REGIONI E JUDETS ROMENI: RETAGGIO DEL PASSATO,...

17
REGIONI E JUDETS ROMENI: RETAGGIO DEL PASSATO, OPPORTUNITÀ PER IL FUTURO Francesca Romana Antolini Lo studio esamina il processo di sviluppo in Romania a livello regionale e provinciale (judets), al fine di offrire un quadro della situazione attuale e consentire di effettuare previsioni per gli anni a venire. Alla luce della sempre maggiore intensità che domina le relazioni economiche italo-romene importante è un richiamo alla presenza imprenditoriale italiana (in particolare veneta) in Romania, di cui su delinea il quadro a livello regionale, esaminando i criteri che inducono i nostri imprenditori alla scelta delle province romene verso cui investire 1 . La Romania entrerà nell’Unione europea nel 2007 e una rapida crescita economica, accompagnata da opportune riforme in campo politico, sono gli elementi chiave da realizzare in vista di questa prospettiva. Tra gli obiettivi politici che il Paese deve ancora raggiungere si annoverano 2 : - L’attenuazione del ricorso da parte del governo alle ordinanze di emergenza; - Una riforma del sistema giudiziario che assicuri maggiore trasparenza 3 ; - L’adozione di misure volte a frenare il fenomeno della corruzione; - Il rafforzamento della certezza del diritto nell’ordinamento giuridico; - I progressi in materia di lotta alla povertà e all’esclusione sociale 4 ; - Il miglioramento della strategia a favore della minoranza Rom. Dal punto di vista economico, la Romania ha fatto molti progressi verso l’attuazione di un’economia di mercato, una scelta di politiche più appropriate sta facendo calare l’inflazione, mentre la crescita sta risalendo e la posizione esterna resta sostenibile. Ciononostante, modifiche sostanziali devono essere apportate in alcuni settori (tra cui quello fiscale e finanziario) così come essenziale è l’accelerazione della riforma delle pubbliche imprese, mediante il completamento dei piani di ristrutturazione, la privatizzazione delle imprese produttive e la chiusura di quelle in perdita. Il ricorso ad alcuni indicatori socioeconomici cui è stata affiancata, ove possibile, un’analisi cartografica, ha consentito di descrivere il livello di sviluppo e l’evoluzione delle disparità regionali nel Paese 5 . Prima di procedere alla descrizione dell’analisi e alla presentazione dei risultati raggiunti, è utile effettuare, nella pagina che segue, alcuni importanti chiarimenti. 1

Transcript of REGIONI E JUDETS ROMENI: RETAGGIO DEL PASSATO,...

REGIONI E JUDETS ROMENI: RETAGGIO DEL PASSATO, OPPORTUNITÀ PER IL FUTURO Francesca Romana Antolini Lo studio esamina il processo di sviluppo in Romania a livello regionale e provinciale (judets), al fine di offrire un quadro della situazione attuale e consentire di effettuare previsioni per gli anni a venire. Alla luce della sempre maggiore intensità che domina le relazioni economiche italo-romene importante è un richiamo alla presenza imprenditoriale italiana (in particolare veneta) in Romania, di cui su delinea il quadro a livello regionale, esaminando i criteri che inducono i nostri imprenditori alla scelta delle province romene verso cui investire1. La Romania entrerà nell’Unione europea nel 2007 e una rapida crescita economica, accompagnata da opportune riforme in campo politico, sono gli elementi chiave da realizzare in vista di questa prospettiva. Tra gli obiettivi politici che il Paese deve ancora raggiungere si annoverano2: - L’attenuazione del ricorso da parte del governo alle ordinanze di emergenza; - Una riforma del sistema giudiziario che assicuri maggiore trasparenza3; - L’adozione di misure volte a frenare il fenomeno della corruzione; - Il rafforzamento della certezza del diritto nell’ordinamento giuridico; - I progressi in materia di lotta alla povertà e all’esclusione sociale4; - Il miglioramento della strategia a favore della minoranza Rom. Dal punto di vista economico, la Romania ha fatto molti progressi verso l’attuazione di un’economia di mercato, una scelta di politiche più appropriate sta facendo calare l’inflazione, mentre la crescita sta risalendo e la posizione esterna resta sostenibile. Ciononostante, modifiche sostanziali devono essere apportate in alcuni settori (tra cui quello fiscale e finanziario) così come essenziale è l’accelerazione della riforma delle pubbliche imprese, mediante il completamento dei piani di ristrutturazione, la privatizzazione delle imprese produttive e la chiusura di quelle in perdita. Il ricorso ad alcuni indicatori socioeconomici cui è stata affiancata, ove possibile, un’analisi cartografica, ha consentito di descrivere il livello di sviluppo e l’evoluzione delle disparità regionali nel Paese5. Prima di procedere alla descrizione dell’analisi e alla presentazione dei risultati raggiunti, è utile effettuare, nella pagina che segue, alcuni importanti chiarimenti.

