REGIONE CAMPANIA Piano Stralcio per l'Assetto ... · Idrogeo s.r.l. per l'indagine geotecnica...
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GRUPPO DI PROGETTO
geol. Stefania Coraggioing. Luigi Iodiceing. Pasquale Laezzaarch. Pietro Paolo Piconegeol. Antonella Ricciogeol. Assunta Maria Santangelo
Autorità di Bacino Nord Occidentale della Campaniaarch. Paolo TolentinoCoordinamento generale di progetto Responsabili scientifici
prof. geol. Roberto de Riso (conv. 03/2007)prof. ing. Michele Di Natale (conv. 04/2007)
avv. Angelo Marzocchella (Avvocatura Regionale)Consulenza giuridica
responsabili: prof. ing. Corrado Gisonni, prof. ing. Alessandro Mandolini
CIRIAM - Centro Interdipartimentale di Ricerca in Ingegneria Ambientale della Seconda Università degli Studi di Napoli (conv. 02/2007)
collaboratori convenzionati con il CIRIAMing. Agostino Santilloing. Luca Cristianoing. Diego Di Martire ing. Anna Di Mauroarch. Valeriano Pesceing. Eleonora Quarantaing. Liberata Tufano
società convenzionate con il CIRIAM:Tecnorilievi s.r.l. per il rilievo topograficoIdrogeo s.r.l. per l'indagine geotecnica
collaboratori convenzionati con il DIGAgeol. Melania De Falcogeol. Sossio Del Prete arch. Maria De Rosa geol. Giuseppe Di Crescenzo geol. Luca Di Iorio geol. Vittorio Emanuele Iervolino geol. Biagio Palma geol. Marcello Rotella
DIGA - Dipartimento di Ingegneria Idraulica Geotecnica ed Ambientaledell'Università degli Studi di Napoli Federico II (conv. 01/2007)
prof. geol. Domenico Calcaterraprof. geol. Antonio Santo
responsabile: coordinatore:
SUPPORTO SCIENTIFICO
dott. Giuseppe CatenacciIL SEGRETARIO GENERALE
Il Piano Stralcio per l'Assetto Idrogeologico (PAI) è stato redatto alla scala 1:5000 su Cartografia Tecnica Regionale (ed. 2004 - 2005)
Autor
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REGIONE CAMPANIAAssesorato all'Ambiente autorità di bacinonord occidentale
Piano Stralcio per l'Assetto Idrogeologicodell'Autorità di Bacino Nord Occidentale della Campania
Aggiornamento anno 2010
PROGRAMMA DEGLI INTERVENTI PRIORITARI
RELAZIONE GENERALE
Autorità di Bacino Nord Occidentale della Campania
Programmi di Intervento per la mitigazione del Rischio
1. PREMESSA............................................................................................................. 2
2. IL PIANO PER LA “GESTIONE DEL RISCHIO”.......... .......................................... 5
2.1. Piano di Emergenza e di Protezione Civile........................................................... 5 2.1.1. Implementazione degli strumenti di monitoraggio............................................................ 7
2.2. Piano Strategico degli Interventi per la Gestione del Rischio Idrogeologico ...................................................................................................... 10 2.2.1. manutenzione del territorio............................................................................................ 10 2.2.2. manutenzione ordinaria e straordinaria ......................................................................... 12 2.2.3. Individuazione e rimozione delle criticita’ del reticolo idrografico ................................... 14 2.2.4. Governo del territorio .................................................................................................... 15
3. INTERVENTI STRUTTURALI PRIORITARI ............... .......................................... 17
3.1 Premessa ........................................................................................................... 17
3.2 Programma degli interventi prioritari .................................................................. 18
3.3 Opere tipo........................................................................................................... 20
3.4 Intervento di sistemazione idraulica del Bacino dei Regi Lagni ......................... 20
4 CONCLUSIONI .................................................................................................. 23
Allegato A ......................................... ........................................................................ 25
Allegato B ......................................... ........................................................................ 26
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programma degli interventi dell’autorità di bacino nord occidentale della campania
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1. PREMESSA
La programmazione degli interventi per la mitigazione del rischio idrogeologico
proposta da questa Autorità di Bacino si inquadra nei presupposti di indirizzo di
politica della difesa del suolo inseriti nelle azioni strategiche del Piano Territoriale
Generale di cui alla L.R. 13/2008.
La filosofia di approccio alla problematica dell’assetto e della sicurezza
idrogeologica si ritrova nella stessa natura “ordinaria” dell’Autorità di Bacino che
risulta coerente con il concetto della sostenibilità delle politiche di vincolo e
trasformazione territoriale.
Tale indirizzo complessivo si pone in antitesi alla pratica dell’emergenza e
della straordinarietà degli interventi che al di là dell’impegno economico esorbitante
si dimostra fallimentare per la non riproducibilità di un modello che risulta non
coerente agli indirizzi di sostenibilità ambientale. Le esperienze degli interventi
emergenziali passate hanno indotto questa Autorità a ricercare un modello di
politica della difesa del suolo che possa coniugare la sistemazione idrogeologica del
territorio con un recupero dei suoi assetti naturali spesso compromessi
dall’intervento antropico. Questa linea di indirizzo deriva dalla conoscenza della
diffusa fragilità del nostro territorio e dagli indirizzi di natura comunitaria che
prevedono che le azioni della pubblica amministrazione siano strutturate in modo da
privilegiare la tutela degli aspetti di carattere ambientale.
In sintesi l’articolazione dell’assetto del territorio, o meglio del governo del
territorio, deve riferirsi ad un grande opera di gestione del rischio prevedendo azioni
di manutenzione e recupero del sistema idrografico naturale e artificiale in un
contesto generale di recupero urbanistico del territorio. Sono quindi programmati, a
scala di bacino, gli interventi strutturali finalizzati alla mitigazione del rischio
idrogeologico che possano prevedere in luogo dei diffusi fenomeni di dissesto un
contesto di interventi ed azioni per garantire un controllo ed un disciplina di tali
fenomeni in equilibrio con la salvaguardia ambientale del territorio. Tali interventi,
nella logica della programmazione degli interventi di assetto idrogeologico da valle
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programma degli interventi dell’autorità di bacino nord occidentale della campania
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verso monte, costituiscono il contesto per le future sistemazioni in ambito montano e
pedemontano di questa Autorità di Bacino.
