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ALIMENTARI MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE E FORESTALI Schede tecniche di apicultura Reg. CE n. 1234/2007 annualità 2010/2011 Azioni volte a migliorare le condizioni della produzione e della commercializzazione dei prodotti dell’apicoltura - sotto Azione A3 Azione di comunicazione Laore Sardegna - Agenzia regionale per lo sviluppo in agricoltura Dipartimento per le produzioni zootecniche - via Caprera n. 8, Cagliari www.sardegnaagricoltura.it REGIONE AUTONOMA DELLA SARDEGNA

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ALIMENTARI

MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE

E FORESTALI

Schede tecniche di apicultura

Reg. CE n. 1234/2007 annualità 2010/2011

Azioni volte a migliorare le condizioni della produzione e della

commercializzazione dei prodotti dell’apicoltura - sotto Azione A3

Azione di comunicazione

Laore Sardegna - Agenzia regionale per lo sviluppo in agricoltura

Dipartimento per le produzioni zootecniche - via Caprera n. 8, Cagliari

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REGIONE

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DELLA SARDEGNA

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Schede tecniche di apiculturaA cura di Marco Piu

Marco Piu - testi, foto e coordinamento generaleAntonio Cossu - fotografie, grafica e prestampa, testi

Massimo Licini - fotografie e testi Gavino Carta - fotografie

Collaboratori: Sebastiano Muzzu, Rita Murgia, Andrea CarcangiuHa collaborato gratuitamente per l’impaginazione: Francesca Menozzi

Laore Sardegna - Servizio Produzioni Zootecniche

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Introduzione Questo manuale, strutturato secondo la tipologia delle schede mobili illustrate, è stato concepito nell'inten-to di fornire agli apicultori un agile strumento tecnico di consultazione.Ciascuna scheda, frutto dell'esperienza dei tecnici apistici dell'Agenzia LAORE Sardegna, cerca di analizza-re, in modo monografico, ma sintetico, aspetti specifici e singole operazioni che gli apicultori svolgonocomunemente nei propri apiari, descrivendone le più appropriate modalità di esecuzione.Realizzato dalla stessa agenzia in attuazione dei differenti Programmi Apistici Regionali che, in applicazionedel Reg. CE n° 797/2004 - Azioni dirette a migliorare le condizioni della produzione e della commercializ-zazione dei prodotti dell'apicoltura, si sono succeduti a partire dal 2007, viene ora aggiornato ed integrato. Alle schede si accompagna un glossario, ove vengono riportati i necessari approfondimenti per tutti colo-ro che ritengono non sufficienti le informazioni riportate nelle singole schede. Un'ultima precisazione: si è preferito avvalersi, del termine di apicultura, anche se oramai desueto, con l'in-tenzione di evidenziare come l'allevamento delle api sia un arte (antica) e non una comune pratica agro-nomica.

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IndiceIntroduzioneIndice

1 L’arnia2 Montaggio dei fogli cerei3 L'apiario - la scelta della postazione4 L'apiario - la disposizione degli alveari5 Le caste e la colonia - gli stadi preimaginali6 Le caste e la colonia colonia - gli stadi imaginali7 I segnali dell'alveare - l’osservazione del nido e della colonia8 I segnali dell'alveare - l'osservazione esterna dell'alveare9 L’affumicatore - il caricamento ed il suo corretto utilizzo

10 L’alimentazione delle api - la nutrizione zuccherina11 Il controllo dell’alveare - l’invernamento e lo sviluppo invernale12 Il controllo dell’alveare - l’aggiunta dei fogli cerei13 Il rinforzo dell’alveare - il trasferimento di favi e di api adulte14 L’aggiunta dei melari15 La sciamatura - le cause predisponenti16 La sciamatura - la prevenzione17 La sciamatura - la divisione18 La sciamatura - l’inarniamento dello sciame19 La sciamatura - il contesto della colonia sciamata20 La sciamatura - la manipolazione della famiglia di origine21 La sciamatura - la sostituzione precoce della regina (tecnica del nucleo)22 La sciamatura artificiale - la produzione sciami col metodo classico23 La sciamatura artificiale - la produzione di sciami da doppio melario24 I pacchi d'api - le tecniche di produzione25 I pacchi d'api - le tecniche di utilizzo26 La produzione di regine - il metodo semi intensivo 27 La produzione di regine - il metodo intensivo e l’allestimento dello starter28 La produzione di regine - la preparazione e l’uso dei cupolini29 La produzione di regine - la preparazione al traslarvo e l’innesto dei cupo-

lini30 La produzione di regine - la preparazione al traslarvo - i favi e il laboratorio

31 La produzione di regine - il traslarvo32 La produzione di regine - dal traslarvo alla cella reale matura33 La produzione di regine - la fecondazione e le stazioni di feconda

zione.34 La produzione di regine - i nuclei di fecondazione - i baby nuclei 35 La produzione di regine - i nuclei di fecondazione - prendisciame e

simili 36 La nosemiasi - diagnosi e cura37 La peste americana - eziologia, sintomatologia e diffusione38 La peste europea - eziologia, sintomatologia e diffusione39 La varroatosi - il monitoraggio40 La varroatosi - i trattamenti artigianali a base di timolo41 La varroatosi - i trattamenti con l’Apiguard42 La varroatosi - i trattamenti con l’Apistan43 La varroatosi - i trattamenti con l’acido lattico44 La varroatosi - i trattamenti con l’acido ossalico in soluzione45 La varroatosi - i trattamenti con l’acido ossalico sublimato46 Il blocco di covata - l’impiego delle gabbiette comuni e cinesi 47 Il blocco di covata - l’impiego delle gabbiette Var control e Scalvini48 La varroa destructor - ciclo ed efficacia dei trattamenti49 La senotainia tricuspis50 La tarma della cera - Galleria melonellla e Achroia grisella51 La cura della colonia - il trattamento dell’orfanità52 La sostituzione della regina - l’inserimento con la tecnica della

gabbietta53 La sostituzione della regina - l’inserimento con la tecnica del

nucleo54 La marcatura della regina55 L’etichettatura dei prodotti dell’alveare56 Glossario62 Bibliografia

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Fra api e allevatore si è instaurata, sin da tempo remoto, una sorta di simbiosi: l'uomo sottrae allacolonia parte del suo raccolto ed in cambio le fornisce cure, preoccupandosi del suo benessere efornendo alle api una "dimora" adeguata.Le arnie, attualmente in uso, si distinguono profondamente da quelle impiegate nel passato.Queste ultime, non rispondendo a canoni di razionalità, vengono oggi chiamate arnie villiche obugni, al fine di distinguerle da quelle di più recente impiego: le arnie razionali.Storicamente possiamo distinguere due tipi di arnie villiche:- a tronco cavo verticale (fra le quali è possibile annoverare il classico bugno sardo di sughero);- a tronco cavo orizzontale (com'era, ed ancora è, l'arnia villica siciliana, realizzata con stecche diferula).Tutte le arnie rustiche, pur trasportabili secondo diversi accorgimenti, sono comunque caratteriz-zate dall'immobilità dei favi.Questa caratteristica è il motivo per il quale operazioni oggi assai semplici, (come, ad esempio, l'e-strazione del miele), nel passato comportavano l'apicidio, cioè la distruzione della famiglia d'api.L'introduzione nel nostro Paese della Varroa destructor e l'impossibilità di un controllo approfondi-to dei favi (e quindi dello stato sanitario della colonia) sono state però le ragioni fondamentali chehanno portato alla pressoché totale scomparsa delle arnie villiche.L'arnia razionale utilizzata oggi, pur nelle differenti tipologie, deriva dal modello creato in Americanel 1851 dal reverendo Lorenzo Lorraine Langstroth. Questo modello, successivamente modificato nel 1859 prima da Charles Dadant e quindi da Blatt,si diffuse in America a partire del 1861. Nel nostro Paese, dal modello "Dadant-Blatt", nel 1932 venne standardizzata l'arnia italiana, l'arniaItalica-Carlini, tuttora utilizzata. Inizialmente il nido, a pianta quadrata, conteneva 12 favi che pote-vano essere disposti sia longitudinalmente all'ingresso (a favo freddo), sia trasversalmente (a favocaldo). L'arnia da nomadismo a dieci telaini, ovviamente solo a favo freddo, è attualmente la sola impie-gata nella moderna apicultura.

L’arnia

33 Nelle arnie razionali i favi sonocostruiti dalle api all'interno di particolari"cornici mobili" comunemente chiamate"telai" o "telaini". Questi possono esserefacilmente estratti dall'arnia, rendendocosì possibile, da parte dell'apicultore ilcontrollo dei favi in essi contenuti.

22 L'arnia razionale, al contrariodi quella villica, permette trasferimentipiù facili (alla ricerca di fonti nettarifereabbondanti), il controllo completo dellostato della famiglia e, soprattutto, diadeguare gli spazi interni alle realiesigenze della colonia. Infatti, nelle arnierazionali è possibile aggiungere osottrarre favi in base alla forza dellacolonia e quindi al numero di api che lacompongono.

Per fare in modo che le apicostruiscano i loro favi esattamenteall'interno dei telai, l'apicultore provvede asaldarvi un foglio cereo che reca stampatele impronte delle cellette. Le apiprovvedono a completare la costruzionedei favi, edificando, su entrambi i lati delfoglio cereo, le loro cellette. In questomodo è anche possibile far costruire alleapi celle con dimensioni adatte adaccogliere la sola covata femminile.

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Nel bugno di sughero, al pari ditutte le altre tipologie di arnie villiche, lafamiglia costruisce naturalmente i proprifavi, saldandoli sia al tetto che alle pareti.Tali favi, che contengono miele, covatao polline, possono essere estratti solostaccandoli dalle pareti del bugno, conl'impossibilità, però, di riposizionarli. Perquesto motivo, nelle arnie villiche èimpossibile effettuare anche le piùbanali operazioni apistiche quali peresempio il controllo sanitario.

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Particolare importanza assume la distanza che vi deve essere fra telaio e telaio (e quindi tra i favi) e fra l'ultimotelaio e la parete dell'arnia. Occorreconsiderare che le api edificano i lorofavi, facendo in modo tale da lasciarepassaggi delle dimensioni di 7-9millimetri. In presenza di dimensioniinferiori, esse tendono ad isolare ochiudere questi spazi con ponti di cerao con propoli. Pertanto occorre garan-tire la distanza di circa 14-18 millimetrifra i favi e di 7-9 millimetri.fra favo eparete dell'arnia.

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La camera inferiore dell'arniaè deputata ad accogliere favi di covataed è pertanto comunemente chiamatanido. Le sue dimensioni in lunghezza(antero - posteriori) sono fisse essendolegate alla lunghezza dei telai. Al contrario, la larghezza è funzione delnumero di telai da nido che deveaccogliere. L’ arnia più diffusa è quellaimpiegabile anche per il nomadismo:essa contiene 10 telaini, ed è larga 385millimetri.

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Le arnie di ultima generazione, dispongono di un fondo in rete metallicache, fornendo comunque un supportoalle api, permette il passaggio delle varroe,cadute accidentalmente o a seguito ditrattamenti terapici. Nel caso, questeultime possono essere raccolte e contatemediante l'uso di specifici vassoi, daposizionare al di sotto della rete stessa. Il fondo in rete offre inoltre il vantaggio diuna migliore aerazione dell'arnia.

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Per meglio garantire la correttadistanza tra i telai è possibile fissarenell'arnia degli appositi distanziatori dilamierino zincato. I distanziatori per ilnido consentono di accogliere 10 telai,mentre quelli specifici per il melariosono realizzati per un numero inferioredi favi, generalmente 8 o 9. Questo perfare in modo che i favi da melariopossano risultare più profondi e, quindi,più facilmente disopercolabili in fase dismielatura.

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Il melario è il corpo che si sovrapponeal nido. Ospita i favi deputati alla raccolta del miele; tali favi non dovrebbero mai essereinteressati dalla ovideposizione della regina.Affinché i favi non cedano sotto il peso delmiele maturo, i telai da melario hannoun'altezza di poco superiore alla metà deitelai da nido. Pur stabilita da unaconvenzione internazionale, tale altezza èpiuttosto variabile. Occorre pertanto verificarela compatibilità delle dimensioni tra melario etelai qualora si acquistino da differenti casecostruttrici.(Vedi glossario alla voce melario.)

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La soffitta, detta anche coprifavo,chiude superiormente l'arnia. In essapuò essere realizzato un foro circolare,utile per l’iserimento del nutritore atazza. Questo foro viene generalmentechiuso da un apposito "disco a quattroposizioni": tutta apertura, tutta chiusura,aerazione, escludiregina. L'arnia èchiusa dal tetto, realizzato in legno egeneralmente rivestito di lamierinozincato.

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Schede tecniche di apicultura L’arnia

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L'inserimento dei fogli cerei nei telaini è una delle operazione alle quali, spesso, i principianti dedica-no meno attenzione. Occorre invece considerare che un foglio cereo non fissato correttamente dàorigine a favi mal costruiti e fragili, inidonei ad accogliere sia il polline ed il miele, sia la covata.

Montaggio dei fogli cerei

22 I fogli cerei sono di due tipi.Il foglio cereo laminato, ottenuto impri-mendo a freddo le impronte delle cellettesu una lamina di cera, si manipola facil-mente, ma non è molto gradito alle api.Al contrario, il foglio cereo fuso è assaifragile, ma, in virtù della sua elevata poro-sità, viene lavorato facilmente. Operandoa temperature inferiori ai 18°C, è racco-mandabile scaldare la confezione dei foglifusi prima del loro uso. Ciò favorisce laloro manipolazione.

11 Per l'inserimento del foglio cereo nel telaio si utilizza del fil di ferro, stagna-to o di acciaio inox, del diametro di circa0,5 millimetri. Qualora si utilizzi l'armaturadi tipo verticale a 6 fili, per un telaino danido occorrono circa 3 grammi di filo,mentre per un telaino da melario neoccorrono circa 2,2. Considerandol'impiego di rocchetti da 1 chilo, ciascunrocchetto è sufficiente per armarerispettivamente 330 telaini da nido o 450da melario (vedi glossario).

L'armatura comunemente utilizzataper il fissaggio del foglio cereo nel telaioè quella a 6 fili verticali. La distanza fraciascuno dei 2 fili esterni e la faccia inter-na del montante del telai non deve su-perare i 25 millimetri. I 4 fili interni devo-no essere posti alla stessa distanza: 63-66millimetri. Tale misura si ricava dividendoper 5 la distanza compresa fra i due filiestremi. Per il corretto inserimento delfoglio cereo, i fili devono trovarsi sullostesso piano.

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55 L'armatura di tipo misto è indicataove si debbano smelare spesso i favi danido. L'inserimento dei fogli cerei conl'uso del trasformatore, costituisce peròun problema. Infatti il numero notevole diponti elettrici che si possono venire acreare, rende spesso necessario inseriresingolarmente piccoli tratti di filo. Occorrecomunque considerare che i telai prefo-rati, normalmente reperibili in commercio,sono predisposti per l'armatura a 6 fili inverticale.

44Esistono altri tipi di armature:a fili orizzontali, a fili obliqui o di tipo misto.Per l’armatura a fili orizzontali, occorredisporre di telaini scanalati superiormente,in modo da potervi inserire il bordo lungosuperiore del foglio cereo. Questo evitache, una volta inserito nell'alveare, il fogliocereo possa ripiegarsi a libro per tutta lasua lunghezza, andando ad appoggiarsiad uno dei due favi limitrofi. In questo casole api salderebbero la nuova costruzione alfavo, rendendone impossibile l'estrazione.

Una volta steso il filo, il capo liberoviene fissato al telaio con tre o quattogiri attorno a un chiodino, preferibilmen-te a testa larga. Fatto questo, il filo vienetirato (non eccessivamente) in modouniforme, affinchè sia bene steso. Infine,prima di tagliarlo, viene assicuratoall'altra estremità con un secondochiodino.

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Schede tecniche di apicultura Montaggio dei fogli cerei

Prima di inserire il foglio cereo,si ondula leggermente il filo utilizzando lozigrinatore. Si accostano sul filo le duetestine dentate e, operando una leggerapressione, si scorre lo zigrinatore lungotutto il filo. L'ondulazione ottenutadetermina una maggiore tensione del filoe una maggiore superficie di contatto conla cera, consolidando la tenuta del foglio. Si limitano così i rischi di cedimento dei favisopratutto quando questi sono moltocarichi di miele.

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Per l'inserimento del foglio, il telainoviene poggiato su un apposito piano chepermette di verificare che non sia svirgo-lato e che i suoi lati siano a 90°. Qualora iltelaino sia svirgolato, i favi costruiti sitroveranno molto più vicini ai favi attigui,con il rischio che le api li saldino o non necompletino la costruzione. Lo stessoavviene se i lati del telaino si trovano ameno di 7 millimetri dalla parete dell'arnia.In questo caso succede facilmente che leapi propolizzino il passaggio, rendendocomplicata l'estrazione del telaio stesso.

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Il foglio viene adagiato sui fili,facendo attenzione che sia perfettamentecentrato. È preferibile che la distanza fra ilfoglio e il lato interno del telaino sia infe-riore ai 5 millimetri. In questo modo le apisaldano il favo ai lati del telaio, conferen-dogli maggiore solidità. Ciò evita ancheche, in fase di sciamatura, le api possanocostruire celle reali sui lati del favo. Perevitare la costruzione di celle reali nelleparte sottostante del favo, taluni apicultoriaccostano il foglio alla traversa inferiore.

Per fissare il foglio cereo,il filo viene riscaldato mediante l’uso ditrasformatori elettrici da 12 o 24 V. Ilpassaggio della corrente provoca illento riscaldamento, del filo inglobando-lo nel foglio in pochi secondi. Cessato ilflusso di corrente, la cera solidifica e sisalda perfettamente al filo. L’uso di unabatteria d’auto è assolutamentesconsigliato poichè l’elevato amperag-gio provoca un rapido ed eccessivoriscaldamento del filo impedendoneuna omogenea penetrazione nel foglio.

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Per un risultato ottimale è preferibile fissare uno spinotto elettrico altelaino, tenendo l'altro in mano. Avereuna mano libera permette all'operatoredi fare pressione sulle parti del fogliocereo che non risultano perfettamenteappoggiate sul filo. Questo consente unperfetto fissaggio del filo al foglio. A lavoro finito, il filo deve risultareannegato nella cera, per tutta la sualunghezza.

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99Se non si opera correttamente,spesso le operaie operaie "rosicchiano" lacera intorno al filo.rendendo inutile lacostruzione del favo. Qualora ne venga comunquecompletata la costruzione, nelle celletteove il filo fuoriesce dal fondo.la regina evita di deporre.

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È noto che le bottinatrici possono compiere voli anche molto lunghi, fino a raggiungere la distan-za di 3 chilometri. È però chiaro che un tragitto di tale lunghezza, per una raccolta di pochi milli-grammi di nettare, avrebbe un bilancio energetico scarsamente positivo. Al contrario, potendo dis-porre di una fonte alimentare più vicina, per l'ape sarebbe possibile, nella stessa unità di tempo,compiere più voli, arrivando a raccogliere più nettare con lo stesso dispendio di energia. Per que-sto motivo, l'analisi floristica del territorio ove impiantare un apiario è di vitale importanza, soprat-tutto nel caso di aziende stanziali. In questo caso occorre che le fioriture siano abbondanti e bendistribuite in tutte le stagioni dell'anno. Lo stesso avviene per la raccolta dell'acqua e del propoli(vedi glossario). La prima è indispensabile per diluire il miele e liquefare quello cristallizzato, perregolare la temperatura dell'alveare e per l'allevamento della covata; il secondo per chiudere leaperture dell'alveare in funzione delle esigenze di termoregolazione, per la disinfezione delle cel-lette e per imbalsamare gli animali che, uccisi dalle api all'interno dell'alveare, non possono essereallontanati.Nella scelta della localizzazione dell'apiario, è necessario valutare la presenza e la distanza di altriapiari presenti nella stessa zona. Devono essere considerati sia quelli stanziali, sia quelli nomadi.Questi ultimi, anche se solo per brevi periodi all'anno, possono comunque interferire in modonegativo sulla produzione.Nel caso di zone con forti declivi, è buona norma posizionare gli alveari verso i fondi valle, in modotale che l'ape possa compiere i viaggi di ritorno (a pieno carico) in discesa. In queste situazionioccorre però valutare possibili fenomeni di inversione termica notturna, fenomeni che possonodare origine a gelate. Indipendentemente dalle situazioni orografiche generali, si deve valutareattentamente il microclima della zona scelta. È sempre bene evitare situazioni ove siano frequentile inversioni termiche notturne e le zone dove spesso si ha la formazione di nebbie.Considerata la propensione delle api a bottinare sostanze zuccherine, è necessario evitare di dis-locare gli apiari nelle vicinanze di industrie o laboratori artigianali che lavorino queste sostanze(zuccherifici, torronifici, cantine vinicole, ecc.). Devono essere sempre rispettate le disposizioni legis-lative vigenti (vedi glossario), sia generali che locali: leggi regionali, ordinanze, ecc.Infine, sebbene la ricerca non abbia ancora fornito risultati concordi circa l'azione che i campi elet-tromagnetici possono avere nei confronti delle api, sia per quanto attiene il loro orientamento chela loro vitalità, appare opportuno evitare di posizionare gli alveari in prossimità di elettrodotti e gros-si impianti di telecomunicazione.

la scelta della postazione

33 Le arnie devono essere rialzate daterra di circa 20 centimetri. Il passaggio dell'aria evita il ristagno dell'umidità ed il conse-guente precoce degrado del fondo inlegno. Come basamenti possono essereusati sia dei pali prefabbricati di cementoarmato, sia leggere putrelle di ferro poggia-te su blocchetti. La distanza tra di esse nondeve superare i 35-40 centimetri, al fine diben supportare le arnie. È importante chele arnie siano a livello, poichè la diffusionedel fondo in rete permette l’allontanamentodell’umidità in eccesso.

11 Le arnie devono essere coloratein modo da rendere l'apiario il piùvivace possibile. Questo fa sì che sia laregina (al rientro dal volo di fecondazio-ne), sia le bottinatrici possano ritrovarefacilmente il proprio alveare, senzapossibilità di errore, limitando almassimo la deriva (vedi glossario).I colori devono essere quelli riconosciutidalle api: il bianco, il giallo, il verde el’azzurro in tutte le loro tonalità. Le api,invece, non distinguono il rosso.

Occorre evitare le zone ventose.Sia perché è sufficiente un vento convelocità oraria di 25-30 chilometri perdimezzare l'attività di un alveare, sia per iproblemi legati alla sua azione distruttiva.In caso di vento eccessivo, gli apicultorisono obbligati ad assicurare le arnie alterreno con mezzi che spesso neostacolano il loro controllo. Occorreinfine considerare l'azione negativa cheil vento ha sulla secrezione nettariferadelle differenti specie vegetali.

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L’apiario22 Sul frontalino è possibile aggiungere

dei segni (anch'essi trascritti con colorivivaci) in modo da offrire un altro segnodi orientamento alle bottinatrici. Nellestazioni di fecondazione le arnievengono pitturate anche con più colorie con più segni, per evitare che leregine possano rientrare in un altroalveare. In questo caso, infatti,verrebbero subito soppresse.

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Schede tecniche di apicultura L’apiario - la scelta della postazione

La presenza di alberi non è indicata.Infatti le colonie allevate all'ombra, soprattutto du-rante la stagione invernale, stentano: hanno mag-giori problemi di termoregolazione e l'ombra inibi-sce il volo delle bottinatrici. Anche il lavoro dell'api-cultore viene ostacolato: è più difficile osservare leapi e distinguere la covata. Per ciò è bene evitare learee intensamente boscate. Occorre anche consi-derare il fastidio che spesso possono procurare lebasse alberature.

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Gli alveari devono essere espostinel quadrante compreso fra l'est ed il sud.Questo orientamento facilita l'insolazione delpredellino di volo, favorendo il riscaldamentodella colonia e, pertanto, l'attività dellebottinatrici. Tanto prima la parte anterioredelll'arnia viene raggiunta dal sole, tanto primale api riprendono la loro attività.

Nel caso che le arnie siano collocate su superfici in pendenza, è indispensabile chel'orientamento di questi declivi sia a sud.Questa situazione favorisce il riscaldamentodella superficie terrestre, intervenendopositivamente sul microclima degli alveari.

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La dotazione di acqua in recipientidislocati fra gli alveari assume un'importanzavitale, quando le api non possono disporre difonti naturali. Non è necessario che l'acquasia fresca e pura, poiché spesso le apimanifestano preferenza proprio per l'acquastagnante, più ricca di sali minerali.

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L'apiario deve essere facilmenteaccessibile. Le colonie devono essere visitatetutto l'anno e con qualunque tempo. Anchela movimentazione del materiale apisticononché quella dei melari (sia vuoti che pieni),richiede che i mezzi di trasporto possanoraggiungere facilmente le postazioni.

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Occorre evitare le aree inquinatee quelle ove si fa largo impiego di fitofarmaci.Questo evita il possibile inquinamento delmiele con metalli pesanti e molecoleestranee, ma soprattutto scongiura il rischiodi mortalità delle api che, nelle aree agricoleintensive, è un fatto tuttaltro che sporadico.

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Occorre evitare le aree umide.Un livello elevato di umidità non permettealle api di mantenere una buona tempera-tura all'interno dell'arnia. Inoltre, l'umiditàfavorisce lo sviluppo di muffe e di patologiead essa legate: la covata calcificata e pietrifi-cata (vedi glossario: micosi). Si devono per-tanto evitare zone con ristagni idrici o vicinea corsi d'acqua. Questo valutando anchel'eventualità di possibili alluvioni.

I rumori, ma soprattutto le vibrazioni,infastidiscono le api che, spesso, reagisconoin modo aggressivo. Per questo è meglioevitare zone ove vengono eseguite frequentilavorazioni del terreno. È bene che l'apicul-tore, o l'operatore agricolo, ove dovessecompiere lavorazioni meccaniche inprossimità dell'alveare, prenda le dovuteprecauzioni indossando mezzi di protezione.

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Con il termine di apiario o di postazione, si suole indicare l'insieme degli alveari disposti l'uno accan-to all'altro. La scelta di come disporli sul campo varia in funzione di fattori assai differenti.Innanzitutto occorre considerare se l'allevamento deve essere di tipo stanziale o se esso deve pre-vedere la transumanza, al fine di sfruttare un numero maggiore di fioriture. In questo caso occor-re ancora valutare il livello di meccanizzazione che si intende adottare. Infatti il caricamento e loscaricamento degli alveari può essere manuale o, come avviene per i grossi allevamenti la movi-mentazione delle colonie può essere parzialmente o interamente meccanizzata.Ovviamente questa seconda ipotesi tende a privilegiare la facilità di trasporto piuttosto che quellarelativa alla visita delle famiglie.In postazioni stanziali, le scelte sono dettate in primo luogo dalla morfologia del terreno e dallo spa-zio disponibile.Ove le arnie siano disposte su più file, queste devono essere possibilmente distanziate di almeno 3metri e mezzo o 4, in modo tale che l'operatore, intento nei controlli, non sia di ostacolo al volodelle api che si sollevano dagli alveari situati nella fila posta immediatamente dietro evitando cosìche queste possano innervosirsi e divenire aggressive.Anche sulla fila, ove possibile, le arnie dovrebbero mantenere una distanza tale da permettere all'o-peratore di posare agevolmente fra di esse i telaini estratti durante il controllo o di effettuare como-damente una divisione della colonia per far fronte ad un principio di andata a sciame. Una mag-giore distanza fra le arnie offre anche altri vantaggi: limitare la deriva (vedi glossario) fra gli alvearied indirizzare la regina al ritorno dal suo volo di fecondazione. Infatti, mentre le api bottinatrici,quantunque non appartenenti alla colonia, vengono comunque bene accolte, le regine, qualora,al loro ritorno, sbaglino alveare, vengono immediatamente eliminate.Ove le postazioni siano formate da un gran numero di alveari, è indispensabile conservare (o,eventualmente inserire) elementi del paesaggio che servano da orientamento.Al contrario, qualora l'azienda pratichi una intensa attività di nomadismo con un elevato grado dimeccanizzazione, gli alveari vengono posizionati uno accanto all'altro su pallet, non tenendoconto delle difficoltà operative che possono derivare da questa disposizione: ad esempio, l'ag-giunta dei melari i quali, vengono a trovarsi l'uno attaccato all'altro.In queste situazioni, la disposizione sul campo degli alveari è determinata prioritariamente dallanecessità di mobilità fra i pallet da parte dei mezzi meccanici impiegati per il carico e lo scarico deglialveari.

la disposizione degli alveari

33 La disposizione migliore per le apiè quella che prevede il posizionamentoisolato degli alveari. Posizionandoli acirca 2 metri l'uno dall'altro sulla fila edistanziando le file di 3-3,5 metri, oltreche prevenire la deriva, si permetteall'apicultore di operare agevolmente,anche nel caso si impieghino dei mezzimeccanici.

11 Le arnie devono essere sistemateperfettamente in piano rispetto alproprio asse trasversale. Una forteinclinazione farebbe sì che i telaini nonsiano perfettamente paralleli alle paretidell’arnia. Di conseguenza verrebbecompromessa la giusta distanza fra i favilaterali e le pareti dell’arnia.

L’allineamento su fila unica,ove le condizioni lo rendano possibile, èquello prevalentemente preferito. Infattiè possibile svolgere tutte le operazionisenza interferire con il volo delle api.Ovviamente è possibile, in funzione deisupporti disponibili, posizionare glialveari in gruppi da 3 a 5 unità,distanziando opportunamente unsupporto dall'altro.

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L’apiario22 In questa situazione le api

tendono ad assottigliare il favo troppovicino al fianco e ad ingrossare quellosul lato opposto. Spesso avviene che,nello spazio che si viene a creare fra ilfianco ed il favo limitrofo, le api riescanoa costruire un favo supplementare,rendendo complicata l'estrazione deltelaino e, quindi, il controllo dellacolonia.

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Schede tecniche di apicultura L’apiario - la disposizione degli alveari

Ove lo sviluppo in larghezzadelle parcelle non lo permetta, gli alvearivengono disposti su più file parallele. Questasistemazione non è certamente ottimale, nonessendo in grado di limitare il fenomeno delladeriva. Inoltre questa disposizione richiede unadistanza fra le file non inferiore ai 3,5 metri alfine di rendere agevole il controllo deglialveari.

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La collocazione a ranghi successivipermette di disporre le arnie su più file,creando però degli spazi fra gruppi di alvearidisposti sulla stessa fila. In questa situazioneviene limitato il disturbo generato dall'apicul-tore sugli alveari posti immediatamente dietro.Questi spazi possono anche essere impiegatiper il collocamento di altri alveari, nel caso didivisioni per la prevenzione della sciamatura.

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La sistemazione a quadrilateropermette un buon orientamento delle api, dicontrastare la deriva ed adeguati spazi opera-tivi per l'apicultore. Per contro, alcuni alvearisoffrono un'esposizione non ottimale, trovan-dosi orientati a nord o ad ovest. Per questomotivo è un modello di disposizione che puòessere impiegato in areali pianeggianti, carat-terizzati da clima caldo e secco. È assai adattaper le stazioni di fecondazione.

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La disposizione a semicerchioviene impiegata molto in parcelle con buonsviluppo in larghezza. Permette un discretoorientamento delle colonie ed una ottimaleoperatività dell'allevatore che si trova a con-trollare gli alveari senza interferire con il volodelle api. Si può optare verso questa soluzio-ne quanto è possibile orientare i semicerchiverso sud.

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La disposizione su pallet (o pedane) in linea è quella più comunemente utilizzatadagli apicultori che praticano il nomadismomovimentando gli alveari attraverso braccielevatori estensibili, montati sullo stessomezzo di trasporto. Il numero di alveari èfunzionale alla larghezza dell'autocarro, eposso variare da quattro a cinque.

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Nella disposizione su pallet a girandola,gli alveari vengano sistemati su pedane di for-ma quadrata. In questo caso la distribuzione incampo può essere ricondotta a quella omoni-ma vista in precedenza, con la sola differenzache, in questo caso, gli alveari sono uno ridos-sato all'altro. Questo, come per tutte le altresistemazioni su pallet, rende complicato sia ilcontrollo delle colonie, sia la sovrapposi-zionedei melari.

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La configurazione a girandolaoffre gli stessi vantaggi descritti per la sistema-zione a quadrilatero. Tuttavia, anche in questocaso alcuni alveari si trovano con l'uscita divolo orientata a nord o ad ovest e, quindi, inposizione ombreggiata. Formata da qruppi disoli quattro alveari, limita, ancora meglio delladisposizione a quadrilatero, la deriva. Perquesto motivo questa sistemazione è la piùimpiegata nelle stazioni di fecondazione.

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Per la sistemazione su pallet contrappostivengono utilizzate pedane di forma rettan-golare, sulle quali trovano spazio 4 alveari. Ladislocazione sul campo è simile a quella vistaper la disposizione a girandola. Al contrariodella precedente, secondo questa disposizio-ne, gli alveari vengono orientati non su tutti equattro i punti cardinali, ma secondo l'asseest-ovest.

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La società delle api è composta da individui di sesso femminile, le api operaie e l'ape regina,e di sesso maschile, i fuchi. Fra gli individui di sesso femminile, solamente l'ape regina èfeconda, mentre le api operaie sono sterili.Nella società delle api, la determinazione del sesso avviene per partenogenesi aploide arre-notoca: uova non fecondate danno origine a fuchi; uova fecondate ad api operaie ed apiregine. Solo in casi particolari, da uova fecondate possono originarsi maschi diploidi (vediglossario). Le loro larve, non appena fuoriuscite dall'uovo, vengono comunque individuatecome anomale dalle api operaie e, quindi, eliminate.Nelle schede relative alle caste, non si intende approfondire in modo specifico la composi-zione della colonia, ma fornire utili elementi pratici per il riconoscimento dei diversi individuie delle loro differenti fasi di vita preimaginale e di adulto. In particolare vengono illustrati idifferenti cicli di vita e gli elementi da cui questi possono essere influenzati. Normalmente in alveare sono presenti solamente cellette esagonali, che costituiscono i favi.Solo eccezionalmente le api provvedono ad allevare api regine in particolari cellette, realiz-zate appositamente. Queste cellette, una volta sfarfallata la regina, vengono in tutto o inparte, demolite. Occorre saper distinguere le celle reali costruite per la sciamatura, da quelle edificate perporre rimedio ad uno stato di orfanità.Eliminando queste ultime infatti si destina la colonia alla estinzione certa. È opinione oramai diffusa che nelle celle reali l'uovo non venga deposto direttamente dal-l'ape regina (infatti, non dovendo contrarre l'addome, depositerebbe un uovo non fecon-dato e quindi maschile), ma venga portato dalle stesse api operaie. (vedi scheda: La sciama-tura cause predisponenti). Al contrario, in condizioni di orfanità, le celle reali vengono rea-lizzate intorno ad una larvetta con età inferiore ai 3 giorni, direttamente sulla superfice deifavi.Gli stadi preimaginali (o larvali) di qualunque individuo componente una famiglia di apihanno inizio da un uovo.Non è possibile distinguere un uovo femminile da uno maschile.Alcune indicazioni possono essere assunte sulla base del tipo di celletta ove l'uovo vienedeposto.È indispensabile che l’apicultore abbia un’adeguata conoscenza dei diversi stadi preimaginalie che sappia cogliere i segnali che la colonia manifesta. Sono questi elementi infatti che pos-sono dare utili indicazioni all’allevatore sullo stato di salute della colonia stessa.

gli stadi preimaginali

33 Le uova di api regine, sono depostein particolari cellette che, inizialmente,hanno la forma di una coppa rovesciatao di una cupola: per questo motivovengono normalmente indicate coltermine di cupolino. Questo tipo di cella(del diametro di 8,0 millimetri) vienerealizzato dalle operaie solamentequando la colonia avverte l’esigenza disciamare (vedi scheda sciamatura) equindi la necessità di allevare nuove apiregine.