1

Dal punto di vista fisico, la Romania è divisa al suo interno dai Carpazi e dispone di una grande varietà di paesaggi naturali su entrambi i lati della catena montuosa. Queste premesse geografiche, ma ancor più la sua collocazione storica ai margini dei grandi imperi, hanno prodotto in Romania sovrapposizioni politiche e diversità territoriali attraverso i secoli. Se si osserva la durata temporale dei confini della Romania, l’arco dei Carpazi si rivela il principale spartiacque non solo dal punto di vista idrografico, bensì anche da quello politico. Per oltre 400 anni la sua sezione più ampia costituì la frontiera orientale dell’Impero austro-ungarico e di conseguenza la divisione tra le forti influenze dell’Occidente (Cristianesimo occidentale, Rinascimento, Illuminismo, Rivoluzione Industriale) e la dominazione da parte dell’Impero Bizantino e Ottomano. I Carpazi formano una linea di divisione storica non eguagliata in durata da nessuno dei confini moderni della Romania6.

Fig.1:I Carpazi Quando al termine della prima guerra mondiale alla Romania furono assegnati gli ex-territori dell’Impero austro-ungarico, essa si dovette confrontare con il duro compito di assimilare un territorio molto ampio, significativamente più sviluppato e orientato culturalmente ad ovest. Le differenze di sviluppo tra la parte occidentale ed orientale del Paese furono ridotte nel tempo, ma non svanirono completamente e nel 1969 erano ancora evidenti. Il contrasto tra le regioni all’interno e quelle all’esterno della curva dei Carpazi è visibile. Il tentativo di uniformazione intrapreso dal regime ebbe relativamente successo nel ridurre queste differenze storiche, ma molte di esse si sono conservate nel tempo7.

Fig. 2: Modelli di sviluppo socioeconomico nel 1969

2

La Romania non ha una tradizione regionale analoga a quella degli Stati dell’Europa occidentale. Dal 1991, presenta una divisione amministrativa in 41 Province o Distretti. La necessità di una divisione in regioni (le otto regioni di sviluppo) si è evidenziata solo in tempi recenti, nel 1998, quando è stato chiesto al Paese un quadro istituzionale adeguato ai criteri stabiliti dalla strategia di preadesione e in grado di consentire l’accesso ai fondi strutturali e al fondo di coesione dell’UE8.

Fig. 3: Le otto regioni di sviluppo (livello NUTS II) Fig. 4: Le 41 province romene (livello NUTS III)

3

INDICATORI SOCIALI9 A marzo 2002, la popolazione romena residente ammontava a 21.691.181 abitanti. Se non si considera la regione di Bucarest-Ilfov, che presenta una densità di 1,254,6 ab./kmq, ampiamente determinata dalla capitale, la regione più densamente popolata è quella di Nord-Est (103,8 ab./kmq), mentre la densità più bassa si riscontra nell’Ovest (63, 7 ab./kmq). A livello territoriale, si nota un aumento della popolazione rurale (dal 45,7% nel 1992 al 47,3% nel 2002) accompagnato da un calo nella popolazione urbana. Il grado di urbanizzazione differisce da regione a regione. Se non si considera la regione di Bucarest-Ilfov, sono l’Ovest e il Centro a registrare i più alti livelli di urbanizzazione, con oltre il 60% della popolazione che vive nei centri urbani. La popolazione rurale prevale invece nella regione di Nord-Est e nelle regioni di Sud e sud-Ovest, dominate da ampie pianure, con l’agricoltura che rappresenta il principale settore di attività.

Fig. 5: Densità della popolazione L’89,5% della popolazione è composta da individui appartenenti al gruppo etnico romeno. La popolazione appartenente ad altri gruppi etnici ammonta a 2.289.000 persone. Le principali etnie presenti in Romania sono: gli Ungheresi (6,6%), concentrati nelle province di Harghita, Covasna, Mures, Satu Mare, Bihor e Salaj; i Rom (2,5%), presenti in proporzioni significative nelle province di Mures, Calarasi, Bihor, Dolj, Sibiu e Arad; i Tedeschi (0,3%), presenti a Timis, Caras-Severin, Satu Mare, Sibiu, Arad e Brasov; gli Ucraini (0,3%), concentrati nelle province di Maramures, Suceava e Timis.

Fig. 6: Popolazione di etnia romena

4

Figg. 9-10-11: Occupazione per settore: agricoltura, industria e servizi

Per quanto riguarda l’occupazione per settore economico, ci sono discrepanze significative tra le regioni centrali e occidentali da un lato e le regioni meridionali e orientali dall’altro. La regioni di Centro, di Bucarest-Ilfov, di Ovest e di Sud registrano valori al di sopra della media nazionale in termini di popolazione occupata nell’industria e nei servizi e al di sotto della media nazionale in termini di popolazione occupata nell’agricoltura. Le altre regioni presentano invece caratteristiche opposte. Ciò è dovuto: 1. al processo di ristrutturazione industriale realizzato durante gli anni passati e che ha condotto allo spostamento di buona parte della

popolazione verso l’agricoltura e la silvicoltura; 2. all’insufficiente sviluppo degli altri settori che avrebbero potuto assorbire parte del personale licenziato.