Un fondamentale indirizzo normativo del Piano di Assetto idrogeologico,
elaborato da questa Autorità, che peraltro ripropone in sintesi tematiche normative
regionali e nazionali (D.Lgs. 152/2006 e L.R. 16/2004), prevede che la
pianificazione urbanistica recepisca direttamente i contenuti del Piano di Assetto
Idrogeologico ed in particolare preveda: azioni finalizzate all’abbattimento dei
manufatti che non risultino legittimi dal punto di vista edilizio ed urbanistico;
individuazione di infrastrutture e manufatti da ricollocare fuori dalle aree a rischio
(art. 67 comma 6 del D.Lgs. 152/2006); adozione di strumenti urbanistici che
prevedano la piena compatibilità della pianificazione comunale attraverso piani di
prevenzione del rischio idrogeologico (art. 23 comma 9 della L.R. 16/2004); Piani di
emergenza finalizzati alle azioni di protezione civile del territorio interessato dai
fenomeni di dissesto idrogeologico (art. 67 comma 5 del D.Lgs. 152/2006).
Proprio per la redazione del Piano di emergenza questa Autorità di Bacino ha
inteso elaborare una cartografia del “Rischio finalizzato alle azioni di protezione
Civile” e uno studio per la strumentazione di un sito pilota con finalità early-warning,
in modo da individuare direttamente i manufatti e le infrastrutture esposti al rischio
idrogeologico che siano soggetti a possibile perdita di vite umane o di danno grave
alle stesse e predisporre le necessarie azioni per la mitigazione del rischio. Questo
Piano di emergenza assume, in coerenza con quanto sopra illustrato, valore di
indirizzo per l’ assetto idrogeologico inteso come quadro strategico degli interventi
strutturali e non che, con la verifica della procedibilità economica e tempistica,
possano costituire uno strumento reale di pianificazione per la mitigazione del
rischio. Tale Piano può avere concreta attuazione solo attraverso la crescita
culturale delle comunità locali che assumano come valore la protezione del territorio
e la salvaguardia della vita umana.
La proposta programmatica per la definizione di un quadro generale degli
interventi di questa Autorità di Bacino deriva dall’evidenza che i fattori di rischio
esistenti derivano principalmente dagli interventi di natura antropica che hanno
completamente modificato gli assetti territoriali. La risposta è quindi da ricercare in
un quadro strategico di interventi per la mitigazione del rischio che preveda una
molteplicità di interventi che partendo dal piano di emergenza redatto ai sensi del
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art. 67 del D.Lgs. 152/2006 preveda attività di manutenzione e pianificazione del
territorio ed anche interventi strutturali organizzati in maniera coordinata. Questo
complesso di azioni prefigura un governo del territorio capace di coniugare
trasformazione, sostenibilità ambientale e mitigazione del rischio idrogeologico.
Pertanto il programma generale degli interventi è stato suddiviso in due grandi
ambiti che possono qui riassumersi:
• Il “Piano per la Gestione del Rischio” suddiviso nel “Piano di Emergenza
e di Protezione Civile” e nel “Piano Strategico degli Interventi per la
Gestione del Rischio Idrogeologico” che dovrà essere redatto per ciascun
ambito territoriale dagli enti gestori del territorio (comuni, province,
comunità montane, consorzi di bonifica, enti gestori delle infrastrutture,
ecc.)
• Il “Programma degli Interventi Strutturali Prioritari” predisposto dall’
Autorità di Bacino
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2. IL PIANO PER LA “GESTIONE DEL RISCHIO”
Il programma degli interventi destinato agli Enti gestori del territorio prevede la
redazione di un Piano per la “Gestione del Rischio” che assuma sia valore di “Piano
di Emergenza e di Protezione Civile” così come previsto ai sensi della Legge
225/1992, dell’ art. 108 del D.L.vo. 112/98 e della L.R.63 del 10/2001) sia di Piano
Strategico degli Interventi per la gestione del rischio idrogeologico. Tale Piano deve
contenere il quadro generale degli interventi non strutturali e strutturali in grado di
garantire la protezione e la salvaguardia della vita umana. L’elaborazione del Piano
per la “Gestione del Rischio” è da considerarsi prioritario rispetto a qualsiasi ipotesi
di intervento di mitigazione del rischio e deve essere predisposto nei tempi indicati
all’ art. 30 del PAI
2.1. Piano di Emergenza e di Protezione Civile Il Piano di protezione civile è uno strumento che, partendo dall’analisi del
territorio, ottimizza le risorse presenti e definisce le azioni da intraprendere in
condizioni ordinarie e di emergenza. L’obiettivo della pianificazione è raggiungere
l’integrazione delle azioni intraprese dagli Enti preposti alla salvaguardia delle
persone, dei beni e del territorio affinché l’intero processo risulti codificato e
coordinato.
La legge 267/98 e il D.Lgs. 152/2006 ha reso obbligatorio il Piano di
emergenza comunale nei Comuni che presentano aree a rischio idrogeologico molto
elevato.
La pianificazione di emergenza a livello comunale deve prevedere le
procedure per l’attivazione delle strutture di Protezione Civile e l’attuazione di azioni
di salvaguardia sulla base degli scenari di evento e di danno preventivamente
valutati e delle informazioni circa l’evoluzione dell’evento in atto derivanti dalla Sala
Operativa Regionale Unificata.
In particolare, i piani di emergenza devono adottare le aree classificate a
pericolosità e rischio idraulico elevato e molto elevato nei piani stralcio per l’assetto
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idrogeologico (PSAI) quali scenari di riferimento per la valutazione del danno atteso
nel caso di eventi calamitosi.
Lo scenario di evento di riferimento corrisponde alle aree a più elevata
pericolosità su cui sviluppare la pianificazione di emergenza richiesta in forma
completa sia dal punto di vista procedurale che operativo e rappresenta anche uno
strumento di supporto utile ad indirizzare le attività di monitoraggio e vigilanza da
porre in essere per la previsione tempestiva delle criticità presenti.
Sulla base della perimetrazione delle aree a pericolosità elevata e molto
elevata il Comune deve individuare gli elementi esposti, ovvero le persone e i beni
che si ritiene potrebbero essere interessati dall’evento atteso.
Le procedure di emergenza sono articolate in diverse fasi di allerta. Il Piano di
emergenza definisce per ciascuna fase di allerta il soggetto responsabile per
l’attivazione e la disattivazione della fase, le componenti del sistema di protezione
civile coinvolti e di compiti assegnati a ciascuna componente. A livello Comunale, il
Sindaco attiva e disattiva le fasi di allerta sulla base delle indicazioni del COM (
Centro Operativo Misto ) e delle informazioni derivanti dal presidio territoriale e/o
dalla SORU (Sala Operativa Regionale Unificata), coerentemente con quanto
stabilito nel Piano di emergenza Comunale.