11 Le uova di api operaie vengonodeposte in cellette esagonali conapotema pari a 2,6 - 2,7 millimetri. Tale dimensione obbliga la regina, nelmomento della deposizione, a contrarrel'addome con la conseguente espulsio-ne di uno spermatozoo che andrà afecondare l'uovo. Pertanto, nelle celletteesagonali di minori dimensioni, sipotranno trovare normalmente uovafecondate, dalle quali nasceranno apioperaie.

A volte è possibile individuare piùuova deposte sui lati delle celle. Questotipo di deposizione è opera di apioperaie che, in condizioni di orfanitàoramai avanzata, riacquistano lacapacità di deporre uova, ovviamentemaschili (vedi glossario: Fucaiola - apeoperaia). Non è possibile distinguere lacovata di un'ape regina fucaiola (vediglossario) da una covata femminileregolare.

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Le caste e la colonia22 L'uovo che dà origine ad un

fuco, viene ordinariamente deposto incelle esagonali di circa il 30% più larghedi quelle da operaia (vedi glossario:Fogli cerei). In queste celle, la reginapuò inserire l'addome facilmente senzadoverlo contrarre al momento delladeposizione. Si evita così l'espulsionedalla spermateca di uno spermatozoo.Nelle celle esagonali più grandi, sipossono trovare quindi uova nonfecondate, dalle quali nascono fuchi.

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Schede tecniche di apicultura Le caste e la colonia - gli stadi preimaginali

Un caso particolare si verificaqualora una giovane regina, appenafecondata, non abbia abbondantespazio. Essa tende a deporre più di unuovo per cella, ma sempre sul fondo. Inquesta situazione sono le api operaieche provvedono ad eliminare le uova ineccesso, lasciandone solamente una percella.

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L'uovo appena deposto, si presentalongitudinalmente all'asse della celletta,come un chiodo in una parete. Appenapoche ore dopo, nelle cellette esagonali,tende però, per effetto della gravità, adadagiarsi sul fondo. Nelle celle reali, alcontrario, poiché l'uovo pende al pari diun lampadario, non cambia posizionefino alla nascita della larvetta. Questostadio dura circa tre giorni per entrambi isessi.

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Dall'uovo fuoriesce una larvetta che, nel giro di sei giorni, compie 4 mu-te raggiungendo lo stadio di larva diquinta età. Dapprima la larvetta, immer-sa in un cuscino di gelatina reale, èpressochè invisibile. E’ comunque bendistinguibile già poche ore dopo lanascita, arrivando ad occupare l’interacelletta al momento dell'opercolatura.Questo avviene mediamente dopo no-ve giorni dalla deposizione. Un tempo dipoco inferiore nel caso dell'ape regina,di poco superiore nel caso del fuco.

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La quinta ed ultima muta avvienedopo l'opercolatura. In questa fase lalarva si dispone lungo l'asse maggioredella celletta. Successivamente avviene latrasformazione in pupa. In questa fase èpossibile distinguere bene le celle di apeoperaia (&), con opercolo convesso epoco pronunciato, da quelle di fuco (%),con opercolo pressoché semisferico.La comparsa di sola covata maschile èsegno inequivocabile di sopravvenutaorfanità o di presenza di un’ape reginasterile e quindi fucaiola.

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Nel caso di un'ape operaia, lo sfarfallamento avviene dopo 12 giornidall'opercolatura della cella e perciò dopo21 giorni dalla deposizione dell'uovo. Ilciclo del fuco dura mediamente 3 giorni inpiù. Gli adulti fuoriescono dalle cellette dopoaverne rosicchiato completamentel'opercolo.

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La celletta ove si compie il ciclopreimaginale di un'ape regina cresce alcrescere delle dimensioni della larva. Almomento dell'opercolatura la cellaassume la forma di una ghianda, più omeno allungata. Un'ottima cella realedeve essere dritta e ben lavorata perl’intera superficie, riportando in rilievo gli esagoni tipici dei favi. La fase dicelletta opercolata dura, nel caso dellaregina, appena 7-8 giorni. La regina,sfarfallando, apre la celletta al pari diuna barattolo di pelati.

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Gli adulti che compongono un alveare sono normalmente suddivisi in 3 caste: l'ape regina,i fuchi e le api operaie. É indispensabile, per l'operatore apistico, possedere una corretta edapprofondita conoscenza dell'organizzazione della colonia nonché dei compiti di ciascunadelle tre caste. È altrettanto importante, al fine di operare in maniera rapida, ma corretta,saper individuare i differenti stadi biologici e fisiologici dei singoli individui.Un apicultore deve essere in grado di distinguere, ad esempio, un'ape regina vergine da unafeconda o saper catturare da un alveare, secondo le necessità, gruppi di api nutrici, ceraioleo bottinatrici. È fondamentale considerare come gli stadi fisiologici delle api appartenenti alledifferenti caste, (ad esempio, la lunghezza della loro vita), siano funzione della stagione o deicarichi di lavoro: produttivi, nel caso delle operaie o riproduttivi, nel caso di una regina. Apioperaie più longeve, sono in grado di garantire raccolti abbondanti. Esse, infatti, trascorronole loro prime tre settimane di vita in alveare e solo dopo questo periodo fuoriescono alla ricer-ca di cibo. Se la loro vita durasse solo sei settimane, vi sarebbe una bottinatrice per ogni apedi casa. Se durasse nove settimane, per ogni ape di casa si potrebbero contare 2 bottinatrici.Infine si consideri che, mentre l’ape regina ed il fuco hanno un unico compito, l’ape operaiasvolge mansioni diverse.

gli stadi imaginali

44 L'ape operaia fuoriesce dalla cella,rosicchiandone con le mandibole l'oper-colo, trascorsi circa 21 giorni dalla depo-sizione dell'uovo. Non appena sfarfallata,ha la necessità di fare asciugare all' aria ilproprio tegumento. Durante i primi 2-3giorni di vita, si dedica alla pulizia ed alladisinfezione delle celle liberate dallacovata, celle che devono essere reseidonee ad accogliere o nuova covata oriserve alimentari. In questa fase non è infunzione alcuna ghiandola.

33 I fuchi compongono la castamaschile. Morfologicamente assaicaratteristici, non sono sempre presenti inalveare, considerato che la loro vita duradalla primavera all'autunno. Raramente, esolo nelle regioni a clima più mite, hannola possibilità di svernare. Raggiungono lamaturità sessuale circa 40 giorni dopo losfarfallamento. Muoiono una voltafecondata la regina.Il loro stadio preimaginale dura 24 giorni.(vedi glossario:Fuco ).

La rosura degli opercoli si depositasul fondo dell'arnia o sui fondi antivar-roa, formando caratteristiche strisce incoincidenza degli spazi tra i favi. Il loronumero e la loro lunghezza fornisceinformazioni sullo sviluppo della covata.Ogni striscia è formata dalla rosuraproveniente dalle facce di due faviattigui. Ad esempio se sono presenti solodue strisce, la covata interessa tre telaini,estendendosi sulle due facce di un favoe su una sola faccia dei due favi vicini.

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Le caste e la colonia

22Una volta fecondata, la reginamuta morfologicamente, mostrando unaccrescimento del proprio addome,dovuto all'ingrossamento della sperma-teca (vedi glossario). Poco mobile puòessere individuata facilmente sui favi ovesiano presenti uova appena deposte. La sua capacità di ovideposizione nonsupera i 5 anni. I ritmi di deposizionesono assai vari dipendendo dagliandamenti climatici e dai flussi dinettare.

11 La regina sfarfalla 16-17 giornidopo la deposizione dell'uovo. Daquesto momento, passa circa unasettimana in alveare, prima diraggiunge la maturità sessuale. Laregina vergine non occupa unaposizione precisa sui favi e, con unaddome non ancora sviluppato, incolonie ben popolate può essereindividuata solo dall'occhio di unapicultore esperto.

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Schede tecniche di apicultura Le caste e la colonia - gli stadi imaginali

Dopo 3 giorni dallo sfarfallamento,nell'ape operaia si sviluppano le ghian-dole ipofaringee e mandibolari (vediglossario), ubicate nel capo e deputatealla produzione della gelatina reale. In questa fase essa ha il compito dinutrire sia le larve appena nate, sia laregina. Volendo disporre di api operaienutrici, l'allevatore deve cercare un favocon covata di età inferiore ai tre giorni: leapi di copertura sono rappresentate perla quasi totalità da api operaie di questotipo.

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Intorno al decimo giorno di vita, le ghiandole del capo regrediscono mentre si sviluppano le ghiandole ceripa-re (vedi glossario), situate nell'addome. In questa fase l'operaia riveste la funzionedi ape costruttrice o muratrici, edicandosiall'edificazione dei favi. Durante lacostruzione, le api si aggrappano le unealle altre, formando complesse impalcatu-re. Volendo disporre di operaie muratrici,l'allevatore può reperirle su un fogliocereo in costruzione. Queste operaie, ovenon sia necessaria la loro opera, lavoranoalla maturazione del miele.

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La vera e propria fase di ape di voloviene preceduta da una fase intermediadurante la quale l'ape sosta sui predellinidell'arnia. La funzione di ventilatriceviene raggiunta intorno al diciottesimogiorno di età, quando entra in funzionela ghiandola di Nasonoff. L'ape ventilatri-ce si pone sul predellino di ingressodell'arnia e, scoprendo la ghiandola eventilando fortemente le ali, diffonde ilcaratteristico odore della propria colonia.Segnala così alle compagne in volo lagiusta posizione dell'alveare.

88

A 3 settimane dallo sfarfallamento,con l'entrata in funzione della ghiando-la velenifera, l'operaia acquista lacapacità di difesa ed è pertanto idoneaad abbandonare l'alveare. Diviene unabottinatrice, in grado di andare aprocacciare per la propria colonia lediverse sostanze alimentari (nettare,melata e polline), l'acqua e la propoli.

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Durante la stagione fredda,con il verificarsi del blocco della covata, lacolonia si compone esclusivamente di apibottinatrici con il compito di far trascorrerealla colonia la stagione fredda. In questasituazione, alcune operaie, secondo lenecessità, riacquistano la funzionalità dialcune ghiandole. È infatti indispensabileche nella colonia sia sempre garantita lapresenza di api capaci di alimentare laregina e la nuova covata (le nutrici) o disovrintendere alla manutenzione dei favi(le costruttrici).

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Diversamente da quello che si crede,ciò che debilita l'ape operaia e, di con-seguenza ne accorcia la vita, non è tan-to l'attività di raccolta delle provviste,quanto l'allevamento della covata. Le apioperaie hanno vita più breve nella sta-gione produttiva, perché gli abbondantiflussi di nettare stimolano l'ovideposizio-ne della regina, aggravando il lavorodelle nutrici. Una famiglia rimasta orfanaall'inizio della primavera sopravvive finoalla stagione estiva, così come le apisvernanti sopravvivono all' inverno,dovendo accudire poca covata.

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I segnali che l'alveare manda sono molteplici. Purtroppo, non sempre l'apicultore è in grado di rece-pirli ed interpretarli.L'osservazione della covata, ad esempio, può fornire utili indicazioni sullo stato della colonia e sullesue reali capacità produttive. Non sempre, infatti, è sufficiente soffermarsi solamente sulla sua esten-sione, poiché valori come compattezza e disposizione della covata (intesa come rapporto fra lacovata aperta e quella opercolata) sono in grado di segnalare stati fisiologici o problemi geneticidell'alveare. Come riportato nella scheda sulla prevenzione della sciamatura, qualora i favi del nido,normalmente destinati alla covata, siano stati utilizzati per la deposizione delle provviste, significache la colonia potrebbe, o sta già predisponendosi per la sciamatura.Così come un forte sbilanciamento fra covata aperta e chiusa, a favore di quest'ultima, rappresen-ta un ulteriore segnale di carenza di spazio per l'ovideposizione della regina.Nell’ovideposizione, la regina segue un ordine naturale: quando questo ordine si manifesta altera-to occorre capirne i motivi per intervenire in modo adeguato.

11 Una buona covata si presentacompatta e regolarmente deposta. La re-gina inizia l'ovideposizione dal centro deifavi, proseguendo verso l'esterno con unandamento a spirale. Passati pochi giornidall'ovideposizione, il centro del favo sipresenta occupato dagli stadi preimagina-li più "anziani". Verso la periferia, si posso-no osservare gli stadi preimaginali più"giovani". Le prime opercolature e quindi iprimi sfarfallamenti si hanno nelle cellecentrali e poi in quelle periferiche.

Il favo occupato da covata opercolatadeve presentarsi con opercoli asciutti eleggermente convessi. La copertura deveessere la più compatta possibile, sempreconsiderando che una mortalitàpreimaginale è del tutto fisiologica. È peròimportante che le cellette aperte (ove èmorta la larva o la pupa) si presentinovuote e perfettamente ripulite.

22

44 La covata assume due configurazioni.La prima configurazione è caratterizzatada una prima zona centrale occupata dauova; una seconda fascia più esternaconcentrica costituita da cellette vuoteche vengono ripulite e disinfettate dalleapi appena sfarfallate; una terza fasciacostituita da covata opercolata sfarfal-lante o prossima allo sfarfallamento.

33 Le prime api che sfarfallanosono quelle che hanno compiuto ilproprio ciclo nelle cellette centrali. Nelcaso la regina abbia una forte capacità diovideposizione, o in alveari con scarsospazio per la covata, la deposizioneriprende non appena le operaie hannoripulito le cellette dai residui larvali. Questasituazione fa sì che la regina non avendoaltro spazio per deporre, si porti sui faviove la covata sta appena sfarfallando.

Una seconda configurazione,è osservabile, trascorso circa un mese dallaripresa dell’ovideposizione. In questa fase,caratterizzata dall’incremento della forzadell’alveare, prima ancora che sfarfalli la co-vata, la regina ripassa sui favi deponendo leuova nella zona esterna. Per questo motivoè possibile riscontrare al centro del favosolamente covata opercolata, mentre lacovata aperta relegata nella fascia piùperiferica è costituita da sole uova o larvettedi prima età.

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I segnali dell’alvearel’osservazione del nido e della colonia

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Schede tecniche di apicultura I segnali dell’alveare - l’osservazione del nido e della colonia

Una covata poco compatta,in assenza di stati patologici conclamati,è un sintomo inequivocabile di elevataconsanguineità (vedi glossario). Inquesto caso la regina depone uovafecondate che, pur dovendo dareorigine a operaie, al contrario generanofuchi diploidi. Queste larvette, nonappena fuoriuscite dall'uovo, vengonoriconosciute ed eliminate dalle operaienutrici. Quest'azione conferisce allacovata un aspetto lacunoso.

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La consanguineità viene misuratasulla base del rapporto fra le cellettevuote (e quindi di larve allontanateperché di fuchi diploidi), rispetto aquelle presenti in un'unità di superficienota (1 decimetro quadrato). Un valoredi tale rapporto inferiore al 5% è dovutoa mortalità naturale. Qualora il rapportosuperi il 5%, sempre in assenza di statipatologici conclamati, la scarsacompattezza è da attribuire ad un livelloelevato di consanguineità. Essa è massi-ma quando il rapporto è pari al 50%.

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Una covata assai disordinata,ove coesistono cellette con uova elarvette di età diversa, è sintomo di unacovata di api operaie fucaiole. Occorreosservare la deposizione delle uova:infatti il corto addome delle operaie fa sìche esse, non riuscendo a raggiungereil fondo della celletta, rilascino l'uovodirettamente sulle pareti. La certezzadell'orfanità si ha al momento dell'opercolatura delle celle che, a fuco,presentano un opercolo pressochésemisferico.

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In una colonia che ha sciamatosi registra un periodo di assenza di covata.Tale periodo inizia qualche giorno primache fuoriesca lo sciame primario e terminacon la fecondazione della nuova regina.Questa fase ha una durata variabile,dipendendo dalla quantità di sciamisecondari prodotti dalla colonia. In questo lasso di tempo la famiglia importaquantità notevoli di miele che venendodepositato preferibilmente nel nido neintasa i favi.

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La vicina ripresa della covatasi manifesta attraverso l'attività disvuotamento delle celle centrali dei favi,celle che vengono così preparate dalleoperaie per l’accoglimento della nuovacovata. Questa configurazione del favoindica con certezza la presenza di unaregina, anche se spesso non si riesce adindividuarla. Infatti una regina giovane haancora l'addome non perfettamentesviluppato e pertanto assai più piccolo diquello di una regina in attività riproduttiva.

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La certezza dell'avvenuta fecondazionedella regina e del suo regolare rientro inalveare si ha solamente quando èpossibile individuare nei favi la covata"fresca": uova e, dopo tre giorni, larvette.Infatti la regina potrebbe cadere vittimadi predatori (ragni ed uccelli insettivori)durante il suo unico volo all'esternodell'alveare, lasciando la sua coloniairrimediabilmente orfana.

1111

24 % DI CELLE

VUOTE

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Al pari dell'analisi dello stato della covata (sia della sua disposizione nei favi che del suo stato di salu-te), l'osservazione esterna dell'alveare è di vitale importanza nella pratica apistica. L'alveare, oltre cheesplorato al suo interno, deve essere prima valutato dall'apicultore dall'esterno, considerato che dalcomportamento delle operaie bottinatrici è possibile desumere una notevole quantità di informa-zioni. Tali informazioni, se colte nella maniera corretta, mettono l'allevatore in grado di operare pertempo ed al meglio, favorendo il benessere della colonia ed il suo corretto sviluppo in vista dell'at-tività produttiva. Ovviamente le osservazioni esterne non sono mai esaustive, ma rappresentano comunque unimportante componente nella valutazione complessiva dell’attività della famiglia. Il comportamentodelle api va comunque considerato e soppesato sulla base della forza dell'alveare. Anche per que-sto motivo è importante che le colonie vengano invernate su almeno otto favi coperti di api e chele schede sulle quali l'apicultore riporta i risultati delle visite siano compilate regolarmente. Soloavendo una reale conoscenza della forza della colonia è possibile valutarne il comportamento dal-l’esterno.

I segnali dell’alveare

11 Alcune patologie apistichesono facilmente diagnosticabili con lasemplice osservazione della zonaprospiciente l'uscita dell'arnia. In modoparticolare, quando la covata è colpitadalla covata calcificata o dalla covatapietrificata (vedi glossario), le apitendono a ripulire i favi allontanando lepupe morte abbandonandolefrettolosamente sul predellino di volodell'arnia.

Ove si riscontri questa situazioneoccorre procedere al controllodell'alveare. Spesso, infatti, le patologiedella covata calcificata o di quellapietrificata sono legate alla scarsacapacità della colonia di controllare latemperatura interna e, quindi, il tasso diumidità. In queste condizioni,determinate da contrazioni della forzadella colonia, si sviluppano muffe cheinteressano anche i favi e le riservepolliniche in essi contenute.

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44 Anche la propolizzazione della reteantivarroa può rappresentare un chiarosintomo della contrazione della forzadella colonia, anche se menosignificativo rispetto alla propolizzazionedella porticina. La chiusura dei fondi inrete delle arnie non è però facilmenteverificabile, se non in occasione dicontrolli più accurati.

33 Al fine di mantenere una temperaturaadeguata all'interno dell'alveare, le api,durante il periodo invernale (ma nonsolo), regolano gli scambi di aria conl'esterno aprendo o chiudendo leaperture con la propoli. Una correttagestione dovrebbe portare l'apicoltore adinvernare le colonie con non meno di 8favi coperti di api. In questa situazione lecolonie non chiudono mai la porticina, senon in caso di gravi contrazioni dovute amorie di api adulte.

Un altro sintomo della contrazionedella colonia è fornito dal volo delle api.In una colonia forte, il volo interessa tutto ilfronte dell'arnia. Anche con temperature dipoco superiori ai 10°C, le poche api cheescono si distribuiscono in modoomogeneo sull’intero predellino.

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l’osservazione esterna dell’alveare

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Azione di comunicazione

Schede tecniche di apicultura I segnali dell’alveare - l’osservazione esterna dell’alveare

Qualora si osservi che le api fuoriesconoda un unico lato, significa che la famiglia occupasolo una piccola porzione del volume interno.Nel caso di colonie invernate regolarmente sualmeno otto favi, occorre quanto prima verificar-ne la reale consistenza. Infatti è assai probabileche la colonia si sia fortemente contratta in con-seguenza di stati patologici o di scarsa longevitàdelle api. Spesso questo segnale è accompagna-to dalla parziale propolizzazione della porticina.

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Anche l'osservazione dei nutritoriè in grado di fornire utili indicazioni, non solosulla consistenza della colonia, ma anche sullavivacità delle api e sulla loro attitudine geneticaal lavoro di bottinamento. La velocità con cui leapi consumano la soluzione zuccherina è,infatti, strettamente correlata alla capacitàproduttiva dell'alveare: alveari poco produttivitendono a disertare i nutritori.

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Nutritori disdegnati dalle api,soprattutto quando la popolazione dellacolonia è numerosa, è, spesso, anche unchiarissimo sintomo di presenza di statipatologici più o meno conclamati o di stati diorfanità. In queste situazioni è beneprocedere ad un controllo accurato dellafamiglia.

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Un'eccessiva aggressività, manifestatada colonie generalmente calme e tranquille, èanch'esso un indizio di uno stato patologicopiù o meno avanzato o della mancanza dellaregina. Pertanto, anche in questa circostanza,è meglio effettuare quanto prima un'ispezio-ne del nido al fine di verificare lo stato dellacovata e la presenza dell'ape regina.

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Al contrario, la presenza di lottefra le api operaie, testimonia una fase di sac-cheggio, più o meno grave (vedi glossario).Qualora sottovalutato, il saccheggio puòestendersi a più alveari, fino ad interessarel'intera postazione. Il risultato può anche esse-re la perdita dell'intero apiario in una solagiornata. Il saccheggio, soprattutto se latente,si manifesta anche con la presenza abbon-dante di api morte in prossimità dell'arnia.

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In occasione dei trattamenti antivarroacon prodotti a base di timolo (APIGUARD®,API LIFE VAR®) si assiste facilmente ad unafuoriuscita delle api, spesso massiccia. Questodisorientamento può portare anche a violen-ti fenomeni di saccheggio, stimolato oltremo-do proprio dall'odore del timolo. Questoodore, forte e persistente, maschera, infatti,quello tipico di ciascuna colonia, portandoad un disorientamento delle stesse api.

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Una eccessiva presenza di api sui predellini può avere diversi significati infunzione della stagione, ma soprattutto infunzione delle modalità con la quale questapresenza si manifesta. In primavera, l’osserva-zione di gruppi compatti di api all'esternodell'arnia, può essere interpretata conl'intenzione della colonia a sciamare. Questeformazioni di api, per lo più assai tranquille,prendono comunemente il nome di "barbe".

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Anche l'osservazione dei fondi antivarroa è in grado di dare importanti indi-cazioni sulla consistenza ed il benessere dellacolonia. Le api aprono le celle opercolate, ro-sicchiandone gli opercoli. Pertanto, la pre-senza di estesi residui è un chiaro indicatoredella buona consistenza della famiglia. Inoltreil tipo di opercolo (di celletta a covata o dicelletta a miele), ci permette di quantificare iconsumi delle riserve alimentari.

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ComunitàEuropeaSchede tecniche di apicultura

L'affumicatore è uno strumento indispensabile per l'apicultore. All'apertura dell'arnia, salvo che inrare occasioni, le api operaie tendono a riversarsi in massa all'esterno, spesso con fare aggressivo.L'uso del fumo tende a calmarle, agendo principalmente in due modi. In presenza del fumo, le api,ipotizzando il pericolo imminente di un incendio, si riversano sui favi per rimpinzarsi di miele, pron-te ad abbandonare l'arnia, distogliendo così la loro attenzione dall'operatore. Inoltre, con l'addomerigonfio di miele, incontrano maggiori difficoltà ad estrarre il loro pungiglione, divenendo menoaggressive. Per questo motivo è essenziale che l'operatore impari ad utilizzare l'affumicatore ed ilfumo nel migliore dei modi affinché eviti di rimanerne privo nel mezzo della visita in apiario. Si con-sideri ancora che l'uso del fumo deve essere rivolto principalmente al nido ed evitato nei melari,soprattutto in presenza di favi non ancora opercolati, considerata la capacità del miele di assorbiregli odori.Esistono in commercio differenti tipologie di affumicatore, da quello classico a mantice aquelli motorizzati. Nella scelta è bene rivolgersi ad affumicatori leggeri e con capienza adeguata,per evitare di doverli ricaricare con eccessiva frequenza. Anche coloro che hanno pochi alveari,dovrebbe indirizzare la loro scelta su modelli di medie o, meglio, di grandi dimensioni.

L'affumicatore

11 L'affumicatore è compostoda due parti fondamentali: il mantice,che serve a spingere l'aria, e quindil'ossigeno, nella camera di combustione(detta anche caldaia) e la caldaia, ovevengono sistemate le sostanze chedevono bruciare, senza tuttaviaprodurre fiamma. La caldaia portaincernierato alla sua sommità una sortadi cappuccio, che ne consentel'apertura per il suo caricamento, ed unbecco, per meglio indirizzare il fumo.

Nella parte inferiore della caldaiaè alloggiata una piastra traforata chepermette all'aria, ricca di ossigeno, dimeglio espandersi, attraversando inmodo completo i materiali da bruciare.L'affumicatore può essere anche dotatodi una griglia protettiva contro lescottature, bloccata intorno alla caldaia.Questa, infatti, contenendo ilcombustibile, tende a surriscaldarsi,divenendo così pericolosa.

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44 Un buon affumicatore deve essereleggero, ma robusto e, soprattutto, deveessere dotato di un buon mantice ingrado di ben indirizzare l'aria entro lacaldaia e, quindi, fra i favi. Nel contem-po, il mantice, fungendo anche dapresa, deve essere comodamenteimpugnabile e facilmente comprimibile,per evitare di affaticare l'operatoredurante l'apertura delle arnie per ilcontrollo delle colonie.

33 La protezione è anche corredatada un gancio che permette di appenderel'affumicatore ai bordi dell'arnia quando sicontrolla la colonia. Questo fa sì che sulnido si possa stendere un velo di fumoche, discendendo fra i favi, tende amantenere calme le api.

L'affumicatore deve essere sempreripulito, soprattutto in prossimità delbecco superiore ove si depositano iresidui della combustione, e svuotato dalla cenere che si deposita sul fondodella caldaia. Per fare questo si deveestrarre la piastra forata.

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il caricamento ed il suo corretto utilizzo

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Schede tecniche di apicultura L’affumicatore - il caricamento e il suo corretto utilizzo

Quando la piastra forataviene riposizionata, occorre fare attenzione ache uno dei tre piedini che la sostengono nonsia posizionato davanti al foro di ingresso dellacaldaia. Questa eventualità, ostacolandol’ingresso dell’aria spinta dal mantice nellacaldaia stessa, impedirebbe il correttofunzionamento dell'affumicatore.

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I combustibili normalmente impiegatiper la produzione del fumo sono i più svariati.Spesso l'apicultore tende ad bruciare ciò di cuidispone più facilmente: cartone, stracci di fibrenaturali, sterco essiccato, pezzi di corteccia o diferula secca, foglie secche, ecc. Esistono anchepreparazioni specifiche che vengono commer-cializzate con l'assicurazione di essere piùefficaci, rispetto ai prodotti elencati, nel calmarele api. Non tutti i combustibili si equivalgono.

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Qualora si utilizzino pezzi di cartoneondulato o stracci di tela, questi devono esse-re arrotolati stretti, in cilindretti che occupinol'intero spazio della caldaia. Pertanto il diame-tro di questi cilindri deve essere pari a quellodella caldaia e l'altezza di poco inferiore, inmodo tale da non ostacolare la chiusura delcapuccio. Si badi bene che l'ondulatura delcartone deve essere posta nel senso dell'altez-za onde favorire il passaggio dell'aria.

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Un ottimo combustibile sono le fogliesecche di conifere (aghi di pino, di abete o lari-ce) che forniscono un fumo denso e pesante.Inoltre il loro caricamento è assai facile ed il lo-ro rabbocco può essere fatto di continuo, sen-za dover attendere l'esaurimento delle caricheprecedenti. Al contrario, foglie di altre specie,come ad esempio quelle di eucalipto, produ-cono un fumo che irrita le api, rendendole piùaggressive.

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Nel caso si utilizzi l'accendino,occorre dapprima incendiare un pezzetto dicarta di giornale direttamente nella caldaia.Sulla fiamma viva si fa quindi incendiare ilcombustibile disponibile: cilindri di cartone odi tela, aghi di pino, ecc. Non appena ilcombustibile ha preso fuoco, questo deveessere infilato nella caldaia.

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Nel caso si impieghino aghi di pino,una volta che hanno preso fuoco, occorreaggiungerne altri, provvedendo a costiparlileggermente al fine di spegnere la fiammaviva. Essi bruceranno producendo un ottimofumo denso e pesante.

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L'affumicatore può essere accesousando un piccolo cannello o, più semplice-mente, usando un comune accendino. Nelprimo caso si incendia il combustibile che de-ve essere subito infilato nella caldaia affinchépossa spengersi la fiamma. INel caso si impie-ghino cilindretti di cartone o di tela, la baseaccesa deve essere posizionata inferiormente,a contatto con il fondo dell'affumicatore, inmodo che la combustione proceda dal bassoverso l'alto.

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L'affumicatore deve essere impiegatoevitando di affumicare in modo eccessivo leapi. Occorre indirizzare bene il fumo fra i te-laini, producendo poche soffiate per volta.L'impiego del fumo nei melari deve esserelimitato il più possibile, soprattutto in presen-za di favi non ancora opercolati. Il miele co-me già detto tende ad assorbire gli odori ed ilfumo gli conferirebbe un difetto, rendendolonon commerciabile.

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ComunitàEuropeaSchede tecniche di apicultura

La nutrizione di tutti gli esseri viventi, dagli invertebrati all'uomo, si basa sull'assunzione disostanze indispensabili per il metabolismo e le funzioni vitali quotidiane. Tali sostanze sonoriconducibili a tre categorie fondamentali: zuccheri o idrati di carbonio, grassi o lipidi, proteine.A queste tre categorie di alimenti, si aggiungono altri composti organici, quali le vitamine, edinorganici, quali gli elementi minerali necessari al regolare svolgimento delle funzioni vitali.L'alimentazione di una colonia di api può essere prevista secondo la tipologia classica:- di soccorso o di sostegno, quando viene fatta per porre rimedio a crisi alimentari dovute all’e-saurimento delle scorte o alla carenza di risorse esterne;- stimolante, quando viene somministrata per simulare un flusso di nettare al fine di accrescereil ritmo di ovideposizione della regina.Gli zuccheri forniscono la quota parte di energia prontamente utilizzabile, necessaria al funzio-namento dei muscoli ed al metabolismo in generale. In carenza di zuccheri, l'organismo utiliz-za dapprima le sostanze grasse di deposito e, solo in ultima analisi, le sostanze proteiche. Gli zuccheri, rappresentano la fonte principale per la costituzione dei tessuti adiposi e, nel casodell'ape, la fonte primaria per la produzione della cera. Per questo motivo, laddove la famigliasi trova nelle condizioni di dover costruire un gran numero di favi, è necessario intervenireattraverso somministrazioni di rilevanti quantità di zucchero. Ciascuna unità semplice di zucchero prende il nome di monosaccaride. Tra i più comuni èpossibile annoverare i principali costituenti del miele, il glucosio ed il fruttosio. Entrambi appar-tenenti al gruppo degli esosi, costituiti da un anello formato da 6 atomi di carbonio. In unmonosaccaride, il numero di atomi di carbonio può andare da un minimo di 3 ad un massi-mo di 7. Dall'unione di due monosaccaridi si forma un disaccaride. Fra di essi il più noto è cer-tamente il saccarosio, il più comune zucchero alimentare, formato da una molecola di gluco-sio ed una di fruttosio. Il saccarosio è il disaccaride più comunemente presente nel miele.Dall'unione da 3 a 10 molecole di monosaccaridi si ottengono gli oligosaccaridi, mentre i poli-saccaridi sono costituiti da 11 a diverse centinaia di molecole di monosaccaridi.Qualunque essere vivente può produrre energia solamente a partire dal fruttosio. Per questomotivo tutte le altre molecole di zucchero, dagli altri monosaccaridi ai polisaccaridi, devonoessere trasformati in fruttosio prima del loro impiego.Ovviamente il numero di reazioni (e quindi il "lavoro" che deve compiere l'organismo) è tantomaggiore tanto più è complesso lo zucchero di partenza.

la nutrizione zuccherina

33 Durante la nutrizione stimolante,è preferibile somministrare piccole, mafrequenti, dosi di sciroppo, impiegandoun nutritore a tazza o un nutritoreesterno. Per l’ acquisto è pertantopreferibile orientarsi verso nutritori dipiccole dimensioni. Considerato che illoro impiego avviene all'esterno, laplastica utilizzata per la loro fabbricazionedeve essere di tipo morbido, al fine dievitare rotture dovute all'irrigidimentodella stessa col freddo.

11 L'aggiunta di favi con scorte alimentaritrova impiego nella nutrizione di soccor-so. In questa situazione, i favi (contenentisia miele che polline) debbono esserecollocati nell'arnia in modo tale che essisiano facilmente raggiungibili dallacolonia. Se posizionati all'esternodell'area di formazione del glomere (vediglossario), possono infatti essere deltutto irraggiungibili dalle api, incapaci,col freddo, di allontanersi dal glomerestesso.

Per l'alimentazione di soccorsosi impiegano quantità elevate di scirop-po utilizzando preferibilmente nutritori atasca. Tale tipologia di nutrizione assumefondamentale importanza quando oc-corre sollecitare la costruzione dei favicome nel caso dello sviluppo degli scia-mi naturali o artificiali (nuclei e pacchid'api). Poter disporre di abbondantiquantità di zuccheri (dal cui metaboli-smo si ottiene la cera) porta la colonia acostruire i favi meglio e più rapidamente.

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L’alimentazione delle api22 Gli sciroppi di zucchero sono indicati

sia per l'alimentazione stimolante cheper quella di soccorso. La concentra-zione zuccherina può essere del 50%qualora la somministrazione avvengadurante la stagione fredda, mentredurante la primavera è preferibileportarla al 70%, per evitare prevedibilifermentazioni.

STAGIONE INVERNALE STAGIONI CALDE

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Schede tecniche di apicultura L’alimentazione delle api - la nutrizione zuccherina

Un particolare tipo di nutritoreè quello che può essere collocatoall’esterno dell’arnia, direttamente al suoingresso. Questo modello di nutritore simostra assai pratico poiché, purportando l’alimento a contatto direttodelle api, per il suo caricamento non ènecessario nè scoperchiare l’arnia(come il caso dei nutritori a tasca) nèsollevare il tetto (come per i nutritori atazza).

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È comunque facile realizzarenutritori esterni, partendo da materialifacilmente reperibili. Si possono utilizzareo i comuni vasi per miele da incastrarein particolari supporti di legno elamierino zincato o canalette elettrichein abbinamento a bottigliette di acquada mezzo litro. Oltre al notevolerisparmio economico, questo tipo dinutritori offrono il vantaggio dellapraticità, considerato che il dosaggiodella quantità di soluzione può esserefatto direttamente in laboratorio.

