (reale di variabile reale)

    f(x) =1

    |x|+ 1,

    usando esclusivamente la definizione di immagine.

    Svolgimento. In base alla definizione di immagine dobbiamo determinare i numeri y ∈ Rper i quali l’equazione f(x) = y ammette almeno una soluzione (x è l’incognita e y è

    un dato del problema). Si può supporre y 6= 0 perché f(x) 6= 0, ∀x ∈ R (volendo sipotrebbero considerare solo gli y > 0 ma, come vedremo, non occorre). Consideriamo

    quindi l’equazione1

    |x|+ 1= y,

    15 luglio 2012 9

  • Registro di Analisi Matematica – c.l. IART – a.a. 2011/2012 – M. Furi

    con y ∈ R\{0}. Avendo supposto y 6= 0, tale equazione ammette soluzione (in camporeale) se e solo se esiste x ∈ R tale che

    |x| = 1y− 1,

    cioè se e solo se1

    y− 1 ≥ 0.

    Infatti, fissato un numero c ∈ R, l’equazione |x| = c non ammette soluzioni se c < 0, neammette una sola se c = 0 (quale?) e ne ha due (una negativa e una positiva) se c > 0.

    Ovviamente la precedente disequazione non ha soluzioni se y < 0 (perché?), non ha senso

    se y = 0, e quando y > 0 ammette soluzioni se e solo se y ≤ 1. Pertanto Imf = (0, 1].

    Esercizio. Determinare l’immagine della funzione (reale di variabile reale)

    f(x) =1

    |x| − 1,

    usando esclusivamente la definizione di immagine.

    6 - Mercoled̀ı 21/09/11

    Definizione (di retroimmagine). Data una funzione f :X → Y e dato un sottoinsieme Bdel suo codominio Y , la retroimmagine (o controimmagine o immagine inversa o preim-

    magine) di B (tramite f) è il sottoinsieme f−1(B) di X costituito dagli elementi la cui

    immagine sta in B. In simboli:

    f−1(B) ={x ∈ X : f(x) ∈ B

    }.

    Analogamente, fissato un elemento y ∈ Y , si pone

    f−1(y) ={x ∈ X : f(x) = y

    }.

    Ad esempio, per f :R → R definita da f(x) = x2 risulta f−1(4) = {−2, 2}, f−1(−4) = ∅,f−1([−1, 4]) = [−2, 2] e f−1((1, 4]) = [−2,−1) ∪ (1, 2].

    Definizione (di funzione suriettiva). Una funzione f :X → Y si dice suriettiva se per ogniy ∈ Y esiste almeno un x ∈ X tale che f(x) = y; ossia, se Imf = Y .

    Ad esempio, la funzione f :R → R definita da f(x) = 3x + 2 è suriettiva perché, dato unqualunque numero reale y, esiste un x tale che y = 3x+ 2. In questo caso x è addirittura

    unico ed è il numero (y − 2)/3 (quindi f è anche iniettiva). Vedremo in seguito che (comeconseguenza del teorema dei valori intermedi) anche la funzione f(x) = x3−x è suriettiva,ma non iniettiva perché l’equazione x3 − x = 0 ammette più di una soluzione (verificarloper esercizio).

    Definizione (di funzione biiettiva). Una funzione f :X → Y si dice biiettiva (o corrispon-denza biunivoca) se è sia iniettiva sia suriettiva.

    15 luglio 2012 10

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    Definizione (di funzione inversa). Data una funzione iniettiva f :X → Y , la sua funzioneinversa, denotata f−1, è quella legge che ad ogni y dell’immagine Imf di f associa l’unico

    elemento x ∈ X tale che f(x) = y (in questo caso la lettera y rappresenta la variabileindipendente e la x è la variabile dipendente).

    È bene precisare che in alcuni testi di Analisi Matematica vengono dette invertibili soltanto

    le funzioni biiettive (cioè iniettive e suriettive). Noi preferiamo chiamare invertibili tutte

    le funzioni iniettive (senza richiedere la suriettività). In tal caso il dominio della funzione

    inversa coincide con l’immagine della funzione che si inverte.

    Osservazione. L’immagine (risp. il dominio) di una funzione inversa coincide col dominio

    (risp. l’immagine) della funzione che viene invertita.

    È immediato verificare che se f :X → Y è iniettiva, allora

    f−1(f(x)) = x, ∀x ∈ X, e f(f−1(y)) = y, ∀ y ∈ Imf.

    7 - Mercoled̀ı 21/09/11

    Il prodotto cartesiano di due insiemi X e Y è l’insieme, denotato col simbolo X × Y ,costituito dalle coppie ordinate (x, y) con x ∈ X e y ∈ Y . Il prodotto X × X si denotaanche X2. Analogamente, X3 è l’insieme delle terne ordinate degli elementi di X. Più in

    generale, dato n ∈ N, Xn rappresenta l’insieme delle n-ple ordinate di numeri reali.

    Il grafico di una funzione f :X → Y è il sottoinsieme del prodotto cartesiano X × Ycostituito dalle coppie (x, y) che verificano la relazione y = f(x) che, come abbiamo visto,

    è detta equazione del grafico di f .

    Fino ad ora ci siamo accontentati soltanto della nozione intuitiva di funzione, senza preci-

    sare il significato dell’espressione “legge che ad ogni elemento del dominio associa un unico

    elemento del codominio”. La definizione che segue introduce il concetto di funzione in

    modo rigoroso (la riportiamo soltanto per le esigenze degli studenti desiderosi di una più

    profonda comprensione dei concetti astratti).

    Definizione formale di funzione. Una funzione (o applicazione) è una terna (ordinata)

    f = (X,Y,G), dove X è un insieme, detto dominio, Y è un insieme, chiamato codominio,

    e G, il cosiddetto grafico di f , è un sottoinsieme del prodotto cartesiano X × Y che godedella seguente proprietà: per ogni x ∈ X esiste un unico y ∈ Y per il quale si ha (x, y) ∈ G;tale elemento, univocamente associato ad x, si chiama immagine di x e si denota con f(x).

    Una funzione si dice reale quando il suo codominio è un sottoinsieme di R (indipendente-mente dal dominio, che può essere un qualunque insieme), si dice di variabile reale quando

    il suo dominio è un sottoinsieme dei reali. Pertanto, una funzione reale di variabile reale

    ha sia dominio che codominio nei reali.

    Convenzione. Per semplicità, a meno che non venga diversamente specificato, suppor-

    remo sempre che il codominio di ogni funzione reale sia tutto R. Ciò ci permetterà di

    15 luglio 2012 11

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    combinare tra loro le funzioni reali, mediante operazioni di somma, prodotto, quoziente e

    composizione, concentrando la nostra attenzione esclusivamente sulla eventuale determina-

    zione del dominio delle funzioni cos̀ı ottenute (chiamato anche campo di esistenza), senza

    l’obbligo di calcolarne il codominio.

    Un modo diretto per rappresentare una funzione reale di variabile reale f è quello di

    scriverne l’equazione del grafico. Tale equazione, infatti, individua univocamente il terzo

    insieme della terna f = (dominio, codominio, grafico), e una volta noto il grafico G di f

    (che in questo caso è un sottoinsieme di R2), il dominio non è altro che l’insieme degli x ∈ Rper cui la retta parallela all’asse y e passante per il punto (x, 0) interseca G (ovviamente

    in un sol punto, altrimenti G non sarebbe un grafico). Il codominio di f , per convenzione,

    è tutto R (a meno che non venga diversamente specificato). Ad esempio, invece di scrivere“Consideriamo la funzione da R\{0} in R definita da x 7→ 1/x” oppure “Consideriamola funzione f : R\{0} → R definita da f(x) = 1/x”, si può più semplicemente scrivere“Consideriamo la funzione y = 1/x”. In questo caso si sottintende che il dominio è l’insieme

    dei numeri x per cui ha senso (nei reali) il rapporto 1/x (cioè R\{0}) e il codominio (pertacita e prudente convenzione) è tutto R.

    Esercizio. Mostrare che l’insieme{(x, y) ∈ R2 : x2 + y2 = 1

    }non è un grafico, mentre lo è{

    (x, y) ∈ R2 : x2 + y2 = 1, y ≥ 0}.

    Esercizio. Scrivere in forma esplicita la funzione il cui grafico è dato da{(x, y) ∈ R2 : x2 + 4y2 − x = 4, y ≥ 0

    }e determinarne il dominio.