In particolare, per i comuni di cui alla competenza di questa Autorità di Bacino,
il Piano di Emergenza e di protezione Civile deve essere articolato in modo da
assicurare la salvaguardia della vita umana sull’intero territorio interessato dai
fenomeni di dissesto idrogeologico utilizzando gli elaborati del Piano di Assetto
Idrogeologico ed in particolare:
• le Carte di Pericolosità Idraulica e da Frana
• le Carte del Rischio Idraulico e da Frana
• le Carte del Rischio Finalizzate agli Interventi di Protezione Civile
• le metodologie di studio nei contesti di pericolosità geologica ed
idraulica nelle aree di conoide e di frana in roccia
• la proposta di un sistema early-warning per la mitigazione del rischio in
aree suscettibili da fenomeni di colata detritico fangosa
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Nel caso di aree costiere si devono utilizzare, ai fini della stesura del Piano di
emergenza, anche gli elaborati cartografici di cui al “Piano per la Difesa delle Coste”
adottato con delibera del Comitato Istituzionale n. 285 del 30.07.2009.
2.1.1. Implementazione degli strumenti di monitorag gio In porzioni non trascurabili del territorio di competenza dell’Autorità di Bacino,
esistono bacini ad elevato Rischio di colata nei quali ricadono aree densamente
urbanizzate, A tale scopo l’Autorità di Bacino Nord Occidentale auspica la messa in
opera sul territorio di sistemi di Early Warning (EW). Tali sistemi sono configurabili
come interventi non strutturali in grado di implementare la rete di monitoraggio
esistente in modo da diventare elementi di controllo dei fenomeni di dissesto e
costituire una premessa essenziale alla mitigazione del rischio.
Un sistema EW può definirsi come quell’insieme di azioni da compiere prima di
un evento catastrofico che consenta l’eliminazione o la riduzione ad un livello
accettabile del Rischio imminente (Gasparini et al., 2007).
Affinché un sistema EW possa assolvere in pieno alla funzione per la quale è
stato implementato, è fondamentale che esso consenta la disponibilità di un
adeguato intervallo di tempo tra il momento in cui la previsione di accadimento di un
assegnato fenomeno è ragionevolmente certa (istante o tempo della previsione, Tp)
e il momento in cui il fenomeno previsto si verifica (istante o tempo di accadimento,
Ta).
L’intervallo di tempo ∆TEW = Ta – Tp rappresenta il tempo disponibile per la
messa in opera delle azioni previste per la Gestione del Rischio (ad esempio,
evacuazione della popolazione, protezione di strutture e/o infrastrutture strategiche,
ecc.).
Lo strumento chiave per la valutazione e la mitigazione del Rischio è il
monitoraggio.
Pertanto, un buon sistema EW comprende un piano di monitoraggio, ma è
basato su una filosofia significativamente diversa in quanto, per essere realmente
utile, deve partire già da una adeguata comprensione del fenomeno. Solo con
questa fondamentale premessa, la raccolta di dati attraverso un adeguato piano di
monitoraggio e la loro successiva interpretazione alla luce di un modello di
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elaborazione predefinito mette in condizioni il gestore del sistema EW di attivare
procedure decisionali cui possono conseguire allarmi di vario tipo che devono
essere rapidamente trasmessi alle popolazioni coinvolte, preventivamente istruite
circa i conseguenti piani di azione.
Un piano di monitoraggio ha il principale scopo di raccogliere, registrare e
analizzare in maniera sistematica e mirata tutte le informazioni qualitative e
quantitative raccolte per valutare lo specifico problema associato al versante in
studio.
Con specifico riferimento alle colate detritico-fangose, la problematica relativa
all’implementazione di sistemi EW ha ricevuto una notevole spinta a seguito del
disastroso evento di Sarno nel 1998, il tutto però a partire da una conoscenza dei
meccanismi di collasso di versanti su cui insistevano terreni granulari non saturi
molto carenti se confrontati ad altri casi. La Campania, infatti, è tra le regioni in
Europa con la più elevata concentrazione di rischi naturali. Tra questi, il rischio
idrogeologico è quello che pone i problemi più pressanti per la frequenza con cui
negli ultimi anni si sono succeduti eventi catastrofici.
La gestione del sistema di allerta nazionale è assicurata dal Dipartimento della
protezione civile, dalle Regioni e dalle Province autonome attraverso la rete dei
Centri Funzionali, nonché le strutture regionali ed i Centri di competenza chiamati a
concorrere funzionalmente ed operativamente a tale rete.
In tale contesto, la Regione Campania con D.P.G.R. n. 299/2005 ha inteso
individuare un centro operativo addetto proprio alla elaborazione di dati rilevati, al
fine di mitigare le conseguenze di ulteriori disastri idrogeologici e riguarda proprio il
sistema di allertamento regionale per il rischio idrogeologico e idraulico finalizzato
all’uso da parte della protezione civile, nonché i ruoli e i compiti delle strutture
regionali di protezione civile nell’ambito delle procedure di previsione e prevenzione
del rischio idrogeologico per il territorio regionale.
La fase di previsione meteorologica è dedicata all’acquisizione dei dati
osservati, all’elaborazione della previsione circa la natura e l’intensità degli eventi
meteorologici attesi, alla previsione degli effetti che la manifestazione degli eventi
dovrebbe determinare sul suolo, alla valutazione del livello di criticità
complessivamente atteso nelle zone d’allerta, mediante l’interpretazione integrata
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ed il confronto analitico delle previsioni elaborate con corrispondenti valori di soglia
adottati.
La fase di monitoraggio ha lo scopo, tramite la trasmissione, la raccolta e la
concentrazione nel Centro Funzionale dei dati rilevati per le diverse finalità dalle
diverse tipologie di sensori, nonché tramite le notizie non strumentali reperite
localmente dai presidi territoriali, di rendere disponibili informazioni che consentano
sia di formulare e/o di confermare gli scenari previsti che vengono poi aggiornati a
seguito dell’evoluzione dell’evento in atto.
I dati e le informazioni di tipo meteo-idro-pluviometrico rilevati dalle reti di
monitoraggio in tempo reale sono utilizzati per la valutazione, in termini di criticità
idrogeologica e idraulica, degli effetti al suolo associati agli eventi estremi, nonché
per la validazione dinamica e l'aggiornamento delle previsioni quantitative dei campi
di pioggia.
Per l’ottenimento di un sistema di allerta il D.P.G.R. individua nei precursori
(altezze di pioggia in varie finestre temporali) i “campanelli di allarme” atti a far
scattare il sistema di allerta una volta che questi superano determinati valori
prefissati (soglie).
Per precursore pluviometrico si intende una grandezza derivata in modo
esclusivo dalla precipitazione osservata in uno o più pluviometri ed utilizzata per la
previsione di eventi critici di carattere idraulico ed idrogeologico.
In sintesi, un sistema EW deve essere rivisto come un insieme di procedure
finalizzate alla riduzione del Rischio imminente in quelle aree per le quali già si
dispone di studi geologici, geotecnici ed idraulici ad una scala adeguata.
E’ pertanto indispensabile produrre ogni ragionevole sforzo perché, nel tempo,
si disponga di modelli “locali” che, a partire dalla raccolta di dati pluviometrici riferiti
all’area in esame, sia in grado di prevedere con ragionevole affidabilità gli eventi
meteorici futuri.