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Al fine di facilitare la solubilità dello zucchero, per la preparazionedello sciroppo è preferibile utilizzare ac-qua calda alla temperatura di 50 -60°C.Una volta pronta, la soluzione deveapparire limpida. Nel caso, una voltaraffreddatasi, per rendere la soluzionepiù gradita alle api, è possibileaggiungere del succo di limone.

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Per la preparazione di grossequantità di sciroppo, qualora la realtàaziendale lo renda economicamenteconveniente, possono essere utilizzatispecifici miscelatori dal costo comunqueelevato. È anche possibile sfruttare ilnormale smelatore motorizzato giàpresente in azienda. In ogni caso perevitare notevoli sforzi del motore, lozucchero deve essere aggiuntonell’acqua gradatamente.

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Per l’alimentazione si può utilizzare anche il candito di zucchero e miele.Questo si prepara miscelando, se possibileattraverso l'impiego di un'impastatrice,zucchero a velo e miele nelle proporzionidi 3 a 1. Il miele deve essere di provenien-za certa, onde evitare la diffusione dipatologie apistiche quali le pesti e leparapesti, il nosema e le virosi. L'eventualepastorizzazione del miele permette dieliminare gli agenti della peste europea ele virosi, ma non il Paenibacillus larvae,agente della peste americana.

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Il candito può essere preparatoanche con solo zucchero, miscelando acaldo 1 parte di acqua con circa 4-5parti di zucchero. Una volta che lasoluzione si raffredda, vengonoaggiunte altre 5-6 parti di zucchero avelo. La soluzione, sovrassatura, puòessere impastata a mano o utilizzandoun'impastatrice. A completo raffredda-mento, l'impasto deve avere unaconsistenza solida, quasi plastica, e nonpresentare essudazioni di acqua.

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11 Sul finire della stagione produttivagli alveari devono essere predisposti pertrascorrere al meglio la stagione fredda.La quantità di api presente in ogni alveareall'inizio dell'inverno deve essere tale dagarantire la formazione di glomeri di volu-me adeguato per proteggere al megliouna buona quantità di covata, conside-rando che i primi due cicli sono quelli de-putati alla sostituzione delle api svernanti.Pertanto è bene che gli alveari siano com-posti da non meno di 7 o 8 favi bencoperti di api.

Gli alveari deboli devono essere riunitifra loro, sopprimendo le regine che nonhanno mostrato caratteristiche interessan-ti. I favi di covata provenienti dalla colonianella quale è stata uccisa la reginadevono essere semplicemente inseriti inaltro alveare, suddividendoli ai lati dellacovata della famiglia ricevente. Occorrefare attenzione che in ogni colonia, fra lescorte alimentari, sia presente in quantitàabbondante anche il polline.

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44 Al momento dell'invernamento,che nelle regioni a clima mediterraneo siattua entro la prima decade di dicem-bre, occorre effettuare un trattamentocontro la varroatosi: in questa fase puòessere impiegato l'acido ossalico. Lostesso trattamento deve essere ripetuto25-30 giorni dopo. Questo primotrattamento è indispensabile per proteg-gere l'ultimo ciclo di covata che dàorigine alle operaie destinate atrascorrere il lungo periodo invernale.

33 Completata l'operazione di riunifica-zione, le colonie devono risultare ben popo-late, con tutti i favi coperti di api. Si tengapresente che il glomere (vedi glossario)deve poter contenere tutta la covata. Oltre aciò, è indispensabile che le api più esternesiano in grado di raggiungere i favi di scorta,non potendo, per nutrirsi,allontanarsi dalglomere stesso. Un alveare munito di favi discorta, ma posizionati troppo lontani dalleapi in glomere, è destinato comunque amorire di fame.

Sessanta giorni prima della previstaripresa del flusso di nettare, è opportunoprocedere ad una stimolazione dell’ ovide-posizione della regina, realizzando unanutrizione stimolante, con l'impiego disoluzioni zuccherine al 50%: un chilogram-mo di zucchero per litro di acqua. La soluzione deve essere somministratautilizzando preferibilmente nutritori a tazzada soffitta o nutritori esterni da applicareall'ingresso.

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l’invernamento e lo sviluppo invernale

Il controllo dell'alveare Con assoluta certezza è possibile affermare che le possibilità produttive di una colonia di apisono strettamente correlate alle capacità di governo dell'allevatore. Fra queste, primariaimportanza assume lo sviluppo dell'alveare nel periodo invernale, periodo che intercorre dalmomento dell'invernamento a quello della posa del primo melario. Spesso un errore, seppu-re banale, può compromettere in modo significativo il valore delle produzioni altrimenti otte-nibili.Le modalità di governo dell'apiario variano secondo la professionalità dell'apicultore. Ad esempio, il poter disporre di un seppur modesto allevamento di regine assume rilevanzanotevole sulle sue scelte. Infatti, l'allevatore che può contare sulla disponibilità precoce dicelle reali, non mostrerà alcuna esitazione nel riunire le sue colonie più deboli al momentodell'invernamento. Così facendo egli deve obbligatoriamente sopprimere alcune regine, che,ovviamente, devono essere rinnovate al termine della stagione fredda. Altrettanto non è possibile possa verificarsi qualora l'apicultore non possegga altrettanta pro-fessionalità: egli tende a mantenere costante il numero dei propri alveari, facendoli spessosvernare in condizioni di sviluppo non idonee e tali da ritardare la loro ripresa produttiva.

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Schede tecniche di apicultura Il controllo dell’alveare - l’invernamento e lo sviluppo invernale

In questa fase, la nutrizione nondeve essere abbondante. È sufficienteuna somministrazione media giornalieradi 0,1 litri, da protrarre per 10 giorni finoad un totale distribuito di un litro. Lasoluzione può essere somministrataogni due o tre giorni. Interessando tuttele famiglie, ha lo scopo di favorire laripresa contemporanea della covata inciascuna di esse. Inoltre fornisce utiliindicazioni sia sull’attitudine produttivadella colonia sia sulle sue condizionisanitarie.

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Le colonie che consumano lasoluzione rapidamente ed in modocompleto, senza alcuna moria nelnutritore, non debbono destare alcunapreoccupazione. Anzi, occorreconsiderare che la vitalitànell'assunzione della nutrizione èstrettamente correlata con l'attitudinegenetica all'attività di bottinamento.

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Lo stesso non si può affermareper quelle colonie che non manifestanogrande interesse per la nutrizione o le cuioperaie, peggio ancora, affogano nellasoluzione. Queste sono le colonie che,con maggiori probabilità non darannograndi soddisfazioni. È inoltre opportunoche l'apicultore proceda ad un lorocontrollo approfondito per verificarne lostato di salute. La moria per annegamen-to è, infatti, sintomo di api indebolite.

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Trascorsi circa trenta giornidall'ultimo trattamento per il controllodella varroatosi, occorre procedere adun monitoraggio della consistenza dellepopolazioni dell'acaro. La valutazionepuò essere fatta secondo le modalitàdescritte nella scheda specifica. È oppor-tuno che il monitoraggio venga realiz-zato tutti gli anni, secondo le medesimemodalità. Il dato ottenuto, (valutatocome media fra glialveari) rapportato aquello degli anni precedenti, fornisceuna preziosa 'indicazione sull'efficaciadel programma di lotta alla parassitosi.

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I primi due cicli di covata hanno loscopo di rinnovare la popolazionedell'alveare: le nuove api, nate nei primi 40giorni dalla ripresa della covata, devonoessere sufficienti a reintegrare la quota diapi svernanti oramai giunte al terminedella loro vita. In assenza di stati patologici,una contrazione della forza dell'alveare èdovuta ad una scarsa longevità delle apioperaie, scarsa longevità che, ovviamente,ha ripercussioni sulla sua capacitàproduttiva.

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Una maggiore longevità delle operaiea parità di numero di api nate, conferiscealla colonia una forza maggiore e, so-prattutto, una maggiore presenza di apibottinatrici. Infatti tale funzione vieneraggiunta dalle api al ventesimo giornodi vita. Qualora un'operaia viva 40 gior-ni, in alveare sono presenti una bottina-trice per ogni ape di casa; se, al contra-rio, essa vive per 60 giorni, la coloniapuò contare su due bottinatrici per cia-scuna ape di casa. Al controllo questecolonie si mostrano molto forti e con leapi pronte alla costruzione di nuovi favi.

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11 La famiglia, trascorsi i primi 40giorni dalla ripresa della covata, dovreb-be presentarsi in forte espansione.Sollevato il coprifavo le api devonoessere presenti su tutti gli spazi disponibi-li fra i favi. Considerato che il controllodeve essere effettuato in una giornatacalda, e quindi di volo intenso, la forzadell’alveare deve essere giudicatatenendo conto delle api intente al lavo-ro di bottinamento. La famiglia, inpratica, è più forte di quello che appare.

Qualora sia stata invernata con il nidoincompleto, l'aggiunta del primo fogliocereo non comporta problemi. L'apicultorepuò decidere se inserirne uno solo o duecontemporaneamente, in relazione algrado di sviluppo della colonia. In ognicaso, i fogli cerei devono essere posizionatiai lati della covata, fra questa ed il primofavo con scorte. Nel caso si aggiunganodue fogli cerei, essi devono essere posti unoper lato.

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44 Nelle situazioni di scarso flussodi nettare, infatti, le api ceraiole nonvengono a trovarsi nelle miglioricondizioni per produrre cera. Pertantoper la costruzione dei fogli cerei essefanno spesso ricorso a cera già deposta,di frequente la stessa che compone ilfoglio cereo. In questa situazione il foglioviene rosicchiato in prossimità del filo. Quando questo si verifica il favo deveessere eliminato al più presto.

33 Occorre verificare il regolare flusso dinettare ché in questo periodo potrebbenon essere sufficiente per garantire unabuona e corretta costruzione dei favi. Nelcaso il flusso di nettare non sia abbondanteo nel caso siano previste giornate pocoadatte all'attività di bottinamento, occorrefare ricorso ad una nutrizione di soccorso.

Solo in presenza di un intenso flussodi nettare o, in alternativa, di una riccanutrizione di soccorso, le api costruisconoin modo regolare i loro favi. Per questomotivo, nel momento dell'aggiunta deifogli cerei, occorre intervenire con lasomministrazione di adeguati quantitatividi soluzione zuccherina al 66%: 2chilogrammi di zucchero per litro di acqua.Questo nella considerazione che la ceraaltro non è che un metabolita dellazucchero.

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l’aggiunta dei fogli cerei

Il controllo dell'alveare Trascorsi 40 giorni dalla ripresa della covata, la colonia deve iniziare a svilupparsi in termini nume-rici. Infatti i primi due cicli di covata sono quelli che generano le operaie che vanno a sostituire leapi che trascorrono l'inverno. Se le api sono scarsamente longeve, durante il primo periodo invernale, nella colonia, muoionopiù api di quelle che sfarfallano: questa condizione porta ad una contrazione della popolazionetanto più grave quanto minore è la longevità delle operaie. Queste colonie devono essere obbli-gatoriamente escluse da un eventuale piano di selezione, qualora la scarsa longevità non sia deter-minata da condizioni ambientali, ma sia correlata al patrimonio genetico. Nel caso vi sia una equi-valenza fra api svernanti morte e nuove nascite, dopo questo lasso di tempo la colonia presenta lostesso grado di sviluppo che aveva al momento dell'invernamento. Più rara è la situazione in cuiuna colonia mostra un incremento dei suoi componenti sin nei primi 40 giorni dalla ripresa dellacovata.Nel momento in cui la colonia entra in questa fase, l'apicultore deve porre particolare attenzionenell'assecondarne al meglio lo sviluppo. Ogni suo errore, infatti, rischia di avere gravi ripercussionisotto il profilo produttivo.

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Azione di comunicazione

Schede tecniche di apicultura Il controllo dell’alveare - l’aggiunta dei fogli cerei

Se la colonia è stata invernata su 10 faviil posizionamento dei fogli cerei puòcomportare qualche problema, in particolarequando la colonia si presenta assai popolata. In questa situazione l'aggiunta dei fogli cerei sipuò realizzare solamente a condizione che dalnido vengano asportati un numerocorrispondente di favi.

66

Si procede estraendo uno dei favi laterali, quello che appare meno popolato o piùsemplice da estrarre. Per facilitare questa opera-zione e per evitare di uccidere molte api persfregamento, può essere necessario accostare ilpenultimo favo (quello in posizione 9) a quello inposizione 8, posizionandolo anche appena so-pra l'orecchietta del distanziatore. Possono essereestratti uno o due favi, in funzione dello sviluppodella popolazione o dell'entità delle scorte.

77

I favi asportati possono trovare spazioin un doppio melario (vedi glossario)posizionato o sullo stesso alveare o su unauna delle famiglie più forti. In esso vengonoraggruppati favi provenienti da più alveari.Prima di essere trasferiti in questo corpo i favidevono essere scrollati leggermente affinchési sollevino in volo le bottinatrici e rimanganoaggrappate le sole le api di casa.

88

Ricavato lo spazio necessario,al pari di quanto detto in precedenza, siinseriscono uno o due fogli cerei ai lati dellacovata. Occorre infatti considerare che, qua-lora il foglio cereo non venga immediata-mente costruito, esso viene difficilmentesaltato dall'ape regina durante i suoi sposta-menti da un favo all'atro; in tal caso, questarischia di restare relegata nella porzione dinido delimitata dal foglio cereo.

99

Un favo ben costruito deve essereprontamente interessato dalla ovideposizionedella regina. Infatti sono le esuvie larvali che,abbandonate nelle cellette dalle api sfarfallate,garantiscono il rafforzamento del favo. Solo inquesta condizione il favo da nido è in gradodi assolvere al meglio alle sue funzioni, poten-do accogliere sia la covata che le scorte,senza rischio di cedimenti anche alle elevatetemperature tipiche della stagione estiva.

1111

Non appena il foglio cereo vienecostruito dalle api, occorre spostarlocentralmente, ove l'eventuale formazionedel glomere presenta la massima sezione.Possibilmente questo nuovo favo dovrebbeessere collocato al lato del favo ove si trovala regina. Potendo così disporre di un favonuovo, ottimo per accogliere covata, essa sisposta quanto prima per deporvi.

Questi sono favi che, purtroppo,devono essere allontanati quanto prima.Infatti, la mancanza dell’azione di rinforzogarantito dalle esuvie pupali lasciate dalla co-vata porta alla deformazione delle celle o,peggio, al crollo dell’intera costruzione sottoil peso delle scorte di miele e polline non ap-pena si registra un incremento delle tempe-rature.

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Qualora il favo venga dimenticatoai lati della covata, esso, nella pluralità deicasi, viene sfruttato solo in piccola parte perla ovideposizione. Molto più frequentementele api lo impiegano per il deposito dellescorte alimentari, miele e polline,sottraendolo alla sua destinazione principale:l'accoglimento della covata.

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Ministero delle Politiche Agricole,Alimentari e Forestali

ComunitàEuropeaSchede tecniche di apicultura

Le colonie di api, durante i mesi invernali, si sviluppano naturalmente in modo non omoge-neo, raggiungendo l'epoca della messa dei melari in tempi differenti. Per di più possono, inparticolari periodi della loro vita, mostrare stati di indebolimento determinati da motivazionievidenti o, come spesso capita, non giustificati da eventi esterni. Per contro, per l'apicultore èimportante avere apiari con colonie dallo sviluppo il più omogeneo possibile. Durante i mesiinvernali, una contrazione eccessiva della colonia (in misura maggiore di un favo coperto diapi) registrato in assenza di stati patologici, è sintomatico di una scarsa longevità delle apioperaie. In pratica, le api svernanti muoiono ancor prima di essere sostituite dalle nuovenascite, portando ad uno spopolamento evidente dell'alveare. È questa una caratteristicagenetica e, in quanto tale, modificabile solo attraverso un'azione costante di selezione.È importante per l’apicultore comprendere le cause che hanno determinato l’indebolimentodella colonia. Se queste derivano da stati patologici irrisolti, è determinante, prima di com-piere qualunque operazione, curare la colonia oppure in ultima analisi valutarne l’eventuali-tà della sua soppressione. Eventualmente una volta risolto il problema, è possibile riunire lacolonia con un’altra.Le tecniche impiegate in apicultura per livellare la forza delle famiglie sono svariate. Non tutte, però, si mostrano idonee rispetto all'obiettivo; diversi autori descrivono una seriedi operazioni che, se effettuate in periodi non consoni, possono addirittura dimostrarsi con-troproducenti.Per ottenere colonie più omogenee possibile, si può fare ricorso ad interventi che prevedo-no la riduzione del numero di alveari allevati o il trasferimento di api (con diverso stadio di svi-luppo) da alveari forti ad alveari deboli.Gli interventi del primo tipo si esplicano nella riunificazione di due o più alveari deboli o diuna colonia debole con una orfana. Nel secondo caso è possibile trasferire:•favi di scorte;•favi e api;•api adulte di casa (e pertanto incapaci al volo);•api bottinatrici.Il trasferimento dei favi come delle api adulte può avvenire senza l'impiego di farina o altresostanze. Eventualmente, può essere d'aiuto un po' di fumo.

il trasferimento di favi e di api adulte

33 Per il rafforzamento di coloniedeboli si sconsiglia di trasferire favi concovata aperta. Infatti le colonie debolinon sono in grado di accudire covata diquesto tipo che deve essere nutrita eprotetta. La covata giovane, inserita infamiglie deboli, è esposta agli eventualicali di temperatura che portano a for-mazioni di glomeri tanto più compattiquanto minori sono le temperatureesterne. In tali condizioni la covata ester-na al glomere va incontro a morte certa.

22 La carenza di pollinepuò essere ovviata spostando favi dauna colonia ad un' altra. Prima del tra-sferimento, occorre scrollare legger-mente il favo affinché le api bottinatricilo abbandonino. Infatti, una o due scrol-late, fanno sì che le api di volo si allonta-nino, lasciando sul favo le sole api di ca-sa, incapaci di prendere il volo. Questeapi, molto giovani e meno aggressive,consentono un ulteriore rafforzamentodella colonia ove il favo verrà inserito.

Il trasferimento di covata aperta, composta da larve di età inferiore ai tregiorni, si rende necessario ove colonieforti si ritrovino orfane e non siano ingrado di allevare celle reali. In talicircostanze è possibile (anche se spessonon conveniente) inserire un favo dicovata aperta affinché sia possibile alle-vare la nuova regina. Quando vieneinserito, il favo può essere privato o nodelle api di copertura, le quali sono ov-viamente, per la quasi totalità api nutrici.

44

Il rinforzo dell’alveare

11 Spesso, durante l'inverno, è possibileriscontrare una carenza di scorte di polline, alimento essenziale per le apiadulte e la covata. Rappresentando lafrazione proteica dell'alimentazione,esso viene consumato tal quale dalleapi adulte o dalle larve di età superio-re ai tre giorni. Il polline fornisce inoltrele proteine necessarie affinchè le apinutrici possano produrre la pappareale, unico alimento per le larve finoal terzo giorno di età e per la regina.

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Azione di comunicazione

Schede tecniche di apicultura Il rinforzo dell’alveare - il trasferimento di favi e di api adulte

Per rinforzare famiglie deboli è preferibile utilizzare favi con solacovata nascente. Questa covata sfarfallain uno o due giorni e pertanto i rischi diuna sua mortalità sono inferiori, anchese non nulli. Prima di fare questa opera-zione è opportuno sincerarsi sulle tem-perature minime, sopratutto notturne epreviste per i giorni successivi all'opera-zione. Qualora si prevedano tempera-ture inferiori ai 10°C, che comportanoreali rischi di formazioni di glomere, èpreferibile rimandare l'intervento.

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Per rinforzare le colonie deboli, è certamente da preferire l'impiego del-le api adulte, le uniche capaci di fronteg-giare improvvisi ritorni di freddo. In più,con un numero maggiore di adulti, èpossibile, per la colonia, formare glo-meri con diametri maggiori e, quindi,proteggere una maggiore superficie dicovata. Affinchè l'intervento abbia suc-cesso, non è possibile trasferire api botti-natrici, presenti principalmente sui favi dimiele o di covata opercolata, poichéqueste farebbero ritorno alla famiglia diorigine non appena fuori dall'alveare.

66

Le uniche api che è possibile utilizzaresono quelle di casa le quali, non ancorain grado di volare, non hanno alcunapossibilità di ritornare all'alveare diprovenienza. Occorre pertanto trasferireo api nutrici (produttrici di gelatina reale,con età dai 3 ai 10 giorni) o api ceraiole(produttrici di cera, con età dai 10 ai 18giorni). È possibile trovare le api nutricisui favi con covata aperta e larvette dietà inferiore ai tre giorni mentre le apiceraiole vanno a colonizzare i fogli cereiappena inseriti.

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Il trasferimento delle api nutrici si realizza prelevando un favo con cova-ta aperta. Dopo una leggera scrollaturache induce il volo delle bottinatrici, leapi di copertura (tutte api di casa) pos-sono essere trasferite all’interno dell’al-veare debole, scuotendo o spazzolandoil favo. Queste api giovani restano nellacolonia ricevente, fino a diventare botti-natrici. Nel caso, in apiario, si siano giàinseriti i fogli cerei, il trasferimento delleceraiole si realizza prelevando questitelaini dalle colonie donatrici e scrollan-doli più facilmente nell'alveare ricevente.

88

È possibile rinforzare una colonia debole attraverso il trasferimento delle bot-tinatrici provenienti da un alveare forte.Questo intervento si realizza invertendo laposizione fra l'alveare donatore e quelloricevente. Questa operazione, inducendole bottinatrici a scambiarsi fra i due alvearidetermina lo spopolamrento dell'alvearedonatore ed il rafforzamento di quellodebole. È però questo un intervento assairischioso poiché lo spopolamentodell'alveare donatore non può esseregraduato e, qualora eccessivo, può avereconseguenze difficilmente prevedibili.

99

Se si dispone di più postazioni,il rinforzo di un alveare debole può av-venire attraverso il trasferimento di favicon covata opercolata (meglio se pros-sima allo sfarfallamento) con abbondantiapi di copertura. Questo materiale puòcomodamente essere raccolto in un'ar-nietta prendisciame ed essere trasferitoin postazioni lontane non meno di 4-5chilometri. In questo modo anche lebottinatrici non sono più in grado di fareritorno al ceppo di partenza, finendo perrimanere nella colonia ricevente.

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ComunitàEuropeaSchede tecniche di apicultura

La sovrapposizione dei melari assume, nell'apicultura razionale, una valenza determinante.Molte indicazioni riportate nella manualistica apistica non trovano adeguate risposte nellapratica, dimostrandosi, il più delle volte non appropriate alle finalità imposte dall'apiculturaprofessionistica: buone produzioni con impieghi limitati di ore lavoro.La maggior parte degli autori di manuali di apicultura consigliano l'inserimento dei melari nelmomento in cui tutto lo spazio nel nido è stato occupato e le api iniziano ad allungare lecelle dei favi da nido. Ebbene, se così si operasse, soprattutto in ambito mediterraneo, l'ag-giunta dei melari avverrebbe quando le colonie si sono già predisposte alla sciamatura.Prima di affrontare i casi particolari, occorre fare una breve premessa. Il miele, nel momentoin cui viene deposto nella celletta di un favo, registra un livello di umidità pari al 35-50%.Pertanto, affinché le api possano produrre un chilogrammo di miele maturo (che, con umi-dità non superiore al 18%, occupa un volume di circa 0,7 litri) devono poter contare su unvolume di immagazzinamento che varia, rispettivamente da 0,86 (con umidità del 35%) a1,15 litri (con umidità del 50%). Ciò significa che le api, per la produzione di miele, debbonopoter disporre di un volume maggiore di circa 1,2-1,6 volte il volume che occupa il mielematuro.Qualora il melario venga sovrapposto ad un nido completo nel quale le api già allungano lecellette dei favi, è certo che circa un 1/3 dello spazio, naturalmente a disposizione della cova-ta è invece occupato dal miele. Se a questo si somma il volume del polline, anch'esso imma-gazzinato nei favi del nido, si comprende facilmente come sia possibile che la famiglia si stiagià predisponendo alla sciamatura, avendo, la regina, appena la metà del nido come spazioa disposizione per la covata.Un discorso analogo occorre fare relativamente al momento in cui debba essere inserito unmelario aggiuntivo. È opinione diffusa fra gli apicultori che gli altri melari possano essereinseriti non prima che il precedente venga opercolato. Per quanto detto in precedenza,appare del tutto ovvio come le api si trovino nella condizione di utilizzare i favi del nido perimmagazzinare miele immaturo in attesa che raggiunga valori in acqua inferiori al 18%.Tutto questo porta, come già detto, a compromettere la capacità di ovideposizione dellaregina, con il conseguente rallentamento dell'espansione della colonia se non con la deci-sione della stessa di sciamare per recuperare spazio vitale. Da qui è facile comprendere come la corretta aggiunta dei melari sia pratica essenziale perottenere produzioni abbondanti.

33 Disponendo di favi da melariocostruiti, l’allevatore deve disporre imelari inserendo i telai con i fogli cereiin posizione centrale e i telai con i favicostruiti in posizione laterale. In questomodo si dà immediato spazio alle apiper la deposizione del miele immaturomentre le ceraiole possono iniziare lacostruzione dei fogli centrali. La succes-sione consigliata è:2-3 favi costruiti in unlato; 3-5 fogli cerei centrali; 2-3 favicostruiti nel lato opposto.

22 Nel momento in cui il nido si trovacomposto da almeno 7-8 favi di covata,inserendo l'ultimo foglio cereo è neces-sario sovrapporre contemporaneamen-te il melario. Se l'apicultore non disponedi favi, il melario può essere compostoda soli fogli cerei. In questo caso le apiiniziano la costruzione a partire dai telaicentrali, per passare solo in seguito aquelli laterali. Pertanto, qualche giornodopo l’inserimento è necessariospostare centralmente i telai periferici.

La disposizione indicata in precedenza porta con sé duevantaggi. Non si rende necessario lospostamento dei favi dal centro ai latipoiché tutti i favi arrivano a conteneremiele maturo nello stesso momento edè possibile evitare di interporre la lastraescludiregina (vedi glossario) fra il nidoed i melari, vero ostacolo per la prontacolonizzazione del melario.

44

L’aggiunta dei melari

11 In una forte colonia svernante, si rende necessario, con largo anticipo,fare spazio alla covata, allontanando ifavi da nido carichi di miele. Questipossono essere sistemati in un doppiomelario (vedi glossario) posizionato sualcuni alveari scelti tra i più popolosi. Al posto dei favi a miele, nei nidi siineriscono fogli cerei. Questi, posti ailati della covata, vanno spostati piùcentralmente una volta che le api neabbiano ultimata la costruzione.

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Azione di comunicazione

Schede tecniche di apicultura L’aggiunta dei melari

Riempito il primo melario per il 50 -70%, occorre aggiungerne unsecondo. Questo, deve essere inseritopreferibilmente fra il nido ed il primomelario e, per le ragioni già ricordate,deve essere predisposto con telai nellasuccessione indicata per il primo melario.

55

Il secondo melario potrebbe essereinserito anche superiormente, ma questaposizione, in una situazione di intensaattività di importazione, potrebberendere difficoltosa l'attività delle api,costrette ad attraversare un melarioormai pieno e opercolato, prima diaccedere alla "zona di lavoro". L'unicovantaggio in questa situazione è la quasicertezza che nel secondo melario laregina non andrà a deporre uova.

66

Se l'apicultore opera in modo corretto, la deposizione di uo-va nei favi del melario è un evento assairaro. Al fine di evitare che la regina de-ponga nel melario, dal nido si devonoprelevare tutti i favi che, per motivi diver-si, non sono idonei ad ospitare covatafemminile: i favi deformati e quelli conmiele. In particolare i favi appena co-struiti che interessati dalla deposizionedi miele, sono a grave rischio di crollo. Ilnido dovrebbe preferibilmentecontenere un solo favo con polline.

77

Quando il flusso di nettare si sta esaurendo, alla sommità dell'arniasi può ancora inserire un melariocostruito. In questo modo l'apicultore hal'immediata percezione dell'andamentodel flusso di nettare senza dover spos-tare l'intera pila dei melari. Se l'ultimomelario resta vuoto, significa che il flussovolge al termine. In caso contrario,questo melario può essere trasferitoappena sopra il nido. Seguendo la stessalogica, l'allevatore può valutare lapossibilità di inserire un ulteriore melarioalla sommità dell'arnia.

88

Man mano che i favi dei melari vengono opercolati, questi possono essereprelevati utilizzando diversi sistemi, a partiredall'impiego di una semplice spazzola, perarrivare all’ uso dei più costosi soffiatori.L'utilizzo dell'affumicatore è certamente dalimitare poichè il miele potrebbe assumereil difetto di sapore di fumo. Se l'apiarioviene visitato spesso, è consigliabileprelevare i melari per gruppi mediantel'impiego degli apiscampo (vedi glossario).

99

Nel caso di sciami naturali, di nuclei o pacchi d'api, il melario deveessere posizionato anche prima che ilnido sia stato completato. Ciò evita chele api utilizzino i favi del nido per riporvile provviste in eccesso. Per questomotivo, in queste situazioni, è preferibileimpiegare melari con favi già costruiti.Contemporaneamente occorreproseguire nel completare il nido conl’aggiunta graduale di fogli cerei.

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ComunitàEuropeaSchede tecniche di apicoltura

Il fenomeno della sciamatura deve essere contrastato dall'apicultore, sebbene tutte le tecni-che di cui egli può disporre non possono essere considerate certamente risolutive. È quindiimportante conoscere a fondo tutti gli aspetti, spesso interdipendenti fra loro, che predi-spongono la colonia alla sciamatura affinché questo fenomeno possa essere ostacolato il piùefficacemente possibile. La cognizione certa, da parte dell'allevatore, delle cause che porta-no le colonie alla sciamatura, permette, se non di eliminare del tutto il fenomeno, di limitar-lo a pochi alveari o a far si che questo avvenga in un periodo più favorevole, durante la sta-gione produttiva. Infatti, per poter contrastare la sciamatura attraverso la tecnica della sosti-tuzione della regina con una dell’anno, occorre che la colonia manifesti la propria volontà disciamare non prima del mese di aprile. Generalmente è questo il periodo nel quale, si puòdisporre di nuove regine giovani e feconde. Fra gli elementi che inducono la colonia alla sciamatura si citano i più significativi.

La sciamaturale cause predisponenti

44 L'elevato flusso di nettare, o più in generale l'abbondanza di risorse alimentari, stimola la colonia allasciamatura. Un’abbondante fioriturafunge infatti sia da fattore primario cheda fattore complementare, in quantopredispone la famiglia ad altre situazionidi disagio: (riduzione degli spazi adisposizione, maggiore congestione,incremento della covata, ecc.).

33 La carenza di spazio, è un motivo di forte congestionamentoper l'intero alveare. Pertanto, se l'apicultore non provvedeper tempo (allargando il nido osottraendo favi o aggiungendo melari),le api tendono a ripristinare le propriemigliori condizioni di vita attraverso lacostituzione di nuove colonie attraversola sciamatura.

Un'elevata capacità di ovideposizionedella regina necessita di uno spazio su-periore a quello ordinariamente presen-te nel nido. Occorre sempre garantire lapresenza di favi vuoti a disposizione perla regina, asportando dall’alveare favi dicovata che possono essere trasferiti indoppi melari o impiegati per la costitu-zione di nuove colonie. La presenza dicovata opercolata superiore al 55-60%,è indice di scarso spazio per la deposizio-ne di uova e quindi di difficoltà per laregina.

55

11 L'età della regina è un elementofondamentale poiché la quantità di feromone reale (la cui funzione è quelladi mantenere unita la colonia) che essaè in grado di secernere, è strettamentelegata alla sua età: invecchiando anchedi pochi mesi la quantità di feromoneprodotto si riduce in modo assaisignificativo. Per tale motivo èimportante essere certi dell'età di ognisingola ape regina presente in apiario.

Se da un lato è stato osservatoche la regina depone preferibilmentenei favi vecchi, dall'altro questi, con illoro carico di esuvie larvali lasciate nellecellette dalle api operaie ad ogni ciclopreimaginale, sono poco idonei adaccogliere ancora covata. Per questomotivo molte cellette restanoinutilizzate. Inoltre, i favi vecchirappresentano un fertile terreno per losviluppo di agenti patogeni, per cuioccorre sostituirli periodicamente.

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Schede tecniche di apicultura La sciamatura - le cause predisponenti

Occorre limitare anche la covata a fuco,sostituendo tutti i favi che possonoaccoglierla, soprattutto quelli deformati.Infatti, raramente, le colonie sipredispongono alla sciamatura senzaprima aver allevato un buon numero dimaschi. Con la loro presenza, essielevano notevolmente il livello dicongestionamento dell'alveare, mentre,con il loro appetito, limitano la quantitàdi feromone reale a disposizione per leapi operaie (vedi glossario: Fuco).

66

La scarsa circolazione d'aria vienepercepita dalla colonia attraversol'incremento della temperatura interna,unitamente all'accrescimento del livellodi anidride carbonica. Basilareimportanza, in questa situazione,assume l'impiego delle arnie con ilfondo in rete private del vassoiocontavarroe) e l'aggiunta tempestiva deimelari.

77

I favi da nido molto spesso e particolarmente nelleregioni a clima temperato, alla ripresadella covata, si presentano occupati damiele e polline, accumulati dalle api inautunno e non consumati durante lastagione fredda. Questi favi non devonoessere lasciati nei nidi poichésottrarrebbero spazio alla covata, madevono essere allontanati e sostituiti confavi vuoti o, meglio, fogli cerei.

88

La componente geneticaè un fattore fondamentale, determinan-do la predisposizione della famiglia allasciamatura. Può verificarsi, infatti, il caso estremo di colonie che sipredispongono per la sciamatura molto presto, quando il nido è ancoraincompleto. In questi alveari, ègeneralmente possibile rinvenire unnumero elevato di celle reali, spessodisposte sulle facce dei favi ed anche suitelaini da melario.

99

Per l'apicultore è certamente importante saper ricono-scere quando le operaie costruisconocelle reali perché si predispongono allasciamatura o per fare fronte ad unaimprovvisa morte della loro regina. Lecelle di sciamatura vengono costruite,nella quasi totalità generalità dei casi,nella periferia dei favi. Queste, inoltre,vengono occupate da un uovo.

1010

Qualora le api si trovino costrettea fare fronte ad un caso di orfanità, lecellette reali vengono, al contrario;edificate attorno alle larvette designatedalle stesse api operaie a diventare apiregine. Per ciò le poche celle prodotte sitrovano esclusivamente sulla faccia deifavi e contengono covata allo stadio dilarva di età inferiore ai 3 giorni e non èpossibile individuare cellette reali conuova, né tanto meno favi con covataallo stadio di uovo.

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ComunitàEuropeaSchede tecniche di apicoltura

Esaminati gli elementi che portano la colonia a sciamare, differenti sono le azioni susseguenti che l'apicul-tore deve porre in essere al fine di prevenirla o, per lo meno, affinché essa avvenga il più tardi possibile.

La sciamatura

22 Nei nidi non devono essere presenti,comunque, favi colmi di riserve alimen-tari (polline o miele) poiché sottraggonospazio prezioso per la ovideposizionedella regina. Al pari dei favi vecchi o de-formati, da eliminare, questi telai devonoessere allontanati: possono trovareimpiego nella formazione di sciamiartificiali o smelati e, quindi, riutilizzati.Anch’essi, provvisoriamente possonoessere trasferiti in un doppio melario.

11 Negli ambienti a clima mite,l'allontanamento dei favi vecchi odeformati (vedi glossario) pone alcuniproblemi, considerato che il consumoinvernale di miele è assai scarso. Occorre allontanarli comunque dalnido: o smelandoli o inserendoliprovvisoriamente in doppi melari (vediglossario) in attesa di una loro smelaturacollettiva.