5

Il numero degli occupati è diminuito di oltre 2 milioni nell’ultima decade, con conseguente variazione del tasso di disoccupazione dal 3.0% circa del 1991 al 10.5% alla fine del 2000. In molte province esistevano industrie soggette poi a ristrutturazione, quali l’industria estrattiva (Alba), ingegneristica (Brasov e Sibiu), estrattiva e metallurgica (Hunedoara), estrattiva, petrolchimica (Prahova) e metallurgica (Calarasi), metallurgica e ingegneristica (Braila e Galati). A livello regionale, i tassi di disoccupazione più elevati si registrano nel Nord-Est (13.2%), a causa della combinazione di due fattori: 1. province recentemente industrializzate, non capaci di adeguarsi alle forze di mercato; 2. alto numero di giovani che entrano nel mercato del lavoro.

Fig. 8: Disoccupazione nel 2000 INDICATORI ECONOMICI10 Il PIL pro capite a livello regionale nel 1998 (ultimi dati disponibili) e la specializzazione industriale delle 8 Regioni sono illustrati dalle tabelle che seguono: REGIONE DI SVILUPPO PIL pro capite ($/ab.) Nord-Est 21.6 Sud-Est 28.4Sud 25.3Sud-Ovest 26.5Ovest 32.4Nord-Ovest 26.0Centro 31.8Bucarest-Ilfov 40.3

6

Tab.2: Specializzazione regionale (in %)11

Buc. C N-E N-O S S-E S-O OAlimentari e tabacco 31.2 22.0 22.5 29.8 20.1 19.2 13.4 23.3 Tessile e abbigliamento 7.6 10.8 15.6 9.4 5.8 6.2 3.5 10.0 Pellami e calzature 3.4 2.7 1.6 4.3 0.3 0.1 0.9 4.1 Lavorazione del legno 1.2 8.5 10.3 6.9 2.5 2.1 1.6 4.9 Carta, cartone, stampa e registrazione 9.6 3.5 4.8 3.4 1.4 2.3 1.6 1.3 Lavorazione greggio, carbone coke, e combust. nucleari 0.0 0.7 5.6 1.8 9.5 7.5 0.0 0.0 Industria chimica, fibre sintetiche e artificiali 7.1 10.9 12.6 4.4 4.6 3.3 19.9 2.0Gomma e plastica 3.4 2.6 1.2 3.1 3.8 1.5 1.6 2.9 Altri prodotti non metallici 6.5 5.1 3.5 7.2 5.8 1.9 2.4 5.6 Metallurgia 1.4 4.0 4.5 7.8 6.5 37.0 19.1 11.5Prodotti e costruzioni metalliche 6.5 5.6 5.0 4.9 5.4 4.4 4.3 4.3 Macchinari e equipaggiamento 4.4 7.1 3.6 4.9 6.5 0.7 1.3 3.9Macchinari elettrici, ottici ed equipaggiamento 11.4 3.3 2.0 3.1 4.6 0.8 4.9 14.9 Mezzi di trasporto 3.0 7.8 3.1 2.4 20.0 10.5 23.5 7.3 Mobili e altre attività industriali 3.3 5.4 4.1 6.6 3.2 2.5 2.0 4.0

Nel periodo compreso tra il dicembre del 1990 ed il 30 giugno 2002, il volume complessivo degli investimenti esteri diretti (IDE) in Romania è ammontato a 8.438,03 milioni di dollari. La distribuzione degli IDE sul territorio non è omogenea. Le prime 15 province destinatarie di ampi investimenti esteri sono indicate dalla figura 9. Fig.11: Graduatoria delle prime 15 province destinatarie di IDE

7

INFRASTRUTTURE Rispetto al 1992, il numero delle abitazioni ha registrato un incremento (maggiore nei piccoli centri e minore nelle città) accompagnato dalla parallela riduzione del numero medio di persone per abitazione. Per quanto riguarda invece la loro struttura, in particolare la dotazione delle abitazioni dei principali impianti (elettrico e idrico) e servizi (cucina, bagno), non si notano miglioramenti significativi rispetto alla scorsa decade e notevoli appaiono le differenze a livello provinciale, come emerge dalla figura 712.