L’Autorità di Bacino, all’interno degli elaborati del Piano di Assetto
Idrogeologico ha elaborato, in un’area campione, una applicazione di questo
sistema di monitoraggio ed allertamento che può costituire un utile riferimento
metodologico per l’implementazione strumentale in aree sottoposte a colate
detritico-fangose.
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2.2. Piano Strategico degli Interventi per la Gest ione del Rischio Idrogeologico
Mentre il Piano di Emergenza risponde al criterio di intervento di Protezione
Civile il Piano Strategico degli Interventi per la Gestione del Rischio Idrogeologico prevede uno studio generale degli scenari di intervento compatibili con le risorse
disponibili ed i relativi tempi di attuazione. Questo strumento costituisce un vero e
proprio atto di pianificazione per la gestione del rischio idrogeologico attraverso il
concorso di una molteplicità di azioni che verranno ad essere programmate in azioni
distinte. Qualsiasi intervento sul territorio può essere programmato solo a seguito
dell’elaborazione di questo quadro strategico di intervento. I programmi di intervento
richiedono un approfondimento ed una verifica puntuale delle criticità espresse dal
PAI.
In particolare il Piano deve prevedere la programmazione e la verifica
tempistica ed economica delle seguenti azioni:
• Piano di manutenzione ordinaria e straordinaria del territorio
• Programma di intervento per l’individuazione e rimozione delle criticita’ del
reticolo idrografico
• Informazione e formazione delle popolazioni sulle problematiche del rischio
idrogeologico
• Piano di delocalizzazione dei manufatti inseriti in aree a Rischio
• Piano di abbattimento dei manufatti abusivi in aree a rischio
• Interventi strutturali per la mitigazione del rischio in aree che sottendono aree
a rischio elevato e molto elevato
La descrizione di queste tipologie di intervento viene esplicitato nei capitoli
seguenti.
2.2.1. manutenzione del territorio Un approccio basato sull’emergenza ha privilegiato negli ultimissimi decenni la
realizzazione di opere intensive per la riduzione del rischio nella parte inferiore del
bacino ove più elevato si presenta il livello di urbanizzazione, trascurando spesso un
approccio al problema basato sull’intervento a lungo termine con opere estensive ed
intensive nella parte superiore del bacino, ove il fenomeno erosivo inizia a
manifestarsi e ove la sistemazione agisce sulle cause del dissesto.
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programma degli interventi dell’autorità di bacino nord occidentale della campania
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Ne consegue la necessità di intervenire nelle zone montane e collinari, ove più
estese ed intense sono le azioni erosive, con opere diffuse di rimboschimento, di
miglioramento di boschi esistenti, di sistemazione delle frane e con opere
concentrate sui corsi d’acqua per la loro regimazione idraulica anche nelle zone di
pianura.
Esistono, comunque, delle priorità nella realizzazione degli interventi. Tali
priorità riguardano le aree che presentano un livello elevato o molto elevato di
rischio (R3 ed R4) e che coincidono spesso con quelle porzioni di territorio
caratterizzate da un livello elevato o molto elevato di valore esposto (E3 ed E4),
quasi sempre aree di pianura e pedemontane fortemente urbanizzate e densamente
popolate.
Tuttavia, il mancato o non adeguato intervento sui bacini montani comporta un
incremento delle portate di piena a valle unitamente all’aumento del trasporto solido,
con conseguente necessità di arginature sempre più elevate e/o di più vaste aree di
espansione e laminazione delle piene.
Con interventi di tipo diffuso sul territorio si può ottenere una maggiore
efficacia delle misure di riduzione della probabilità di accadimento dell’evento
calamitoso e sulla riduzione dell’intensità dello stesso; il perdurare dell’abbandono
della montagna e della collina, invece, ha come conseguenza un aumento della
vulnerabilità e della pericolosità del territorio anche a valle con conseguente
richiesta di aumento delle difese passive (argini, casse d’espansione, ecc.), con
notevole aumento dei costi diretti ed indiretti.
La sistemazione della parte superiore dei bacini idrografici, dunque, non
assume solo un valore intrinseco, ma comporta il miglioramento delle condizioni
idrauliche della pianura che ospita la maggioranza della popolazione e del
patrimonio, infrastrutturale e insediativo, pubblico e privato.
La sistemazione dei bacini idrografici nelle aree montane, collinari e di pianura,
va considerata quindi, secondo la legge sulla difesa del suolo (L. 183/89), come un
intervento unitario da affrontare con un approccio sistemico attraverso, per esempio:
- interventi finalizzati al recupero, manutenzione e rinaturalizzazione delle
superfici boscate del territorio montano e collinare, con particolare
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riferimento al rimboschimento, al miglioramento della funzionalità idraulica
dei suoli forestali, alla regimazione idraulica ed alla rinaturalizzazione della
rete idrografica minore;
- interventi finalizzati al recupero, manutenzione e rinaturalizzazione delle
superfici erbacee del territorio montano e collinare, con particolare
riferimento agli incentivi per la riconversione colturale di attività agro-pastorali
ai fini del miglioramento della resistenza all’erosione dei suoli, nonché alla
regimazione idraulica ed alla rinaturalizzazione della rete di scolo superficiale
basata sulle fosse livellari;
- interventi integrati per il ripristino e il miglioramento delle funzionalità
idrauliche del reticolo idrografico nei territori di pianura e dei tratti terminali in
prossimità della foce, connessi con la ricostruzione delle fasce di
vegetazione ripariale, necessarie per il miglioramento delle caratteristiche
autodepurative dei corsi d’acqua ed alla funzionalità delle reti ecologiche per
l’aumento della biodiversità e per l’attenuazione dell’effetto serra;
- interventi integrati per la depurazione, il drenaggio e l’assetto naturalistico
nei territori di pianura.
2.2.2. manutenzione ordinaria e straordinaria Il Piano Strategico di intervento deve porsi prioritariamente l’obiettivo di
promuovere gli interventi di manutenzione del territorio (alvei, corsi d’acqua e
versanti) e delle opere di difesa idraulica e di difesa dei versanti, quali elementi
essenziali per assicurare il progressivo miglioramento delle condizioni di sicurezza.
In particolare, gli interventi di manutenzione hanno lo scopo di mantenere:
in buono stato idraulico e ambientale il reticolo idrografico, eliminando gli
ostacoli al deflusso delle piene in alveo;
in buone condizioni idrogeologiche e ambientali i versanti;
in piena funzionalità le opere di difesa essenziali alla sicurezza idraulica e
idrogeologica.