    I concetti di minorante, maggiorante, limitato inferiormente, limitato superiormente, limi-

    tato, estremo inferiore ed estremo superiore (precedentemente definiti per i sottoinsiemi

    di R) si estendono alle funzioni reali riferendosi all’immagine. Ad esempio, diremo cheuna funzione f :A → R è limitata se è limitata la sua immagine Imf . Diremo che unnumero b è un maggiorante per f se lo è per Imf ; vale a dire se f(x) ≤ b per ogni x ∈ A.Analogamente, gli estremi inferiore e superiore di f , denotati rispettivamente con

    infx∈A

    f(x) e supx∈A

    f(x)

    o, più semplicemente, con inf f e sup f , coincidono, per definizione, con gli estremi della

    sua immagine. Se B è un sottoinsieme del dominio A di f :A→ R,

    infx∈B

    f(x) e supx∈B

    f(x),

    15 luglio 2012 12

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    denotano, rispettivamente, l’estremo inferiore e l’estremo superiore della restrizione f |Bdi f a B. Ovviamente, ricordando la nozione di immagine di un insieme, tali estremi si

    possono denotare anche inf f(B) e sup f(B).

    Esercizio. Mostrare che f :A→ R è limitata se e solo se esiste una costante c ≥ 0 per laquale si ha |f(x)| ≤ c, ∀x ∈ A.

    Notazione. Da ora in avanti il dominio di una funzione f verrà denotato col simbolo D(f).

    Una funzione f (reale di variabile reale) si dice crescente se da x1, x2 ∈ D(f) e x1 < x2segue f(x1) ≤ f(x2); si dice strettamente crescente se da x1, x2 ∈ D(f) e x1 < x2 seguef(x1) < f(x2). Analogamente, f è decrescente se f(x1) ≥ f(x2) per ogni x1, x2 ∈ D(f)tali che x1 < x2, ed è strettamente decrescente se... (completare il discorso). Si dice che f

    è monotona (l’accento tonico cade sulla penultima sillaba) se è crescente o decrescente, e

    che è strettamente monotona se è strettamente crescente o strettamente decrescente.

    Osservazione. Le funzioni strettamente monotone sono anche monotone.

    Si osservi che una funzione f è monotona se e solo se il prodotto (x2− x1)(f(x2)− f(x1)),con x1 e x2 nel dominio, non cambia mai segno.

    È ovvio che se una funzione reale di variabile reale f :A → R è strettamente monotona,allora è anche iniettiva (provarlo per esercizio). Pertanto, in tal caso, è ben definita la sua

    funzione inversa f−1 : Imf → R, la cui immagine coincide col dominio A di f . Ricordiamoche, per convenzione, il codominio di una funzione reale è R, a meno che non venga diver-samente specificato (e ciò vale anche per la funzione inversa f−1 di f). Pertanto, poiché

    l’immagine di f−1 coincide col dominio di f , f−1 è suriettiva se e solo se f è definita in

    tutto R.

    Esercizio. Provare che se f :A→ R è strettamente crescente (o strettamente decrescente),allora lo è anche la sua funzione inversa.

    Esercizio. Si osservi che una funzione strettamente crescente è anche crescente. Mostrare

    con un esempio che non vale l’implicazione inversa.

    Esercizio. Provare che

    f :R→ R, f(x) = x2 non è monotona,f : [0, 1]→ R, f(x) = x2 è crescente,f : [−1, 0]→ R, f(x) = x2 è decrescente.

    Definizione (di funzione pari, dispari, periodica). Una funzione f :A→ R si dice pari se

    x ∈ A =⇒ −x ∈ A e f(−x) = f(x),

    si dice dispari se

    x ∈ A =⇒ −x ∈ A e f(−x) = −f(x),

    si dice periodica (in futuro) di periodo T > 0 se

    x ∈ A =⇒ x+ T ∈ A e f(x) = f(x+ T ).

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  • Registro di Analisi Matematica – c.l. IART – a.a. 2011/2012 – M. Furi

    Esempi di funzioni pari: le costanti, x2, 1/x2, x4, x2k (con k ∈ Z), cosx, cos 3x, 1/ cosx,1− x2 cosx, x tang x, |x|e−x2− x2 cosx.

    Esempi di funzioni dispari: senx, sen 3x, 1/ senx, senx cosx, tang x, xe−x2− x2 senx.

    Esempi di funzioni periodiche: le costanti, senx, sen 3x, 1/ senx, tang x, senx cosx,

    sen 2x+ 3 cos 5x.

    Esercizio. Consultare, nel testo di riferimento, la definizione di funzione “parte intera di

    x” (denotata [x] o intx) e provare che f(x) = x− intx è una funzione periodica.

    Osservazione. Se una funzione è periodica di periodo T , allora è periodica anche di

    periodo 2T , 3T , ecc. Pertanto, una funzione periodica ha infiniti periodi. Il più piccolo tra

    tutti si chiama periodo minimo.

    8 - Venerd̀ı 23/09/11

    Definizione (di funzione composta). Siano f :X → Y e g : Y → Z due applicazioni trainsiemi. La composizione di f con g, denotata g◦f , è quell’applicazione da X in Z (dettaanche funzione composta) che ad ogni x ∈ X associa l’elemento g(f(x)) di Z.

    Ad esempio se f :R → R è la funzione che ad ogni x associa x3 e g :R → R è definita dag(y) = 1/(2 + y2), allora (g◦f)(x) = 1/(2 + x6).

    In realtà per definire la composizione g◦f di due funzioni f e g, non c’è bisogno che ildominio di g coincida col codominio di f : la g può essere definita anche in un sottoinsieme

    del codominio di f . In tal caso il dominio della composizione g◦f è dato da tutti gli x percui ha senso scrivere g(f(x)), ovvero dagli x ∈ D(f) tali che f(x) ∈ D(g). In simboli:

    D(g◦f) = f−1(D(g)) ={x ∈ D(f) : f(x) ∈ D(g)

    }.

    Ad esempio se f e g sono due funzioni (reali di variabile reale) definite, rispettivamente,

    da f(x) =√x e g(y) = 1/(2− y), allora il dominio di g◦f è [0, 4) ∪ (4,+∞).

    Esercizio. Scrivere le composizioni f ◦ g e g ◦ f delle seguenti coppie di funzioni, determi-nando anche i domini delle composizioni ottenute:

    1) f(x) = x+ x3, g(x) = 3− x;2) f(x) = x2, g(x) =

    √x;

    3) f(x) = x+1x−1 , g(x) = 2− x2.

    Attenzione. Da ora in avanti, a meno che non venga esplicitamente dichiarato diversa-

    mente, le funzioni che considereremo avranno dominio contenuto in R e codominio ugualead R (da non confondere con l’immagine). Pertanto, con una notazione del tipo f :A→ Rintenderemo D(f) = A ⊆ R.

    Si fa presente che, data f :A → R, col simbolo f(x) si dovrebbe intendere il valore chela funzione f assume nel punto x (punto che si sottintende appartenente al dominio di

    f , altrimenti non ha senso scrivere f(x)). In altre parole, a rigore, f(x) rappresenta un

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    numero e non una funzione. Talvolta, però, per abuso di linguaggio e in conformità con

    una tradizione dura a morire, spesso con f(x) intenderemo la funzione f , e la lettera x

    (detta variabile indipendente) rappresenterà un generico elemento del dominio, e non un

    punto fissato. Comunque, se f(x) rappresenta un numero o una funzione si capisce dal

    contesto. Ad esempio, f(2) rappresenta inequivocabilmente un numero (il valore assunto

    da f nel punto 2), cos̀ı come la notazione f(x0) denota presumibilmente il valore assunto

    da f in un punto x0 fissato. Per indicare la funzione coseno non scriveremo cos (come a

    rigore si dovrebbe fare) ma cosx o cos t o cos θ, ecc. (la lettera usata per rappresentare la

    variabile indipendente è spesso suggerita dal suo significato fisico o geometrico).

    Definizione (di funzione combinata). Date due funzioni reali di variabile reale f e g, la

    loro somma f + g, il loro prodotto fg, il loro quoziente f/g e la loro composizione g◦f sidefiniscono nel modo seguente:

    • (f + g)(x) = f(x) + g(x);• (fg)(x) = f(x)g(x);• (f/g)(x) = f(x)/g(x);• (g◦f)(x) = g(f(x)).

    Il dominio di ciascuna delle suddette quattro funzioni (ottenute combinando f e g mediante

    le operazioni di somma, prodotto, quoziente e composizione) è dato dall’insieme dei numeri

    reali x per cui ha senso l’operazione che la definisce. Per esempio, il dominio di f + g è

    l’insieme dei numeri x per cui ha senso scrivere sia f(x) sia g(x), altrimenti non è definita la

    somma f(x)+g(x). Pertanto D(f+g) = D(f)∩D(g). Analogamente D(fg) = D(f)∩D(g),D(f/g) = {x ∈ D(f) ∩ D(g) : g(x) 6= 0} e D(g◦f) = {x ∈ D(f) : f(x) ∈ D(g)}.