Può rendersi necessario asportareanche favi di covata, preferibilmenteopercolata e prossima allo sfarfallamento.Anche in questo caso, questi favi possonoessere utilizzati o nella formazione dinuclei o inseriti nei doppi melari richiamatiin precedenza. Una volta sfarfallata lacovata, questi favi potranno essereriposizionati nei nidi (della stessa o di altrefamiglie) o lasciati nei doppi melari eimpiegati per la raccolta di miele.

33

55 L'impiego delle trappole per polline è indispensabile per contrastarne, l'eleva-ta importazione. Nelle regioni a climatemperato, questo tipo di produzionerisulta pertanto obbligata e dettatasoprattutto da esigenze di tecnicaapistica. Ove non si optasse perl'introduzione delle trappole, i favioccupati dal polline devono esserecomunque allontanati.

44 La tempestiva introduzione di uno o più fogli cerei assume assolutarilevanza. In questo modo le api ceraiole,assai numerose alla ripresa della covata,possono svolgere la loro funzione.Poichè per produrre la cera, le api altronon fanno che trasformare lo zucchero,la costruzione di fogli cerei provvede atamponare un'elevata importazione dinettare nell’.alveare. I fogli cerei devonoessere inseriti a completamento del nidoo in sostituzione dei favi allontanati.

La scarsità di spazio per il raccolto,predispone la famiglia alla sciamatura. Infat-ti, il nettare portato dalle api bottinatrici,contiene dal 20 al 40% circa di sostanzasecca. In alveare le api di casa, non appenaassunto il nettare, al fine di provvedere allasua ulteriore disidratazione, lo rigurgitanodalla loro borsa melaria, facendolo scorrerepiù volte lungo la ligula estroflessa comefosse un canale. Tale operazione, della du-rata di 15 -20 minuti, si svolge in modo con-tinuo e assai rapido.

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la prevenzione

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Schede tecniche di apicultura La sciamatura - la prevenzione

Il miele viene deposto nei favi quando la percentuale di sostanza secca rag-giunge il 50-60% circa. Nelle celle subisce unaulteriore concentrazione. Affinché maturi oc-corrono da 1 a 3-4 giorni, mentre il volume delmiele decade dal 50 al 70% circa. Quindi, perogni litro di miele prodotto, le api debbonodisporre di un volume quasi doppio e pertantoil secondo melario deve essere posato nonappena il primo è stato riempito per metà.

77

È buona norma che i primi melaricontengano una quota parte di favi ed una di fogli cerei. Questi ultimi (da 3 a 5)debbono essere posizionati al centro delmelario, mentre i favi dovranno essereposizionati ai lati. In questo modo si dà spazio per la deposizione del miele, mentre le ceraiole presenti potranno dedicarsi alcompletamento dei fogli cerei.

88

La presenza di soli fogli cerei, inseriti al centro dei melari, ha anchel'indiscutibile vantaggio di ostacolarel'ovideposizione da parte dell'ape regina neifavi del melario. Questo rende praticamenteinutile l'impiego dell'escludiregina, dispositivoche, ostacolando il passaggio anche per leoperaie, rappresenta esso stesso un elementopredisponente alla sciamatura.

99

L'eccessivo ricorso alla nutrizionestimolante, soprattutto se protratta neltempo, porta ad un congestionamento dellafamiglia. È buona norma interromperlaalmeno 20 giorni prima dell'inizio delraccolto. Si tenga comunque presente che,nei climi temperati (ove il consumo invernaledelle riserve è minimo), quasi mai tale praticaassume importanza determinante.

1010

Quando la colonia è al massimo dellosviluppo ed il flusso di nettare raggiungelivelli elevati, è buona norma asportare laporticina metallica che limita l'ingressodell'alveare, anche se spesso questoaccorgimento non è sufficiente a garantireuna buona ventilazione interna. In questa situazione sarebbe preferibileutilizzare arnie con i fondi di rete metallica.

1111

È possibile limitare il congestionamentodella colonia anche attraverso larealizzazione di aperture supplementari.Molti apicultori praticano delle aperture neimelari con il duplice scopo di aumentare lacircolazione dell'aria in questi spazi e di far siche il traffico pertinente la produzione dimiele si svolga lontano dai nidi e quindi dallacovata.

1212

Le tecniche di conduzione in apiculturaintensiva, prevedono la sostituzione artificialedelle regina (vedi glossario), preferibilmenteogni anno. Questa pratica è l'accorgimentomigliore al fine di prevenire la sciamatura.Infatti solo un'ape regina molto giovane è ingrado di garantire una produzione diferomone reale adeguata a raggiungereanche la periferia della colonia.

1313

È indispensabile selezionare api reginein grado di elaborare quantità di feromonereale tali da impedire l'avvio della fase disciamatura anche in presenza di un grannumero di api operaie. La selezione va fattasecondo schemi di tipo massale o, meglio,seguendo modelli più vicini al test diprogenie.

1414

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ComunitàEuropeaSchede tecniche di apicoltura

Quando non si può più contrastare la sciamatura, si ricorre o al taglio delle celle reali o allo smem-bramento della famiglia. La divisione della colonia è finalizzata alla formazione di due o più sciami.

La sciamaturala divisione

22 L'alveare prossimo alla sciamaturasi presenta spesso con un gran numero di api bottinatrici che stazionano pressol'uscita dell'arnia. Dagli apicultori questaparticolare situazione viene definita conil termine gergale "fanno la barba".Questo fenomeno, anche se in modopiù contenuto, si manifesta anche neiperiodi più caldi, al calare dei flussi dinettare.

11 La presenza di numerose celle reali,costruite sia sui favi del nido sia, spesso,del melario, (cellette sia ancora allostadio di "cupolino" occupato o da unuovo o da abbondante pappa reale eda una larvetta o giunte allo stadio di"cella opercolata"), denota la manifestavolontà della famiglia di sciamare. L’evo-luzione della cella reale da cupolino acella matura, testimonia l’approssimarsidel momento della sciamatura.

Quando si controlla un alvearein procinto di sciamare, è utile poterraccogliere informazioni circa lapresenza della vecchia regina o digiovani regine vergini. Ovviamente, ovesi individuassero queste ultime e nonfosse possibile trovare la vecchia regina,la conclusione che si può trarre e che lasciamatura sia già avvenuta.

33

55 Al contrario, qualora le api operaiedecidano di eliminare le future regine an-cora allo stadio preimaginale, lo fanno ro-sicchiando lateralmente le cellette per po-ter sopprimere le pupe di regina con unapuntura del loro pungiglione. Per questomotivo la presenza di celle reali integreverso la base, ma aperte lateralmente,significa che le operaie hanno eliminato ilsurplus di celle reali e che la sciamatura èin fase avanzata, essendo già sfarfallate leprime regine.

44 L'ape regina, quando sfarfalla, apre la propria celletta tagliandone laparte inferiore, quasi utilizzasse unapriscatole. Per questo motivo la cellettaappare come recisa di netto e, spesso,con l’estremità inferiore ancoraattaccata attraverso un piccolopeduncolo.

Ove le cellette mostrino entrambi i segni (apertura inferioreregolare e parziale demolizione di unlato), la conclusione che deve trarnel'apicultore è quella di una regolarenascita della regina e dell'inizio dellosmantellamento della cella da partedelle api operaie. Anche in questo casola sciamatura è giunta ad uno stadiomolto avanzato.

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Azione di comunicazione

Schede tecniche di apicultura La sciamatura - la divisione

Scartata l'ipotesi di contrastare lasciamatura attraverso la pratica del taglio dellecelle reali (vedi glossario), l'unica possibilitàche resta all'apicultore, al fine di evitare ulte-riori problemi (un incremento del lavoro perla cattura dello sciame nonché la sistemazio-ne dell'alveare dal quale è fuoriuscito questoultimo), è di effettuare una sciamatura artificia-le, assecondando la famiglia rispetto a comequesta si sarebbe comportata naturalmente.

77

Per prima cosa occorre spostare, di circa 1-1,5 metri (in avanti o indietro),l'alveare in procinto di sciamare (indicato conla lettera A), in modo tale che le api operaiesiano sufficientemente disorientate, avendoperduto il riferimento circa la posizione, mamantenendo quello relativo al coloredell'arnia e, come vedremo di seguito, quellorelativo alla presenza della vecchia regina.

88

Nella postazione precedentementeoccupata dall'alveare A, devono essere posi-zionate due o tre arnie, in rapporto al numerodi colonie che si intende ottenere. In relazionea questo numero si selezionano i colori dellearnie da posizionare. Ove si intendano forma-re tre sciami, oltre il ceppo di partenza A, èpreferibile usare due arnie del colore dell'al-veare A (arnie B1 e B2), ed una di altro colore(C).

99

Nell'alveare A viene lasciatala vecchia regina (eventualmente sul propriofavo di covata) ed il nido viene completatocon fogli cerei o, se disponibili, con favi idoneiad accogliere covata. Una buona parte dellebottinatrici farà ritorno presso quest'alveare,richiamata sia dal colore dell'arnia, sia dallapresenza della loro regina. In pratica questafamiglia viene costituita come fosse lo sciameprimario.

1010

Nelle arnie B1 e B2 si inseriscono alcuni favi di covata mista, unitamente ad unfavo di scorte. Ad essi si aggiungono alcunifogli cerei. Possibilmente verranno spazzolateanche alcune api di casa provenienti da altrecolonie. In questi due alveari farà ritorno unaquota parte di bottinatrici, attirata dal coloredell'arnia, il medesimo del ceppo originario.

1111

Nell'arnia C, vengono inseriti favi di covata (opercolata e non), unitamentea telaini con scorte. Anche questo sciamepuò essere rinforzato con api di casa o confavi di covata sfarfallante provenienti da altrecolonie, in considerazione del fatto che, dinorma, è l'alveare che tende a spopolarsimaggiormente. In questo alveare farannoritorno le bottinatrici che usano orientarsicon riferimento alla posizione.

1212

Volendo, oltre alla produzionedello sciame primario (arnia A contenente lafamiglia con la regina originaria) è possibiledare origine a due soli sciami artificiali. Inquesto caso gli alveari (indicati con C1 e C2)devono essere di colore differente (mante-nendo il riferimento della posizione) edevono essere collocati più ravvicinati.

1313

Agli alveari prodotti (B1,B2 e C), occorre inserire una cella reale prossima allosfarfallamento, possibilmente da cepposelezionato. È infatti preferibile non impiegarele celle di sciamatura presenti sui favi (celleche invece andranno eliminate), poiché leapi regine che nascerebbero, sarebberoprobabili portatrici del carattere genetico di"famiglia con propensione alla sciamatura".

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Quando una colonia si predispone per la sciamatura, i sintomi sono assolutamente chiari ed ine-quivocabili. Oltre alla sempre più "massiccia" presenza di celle reali (prima semplici abbozzi, poicupolini e celle opercolate) congiuntamente ad una minore presenza di covata aperta, un occhioesperto ed esercitato può facilmente rilevare un "dimagrimento" assai significativo dell'ape regina.Questo evento è dovuto al fatto che, avvicinandosi il momento nel quale lo sciame dovrà abban-donare l'alveare di origine, le api operaie nutrici limitano l'alimentazione della loro regina, la qualereagisce riducendo in modo significativo, se non interrompendo totalmente, la propria capacità diovideposizione.Anche le api operaie, avvertendo l'approssimarsi del momento della sciamatura, rallentano o inter-rompono del tutto la loro attività di bottinamento, assiepandosi sempre più numerose sul predelli-no dell'arnia per dare origine a quella che viene comunemente definita barba.La perdita di uno sciame rappresenta, in modo particolare per i piccoli produttori, un grave danno.Per questo motivo, qualora le api vadano a raggrupparsi in posti difficilmente accessibili, per la lorocattura vengono escogitate le tecniche più svariate (vedi glossario). Occorre ricordare che nell’api-coltura professionale, si tenta di limitare la sciamatura in modi diversi, soprattutto attraverso la pro-duzione di nuclei e di pacchi di api.

La sciamatura

11 Giunto il momento, generalmente durante le ore centralidella giornata, lo sciame abbandona lafamiglia d'origine e si leva in volo. Lapartenza in massa delle api è precedutada un ronzio caratteristico, ronzio che leapi, quasi fosse un segnale dicomunicazione interno, continuano aprodurre anche durante il volo.

Qualora si tratti di uno sciame primario (guidato da una vecchia regina,già fecondata e dunque poco agile) essogeneralmente, tende a posarsi su unsupporto in prossimità dell'alveare dipartenza. A differenza di quanto succedecon uno sciame secondario (condottoda una regina vergine, non fecondata equindi assai più leggera) che, solitamen-te, si raccoglie in posti più distanti.

22

4 Al momento dell’inarniamento di grossi sciami, può essere utile lasciare li-bera una parte del nido (nei lati o al cen-tro), evitando di posizionare tutti i telaini,come riportato nella fig. 5. La creazionedi questo spazio facilita il riversamentodello sciame. Ai lati estremi dell’alveare èbene inserire due buoni favi che hannogià ospi-tato covata, ove le api possanodeporre il nettare in eccesso. Una voltainarniato lo sciame, è necessario comple-tare il nido con tutti i telaini.

33L'arnia deputata ad accogliere losciame deve essere preparata con cura,pulita e disinfettata, in modo particolarecontro la peste americana. La disinfezio-ne si realizza mediante un accuratolavaggio in soluzione bollente di acqua esoda (nel rapporto di 20 a 1) e successivopassaggio con la fiamma azzurra di uncomune saldatore a gas. Il lavaggio puòrealizzarsi tramite immersione o semplicespugnatura.

Nel caso si disponga di favi costruiti,è preferibile inserirne uno o due posizio-nati centralmente, in modo che l'aperegina (specie se già fecondata) possadisporre per tempo di celle pronte adaccogliere la covata. Questo offre duevantaggi: permette di dare spazio allaregina per ovideporre e facilita ilcontrollo della sua presenza. Infatti laregina può essere rinvenuta su questifavi già poche ore dopo l'inarniamento.

55

l’inarniamento dello sciame

2 MODI PER DISPORRE I TELAINI IN CASO DI GROSSI SCIAMI

F= FAVOFC= FOGLIO CEREO

DISPOSIZIONE DEFINITIVA DEI TELAINI

F= FAVO FC= FOGLIO CEREO 4

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Schede tecniche di apicultura La sciamatura - l’inarniamento dello sciame

Se lo sciame si riunisce in un posto accessibile(per es. su di un rametto situato vicino a terra), èfacile collocare l'arnia preparata come detto inprecedenza, subito al di sotto. In questo modo,scrollando il ramo, è possibile far cadere losciame nell'arnia. Eventualmente, l'operazionerisulta ulteriormente facilitata se il ramo vienetagliato e portato proprio in prossimità dellaparte superiore dell'arnia.

66

Qualora lo sciame si posi sul terreno o all'interno di un cespuglio a portamento pro-strato, l'inarniamento risulta più complicato e losciame può essere inarniato facendolo entraredalla porticina. Disponendo di favi costruiti, que-sti si possono avvicinare allo sciame in modo chele api li colonizzino naturalmente. Una volta co-perti dalle api, questi favi possono essere inseritinell'arnia. Sono le stesse api, una volta all'internodella nuova dimora, a richiamare le compagne.

77

Per evitare che le api costruiscano favinaturali, devono essere colmati gli spazi vuotidel nido. In presenza di un piccolo sciame siprovvede ad avvicinare i telaini e ad inserire diseguito altri fogli cerei e semmai, di lato,alcuni nutritori a tasca. Dopo 2 o 3 giorni, siprovvede ad asportare i telaini in esubero ed inutritori. Se si è inarniato un grosso sciame sicompleta il nido con fogli cerei.

99

Come attrattivo per gli sciami è possibileutilizzare o del succo di limone spalmatoall'interno dell'arnia o anche della semplicerosura di favo prodotta dalla comune tarmadella cera. È anzi opportuno posizionarenell'apiario delle arnie preparate con solifogli cerei e, nel fondo, distribuita un po' diquesta rosura. In questo modo è possibilerecuperare sciami che altrimenti sarebberoandati persi.

Lo sciame inarniato deve esseresottoposto immediatamente ad un tratta-mento contro la varroatosi. Il principio attivoche deve essere impiegato in questo fran-gente deve essere caratterizzato da un'azio-ne di tipo immediato e non prolungato neltempo. È possibile usare, dell’ Api-Bioxal® (abase di acido ossalico) sgocciolato o altripresidi sanitari come il Perizin® o l'Apitol®

(vedi glossario).

1111

Lo sciame inizia presto la costruzione dei fogli cerei, che può essere accelerata for-nendo una abbondante nutrizione di soc-corso (vedi glossario), anche in presenza diun flusso di nettare. La nutrizione, permettealle api di procurarsi la materia prima per laproduzione della cera, senza dover bottinareall'esterno. Lo sciroppo (2 chili di zucchero in1 litro di acqua) si somministra preferibilmen-te con nutritori a tasca.

1212

L'aggiunta del primo melario assume un’ importanza fondamentale.Inserito prima che il nido sia completato, de-ve essere composto interamente da favi co-struiti. La sua funzione è quella di accogliereil nettare in eccesso che, in nessun modo,deve essere stoccato nei favi da nido appenacostruiti. Questi favi non rafforzati dalle esu-vie larvali crollerebbero al primo innalzarsidelle temperature.

1313

1010

Quando lo sciame va a posarsi in un posto difficilmente accessibile, la suacattura può risultare assai complicata se nonimpossibile. Ad esempio il suo recupero da unramo posto a parecchi metri da terracomporta frequenti insuccessi.

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ComunitàEuropeaSchede tecniche di apicoltura

il contesto della colonia sciamata

La sciamaturaIl fenomeno della sciamatura, nell'attività dell'alveare di partenza, provoca profonde ripercussioniche, inevitabilmente, si riflettono sulle sue potenzialità produttive. Occorre che l'allevatore operi suqueste colonie in modo tale da reinserirle quanto prima nel normale ciclo di produzione.Si potrebbe affermare che l'unico aspetto positivo della sciamatura è la suddivisione della colonia,unitamente alla nascita di una nuova regina nell'alveare "madre". Ma questa è certamente unacosa marginale rispetto ai problemi che essa pone.È bene ricordare che il fine dell'apicultore non è allevare api, ma produrre con finalità economi-che, sempre nel suo interesse e nell'interesse delle api. Queste ultime, solo se correttamente alle-vate, possono estrinsecare pienamente il loro potenziale produttivo.Al fine di meglio comprendere le problematiche che si manifestano in un alveare che ha sciama-to, occorre procedere ad alcune considerazioni su ciò che tale fenomeno comporta in natura.Quando l'attività apistica era basata sull'allevamento rustico, le azioni dell'apicultore tendevano adassecondare, se non a sfruttare, il comportamento stesso che le api avevano naturalmente.In particolare, la fase della raccolta del miele era soggetta a regole assai precise. Gli alveari veniva-no soppesati e solamente quelli pesanti, e quindi carichi di miele, venivano smelati. Per poter estrar-re il miele da favi edificati dalle api in modo assolutamente naturale, all'interno di contenitori messiloro a disposizione, l'allevatore si trovava obbligato a ricorrere all'apicidio. Secondo l'impiego di dif-ferenti sistemi, le api venivano allontanate o, più frequentemente, travasate in altri contenitori vuoti,che venivano successivamente ricollocati in apiario nella stessa posizione. Ovviamente le api, inassenza di scorte alimentari e di flussi di nettare significativi, erano condannate a morire di fame nelgiro di pochi giorni.Secondo questo sistema venivano smelati gli alveari che avevano sciamato durante l'anno, men-tre venivano risparmiati quelli che si erano formati durante la stessa stagione, provenienti dalla cat-tura degli sciami. In pratica, l'apicultore pareva animato da un comportamento contrario al suointeresse: decretava la soppressione delle famiglie dotate di giovane regina dell'anno, mentre sal-vava la totalità delle colonie formate da sciami e, quindi, con regina vecchia di almeno un anno.Questo comportamento aveva però una spiegazione assai logica: solo gli alveari che avevano scia-mato avevano buone quantità di miele, a differenza degli altri che, al contrario, avevano nei favigrandi quantità di covata.

33 Una volta fuoriuscito lo sciame,la colonia, per quanto ridotta nelle suedimensioni, prosegue il proprio lavoro. Èvero che l'azione di bottinamento siriduce, essendosi ridotto il numero dellebottinatrici, ma è altrettanto vero cheanche i consumi si riducono, nonessendo presente in alveare, in questomomento, nessun tipo di covata daalimentare.

11 Nella colonia che si appresta a sciamare, la regina rallenta la suaattività di ovideposizione già parecchigiorni prima dell'evento, interrompen-dola del tutto in prossimità del suoabbandono dell'alveare. Questo fattocomporta che nelle celle liberate dallacovata, e non più di interesse dellaregina, le operaie riversino le scorte(principalmente di miele) importatesenza sosta dalle bottinatrici.

Prima che nell'alveare sciamatocompaia una nuova regina feconda,devono trascorrere non meno di duesettimane. Qualora vi sia stataun'abbondante produzione di sciamisecondari (vedi glossario: sciamatura),tale arco di tempo può essere ancoramaggiore, arrivando fino anche ad unmese.

44

22 Al momento dell'uscita dello sciamele api che lo comporranno si riversanosui favi ingurgitando la maggiorequantità di miele possibile. Questomiele è necessario per poter costruire ifavi del loro nuovo alveare. Cosìfacendo liberano, anche se in parte, ifavi del nido dal miele che essicontenevano.

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Schede tecniche di apicultura La sciamatura - il contesto della colonia sciamata

In questo lasso di tempo,nell'alveare le api bottinatrici tendono aripristinare le scorte di miele. Questo,per comodità della colonia, viene stivatoprincipalmente nei favi da nido, perquanto l'apicultore previdente provvedaa lasciare il melario a disposizione dellafamiglia.

55

In ambiente mediterraneo,o comunque in tutte le situazioni nellequali il flusso di nettare si presentacospicuo, le api arrivano ad intasare dinettare tutti i favi del nido. Questonettare matura velocemente e,pertanto, le operaie provvedonoall'opercolatura dei favi.

66

Quando la ripresa della covataè prossima, le operaie provvedono aliberare, per quanto possibile, i favi delnido. Mentre viene loro semplicetraslocare nel melario il miele stivatonelle celle non ancora opercolate,altrettanto non avviene per quellostipato nelle celle già chiuse. Diconseguenza queste cellette vengonosottratte alla loro funzione principaleche è quella di accogliere la covata.

77

La situazione che si presentaagli occhi dell'allevatore è quella di unaparziale liberazione dei favi da nido.Questi appaiono ripuliti dal miele nellaparte centrale, mentre rimane notevolelo sviluppo di una corona di mieleopercolato tutt'intorno a queste cellettevuote. Questa configurazione testimoniala presenza della nuova regina, anche sea volte, non è possibile accertarnevisivamente la sua presenza.

88

Per questo motivo la regina,per quanto in possesso di notevolicapacità riproduttive, non può disporreche di un limitato spazio per la covata. Laconseguenza di questa situazione è quelladi una incapacità del rinnovo dellapopolazione dell'alveare sciamato, inconsiderazione della scarsità di uovadeposte dalla nuova regina.

99

Per questo motivo gli alvearisciamati, qualora lasciati all'autogover-no, si ritrovano, al termine dellastagione produttiva, poveri di api, conun nido carico di miele e con i melaripraticamente vuoti. È perciò indispensa-bile, affinché questi possano esserereinseriti nel ciclo produttivo chel'allevatore dedichi loro alcuneattenzioni.

1010

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ComunitàEuropeaSchede tecniche di apicoltura

La colonia che ha sciamato, spesso presenta il nido intasato di miele. Infatti, in questa situazione, nel-l'alveare si registra un blocco di covata, della durata di almeno 3 settimane durante il quale tutta lacovata ha il tempo di sfarfallare. In questa situazione le operaie, nonostante la presenza del melario,trovano assai più comodo riversare il nettare nelle cellette dei favi da nido, man mano che questevengono liberate. In prossimità della ripresa dell'ovideposizione da parte della nuova regina, le ope-raie tendono a sgomberare i nidi dal miele. Generalmente, però, lo spazio che esse riescono a libe-rare non è sufficiente per la crescita di una quantità di covata tale da far registrare un pronto recu-pero della colonia sciamata. Questo comportamento è fondamentalmente determinato dal fattoche il miele opercolato difficilmente viene traslocato. Occorre però considerare anche che in unalveare indebolito per l'abbandono di una grossa parte delle api, la deposizione delle uova vieneestesa dalla regina non oltre la possibilità di controllo di un eventuale formazione del glomere. E poi-ché nella stagione primaverile, a fronte di gradevoli temperature diurne, quelle notturne scendonodi frequente al di sotto dei 10°C, soglia sotto la quale la colonia dà inizio alla formazione del glome-re, qualora il gradiente delle temperature giornaliere faccia registrare forti escursioni fra quelle diur-ne e quelle notturne, con temperature a volte prossime agli 0°C, il glomere, formato da poche api,è in grado di garantire solo la copertura di un ristretto volume di covata. Questa condizione è, perl'alveare, assai delicata, poiché le azioni che può porre in essere l'apicultore possono procuraredanni che ostacolano ulteriormente la ripresa della colonia. Occorre innanzitutto valutare attenta-mente la quantità di api rimaste al termine della fase di sciamatura, quantità che, in modo partico-lare negli ambienti mediterranei, è funzione del numero di sciami prodotti da ciascuna colonia. Sela divisione ha portato alla formazione di un solo sciame primario, la manipolazione della colonia daparte dell'allevatore comporta rischi limitati. Al contrario, se il periodo della sciamatura è stato lungoe la produzione di sciami secondari copiosa, al suo termine, nell'alveare sarà possibile contare solopoche api: in questo frangente occorre che l'apicultore presti particolare attenzione alla manipola-zione dell’alveare, valutando opportunamente il rischio di ogni suo intervento.Tutto questo nellaconsiderazione che la fase della sciamatura si concluda comunque positivamente, con la nascita diuna nuova regina, con la sua regolare fecondazione e la ricomparsa in alveare di una covata com-patta. Non di rado, l'alveare resta orfano o la nuova regina non si dimostra all'altezza della vecchia,mostrando aspetti della covata affetta da gradi diversi di consanguineità (vedi glossario). Ciascunacircostanza deve essere attentamente valutata affinché l'allevatore possa porvi rimedio prima che lasituazione porti all'esclusione della colonia dal ciclo produttivo se non alla sua naturale estinzione.

la manipolazione della famiglia di origine

33 Se la colonia sciamata può contaresu un numero sufficiente di api, tali daga-rantire una buona copertura dellacovata, la sua manipolazione comporta il solo riordino del nido. L'inserimento difogli cerei, infatti, consegue essenzial-mente due vantaggi: da un lato le api licostrui-scono in fretta e bene per garantire alla loro regina nuovi spazi; dall'altro,per la loro costruzione, le api consuma-no del miele con il conseguentesvuotamento dei favi lasciati nel nido.

11 La prima operazione che è indispensabile compiere in unacolonia che ha subito la sciamatura èverificare l'avvenuta sostituzione dellaregina, unitamente alla qualità della suacovata. Se questa appare compatta, sipuò procedere alla riorganizzazionedella colonia con l'obiettivo di reinserirlain produzione. Altrimenti occorrevalutare se sia preferibile riunirla adun'altra, eliminando purtroppo la nuovaregina.

Con il prelievo di pochi favi a mielepresenti nel nido (e lasciando in posizio-ne solo quelli con polline) la colonia vie-ne presto reinserita nel ciclo produttivo.Ovviamente in questo doppio melariopossono confluire anche favi prove-nienti da altre colonie il cui nido sipresenta intasato dal miele. Così come è possibile che i favi sottratti alla coloniasciamata possono essere trasferiti indoppi melari già posizionati sopra altrialveari.

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La sciamatura22 Nel caso la regina venga valutata

positivamente, occorre procedere allosgombero dal nido di tutti i favi ancoraricolmi di miele, poiché essi rappresenta-no un ostacolo per la ripresa dellacovata. È possibile trasferirne una parteadeguata in un doppio melario (vediglossario) e sostituirli con dei fogli cerei.In questo modo l'alveare riacquista laconfigurazione ideale: la covata nelcorpo inferiore e le scorte a mieleimmagazzinate nella parte superiore.

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Schede tecniche di apicultura La sciamatura - la manipolazione della famiglia di origine

Qualora la colonia risulti povera di api,occorre provvedere al suo ripopolamento alpari delle situazioni descritte nella schedarelativa al rafforzamento delle colonie. In que-sta circostanza è assai rischioso inserire favi dicovata giovane o appena opercolata, poichéle operaie presenti potrebbero non esseresufficienti a proteggerla dai ritorni di freddosempre frequenti nella stagione primaverile.

55

Se le previsioni del tempo lo permettono,garantendo buone temperature notturnesuperiori ai 15-20°C, è possibile inserire alcunifavi di covata nascente. Questi favi, nel giro di24 ore, vengono liberati e ripuliti dalle api,fornendo una discreta quantità di api di casa eottime celle per l'ovideposizione della nuovaregina. L'aggiunta di questi favi deve esserepreferibilmente graduata nei giorni.

66

Il rafforzamento della colonia sciamatapuò avvenire anche spazzolando in essa del-le api di casa: nutrici o ceraiole. Le prime pos-sono essere prelevate da favi di covata conlarvette di età inferiore ai 3 giorni, la cui nutri-zione, di sola pappa reale, viene fatta da ope-raie di casa con età inferiore ai 10 giorni; leseconde da fogli cerei in costruzione. Ov-viamente occorre prelevare queste api da co-lonie stabili e non da sciami appena inarniati.

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Nelle colonie che hanno sciamato, non è necessario asportare il melario, a pattoche non ne abbiano più di uno. Eventualmenteè necessario ricomporne la disposizione dei favitrasferendo quelli di miele maturo in melari sucolonie in produzione. Questi vengono sostituiticon favi vuoti, posizionandoli ai lati del melario. Ifavi già con miele trovano invece spazio nellaparte centrale. È meglio, vista la presenza di foglicerei nel nido, inserire una lastra escludiregina.

88

Qualora la colonia resti orfanao, peggio, in essa compaia una fucaiola, ènecessario procedere quanto prima al suosmembramento. La soluzione piùappropriata è quella di riunificarla attraversolo spazzolamento di tutte le api, consideratoche esse sono tutte api di volo, ad esclusionedelle operaie fucaiole.

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Qualora si valuti che la reginapresenti un grado anche basso di consan-guineità, si deve provvedere alla sua elimina-zione. Uccisa la regina si procede alla riunifi-cazione di questa colonia con un'altra. Essapuò essere trasferita in un doppio melarioda posizionare sopra la colonia ricevente.Fra le due, è preferibile interporre, almenotemporaneamente, una lastra escludiregina.

I favi spazzolati, con poche apidi copertura, possono essere distribuiti fra lecolonie che ne possono avere bisogno:nuclei in espansione, sciami inarniati oprodotti artificialmente, ecc. Eventualmente,liberati dalle fucaiole, possono essere inseriti,come descritto in precedenza, in doppimelari ed avviati così alla produzione dimiele.

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La colonia sciamata e rimasta orfanaviene spostata di qualche metro in avantirispetto alla sua posizione. Successivamentedevono essere spazzolati completamentetutti i favi, in modo tale che tutte le operaiesiano costrette a prendere il volo. Facendoritorno in postazione e non trovando più illoro alveare, le api si distribuiscono fra quellipiù vicini ai loro riferimenti di luogo o dicolore.

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ComunitàEuropeaSchede tecniche di apicoltura

11 All'uscita della stagione invernale,periodo che, secondo la latitudine,l'altitudine o il microclima della zona diallevamento può avere datesignificativamente differenti, l'alvearedeve manifestare un buon grado disviluppo. In genere la covata deve essereestesa su non meno di 8 favi,considerato che almeno uno dei due disponda deve contenere scorte alimentari(polline e miele).

In questa situazione è beneche alla famiglia venga dato per tempo ilmelario affinché sia scongiuratal'eventualità che le api, in presenza di unsignificativo flusso di nettare, utilizzino ifavi del nido per depositarvi miele epolline. In questa situazione, infatti, siavrebbe una riduzione dello spazio adisposizione della regina con l'avvioprematuro dell'andata a sciame.

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44 Non appena la stagione lo permette,occorre avviare laproduzione di regine finalizzata allacostituzione di piccoli nuclei. In questocaso è importante che per lafecondazione della regina venganoimpiegate le comuni arnietteprendisciame.

33 Per soddisfare l'esigenzadelle api ceraiole, presenti in grannumero in questa fase dello sviluppodella colonia, almeno il primo melarioaggiunto deve contenere da 3 a 5 foglicerei, posizionati al centro. La successioneda rispettare deve essere pertanto: 2-3favi già costruiti ad un lato, 3-5 fogli cerei,2-3 favi già costruiti nel lato opposto.

La produzione di questi nucleisi può realizzare adottando alcune dellediverse tecniche descritte in altrettanteschede di questo manuale: o secondo latecnica classica o secondo la tecnica deldoppio melario. Quest'ultima permette diagevolare le operazioni di formazione deinuclei e, nel contempo, di attuare unefficace controllo delle popolazioni divarroa. L’uso del doppio melario offreinoltre l'indubbio vantaggio di poterespandere la covata al di là del solo nido.

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La sciamatura può essere prevenuta anche e soprattutto attraverso alcune metodiche di governodegli alveari. Durante la sciamatura, la regina vecchia abbandona la propria colonia per andare acostituirne una nuova. Questo evento, in apicultura intensiva, non può essere lasciato al libero arbi-trio delle stesse api, poiché deve essere l'apicultore a gestirlo, facendo in modo che avvenga, arti-ficialmente, il più precocemente possibile.Utilizzando i primi nuclei prodotti in azienda, è possibile effettuare la sostituzione delle reginedurante la stessa stagione produttiva, molto anticipatamente rispetto all'inizio della fase di sciama-tura o, al più, al suo inizio. Questo metodo, nella sostanza, non fa altro che simulare una vera epropria precoce sciamatura della colonia. Sostituendo la propria vecchia regina con una appenafecondata, senza alcuna soluzione di continuità della ovideposizione, la famiglia tende a control-lare in modo significativo la propria propensione alla sciamatura. Viene pertanto limitato il rischiodi divisioni indesiderate degli alveari durante la produzione, fase in cui la presenza dei melari osta-cola notevolmente il controllo dei nidi. L'impiego di questo metodo è raccomandabile negli alle-vamenti in ambienti con clima tipicamente mediterraneo, ove il fenomeno della sciamatura non èsempre arginabile con la semplice asportazione delle celle reali.

la sostituzione precoce della regina

La sciamatura

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Azione di comunicazione

Schede tecniche di apicultura La sciamatura - la sostituzione precoce della regina

Non appena avvenuta lafecondazione della regina, si attendeche la covata si estenda su 3 favi.Questo momento può essere raggiuntopiù velocemente fornendo al nucleo, equindi alla regina appena fecondata,dei fogli cerei in avanzato stato dicostruzione o dei favi appena costruiti,prelevati da altre colonie. Questi telaipossono essere trasferiti con le stesseapi di copertura, evidentementeceraiole.

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Questi nuclei, con regina dell'anno,possono essere trasferiti negli alveari giàin produzione, ma a rischio disciamatura, considerato che la lororegina ha alle spalle almeno un anno diattività. A queste colonie devono esseresottratti 5 favi di covata con l'ape reginae tutte le api di copertura.