Fig. 7: Struttura delle abitazioni Le infrastrutture dei trasporti romene sono carenti e rappresentano un reale freno allo sviluppo del paese, rivelandosi inadeguate anche rispetto a quelle di altri paesi dell’Est. La rete stradale romena è una delle meno estese in Europa, con solo 113 km di autostrade e anche la manutenzione è al di sotto degli standard europei. La rete ferroviaria, di 11.385km, rimane la più importante via di comunicazione per beni e passeggeri. Tuttavia solo un terzo di essa risulta elettrificato ed un quarto delle locomotive hanno ormai superato il limite intollerabile di obsolescenza. Il trasporto su nave lungo il Danubio, che rappresenta un’importante via di comunicazione con l’Europa centrale è stato gravemente danneggiato a seguito della distruzione dei ponti durante la guerra in Kosovo. Il Paese dispone di tre aeroporti internazionali (Bucarest, Costanza, Timisoara) e di 16 aeroporti per il trasporto interno. Infine, la Romania è attraversata dai corridoi pan-europei IV, VII, IX13.

Fig. 9: Rete stradale e ferroviaria – Fonte EBRD

8

COMPORTAMENTO ELETTORALE14

Figg.13-14 : risultato elettorale del PSD e del PRM alle elezioni parlamentari del 2000

Il comportamento elettorale della popolazione esprime molto bene i cambiamenti intervenuti in un certo intervallo di tempo. Le ultime elezioni in Romania si sono tenute il 26 novembre 2000. Il ballottaggio del 10 dicembre ha visto Ion Iliescu del PSD raccogliere il 66.84% dei voti contro Corneliu Vadim Tudor del PRM (33.16%). Confrontando i risultati tra i due principali candidati alle elezioni parlamentari del 2000, emerge come il PSD abbia raggiunto buoni risultati nella parte orientale e meridionale del paese, mentre nelle province occidentali e centrali i risultati sono stati significativamente peggiori. Rispetto al 1996 il PSD ha migliorato la propria posizione nelle province di Bacau, Braila, Bucarest, Costanza, Iasi, Prahova e Tulcea. Gli aumenti di voti registrati nelle province centrali e occidentali sono invece riconducibili alla rottura della Convenzione Democratica, che in questi luoghi aveva in passato le sue roccaforti. Rispetto al PSD, il PRM ha presentato negli ultimi anni una dinamica spettacolare. Se nel 1996 aveva ottenuto in tutto 546,414 voti (dei 12.238,409 voti totali), nel 2000 ne ha conquistati addirittura 2,1 milioni. I migliori risultati del PRM sono stati raggiunti a Ialomita e nel Sud-Ovest. Per quest’ultima regione il successo è da ricondursi alla solidarietà mostrata dal PRM nei confronti dei minatori. Sia il PSD sia

9

il PRM non sono riusciti ad emergere in alcuni territori di insediamento della minoranza ungherese (Covasna, Harghita e Satu Mare), dal momento che lì domina l’UDMR.

****** L’analisi ha consentito di effettuare una serie di considerazioni per quanto concerne la dimensione regionale del processo di transizione della Romania: 1. I livelli di sviluppo sono stati influenzati dai diversi percorsi storici e dalle caratteristiche geografiche dell’area. Le regioni romene non

confinano direttamente con gli stati membri dell’UE e per questo gli impatti positivi delle aree più sviluppate d’Europa raggiungono queste aree solo indirettamente, attraverso gli altri Paesi dell’Europa centro-orientale. Inoltre, dall’analisi emerge come la Romania risenta ancora della diversa evoluzione storica che ha caratterizzato l’Ovest e il Centro del Paese da un lato e le regioni orientali e meridionali dall’altro.

2. La Romania non presenta ancora divari regionali di dimensioni ragguardevoli. Ciò è in buona parte dovuto alla transizione difficile e

relativamente lenta che ha caratterizzato il Paese. Solo col tempo e a seguito della crescita economica, gli effetti di polarizzazione, già visibili nel cambiamento delle strutture economiche e sociali di molti Paesi dell’Est, cominceranno a manifestarsi con maggiore evidenza anche nello spazio economico romeno e le province tradizionalmente urbanizzate e più industrializzate saranno meno vulnerabili ai costi e agli aspetti negativi della trasformazione.

3. È possibile tracciare un asse di sviluppo che va da Sud-Ovest a Nord-Est e che divide il Paese in due aree, di cui una (al di sopra

dell’asse) più evoluta e con migliori prospettive di crescita. L’analisi ha fornito inoltre gli elementi necessari al fine di procedere con una classificazione delle 8 Regioni di sviluppo per quanto riguarda il loro potenziale di trasformazione. Considerando alcune importanti dimensioni quali la: - la diversificazione della struttura economica - il livello generale di sviluppo socioeconomico - la distanza dalle fonti di capitale e di innovazione è stato possibile suddividere le otto Regioni di sviluppo in quattro grandi categorie in ordine decrescente15:

10

1. GRUPPO: Regioni di Bucarest-Ilfov e di Ovest; 2. GRUPPO: Regioni di Centro, Nord-Ovest e Sud-Est; 3. GRUPPO: Regioni di Sud e Sud Ovest; 4. GRUPPO: Regione di Nord-Est. Sono dunque questi gli assunti fondamentali da cui prendere le mosse al fine di offrire un quadro della presenza italiana, ed in particolare veneta, e delineare le determinanti che inducono gli imprenditori italiani alla scelta delle province romene verso cui delocalizzare. La scelta di concentrare l’analisi sulla presenza veneta risulta dalla combinazione di due fattori: il primo consiste nella difficoltà di reperimento di dati concernenti la presenza italiana in Romania nel suo insieme. L’altra ragione risiede nel fatto che le aziende venete presenti sul territorio romeno (oltre 2000) ben si prestano ad offrire un’idea degli orientamenti generali adottati dalle imprese dell’Italia settentrionale in Romania. L’interscambio italo-romeno. L’Italia è il principale partner economico della Romania. Il commercio bilaterale tra i due Paesi è addirittura decuplicato dal 1991 al 1999. La Romania si colloca invece seconda nel mondo nelle importazioni italiane di abbigliamento e prima nelle importazioni italiane di calzature. Ciò a conferma dell’importanza dell’ outward-processing trade nelle relazioni economiche italo-romene. Gli investimenti diretti esteri. L’Italia, pur essendo solo il sesto paese investitore, continua a detenere il primato per il numero di aziende presenti nel Paese. Al 30 novembre 2002 risultano registrate, presso il Registro del commercio estero, 12.322 joint venture italo-romene, per un capitale totale investito di 536,6 milioni di dollari16.

La penetrazione da parte degli imprenditori italiani in Romania è capillare. Inizialmente essa è avvenuta nella pianura posta più a nord al confine con la ex-Jugoslavia e l’Ungheria. Le città che furono meta delle prime delocalizzazioni industriali furono Oradea – nel distretto di Bihor – e Timisoara, entrambe città collocate lungo le vie portanti di collegamento ovest-est. Da qui la diffusione si è poi estesa nella provincia di collegamento, Arad e poi ancora più a Nord verso Satu Mare e Baia Mare, nella provincia di Maramures. Contemporaneamente altre città venivano raggiunte da sud nel settore meridionale della Valacchia e in seguito penetrando le valli dei Carpazi meridionali per portarsi nella depressione di Brasov17.

11

Le localizzazioni. Le figure 16 e 17 (pagina seguente) tracciano la ripartizione degli investimenti veneti evidenziando il primato della provincia di Timis (392 aziende a capitale veneto registrate), seguito dalla confinante contea di Arad (364), e da Bihor (209). Segue la capitale Bucarest, con 206 aziende. L’unica altra provincia che conta un numero di aziende venete superiore a 100 è Cluj Napoca, in Transilvania, con la presenza di 134 aziende. È da notare inoltre che le aziende venete sono distribuite in tutte le province della Romania, con esclusione della provincia di Teleorman. Venti province su 42 registrano un numero di aziende venete inferiore alle 15 unità, per lo più concentrate nell’area orientale del paese. Guardando attentamente quanto emerge dalle figure, i dati evidenziano ancor più la scelta nei confronti della parte centro-occientale del paese (Cluj, 134 imprese venete, Maramures, 62 imprese, Alba, 56 imprese, Sibiu e Brasov, 53 imprese, Hunedoara, 50 imprese). Considerate quindi le prime 10 province per numero di aziende venete registrate, esse sono tutte posizionate nell’area centro-occidentale del paese (ad esclusione di Bucarest) e contribuiscono per il 77% del totale alla presenza veneta in Romania. Più esiguo è invece il numero di aziende localizzate nelle aree meno sviluppate del Paese: il sud (contee di Dolj, Olt, Teleorman, Giurgiu) e il Nord-Est (Botosani, Neamt, Vaslui, Suceava, Iasi)18. I settori di attività. In termini di settori di attività, i dati evidenziano che la maggioranza relativa delle ditte venete ha come oggetto sociale la distribuzione all’ingrosso (322 ditte, 15,8% del totale), seguita dai servizi (11,53%) e dall’abbigliamento/tessile (10,55%). Si tratta degli unici tre settori che superano la soglia del 10% sul totale. A seguire troviamo una distribuzione abbastanza compatta di settori che si posizionano tra il 5 e il 10% del totale, tra i quali si evidenziano i settori del legno/arredamento (8,98%) e il comparto agricolo (8,83%). Relativamente poco rappresentati i settori della chimica, della plastica/carta e dell’elettronica, con percentuali inferiori al 2%. Le delocalizzazioni più importanti, nel settore della distribuzione all’ingrosso, si concentrano soprattutto a Bucarest e in maniera considerevole nella provincia di Timis. Queste due aree si evidenziano anche per quanto riguarda il settore dei servizi alle imprese, dato che consolida il ruolo di Timisoara come vero e proprio alter ego della capitale, alle quali va aggiunto il ruolo importante della provincia di Arad. Per quanto riguarda le province di Timis e Arad è da notare il fenomeno sempre più importante degli investimenti nel settore dell’agricoltura/agroindustria, sviluppatosi in particolar modo negli ultimi anni: le province occidentali si spartiscono anche una buona parte della produzione metalmeccanica veneta in Romania (il 30% delle ditte operanti in questo settore sono localizzate qui), mentre per il rimanente 70% si denota una certa uniformità di presenza sul territorio. In generale, la gran parte degli investimenti veneti sono stati diretti in aree e in settori vantaggiosi dal punto di vista del costo del lavoro e dei costi di trasporto delle merci. Alcuni investimenti, tuttavia, anche se meno numerosi, hanno tenuto in conto la disponibilità di materie prime a basso costo, come il legname e i suoi derivati (ad esempio nella provincia di Maramures)19.