    Si osservi che la somma, il prodotto e il quoziente di funzioni periodiche, tutte dello stesso

    periodo T , è ancora una funzione periodica di periodo T . La minimalità del periodo,

    tuttavia, non si conserva con dette operazioni. Ad esempio, senx e cosx sono periodiche

    di periodo 2π, e quindi, per quanto detto, è periodica di periodo 2π anche la funzione

    tang x := senx/ cosx; ma mentre 2π è il periodo minimo per le prime due funzioni, non lo

    è per la terza (il periodo minimo di tang x è π).

    Esercizio. Negare la proposizione “ogni pecora è bianca”. Analogamente, dato un insieme

    X ⊆ R e un numero b, negare la proposizione “ogni x di X verifica la condizione x ≤ b”(che equivale ad affermare che b è un maggiorante per X).

    Esercizio. Negare la proposizione “esiste una pecora verde”. Analogamente, dato un

    insieme X ⊆ R, negare la proposizione “esiste un maggiorante per X” (che equivale adaffermare che X è limitato superiormente).

    Definizione (di massimo e minimo di una funzione). Il massimo dell’immagine di una

    funzione (se esiste) si chiama massimo (assoluto) della funzione, ed è un concetto da non

    confondere con i punti in cui tale massimo è assunto, detti punti di massimo (assoluto).

    In maniera analoga si definisce il concetto di minimo (assoluto), e di punto di minimo

    (assoluto).

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    Si osservi che il massimo di una funzione (se esiste) è unico ed appartiene al codominio (più

    precisamente, appartiene all’immagine), mentre i punti di massimo possono essere anche

    più di uno e stanno nel dominio.

    Esempio. Il massimo di cosx è 1, mentre i punti di massimo sono infiniti (sono i numeri

    x = 2kπ, con k ∈ Z). Il minimo di cosx è −1 ed è assunto nei punti... (quali?).

    Esempio. Il massimo di

    f(x) =3

    1 + |x+ 2|vale 3 ed è assunto nel punto in cui è minima la funzione |x+2|. Pertanto f ha come unicopunto di massimo x = −2. Poiché f(x) > 0 per ogni x ∈ R, 0 è un minorante per f manon è un minimo. Dato che il denominatore di f(x) si può rendere arbitrariamente grande,

    è lecito supporre che 0 sia l’estremo inferiore di f . Per provare che effettivamente 0 = inf f

    (cioè, ricordiamo, che 0 è il massimo dei minoranti per i numeri f(x)) occorre mostrare

    che se a > 0, allora a non è un minorante; ossia esiste un x̄ per il quale si ha f(x̄) < a (è

    la negazione della proposizione “per ogni x ∈ R si ha f(x) ≥ a”). In altre parole, occorreprovare che, dato un arbitrario a > 0, la disequazione

    3

    1 + |x+ 2|< a

    ammette almeno una soluzione (verificarlo per esercizio).

    Esercizio (sulla condizione di risonanza). Siano V , R, L e C quattro costanti positive.

    Determinare il valore di ω che rende massima la seguente funzione:

    I(ω) =V√

    R2 +

    (ωL− 1

    ωC

    )2 .Esercizio. Provare che se f : [a, b] → R è monotona, allora ammette massimo e minimo(quindi, in particolare, è una funzione limitata).

    Esercizio. Provare che se una funzione f : (a, b)→ R è strettamente monotona, allora nonammette né massimo né minimo.

    9 - Venerd̀ı 23/09/11

    Definizione (topologica di funzione continua). Una funzione (reale di variabile reale) f

    si dice continua in un punto x0 del dominio D(f) se fissato un arbitrario ε > 0 esiste unnumero δ > 0 con la proprietà che da |x − x0| < δ e x ∈ D(f) segue |f(x) − f(x0)| < ε.In caso contrario si dice che f è discontinua in x0 o che ha una discontinuità in x0. Se f

    è continua in ogni punto del suo dominio, allora si dice semplicemente che è una funzione

    continua, altrimenti si dice che è discontinua.

    In base alla suddetta definizione, f è discontinua se non è vero che è continua in ogni punto

    del suo dominio; cioè se esiste (almeno) un punto del dominio in cui f è discontinua

    15 luglio 2012 16

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    (ricordarsi di come si nega la proposizione “tutte le pecore sono bianche”). Quindi, a

    differenza di ciò che si legge in alcuni libri, non ha senso l’affermazione “la funzione 1/x

    non è continua perché ha una discontinuità nel punto x0 = 0”, dato che detto punto non

    appartiene al dominio di 1/x (sarebbe come dire che non è vero che tutte le pecore sono

    bianche perché c’è una capra che non lo è).

    Esercizio. Provare che se una funzione è continua in un insieme A, allora è continua anche

    la sua restrizione ad un qualunque sottoinsieme di A.

    Intuitivamente, affermare che una funzione f è continua in un punto x0 significa che l’im-

    magine f(x) di un punto x del dominio di f si può rendere vicina quanto si vuole a f(x0)

    purché si prenda x sufficientemente vicino a x0. In altre parole, se ci viene dato un arbitra-

    rio margine di errore ε > 0 e ci viene chiesto di far s̀ı che la distanza |f(x)−f(x0)| tra f(x)e f(x0) risulti minore dell’errore assegnato, deve essere possibile (almeno teoricamente)

    determinare un intorno I(x0, δ) del punto x0 con la proprietà che per tutti i punti x di tale

    intorno (che appartengono anche al dominio di f) il valore f(x) approssimi f(x0) con un

    errore inferiore ad ε.

    In “matematichese”, per esprimere il fatto che una funzione f è continua in un punto

    x0 ∈ D(f), talvolta si usa dire che “per ogni intorno V di f(x0) esiste un intorno U di x0(relativo al dominio di f) che viene mandato in V da f”.

    Esempio. La funzione signx non è continua nel punto x0 = 0. Infatti in ogni intorno di

    x0 ci sono punti che vengono mandati “lontano” dal valore signx0 = 0. Più precisamente,

    se si fissa l’intorno V di signx0 di raggio ε = 1/2, non è possibile trovare un intorno U di

    x0 che viene (interamente) mandato in V (cioè in ogni intorno di x0 ci sono punti x tali

    che signx 6∈ V ).

    Esercizio. Consultare, nel testo di riferimento, la definizione di funzione di Heaviside

    (denotata H(x)) e provare che è discontinua nel punto x0 = 0.

    Esercizio. Consultare, nel testo di riferimento, la definizione di funzione “parte intera di

    x” (denotata [x] o intx) e provare che è discontinua in tutti i punti x ∈ Z.

    Teoremasd (di continuità delle funzioni combinate). Ogni funzione ottenuta combinan-

    do funzioni continue tramite operazioni di somma, prodotto, quoziente e composizione è

    continua.

    Nel suddetto teorema si è supposto, per semplicità, che le funzioni siano continue in tutti

    i punti del loro dominio. In realtà vale un risultato più generale (anche se l’enunciato è

    meno elegante). Non è infatti difficile dimostrare (ma non lo facciamo per mancanza di

    tempo) che se f è continua in un punto x0 e g è continua in y0 = f(x0), allora (anche

    senza ulteriori ipotesi di continuità di f e g negli altri punti del loro dominio) g◦f risultacontinua in x0. Analoghe considerazioni valgono per le funzioni combinate f +g, fg e f/g:

    per la continuità in un punto x0 del loro dominio è sufficiente che f e g siano entrambe

    continue in x0.

    15 luglio 2012 17

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    Si osservi che dalla definizione di continuità segue subito che le costanti e la funzione

    f(x) = x sono continue (verificarlo per esercizio). Poiché il prodotto di funzioni continue

    è una funzione continua, ogni monomio f(x) = axn è una funzione continua. Quindi, in

    base al precedente teorema, anche i polinomi sono funzioni continue, dato che si ottengono

    sommando monomi. Di conseguenza, anche le funzioni razionali, essendo rapporto di

    polinomi, sono continue (compresa la funzione f(x) = 1/x).

    Esercizio. Mostrare che se due funzioni coincidono in un intorno di un punto x0 e una di

    esse è continua in tal punto, anche l’altra lo è.

    Esercizio. Siano f e g due funzioni definite nello stesso dominio. Dedurre, dal teorema di

    continuità delle funzioni combinate, che se una sola delle due è discontinua, allora anche

    f + g è discontinua.

    Teorema (della permanenza del segno per funzioni continue). Sia f :A → R continua inun punto x0 ∈ A. Se f(x0) 6= 0, allora esiste un intorno U di x0 tale che per tutti i puntix di tale intorno (e appartenenti al dominio di f) il numero f(x) ha lo stesso segno di

    f(x0), cioè f(x)f(x0) > 0 per ogni x ∈ U ∩A.Dimostrazione. Senza perdere in generalità si può supporre f(x0) > 0 (in caso contra-

    rio basta considerare la funzione g(x) = −f(x)). Fissiamo ε = f(x0). Per l’ipotesi dicontinuità esiste un intorno U di x0 tale che

    x ∈ U ∩A =⇒ f(x0)− ε < f(x) < f(x0) + ε .