Gli interventi di manutenzione del reticolo idrografico devono garantire il
rispetto delle esigenze di officiosità idraulica e, pertanto, a tal uopo occorre valutare
le condizioni in cui versa il reticolo idrografico e le opere idrauliche ad esso afferenti
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attraverso sopralluoghi e accertamenti da effettuarsi periodicamente, anche a valle
di fenomeni meteorici significativi, al fine di accertare l’accumulo di materiale
proveniente dal trasporto solido che ostruisce le sezioni di deflusso, l’eventuale
presenza di sversamenti abusivi di rifiuti che contribuiscono a compromettere la
funzionalità del reticolo idrografico, la perdita di funzionalità delle opere di difesa
spondale e delle opere trasversali, di accumulo e/o laminazione.
Gli interventi di manutenzione dei versanti e delle opere di consolidamento o
protezione dai fenomeni di dissesto devono tendere al mantenimento di condizioni
di stabilità, alla protezione del suolo da fenomeni di erosione accelerata e instabilità,
al trattenimento idrico ai fini della riduzione del deflusso superficiale e dell’aumento
dei tempi di corrivazione. Devono essere, inoltre, privilegiati il ripristino di boschi, la
ricostituzione di boschi degradati, i reimpianti, il cespugliamento, la semina di prati e
altre opere a verde, nonché la buona tenuta della vegetazione esistente al fine di
evitare appesantimenti sui terreni che possono contribuire al verificarsi di fenomeni
di innesco franosi.
Si deve provvedere alla stesura di un piano di manutenzione elencando e
classificando gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria e individuando i
singoli enti ad esse preposte, dove:
per manutenzione ordinaria si devono intendere gli interventi necessari per
integrare e mantenere in efficienza le sezioni originarie di deflusso del corso
d’acqua, per mantenere le condizioni di stabilità e di protezione dall’erosione dei
versanti, nonchè tutte le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle parti
deteriorate degli elementi di difesa idraulica e dei versanti;
per manutenzione straordinaria si devono intendere tutte le opere di
costruzione, sistemazione, riparazione, modifica e sostituzione degli elementi di
difesa idraulica e dei versanti, necessari per il loro consolidamento, nonché per la
loro trasformazione in opere anche diverse dalle originarie ma compatibili e
funzionali ai compiti di difesa ai medesimi assegnati.
Definite le condizioni dei luoghi e il piano di manutenzione di cui sopra ,
occorre attivare le necessarie procedure amministrative e tecniche affinché gli Enti
territorialmente competenti per la manutenzione (Province, Geni Civili, Consorzi,
Comunità Montane, Comuni) provvedano a ripristinare lo stato dei luoghi
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garantendo la manutenzione ordinaria e straordinaria e la pulizia dei corsi d’acqua e
dei versanti.
2.2.3. Individuazione e rimozione delle criticita’ del reticolo idrografico
Devono essere individuati e catalogati tutti gli elementi di criticità esistenti
lungo il reticolo idrografico al fine di rimuoverne la presenza e garantire il corretto
deflusso delle acque. Nei casi in cui ciò non sia tecnicamente ed economicamente
possibile e fino alla realizzazione degli interventi di rimozione occorre controllare
l’effetto di detti elementi di criticità sul deflusso delle acque attraverso gli interventi
non strutturali di presidio e di gestione del territorio.
In particolare, deve essere posta adeguata attenzione ai seguenti elementi di
criticità
manufatti che ostacolano il regolare deflusso delle acque: occorre individuare
tutti i manufatti, anche abusivi, che fungono da ostacolo al percorso naturale del
corso d’acqua e che riducono e ostruiscono le sezioni di deflusso delle acque.
Individuati detti manufatti devono essere messe in atto adeguate procedure e azioni
per rimuovere gli ostacoli e ripristinare la continuità e funzionalità idraulica ;
tratti tombati: Deve essere verificata l’officiosità idraulica, nonché la presenza
di eventuali restrizioni e cambi di pendenza che possono incidere sul deflusso delle
acque. Deve essere effettuata la verifica idraulica dell’intero tratto tombato
utilizzando le metodologie e i criteri adottati dall’Autorità di Bacino. Devono essere
individuati e progettati gli eventuali interventi strutturali di adeguamento necessari,
privilegiando, ovunque possibile, il ripristino di sezioni di deflusso a cielo aperto ;
attraversamenti dei corsi d’acqua: Deve essere verificata l’officiosità idraulica
delle sezioni di attraversamento dei corsi d’acqua. Deve essere effettuata la verifica
idraulica delle sezioni di attraversamento utilizzando le metodologie ei criteri
adottati dall’Autorità di Bacino. Devono essere individuati e progettati gli eventuali
interventi strutturali di adeguamento necessari tenendo conto delle specifiche
tecniche adottate dall’Autorità di Bacino;
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programma degli interventi dell’autorità di bacino nord occidentale della campania
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alvei strada: Per gli alvei strada deve essere ripristinata la funzionalità idraulica
attraverso la definizione ed esecuzione di idonei interventi finalizzati alla
separazione della funzione strada dalla funzione di deflusso delle acque.
2.2.4. Governo del territorio Una corretta pianificazione urbanistica, negli indirizzi della L.R. 16/2006, può
garantire in maniera sostanziale una forte riduzione del rischio idrogeologico nelle
aree più fragili del territorio.
La funzione di concreta attuazione del PAI si traduce in primo luogo
nell’obbligo, per gli enti locali, di adeguare la propria strumentazione urbanistica alle
cogenti norme del Piano per l’Assetto Idrogeologico, ed in secondo luogo nella
finalità di indirizzare gli stessi a prevedere un piano di delocalizzazione ed
abbattimento dei manufatti abusivi.
Procedure per la delocalizzazione degli immobili e/o opere pubbliche in aree e
a rischio elevato e molto elevato ed abbattimento dei manufatti abusivi
I comuni, singolarmente o in forma associata con altri comuni limitrofi, che
intendono pianificare gli interventi di delocalizzazione delle abitazioni, attività
produttive, costruzioni rurali nonché le opere pubbliche, vi provvedono mediante un
apposito piano, la cui elaborazione è inserita in uno studio preliminare.
Lo studio preliminare deve individuare:
• gli immobili da delocalizzare;
• la verifica della legittimità urbanistica ed edilizia degli immobili da
delocalizzare;
• un piano di abbattimento dei manufatti abusivi in aree a rischio molto
elevato e/o per il ripristino delle condizioni di officiosità del sistema
idrografico superficiale;
• gli edifici esistenti idonei alla rilocalizzazione, nonché le aree, già
edificabili o da rendere edificabili;
• la quantificazione di massima delle risorse finanziarie occorrenti;
• l’elenco dei soggetti interessati all’attuazione del piano.
La rilocalizzazione degli edifici ad uso abitativo deve avvenire prioritariamente
nelle zone residenziali, attraverso interventi di recupero del patrimonio edilizio
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programma degli interventi dell’autorità di bacino nord occidentale della campania
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esistente. Nel caso di nuova edificazione devono essere ricomprese in zone già a
tale scopo individuata dal PRG vigente o da individuare con apposita variante.