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Lo spazio reso libero dal prelievo di questi 5 favi deve essere immediata-mente colmato con il trasferimento dei3 favi di covata provenienti dal nucleodi fecondazione. Questi favi devonoessere trasferiti con tutte le api dicopertura, compresa l'ape regina. Ai latiestremi devono essere posizionati duetelaini con foglio cereo, uno per lato.

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La successione che si ottiene,una volta avvenuto il trasferimento, è laseguente: 2-3 favi preesistenti, 1 fogliocereo, 3 favi di covata con la giovaneregina appena fecondata, 1 fogliocereo, 2-3 favi preesistenti.

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Al termine dell'operazione,occorre affumicare lievemente la colonia,al fine di disorientare le api di casa e quelleappena inserite, affinché venga facilitata laloro unione. Questa può essere agevolataanche cospargendo le api con della farina.

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La coesione della colonia,e quindi l'accettazione della nuovaregina, viene favorita dalla necessità dicostruire i due fogli cerei inseriti. Questiformano inizialmente dei provvidenzialidiaframmi di separazione fra le duefamiglie. Una volta pronti, la regina sitrasferisce su di essi, suggellando la suapresa di possesso del comandodell'alveare.

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ComunitàEuropeaSchede tecniche di apicoltura

La sciamatura artificiale è la pratica apistica attraverso la quale l'apicultore provvede a scomporre le pro-prie famiglie col fine di ottenerne di nuove. Le motivazioni che spingono al ricorso alla sciamatura artifi-ciale sono le più disparate: allargare la propria base produttiva con l'aumento delle colonie, contrastarela sciamatura naturale, contrastare l'incremento della popolazione di Varroa destructor diluendola su unnumero maggiore di colonie (e quindi di covata), produrre genetica da immettere sul mercato, ecc.Altrettanto disparati sono i sistemi a cui gli apicultori ricorrono: la divisione di una famiglia in due o piùsciami, la creazione di uno sciame facendo ricorso a favi ed api provenienti da più alveari, ecc. Nonpotendo approfondire ogni singola operazione, in questa sede si intende fornire agli apicultori alcunelinee guida fondamentali per meglio operare. Viene poi lasciata alla successiva pratica dei singoli, ed allaloro relativa necessità di produrre nuove famiglie, l'elaborazione di una tecnica individuale, che tengameglio conto degli obiettivi generali che si intende perseguire.In coincidenza con la produzione degli sciami artificiali è importante che l'operatore valuti attentamen-te i ceppi genetici impiegati per la produzione delle regine. Nel caso che si impieghino api regine giàfecondate, queste devono essere acquistate da apicultori di provata esperienza, iscritti all'Albo naziona-le, e devono provenire da ceppi genetici che si sono dimostrati adatti alle condizioni ambientali nellequali le nuove colonie si trovano ad operare.Nel caso che le regine vengano prodotte in proprio, è altrettanto importante che l'allevatore avvii un'a-zione selettiva riguardo i ceppi genetici da riprodurre. Anche la sola selezione massale è in grado, purin tempi piuttosto lunghi, di generare effetti positivi. Meglio, ovviamente, il caso in cui sia possibile avvia-re un programma di selezione basato sul test di progenie, considerata la scarsa ereditabilità dei caratte-ri produttivi, legati strettamente alle condizioni ambientali.Per questo motivo è opportuno che a monte della produzione di sciami artificiali, l'apicultore, anche nonprofessionista, provveda ad avviare la produzione di celle reali, in numero adeguato alle proprie esi-genze. Anche nel caso si decida di lasciare allo sciame la possibilità di allevare una propria regina, è indi-spensabile che questa provenga da materiale genetico selezionato. Per fare questo occorre sempreinserire nel nucleo un favo con uova, favo che deve provenire da una colonia la cui positività delle carat-teristiche della regina prese in considerazione (produttività, comportamento, controllo delle patologie,ecc.), sia stata accertata. Come più volte affermato, per fare questo l'apicultore ha a disposizione due pos-sibilità: valutare semplicemente l'alveare fornitore di uova durante le annate precedenti (selezione mas-sale) o, preferibilmente, accertarne anche la trasmissibilità dei caratteri positivi alla discendenza (test diprogenie).

la produzione di sciami col metodo classico

33 Al nucleo possono essere aggiunteanche api adulte. Se trasportato in zonedistante dall'apiario di formazione, le apiinserite possono essere anche bottinatri-ci. Infatti trasferite lontano tanto daperdere i riferimenti di volo, esserefiniscono per riconoscere solo quelli delnuovo apiario. In questo modo il nucleoconserva la consistenza conferitagli almomento della formazione. Come per ifavi, le api possono provenire da alvearidiversi, potendo convivere senzaproblemi di sorta.

11 I nuclei artificiali debbono avereuna consistenza standard, sia che in essivenga inserita una regina già fecondatache una cella reale. Debbono essere co-stituiti possibilmente da un favo di scorte,sia di polline che di miele, un favo di co-vata nascente ed un foglio cereo. A chiu-sura deve essere collocato un nutritore atasca, con mezzo litro di soluzione zuc-cherina al 70% (2 parti di zucchero peruna di acqua). I favi possono provenire da un solo alveare o da più alveari.

Nel caso che i nuclei venganoposizionati nell'ambito dello stesso apiariodi formazione (evento, ove possibile, daevitare), occorre spazzolare in essi un ade-guato quantitativo di api di casa (nutricie/o ceraiole). Infatti le api di copertura deifavi di scorta e dei favi di covata opercola-ta sono per lo più bottinatrici; le quali unavolta in volo, fanno rientro nell'alveare diorigine. Le nutrici possono essere reperitesui favi con covata di età inferiore ai 3giorni; le ceraiole sui fogli cerei.

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La sciamatura artificiale 22 I favi devono essere ben coperti di api

affinché la covata sia protetta da ritornidi freddo. È importante che questa siaprossima allo sfarfallamento, in modo ta-le che sia esposta a rischi di mortalità dafreddo solo per pochi giorni, meglio seper poche ore. Inoltre l'inserimento di unfavo di covata nascente fornisce al nu-cleo una spinta determinante: si consi-deri che la covata presente sui due lati diun favo è in grado, una volta nata, diben presidiare 3 favi da nido.

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Azione di comunicazione

Schede tecniche di apicultura La sciamatura artificiale - la produzione di sciami col metodo classico

La scelta dell'arnietta che deve ospitarelo sciame artificiale deve essere fatta con atten-zione. Soprattutto quando si trasferisce il nucleoin un secondo apiario, è opportuno che l'arniet-ta disponga di distanziatori anche sul fondo, perevitare l'oscillazione dei favi (non propolizzati),oscillazione che provocherebbe lo schiaccia-mento di molte api. Le arniette devono essereanche dotate di presa d'aria inferiore e,eventualmente, sul coperchio.

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Se si intende fornire una regina feconda,questa deve essere inserita subito appresso lacostituzione del nucleo, ben prima che questoavverta l'orfanità. Le tecniche di inserimentosono quelle descritte nella scheda specifica. Inquesta condizione la covata riprende appenale operaie hanno liberato la loro regina, pochigiorni dopo la costituzione del nucleo. I rischidi orfanità sono legati all apossibilità che leoperaie rifiutino la nuova regina.

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Se si intende fornire una cella reale,è fondamentale che le api abbiano il tempodi percepire l'orfanità, (24 ore) pena il rifiuto.della cella. In questo caso, sono maggiori itempi della ripresa della covata che ricompa-re qualche giorno dopo la fecondazione:circa 2 settimane dopo la formazione del nu-cleo. Ovviamente sono maggiori anche i ris-chi di orfanità poiché la regina potrebbe es-sere predata durante il volo di fecondazione.

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Nel caso non si disponga né di reginefeconde né di celle reali mature (cioèprossime allo sfarfallamento), deve essereaggiunto anche un favo di uova o covata dipoche ore, affinché sia lo stesso sciame aprovvedere all'allevamento della propriaregina. In questo caso i tempi della ripresadella covata si allungano notevolmente (finoa 4 settimane) così come i rischi di orfanità.

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Ai nuclei formati successivamentenella maniera consueta (un favo di scorta,uno di covata nascente, un foglio cereo ed ilnutritore a tasca), deve essere inserito uno deifavi con le celle mature. È necessario elimina-re le celle in eccesso, risparmiando quella cheappare essere la meglio conformata. È anchepossibile ritagliarne qualcuna (senza rovinarein modo irreparabile il favo), che può essereimpiegata secondo come descritto al punto 7.

In quest'ultimo caso è anchepossibile costituire preliminarmente deinuclei deputati appositamente all'allevamen-to di celle reali. Essi devono essere più forti:uno o due favi di scorta e 3-4 favi con uovae larvette appena nate, unitamente a molteapi di casa (nutrici e ceraiole). Passati circa10 giorni, questi favi, con celle reali naturalioramai mature, possono essere smembratiper costituire altrettanti nuclei.

È anche possibile asportare il favo(una volta opercolato) dove la regina ha de-posto le sue prime uova. Questa covata ospitala quasi totalità della varroa superstite ai tratta-menti. Il favo può essere impiegato per la pro-duzione di altri nuclei. In questo modo si levaall’ acaro la facoltà di riprodursi ulteriormente,oltre alla possibilità di esporlo ad un nuovotrattamento. Il favo può essere precedente-mente identificato con una puntina colorata.

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Il nucleo deve essere trattatoper il controllo della Varroa destructor. Nel ca-so sia stata introdotta una regina feconda, iltrattamento deve essere fatto al controllo di ve-rifica dell'accettazione della regina: circa settegiorni dopo la sua introduzione. Negli altri casiil tempo a disposizione è maggiore ed il nu-cleo può ricevere anche due trattamenti suc-cessivi: uno pochi giorni dopo la sua costitu-zione, l'altro alla ripresa della covata.

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ComunitàEuropeaSchede tecniche di apicoltura

La diffusione della Varroa destructor ha determinato profonde modifiche nella pratica apistica.Oramai è assolutamente accertato che effettuare solo due trattamenti all'anno, ove sia presente l'a-plotipo (vedi glossario) di Varroa destructor più pericoloso -quello classificato come coreano o tedescoo russo- non sia risolutivo ai fini del controllo delle popolazioni del parassita. Infatti, un calendario di lottabasato su un trattamento estivo, in presenza di covata, ed uno invernale, realizzato in assenza di cova-ta, determina, seppure ciclicamente, perdite rilevanti. Occorre pertanto porre in essere ulteriori sistemidi controllo della varroatosi che siano compatibili con la produzione e che siano economicamentesostenibili. La tecnica di lotta primaverile svolta attraverso l'asportazione di covata maschile, impiegatada molti quale integrazione alla lotta chimica, basa i propri presupposti sulla constatazione che neinostri ambienti la sola lotta chimica non sia sufficiente a garantire un efficace controllo dell'infestazio-ne. La strategia di lotta alla varroatosi proposta in questa scheda, oramai sperimentata e collaudata, si basasulle indicazioni ottenute dalle osservazioni in campo nonché su alcune considerazioni di caratteregenerale:•i ritmi dei cicli riproduttivi dell'acaro sono costanti e sincroni ai cicli di covata dell'ape, ma sono indi-pendenti dal numero di uova deposte dalla regina (o da più regine contemporaneamente);•l'esistenza di apporti esterni di acari, non legati al ciclo riproduttivo delle famiglie componenti l'apia-rio, che hanno come veicolo preferenziale i fuchi che affollano gli alveari orfani;•la necessità di integrare gli interventi chimici con la lotta biologica, mirando però il prelievo dei favi dicovata opercolata all'allontanamento del maggior numero di acari per telaino;•la scarsa affidabilità, unitamente ai costi elevati, della lotta biologica condotta mediante la soppres-sione di covata maschile;•il caratteristico comportamento della varroa nel caso di blocco di covata, che fa sì che la quasi totali-tà degli acari si riversi sulle larve appena queste ricompaiono nell’alveare (prima e seconda età) e nonpoco prima dell'opercolatura delle celle (larve di quinta età).Operativamente la tecnica di lotta adottata si articola in quattro fasi fondamentali:•confinamento della covata disopercolata nella parte superiore dell'alveare;•allontanamento della stessa una volta opercolata;•formazione di nuclei;•intervento di lotta chimica e/o biomeccanica.Vale inoltre la pena evidenziare che la formazione di nuclei, tendenti ad aumentare il numero dellefamiglie allevate, è pratica corrente tra gli apicultori professionisti che ricorrono a questo metodo percontrollare la sciamatura. Le famiglie così ottenute, vengono utilizzate per tutta la stagione di raccoltaper poi essere riunite in previsione delle fioriture autunnali, in particolar modo del corbezzolo. La pra-tica adottata, pertanto, non comporta né un aggravio di manodopera né tanto meno un incremen-to dei capitali di scorta. Adottando questa tecnica, si realizza il controllo dell'infestazione e, nel con-tempo, è possibile ottenere interessanti risultati produttivi. Si consideri che la produzione vendibile puòessere data anche da materiale genetico come i nuclei di api. Questo nella considerazione che la loroproduzione comporta un minore immobilizzo di capitali rispetto a quella delle altre produzioni.Un'ultima annotazione di carattere scientifico: la famiglia di api è definita dagli entomologi come unsuperorganismo, perché presenta molteplici comportamenti assimilabili alle proprietà fisiologiche diorgani e tessuti. Ebbene, si può ritenere che nel campo apistico lo stesso concetto possa essere estesoall'intero apiario, nel quale l'entità alveare perde il proprio significato. Tutte le colonie concorrono acostituire l'unità di produzione, un'entità dinamica formata da individui che possono essere trasferiti dauna famiglia all'altra in funzione delle esigenze produttive. È perciò all'apiario, e non ai singoli alveari oa gruppi di essi, che deve essere riferita qualsiasi valutazione inerente lo stato sanitario e le misure dilotta attuate. A tal proposito, l'unico parametro capace di misurare l'efficacia degli interventi adottati èil livello produttivo raggiunto.

la produzione di sciami col doppio melario

22 Nel nido vengono lasciati i faviinteressati dalla sola covata opercolata,mentre lo spazio restante vieneoccupato con fogli cerei di tipo fuso. Il nido viene completato da un nutritorea tasca posizionato al lato opposto aquello dei favi di covata.

La regina viene trattenuta nel nidointerponendo una lastra escludi reginafra i due corpi dell'arnia. Così preparato,l'alveare viene lasciato per una decina digiorni, dando così il tempo a tutta lacovata opercolata, rimasta nel nido, disfarfallare ed a quella disopercolata, neitelai posti nel doppio melario, diopercolare.

33

La sciamatura artificiale11 All'inizio dell'annata produttiva,

al termine della stagione invernale, nonappena la colonia ha completato ilnido, l'alveare deve essereopportunamente manipolato.Dapprima si portano superiormente, inun doppio melario (vedi glossario), laquasi totalità dei favi interessati dascorte; solo successivamente quelli dicovata disopercolata, ivi compresaquella frammista alla covata opercolata.

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Schede tecniche di apicultura La sciamatura artificiale - la produzione di sciami col doppio melario

In questo lasso di temposi verifica una migrazione degli acariverso l'alto, dove si trovano le unichelarve parassitizzabili. In questecondizioni, la covata presente neldoppio melario, oramai completamenteopercolata, contiene circa il 75-80%delle varroe presenti nell'alveare.

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I favi situati nel doppio melariovengono a questo punto prelevatiinsieme alle api di copertura (circa il50% del totale) ed utilizzati per laformazione di nuclei. In essi devonoessere innestate celle reali prossime allosfarfallamento. In questo modo vieneallontanato dall'alveare circa l'85-90%delle varroe: il 75-80% imprigionatenella covata opercolata e circa la metàdi quelle presenti sugli adulti.

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Le celle reali devono essere inseritenel nucleo trascorse 24 ore dalla suaformazione. È questo un lasso di temposufficiente affinché la piccola coloniaavverta lo stato di orfanità ed accettinaturalmente la cella reale. La reginadeve poter sfarfallare nel nucleo nelleventiquattro ore successive. Le cellereali, possibilmente, devono provenireda un allevamento predispostoappositamente.

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Trascorsi circa 15 giorni dalla formazione del nucleo ed avvenutala fecondazione della regina, nell’alvearenon sarà più presente covata opercola-ta, ma solamente uova. È così possibileintervenire con un trattamento chimicoa base di acido ossalico, somministrato oper sgocciolamento o, preferibilmente,per nebulizzazione.

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È anche opportuno allontanareil primo telaino di covata opercolata,eliminando così la quasi totalità dellapopolazione di varroa che si era riversatasulle prime larve comparse dopo il bloccodi covata. Operando in questo modo siprocede ad un risanamento della coloniapressoché totale nonché alla costituzionedi nuclei contenenti livelli bassissimi dipopolazione di varroa.

88

I favi prelevati possono essereimpiegati per l'ulteriore formazione dinuclei prodotti come descritto inprecedenza. In questo modo la popola-zione di acari non ha la possibilità diseguire l'andamento crescente dellapopolazione di api, in quanto relegatain situazione di continuo blocco dicovata. Pertanto, mentre si registra unanotevole crescita dell'apiario, il numerodi acari rimane costante nella suaglobalità, il che corrisponde ad unaconsistente calo del rapporto acaro-api.

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ComunitàEuropeaSchede tecniche di apicoltura

In Italia, come in buona parte del resto del mondo, la vendita di colonie di api è sempre avvenutasotto forma di piccole famiglie definite nuclei. Al contrario, negli Stati Uniti, la loro commercializza-zione non contempla l'impiego di alcun favo come supporto, ma le api vengono vendute in par-ticolari gabbie alla stregua di uno sciame nudo. Questo tipo di confezione, conosciuto come paccod'api, è stato successivamente adottato in altre nazioni anglofone (Australia e Nuova Zelanda) esolo recentemente è entrato nell'uso corrente dell'apicultura italiana, grazie sopratutto all'econo-micità e alla maggiore sicurezza sanitaria del materiale prodotto. Le api sono vendute a peso, incassette che generalmente ne contengono circa un chilogrammo, potendo a arrivare a conte-nerne sino a un massimo di tre. Si consideri che un chilogrammo di api operaie è formato da circaottomila individui. I pacchi d'api vengono commercializzati secondo due tipologie fondamentali:con regina giovane e feconda o con sole api operaie. Quest'ultima tipologia viene utilizzata perripopolare alveari o da apicultori che preferiscono introdurre una propria regina. In quest'ultimocaso è preferibile che il pacco d'api contenga un dispensatore di feromone reale, condizione que-sta che migliora significativamente la successiva accettazione di una regina.

I pacchi d’api

44 L'alimentazione delle api viene garantita da un chilo di sciroppo.Per la sua distribuzione può essereutilizzato un normale barattolo di vetroo di metallo del tutto simile a quello perle conserve. Un'intelaiatura internatrattiene il barattolo in posizione e fa inmodo che esso non sporga dalla casset-ta, impedendone la chiusura. Il forodella cassetta deve essere perfettamentedimensionato al diametro del barattoloutilizzato.

33 Per l'inserimento delle api nelle cassette, viene impiegato unparticolare tipo di imbuto. La partebasale è opportunamente conformataper poggiare sulla cassetta ed inserirsiperfettamente nel foro del pacchetto.La parte superiore dell’ imbuto si pre-senta grande abbastanza da permette-re lo scuotimento, al suo interno, sia deifavi da nido, sia dell'intero coprifavo,affinché le api possano essere incana-late all'interno della cassetta.

Prima dell'inserimento all'internodel pacchetto, al contenitore devonoessere praticati due fori minuscoli (adesempio con un punteruolo) sufficientia non far sgocciolare la soluzione, matali da permettere alle api di poterlasuggere secondo le loro necessità. Ilbarattolo viene inserito rovesciato nelforo superiore della cassetta, con laparte forata rivolta verso il basso. Ovvia-mente i fori non devono poggiare sullatraversa che sostiene il barattolo.

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11 La produzione dei pacchi d'apiavviene in apposite cassette chiamategergalmente pacchetti, realizzate inmultistrato o masonite. I due latimaggiori sono costituiti da retemetallica a maglia fitta. Questaimpedendo la fuoriuscita delle apifavorisce nel contempo l'areazione e dàall’ apicultore la possibilità di bagnare leapi durante il trasporto, nei mesi caldi.

Nella parte superiore è presenteun foro che viene utilizzato perl'ingresso e l'uscita delle api nonché perl'inserimento di un contenitore per lanutrizione costituita da sciroppozuccherino.

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le tecniche di produzione

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Schede tecniche di apicultura I pacchi d’api - le tecniche di produzione

Occorre poter disporre di una bilancia,indispensabile per poter verificare il peso delleapi al netto della cassetta. Le api devono esserepesate prima dell'inserimento del barattolo conlo sciroppo e, nel caso, la loro quantità deveessere ragguagliata al peso desiderato.

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Un primo metodo, di sicuro il più agevole,prevede che in primavera, o in estate dopo ilraccolto sull’eucalipto, si portino via i melariinserendo sul nido un’ escludiregina. In questocaso l'arnia deve essere chiusa con un copri-favo a sponda alta collocato rovesciato. Le apiscacciate dai melari si riversano in gran nume-ro sul coprifavo, nello spazio libero tra questo eil nido.

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Le api possono essere prelevate, dopo mezz’ora senza dover verificare lapresenza della regina posto l’uso dell’escludiregina. Da una colonia popolosa è possibileoperare fìno a 3 o 4 prelievi. Si immette delfumo all’interno dell’alveare; dopo 15-20minuti è possibile prelevare i coprifavi conaggrappate api per 1 chilogrammo o poco dipiù. Alcuni apicoltori preferiscono effettuare ilprelievo il giorno dopo la smelatura.

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Un secondo metodo, più laborioso, prevede lo scuotimento delle apidirettamente dai telai da nido. Prima diprocedere occorre individuare il favo con laregina che deve essere momentaneamenteisolato in un'arnietta prendisciame.

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La cassetta deve essere ben chiusamediante un coperchio di masonite, fissatocon delle graffe. Al contrario, nel caso ipacchetti non debbano affrontare un lungoviaggio, ma essere immediatamente utilizzati,può essere sufficiente chiudere le cassettecon del semplice cartone avvolto attorno albarattolo e inserire nella scanalatura del forouna spugnetta, utile per fornire una piccolascorta d'acqua alle api durante il trasporto.

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I telai da nido, uno alla volta, possono così essere scossi all'internodell'imbuto.È’ fondamentale reinserire i faviall'interno del nido, nel medesimo ordine dipartenza, in modo che la famiglia nonsubisca un ulteriore quanto inutilerimescolamento. Anche in questo secondocaso, da una colonia forte è possibileprelevare fino a 4,5 chilogrammi di api.

Durante il trasporto, i pacchi d'apidevono essere tenuti ben distanziati fra loro,per permettere il passaggio dell'aria tra l'unoe l'altro e per consentire di bagnare le apidurante il viaggio onde evitare un pericolosoaumento di temperatura. Le cassette vannoinoltre sistemate in un unico strato su unapedana di legno che ne impedisca loscivolamento.

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Il pacco d'api deve essere completatoinserendo o una regina fecondata chiusa inuna gabbietta o, qualora le api debbanoessere impiegate per rafforzare coloniedeboli, una capsula contenente feromonemandibolare della regina (Bee Boost). Una capsula è sufficiente a mantenerel'aggregazione delle operaie per un periododi circa 30 giorni.

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ComunitàEuropeaSchede tecniche di apicoltura

Il pacco d'api è un modo di commercializzare le api, solo di recente adottato dal nostroPaese, pur costituendo una tipologia oramai consolidata in altre nazioni, soprattutto neipaesi anglofoni.Il commercio dei pacchi d'api assume molteplici caratteristiche positive, quali la rapidità dellasua formazione e l'economicità rispetto al nucleo artificiale tradizionale. Deve però la sua for-tuna e la sua diffusione alla maggiore sicurezza sanitaria del materiale commercializzato; ilfatto di essere composto esclusivamente da api adulte, concorre a limitare in modo signifi-cativo la propagazione delle malattie tipiche della covata. Questo, anche in considerazionedel periodo di “quarantena" ed al tipo di trattamento al quale sono sottoposte le api duran-te il viaggio: una vera e propria cura della fame (vedi glossario).Le api viaggiano in particolari cassette (gergalmente chiamate pacchetti) realizzate in maso-nite o multistrato e con le due facce lunghe costituite da fitta rete metallica. Le api formanouna sorta di sciame nudo e questo permette all'apicultore (o il venditore o l'acquirente) dipoter effettuare un trattamento esaustivo contro la Varroa destructor, prima dell'utilizzo defi-nitivo del pacco d'api.Nel normale rapporto commerciale, le cassette contengono comunemente circa 1 o 1,5 chi-logrammi di api, raramente di più. Un quantitativo di api operaie pari a un chilo e mezzo èsufficiente per ricoprire circa 5 telai da nido.I pacchi d'api, come già detto nella scheda relativa alla loro formazione, possono essere com-mercializzati sia con regina, sia senza. In quest'ultima condizione, nel pacco d'api può essereinserito il feromone reale, con l'obiettivo di tenere aggregate le api. Se lo "sciame" viene impiegato per rinforzare famiglie già attive, la presenza del feromonereale non è indispensabile. Al contrario, qualora si debba inserire successivamente una regi-na già feconda, l'impiego del feromone è tassativo, favorendo in modo significativo l'accet-tazione della regina. Ovviamente, qualora nel pacco d'api sia stata già inserita la gabbietta con la regina, l'impie-go di feromone reale sintetico non riveste importanza.Nella consuetudine del mercato italiano, a differenza di quanto avviene negli Stati Uniti,anche quando fornite con i pacchi d’api, le regine viaggiano separatamente nelle gabbiettedi tipologia nicot, le comuni gabbiette in materiale plastico. Le regine vengono inserite sfrut-tando le stesse gabbiette utilizzate per la spedizione.Appena ricevute, è assolutamente necessario fare in modo che le api contenute nei pacchipossano riprendersi dallo stress del viaggio. Occorre far sostare le cassette, in una zona inombra e ben ventilata, per un paio d'ore, provvedendo a bagnare la rete esterna con acquafresca e potabile.Esistono diverse tecniche per trasferire le api nelle arnie. In questa sede ne vengono descrit-te due: una prima prevede l'impiego delle arniette prendisciame a 6-7 favi; una seconda, l'u-tilizzo delle normali arnie a 10 favi. Molti accorgimenti sono comuni ad entrambi i processi,che differiscono sostanzialmente per il posizionamento dei pacchetti. Dapprima vienedescritto il metodo che prevede il trasferimento delle api nelle arniette; successivamentequello nelle arnie a 10 favi, precisando unicamente le differenze che questo sistema com-porta.

22 L'ingresso dell'arnia ricevente deve essere chiuso, in modo che le api,non appena fuoriuscite dal pacchetto,non possano disperdersi. Nel caso non sipossa tornare ad aprire l’ arnia nelle suc-cessive 48 ore, si può chiuderne l'ingres-so con del nastrocarta (il comune na-strocarta da carrozziere). Le api riuscen-do a bucarlo possono liberarsi. In questoperiodo, la famiglia ha probabilmenteiniziato la costruzione dei favi e liberatola regina che, tempo qualche giorno,inizia la deposizione.

11 Dapprima occorre predisporre le arnie affinché possano accogliere leapi. Se l'inserimento viene fatto inarniette da cinque o sei telaini (leclassiche per nucleo artificiale) si procedeinserendo da un lato un nutritore atasca riempito di sciroppo e, dalla parteopposta, un favo contenente per metàscorte di miele e polline e per metà celleche possano accogliere covata. Nellospazio centrale vanno inseriti telaini confogli cerei.

Tre sono i modi per inserire la regina: la gabbietta può essere sospesafra i telai facendo uso di filo plastificato odello stesso filo impiegato per l'armatura;poggiata direttamente sui telaini delnido o sul fondo dell'arnia; inserita in unfavo. Occorre prestare attenzione ericordarsi di rimuovere la chiusura dellagabbietta prima di inserirla nell’arnia.

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I pacchi d’apile tecniche di utilizzo

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Azione di comunicazione

Schede tecniche di apicultura I pacchi api - le tecniche di utilizzo

Così predisposta, l'arnia è prontaad accogliere le api. Con la massimaattenzione si apre il pacchetto,liberando il pannello di chiusura daiganci o dalle graffette. Sollevata lacassettina di qualche centimetro, sibatte leggermente sull'arnia in modotale che le api precipitino sul fondo.Quindi, con un rapido movimento sicapovolge il pacchetto, posizionandoloin modo che chiuda completamente laparte posteriore dell'arnia.

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A questo punto si posizionaanteriormente il coprifavo in modo taleche chiuda perfettamente l'arnietta. Sievita così la fuoriuscita delle apiimpedendone la loro dispersione nelterritorio e la deriva verso gli alvearivicini. Poichè il coprifavo sporge verso laparte anteriore del nido, occorre, ovepresente, rimuovere preventivamentegli angolari.

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Dopo 48 ore è possibile prelevare il pacchetto ormai vuoto, provvedendoa chiudere correttamente il coprifavo.La prima visita di controllo deveavvenire una settimana dopo il travaso.In questa occasione è consigliabilerabboccare il nutritore a tasca con unaltro litro e mezzo di sciroppo. Occorreanche sincerarsi dell'avvenutaliberazione della regina e dell'inizio dellaovideposizione.

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Nel caso il travaso avvenga in arnieda 10 favi, il procedimento contemplapiccole differenze. In questo caso il pac-co d'api può essere collocato diretta-mente all'interno dell'arnia. Questa devecontenere un nutritore a tasca riempitodi sciroppo, uno o due favi che abbianoanche una buona quantità di scorte edue o tre telaini con foglio cereo, percompletare lo spazio interno. Il nutritoredeve essere interposto fra i favi ed ilpacco d'api. La gabbietta con la reginadeve essere collocata come nel casoprecedente..

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Per l’allestimento della postazione, è molto importante curare la disposizionedelle arnie nelle quali vengono inseriti ipacchi d’api. Esse non devono esseredisposte allineate e vicine, ma opportuna-mente distanziate e collocate in modo chegli ingressi siano resi facilmente riconosci-bili attraverso colori e figure diverse.Molto importante è anche la presenza dipunti di riferimento, quali cespugli e alberi,indispensabili per favorire l'orientamentodelle bottinatrici ed evitare il fenomenodella deriva.

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Per circa tre settimanedall'inserimento delle api, è necessarioeffettuare dei controlli periodici, al finedi verificare il buon andamento dellacolonia neo costituita. Anche inpresenza di un buon flusso di nettare èbuona norma provvedere alla suanutrizione, preferibilmente fino alcompletamento del nido.

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ComunitàEuropeaSchede tecniche di apicoltura

L'allevamento per la produzione delle api regine ha oramai raggiunto un elevatissimo grado dispecializzazione. Pur essendo effettuato secondo modalità rispondenti a linee guida comuni, ven-gono però impiegate tecniche che differiscono in funzione delle condizioni ambientali nelle qualisi opera. Tali tecniche subiscono ulteriori aggiustamenti da parte dei singoli apicultori che tendo-no ad adattarle alle loro specifiche esigenze di produzione ed organizzazione, intervenendo sudettagli non sempre trascurabili.L'universo in questione risulta dunque rappresentato da molteplici metodologie di allevamentononché caratterizzato da una estrema variabilità fra le stesse. È comunque possibile individuaredelle "procedure tipo", alle quali ricondurre la maggior parte delle metodiche comunemente appli-cate.Per lo più i metodi differiscono in relazione al livello di specializzazione al quale l'allevatore intenderiferirsi per organizzare la propria attività. Questo soprattutto in rapporto alle attrezzature che egliintende acquistare o realizzare appositamente. Ovviamente, in un allevamento finalizzato all'esclu-siva produzione di api regine destinate alla vendita, è possibile riscontrare una propensione adinvestimenti specifici maggiore di quanto non si verifichi nel caso di allevamenti meno intensivi senon addirittura promiscui. Negli allevamenti semintensivi la produzione di regine è finalizzata allarealizzazione di pacchi d'api e nuclei; nei secondi, quelli promiscui, è limitata al solo uso interno.Nel sistema semintensivo si usano abitualmente le stesse attrezzature (arnie, melari, escludiregine,ecc.) che normalmente vengono impiegate per altre funzioni ed in altri periodi dell'anno. Al mas-simo è possibile prevedere per esse delle piccole modifiche che non ne alterino comunque la pos-sibilità di impiego originale. Ad esempio, l'allevatore di api regine non professionistico, pur doven-do affrontare piccoli disagi produttivi, eviterà di dotarsi di attrezzature speciali, quali specifichecamere di allevamento, destinate ad accogliere telaini da nido. Egli impiegherà, in alternativa, duemelari sovrapposti, pur nella consapevolezza che la somma delle loro altezze è di qualche centi-metro superiore a quella che necessita per ospitare correttamente i telai da nido. Al massimo, permeglio operare, è possibile che debba privare dei distanziatori alcuni melari o, eventualmente,sostituire quelli da 9 favi con distanziatori da 10.Le schede interessate alla descrizione delle differenti metodiche per la produzione di regine si com-pletano le une con le altre. Per fare un esempio, le tecniche relative ai traslarvi sono impiegate siain allevamenti intensivi che semintensivi e promiscui. Altrettanto avviene per le pratiche inerenti lacostituzione dei nuclei di fecondazione ed il prelievo delle regine per la vendita o la spedizione.

il metodo semi intensivo

33 La camera di allevamento deveessere separata dal resto della colonia attra-verso l'interposizione di una lastra escludiregina. Essa deve consentire l'uscita della apidirettamente dal doppio melario. In alternati-va è necessario che uno o entrambi i melarisiano dotati di un'uscita indipendente. È op-portuno ridurre la comunicazione fra il nidoed il rifinitore lasciando un passaggio diappena 5-7 centimetri. Ciò si realizza restrin-gendo la superficie della lastra escludireginacon del cartone e nastro adesivo per pacchi.

11 L'allevamento delle api regineviene predisposto in una zonadell'alveare opportunamenteorfanizzata (abitualmente chiamatacamera di allevamento), assai simile alrifinitore impiegato nel sistema verticaledi tipo professionistico. Allo scopo sipredispone un doppio melario sul nidodi una colonia forte.

Il melario superiore deve essere privodi distanziatori, poiché in esso devonoessere sistemati 10 favi. Eventualmente ildistanziatore da 9 favi, normalmenteimpiegato nei melari, può essere sosti-tuito con uno da nido, a 10 spazi. Ovenon fosse possibile, si può lasciare il di-stanziatore da 9 favi; in questa situazio-ne, però, le api generalmente allunganole celle da covata. I favi, così ispessiti,trovano difficile ricollocazione nel nido in una loro successiva riutilizzazione.

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La produzione di regine 22 Lo svantaggio dell'impiego di due

melari sovrapposti è dovuto al fatto chela somma delle loro altezze è comples-sivamente maggiore di qualche centi-metro rispetto a quella necessaria perospitare correttamente un telaino da ni-do: 33 o più centimetri contro i 31 cen-timetri di un telaino da nido. In questasituazione, generalmente, le api tendo-no a costruire numerosi favi-ponte fra itelai presenti nel nido e quelli posizio-nati nella camera di allevamento.

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Schede tecniche di apicultura La produzione di regine - il metodo semi intensivo

Nel doppio melario si dispongono4 favi con polline, 2 favi con covatanascente, 2 favi con covata aperta edue telaini portastecche, secondo ladisposizione seguente: 1) polline, 2) covata nascente, 3) telainoportastecche, 4) covata aperta, 5) polline, 6) polline, 7) covata aperta, 8) telaino portastecche, 9) covatanascente, 10) polline. In ciascun telainoportastecche vengono inserite duestecche con 14/20 celle ciascuna.Pertanto in ogni camera di allevamentotrovano spazio circa 56/80 cupolini.