12

0100200300400500600700800900

1000

Nr.

Soci

età

SOCIETA' VENETE SOCIETA' ITALIANE

0100200300400500600700800900

1000

Nr.

Soci

età

SOCIETA' VENETE SOCIETA' ITALIANE

Figg. 16-17: Presenza italiana e veneta a confronto (Fonte: Centro Estero Veneto)

13

La delocalizzazione delle imprese in Romania avviene in presenza dei seguenti fattori: - vantaggi specifici della Romania (manodopera a basso, costo dotazione di risorse naturali, presenza di importanti mercati di consumo

che richiedono una produzione locale, forte flessibilità del mercato del lavoro); - vantaggi specifici delle imprese italiane rispetto a quelle romene (possesso di un maggiore know-how tecnico e produttivo, possesso di

un marchio affermato sul mercato); - push-factors quali la difficoltà di reperimento della manodopera, l’intensa concorrenza interna ed internazionale che, soprattutto per le

produzioni ad alto valore aggiunto, rende difficoltosa per le aziende italiane ed europee la competizione sul versante dei prezzi, la necessità di una maggiore flessibilità sul mercato del lavoro e l’alto carico fiscale.

Per quanto riguarda invece le determinanti che inducono gli imprenditori italiani alla scelta delle province romene verso cui delocalizzare, dalla riflessione su questo importante aspetto, emergono alcune conclusioni. Se un elemento di spinta ad investire in Romania è determinato dal basso costo dei fattori produttivi (in particolare della manodopera, ma anche dai costi da sopportare per l’affitto dei locali, l’acquisto dei terreni, ecc.), lo stesso aspetto non riveste importanza decisiva nel momento in cui si sceglie di operare in un judet piuttosto che in un altro (seppure esistano differenze in termini di costo della manodopera). Non riveste un ruolo determinante nella scelta la tradizione industriale delle province. Sotto il regime socialista, queste ultime hanno conosciuto un processo di sviluppo economico che le ha rese alquanto uniformi dal punto di vista della dotazione industriale20. Inoltre, in alcune province romene, ed in particolare quelle nord-orientali (Moldavia) e meridionali (Muntenia), una forte tradizione industriale non esiste, essendo l’industrializzazione di queste aree relativamente recente (e risalente agli anni di Ceausescu). Ciò tuttavia non significa che manchino specializzazioni a livello provinciale: è questo il caso dell’industria tessile a Timisoara e a Iasi21. Neanche la qualifica della forza lavoro rientra tra i motivi fondamentali legati alla scelta del territorio. In linea generale, per quanto concerne il quadro attuale si registra una scarsa disponibilità di manodopera qualificata (contrariamente a quanto si rileva in altri paesi dell’Europa centro-orientale candidati all’allargamento ad Est). Per alcuni settori, e in particolare per quello informatico, il quadro è invece profondamente diverso e migliore, grazie alla buona formazione nelle discipline scientifiche fornita dalle università romene. A rivestire un peso nella scelta della provincia vi sono in primo luogo le ragioni legate alla prossimità geografica, che rendono le regioni più occidentali (e quindi più vicine) senz’altro più attraenti rispetto alle lontane regioni orientali22. Occorre inoltre considerare gli aspetti comportamentali tipici dell’imprenditore italiano che di regola preferisce investire dove altri prima di lui si sono mossi e hanno tastato il terreno, il che in parte spiega la grande concentrazione italiana a Timisoara e nel restante Ovest.