In assenza dei piani la delocalizzazione può avvenire su iniziativa dei
proprietari degli immobili stessi, in tal caso il proprietario si impegna con apposita
convenzione con il Comune, di ripristinare lo stato ambientale e alla loro
destinazione secondo gli usi compatibili con l’esigenza di sicurezza idraulica e
idrogeologica del territorio.
La delocalizzazione di opere pubbliche, deve avvenire a cura
dell’amministrazione competente sulla base dei piani redatti dai Comuni
appositamente approvati.
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programma degli interventi dell’autorità di bacino nord occidentale della campania
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3. INTERVENTI STRUTTURALI PRIORITARI
3.1 Premessa Si ricorda preliminarmente che l’obbiettivo di ques to lavoro si
concretizza nella stesura di un programma di interv enti che, per sua natura,
non esclude assolutamente che si possano verificare situazioni di dissesto e
di conseguente perdita di vite umane anche in altre porzioni di territorio non
risultate aree prioritarie di intervento. Infatti t utte le aree perimetrate a rischio
molto elevato R4 dal PAI, di cui quelle definite di intervento prioritario ne
costituiscono una piccola percentuale, prevedono la possibile perdita di vita
umana e quindi l’unico vero strumento di mitigazion e del rischio ipotizzabile
per l’intero bacino risiede nella predisposizione e d attuazione dei Piani di
Gestione del Rischio illustrati nei capitoli preced enti.
Il Piano di Assetto Idrogeologico, in coerenza con l’atto di indirizzo e
coordinamento di cui al D.P.C.M. del 29 Settembre 1998, perimetra, tra le altre, le
aree a rischio R3 ed R4 che costituiscono le porzioni di territorio a più elevata
criticità idrogeologica del bacino idrografico. In particolare il Piano di Assetto
Idrogeologico individua, nelle tavole denominate carte del “Rischio finalizzato alle
azioni di protezione Civile”, i manufatti e le infrastrutture esposti al rischio
idrogeologico dove è ipotizzabile la possibile perdita di vite umane o di danno grave
alle stesse. Gli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico devono essere
rivolti prioritariamente quindi a tali porzioni del territorio in funzione dell’obbiettivo
generale della salvaguardia e della difesa della vita umana
Va comunque premesso che la normativa vigente, in materia di tutela
ambientale e di protezione civile (D.lgs. 152/06 e L.R. 8/94), prevede una disciplina
attuativa in termini di programmazione triennale degli interventi per la difesa del
suolo solo in relazione al Piano di Bacino quale atto tipico con correlata
programmazione economica e organizzativa.
Tuttavia il Comitato Istituzionale di questa Autorità di Bacino, ritenendo di poter
impegnare adeguatamente risorse provenienti anche dalla materia dei lavori pubblici
nella disponibilità della regione Campania onde rendere concreti gli obbiettivi
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programma degli interventi dell’autorità di bacino nord occidentale della campania
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prefissati nel PAI, alla stregua del principio di precauzione di matrice comunitaria, ha
richiesto al gruppo di progetto del PAI di predisporre un piano di interventi prioritari
da attuare nel triennio successivo all’adozione dello stesso, individuando le criticità
più immediate secondo un criterio di ragionevolezza.
A tale riguardo va in ogni caso sottolineato che il suddetto piano degli
interventi programmati dal C.I. non supera né esclude le competenze e le
responsabilità concorrenti, in materia di protezione civile, di tutti gli altri enti ed
organi preposti per ciascun livello territoriale e secondo il principio di sussidiarietà
che informa il complessivo delineato dalla Legge 225/92 e s.m.i.
In riferimento a tale ultimo rilievo deve specificarsi che le suddette competenze
di tutti gli altri organi che agiscono in materia di protezione civile – in particolare i
comuni – si concentrano nella necessità ineludibile e prioritaria che essi redigano ed
approvino i Piani di Gestione del Rischio che, a livello locale, costituiscono il
primo presidio per poter affrontare il rischio idrogeologico.
3.2 Programma degli interventi prioritari Si ricorda preliminarmente che l’obbiettivo di ques to lavoro si
concretizza nella stesura di un programma di interv enti che, per sua natura,
non esclude assolutamente che si possano verificare situazioni di dissesto e
di conseguente perdita di vite umane anche in altre porzioni di territorio non
risultate aree prioritarie di intervento. Infatti t utte le aree perimetrate a rischio
molto elevato R4 dal PAI, di cui quelle definite di intervento prioritario ne
costituiscono una piccola percentuale, prevedono la possibile perdita di vita
umana e quindi l’unico vero strumento di mitigazion e del rischio ipotizzabile
per l’intero bacino risiede nella predisposizione e d attuazione dei Piani di
Gestione del Rischio illustrati nei capitoli preced enti.
Le esperienze delle strutture Commissariali in Campania, per la realizzazione
di opere per la mitigazione del rischio idrogeologico, hanno dimostrato la difficile
applicazione di quel modello di intervento per tutti i territori che possano presentare
le medesime problematiche di criticità idrogeologica. Inoltre, tali interventi, hanno
dimostrato una scarsa coerenza con gli indirizzi di sostenibilità ambientale presenti
nei documenti di programmazione regionale e comunitaria e una mancanza di
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programma degli interventi dell’autorità di bacino nord occidentale della campania
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coordinamento con i più generali assetti di bacino idrografico. La messa in sicurezza
generalizzata di ampie porzioni di territorio risulta impraticabile dal punto di vista
economico e dal punto di vista ambientale.
Per quanto richiamato nella premessa di questo capitolo ed in particolare per
l’indirizzo espresso dal Comitato Istituzionale, il quale ha ribadito la necessità di
pervenire a un’elencazione di interventi prioritari per la difesa del suolo, questa
struttura si è adoperata per individuare una serie di interventi ricadenti in aree di
estrema criticità e di maggiore vulnerabilità con dei criteri oggettivi, condivisibili e di
massima ragionevolezza. In coerenza con l’indirizzo del C.I. e tenendo conto anche
dell’ esiguità delle somme programmate e finalizzate agli interventi per la difesa del
suolo si sono ricercati dei criteri selettivi utili all’individuazione di un programma di
interventi prioritari avendo come obbiettivo di fondo la salvaguardia della vita
umana. La scelta e l’applicazione di questi criteri, aventi carattere di
“ragionevolezza” fondata su valutazioni probabilistiche e di massimizzazione del
danno previsto, è stata agevolata dall’uso del sistema informativo dell’Autorità di
Bacino mediante l’utilizzo di opportuni “filtri”. In particolare, per l’individuazione delle
aree a rischio che rivestono carattere prioritario per la programmazione degli
interventi di mitigazione si sono utilizzati i sotto elencati parametri di
discretizzazione e affinamento:
• individuazione delle aree a rischio di cui alla carta del “Rischio finalizzata agli
interventi di Protezione Civile” del PAI per descrivere le porzioni di territorio
soggetto al rischio idrogeologico dove è possibile la perdita o il danno della
vita umana;
• individuazione delle sole aree a rischio R4 dove è possibile la perdita della
vita umana;
• individuazione delle aree a rischio sottese dai fenomeni di maggiore
pericolosità così come desunti dal PAI (P3 da frana, Pa da conoide, P4 e P3
da esondazione o da flusso iperconcentrato);
• eliminazione delle aree a rischio sottese dai fenomeni di esondazione per il
carattere meno repentino della fenomenologia;
• individuazione delle aree a rischio nelle aree più densamente abitate (zone
A, B, C, D, F di Piano Regolatore);
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programma degli interventi dell’autorità di bacino nord occidentale della campania
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• individuazione di un limite di mezzo ettaro delle stesse aree a rischio per
evitare la frammentazione e la parcellizzazione degli interventi;
• eliminazione delle aree a rischio ricadenti nei comuni (Napoli, Quindici, San
felice a cancello) in cui le strutture commissariali abbiano comunque operato
interventi di mitigazione del rischio.