    Quindi, in particolare, dato che ε = f(x0), se x ∈ U ∩A si ha f(x) > 0.

    Esercizio. Sia f :A → R continua in un punto x0 ∈ A e sia c una costante assegnata.Dedurre, dal teorema della permanenza del segno, che se f(x0) < c (risp. f(x0) > c), allora

    esiste un intorno U di x0 tale che f(x) < c (risp. f(x) > c) per ogni x ∈ U ∩ A (si osserviche per c = 0 si ottiene l’enunciato del teorema della permanenza del segno).

    Esercizio. Sia f una funzione definita in un intervallo (non banale) J ⊆ R. Supponiamoche f sia continua in un punto x0 ∈ J . Dedurre, dal teorema della permanenza del segno,che se f(x) = 0 per ogni x ∈ J tale che x 6= x0, allora f(x0) = 0.

    Esercizio. Dedurre dall’esercizio precedente che se due funzioni continue coincidono in

    tutti i punti di un intervallo (non banale) tranne uno (dove non si sa se coincidono), allora

    coincidono in tutto l’intervallo.

    Suggerimento. Considerare la differenza delle due funzioni.

    Mostriamo che la funzione f(x) = |x| è continua. Allo scopo occorre fissare un arbitrariopunto x0 ∈ R e dimostrare che f(x) è continua in quel punto. Dalla disuguaglianza||x| − |x0|| ≤ |x− x0| segue che, dato ε > 0, per far s̀ı che |f(x)− f(x0)| risulti minore di εbasta che sia minore di ε la distanza |x−x0| di x da x0. Quindi, col gergo dell’epsilon-delta,fissato ε, basta prendere δ = ε (o un qualunque altro δ < ε, purché positivo).

    15 luglio 2012 18

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    Si osservi che non vale l’inverso del teorema delle funzioni combinate. Cioè combinando tra

    loro funzioni non tutte continue si possono ottenere anche funzioni continue. Per esempio

    moltiplicando signx per x si ottiene la funzione |x|, che è continua.

    10 - Venerd̀ı 23/09/11

    Esercizio. Ripassare (ad esempio consultando il libro di riferimento) le funzioni trigono-

    metriche e le loro principali proprietà.

    Esercizio. Dedurre, dalla definizione trigonometrica della funzione seno, la seguente nota

    disuguaglianza (valida per ogni valore dell’angolo x in radianti): | senx| ≤ |x|.Suggerimento. Provarla per x > 0, e dedurre che è vera anche per x < 0 dato che la

    funzione seno è dispari.

    Esercizio. Dedurre, dalle formule di addizione del seno e del coseno, le seguenti formule

    di prostaferesi:

    senx− sen y = 2 cos(x+ y

    2

    )sen(x− y

    2

    );

    cosx− cos y = 2 sen(x+ y

    2

    )sen(y − x

    2

    ).

    Suggerimento (per la prima formula). Considerare la differenza sen(α+ β)− sen(α− β) eporre α+ β = x e α− β = y.

    Mostriamo che la funzione senx è continua. Allo scopo fissiamo un arbitrario x0 e consi-

    deriamo la seguente formula di prostaferesi:

    senx− senx0 = 2 cos(x+ x0

    2

    )sen(x− x0

    2

    ).

    Poiché | cosα| ≤ 1, si ha

    | senx− senx0| = 2∣∣∣ cos(x+ x0

    2

    )∣∣∣ ∣∣∣ sen(x− x02

    )∣∣∣ ≤ 2 ∣∣∣ sen(x− x02

    )∣∣∣e dalla disuguaglianza | senα| ≤ |α| segue

    | senx− senx0| ≤ |x− x0| .

    Pertanto, col solito gergo dell’epsilon-delta, fissato ε, basta scegliere δ = ε.

    La continuità della funzione cosx si prova in maniera analoga (i dettagli sono lasciati agli

    studenti).

    Dalla continuità di senx e cosx si deduce che anche la funzione

    tang x :=senx

    cosx

    è continua (ovviamente nei punti in cui è definita, cioè negli x in cui cosx 6= 0).

    15 luglio 2012 19

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    Proveremo in seguito che anche le funzioni ax, loga x e xα sono continue. Vedremo anche

    che è continua la funzione n√x, dove n è un qualunque numero naturale. Ciò, come potrebbe

    sembrare, non deriva dalla continuità di x1/n, perché n√x è definita nella semiretta chiusa

    [0,+∞) per n pari e in tutto R per n dispari, mentre x1/n è definita soltanto nella semirettaaperta (0,+∞), e solo l̀ı coincide con n

    √x.

    Teorema (di esistenza degli zeri). Sia f : [a, b] → R continua e tale che f(a)f(b) ≤ 0.Allora l’equazione f(x) = 0 ammette almeno una soluzione in [a, b].

    Dimostrazione fac. Se f(a)f(b) = 0, allora almeno uno dei due estremi dell’intervallo [a, b]

    è soluzione dell’equazione f(x) = 0. Si può quindi supporre f(a)f(b) < 0. Si può anche

    supporre f(a) < 0 (e, di conseguenza, f(b) > 0), altrimenti basta sostituire f con −f .

    Definiamo l’insieme X = {x ∈ [a, b] : f(x) < 0} e consideriamo il numero c = supX.Chiaramente c ∈ [a, b], dato che a ∈ X e b è un maggiorante per X. Mostriamo che ilnumero f(c) non può essere né minore di zero né maggiore di zero e, pertanto, non può

    che essere zero.

    Se fosse f(c) < 0, si avrebbe c 6= b (avendo supposto f(b) > 0) e quindi c < b (datoche c ≤ b). Allora, per il teorema della permanenza del segno (per funzioni continue),esisterebbe un intervallo (c, c+δ) contenuto in [a, b] in cui f risulterebbe negativa. Pertanto,

    a destra di c ci sarebbero dei punti di X, contraddicendo il fatto che c è un maggiorante

    per X. Quindi il numero f(c) non può essere minore di zero.

    Se fosse f(c) > 0, si avrebbe c 6= a (dato che f(a) < 0) e quindi c > a. Esisterebbe alloraun sottointervallo (c − δ, c) di [a, b] in cui f risulterebbe positiva. Pertanto, essendo c unmaggiorante per X, e non essendoci elementi di X tra c − δ e c, sarebbe un maggioranteanche c−δ, contraddicendo il fatto che c è il più piccolo maggiorante per X. Di conseguenzaf(c) non può essere maggiore di zero.

    Illustriamo un semplice algoritmo numerico, detto metodo delle bisezioni, per calcolare

    (con l’approssimazione desiderata) una soluzione di un’equazione del tipo f(x) = 0, dove

    f : [a, b]→ R verifica le ipotesi del teorema di esistenza degli zeri. Si può supporre f(a) ≤ 0.In caso contrario basta cambiare f in −f (le equazioni f(x) = 0 e −f(x) = 0 sonoinfatti equivalenti). Poniamo, per comodità, a0 = a e b0 = b, e consideriamo il punto di

    mezzo c0 = (b0 + a0)/2 dell’intervallo [a0, b0]. Se f(c0) > 0 poniamo a1 = a0 e b1 = c0,

    altrimenti poniamo a1 = c0 e b1 = b0. In altre parole, una volta diviso [a0, b0] in due

    intervalli uguali, denotiamo con [a1, b1] quello di sinistra o quello di destra a seconda

    che f(c0) sia maggiore di zero o non lo sia. In ogni caso si ha f(a1) ≤ 0 e f(b1) > 0.Pertanto, per il teorema di esistenza degli zeri, nell’intervallo chiuso [a1, b1] c’è almeno

    una soluzione della nostra equazione. Ripetiamo il procedimento considerando il punto di

    mezzo c1 = (b1 + a1)/2 del nuovo intervallo e calcolando f(c1). Se f(c1) > 0 poniamo

    a2 = a1 e b2 = c1, altrimenti poniamo a2 = c1 e b2 = b1. Procedendo ricorsivamente si

    considera il punto cn−1 = (bn−1 + an−1)/2 e si calcola f(cn−1). Se f(cn−1) > 0 si pone

    an = an−1 e bn = cn−1, altrimenti si pone an = cn−1 e bn = bn−1. Ad ogni passo si ottiene

    un intervallo [an, bn] di ampiezza la metà del precedente che contiene almeno una soluzione.