14

Non bisogna inoltre dimenticare la vicinanza linguistica. Questo fattore, scarsamente valorizzato nella letteratura sugli investimenti nell’Europa centrale e orientale, assume invece un ruolo di molto peso. Questa affermazione appare ancora più rilevante nella misura in cui le imprese presenti in Romania sono in gran parte piccole e medie e quindi con problemi di scarsità di risorse manageriali. Per queste imprese l’affinità culturale accanto alla presenza di altre imprese italiane costituisce un elemento che rende meno difficile e oneroso il costo di acquisizione delle conoscenze relative al nuovo contesto in cui le imprese operano. Un’altra ragione interessante e deducibile dall’analisi regionale che precede risiede nella storia. Gli italiani sono presenti in maggioranza proprio nei territori ad occidente rispetto all’arco dei Carpazi, che in passato furono parte dell’Impero austro-ungarico e che, in quanto tali, conobbero livelli di civilizzazione e di sviluppo assenti invece nelle aree orientali e meridionali del Paese. Agli elementi summenzionati, tutti essenziali al fine di spiegare le determinanti che inducono gli imprenditori ad investire nei judets, deve tuttavia essere aggiunto un altro fattore, che condiziona in maniera decisiva la scelta territoriale dell’imprenditore e che è costituito dal sistema dei trasporti. È quest’ultimo il primo e più importante elemento a cui si deve fare riferimento. Nel caso della Romania le imprese si concentrano in Transilvania anche e soprattutto perché altrove vi sarebbero problemi di trasporto, perché le infrastrutture sono tanto carenti da annullare i vantaggi comparativi in termini di prezzo dei fattori produttivi di cui godono le aree orientali e meridionali del paese. Se nei primi anni Novanta la Romania era nota come un’area di delocalizzazione, al presente, grazie al graduale sviluppo di un mercato interno e alle prospettive ormai certe di ingresso nell’UE, la Romania ha cominciato ad offrire straordinarie potenzialità per l’internazionalizzazione. 1 Lo studio completo è contenuto in F. R. Antolini, Romania: sfida e opportunità nell’Europa allargata, 2003. (Tesi di laurea) 2 Commissione Europea, 2003 Regular Report on Romania’s Progresso Towards Accession, Bruxelles, 5 novembre, 2003. 3 Il Ministro della Giustizia conserva il potere di nomina diretta dei giudici. Ibidem. 4 Al fine di promuovere l’inclusione sociale, commissioni di lotta alla povertà sono state create a livello locale nei 41 judets e a Bucarest e la maggior parte dei judets hanno elaborato propri piani d’azione di lotta alla povertà. Tuttavia, il finanziamento delle strategie locali non è ancora stato assicurato. Le regole relative all’implementazione della legge sulla prevenzione e la lotta alla marginalità sociale sono state approvate a novembre 2002, come follow-up al Consiglio europeo di Gotheborg. Sulla base di queste, la Commissione Europea e la Romania hanno cominciato a collaborare per preparare la Romania alla partecipazione al processo comunitario di inclusione sociale dopo la sua adesione all’Unione. Questo esercizio consiste nella definizione congiunta dell’identificazione delle sfide poste dall’esclusione sociale e delle azioni politiche da attuare in risposta. Commissione Europea, 2003 Regular Report on Romania’s Progresso Towards Accession, Bruxelles, 5 novembre, 2003. 5 Gli indicatori qui presentati sono: la distribuzione della popolazione; la sua densità; la struttura della popolazione per gruppo etnico di appartenenza; l’occupazione per settore; il tasso di disoccupazione; il PIL pro capite; la struttura delle abitazioni; la dotazione infrastrutturale; gli investimenti esteri; il comportamento elettorale. Il modello è quello utilizzato dall’economista Gorzelak in: G. Gorzelak, Regional Dimension for Transformation in Central and Eastern Europe, J. Kingsley, London, 1996.