Dopo questa operazione applicativa di successivi filtraggi si sono individuate 62
aree a rischio e le porzioni di versante o di bacino insistente sulle stesse aree. Per
ogni area a rischio prioritario individuata è stata predisposta una scheda di sintesi di
intervento inserendo la descrizione del fenomeno di dissesto, una proposta di
intervento tipologica ed una stima parametrica dei costi. L’elenco degli interventi
individuati per comune, le singole schede e la relativa cartografia costituiscono
allegati alla presente relazione.
3.3 Opere tipo Le tipologie previste per la realizzazione degli interventi si riferiscono alle
indicazioni del “Quaderno delle Opere Tipo” di cui al PAI il quale fornisce una
elencazione commentata delle tipologie di interventi che possono essere impiegati
per il risanamento idrogeologico ed il recupero ambientale delle aste fluviali critiche
e dei versanti in frana. Il Quaderno, fermo restando le valutazioni di dettaglio e le
scelte tecniche proprie delle fasi di progettazione, è da considerare un documento di
indirizzo che suggerisce tra l’altro, in accordo con le moderne tendenze del settore,
il ricorso ad opere a basso impatto ambientale, proponendo a tal fine, sempre, ove
possibile, interventi di ingegneria naturalistica.
3.4 Intervento di sistemazione idraulica del Bacin o dei Regi Lagni
L’Autorità di Bacino, nell’ambito della programmazione degli interventi per la
mitigazione del rischio, ha realizzato un grande piano di interventi necessari alla
sistemazione idraulica del complesso reticolo idrografico del bacino idrografico dei
regi lagni valutando gli aspetti di mitigazione del rischio alluvionale, sia per l’asta
principale del canale regi lagni che per il reticolo idrografico ad esso affluente
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programma degli interventi dell’autorità di bacino nord occidentale della campania
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valutando al contempo sia la mitigazione del rischio di piena, che gli aspetti di
funzionamento in condizioni ordinarie. Tale piano è stato strutturato in modo da
garantire la realizzazione di un completo assetto di sistemazione idraulica del
bacino dei RR.LL. che possa costituire indirizzo e coordinamento di ogni singolo
intervento futuro. Infatti lo sviluppo nel tempo dell’area Nord Occidentale della
Campania, la presenza di indirizzi di piano spesso disattesi, ha relegato l’insieme
dei canali di drenaggio della pianura ad un sistema rigido fortemente artificiale,
ormai completamente disconnesso dalle aree attraversate, che ha visto prevalere
nel tempo interventi di sistemazione maggiormente orientati alla tradizionale difesa
dei territori dalle piene rispetto ad una più ampia e moderna visione che coniuga il
funzionamento dell’opera idraulica in condizioni di carico di progetto con quello in
condizioni di portate ordinarie. Aspetto quest’ultimo che garantisce quell’auspicato
inserimento ambientale delle opere, ma anche ne tutela nel tempo la loro efficienza
riducendo tutti quei processi lenti che ne inibiscono il funzionamento.
Questo intervento definisce la fattibilità degli interventi di sistemazione
idraulica dell’intero bacino ed una stima dei costi necessari a risolvere le tante e
diverse criticità idrogeologiche, configurandosi come l’approfondimento del PAI per
la parte di misure di mitigazione e di salvaguardia previsti dalla D.lg. 267/98e dalla
recente Direttiva Europea 60/2007. Proprio in tale ottica propone una sinergia tra
interventi strutturali tipici delle sistemazioni idrauliche con quelli di tipo non
strutturale quale i sistemi di allarme per fenomeni idrogeologici intesi.
L’analisi condotta e le soluzioni proposte dall’Autorità di Bacino nel presente
lavoro seguono ipotesi e criteri generali di intervento riportati nello specifico capitolo
e vedono anche una collaborazione con i tradizionali enti territorali.
La vastità del Bacino idrografico, che misura 1.100 kmq alla foce del canale
Regi Lagni, la sua forte eterogeneità tra aree montane e di pianura, l’intensa
urbanizzazione, l’interconnessione tra reticolo naturale ed artificiale determinano
processi idraulici e relative problematiche assai differenti. Tale aspetto, seppur in
una visione di analisi di unico bacino idrografico, ha imposto di suddividere le
misure di mitigazione in capitoli distinti quali quelli riferiti all’area di pianura:
• la mitigazione del rischio di piena del canale Regi Lagni e dei tratti di pianura
dei Lagni ad esso affluente;
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programma degli interventi dell’autorità di bacino nord occidentale della campania
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• la riduzione dei processi di sovralluvionamento presenti nei tratti di pianura
dei Lagni attraverso il controllo del trasporto solido di fondo;
• la mitigazione dei processi di esondazione dei tratti dei grandi collettori
fognari che confluiscono nel canale Regi Lagni;
• il recupero delle funzioni di capacità di drenaggio del canale Regi Lagni
inibita dalle precedenti sistemazioni idrauliche.
Nelle aree montane sono stati affrontati invece le seguenti problematiche:
• la mitigazione del rischio di alluvione per colata di detrito presenti nelle parti
montana dei bacini dell’Avella, del Gaudo (o Boscofangone), di Qundici e
non ultimi i bacini del versante Settentrionale del Vesuvio;
• interveti di mitigazione del rischio di alluvione presente sui bacini vesuviani
caratterizzati spesso da una forte compromissione degli impluvi da parte
dell’urbanizzazione.
Per quanto riguarda poi le misure di salvaguardia vengono individuate in
aggiunta a quelle previste dal PAI e dalla normativa vigente (regionale, nazionale e
comunitaria) indicazioni su:
• la stima dei massimi contributi unitari che possono essere lasciati defluire
verso il corpo ricettore dei regi lagni;
• la messa a punto di un sistema di allerta meteo-idrologico per l’intera area
del bacino al fine non solo di coprire quella parte di rischio non mitigato dalle
opere strutturali, ma anche di fornire quella necessaria copertura anche nel
transitorio tra la situazione odierna e quella della realizzazione delle opere.