    15 luglio 2012 20

  • Registro di Analisi Matematica – c.l. IART – a.a. 2011/2012 – M. Furi

    Quindi an è un’approssimazione per difetto di tale soluzione e bn un’approssimazione per

    eccesso. L’errore massimo che si commette considerando una delle due approssimazioni è

    dato dall’ampiezza bn−an dell’ennesimo intervallo (è addirittura la metà di tale ampiezza sesi approssima la soluzione col punto di mezzo di tale intervallo). Dunque, per determinare

    una soluzione dell’equazione f(x) = 0 con un errore inferiore ad un assegnato ε > 0 non

    occorre eseguire il test bn − an < ε ad ogni passo: è sufficiente ripetere la procedura dibisezione (senza eseguire il test) un numero n di volte, dove n ∈ N verifica la disequazione(b− a)/2n < ε. Risolvendo detta disequazione rispetto all’incognita n si ottiene

    n > log2b− aε

    =1

    log 2log

    b− aε

    .

    Il più piccolo n che verifica tale condizione è

    n̄ = 1 + int

    (1

    log 2log

    b− aε

    ).

    Ad esempio, se b − a = 1, per ottenere una soluzione con un errore inferiore a 10−3 èsufficiente ripetere il procedimento di bisezione dieci volte.

    Esempio. Consideriamo l’equazione x + ex − 3 = 0. La funzione f(x) = x + ex − 3 ècontinua, essendo somma di funzioni continue, ed è definita in tutto R. Per provare che lasuddetta equazione ammette una soluzione basta determinare, mediante dei sondaggi, due

    punti a e b in cui la funzione f assume segno discorde. Per x = 0 si ottiene f(0) = −2 < 0,mentre per x = 1 si ha f(1) = 1+e−3 = 0, 718 · · · > 0. In base al teorema di esistenza deglizeri si può dunque concludere che la suddetta equazione ammette una soluzione c ∈ (0, 1).Possiamo anche affermare che tale soluzione è unica perché f(x) è strettamente crescente,

    essendo somma di due funzioni strettamente crescenti e di una costante. Applicando il

    procedimento delle bisezioni dieci volte si ottiene c = 0, 792 . . .

    Esempio. Consideriamo l’equazione ex−x2 = 0. La funzione f(x) = ex−x2 è continua edè definita in tutto R. Si osservi che f(0) > 0 e f(−1) < 0. Quindi l’equazione ex − x2 = 0ammette almeno una soluzione c ∈ (−1, 0). Applicando venti volte il procedimento dellebisezioni si ottiene −0, 703468 < c < −0, 703467. Quindi, considerando la media tra le dueapprossimazioni (per difetto e per eccesso), si ottiene c = −0, 7034675± 5 · 10−6.

    Esempio. L’equazione intx − 1/2 = 0 non ha soluzioni (dato che intx assume soltantovalori interi), eppure agli estremi dell’intervallo [0, 1] la funzione f(x) = intx − 1/2 hasegno discorde (spiegare l’apparente contraddizione).

    11 - Mercoled̀ı 28/09/11

    Il risultato che segue è una facile conseguenza del teorema di esistenza degli zeri, nonché

    una sua generalizzazione.

    15 luglio 2012 21

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    Teorema (dei valori intermedi). Sia f : J → R una funzione continua in un intervalloJ ⊆ R. Allora l’immagine f(J) di f è un intervallo. In particolare, se f assume valori siapositivi sia negativi, esiste almeno un punto del dominio in cui si annulla.

    Dimostrazione. In base alla definizione di intervallo, occorre provare che se y1 e y2 sono

    due punti di f(J) tali che y1 < y2 e ȳ ∈ R verifica la condizione y1 < ȳ < y2, allora anche ȳsta in f(J); cioè, esiste x̄ ∈ J tale che f(x̄) = ȳ. Per definizione di immagine, esistono duepunti x1 e x2 appartenenti a J tali che f(x1) = y1 e f(x2) = y2. Consideriamo l’intervallo

    I = x1x2 ⊆ J di estremi x1 e x2 (cioè I = [x1, x2] se x1 < x2 e I = [x2, x1] in casocontrario) e definiamo la funzione continua g : I → R nel seguente modo: g(x) = f(x)− ȳ.È immediato verificare che dall’ipotesi y1 < ȳ < y2 segue g(x1) < 0 e g(x2) > 0. Pertanto,

    per il teorema di esistenza degli zeri, esiste un punto x̄ ∈ I tale che g(x̄) = 0, e da ciò seguef(x̄) = ȳ.

    Ad esempio, la funzione f(x) := x + ex è continua (essendo somma di funzioni continue)

    ed è definita in un intervallo (tutto R). In base al teorema dei valori intermedi la suaimmagine è un intervallo di estremi infx∈R f(x) e supx∈R f(x). Poiché f(x) non è limi-

    tata né inferiormente né superiormente (verificarlo per esercizio), si ha necessariamente

    infx∈R f(x) = −∞ e supx∈R f(x) = +∞. Dunque Imf = R.

    Esempio. La funzione f(x) = 1/x, sebbene sia continua, non ha per immagine un

    intervallo (perché?).

    Esercizio. Dedurre, dal teorema dei valori intermedi, che le funzioni signx, intx e H(x)

    non sono continue.

    Ricordiamo che, in generale, data una qualunque funzione iniettiva f :A → R, la leggef−1 : Imf → R che ad ogni y dell’immagine di f associa l’unica soluzione dell’equazionef(x) = y si chiama funzione inversa di f . Ricordiamo inoltre che l’immagine di f−1 coincide

    col dominio A di f , mentre il suo codominio, per convenzione, è R (se non è altrimentispecificato). Pertanto f−1 è suriettiva se e solo se f è definita su tutto R.

    Esempio (di funzione inversa). La funzione f(x) := x + ex, di cui abbiamo determi-

    nato l’immagine, è strettamente crescente (essendo somma di due funzioni strettamente

    crescenti). Quindi, fissato un qualunque y ∈ R, esiste un’unica soluzione x = f−1(y) del-l’equazione f(x) = y. Tranne che in alcuni casi speciali (come quando y = 1), per trovarla

    occorre l’aiuto di qualche algoritmo numerico come, ad esempio, il metodo delle bisezioni

    (applicato alla funzione g(x) = f(x)− y ).

    Osserviamo che la funzione tangente, essendo periodica, non è iniettiva e, pertanto, non è

    invertibile. Tuttavia, come vedremo in seguito, la sua restrizione all’intervallo (−π/2, π/2) èstrettamente crescente, e quindi invertibile. La funzione inversa di tale restrizione si chiama

    arcotangente (l’arcotangente di un numero y si denota con arctang y o, più brevemente,

    con arctg y). Proveremo in seguito che gli estremi inferiore e superiore della restrizione

    della tangente all’intervallo (−π/2, π/2) sono, rispettivamente, −∞ e +∞. Pertanto, datoche la tangente è una funzione continua (essendo rapporto di funzioni continue), in base al

    15 luglio 2012 22

  • Registro di Analisi Matematica – c.l. IART – a.a. 2011/2012 – M. Furi

    teorema dei valori intermedi, l’immagine di tale restrizione è tutto R. Si può concludere chela funzione arcotangente è definita in tutto R ed ha per immagine l’intervallo (−π/2, π/2),cioè il dominio della funzione di cui è l’inversa.

    Applichiamo il teorema dei valori intermedi per provare che, dato un numero naturale

    n ed assegnato un numero reale non negativo y, esiste un’unica soluzione non negativa

    dell’equazione xn = y (ricordiamo che tale soluzione si chiama radice n-esima aritmetica di

    y). Denotiamo con f(x) la restrizione della funzione xn all’intervallo [0,+∞). La funzionef(x) è continua, essendo prodotto di funzioni continue. Pertanto, per il teorema dei valori

    intermedi, la sua immagine è un intervallo. Per determinarlo è sufficiente calcolare gli

    estremi di f . Chiaramente inf f = min f = 0, dato che f(0) = 0 e f(x) ≥ 0 per ognix ∈ [0,+∞). Poiché f(x) ≥ x per ogni x ≥ 1, la funzione f non è limitata superiormente(vale a dire sup f = +∞). Dunque Imf = [0,+∞), e ciò significa che per ogni y ≥ 0 esistealmeno un x ≥ 0 tale che xn = y. Per provare che un tale x è unico si osservi che f èstrettamente crescente. Infatti, dati a e b in [0,+∞) con a < b, si ha

    bn − an = (b− a)(bn−1 + bn−2a+ bn−3a2 + · · ·+ an−1) > 0 .

    In seguito vedremo un altro metodo, più semplice (anche se meno elementare), per provare

    la stretta crescenza in [0,+∞) della funzione xn (mediante il calcolo della derivata).

    Esercizio. Provare che, se n ∈ N è dispari, la funzione xn ha per immagine tutto R.