15

6 P. Jordan, Regionalization and Decentralization in Romania – Opportunities and Obstacles, in: W. Heller (Ed.), Romania: Migration, Socio-Economic Transformation and Perspectives of Regional Development, Südosteuropa-Gesellschaft, München, 1998. (Südosteuropa-Studien; Bd. 62) 7 Durante l'era comunista, la politica di sviluppo economico guardò all'industria come all'unico settore capace di generare e di guidare la crescita economica di alcune aree. Di conseguenza, il programma di sviluppo intrapreso dal regime socialista cercò di distribuire l’industria equamente su tutto il territorio, senza riguardo alla effettiva capacità delle varie province di supportarne lo sviluppo. Nel contesto economico successivo al 1989, l'industria nel suo insieme non sarà in grado di adattarsi alle nuove condizioni economiche e di resistere alla competizione. Romanian Ministry for Development and Prognosis (Ed.). National Development Plan 2002 – 2005, in: http://www.mdp.ro. Inoltre, l’evoluzione economica romena ha seguito fedelmente il modello stalinista, inclusa la proprietà statale dei mezzi di produzione, il controllo da parte del partito comunista della politica economica e dell’amministrazione attraverso l’interdipendenza di partito e burocrazia, il centralismo democratico, la pianificazione annuale e quinquennale, l’obbligo di consegna della produzione economica allo Stato, l’imposizione dei prezzi basata su considerazioni politiche ed ideologiche invece che sulle forze di mercato, l’affidamento alle campagne di mobilitazione piuttosto che agli incentivi materiali per i lavoratori, l’inflessibilità e l’ostilità verso le riforme. Library of the Congress, Federal Research Division. Country Study Romania, 1989. 8 La formazione delle Regioni è avvenuta con la legge 151 del 15 luglio 1998 che stabilisce inoltre il quadro istituzionale, gli obiettivi, le competenze e gli strumenti specifici della politica di sviluppo regionale. F. Martino. Le Istituzioni della Romania, in: Affari Esteri, n.134, Aprile 2002. Vedi anche: G. Kolumbàn. Regional Development and Regional Policy in Romania. In: http:// www.eu-enlargement.org , 1999. 9 National Institute of Statistics, Analysis of the Preliminary Results – 2002 Population and Housing Census 2003, in: http:// www.insse.ro 10 Romanian Ministry for Development and Prognosis (Ed.). National Development Plan 2002 – 2005. In: http://www.mdp.ro 11 G. Turlea, C. Mereuta, Markets and Networks in Romania – Life after disorganisation, Working Paper No. 15, Centre for the Study of Economic and Social Change in Europe, Londra, marzo 2002. 12 National Institute of Statistics, Analysis of the Preliminary Results – 2002 Population and Housing Census, 2003. In: http:// www.insse.ro 13 ICE, “Romania – Guida Paese”, Bucarest, Febbraio 2002. 14 D. de Nève, Wahlen in Rumänien – eine ganz normale Katastrophe?, in: Osteuropa , Heft 3, Marzo 2001. Vedi anche: Lazaroiu, Regional Dynamics of Political Options in the 1996-2000 Period, in: Sociologie Româneascã, Ediz. elettronica annuale in inglese, n.2, Bucarest, 2000. 15 Un modo diverso per determinare il livello di sviluppo delle regioni e le loro potenzialità di trasformazione è presentato da Resmini e mira a determinare quanto l’ubicazione delle regioni (in particolare di quelle situate ai confini) condizioni le loro prospettive di crescita e la specializzazione economica. L. Resmini, Specialization and Growth Patterns in Border Regions in Accession Countries, Working Paper B17, Zentrum für Europäische Integrationsforschung, Bonn, 2002. 16 ICE, Romania - Guida Paese, Bucarest, Febbraio 2002. 17 L’opzione di delocalizzare attività verso l’Europa orientale e più nello specifico, verso la Romania, che sempre più imprese stanno perseguendo, non risponde solo ad una logica di tipo resources seeking per cui le imprese sviluppano attività all’estero per reperire risorse a basso costo reale, siano esse materie prime o lavoro. Una strategia di questo tipo, a fronte della concorrenza di prezzo proveniente da imprese prevalentemente localizzate in paesi in via di sviluppo, sarebbe esclusivamente difensiva e necessariamente transitoria. Nella misura in cui i Paesi dell’Europa centro-orientale sono destinati a raggiungere standard europei, anche i salari reali raggiungeranno livelli comparabili a quelli dei paesi più industrializzati vanificando le strategie esclusivamente cost-savings D. Velo, A. Majocchi (a cura di), L’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese nell’Europa Centro Orientale, Fondazione Giordano Dell’Amore, Giuffrè Editore, Milano, 2002. 18 Centro Estero Veneto, Indagine sulla presenza imprenditoriale veneta in Romania, Mestre, giugno 2003. 19 Ibidem.

16

20 Non bisogna tuttavia trascurare il fatto come già nel periodo tra le due guerre alcune aree della Romania presentassero un discreto panorama industriale. Tra queste aree da menzionare vi sono Bucarest (macchinari, processing), la Transilvania centrale e sudorientale (energia, metallurgia), il Banato centrale (attività complesse, in particolare macchinari ed equipaggiamenti), Banato occidentale (diverse branche dell’industria manifatturiera), il Maramures occidentale (estrazione e lavorazione dei materiali non ferrosi), la Crisana (attività complesse), regione sudorientale (equipaggiamento navale), Moldavia occidentale (chimica, industria della carta e della cellulosa), Prahova (petrolchimica), la Jiu Valley e il bacino di Almas (estrazione del carbone). Infine il Banato, la Transilvania e la Moldavia erano caratterizzate da industrie specializzate in macchinari per il tessile e per l’industria alimentare. S. Nadejde, D. Pantea, A. Dumitrache, I. Braulete, The Future of Industrialised Cities and Regions Undergoing Structural Changes. Romania Country Report, Bucarest, 2001. 21 I. Traistaru, P. Nijkamp e S. Longhi, Regional Specialization and Concentration of Industrial Activity in Accession Countries, Working Paper B16, Zentrum für Europäische Integrationsforschung, Bonn, 2002. 22Cfr. F. Turato, L’Est secondo il Nord-Est, in: Limes, Il nostro Oriente, n. 6/2003.

17