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Nel caso di melario con distanziatoreda 9, si inseriscono solamente 3 favi conpolline, omettendo il posizionamento diuno dei due al centro della camera diallevamento.

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È importante che il portastecchesia dotato di un piccolo nutritore a tascacollocato superiormente. Infatti, sin dalsuo primo inserimento è buona normaattrarre sui cupolini reali il maggiornumero di api di casa, soprattuttonutrici e ceraiole. Le prime per nutrire almeglio le larvette, le seconde perattendere la costruzione delle celle.In questo modo è possibile aumentaresignificativamente l'accettazione dellelarve inserite.

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Dopo 24 ore dall'allestimentodella camera di allevamento edall'inserimento dei portastecche, icupolini a regina vengono prelevati peressere opportunamente preparati per iltraslarvo. Essi devono essere accorciati alfine di facilitare l'inserimento dellelarvette. È possibile rifilarli con uncoltellino affilato e scaldato alla fiamma.

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Una volta effettuati i traslarvi,i telaini portastecche, con le larve di primaetà inserite nei cupolini, vengonoricollocati nelle camere di allevamento,nella medesima posizione dalle qualierano stati prelevati. Occorre considerareche, in questo momento, il ciclopreimaginale delle larve è giunto al quartogiorno: tre trascorsi come stadio di uovoed uno come larva di prima età.

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Per attirare quante più operaiepossibile verso le stecche coi cupoliniinnestati, durante la fase di cella aperta(e quindi, dall'inserimento deiportastecche, per un periodo di 5giorni) è preferibile proseguire lanutrizione in modo abbondante consoluzione zuccherina concentrata, nellaproporzione di 1 parte di acqua e 2 dizucchero.

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ComunitàEuropeaSchede tecniche di apicoltura

L'allevamento professionistico per la produzione di api regine prevede la realizzazione di apiari dedicatia questa funzione, nonché investimenti in attrezzature e materiali di allevamento specifici per questiimpieghi. Il numero di regine che è possibile ottenere per singolo ciclo produttivo è notevole (parec-chie decine) e pertanto la produzione annuale può raggiungere assai facilmente le diverse migliaia.Ciò presuppone un'organizzazione aziendale che preveda la possibilità di produrre api regine non sol-tanto per la tradizionale quota di rimonta aziendale o per la formazione di nuclei artificiali e di pacchid'api, ma anche la vendita diretta di regine selezionate.Il metodo di seguito descritto è quello principalmente adottato in Italia da allevamenti specializzati.Tuttavia può trovare facile applicazione anche in piccoli allevamenti, nei quali la vendita di nuclei di apisu 5 favi o di pacchi d'api concorre stabilmente alla creazione del reddito aziendale. Infatti, a fronte diinvestimenti specifici, spesso onerosi, il metodo intensivo garantisce migliori risultati nell'accettazionedelle larve e, quindi, un risparmio nell'impiego della manodopera.L'allevamento intensivo prevede l'innesto delle celle reali in famiglie comunemente indicate come star-ter.

La produzione di regine

44 Il giorno seguente i portastecchecontenenti le larvette accettate e tutte leapi di copertura, possono essereprelevati e trasferiti in altri alveari,chiamati rifinitori. Questi ultimi, purrispondendo a canoni comuni, possonoavere configurazioni differenti nel casodi allevamenti in orizzontale o inverticale. In ogni rifinitore trovanospazio due telaini portastecche, percomplessivi 60 cupolini reali.

33 In una classica arnia DB da 10 favi,privata dei distanziatori, vengono sistema-ti 6 favi di polline e 5 portastecche, dellospessore di soli 15 millimetri, forniti di nu-tritore a tasca. In ciascuno di essi vengo-no inserite due stecche portacupolini concirca 15 celle reali ciascuna, per un totaledi circa 30 cupolini. Nel caso di arniemunite di distanziatori, il rapporto favi-telaiporta-stecche può essere 6 a polline per4 portastecche ovvero 5 a 5. Nello startercosì preparato, i traslarvi possono essereese-guiti dopo appena 12 ore.

Nell'allevamento in orizzontaleil rifinitore, preparato il giornoprecedente l'immissione dei cupolini aregina provenienti dallo starter, devecontenere:2 favi di covata nascente ai lati;2 favi di covata aperta;1 o 2 favi di polline al centro.I telaini portastecche trovano posto fra iltelaino di covata nascente e quello dicovata fresca, secondo la successione infigura.

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11 Per starter si intende una famigliaorfana, preparata appositamente per laprima accettazione di larve destinate adivenire regine. Per la sua preparazionesi utilizzano famiglie forti e con molteapi giovani. Da queste vengonoprelevati tutti i favi di covata, sia giovaneche opercolata, relativamente coperti diapi, nonché la stessa ape regina.

I favi con covata e le api dicopertura, nonché la regina, possonotrovare posto in un doppio melario chiu-so inferiormente da una rete e superior-mente da un coprifavo. Così segregate,le api vengono trasferite in un postoall'ombra (non umido) e riparato. Inquesto caso, è opportuno sistemare fra ifavi un nutritore a tasca, colmo di acqua,al fine di facilitare il controllo dellatemperatura da parte della famiglia (vediglossario Starter - Preparazione).

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il metodo intensivo e l’allestimento dello starter

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Schede tecniche di apicultura La produzione di regine - il metodo intensivo e l’allestimento dello starter

Nel sistema in verticale, il rifinitore,posto superiormente al nido, è costituito dacorpo realizzato appositamente. La suastruttura è riconducibile a quella di un doppiomelario, ma con un'altezza leggermenteinferiore, rapportata a quella di un telaino danido: 31 centimetri contro i complessivi 33 opiù centimetri normalmente raggiunti da duemelari sovrapposti.

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Il rifinitore deve essere dotatodi un'uscita di volo indipendente e separato dalnido sottostante mediante una lastraescludiregina. È opportuno ridurre lacomunicazione fra il nido ed il rifinitorelasciando una passaggio di appena 5-7centimetri. Ciò si realizza restringendo lasuperficie della lastra escludiregina con delcartone e nastro adesivo per pacchi.

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Nell'allevamento in verticaleil rifinitore, preparato anche in questo caso ilgiorno precedente l'immissione dei cupolini aregina, deve contenere: 2 favi con polline; 2 favi di covata nascente ai lati; 2 favi dicovata aperta con larve di prima-terza età; 2 favi con polline al centro. I telaini portastec-che, al pari del sistema in orizzontale, devonoessere posizionati fra i telaini con covata,rispettivamente in posizione 3 e 7.

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Una volta prelevate le celle a regina,nello starter si riavvicinano i favi di polline, sisovrappone una lastra escludi regina e sirendono i favi di covata con la regina,prelevati il giorno prima. Così preparata,questa famiglia è pronta per funzionarenuovamente come starter dopo circa tregiorni.

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In questo caso, la regina ed i faviprelevati al momento della formazione dellostarter, vengono trasferiti in un altro apiario o,in alternativa, possono essere sovrapposti adun'altra famiglia interponendo una lastraescludi regina aperta solo per 5-7 centimetri echiusa con del nastro adesivo nella parterestante.

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In questo caso si affumicaabbondantemente la parte superiore, tantoda far scendere la maggior parte delle apinella camera inferiore. Quindi si preleva laparte superiore (contenente la covata, po-che api e la regina) e ci si comporta comedescritto in precedenza. Occorre controllareil nido con i favi di polline per sincerarsi chequesti siano ancora colmi. Nel caso non lofossero, si sostituiscono con altri favi di scorta.

Il corpo superiore, compostoda una colonia con regina propria, deveessere dotato di un'apertura di voloindipendente. Questa può essere realizzatao direttamente sulla lastra escludiregina opraticando dei fori nel corpo superioredell'arnia.

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In un allevamento intensivo, è megliosfruttare lo starter più a lungo. Una volta pre-levata la prima batteria composta da 150 celle,se ne introduce una seconda, composta dacirca 120 cupolini suddivisi su 4 portastecche.Il giorno dopo, prelevate queste 120 celle, sene introducono altre 90 (su 3 portastecche) equindi, in successione, 60 su 2 portastecche e30 su un solo portastecche. Per quest'ultimabatteria, lo starter funge da rifinitore.

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ComunitàEuropeaSchede tecniche di apicoltura

L'allevamento per la produzione delle api regine si compone di differenti fasi operative, fra le qualioccorre annoverare anche la realizzazione dei supporti necessari all’allevamento.Queste fasi possono essere o eseguite interamente in azienda o in parte delegate a strutture terze.Cosi avviene, ad esempio, per i cupolini reali necessari per il traslarvo; per il loro approvvigiona-mento si può facilmente ricorrere al mercato, ove è possibile acquistarne sia di realizzati in plasticache in cera d’api.Mentre per l’apicultore non è possibile realizzare in proprio i cupolini del primo tipo, per quelli incera la scelta di ricorrere al mercato o alla produzione in azienda è dettata principalmente da para-metri economici o dalla facilità di reperimento. Spesso è proprio la possibilità dell’immediata dispo-nibilità in azienda che induce i produttori di regine, specie se non professionisti, alla produzione inazienda dei cupolini in cera.Questa scheda descrive sia il metodo comunemente utilizzato per la produzione dei cupolini incera con l’impiego di attrezzature artigianali, sia quello che si avvale di strumenti professionali

La produzione di regine

11 L’inserimento delle larve realideve avvenire entro cellette dalla formae dimensioni pari a quelle realizzatedalle api in natura. Nella pratica apisticasi impiegano normalmente cupolini o inplastica o realizzati in cera d’api.Entrambi rispondono alle esigenze di uncorretto traslarvo. La scelta verso un tipoo l’altro risponde a differenti criteri:finalità del traslarvo (per la produzione dipappa reale o api regine), economici,organizzativi o altro.

Entrambi i tipi di cupolinosono normalmente reperibili in commer-cio, in confezioni di diversa consistenza. Illoro costo è comunque non indifferente.Per questo motivo, i cupolini in plastica,riutilizzabili, trovano largo impiego nellaproduzione di pappa reale. Al contrario,quelli in cera vengono frequentementeimpiegati nei traslarvi per la produzionedelle api regine. Questo tipo di produ-zione, infatti, presuppone l’utilizzo dicupolini “a perdere”.

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44 Le attrezzature che occorrono per prepararsi una scorta di cupolini incera sono le più svariate. Per piccole pro-duzioni è possibile usare un cilindretto dilegno del diametro di 8 millimetri, otte-nuto levigando opportunamente unamatita o un chiodo di legno. In commer-cio è comunque possibile reperire parti-colari stampi in silicone che permettonodi ricavare contemporaneamente 10-15cupolini. Stampi simili possono essereanche realizzati artigianalmente in legno

33 Per la fabbricazione in propriodei cupolini in cera, occorre valutare ledimensioni che questi devono avere peruna normale accettazione da parte delleapi. È importante che il diametrodell’imboccatura sia pari a 8 millimetri,mentre l’altezza riveste scarso rilievo,potendo variare dagli 8 ai 15 millimetri.

È necessario poter disporre di due recipienti delle dimensioni adeguateal tipo di stampo utilizzato; uno contenentesemplicemente dell’acqua ed uno conacqua nella quale sia stato disciolto dellozucchero o del miele nel rapporto di circa1a1.

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la preparazione e l’uso dei cupolini

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Schede tecniche di apicultura La produzione di regine - la preparazione e l’uso dei cupolini

Per la produzione dei cupolinisi usa cera di buona qualità o, meglio,cera di opercoli, quasi totalmente privadi propoli. Questa viene scaldata nonsulla fiamma viva, ma a bagnomaria. Peruna sua facile manipolazione, latemperatura ottimale di impiego nondovrebbe superare i 70-72°C, di pocosuperiore a quella di fusione (62-64°C).Disponendo di uno scaldavivandetermostatato, e regolando la tempera-tura a 70°C, l’operazione risultadecisamente più comoda e veloce.

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Per prima cosa si immerge lostampo nell’acqua zuccherata, in modotale da creare una pellicola che eviti allacera di aderire allo stampo stesso. Alcuniapicultori, invece che zucchero o miele,disciolgono nell’acqua del sapone dimarsiglia. L’uso del sapone, benché piùcomodo, è però decisamente dasconsigliare per i residui che esso lascia,residui difficilmente eliminabili. Nel caso,è necessario sciacquare accuratamente icupolini.

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Di seguito si immerge lo stamponella cera fusa, per qualche secondo. Sela cera non è in temperatura, la pellicolache si viene a formare risulta piuttostosottile. In questo caso occorre aspettareche la cera raffreddi leggermente,ripetendo l’operazione dopo pochiminuti. Lo stampo va immerso nellacera per non meno di 8 millimetri e nonpiù di 15.

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Per solidificare la cera si immergelo stampo nell’acqua fredda. Questopermette un rapido abbassamento dellatemperatura e quindi il consolidamentodei cupolini, facilitando sensibilmente illoro distacco. Nel caso che lo strato dicera che aderisce allo stampo risultitroppo sottile, è possibile ripeterel’operazione immergendolo nuovamen-te nella cera fusa.

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I cupolini si staccano dallo stampooperando una leggera rotazione sul loroasse. Una volta estratti, vanno lasciatiasciugare a temperatura ambiente su unpanno o, meglio, su una griglia. Infatti,durante la conservazione, tracce diumidità residua potrebbero favorire losviluppo di muffe.

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Non è importante ottenere cupolini tutti uniformi. Infatti, durante lafase di familiarizzazione o di accetta-zione (il primo inserimento, della duratadi 24 ore circa, che precede il traslarvo),sono le api stesse che provvedono amodificare le celle reali, in modo taleche siano perfettamente idonee adaccogliere le larve a regina.

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ComunitàEuropeaSchede tecniche di apicoltura

La fase preparatoria ai traslarvi è di estrema importanza per il buon fine di tutta la filiera produttiva.Questa fase prende in considerazione il numero di stecche da inserire nei telai portastecche, ilnumero di cupolini da fissare nelle singole stecche e le modalità di ancoraggio dei cupolini alle stec-che. È opportuno, infatti, fare in modo che la distanza fra le stecche permetta la corretta costruzio-ne delle celle reali, evitando che queste arrivino a toccare la stecca posta inferiormente o, peggio,che le operaie siano costrette a costruirle ricurve. Occorre anche garantire una corretta distanza fra i cupolini, in considerazione del fatto che essidiverranno celle reali. Qualora le celle siano ridossate le une alle altre (come avviene per la produ-zione di pappa reale), le api provvederebbero a saldarle fra loro. Al contrario, una distanza eccessi-va fra le celle porterebbe le api a costruire negli spazi liberi porzioni di favo che ingloberebbero lecelle stesse.Infine le celle mature devono essere facilmente staccabili dal supporto, senza dover correre il rischiodi schiacciarle fra le dita.

La produzione di regine

11 Il numero di cupolini da inseriresu ciascuna stecca è funzione del tipo diproduzione. Nel caso il traslarvo siafinalizzato alla produzione di regine (enon a quello di gelatina reale), occorreconsiderare che le larve debbono averemodo di completare l'intero ciclopreimaginale. Pertanto il numero di cellevaria da un minimo di 14 ad unmassimo di 18-20 e i cupolini devonoessere posti fra loro ad una distanza di 7-10 millimetri.

I cupolini devono essere fissatialle stecche in modo tale che risulti facileil loro prelievo una volta divenuti cellereali mature. Alcuni apicultori sono solitifissare i cupolini utilizzando una goccia dicera. Oltre alla scarsa praticità, questosistema rende spesso complicato ildistacco della cella matura, soprattuttoquando si utilizzano cupolini in cera.

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44 In commercio esistono diversi sistemiper semplificare il fissaggio dei cupolini.Tali dispositivi, permettendo il facilespostamento dei cupolini, consentonodi eliminare quelli ove le larve non sonostate accettate e di concentrare su unnumero inferiore di telaini portastecchele cellette con le larve accettate. Lapercentuale di accettazione può infattirisultare a volte assai scarsa, soprattuttoal di fuori del periodo di sciamatura.

33 I cupolini di cera possono essere inseriti direttamente su quelli in plastica,operando semplicemente una leggerapressione. Il fissaggio completo viene poiassicurato dalle stesse api operaie che,nella fase di familiarizzazione, provvedonoad ancorarli al cupolino di plasticaattraverso la loro secrezione ceripara.

Questi dispositivi possono esserecompletati da particolari protezioni dellecelle da posizionare una volta avvenuta l’opercolatura. Queste protezioni hanno lafunzione di impedire che le api distrug-gano le celle anzitempo, nel caso che unaregina sfarfalli precocemente o che unaregina, di ritorno da un volo di feconda-zione, rientri casualmente nell'arnia diallevamento.

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la preparazione al traslarvo e l’innesto dei cupolini

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Azione di comunicazione

Schede tecniche di apicultura La produzione di regine - la preparazione al traslarvo e l’innesto dei cupolini

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I cupolini vengono inseriti nella coloniaorfana per una fase definita di familiarizzazio-ne. Questa fase dura 24 ore circa: il tempo perle api di avvertire lo stato di orfanità, effettivo oapparente. I cupolini vengono "elaborati" dalleapi che provvedono a trasmettere l'odore dellafamiglia.

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I cupolini estratti dall'alveare si presentano, trascorse 24 ore, con una foggiaspesso assai diversa da quella iniziale. Infatti,trovandoli privi della larvetta, le api soventetendono a chiuderli con una sorta di opercoloceroso.

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Il traslarvo viene facilitato rifilando,con un coltello, i cupolini fino a non più di 6-8 millimetri della loro altezza. Per evitare dirovinare i cupolini, la lama deve essere benaffilata e leggermente riscaldata sulla fiammaviva.

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Il traslarvo può essere fatto o a seccoo immettendo nella cella reale una goccia diacqua distillata o, meglio, di gelatina reale.Quest’ultima può anche essere diluita conacqua distillata nella proporzione di unaparte di gelatina per una o due parti diacqua, in funzione della temperatura dellocale. L’inserimento della gelatina reale vienerealizzato con l’ausilio di una comune siringa.

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L'estrazione della gelatina realedalle celle reali può avvenire direttamente incampo o, meglio, in ambiente confinato conumidità elevata e temperatura moderata.Operando al chiuso, le cellette ancoraaperte devono essere tagliate dai favi echiuse in contenitori di materile coibente (adesempio, polistirolo) o in vasetti di vetrotenuti coperti e lontano dai raggi solari.

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Per estrarre la pappa dai cupolinisi impiega una normale spatolina. In questocaso la gelatina reale contiene dei residui dicera che devono essere allontanati perevitare che essa possa intasare l'ago dellasiringa impiegata per la sua distribuzione frai cupolini. Per fare questo si utilizza, comefiltro, un piccolo brandello di una sottilecalza femminile di nylon.

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La gelatina reale da impiegarenei traslarvi può essere acquistata o, meglio,estratta dalle celle reali che le apicostruiscono durante la stagione dellasciamatura. Le celle reali dalle quali si estraela pappa reale devono preferibilmentecontenere larvette dell'età massima di tregiorni.

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La gelatina reale viene filtrata inserendoquesto involucro in una siringa privatadell’ago. Attraverso la sua compressioneoperata dallo stantuffo, è possibile riversarein una seconda siringa la gelatina realeadeguatamente filtrata. In questo modoviene evitato che l'ago utilizzato perimmettere la pappa reale nelle cellette vengaostruito da pezzetti di cera.

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la preparazione al traslarvo - i favi e il laboratorio

La produzione di regine

22 Per facilitare il lavoro, è utilepoter disporre di buoni favi già costruiti,da utilizzare appositamente per i traslarvi.Questi, vuoti, possono essere inseriti neinidi delle famiglie selezionate, al centrodella covata, possibilmente ai lati del favosul quale è stata rinvenuta l'ape regina.In questo modo si ha la certezza cheessa si sposti su di essi, iniziandol'ovideposizione. Tale pratica èfrequentemente impiegata nelle aziendespecializzate per la produzione di regine.

Estraendo questo favo non primadel quarto giorno (e, preferibilmente, nondopo il sesto), è possibile disporre di ungran numero di larvette di prima età. Si consideri infatti che la prima muta (equindi il passaggio a larva di seconda età)avviene dopo 16 ore dall'uscita dall'uovo.Le larvette di prima età sono assai piccole,anche più dell'uovo. Per questo motivonon sono facilmente distinguibili da unocchio poco esperto.

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11 Per operare facilmente i traslarvi,occorre poter disporre di buoni favicon un gran numero di larve di primaetà, larve il più possibile coetanee.Questi favi debbono aver sostenutoalmeno un turno di covata, ma essereancora "chiari" in modo tale che lacovata sia facilmente distinguibile.Purtroppo, il più delle volte i favi concovata contengono stadi preimaginalidi tutti i tipi, dalle uova agli stadi pupali,prossimi allo sfarfallamento.

Per ottenere ottime api regine, in quantità adeguate, è importante operare i traslarvi con la massimaattenzione. Occorre trasferire larvette appena fuoriuscite dall'uovo e che non abbiano compiuto anco-ra la prima muta. Le dimensioni di queste larve superano appena il millimetro di lunghezza e non sem-pre si distinguono sul fondo della celletta. La loro individuazione è facilitata dalla gelatina reale, traslu-cida, che ne attesta sempre la presenza.L'età delle larve è molto importante. Infatti, anche una larva di tre giorni ha la possibilità di divenire regi-na, se alimentata durante la sua vita preimaginale, con pappa reale. Allevando però regine a partireda larvette di prima età, si riproducono artificiosamente condizioni molto simili a quelle nelle quali le apioperaie si trovano ad operare in caso di sciamatura. Al contrario, qualora si utilizzino larve di tre giorni,le condizioni sarebbero le medesime nelle quali le operaie si troverebbero ad operare in condizioni diorfanità. Nel primo caso, infatti, le regine vengono prodotte partendo da un uovo appena deposto;nel secondo, da larve le più grandi possibile, in modo da accelerare la nuova nascita di un'ape regina.In natura, nei due casi, la qualità delle regine che si ottiene, espressa nel numero di ovarioli che com-pongono l'ovario, è significativamente diversa. Secondo un lavoro di Soczecks (riportato dal Bailo nelsuo libro”Ape regina”), le regine di sciamatura presentano un ovario composto da 325 a 374 canaliovarici; le regine di sostituzione da 200 a 357 canali ovarici: fino al 50% circa in meno (vedi glossa-rio:scelta delle larve).La giustificazione di questa differenza morfo-fisiologica pare sia insita nella diversità della qualità dellagelatina reale con la quale le larve sono nutrite, funzione della loro futura casta di appartenenza: ope-raia o regina.Ancora, si aggiunga il fatto che la pappa reale con la quale vengono alimentate le larvette mostra unacomposizione assai differente, in funzione, oltre che della tipologia della larva (operaia o regina), del-l'età.Considerando la sola composizione nei tre costituenti essenziali (proteine, grassi e carboidrati), lapappa reale somministrata alle larvette di operaia al primo giorno ha un contenuto proteico pari al45% contro il 53% della pappa reale destinata alle larvette reali di prima età. Stessa differenza, ma ribal-tata, si riscontra per i grassi: 13% per le operaie contro appena l'8% delle regine. Per gli zuccheri, inve-ce, le differenze mostrano valori meno significativi: il 20% per le operaie contro il 18% delle regine.Differenze ancora più marcate si riscontrano nella composizione della pappa reale destinata alle larvereali prossime all'opercolatura rispetto a quella delle larvette di prima età: il 27% di proteine (contro il53% visto in precedenza per la larva reale di prima età); il 3% di grassi (contro l'8%); il 44% di zuccheri(contro il 18%).Pertanto, nella produzione di api regine partendo da larvette di operaia, è fondamentale indirizzare lascelta verso larve le più giovani possibile, poiché per esse minore è stata la differenza di alimentazione.Infatti, sebbene si operi al meglio, nelle prime ore di vita le larvette utilizzate sono state nutrite comun-que come operaie e non come future regine. Ciò spiega in parte il fatto che le regine di allevamentoposseggono comunque un minore quantitativo di ovarioli, da 289 a 341: in media il 10% in menorispetto alle regine di sciamatura. Per quanto questa differenza mostri una significatività statistica nonelevata, certamente le regine di sciamatura, nella pratica, si sono dimostrate le migliori in assoluto.Questo anche nella considerazione che, nel decidere il momento della sciamatura sulla base delle con-dizioni ambientali più favorevoli, sia la stessa famiglia a determinare il momento migliore per dare avvioall'allevamento delle nuove api regine.Si consideri infine che, operando la sciamatura artificiale attraverso la semplice divisione di una colonia,si costringono le api operaie ad allevare naturalmente la regina a partire da larve assai disetanee. Inquesto modo, la regina ottenuta è più assimilabile ad una regina di sostituzione e pertanto con carat-teristiche morfo-funzionali poco costanti e comunque inferiori a quelle di allevamento.

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Schede tecniche di apicultura La produzione di regine - la preparazione al traslarvo - i favi e il laboratorio

Considerando che l'ape reginadepone le uova, partendo dal centrodel favo per proseguire, in modocentrifugo, verso la periferia, nel favointeressato da covata, dopo il quartogiorno, è possibile rinvenire al centro lelarvette utili per il traslarvo. Al contrario,la periferia è occupata ancora da uova.Trascorsi quattro giorni la covata alcentro avrà superato l’età per il traslar-vo; pertanto le larvette utili vengono atrovarsi nella fascia tra le uova (esterne)e le larve di seconda età.

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Le larve devono essere tutteassolutamente coetanee affinché ilmomento dello sfarfallamento delle apiregine avvenga in un intervallo ditempo di poche ore. È quindi opportu-no, ribadendo quanto detto inprecedenza che la scelta venga fatta trale larve limitrofe, posizionate all’internodella corona di uova.

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Trascorsi più di quattro giornidall'inizio della covata, sul favo sonoovviamente presenti larve di diversa età.In questo caso occorre porre attenzionenella loro scelta, per evitare di prelevarelarvette disetanee. Queste regine,sfarfallando precocemente rispetto aitempi previsti, potrebbero facilmenteeliminare l'intera batteria di celle.

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Anche la scelta del favo è importante.Esso deve avere ospitato, come giàsuggerito, almeno un giro di covata,altrimenti il coglilarve, non trovandoadeguata resistenza nelle esuvie larvalilasciate dalle larve appena sfarfallate,trapasserebbe facilmente il favo. Nondeve essere però così vecchio darisultare troppo scuro, rendendo difficilel'individuazione delle larve.

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L'operazione del traslarvo si effettuain locali chiusi, nei quali la temperaturaraggiunga valori prossimi ai 25°C. Anche ilcontrollo del tasso di umidità è importanteal fine di evitare che le larvette, dotate diun tegumento ancora assai tenero,possano morire per disidratazione dellacuticola. Il tasso di umidità relativa nondeve scendere mai al di sotto del 50%,meglio se raggiunge valori del 60-70%.

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Per innalzare il tasso di umiditàsi può fare ricorso a dei normalievaporatori o far bollire dell'acquaall'interno del locale. In questo modo siottiene anche il riscaldamentodell'ambiente di lavoro. È anche utilenebulizzare, sui favi e sui cupolini,dell'acqua distillata sterile o coprire icupolini già innestati con dei panniumidi, in attesa di essere trasferiti allefamiglie di accettazione.

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La scelta delle larve che diverranno regine deve essere operata con estrema oculatezza, preferibil-mente secondo un piano di selezione genetica. Esse devono provenire da famiglie i cui caratteridevono essere testati precedentemente. I caratteri da prendere in considerazione sono diversi edhanno differente importanza in funzione delle scelte dell'allevatore. In linea generale questi posso-no essere di tipo funzionale e comportamentale (aggressività, tenuta del favo, resistenza alle malat-tie, attitudine alla sciamatura, ecc.) o produttivo, in funzione dell'indirizzo di produzione che siintende ottenere: miele, pappa reale, nuclei o pacchi d'api, ecc.La selezione risponde a due modelli fondamentali; la selezione massale e la selezione basata sultest della progenie (progenie test).Nella selezione di tipo massale, le famiglie da utilizzare come donatrici di larve reali, ovviamente conle loro cosiddette regine madri, subiscono una prima valutazione nel corso dei primi due anni diattività con un riferimento più specifico, per quanto attiene la performance produttiva, soprattuttoal secondo anno, poiché i risultati relativi al primo possono essere fortemente influenzati da varia-bili ambientali: il periodo di formazione della colonia, il numero di api al momento della formazio-ne, ecc.Al termine della seconda stagione produttiva, le colonie individuate come donatrici, vengono con-centrate in un unico apiario. Durante il terzo anno, così riunite, possono essere ulteriormente testa-te in condizioni ambientali omogenee. In questa seconda fase (terzo anno di vita della regina) sirealizza una nuova selezione in base alla quale vengono scartate le regine che nel corso della sta-gione produttiva non hanno espresso risultati apprezzabili.La selezione massale però, non sempre garantisce i risultati attesi.Migliori risultati si ottengono valutando una regina madre non solo sulla base delle proprie carat-teristiche, ma anche, e soprattutto, su quelle che riesce a trasmettere alla discendenza. Infatti nonsempre madri di ottima qualità danno origine a figlie di altrettanto valore.Gli alveari donatori, con le loro regine madri, selezionati o in maniera massale o sulla base delleperformance della progenie, vanno tenuti poveri di api: sia per operare con maggiore facilità, siaper evitare sciamature indesiderate, data l'età della regina giunta oramai al terzo, quarto o, addi-rittura, quinto anno di vita. Da queste famiglie verranno prelevati i favi di covata giovane da impie-gare per i traslarvi.È opportuno mettere in evidenza che in queste famiglie non sempre la covata si presenta estesa ecompatta, a causa dell'età avanzata della regina.

il traslarvo

33 Per operare il traslarvo si impieganoparticolari strumenti, detti comunementecoglilarve o picking. Ne esistono di tipidiversi. Quelli normalmente impiegati inItalia, pur di fogge diverse, sono inmetallo (acciaio o alluminio) o, piùraramente, in plastica. Sono dotati di unapunta piatta e modellata a forma di ansacon la quale si preleva la larvetta.

11 Il favo donatore deve essere sistemato su un leggio, inmodo tale che risulti leggermenteinclinato. È importante che il fondodella cella ove giace la larvetta daprelevare sia bene in vista perl'operatore.

Altro modello è il coglilarve a molla,noto come tipo cinese. È dotato di unpiccolo terminale a lancia, assai flessibileed in grado di strisciare sul fondo dellacelletta per inserirsi sotto la larvetta. Unavolta prelevata, ancora adagiata sullasua pappa reale, la larva può essererilasciata sul fondo del cupolino attraver-so una semplice pressione sul meccanis-mo a molla. Questo coglilarve ha unadurata limitata nel tempo, consideratoche la punta si rovina facilmente.

44

La produzione di regine22 Per garantirsi una giusta

illuminazione del fondo delle cellette, èraccomandabile l'impiego di lampadesnodate a cuffia, a fascio concentrato.La lampadina dovrebbe essere a lucefredda, con flusso luminoso di circa2000 lumen. Le lampade possono esse-e dotate di lente di ingrandimento. Al-cuni operatori sono soliti impiegare leclassiche lampade, da pescatore, da po-sizionare sulla fronte. Durante l'opera-zione del traslarvo occorre non proietta-re la propria ombra sul favo.

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Schede tecniche di apicultura La produzione di regine - il traslarvo

Prima di procedere al traslarvoè indispensabile rifilare i cupolini estrattidall’alveare ove erano stati inseriti per lafase di familiarizzazione. Infatti, durantequesta fase di vera e propria“manipolazione” da parte delle api, lecellette reali vengono parzialmentechiuse, spesso in misura quasi completa.

55

Per questa operazione si usaun coltellino ben affilato e riscaldatoleggermente su una fiamma. Occorreche il taglio sia netto e che la cellettanon venga deformata durante questafase.

66

La larva deve essere prelevatadal fondo della celletta del favo con ilsuo “cuscino” di gelatina reale. Le larvedi prima età non sono facilmentedistinguibili, ed è possibile individuarledal riflesso prodotto dalla gelatina realesulla quale giacciono. Il coglilarve vienefatto strisciare sul lato della cella e quindisul fondo.

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Sollevando il coglilarve,oltre alla pappa reale, viene asportataanche la larvetta. Nel caso l’operazionefallisca al primo colpo, è consigliabileeliminare la larvetta e proseguire coltraslarvo in un’altra celletta. È infattiprobabile che, insistendo ulteriormente,l’operatore intacchi la cuticola della larvache verrebbe eliminata successivamentedalle api nutrici.

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Il rilascio della larva nel cupolino realeè facilitato dall’impiego di un po’ di acquadistillata e sterilizzata o, meglio, di gelatinareale, pura o diluita nelle proporzioni di 1:1o 1:2, in funzione della temperatura dellocale. L’inserimento della gelatina realeviene realizzato con l’ausilio di una siringadotata del suo ago. Per evitare che l’ago sioccluda facilmente, nel caso si impieghigelatina reale raccolta in apiario, essa deveessere preventivamente filtrata, così comedescritto nella scheda: la preparazione altraslarvo - i cupolini.

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La quantità di gelatina realeche deve essere depositata sul fondodella celletta non deve essere eccessiva.La sua funzione è solo quella di facilitareil rilascio della larvetta, infatti, immergen-do il coglilarve in questo cuscino dipappa reale, la larva si stacca mecca-nicamente dal coglilarve, rendendoveloce e sicuro il suo trasferimento nelcupolino.

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dal traslarvo all’innesto della cella reale matura

La produzione di regine Il ciclo di produzione delle api regine si completa con la fecondazione. Questa fase ha inizio conl'introduzione della cella reale matura nel nucleo di fecondazione e termina col prelievo della regi-na feconda, una volta verificata la sua attività di ovideposizione. Il momento ottimale del prelievodella regina feconda dal nucleo di fecondazione dovrebbe essere successivo all'opercolatura dellacovata, quando è possibile constatarne la sua compattezza, sintomo di assenza di qualunquegrado di consanguineità (vedi glossario).Il periodo della fecondazione ha una durata variabile, essendo particolarmente influenzata dal-l'andamento climatico e dalle temperature. La sua durata è comunque la somma dei moltepliciintervalli di tempo necessari per il compimento di altrettante fasi: lo sfarfallamento della regina adul-ta dalla celletta; il raggiungimento della maturità sessuale da parte della regina vergine; il compi-mento del volo di fecondazione; la maturazione degli spermatozoi nella spermateca.Affinché possa compiersi la fecondazione, l'apicultore deve preparare appositi nuclei di feconda-zione ove inserire la cella reale matura, approssimativamente 24 ore prima del suo sfarfallamento.Nel caso si sfruttino come nuclei di fecondazione famiglie allevate nelle comuni arniette prendi-sciame e composte da due o tre telaini D.B., la loro preparazione non desta alcun problema orga-nizzativo. Questa soluzione, però, ha lo svantaggio di tenere occupate (o, meglio si potrebbe dire,disoccupate) alcune migliaia di api solo per accudire una regina in attesa della fecondazione e,pertanto, ancora improduttiva. Per questo motivo, pur creando notevoli problemi di organizzazio-ne aziendale, i grandi produttori di api regine spesso preferiscono orientarsi, per questa fase, versopiccoli nuclei di fecondazione composti, esclusivamente per questo scopo, da poche decine di api.Il nucleo di fecondazione deve avere una consistenza tale da permettere alla cella reale, una volta intro-dotta, ed alla regina vergine, di ricevere cure adeguate da parte delle operaie. In pratica deve essereassicurato il mantenimento di temperature superiori ai 25°C anche in presenza di condizioni climaticheavverse e di forti escursioni notturne, condizioni che si verificano normalmente durante i primi mesidella primavera. Il nucleo di fecondazione deve inoltre contenere abbondanti riserve alimentari, soprat-tutto polline, per garantire sia l'alimentazione della regina nella fase cruciale dell'inizio della sua attivitàdi riproduttore, sia l'alimentazione della covata. I piccoli nuclei di fecondazione presentano indubbivantaggi: sono facilmente maneggiabili; possono essere controllati velocemente senza l'uso dell'affu-micatore; consentono un'agevole introduzione della cella reale e una facile ricerca della regina. Percontro, non sono di facile preparazione, la loro gestione è spesso difficile, non essendo in grado digarantire un buon livello di temperatura e sono spesso disertati e soggetti al saccheggio.