    Esercizio. Provare che, se n ∈ N è dispari, la funzione xn è strettamente crescente. Quindiè ben definita la sua funzione inversa (denotata n

    √y).

    Si osservi che per determinare l’immagine della restrizione della funzione 1/x all’inter-

    vallo (0,+∞) non occorre scomodare il teorema dei valori intermedi (perché?), mentre ènecessario per la restrizione a [0,+∞) della funzione x2 (perché?).

    Teorema (di continuità per le funzioni monotone). Sia f :A→ R una funzione monotona.Se l’immagine di f è un intervallo, allora f è continua (non occorre che sia definita in un

    intervallo).

    Dimostrazione fac. Ovviamente si può supporre f crescente, altrimenti basta considerare

    la funzione −f . Occorre provare che f è continua in qualunque punto del suo dominio A.Allo scopo consideriamo un arbitrario x0 ∈ A e fissiamo ε > 0. Si hanno quattro casi:

    (1) f(x0)− ε/2 ∈ f(A) e f(x0) + ε/2 ∈ f(A);

    (2) f(x0)− ε/2 ∈ f(A) e f(x0) + ε/2 6∈ f(A);

    (3) f(x0)− ε/2 6∈ f(A) e f(x0) + ε/2 ∈ f(A);

    (4) f(x0)− ε/2 6∈ f(A) e f(x0) + ε/2 6∈ f(A).

    Nel primo caso esistono x1 e x2 in A tali che f(x1) = f(x0) − ε/2 e f(x2) = f(x0) + ε/2.Poiché si è supposto f crescente, si deve avere x1 < x0 < x2 (verificare che in caso contrario

    si ha una contraddizione). Sempre per la crescenza di f , fissato un qualunque punto x ∈ Atale che x1 < x < x2, risulta f(x1) ≤ f(x) ≤ f(x2). Dunque, in questo caso, i punti

    15 luglio 2012 23

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    del dominio di f che appartengono all’intervallo [x1, x2] vengono mandati nell’intervallo

    [f(x1), f(x2)] = [f(x0) − ε/2, f(x0) + ε/2] e quindi, a maggior ragione, anche nell’intornoI(f(x0), ε) = (f(x0) − ε, f(x0) + ε) di f(x0). Dunque, nel primo caso, col linguaggiodell’epsilon-delta, basta scegliere un qualunque δ > 0 in modo che l’intorno (x0− δ, x0 + δ)di x0 sia contenuto nell’intervallo [x1, x2]. Ad esempio, δ = min{|x0 − x1|, |x0 − x2|}.Per inciso si osservi che, in questo primo caso, l’ipotesi che f(A) sia un intervallo non è

    intervenuta nel nostro ragionamento.

    Analizziamo ora il secondo caso. Ragionando come prima si trova un x1 < x0 tale che

    f(x1) = f(x0)−ε/2, e tutti i punti x di A che stanno nell’intervallo [x1, x0] vengono mandatida f nell’intervallo [f(x0)− ε/2, f(x0)]. Osserviamo ora che i punti di A che appartengonoalla semiretta [x0,+∞) vanno a finire nell’intervallo [f(x0), f(x0) + ε/2]. Infatti, se nonfosse vero, esisterebbe un punto x̄ > x0 tale che x̄ ∈ A e f(x̄) > f(x0) + ε/2 (si osserviche, per la crescenza di f , f(x̄) non può essere minore di f(x0)), e ciò contraddirebbe

    l’ipotesi che f(A) sia un intervallo perché ci sarebbero due punti, f(x0) e f(x̄), in f(A) e

    un punto intermedio, f(x0) + ε/2, non appartenente a f(A). Dunque, in questo secondo

    caso, tutti i punti della semiretta [x1,+∞) che stanno nel dominio A di f vengono mandatinell’intervallo [f(x0)− ε/2, f(x0) + ε/2] (e quindi anche nell’intorno (f(x0)− ε, f(x0) + ε)di f(x0)). Pertanto, anche in questo caso esiste un δ > 0 (trovarlo) tale che se |x− x0| < δe x ∈ A allora |f(x)− f(x0)| < ε.

    Il terzo caso è analogo al precedente (i dettagli sono lasciati allo studente).

    Nel quarto caso, ragionando come prima, si prova addirittura che tutti i punti di A vengono

    mandati nell’intervallo (f(x0) − ε/2, f(x0) + ε/2), e quindi siamo liberi di scegliere unqualunque δ > 0.

    Il risultato che segue è un’importante e diretta conseguenza del teorema di continuità per

    le funzioni monotone.

    Teorema (di continuità della funzione inversa). Sia f : J → R una funzione strettamentemonotona. Se il dominio J di f è un intervallo, allora f−1 : f(J) → R è una funzionecontinua (non occorre che f sia continua).

    Dimostrazione. La funzione f−1 è strettamente crescente o decrescente, a seconda che sia

    strettamente crescente o decrescente la f . La sua immagine, inoltre, coincide col dominio

    J della f , che per ipotesi è un intervallo. Pertanto la continuità di f−1 è assicurata dal

    teorema di continuità per le funzioni monotone.

    Esempio. La funzione f(x) = x + intx è strettamente crescente ed è definita in tutto

    R. Pertanto, per il teorema di continuità di una funzione inversa, f−1 risulta continua,sebbene f non lo sia.

    Esercizio. Dedurre, dal teorema di continuità della funzione inversa, che, se n ∈ N è pari,la funzione g : [0,+∞)→ R definita da y 7→ n√y è continua.

    Esercizio. Dedurre, dal teorema di continuità della funzione inversa, che, se n ∈ N è

    15 luglio 2012 24

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    dispari, la funzione g :R→ R definita da y 7→ n√y è continua.

    Esercizio. Dedurre, dal teorema di continuità della funzione inversa, che la funzione

    arcotangente è continua.

    Esercizio. Dedurre, dal precedente teorema, che la funzione inversa di f(x) = x + ex

    è continua. Applicare il teorema dei valori intermedi per determinare il dominio di tale

    funzione inversa.

    12 - Mercoled̀ı 28/09/11

    Ricordiamo che, data una funzione f :A → R, un punto x0 del dominio A di f si dice diminimo assoluto se f(x0) ≤ f(x), ∀x ∈ A. Il valore f(x0) è il minimo di f ed appartieneal codominio (anzi, all’immagine) di f . Analogamente, x0 è un punto di massimo assoluto

    se... (completare il discorso).

    Si fa presente che nel piano cartesiano i punti di minimo e di massimo stanno nell’asse delle

    ascisse (dove giace il dominio della funzione) mentre il minimo e il massimo appartengono

    all’asse delle ordinate (dove sta l’immagine).

    Teorema di Weierstrass. Se una funzione è continua in un intervallo limitato e chiuso,

    allora ammette minimo e massimo assoluti.

    Dimostrazione fac (chi dimostra di averla capita merita la lode). Sia f : [a, b] → R unafunzione continua. È sufficiente provare che f ammette un punto di massimo assoluto.

    Infatti, se ciò è vero, anche −f , essendo una funzione continua, ammette un punto dimassimo assoluto, e questo è necessariamente di minimo assoluto per f . Denotiamo con Rl’insieme dei numeri reali estesi, ossia l’insieme costituito dai numeri reali con l’aggiunta

    dei simboli −∞ e +∞. Si fa la convenzione che ogni numero reale sia maggiore di −∞ eminore di +∞. Sia [a, b] l’intervallo in cui è definita f e consideriamo la funzione (a valorireali estesi) ϕ : [a, b]→ R definita da

    ϕ(s) = sup{f(x) : x ∈ [a, s]

    }.

    In altre parole, fissato s ∈ [a, b], il numero reale esteso ϕ(s) è l’estremo superiore dellarestrizione di f all’intervallo [a, s]. In particolare risulta ϕ(b) = sup f . È evidente che ϕ è

    crescente (provarlo per esercizio). Più precisamente, tra tutte le funzioni crescenti (a valori

    in R), ϕ è la più piccola tra quelle che maggiorano f . Consideriamo il punto

    x0 = inf{s ∈ [a, b] : ϕ(s) = ϕ(b)

    }e proviamo che f(x0) è il massimo valore assunto da f in [a, b]. Ovvero, ricordando che

    sup f = ϕ(b), proviamo che f(x0) = ϕ(b). Si hanno tre possibilità: x0 = a; a < x0 < b;

    x0 = b. Analizziamo il secondo caso. Gli altri due, più facili da trattare, sono lasciati per

    eserciziofac agli studenti.