Per una migliore conoscenza della proposta di sistemazione si rinvia agli
elaborati specifici che, allegati alla presente relazione generale, ne costituiscono
parte sostanziale.
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programma degli interventi dell’autorità di bacino nord occidentale della campania
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4 CONCLUSIONI Si ricorda preliminarmente che l’obbiettivo di ques to lavoro si
concretizza nella stesura di un programma di interv enti che, per sua natura,
non esclude assolutamente che si possano verificare situazioni di dissesto e
di conseguente perdita di vite umane anche in altre porzioni di territorio non
risultate aree prioritarie di intervento. Infatti t utte le aree perimetrate a rischio
molto elevato R4 dal PAI, di cui quelle definite di intervento prioritario ne
costituiscono una piccola percentuale, prevedono la possibile perdita di vita
umana e quindi l’unico vero strumento di mitigazion e del rischio ipotizzabile
per l’intero bacino risiede nella predisposizione e d attuazione dei Piani di
Gestione del Rischio illustrati nei capitoli preced enti.
La complessità del dissesto idrogeologico, la fragilità e l’abuso continuato del
territorio per la mancanza di rispetto per gli assetti naturali ha fatto si che si siano
create situazioni di rischio idrogeologico tali da poter stimare la possibile perdita di
vite umane sulle aree più critiche del territorio di questa Autorità di Bacino. D’altra
parte le risorse, per fronteggiare questa allarmante situazione, sono diminuite in
maniera sostanziale e non consentono più di poter prevedere, con i soli interventi
strutturali, un’azione efficace e generalizzata di mitigazione del Rischio
Idrogeologico.
Da queste considerazioni deriva la necessità urgente del recupero della
centralità del governo del territorio, da parte degli Enti Locali, da trasferire in azioni
tese alla mitigazione complessiva del rischio ed alla tutela ambientale. Il governo del
territorio e di tutte le criticità ivi presenti deve essere affrontato in un atto di
pianificazione che costruisca un piano di interventi ragionato in grado di realizzare
una reale mitigazione del rischio. Tale piano, definito in questo programma di
interventi “Piano per la Gestione del Rischio”, deve garantire prioritariamente una
diffusa e capillare protezione e sicurezza di tutti gli insediamenti antropici in un
quadro generale di programmazione dei possibili interventi di mitigazione.
L’Autorità di Bacino definisce tale “Piano per la G estione del Rischio”,
come illustrato nei capitoli precedenti, quale inte rvento prioritario e
propedeutico a qualsiasi altro intervento di progra mmazione per la
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programma degli interventi dell’autorità di bacino nord occidentale della campania
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mitigazione del rischio sul territorio. Richiama l’ art. 30 del PAI che, in
riferimento al contesto legislativo nazionale, dett a condizioni di urgenza per la
sua predisposizione.
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programma degli interventi dell’autorità di bacino nord occidentale della campania
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Allegato A
A.1) Piano per la gestione del rischio idrogeologico 5.000.000,00€
A.2) Interventi connessi a fenomeni franosi ed alluvionali 218.000.000,00€
223.000.000,00€
B.1) Interventi di manutenzione ordinaria delle opere, degli impianti edei beni, compresi mezzi, attrezzature e materiali dei cantieri-officina e dei magazzini idraulici € 30.000.000,00
B.2) Compilazione ed aggiornamento dei piani di bacino,svolgimento di studi, rilevazioni o altro nelle materie riguardantila difesa del suolo, redazione dei progetti generali, deglistudi difattibilità, dei progetti di opere e degli studi di valutazionedell'impatto ambientale delle opere principali
3.450.000,00€
33.450.000,00€
256.450.000,00€
Autorità di Bacino Nord Occidentale della Campania
PIANO STRALCIO PER L'ASSETTO IDROGEOLOGICOQuadro di sintesi del fabbisogno finanziario del Piano Triennale di intervento 2010-2012
Totale complessivo richiesta finanziamento triennio 2010-2012
TOTALE QUADRO A
QUADRO B: 15% stanziamento (art. 69 D.lvo 152/06)
TOTALE QUADRO B
QUADRO A: Interventi sul territorio
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Allegato B
Comune Stima dei costi
Arienzo 8 9 15 CA7 CA8 CA9 CA10 CF2
16 17 18 CF3 CF4 € 13.400.000
Arpaia 11 12 CA15 CF5 € 8.600.000
Avella 21 BA2 € 22.000.000
Barano d'Ischia 58 59 IF8 IF10 € 600.000
Carbonara di Nola 41 VLA8 € 6.400.000
Casamarciano 63 64 BA1 BA7 € 6.900.000
Casamicciola Terme 48 49 IA1 IF9 € 10.000.000
Cervino 2 3 4 CA1 CA2 CA3 € 6.300.000
Forchia 10 13 14 CA11 CA12 CA13 CA14 € 16.300.000
Forio d'Ischia 52 53 54 IF1 IF2 IF6 € 1.500.000
Ischia 47 61 62 IF11 IF12 IF13 € 5.000.000
Lacco Ameno 50 51 IA2 IF7 € 5.500.000
Lauro 33 34 35 VLA6 VLA9 VLA10 VLA11 VLF1
39 40 € 14.500.000
Liveri 28 VLA1 € 3.300.000
Maddaloni 1 CF1 € 400.000
Marzano di Nola 29 30 VLA2 VLA3 € 2.100.000
Monteforte Irpino 24 25 26 BA5 BF1 BF2 BF3 € 4.500.000
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Moschiano 36 37 38 VLA12 VLF2 € 22.000.000
Mugnano del Cardinale 23 BA4 € 4.000.000
Pago del Vallo di Lauro 31 32 VLA4 VLA5 € 5.500.000
Palma Campania 42 VLA7 € 5.200.000
Pozzuoli 45 46 CFF1 CFF2 € 1.000.000
Quadrelle 22 BA3 € 20.000.000
Quarto 44 CFA1 € 1.200.000
Roccarainola 19 20 BA6 BF4 € 15.000.000
S. Maria a Vico 5 6 7 CA4 CA5 CA6 € 6.000.000
Serrara Fontana 55 56 57 IA3 IF3 IF4 IF5 € 5.000.000
60
Somma Vesuviana 43 VES1 € 5.800.000
TOTALE € 218.000.000
Aree a Rischio Aree di intervento
Cod. identificativo Codice identificativo
Autorità di Bacino Nord Occidentale della Campania
PIANO STRALCIO PER L'ASSETTO IDROGEOLOGICOProgramma Interventi Strutturali Prioritari per la Mitigazione del Rischio Idrogeologico