33 Prima di innestare la cella reale,sarebbe preferibile valutare la vitalitàdella pupa. Se ne verifica la sua presenzaosservando la cella contro luce. Se necessario, la si può capovolgere,mettendo così meglio in evidenza ilbozzolo pupale che si muove al suointerno. Agitando o capovolgendo lacelletta reale vicino all'orecchio, si deveavvertire distintamente lo spostamentodella pupa al suo interno.

11 Il prelievo della cella reale maturaavviene a circa 24 ore dal previstosfarfallamento. È questo il momentomigliore per la sua introduzione nelnucleo di fecondazione poiché la pupa,prossima alla nascita, è menovulnerabile alle diminuzioni repentinedelle temperature. Queste riduzioni,verificandosi durante la permanenza nelnucleo, solitamente meno popolato,potrebbero avere conseguenze letaliper la pupa.

Nel caso si nutrano dubbisulla vitalità della pupa è preferibilescartare la cella. Eventualmente èpossibile aprirla alla base con un taglionetto operato con l'ausilio di uncoltellino ben affilato e controllare lostato della pupa. Lo scongiurare lapossibilità di innestare una cella realecontenente una pupa morta evita diprolungare lo stato di orfanità delnucleo di fecondazione.

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22 Il distacco della cella dalla steccadeve potersi realizzare con estremafacilità. Dapprima si estraggono lestecche dai telaini portastecche, quindisi procede al prelievo delle celle.Queste vanno afferrate per la base, laparte che costituiva in origine ilcupolino: quella prossima alla stecca.

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Schede tecniche di apicultura La produzione di regine - dal traslarvo all’innesto della cella reale matura

E’ opportuno scartare le celle curvesu se stesse perché questo significa chele larve in esse contenute sono stateaccudite da api vecchie e pertanto leregine che si ottengono possonodimostrarsi qualitativamente inferiori.

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Le celle reali migliori sono quelleche presentano una superficie esternamolto lavorata, con riportati in modoben distinto le forme degli esagoni dellecellette. Infatti questo particolare è unsegnale di quanto le operaie abbianocurato l'allevamento delle loro futureregine.

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La cella reale deve essere innestatail giorno seguente la formazione del nu-cleo di fecondazione, in modo da dare iltempo alle api di avvertire lo stato diorfanità. Deve essere inserita nella zonapiù calda dell'alveare, subito ai lati dellacovata, ove questa sia presente. Nel ca-so l'innesto avvenga in una parte del fa-vo poco sfruttata dalla covata, la cellapuò essere inserita operando una sem-plice pressione fra la base della cella (perinteso, la parte superiore, rappresentatadal "vecchio" cupolino) ed il favo.

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Nel caso di un vecchio favo,indurito dalle esuvie larvali lasciate dallepupe sfarfallate, è preferibile procedereall'inserimento della cella reale dopoaver intaccato il favo stesso con la levastaccafavi. Tale procedimento potrebbenon essere necessario qualora si sianoimpiegati cupolini di plastica invece chedi cera.

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Nel caso si debba inserire la cellasubito dopo aver costituito il nucleo difecondazione, è indispensabile avvolgerlacon carta stagnola, lasciandone libero ilsolo apice. Questo per impedire alle api(non ancora consce dello stato di orfanità)di distruggere la cella, operazione che essecompiono aggredendola da un lato.

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Nel caso in cui dopo l'innesto della cella con la regina matura si verifi-chino condizioni climatiche non idoneealla fecondazione, è consigliabile innes-tare nei nuclei una seconda celletta,passati 7-10 giorni dal primo innesto.Qualora sia possibile, disponendo di cel-le reali mature, è opportuno che questaoperazione venga eseguita in ogni ca-so. Infatti, qualora la regina innestata inprecedenza sia sfarfallata regolarmente,la cella innestata successivamente vieneattaccata e distrutta dalle operaie.

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la fecondazione e le stazioni di fecondazione

La produzione di regine

22 Per orientare le api regine,come le bottinatrici, è utile impiegareanche i normali segni geometrici che leapi sono in grado di individuare. Esse,pur non distinguendo fra loro le figureposte nelle due file (ad es. il cerchio �dal quadrato �, dal triangolo � o dalsegmento /), sono in grado didistinguere rapidamente le figure postenella prima fila da quelle della seconda:ad es. il cerchio � dal segno � comedagli altri segni.

Affinché il processo di fecondazionepossa avere successo, nella stazione difecondazione devono essere disponibili,in quantità sufficienti, fuchi maturi ses-sualmente. Soltanto un gran numero dimaschi può far fronte alle necessità diun'intensa azione di fecondazione. Sitenga presente che per fecondare cor-rettamente una regina, occorrono finoad un massimo di 10 fuchi. Pertanto, ènecessario predisporre un adeguato nu-mero di alveari per l'allevamento difuchi selezionati.

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11 La stazione di fecondazione deve essere realizzata in modo tale chele arniette siano facilmente distinguibilisia dalle api operaie e sia, in modoparticolare, dalle regine di ritorno daiprimi voli di orientamento o da quellodi fecondazione. Le arniette vannospaziate ed opportunamente coloratecon i colori riconoscibili dalle api(bianco, azzurro, giallo e verde) almenonella parte frontale, impiegando coloriad acqua e senza solventi chimici.

Per la fecondazione, la cella reale matura deve essere trasferita in apposite famiglie, indicate generica-mente come nuclei di fecondazione. Nel loro insieme, queste postazioni, vengono solitamente indicatecome stazioni di fecondazione. Queste, negli allevamenti specializzati, possono assumere dimensioniimportanti; infatti, programmando una produzione di 100 api regine al mese, occorre poter disporre dialmeno 60 nuclei di fecondazione.Nel caso che la produzione di api regine venga realizzata da un produttore riconosciuto ed iscritto all'al-bo nazionale dei produttori di api regine, egli è tenuto ad osservare il disciplinare, istituito con D.M. n.20984 del 10 marzo 1997 e modificato con D.M. n. 21547 del 28 maggio 1999. In particolare, nell'alle-gato C del dispositivo, vengono specificate le norme tecniche di produzione. Per quanto attiene l'orga-nizzazione ed il funzionamento delle stazioni di fecondazione, la norma distingue due modelli di fecon-dazione: artificiale (o controllata) e naturale. Quest'ultimo deve assicurare un completo isolamento dellestazioni che perciò devono essere ubicate:• o su piccole isole non popolate da colonie di api, distanti almeno 3 chilometri dalla terraferma;• o in aree di terraferma non popolate da colonie per un raggio di almeno 10 chilometri.Inoltre, l'area adibita a stazione di fecondazione deve possedere requisiti fondamentali, quali:•non deve essere luogo di frequentazione di apiari nomadi;•non deve presentare caratteristiche favorevoli all'insediamento di sciami selvatici;•non deve essere interessata da fattori ambientali che rappresentino un ostacolo all'accoppiamento delleapi (ad esempio fattori climatici come venti forti, ecc.).L'osservanza di tali disposizioni, ovviamente obbligatorie per i produttori iscritti all'albo nazionale, è comun-que raccomandabile anche per i produttori di api regine non professionisti.Considerando che le larvette, al momento del traslarvo, non hanno ancora compiuto le 24 ore di età (4°giorno di vita preimaginale) e che la regina sfarfalla, di norma, fra il 16° ed il 17° giorno, occorre prepara-re i nuclei di fecondazione trascorsi non più di dieci giorni dal traslarvo.Il nucleo di fecondazione deve essere preparato circa 24 ore prima dell'innesto della cella poiché le api,nel momento in cui entrano in contatto con la cella reale, devono avvertire lo stato di orfanità. In casocontrario, la cella reale verrebbe distrutta dalle operaie.In ciascun nucleo di fecondazione deve essere inserita una sola cella reale.I nuclei di fecondazione devono rispondere a requisiti fondamentali, alcuni di carattere generico, altri spe-cifici in funzione dell'orientamento produttivo di ogni singolo apicultore.Da un lato, il produttore professionista, non avendo che come unico obiettivo quello di produrre il nume-ro massimo di api regine in rapporto alle api impiegate per la sua fecondazione, tende ad impiegareattrezzature specifiche e arniette di fecondazione dalle dimensioni ridotte. Dall'altro, l'apicultore che hacome unico interesse la sostituzione annuale delle sue regine, tende a non investire in modo specifico suattrezzature particolari, cercando di sfruttare al meglio ciò di cui dispone normalmente nel proprio alle-vamento.In via del tutto generale, i nuclei di fecondazione devono:•essere formati da un numero non elevato di api poiché più esse sono, maggiore è l'intervallo di tempoche intercorre fra lo sfarfallamento dell'ape regina e la sua fecondazione;•essere in grado di mantenere al loro interno una temperatura non inferiore ai 24-25°C, pena la mortedella pupa reale;•possedere provviste sufficienti per alimentare sia le api operaie e sia soprattutto, la regina e la futuracovata; •avere una buona presenza di celle vuote affinché le api regine, una volta fecondate, possano iniziareimmediatamente la loro attività di ovideposizione;•essere facilmente individuabili dalle regine in volo di fecondazione, ché altrimenti rischierebbero di nonfare rientro nel loro nucleo di fecondazione.

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Azione di comunicazione

Schede tecniche di apicultura La produzione di regine - la fecondazione e le stazioni di fecondazione

Occorre evitare che i fuchi,provengano dalle stesse colonie dallequali sono state prelevate le larve reali osiano con esse parenti vicini. È infattiindispensabile scongiurare il fenomenodella consanguineità (vedi glossario)che, causando una covata poco com-patta e lacunosa, obbligherebbe l'alleva-tore alla soppressione prematura dellagiovane regina appena fecondata. Pertale motivo, nelle colonie fornitrici di lar-ve reali è opportuno inserire, in alterna-tiva alle porticine degli escludiregina odelle trappole sfucatrici. (vedi glossario)

44

I fuchi raggiungono la maturitàsessuale dopo circa 30 giorni dal lorosfarfallamento. L'ape regina, appenauna settimana dopo. Per questo motivo,occorre assicurarsi della presenza dicovata maschile almeno un mese primadall'inizio dei traslarvi. Ovviamentel'allevatore può, egli stesso, indurrealcune colonie selezionate ad allevarefuchi, sempre con almeno 30 giorni dianticipo sui primi traslarvi.

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La presenza di fuchi maturipuò essere verificata attraverso uncontrollo diretto. Premendo l'addome diun maschio, si fa in modo che essoestrofletta il suo apparato genitale.All'apice, qualora abbia raggiunto lamaturità sessuale, è possibile accertarela presenza di una piccola bollaspermatica, di colore bianco tendente algiallo paglierino.

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Il mercato offre ampia sceltaper quanto riguarda la tipologia dellearniette di fecondazione. Negli alleva-menti specializzati ci si orienta preferi-bilmente verso arniette con dimensioniminime. Questo affinché siano impegna-te per la fecondazione solo poche api.Le tipologie di riferimento sono due: inlegno, per due famigliole su 2/3 favetticiascuna (per un totale di un favo damelario o poco più), o in polistirolo, peruna famigliola singola. Quest'ultima,denominata Kirchhainer, è nota in Italiacome arnietta Apidea.

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Considerate le difficoltà di governarecolonie di api così piccole, negliallevamenti promiscui e meno specializzati,per la fecondazione vengononormalmente impiegate le stesse arniettepigliasciame, a 5 o 6 favi da nido. Per lafecondazione, essendo necessarie pocheapi, in esse vengono inseriti solo due o trefavi, da nido.

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Una possibilità intermedia è offertadall’ arnietta a doppio uso: o comenormale prendisciame, o come arniettadi fecondazione, per tre piccole colonie.Per questo impiego, essa è in grado dicontenere, per lato, due colonie orfaneallevate su 4 favi posti a favo caldo (vediglossario), per una superficie totale di 2telai da nido, ed una centrale, su 4mezzi favi da nido posti a favo freddo(vedi glossario). Per una miglioregestione, i telai di queste arniette sonoaccoppiabili per formare un unico telaioda nido.

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ComunitàEuropeaSchede tecniche di apicoltura

È stato dimostrato che per allevare correttamente un'ape regina sono necessarie almeno 200 apinutrici. Più api si impiegano per la fecondazione e meno api si dispongono per la produzione dimiele. Per contro, nuclei molto piccoli, in aziende non specializzate, creano indubbi problemi digestione. Per questo motivo, l'impiego di piccoli nuclei di fecondazione, meglio conosciuti comebaby nuclei, è spesso relegato alle sole aziende specializzate per la produzione di regine. Per pro-duzioni indirizzate all'impiego interno è preferibile impiegare le attrezzature di norma presenti inazienda, evitando ulteriori investimenti, difficilmente ammortizzabili. Fra i baby nuclei, il più utilizzato è certamente il modello Apidea, conosciuta anche come arniettaKirchhainer. Realizzata esternamente in polistirolo e fornita di accessori in plastica, è idonea ad acco-gliere un solo piccolo nucleo di fecondazione. Viene fornita smontata e può (ma non obbligato-riamente) essere caricata ogni qualvolta si inserisca una nuova cella a regina. Questo permette disvolgere una corretta profilassi contro la diffusione degli agenti patogeni, quali virus e batteri, i quali,attraverso la regina, potrebbero trovare diffusione nelle colonie ove questa verrà inserita.

La produzione di regine

11 Per il suo impiego è necessariocomporre, attraverso semplici incastri, itelaini. Nel montaggio si tenga presenteche la scritta "Apidea" riportata sullatraversa superiore deve essere rivoltaverso l'alto mentre le scritte "Aussen" (daltedesco "al di fuori"), riportate suimontanti laterali, devono essere rivolteverso l'esterno.

Può essere facilmente coloratamediante l'impiego di vernici ad acqua.Deve essere evitato l'utilizzo di solventichimici che rischierebbero sciogliere ilpolistirolo.

22

44 I favi devono essere costruitidalle api senza l'ausilio di fogli cerei. Alleapi viene fornita solamente una piccolastriscia che deve loro servire solamentecome guida. Queste strisce devonoessere inserite in una specifica fessuradel telaino e quindi fissate con alcunegocce di cera fusa. Per questo puòessere impiegata anche la cera di unacandela realizzata con sola cera d'api enon contenente paraffina.

33 L'arnietta è dotata di due griglietteescludiregina: una piccola ed una piùgrande. La prima va applicata alla portici-na d'entrata badando che la parte apertacombaci con la parete laterale destra.Unapuntina da disegno conficcata a sinistranella cavità della griglietta permetterà difarla scorrere secondo il fabbisogno. Lapiù grande, da inserire in un'apposita ca-vità, serve a separare lo scomparto checontiene il candito. Una terza griglia deveessere inserita, attraverso apposite guide,nella parte frontale.

I nutritori devono essere riempitiutilizzando candito con una compattezzanon elevata, per evitare alle api la faticainutile della diluizione con la loro saliva. Ilcandito deve essere realizzatoamalgamando 5 parti di zuccheromacinato (o a velo) con 2 parti di mieleliquido.

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i nuclei di fecondazione - i baby nuclei

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Schede tecniche di apicultura La produzione di regine - i nuclei di fecondazione - i baby nuclei

Il popolamento di queste arnietteè particolare ed avviene attraversol'apertura sul fondo. Si introduconocirca 100 grammi di api, l'equivalente diun normale bicchiere per acqua. Perfacilitarne la manipolazione ed affinchénon volino, le api possono esserepreventivamente spruzzate con acqua.È preferibile, per questo scopo, preleva-re o api nutrici (presenti sui favi conlarve di età inferiore ai 3 giorni) oceraiole (reperibili su un foglio cereo incostruzione).

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Le api possono essere spazzolatepreventivamente in un'arniettaprendisciame, spruzzate con acqua equindi facilmente prelevate con l'ausiliodi un misurino del volume di 100-150centimetri cubici. Prima dell'introduzionedelle api è preferibile bagnare anchel'interno dell'arnietta. Una voltaintrodotte le api, l'arnietta vieneraddrizzata e riportata nella giustaposizione.

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La cella reale deve essere introdottaattraverso il foro ricavato nel coperchiotrasparente. Le api vanno tenute chiuse,per un periodo di 4-5 giorni, in unposto buio, ma non freddo, affinchépossano avere il tempo di costruire ifavi. Una volta accertato lo sfarfallamen-to della regina attraverso(l’estrazionedella cella reale e losservazione della suacorretta apertura da parte della regina),l'arnietta può essere sistemata inpostazione e quindi aperta.

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Normalmente le regine fecondepossono essere prelevate con ritmi dicirca 12 giorni. Trascorse 24 ore dalprelievo della regina fecondata, èpossibile introdurre una nuova cellareale. Più spesso, questo tipo di nucleoviene smontato e fatto ricostruire exnovo.

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La covata può essere recuperatacollocando l'arnietta, con il fondo apertoper metà, al di sopra di una colonia. Inquesto modo si dà il tempo alle api disfarfallare e di trasferirsi sui favi sottostanti.Dopo 21-22 giorni tutta la covata èsfarfallata e l'arnietta può essereallontanata.

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È anche possibile sistemare i favettiin un telaino da nido vuoto che deveessere sistemato nel nido al posto di unfavo. Il rischio di questa operazione èche la regina, non appena sfarfallate leapi, riprenda quasi subito la covata suquesti favetti. I favetti possono essereincastrati anche in un telaino da melarioche può essere sistemato al centro diun melario. In questo modo vienescongiurata l'ovideposizione una voltasfarfallata la covata.

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La produzione di regine Se l'impiego dei baby nuclei di fecondazione trova largo spazio presso le aziende specializzate, altret-tanto non avviene, come già detto, qualora le regine vengano prodotte per prevalente, se non esclusi-vo, uso interno. In questo caso, l'apicultore tende a considerare e privilegiare la duttilità di impiego delleattrezzature, al fine poterle sfruttare in funzione di diversi indirizzi produttivi e, quindi, per periodi più lun-ghi. È questo il caso delle arniette prendisciame che, oltre all'impiego classico, possono perfettamentefungere anche da nuclei di fecondazione.In questo modo, per l'apicultore è possibile perseguire anche altri obiettivi. Infatti, una volta fecondatasi,la regina può essere prelevata per essere innestata in altre colonie o per essere venduta.Se la fase della fecondazione si svolge su telaini da nido D.B., si ha anche la possibilità che l'intero nucleocon la regina appena fecondata possa essere inserito in un'altra colonia, riproducendo anticipatamen-te, in modo artificiale, la fase della sciamatura (Vedi scheda: La sciamatura - la sostituzione precoce dellaregina) Qualora praticata per tempo ed in anticipo rispetto alla stagione della sciamatura, la sostituzio-ne della regina porta ad un significativo controllo di questo fenomeno. Infine, qualora come nucleo difecondazione venga impiegata una comune arnietta prendisciame, costituita da telaini da nido, la fami-glia può essere completata con favi provenienti da altre colonie e venduta come sciame artificiale.Anche quando si opta l'impiego delle prendisciame, ovviamente la composizione delle micro famigliedeputate ad accogliere le celle reali deve essere tale da garantire la fecondazione con il minimo impie-go di api operaie. La consistenza delle colonie di fecondazione deve essere comunque tale da assicu-rare il mantenimento della giusta temperatura all'interno dell'alveare affinché venga scongiurata la pos-sibilità della morte sia della pupa a regina, sia della covata.Sul mercato è anche possibile acquistare delle arniette da fecondazione che possono rappresentare unabuona via di mezzo fra i baby nuclei e le prendisciame.Tutte offrono l'indubbio vantaggio che le famigliole in esse allevate (generalmente tre) possano svernaretranquillamente, sollevando l'apicultore dalla necessità di doverle smontare al termine del loro compitoper ricostituirle nella primavera successiva.Alcuni modelli offrono anche la possibilità di un loro duplice impiego: o come arniette prendisciame ocome arniette di fecondazione.Va da se che, sulla scorta di quanto fino ad ora detto, occorre che l'apicultore non specializzato in pro-duzione di regine, valuti attentamente il modello di arnie di fecondazione da acquistare, sulla base ditutti i possibili impieghi alternativi a lui utili. Tutto ciò al fine di evitare investimenti troppo elevati cheavrebbero evidenti ripercussioni sul bilancio aziendale.

33 Il nucleo deve inoltre contareoperaie in quantità utile a mantenere unlivello di temperatura sufficiente a preser-vare la vitalità della covata. Nel lasso ditempo che intercorre fra l'innesto dellacella reale e l'inizio della deposizione(non più di15 giorni), tutte le operaie,sfarfallando approssimativamente in con-temporanea con la regina, hanno la pos-sibilità di acquisire la funzione di ceraiole,iniziando così la costruzione del fogliocereo.

11 La comune arnietta prendisciamedeve contenere una colonia che siaassemblata per assolvere perfettamenteil ruolo della fecondazione della regina.Per questo motivo essa deve esserepreparata con non più di due telaini dicovata ed uno di scorte costituite sia damiele, sia da polline.

Operando in questo modo,la regina,al rientro dal suo volo di fecondazione edal momento dell'inizio della sua carriera diriproduttrice, ha la possibilità di estrinseca-re appieno le sue doti di ovidepositrice,potendo contare su un buon numero diapi operaie giovani e di almeno due favivuoti, pronti ad accogliere la covata. Infat-ti, le api che sfarfallano dal favo di covatanascente inserito, sono in grado di presi-diare tre favi da nido e di provvedere nelcontempo alla costruzione dei fogli cerei.

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22 La famiglia di fecondazione,nella sua composizione ottimale, devecontenere un favo di covata prossimaallo sfarfallamento, un favo di riservealimentari ed un foglio cereo. Al lato diquest'ultimo deve essere sistemato unnutritore a tasca con soluzionezuccherina al 70% (2 parti di zuccheroper 1 di acqua). In questo modo lacolonia può trovare zuccheri asufficienza per iniziare la costruzione delfoglio cereo.

i nuclei di fecondazione - prendisciame e simili

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Schede tecniche di apicultura La produzione di regine - i nuclei di fecondazione - prendisciame e simili

Nelle stazioni di fecondazione,costituite da prendisciame contenentipiccole colonie allevate su pochi favi danido Dadant-Blatt, le arniette possonoessere normalmente disposte su file, af-fiancate su normali basamenti. Ovvia-mente la parte anteriore delle prendi-sciame deve essere disposte in modocasuale, utilizzando i colori riconoscibilidalle api: il bianco, l'azzurro, il giallo ed ilverde. È necessario, anche in questocaso ricorrere a tutti simboli descrittinella scheda relativa alla formazionedella stazioni di fecondazione.

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Nel caso in cui la produzionedi api regine assuma maggiore rilevan-za, è possibile per l'apicultore preven-tivare investimenti specifici. In questocaso egli può valutare l'acquisto di ar-niette di fecondazione a duplice uso.Infatti, alcuni modelli di arniette in com-mercio, disponendo di tre ingressi indi-pendenti e la possibilità di essere frazio-nate mediante divisori interni, possonoessere sfruttate, oltre che come arniettedi fecondazione a 2 o a 3 scompartianche come comuni prendisciame.

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Nei modelli maggiormente diffusiin commercio, i telaini hanno lasuperficie pari alla metà di quelli da nidodel tipo Dadant-Blatt. Dotati di unparticolare tipo di incastro in una delleorecchiette portafavo, ciascun telainopuò essere unito ad un altro, formandoun tutt'uno dalle dimensioni pari aquelle di un favo da nido.

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Grazie a questa caratteristica,il caricamento di queste arniette diventasemplice. È sufficiente posizionare i telaini,uniti a due a due, in una colonia in produ-zione perché questi, una volta costruiti einteressati dalla deposizione della covata,possano essere prelevati con tutte le api dicopertura e trasferiti nell'arnietta da fecon-dazione. È preferibile che l'allestimentodelle colonia venga fatto un giorno primal'innesto delle celle reali e a pochi giornidallo sfarfallamento della covata. Nel casosia necessario, è possibile spazzolare delleapi di casa (nutrici e ceraiole).

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Un modello simile contemplal'impiego di particolari telaini, ripiegabili afisarmonica in 3 parti uguali edautodistanziabili mediante distanziatoriHoffman (vedi glossario). Aperti e bloccaticon dei fermi di lamiera, i telaini possonotrovare spazio in una normale arnia. Perquesto motivo il caricamento di questearniette è assai semplice. Il procedimento èdel tutto simile a quanto già descritto inprecedenza.

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Il controllo di questi favi puòrisultare semplificato, poiché l'estrazionedell'intera famigliola "di fecondazione"avviene contestualmente. Per controoccorre prestare molta attenzione neldistendere i tre telaini incernierati,poiché vi è il rischio di schiacciare leoperaie che dovessero venirsi a trovaresulle stecche verticali. Fra di essepotrebbe essere possibile rinvenire lastessa ape regina.

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La nosemiasi (vedi glossario), in quanto patologia legata ad inverni lunghi e freddi, non è mai stataconsiderata di importanza rilevante per gli apicultori operanti nelle aree a clima mediterraneo.Infatti, antecedentemente agli anni 2000, l'agente eziologico era rappresentato dal Nosema apis,assai poco virulento in queste regioni. Solamente a partire dagli anni 2000 la nosemiasi ha inco-minciato a manifestare un'inaspettata virulenza, causando danni ingenti all'apicultura mediterra-nea. Ciò è dovuto all'introduzione di una nuova specie, il Nosema ceranae, veicolata probabil-mente mediante l'importazione di famiglie, regine e pacchi d'api.L'agente patogeno è un organismo unicellulare appartenente alla classe Microsporidia, genereNosema. Gli appartenenti a questo gruppo sono parassiti intracellulari obbligati degli insetti. Algenere Nosema appartengono, come già detto, due specie, il Nosema apis ed il Nosema ceranae,originariamente legati rispettivamente all'Apis mellifera ed all'Apis ceranae. Al pari di quanto avve-nuto per la Varroa destructor, ospite specifico dell’Apis ceranae e migrata sull’ Apis mellifera solo apartire dalla seconda metà del XX secolo, così il Nosema ceranae, grazie all’azione dell’uomo, èdiventato ospite abituale anche dell’ape europea.In questo contesto, il decorso dell'infezione daNosema ceranae risulta assai più grave rispetto a quanto si verifica in presenza del Nosema apis,portando spesso all'estinzione della colonia colpita. La sindrome da spopolamento di api (nota conl'acronimo CCD o, in Italia SSA), segnalata da molti apicultori europei, sembra spesso dovuta allapresenza del Nosema ceranae. In questo caso le api infette muoiono in breve tempo, spesso senzamanifestare in alcun modo la tipica sintomatologia dovuta all'attacco del Nosema apis: spopola-mento lento dell'alveare, scarsa mobilità delle api adulte e diarrea. Al contrario, nel caso di attacchida Nosema ceranae, l'andamento della malattia appare infatti praticamente asintomatica.llNosema manifesta il massimo della sua patogenicità alla fine dell'inverno decimando le api adultee riducendo la popolazione dell'alveare a poche migliaia di individui. La famiglia non riesce ariprendersi qualora non aiutata dalla nuova immissione di api e covata. Se le condizioni climatichefavorevoli all'esplosione della malattia non si verificano, il patogeno può rimanere allo stadio laten-te anche per 12-15 anni. Gli organismi durevoli, le spore, possono sopravvivere fino a due anninelle feci delle api all'interno dell'alveare. Si stima che la dose minima di spore necessaria per infet-tare una singola ape vari da 30 a 90. Dalla loro moltiplicazione, all'interno dell'insetto si può arriva-re a contarne anche più di 80 milioni. L'infezione si definisce lieve quando durante il campiona-mento si rilevano fino a 5 milioni di spore; media da 5 a 10 milioni; grave da 10 a 20 milioni; moltograve se riscontriamo oltre 20 milioni di spore. Il Nosema attacca solo le api adulte, localizzandosinel mesointestino da dove si propaga attraverso le spore. Le api vengono contaminate assumen-do miele infetto oppure entrando in contatto con deiezioni o liquidi organici all'interno dell'alvea-re durante i lavori di pulizia.Per il controllo della nosemiasi, fondamentale è una diagnosi precoce,da realizzarsi attraverso un esame microscopico. Il campione di api da sottoporre ad analisi deveessere costituito da circa 60 api adulte per colonia. Le api, possibilmente bottinatrici, devono esse-re prelevate all'interno dell'alveare. Questa operazione può essere facilitata sollevando il coprifavoe spruzzando su di esso una piccola quantità di acqua. Le api possono essere catturate anche daifavi più esterni dell'arnia, in modo che fra esse non vi siano api nutrici. Una volta raccolte in un con-tenitore le api possono essere uccise riponendo immediatamente lo stesso contenitore in conge-latore.La profilassi nei confronti di questa patologia si basa sul rispetto delle buone pratiche apisti-che. Occorre inoltre garantire alla colonia una sufficiente ventilazione ed una corretta alimentazio-ne. Le famiglie vanno tenute sempre forti ed equilibrate fra loro, eventualmente unendo le piùdeboli. Devono essere invernate con adeguate provviste di miele e polline ed in zone caratterizza-te da favorevoli condizioni microclimatiche: temperature miti e grado di umidità basso.Le api regi-ne devono essere sempre giovani, prolifiche e provenienti da ceppi selezionati relativamente alcarattere del controllo delle malattie. Per la terapia delle colonie colpite da nosemiasi, sono attual-mente da escludere trattamenti a base di antibiotici.

diagnosi e cura

22 È anche necessario disporre di un microscopio ottico. Le otticheidonee per il conteggio delle sporedevono garantire ingrandimenticompresi fra 300 e 500.

11 Per il conteggio delle sporeè necessario poter disporre di un paio diforbicine, di una pinzetta, di un mortaiocon pestello in marmo o in acciaio, dicarta per la pulizia, di guanti in latticeper l'operatore e di una siringa, privatadell’ago, al fine di dosare l’acquadistillata.

Occorre infine poter disporredi un vetrino conta-spore detto anchecamera di Bourker. Tale vetrino hasempre riportate, sulla sua superficie, lemisure occorrenti per il calcolo delvolume nel quale si effettua il conteggiodelle spore.

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La nosemiasi

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Schede tecniche di apicultura La nosemiasi - diagnosi e cura

Gli addomi delle api operaiecostituenti il campione devono essereseparati dal torace mediante l'ausiliodelle forbicine ed eventualmente dellapinzetta. Se le api campionate sonostate conservate a lungo in congelatore,è necessario, dopo l'avvenuto scongela-mento, procedere al più prestoprontamente all'analisi.

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Occorre campionare non meno di 60 api adulte per alvearee deve essere analizzato almeno il 10-20% degli alveari che compongonol'apiario, con un minimo di 4-5 alveari.Nel caso l'apiario abbia due o più tipi diorientamento o ombreggiamento, ilcampionamento deve essere effettuatoseparatamente per ogni differentesituazione.

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Gli addomi così isolatidevono essere omogeneizzati conl'ausilio del pestello e l'aggiuntagraduale di acqua distillata fino araggiungere il rapporto di 1 centimetrocubo per addome campionato.L'operazione, della durata di alcuniminuti, permette la fuoriuscita dellespore dall' intestino dell'ape. È preferibileprocedere all'omogeneizzazioneaggiungendo l'acqua distillata poco pervolta, portandola a volume solo altermine dell'operazione.

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Il risultato finale dell'azione di decomposizione degliaddomi è l'ottenimento di una poltigliadi colore giallo-arancio. Tale colorazioneè dovuta alla presenza di pollinenell'intestino delle api. Per l'analisimicroscopica si versa sul vetrino conta-spore circa 1 millilitro di questopreparato, ricoprendo poi il tuttomediante un vetrino copri-oggetto.

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L'infestazione di Nosemaè grave qualora vengano contate oltre10 milioni di spore per singolo intestinod'ape; molto grave qualora superino ilvalore di 20 milioni di spore per singolointestino.

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L'infestazione di Nosemaè lieve qualora vengano contate menodi 5 milioni di spore per singolointestino d'ape; media qualora il loronumero sia compreso tra i 5 e i 10milioni di spore per singolo intestino.

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La peste americana, è una malattia che colpisce la covata delle api. È probabilmente la più gravein assoluto, tanto che, per evitarne la diffusione, è consigliata la distruzione delle api e dei favi, siadi covata che di scorte. La malattia non costituisce alcun pericolo per la salute umana ed i prodottiprovenienti da alveari infetti possono essere consumati tranquillamente. In Italia è una delle cinquemalattie apistiche soggette all'obbligo di denuncia all'autorità sanitaria locale secondo quanto dis-posto dalle vigenti normative di polizia veterinaria. È causata dal Paenibacillus larvae, White, microrganismo sporigeno, con forma simile a quella diun fagiolo. È munito di flagelli che utilizza come organo di locomozione. Durante la fase di laten-za, qualora le condizioni ambientali non siano idonee alla sopravvivenza del batterio, esso dà ori-gine ad una spora, forma resistente sia agli agenti chimici e fisici più avversi, sia alla disidratazione.In questo stato il Paenibacillus larvae è capace di resistere ad elevate temperature (per 20 minuti a120°C), ai disinfettanti chimici (cloro ed iodio) e fisici, all'acqua bollente con detersivo, all'esposizio-ne ai raggi solari, nel terreno a temperatura ambiente per quasi due anni. Le spore sono di formaovoidale, brillanti, non facilmente visibili e riconoscibili al microscopio se non mediante opportunacolorazione (si colorano solo nella parte periferica).A differenza di quanto si è ritenuto finora, recenti lavori hanno provato che la vitalità delle spore dipeste americana decade col tempo: dopo 20 anni solo il 35-40% delle spore contenute nel mieleo all'interno di un'arnia possono ancora dare origine alla forma vegetativa del batterio.La malattia non causa alcun danno all'ape adulta.La diffusione della peste americana, sia fra gli apiari che nell'ambito di una stessa postazione, avvie-ne attraverso molteplici modalità, sia connaturate all'allevamento, sia naturali. Fra le cause legateall'uomo, le più frequenti sono riconducibili all'introduzione in apiario di materiale genetico (scia-mi, naturali o artificiali, pacchi d'api, api regine, ecc.) di dubbia provenienza; l'utilizzo di miele infet-to per l'alimentazione di soccorso; il trasferimento di favi di covata, l'uso di attrezzature infette. Frale cause naturali, meno diffusive, concorrono i fuchi, nei loro spostamenti fra gli alveari, la deriva(vedi glossario) e, soprattutto, il saccheggio. Dalla peste americana, infatti, risultano colpite non solole colonie deboli, ma anche, e soprattutto, quelle più forti. Sono queste ultime che, durante i perio-di di scarso flusso nettarifero, vanno a saccheggiare gli alveari più deboli o moribondi. Se la causadi questa condizione è la peste americana, assieme alle riserve alimentari, le api operaie prelevanoinconsapevolmente anche le spore del bacillo, infettando così la propria colonia.Affinché la malattia si manifesti, occorre comunque una concentrazione elevata di spore: almeno50 milioni per litro di alimento. Colonie resistenti tollerano però concentrazioni fino a 300 miliardiper litro.

eziologia, sintomatologia e diffusione

33 Le celle opercolate, contenenti le pupeoramai morte, assumono una configura-zione tipica. Gli opercoli, anziché bom-bati, si presentano infossati ed umidicci,con una colorazione brunastra, spessoforati dalle stesse api adulte, nel tentativodi estrarre i resti della pupa. A volte, nellosvolgere questa operazione, gli opercolivengono asportati completamente.Questa operazione conferisce al favol'aspetto di covata irregolare descritto inprecedenza.