    Osserviamo, innanzi tutto, che ϕ(s) è costante nell’intervallo (x0, b], e che tale costante

    vale ϕ(b) = sup f . Ovviamente non può essere f(x0) > ϕ(b) perché ϕ(b) è un maggiorante

    15 luglio 2012 25

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    per f (anzi, è addirittura il più piccolo dei maggioranti). Supponiamo quindi, per assurdo,

    che f(x0) sia minore di ϕ(b) e fissiamo un numero c compreso tra f(x0) e ϕ(b). Dal

    teorema della permanenza del segno per le funzioni continue segue l’esistenza di un intorno,

    (x0 − δ, x0 + δ), che possiamo supporre interamente contenuto in [a, b], tale che f(x) < cqualunque sia x in tale intorno. D’altra parte, tenendo conto del fatto che ϕ è una funzione

    crescente, dalla definizione di x0 segue che ϕ(x0 − δ) < ϕ(b). Quindi il numero

    max{ϕ(x0 − δ), c

    },

    che è minore di ϕ(b), maggiora f(x) per tutti gli x ∈ [a, x0 + δ], e ciò contrasta col fattoche ϕ(x0 + δ), che coincide con ϕ(b), è il più piccolo maggiorante per f in [a, x0 + δ]. La

    contraddizione prova che f(x0) = ϕ(b), e quindi che f(x0) ≥ f(x) per ogni x ∈ [a, b] perchéϕ(b) è un maggiorante per f (è addirittura il più piccolo).

    Le ipotesi del Teorema di Weierstrass sono tre: continuità della funzione; il dominio è

    un intervallo limitato; il dominio è un intervallo chiuso. Mostriamo con degli esempi che

    nessuna delle tre ipotesi può essere rimossa (ferme restando le altre due) senza pregiudicare

    l’esistenza del minimo o del massimo.

    Esempio 1. La funzione f : [0, 1]→ R definita da f(x) = x− intx non ammette massimo(provarlo per esercizio). Quale ipotesi del Teorema di Weierstrass non è soddisfatta?

    Esempio 2. La funzione f : [0, 1) → R definita da f(x) = x non ammette massimo(provarlo per esercizio). Quale ipotesi del Teorema di Weierstrass non è soddisfatta?

    Esempio 3. La funzione f : [0,+∞) → R definita da f(x) = x non ammette massimo(provarlo per esercizio). Quale ipotesi del Teorema di Weierstrass non è soddisfatta?

    Esercizio. Trovare un esempio di funzione che, pur non soddisfacendo una (o due, o

    anche tre) delle ipotesi del Teorema di Weierstrass, ammetta massimo e minimo assoluti

    (ciò implica che le tre ipotesi non sono necessarie per l’esistenza del massimo e del minimo,

    ma sono soltanto sufficienti).

    13 - Venerd̀ı 30/09/11

    Definizione (di punto di accumulazione). Dato un insieme A ⊆ R e dato un numero realex0 (non necessariamente appartenente ad A), si dice che x0 è un punto di accumulazione

    di A se ogni intorno di x0 contiene infiniti punti di A (o, equivalentemente, ogni intorno

    di x0 contiene un punto di A diverso da x0). L’insieme dei punti di accumulazione di A si

    denota con A′ e si chiama derivato di A. I punti di A che non sono di accumulazione si

    dicono isolati.

    Si invita lo studente a riflettere sui seguenti esempi:

    • se A = (0, 1], allora A′ = [0, 1];• se A = N, allora A′ = ∅;• se A = Q, allora A′ = R;

    15 luglio 2012 26

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    • se A = R \ {0}, allora A′ = R;• se A = Z, allora A′ = ∅;• se A = {1, 2, 3}, allora A′ = ∅;• se A = {1/n : n ∈ N}, allora A′ = {0}.

    Definizione (di funzione derivabile in un punto). Sia f :A → R una funzione reale divariabile reale e sia x0 ∈ A ∩ A′. Si dice che f è derivabile in x0 se esiste una funzioneϕ :A→ R continua in x0 e tale che

    f(x)− f(x0) = ϕ(x)(x− x0), ∀x ∈ A.

    Il numero ϕ(x0) si chiama derivata di f in x0 e si denota con uno dei seguenti simboli:

    f ′(x0), Df(x0),df

    dx(x0), Dx0f, Df(x)|x=x0 .

    La restrizione r(x) all’insieme A\{x0} della funzione ϕ(x) che appare nella suddetta defi-nizione si chiama rapporto incrementale di f nel punto x0. Il motivo è che per x 6= x0 (ex ∈ A) si ha necessariamente

    ϕ(x) =f(x)− f(x0)

    x− x0,

    dove il numeratore, ∆f = f(x) − f(x0), si chiama incremento della funzione (o dellavariabile dipendente) e il denominatore, ∆x = x− x0, si dice incremento della variabile (odella variabile indipendente).

    Osservazione. Se f :A → R è derivabile in un punto x0, allora in quel punto è anchecontinua. Infatti, dalla definizione di funzione derivabile segue che

    f(x) = f(x0) + ϕ(x)(x− x0) ,

    dove ϕ(x) è continua in x0. Di conseguenza f(x) si può esprimere come somma e prodotto

    di funzioni continue in x0.

    Definizione (di funzione derivabile). Una funzione f :A → R si dice derivabile se èderivabile in ogni punto di accumulazione del suo dominio. Quando ciò accade, la funzione

    f ′ :A ∩A′ → R che ad ogni x ∈ A ∩A′ assegna il numero f ′(x) si chiama derivata di f .

    Esercizio. Provare che se f :R→ R è costante, allora è derivabile e f ′(x) = 0, ∀x ∈ R.

    Esercizio. Provare che la funzione f(x) = x è derivabile e si ha f ′(x) = 1 per ogni x ∈ R.

    Vedremo in seguito che dal fatto che la funzione x è derivabile segue subito che lo è anche

    x2, essendo prodotto di due funzioni derivabili. Tuttavia, a titolo di esempio, è istruttivo

    dedurre la derivabilità di f(x) = x2 direttamente dalla definizione. Fissato un x0 ∈ R siha infatti:

    x2 − x20 = (x+ x0)(x− x0) , ∀x ∈ R .

    Dunque, in questo caso, la funzione ϕ della definizione è data da ϕ(x) = x+x0. Poiché tale

    funzione è continua, x2 è derivabile in x0 e la sua derivata nel punto è ϕ(x0) = 2x0. Data

    l’arbitrarietà del punto x0 si può concludere che x2 è una funzione derivabile e Dx2 = 2x.

    15 luglio 2012 27

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    Esercizio. Provare che la funzione x3 è derivabile e che Dx3 = 3x2. Più in generale, dato

    n ∈ N, provare che Dxn = nxn−1.Suggerimento. Sfruttare l’uguaglianza bn−an = (b−a)(bn−1 +bn−2a+bn−3a2 + · · ·+an−1).

    14 - Venerd̀ı 30/09/11

    Eserciziofac. Sia f :A→ R una funzione derivabile in x0 ∈ A ∩A′. Dedurre, dal teoremadella permanenza del segno (per funzioni continue), che la funzione ϕ della precedente

    definizione è unica. In altre parole, mostrare che se ϕ1 e ϕ2 sono due funzioni (da A in R)continue in x0 che verificano la condizione

    f(x)− f(x0) = ϕ1(x)(x− x0) = ϕ2(x)(x− x0), ∀x ∈ A ,

    allora ϕ1(x) = ϕ2(x) per ogni x ∈ A (si osservi che è necessario, ma è anche sufficiente,provare che le due funzioni coincidono nel punto x0).

    Teorema (di derivabilità delle funzioni combinate). Se f e g sono due funzioni derivabili,

    allora (quando ha senso) lo sono anche f + g, fg, f/g e g◦f , e risulta:

    (f + g)′(x) = f ′(x) + g′(x),

    (fg)′(x) = f ′(x)g(x) + f(x)g′(x),

    (f/g)′(x) =f ′(x)g(x)− f(x)g′(x)

    g(x)2,

    (g◦f)′(x) = g′(f(x))f ′(x).

    Dimostrazione.

    (Somma) Fissato x0 ∈ D(f + g), per ipotesi si ha

    f(x) = f(x0) + ϕ(x)(x− x0) e g(x) = g(x0) + ψ(x)(x− x0),

    con ϕ e ψ continue in x0. Quindi... (esercizio)

    (Prodotto) Fissato x0 ∈ D(fg), per ipotesi si ha

    f(x) = f(x0) + ϕ(x)(x− x0) e g(x) = g(x0) + ψ(x)(x− x0),

    con ϕ e ψ continue in x0. Quindi

    f(x)g(x) = f(x0)g(x0) +(ϕ(x)g(x0) + f(x0)ψ(x) + ϕ(x)ψ(x)(x− x0)

    )(x− x0).

    Pertanto (fg)(x)− (fg)(x0) = α(x)(x− x0), dove la funzione

    α(x) = ϕ(x)g(x0) + f(x0)ψ(x) + ϕ(x)ψ(x)(x− x0)

    è continua in x0 (essendo espressa tramite somma e prodotto di funzioni continue in x0).

    Questo prova che fg è derivabile in x0 e

    (fg)′(x0) = α(x0) = ϕ(x0)g(x0) + f(x0)ψ(x0) = f′(x0)g(x0) + f(x0)g

    ′(x0).

    15 luglio 2012 28

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    (Quoziente) Fissato un punto x0 nel dominio di 1/g, è sufficiente provare che se g è

    derivabile in x0, allora lo è anche 1/g e

    (1/g)′(x0) = −g′(x0)

    g(x0)2.

    La derivata del rapporto f/g si ottiene applicando la regola precedente al prodotto di f

    con 1/g. Per ipotesi si ha g(x)− g(x0) = ψ(x)(x− x0), con ψ continua in x0. Quindi

    1

    g(x)− 1g(x0)

    =g(x0)− g(x)g(x)g(x0)

    = − ψ(x)g(x)g(x0)

    (x− x0) = α(x)(x− x0),

    Poiché la funzione

    α(x) = − ψ(x)g(x)g(x0)

    risulta continua in x0 (essendo quoziente di funzioni continue), 1/g è derivabile in x0 e la

    sua derivata è

    (1/g)′(x0) = α(x0) = −g′(x0)

    g(x0)2.

    (Composizione) Fissiamo un punto x0 nel dominio di g◦f e supponiamo che f sia derivabilein x0 e che g sia derivabile in y0 = f(x0). Per ipotesi si ha

    f(x) = f(x0) + ϕ(x)(x− x0), ∀x ∈ D(f),g(y) = g(y0) + ψ(y)(y − y0), ∀ y ∈ D(g),

    dove ϕ :D(f) → R e ψ :D(g) → R sono due funzioni continue nei punti x0 e y0, rispet-tivamente. Osserviamo ora che se x appartiene al dominio di g ◦f , il numero f(x) stanecessariamente nel dominio D(g) di g (in base alla definizione di dominio di una com-posizione). Quindi, la seconda uguaglianza, dato che è valida per ogni numero y in D(g),resterà valida anche sostituendo f(x) al posto di y. Dunque, tenendo conto che f(x0) = y0,

    si ottiene

    g(f(x))− g(f(x0)) = ψ(f(x))(f(x)− f(x0)) = [ψ(f(x))ϕ(x)] (x− x0), ∀x ∈ D(g◦f).

    Questo prova che g◦f è derivabile in x0, visto che ψ(f(x))ϕ(x) è continua in x0 essendocomposizione e prodotto di funzioni continue (infatti f e ϕ sono continue in x0 e ψ in

    y0 = f(x0)). Pertanto

    (g◦f)′(x0) = ψ(f(x0))ϕ(x0) = ψ(y0)ϕ(x0) = g′(y0)f ′(x0),

    e la tesi è dimostrata.

    15 - Venerd̀ı 30/09/11

    Definizione (di estensione di una funzione). Data una funzione f :A → R ed un insiemeB contenente A, una qualunque funzione g :B → R la cui restrizione ad A coincida con fsi dice un’estensione di f o un prolungamento di f .

    15 luglio 2012 29

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    Osservazione. Una funzione continua f :A→ R è derivabile in x0 ∈ A∩A′ se e solo se ilrapporto incrementale

    r(x) =f(x)− f(x0)

    x− x0(definito soltanto per x ∈ A\{x0}) ammette un’estensione continua ϕ :A→ R (si potrebbeprovarefac che, essendo x0 un punto di accumulazione per A, tale estensione è unica).

    Lemmasd. La funzione

    α(x) =

    senx

    xse x 6= 0

    1 se x = 0

    è continua nel punto x0 = 0 (è continua anche negli altri punti perché in R\{0} è rapportodi funzioni continue).

    Dal suddetto lemma discende immediatamente che la funzione senx è derivabile nel punto

    x0 = 0. Infatti, dalla definizione di α(x) si deduce che senx− sen 0 = α(x)(x− 0), ∀x ∈ R(compreso il punto x0 = 0). Pertanto, dato che α(x) è continua nel punto x0 = 0, si può

    affermare (in base alla definizione di derivabilità) che senx è derivabile in tal punto e la

    sua derivata è α(0) = 1.

    Teorema. Le funzioni senx e cosx sono derivabili e si ha

    D senx = cosx , D cosx = − senx , ∀x ∈ R.

    Dimostrazione. Fissato un arbitrario x0 ∈ R, dalla prima formula di prostaferesi (pag. 19)si ha

    senx− senx0 = 2 cos(x+ x0

    2) sen(

    x− x02

    ) .

    Quindi, tenendo conto dell’uguaglianza senx = α(x)x, possiamo scrivere

    senx− senx0 = 2 cos(x+ x0

    2)α(

    x− x02

    )(x− x0

    2) .

    Pertanto

    senx− senx0 = ϕ(x)(x− x0) ,

    dove

    ϕ(x) = cos(x+ x0

    2)α(

    x− x02

    )

    è continua (in base al precedente lemma e al teorema di continuità delle funzioni combina-

    te). Dunque senx è derivabile in x0 e D senx0 = ϕ(x0) = cosx0.

    La derivabilità di cosx si prova in modo analogo (i dettagli sono lasciati agli studenti).

    Esercizio. Usando la regola della derivata del quoziente provare che

    D tang x = 1 + tang2 x = 1/ cos2 x.

    15 luglio 2012 30

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    Esercizio. Provare che la funzione |x| non è derivabile nel punto x0 = 0 (esistono quindifunzioni continue ma non derivabili).

    Suggerimento. Occorre mostrare che la funzione r(x) = |x|/x (che è definita e continuain R\{0}) non ammette un’estensione continua ϕ :R→ R. Infatti, se una tale ϕ esistesse,per il teorema dei valori intermedi la sua immagine dovrebbe essere un intervallo, e ciò è

    impossibile perché...

    Esercizio. Provare che la funzione |x|x è derivabile anche nel punto x0 = 0 (quindi ilprodotto di una funzione derivabile e di una non derivabile può essere derivabile).

    Esercizio. Provare che la somma di una funzione derivabile e di una non derivabile

    (entrambe definite nello stesso insieme) non può essere derivabile. Mostrare con un esempio

    che la somma di due funzioni non derivabili può essere derivabile.

    Esercizio. Dedurre, dal teorema di derivabilità delle funzioni combinate, che la seguente

    funzione non è derivabile nel punto x0 = 0:

    f(x) =x2 − |x| cosx

    2 + x2.

    Suggerimento. Se (per assurdo) f(x) fosse derivabile, allora...

    Esercizio. Mostrare che la seguente funzione è derivabile (anche nel punto x0 = 0):

    f(x) =x2 − |x| senx

    2 + x2.

    Esercizio. Sia g :R→ R derivabile. Provare che la funzione f(x) = |x|g(x) è derivabile see solo se g(0) = 0.

    16 - Mercoled̀ı 05/10/11

    È opportuno anticipare alcune nozioni (in parte già incontrate nella scuola secondaria) che

    avremo modo di approfondire durante il corso. Mediante il concetto di integrale definito

    daremo una conveniente definizione di funzione logaritmica (naturale), denotata lnx o log x.

    Proveremo che tale funzione è definita in (0,+∞), è strettamente crescente, è suriettivaed è nulla nel punto x = 1. Di conseguenza, la sua inversa, detta funzione esponenziale

    (naturale) e denotata exp y (provvisoriamente è conveniente indicare con y la variabile),

    risulta definita in tutto R (cioè nell’immagine di lnx), è strettamente crescente, ha perimmagine il dominio di lnx (ossia, la semiretta aperta (0,+∞)) e vale 1 nel punto y =0. Vedremo inoltre che le funzioni lnx e exp y sono derivabili e risulta: D lnx = 1/x,

    D exp y = exp y.

    Le potenze ad esponente reale si definiscono nel seguente modo: ab = exp(b ln a), dove a è

    un numero positivo (altrimenti non ha senso ln a) e b è un qualunque numero reale. Tale

    definizione, come vedremo, non è campata in aria: estende la nozione classica di potenza

    ad esponente razionale (i.e. an/m = m√an). Dalla definizione di potenza ad esponente

    15 luglio 2012 31

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    reale segue facilmente che expx = (exp 1)x. Il misterioso e importantissimo numero exp 1

    si denota (per brevità) con la lettera e e si chiama numero di Nepero (è un irrazionale

    compreso tra 2, 7182 e 2, 7183). Pertanto, expx coincide con la funzione ex, detta funzione

    esponenziale in base e (o in base naturale). In generale, ax, dove a è un qualunque numero

    positivo, si dice funzione esponenziale in base a. Se a 6= 1, tale funzione è invertibile e lasua inversa si chiama funzione logaritmic