11 La peste americana si trasmetteper via orale, attraverso l'alimentazione.Le larvette vengono infettate ad un'etàcompresa fra le 24 e le 48 ore. L'infezio-ne evolve lentamente e si manifestatrascorsi almeno 9 giorni dalla schiusadell'uovo, allo stadio di prepupa o dipupa. Solamente in questa fase, di cel-letta opercolata, l'apicultore è in gradodi accertare la presenza della malattia.Infatti la covata affetta da peste america-na ben si distinge da quella sana.

Subito dopo la morte, il coloredella larva vira dal bianco lucente al bian-co opaco per assumere in seguito colora-zioni sembre più brune. Dopo circa 25giorni dalla morte, la larva, oramai colorbruno scuro, si trasforma in una vera pol-tiglia informe e vischiosa, perdendo la nor-male consistenza. Questa fase viene co-munemente indicata come stadio di larvafilamentosa poiché, infilando nella massalarvale uno stecchino, alla sua estrazioneviene a formarsi un lungo filamento.

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La peste americana22 La morte della pupa avviene entro

la celletta opercolata. La forma vegetati-va del batterio, sviluppatasi dalla spora,moltiplicandosi, invade dapprima l'inte-stino medio e quindi, attraverso l'emolin-fa, tutti gli altri tessuti ed organi dell'in-setto. Alla morte della pupa, l'opercolodella celletta assume una configurazio-ne tipica: la covata si presenta lacunosa,con celle vuote (dalle quali la covata èsfarfallata regolarmente o, al contrario,con residui di pupe morte) frammiste acelle opercolate.

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Azione di comunicazione

Schede tecniche di apicultura La peste americana - eziologia, sintomatologia e diffusione

Questa prova, detta dello stecchino,qualora dia origine a filamenti persisten-ti, della lunghezza di almeno 1 o 2centimetri, viene generalmente conside-rata dagli operatori assolutamente at-tendibile. In realtà, l'attendibilità, purelevata, non è completa, consideratoche alcune forme virali presentano unasintomatologia simile. È comunque unsegnale indicativo che, unitamenteall'odore acido ed alla posizione dellepupe, deve mettere in grave allarmel'apicultore.

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A sei settimane dalla mortela pupa si dissecca totalmente,trasformandosi in una scaglia di colorenero. Questa quasi si salda alla pareteinferiore della cella, impedendone alleapi spazzine l'opera di allontanamentodall'alveare. In tale posizione restaevidente l'estremità encefalica conl'apparato boccale estroflesso. Talecondizione, al contrario della provadello stecchino, è specifica della morteper peste americana.

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La diagnosi della peste americanadeve essere fatta il più precocementepossibile, al fine di evitare la diffusionedella patologia. A tale scopo, sonoreperibili in commercio particolari kitche permettono di accertare la presen-za del batterio con un elevato grado diaffidabilità. Eventualmente unaconferma più attendibile, è possibileaverla solamente attraverso approfondi-ti esami di laboratorio.

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L'uso degli antibiotici per la curadelle batteriosi (quali la peste europea ola peste americana), in Italia non è piùammesso da tempo. Per la peste ameri-cana è possibile ricorrere alla messa asciame. Si spazzolano le api entro un'ar-nia pulita e disinfettata, contenentealcuni telaini con piccoli ritagli di foglicerei, allontanando tutti i favi presenti. Losciame così ottenuto deve essere tenutochiuso per qualche giorno e nutrito ab-bondantemente per dare modo alle apidi ripulire il proprio apparato digerente.

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Trascorsi due o tre giorni, la colonia deve essere ritrasferita entroun'altra arnia fornita di nuovi fogli cerei.Tutto il materiale impiegato deve esseredisinfettato accuratamente. Al fine discongiurare eventuali contagi, si devonodistruggere con il fuoco tutti i favi prelevatinonché i fogli cerei costruiti dalle apidurante il periodo di clausura.

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Valutando però le scarse probabilitàdi risanamento della colonia, lo scarsovalore dello sciame nudo, il costoelevato del materiale da sacrificarenonché il lavoro necessario e conside-rando il forte rischio di diffusione dellamalattia, la soluzione sempre raccoman-dabile è quella dell'uccisione dellacolonia. La sua distruzione, unitamentea tutti i favi di covata e di scorte deveessere eseguita mediante l'uso delfuoco.

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La peste europea (vedi glossario), è una malattia che colpisce la covata delle api sin dalle prime fasidello sviluppo. L'agente eziologico è stato individuato da White, nel 1912, nel Bacillus pluton. Essovenne poi riclassificato dal Bailey, dapprima come Streptococcus pluton (1957) e, successivamen-te, come Melissococcus pluton (1983). In realtà sono numerosi i microrganismi che concorrono adeterminare questa patologia. Nelle fasi più avanzate della malattia, infatti, sono spesso presentimolteplici altre specie di batteri saprofiti (il Paenibacillus alvei, l'Enterococcus faecalis -classificato daMassen come Streptococcus apis-, il Brevibacillus laterosporus) così come, successivamente allamorte della larva, possono prevalere specie come gli stessi Paenibacillus alvei e Streptococcus apiso l'Achromobacter eurydice. La loro presenza può far sì che la malattia sia accompagnata da odorisgradevoli, assai diversi però, da quello di colla vinilica manifestato dalla peste americana.Le larve vengono infettate, mediante la somministrazione di alimento contaminato dal batterio,entro i primi giorni di vita e muoiono intorno al 7-8 giorno dalla schiusa dell'uovo, qualche giornoprima che la cella venga opercolata.Contrariamente a quanto avveniva fino a pochi anni fa, quando la peste europea. non rappre-sentava, almeno nell'Italia meridionale ed insulare, una patologia particolarmente grave, attual-mente si è registrato un forte aumento della sua incidenza, soprattutto all'inizio della primavera.Nella forma acuta la patologia è in grado di provocare danni gravissimi, fino a portare la coloniaall'estinzione completa. Se non diagnosticata per tempo, il contagio fra gli alveari può portare allatotale distruzione di intere postazioni. Le larve delle api risultano estremamente suscettibili al pato-geno nelle prime 48 ore di vita. Pertanto, nella fase conclamata, la loro morte avviene quando lacella è ancora aperta. La larva assume posizioni particolari, presentandosi o avvolta a spirale o conil dorso rivolto verso l'apertura della cella o, ancora, appiattita su una delle pareti della celletta. Lelarve morte da poco presentano il tegumento trasparente tanto da rendere visibili le trachee.Qualora non vengano rapidamente rimosse dalle operaie, le larve morte vanno incontro a feno-meni di putrefazione; il microrganismo patogeno prolifera, arrivando a contaminare così anche lacella. La trasmissione della malattia all'interno dell'alveare avviene tramite le api spazzine che, ten-tando di rimuovere dal favo il corpo della compagna ormai in avanzato stato di decomposizione,diffondono l'agente patogeno a tutta la colonia. Infatti le stesse api operaie spazzine (divenutenutrici), attraverso la nutrizione fornita alla covata nei suoi primi giorni di vita, passano loro grandiquantità di batteri propagando in questo modo l'infezione su altre giovani larve sane. Al contrario,se l'intervento delle api operaie è immediato, è possibile che il decorso della malattia non sia nean-che avvertito dall'apicultore, non manifestando la colonia che una lieve mortalità larvale.

eziologia, sintomatologia e diffusione

33 Nell'ultima fase la larva si dissecca,assumendo la consistenza di una scagliabrunastra. Questa, comunque, nonaderisce mai alle pareti della celletta. Perquesto motivo, le api di colonie piùinclini alla pulizia ed all’igienedell’alveare, sono in grado allontanarle,superando così la malattia. Al contrario,in quelle più pigre, la peste europeamanifesta un decorso che conducel'alveare all'estinzione.

11 La peste europea colpisce le larvein giovane età. All'inizio, nella zona delcapo della larva infettata si forma unapiccola macchia gialla che si estendeappena lungo il dorso. La colorazionedel tegumento vira dal bianco perlaceoal bianco opaco. La larva assume quindiuna posizione anomala: si ripiega su sestessa contraendosi quasi a spirale. Inquesta posizione tende a portare laparte dorsale verso l'uscita della cella.

Le larve arrivano alla mortemolto presto, generalmente prima chela celletta venga opercolata. In questasituazione la covata appare piuttostolacunosa, circostanza che fa sì che, nellasua prima fase, la peste.europea possapassare del tutto inosservata, in specialmodo, nei casi in cui la colonia nonmostri ancora fenomeni dispopolamento o l'apicultore non siamolto pratico.

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La peste europea22 Successivamente la colorazione

del tegumento larvale vira ancora versole tonalità del bruno, più o menointenso. In questa fase la larva, sidistende nuovamente, ma appareafflosciata sul fondo della cella. Lamassa della larva oramai mortapresenta una consistenza quasipastosa, generalmente nonfilamentosa. Ove tendesse a filare, ifilamenti sarebbero comunque lunghiappena pochi millimetri.

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Schede tecniche di apicultura La peste europea - eziologia, sintomatologia e diffusione

Qualora vengano contaminatelarve allo stadio di 4a età, questemoriranno subito dopo l'opercolaturadella celletta, allo stadio di prepupa. In questo caso la covata si presenta nelsuo insieme non compatta, con celleopercolate frammiste a celle aperte,contenenti larve morte. La colonia malata può emanare odoridiversi (acido o putrescente) o anchenessun odore particolare, in relazione aquale fenomeno di putrefazioneavviene a carico delle larve morte.

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Se lo stadio di sviluppo della malattianon è molto avanzato, le api,specialmente quelle di razza ligusticache sono molto attive nella pulizia deifavi e nell'asportazione delle larve morte,possono riuscire a ripulire tutte le cellefacendo sì che la malattia regrediscaspontaneamente fino alla suascomparsa naturale. Nel caso che lamalattia venga accertata su un solofavo, è indispensabile asportarloaffinché venga immediatamentedistrutto.

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La diagnosi della peste europeadeve essere fatta il più precocementepossibile, al fine di evitare la diffusionedella patologia. A tale scopo, sonoreperibili particolari kit che permettonodi accertare la presenza del batterio conun elevato grado di affidabilità. Unaconferma più attendibile, nel caso, èpossibile averla solamente attraversoesami di laboratorio più approfonditi.

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L'uso degli antibiotici per la curadelle batteriosi (quali le pesti), in Italianon è più ammesso da tempo. Per lapeste europea è possibile ricorrere alblocco della covata. Questo metodo sirealizza ingabbiando la regina per unperiodo che si protragga per almeno 21giorni. In questo lasso di tempo le api,non più impegnate nell'allevamentodella covata, hanno la possibilità diripulire molto velocemente i favi dallapresenza di larve morte, eliminandograndi quantità di materiale contagiante.

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Trascorsi 21 giorni,è preferibile ridare alla colonia una nuovaregina, possibilmente selezionata al finedel controllo delle malattie. Eventualmen-te, se la forza della colonia non fosseelevata o la stagione non ne consenta lasua ripresa, è preferibile riunificarla conun'altra. La riunificazione però, deve essereeseguita dopo un periodo di quarantenaal fine di verificare la completa scomparsadei sintomi della malattia.

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È buona prassi igienica,prima di procedere all'inserimento dellanuova regina, sostituire l'arnia in usocon un'altra ben lavata eaccuratamente disinfettata.Successivamente, è opportunomonitorare lo stato sanitario dell'alveare,al fine di rilevare per tempo unapossibile ripresa della malattia.

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La varroatosi

33 Il metodo per il conteggiodegli acari attraverso il lavaggio delleapi adulte viene impiegatopreferibilmente su famiglie forti. Hainoltre il vantaggio di fornire un datoimmediato senza obbligare l'apicultorea ritornare in apiario il giorno successi-vo. Si procede spazzolando da telaini dicovata circa 200 fra api operaie e fuchi.

22 Se in 24 ore, la caduta naturalesupera le 16-20 varroe, solo untrattamento tempestivo può salvare lafamiglia. In mancanza di questo sipotrebbe perdere la colonia. Nel caso ilvassoio per la raccolta sia stato lasciatoper un tempo diverso da quelloindicato, per stimare il numero di acaricaduti nelle 24 ore, si divide il totaledella caduta per il numero di ore dipermanenza del vassoio in arnia e simoltiplica per 24 il valore ottenuto.

Il campione deve essere prelevatoda almeno 2-3 telaini da nido conte-nenti covata, prestando particolareattenzione a non catturare anche laregina. Una volta raccolte le api, ilrecipiente deve essere chiuso con unarete. Successivamente si introducedell’acqua saponata e si tappa ilbarattolo con la sua capsula.

44Il conteggio della caduta naturale si realizza attraverso l'inserimentonell'alveare di vassoi opportunamentepreparati. Per far sì che tutte le varroecadute vengano trattenute sul vassoio(e non asportate dal vento o da partedi insetti predatori come le formiche),occorre predisporre un foglio adesivo o spalmare la faccia superiore delvassoio con dell'olio di vaselina.

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Il monitoraggio sulla consistenza delle popolazioni di Varroa destructor (vedi glossario) negli alvea-ri assume importanza certamente rilevante, soprattutto per l'individuazione del periodo adatto perun'efficace e corretta esecuzione dei trattamenti. Ammetendo che la popolazione di Varroa, all'in-terno della colonia, raddoppia ogni mese, si intende evidenziare la necessità di eseguire il tratta-mento almeno un mese prima che il numero degli acari porti la colonia di api al collasso. Il nume-ro di parassiti sopportabile da una famiglia varia secondo la stagione, le condizioni della famigliastessa e la quantità di raccolto. È però sempre preferibile non superare la soglia di 2.500 varroeadulte in fase di riproduzione per singolo alveare.È indispensabile, quindi, avere conoscenza dell'entità delle popolazioni di acari all'interno deglialveari e, quindi, dell'intero apiario. Il monitoraggio, svolto periodicamente, fornisce all'apicultoreun indicatore importante della salute delle famiglie: segnala sia la necessità immediata di un trat-tamento, sia l'efficacia dei trattamenti effettuati. Infatti, ripetendo il monitoraggio alcuni giorni dopoil trattamento, è possibile accertarsi della reale diminuzione del numero degli acari e valutare cosìla reale efficacia del prodotto usato e del suo modo di impiego. In assenza di covata opercolata,l'efficacia dei trattamenti deve tassativamente essere compresa fra il 95 ed il 99%. È fondamentaleinoltre che il numero delle varroe che riescono a superare l'inverno non superi le 10 unità peralveare. In caso contrario, non saranno più sufficienti due trattamenti annuali, ma si dovrà preve-dere un ulteriore trattamento tampone nel mese di giugno, fra la fine del raccolto primaverile el'avvio di quello estivo. Esistono diversi metodi per stimare il numero delle varroe presenti nell'al-veare. Di seguito si descrivono quelli prevalentemente utilizzati dagli apicultori: il conteggio dellacaduta naturale, il lavaggio delle api operaie ed il conteggio sequenziale nella covata femminileopercolata (vedi glossario). L’ultimo sistema riportato, il conteggio degli adulti presenti sulla cova-ta maschile, pur meno preciso, fornisce comunque utili indicazioni sullo sviluppo delle popolazio-ni di varroa. Indipendentemente dalla metologia assunta per il monitoraggio, è importante chequesto venga ripetuto annualmente con gli stessi criteri e nello stesso periodo (possibilmente dallafine di gennaio alla metà di febbraio). Il valore ottenuto non deve crescere negli anni, bensì rima-nere costante o, meglio, decrescere.

il monitoraggio

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Agitando il recipiente contenente le api immerse in acquasaponata si favorisce il distacco dellevarroe. La separazione fra gli acari e leapi viene realizzata filtrando il tuttomediante una rete in grado di trattene-re le api, ma di essere attraversata dallevarroe. Queste ultime possono esserefacilmente contate o nell'acquasaponata stessa o versando il liquido suun filtro chiaro.

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È indispensabile contare anche le api prelevate poiché il valoredelle varroe deve essere rapportato alle100 api. Questo dato è il solo indice dautilizzare per valutare la necessità deltrattamento.

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Il conteggio sequenziale dellacovata femminile si realizza attraverso ilprelievo di stadi preimaginali di apeoperaia da celle opercolate. Nel conteg-gio delle varroe prelevate assieme allelarve, devono essere comprese anche levarroe non adulte, riconoscibili dalcolore rosso assai più chiaro, a voltequasi trasparenti.

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Il conteggio delle varroe sullacovata maschile è molto più semplicerispetto a quello realizzato sulla covatafemminile. Utilizzando la forchettadisopercolatrice, è possibile estrarre lelarve e le pupe di fuco, unitamente agliacari. Anche ad occhio nudo ci si puòrendere conto del livello di infestazione:qualora, come in questa immagine, sucirca 40 pupe di fuco sono conteggia-bili non meno di 15 varroe, la situazionepuò essere definita preoccupante.

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Il monitoraggio massale della varroapuò essere svolto contemporaneamen-te al prelievo della covata maschileeffettuato mediante l'inserimento alcentro del nido, a partire dal mese dimarzo, di un telaino trappola da mela-rio. In tale modo le api costruiscono al disotto di esso un favo naturale costituitoesclusivamente da celle a fuco. Dopol'opercolatura delle celle si deveasportare l'intera costruzione edificata.

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Trascorsi venti giorni dall'inserimento del telaio è necessarioestrarre ed eliminare il favo oramaicompletamente opercolato. Ripetendopiù volte questo intervento biodinami-co, è possibile asportare tra le 600 e le1000 varroe per stagione. È molto importante essere precisi nelrispettare i tempi per l'asportazione delfavo trappola. Un ritardo, infatti,permette lo sfarfallamento della covatamaschile, determinando un incrementonotevole della popolazione della varroa.

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La varroatosi - il monitoraggio

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Il timolo è una molecola aromatica normalmente presente in natura. Componente principaledell'olio di timo, è possibile isolarla in parecchi mieli. In quello di timo, ma anche in altri quali, adesempio, quello di tiglio ove è presente in concentrazione massima pari a 0,16 milligrammi perchilogrammo di miele. L'efficacia di questo composto nei confronti del controllo delle popola-zioni di Varroa destructor è nota da tempo, tant'è che viene considerato uno dei principi attivipiù interessanti per i trattamenti tampone (vedi glossario), da effettuarsi al termine della produ-zione estiva. Per questo tipo di impiego viene utilizzato timolo sintetico.Il timolo, all'interno dell'alveare, agisce a seguito della sua sublimazione (qualora si utilizzino cri-stalli) o della sua evaporazione (se si impiega in soluzione alcolica o nelle formulazioni commer-ciali). Concentrazioni comprese fra i 5 ed i 15 milligrammi per litro di aria sono ben tollerate dalleapi, provocando invece la morte delle varroe in fase foretica (vedi glossario).Sul mercato, oltre ai prodotti commerciali (quali l'Api LIFE VAR e l'Apiguard®), sono disponibilidiversi prodotti di formulazione artigianale: il timolo in cristalli o in soluzione alcolica. Inoltre, all'e-stero gli allevatori possono trovare in commercio anche il Thymovar (che sfrutta, come suppor-to evaporante, un panno in spugna di viscosa) e particolari diffusori quali i Telaini Frakno (vediglossario). L'utilizzo del timolo, oltre alla sua comprovata efficacia, offre il vantaggio di un impie-go facile e veloce, qualunque mezzo o formulazione commerciale venga scelta. Questa mole-cola, al pari degli altri olii essenziali utilizzati nella lotta alla varroa (eucaliptolo, mentolo e canfo-ra) è stata inclusa nell'allegato II del regolamento CE n° 2377/90 (vedi glossario) che compren-de le sostanze per le quali non è necessario stabilire limiti residuali massimi. Si tratta infatti di prin-cipi attivi innocui e di nessun rischio tossicologico per il consumatore.Durante i trattamenti a base di timolo, occorre chiudere tutte le aperture di areazione, spessopresenti in modo particolare sui coprifavi, e riposizionare la porticina di ingresso ed i fondi metal-lici. Questi devono essere spalmati con grasso di vaselina, al fine di poter catturare anche le var-roe che cadono solo tramortite. L'efficacia del trattamento con il timolo in formulazione artigia-nale è simile a quella che si ottiene utilizzando prodotti di tipo commerciale: dal 90 al 95%.Qualora si dia inizio al trattamento in presenza di temperature medie giornaliere piuttosto ele-vate (25°C. e oltre) si può manifestare fra le api uno stato di agitazione che può sfociare o in azio-ni di saccheggio o nell’abbandono dell'alveare. Per limitare questi fenomeni è sempre meglioeffettuare i trattamenti il tardo pomeriggio, quando la gran parte delle bottinatrici ha fatto rien-tro in alveare.

i trattamenti artigianali a base di timolo

33 Le temperature medie giornaliere,durante il periodo dei trattamenti, nondevono superare i 25°C. Con temperatu-re medie persistentemente superiori,l'utilizzo del timolo in cristalli è sconsiglia-bile, potendo indurre la coloniaall'abbandono dell'arnia. Il timolo incristalli, come già detto in premessa, puòessere distribuito anche attraverso iltelaino Frakno (o in telaini dalla tipologiasimile).

11 Il timolo appartiene al gruppodei fenoli. A temperatura ambiente, si pre-senta come un solido cristallino incolore,dall'odore caratteristico. I fenoli sono sos-tanze derivate dagli idrocarburi aromaticiper sostituzione di uno o più atomi diidrogeno con gruppi ossidrile -OH. Il com-posto più semplice di questa classe è ap-punto il fenolo, noto anche come acidofenico avendo una marcata reazione aci-da. L'OMS fissa i residui di timolo negli ali-menti in 50 milligrammi per chilogrammo.

Per l'uso in soluzione alcolica, si impiegano 10 grammi di timolo diluitiin comune alcol per uso alimentare a95°. Si ottengono circa 20 millilitri disoluzione con una proporzione finalepressoché di 1 parte di timolo per 1parte di alcol. In pratica, sciogliendo1.000 grammi di timolo in 1 litro di alcol,ed agitando il tutto fino a che l'insiemeridiventa limpido, è possibile ottenerecirca 2 litri di soluzione, sufficienti per iltrattamento settimanale di 100 colonie.

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La varroatosi22 L’uso del timolo in cristalli

prevede la distribuzione per singolotrattamento di 0,25 grammi di prodottoper ogni telaino ben coperto di presen-te nel nido.In un alveare composto da10 favi vengono impiegati complessiva-mente circa 2,5 grammi di timolo perintervento. I cristalli devono esseredistribuiti sulla parte superiore dei telaida nido. Il trattamento va ripetuto peralmeno quattro volte, ad intervalliregolari di 4-6 giorni.

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Schede tecniche di apicultura La varroatosi - i trattamenti artigianali a base di timolo

La distribuzione della soluzioneall'interno dell'arnia può avveniresecondo 3 modalità differenti: pannospugna (purché realizzato con sole fibrenaturali di cotone e cellulosa),cartoncino vegetale o spugna OASIS(vedi glossario). Il panno spugna si è dimostrato il menoadatto, venendo facilmente disgregatoe propolizzato dalle api e inducendouna relativa moria degli stadipreimaginali.

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Nel caso si impieghi il cartoncino,il più adatto si è dimostrato esserequello tipo 26 bianco vegetale svedese(vedi glossario), della lunghezza di 10centimetri per 6 di larghezza e 2,5millimetri di spessore. Questo non vienedisgregato né propolizzato dalle api ecausa una moria degli stadi preimaginalipoco significativa riscontrata in appenail 10% delle colonie trattate. Ognicartoncino può assorbire 10 millilitri disoluzione per complessivi 5 grammi ditimolo.

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In alternativa è possibile usarela spugna OASIS (vedi glossario).Questa spugna viene normalmentereperita sul mercato in piccoli blocchilunghi 25 centimetri, larghi 10 e alti 7,5.Affettando questo blocco è possibileottenere 50 tavolette delle dimensioni di10 per 7,5 centimetri e spesse 5millimetri. Dividendo per lungo ciascunatavoletta in 3 parti, si ottengono untotale di 150 tavolette delle dimensionidi 3,3 x 7,5 centimetri.

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I cartoncini o le tavolette OASISpossono essere facilmente impregnaticon l'ausilio di una siringa. Questa ope-razione deve essere svolta indossandoguanti in lattice ed in ambienti ben ven-tilati. Infatti l'odore del timolo, assai per-sistente, si fissa sia sugli indumenti sia sul-la pelle. La conservazione dei supportipuò avvenire in contenitori di plastica achiusura ermetica, in ambienti freschi ebui. Questo tipo di preparazione artigia-nale ha un odore meno intenso di quel-lo emanato dalle tavolette di Api LIFEVar.

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Si effettuano 3 trattamenti,per ogni alveare, a distanza di 7 giornil'uno dall'altro, qualora la temperaturamedia giornaliera esterna non siasuperiore ai 20°C. Ove si registrinotemperature superiori, è preferibilesostituire i supporti evaporanti ogni 4giorni. Con medie giornaliere superioriai 25-30°C, è consigliabile usare il timoloin formulazioni commerciali, come adesempio l'Apiguard®, capace di autoregolare le quantità sublimate al variaredelle temperature.

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In ogni alveare, sopra i telai del nido,all'estremità di una delle due diagonali siposizionano due cartoncini, o due tavolet-te OASIS, impregnati con 10 millilitri disoluzione ciascuno. Meglio se, una voltadiviso in due ciascun cartoncino, ociascuna tavoletta in due parti, siposizionano le 4 mezze parti ottenute, suitelai da nido, ai lati della covata, sullediagonali.

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L'Apiguard® è un presidio sanitario a base di timolo, prodotto, al pari dell'Apistan®, dalla VITA(Europe) Limited. È registrato in Italia con Decreto Ministero della sanità n° 103567018 del gennaio2006.La sostanza attiva è rappresentata dal timolo, molecola aromatica presente in natura ed isolata nor-malmente nel miele di timo nonché in molti altri tipi di mieli quali, ad esempio, quello di tiglio. L'efficacia di questa molecola nei confronti del controllo delle popolazioni di varroa è nota datempo. Essa è ordinariamente utilizzata, tal quale (in polvere o in soluzione alcolica) o in altre for-mulazioni (come l'API LIFE VAR), per il trattamento tampone (vedi glossario) al termine dell'ultimaproduzione estiva (vedi scheda "Trattamento antivarroa - preparati a base di timolo).Il vantaggio dell'impiego del timolo nella formulazione dell'Apiguard®, deriva dal fatto che il prin-cipio attivo viene veicolato attraverso un particolare gel brevettato, capace di regolare l'evapora-zione del timolo al variare delle temperature. In pratica, agisce come volano ostacolando l'evapo-razione del timolo all'aumento delle temperature e, viceversa, favorendola ogni qualvolta queste siabbassano. Secondo la casa produttrice, l'utilizzo dell'Apiguard® ha, per l'alveare, effetti collateralipositivi. Infatti il timolo, agendo oltre che come acaricida anche come fungicida ed antibatterico,contribuisce a migliorare l'igiene dell’alveare e quindi lo stato sanitario delle colonie. Inoltre l’even-tualità che possa ridurre la propria efficacia determinando l'insorgenza di ceppi di varroa resisten-ti, sono estremamente scarse. Mentre gli acaricidi tradizionali di origine sintetica intervengono bloccando esclusivamente un pro-cesso biochimico vitale per l'acaro, il timolo agisce in modo "polifunzionale", su molteplici processibiologici propri della varroa: sia sul sistema nervoso, sia sull'integrità delle pareti cellulari.L'utilizzo dell'Apiguard® è consigliato per i trattamenti tampone estivi, con temperature compresefra i 20 ed i 40°C; la maggiore efficacia si esplica con temperature prossime ai 35°C. La contempo-ranea alimentazione delle api migliora l’efficacia del trattamento di circa il 6% rispetto al trattamentoin assenza di alimentazione. Per quanto la normativa comunitaria non preveda per il timolo (in qua-lità di prodotto naturale) un limite massimo del residuo, il suo impiego, in coincidenza con i flussinettariferi, potrebbe trasferire al miele odori e sapori anomali, raggiungendo la soglia di percezio-ne sensoriale che va da 1,1 a 1,5 milligrammi per chilogrammo di miele. Individui sensibili al gustodel timolo ne percepiscono la presenza già a concentrazioni prossime a 0,8 milligrammi per chilo-grammo di miele. Per tale motivo la Confederazione Elvetica ha stabilito questo valore quale con-centrazione massima ammessa. Pertanto, sebbene la casa produttrice non dia indicazioni in meri-to, è preferibile effettuare il trattamento in assenza dei melari.

La varroatosi

33 Nel caso si propenda per l'impiegodell'Apiguard® in confezioni predosate,queste devono essere semplicementeaperte e posizionate al di sopra dei telainidel nido. Le vaschette (contenenti 50grammi di prodotto) vanno sostituiteogni 10 - 12 giorni. Anche se il gel vieneprelevato dalle api in tempi inferiori, restacomunque efficace. Infatti l’azionedell’Apiguard® si esplica sia attraverso ilcontatto con le api, sia attraverso i vapori.

22 Il dosaggio standard previsto dalla VITA (Europe) Limited è pari a 50grammi per alveare. Trattandosi di unprodotto evaporante, la quantità diprodotto da impiegare non dipendedalla forza della colonia, ma dal volumeda saturare. Per questo motivo, al fine dilimitare i costi, prima del trattamento, èpreferibile riunire insieme le coloniedeboli, in modo che gli alveari sianoformati, per quanto possibile, dafamiglie su 10 favi.

Al fine di un'ottimale circolazionedell'evaporato di timolo, occorrepredisporre un volume "libero" al disopra dei favi del nido. Questo si realizzao capovolgendo il coprifavo (qualoraquesto sia predisposto per l'accogli-mento del nutritore a tazza) o posizio-nando un melario privo dei favi. Laprima soluzione è da preferire poichè ilvolume totale da saturare (arnia piùcoprifavo) è inferiore (vedi glossario).

44L'Apiguard® viene commercializzato o sfuso, in secchielli dal peso di 3chilogrammi, o in confezioni di 10vaschette dal peso di 50 grammiciascuna. L'impiego del prodotto sfusopermette un risparmio di circa il 20-25%per singolo trattamento.

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i trattamenti con l’Apiguard®

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Schede tecniche di apicultura La varroatosi - i trattamenti con l’Apiguard®

Affinché il trattamento raggiunga la massima efficacia, è indispensabilechiudere le aperture per l'aerazione dellequali potrebbe essere dotata l'arnia. Inmodo particolare, poichè i vaporisprigionati dall’Apiguard® sono più pesantidell’aria, occorre riposizionare i fondimobili in lamiera.

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E’ possibile suddividere la dosestandard di 50 grammi in due tratta-menti settimanali di 25 grammiciascuno. Questo non comporta unamaggiore efficacia del trattamento, mapermette di risparmiare prodotto ove lasua somministrazione debba essereinterrotta a causa di oscillazioniimpreviste delle temperature, al di fuoridell’intervallo ottimale di impiego (20-40°C).

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L'impiego dell'Apiguard® sfuso permette un significativo risparmioeconomico anche a fronte di unamaggiore necessità di manodopera perl'intervento. Si consideri che il correttodosaggio del prodotto è facilitatodall'impiego di una specifica paletta indotazione alla confezione da 3chilogrammi.

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Prima di introdurre il fondo mobile per il monitoraggio delle varroe,occorre spalmare o spennellare suquesto, uno strato di vaselina o olio divaselina (vedi glossario). Si può evitarecosì che le varroe cadute, ma ancoravive, possano risalire nell’arnia oppureche le varroe morte possano essereasportate dalle formiche, falsando ivalori dell’infestazione.

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È importante conteggiare il numerodelle varroe cadute nelle settimanedurante l'intervento. Ma soprattutto èimportante valutare la caduta naturalenelle settimane successive: sia per avereuna reale stima dell'efficacia del trattamen-to e sia per verificare eventuali casi direinfestazione.L'efficacia del trattamento con Apiguard®

è compresa fra il 90% ed il 95%,mostrando una variabilità estremamenteridotta.

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L'impiego del timolo, sia nelle formulazioni classiche, sia comeApiguard®, può provocare fenomeni disaccheggio fra le colonie (vediglossario). Pertanto, oltre ad equilibrarepreventivamente la forza delle famiglie,è preferibile, per limitarne i rischi, trattarecontemporaneamente l'intero apiario.Durante il trattamento è meglio evitarela sostituzione delle regine.

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L’Apistan® è uno dei pochi presidi sanitari, fino ad ora autorizzati in Europa, che manifesta anco-ra una buona efficacia per il controllo della parassitosi provocata dall'acaro Varroa distructor.Prodotto dalla casa farmaceutica VITA(Europe)Limited, ha come principio attivo il Fluvalinate®.Il prodotto si presenta sotto forma di strisce di materiale plastico imbevute di molecole di princi-pio attivo che vengono lentamente rilasciate all'interno dell'alveare eliminando gli adulti diVarroa in fase foretica. Le strisce vengono inserite in numero di una ogni cinque telai da nidocoperti di api, all'interno dell’arnia, sospendendole tra due telai da nido. Vi devono essere lascia-te da un minimo di 45 ad un massimo di 70 giorni. In questo modo è possibile colpire 2-3 gene-razioni di acari, limitando la possibilità di sviluppo di resistenza al Fluvalinate® da parte del paras-sita.Nel caso di famiglie composte da meno di sette telai coperti di api, è possibile inserire soltantouna striscia di Apistan®. Nel caso che la colonia ricopra sette o più favi, le strisce da impiegaredevono essere due. Il trattamento può essere eseguito in qualunque momento dell'anno, in considerazione dellemodalità di lento rilascio del principio attivo da parte del particolare supporto plastico. Tanto piùche la casa farmaceutica produttrice non prevede nessun tempo di sospensione. Tuttavia è asso-lutamente preferibile lasciar trascorrere almeno trenta giorni prima della posa dei melari.Finalità del trattamento è, ovviamente, quella di eliminare quanti più acari possibile.Le prove in campo, effettuate dalla commissione sanitaria nazionale UNA-API e dall'Università diUdine, registrano, per questo prodotto, un'efficacia media tra l'80 ed il 90%, a patto che nellazona il Fluvalinate® non sia stato utilizzato, per la lotta alla varroa, da non meno di sei, sette anni.Questo intervallo di tempo è assolutamente fondamentale per evitare la comparsa indesideratadi fenomeni di resistenza. Infatti, vale la pena ricordare che l'Apistan®, sin dal momento della suaregistrazione alla fine degli anni ottanta, venne largamente impiegato dagli apicultori di tuttaEuropa, come unico acaricida, in contrapposizione a quanto prescritto dalla stessa ditta produt-trice che prevedeva il suo utilizzo in alternanza con altri pricipi attivi. Questo portò ad una rapida diminuzione della sua efficacia, e ad una notevole moria di alveariregistratasi a metà degli anni novanta.L'uso dell'Apistan® deve essere di tipo "strategico": per un solo anno e ad intervalli di qualcheanno (meglio, appunto, se di almeno sette anni). Tanto meglio, se questo presidio sanitario vieneimpiegato ciclicamente su ampie zone omogenee, attraverso una gestione di tipo collettivo. Talemetodologia di impiego ha anche l'indubbio pregio di evitare l'accumulo del principio attivonella cera, considerato che in essa si trovano ancora residui risalenti al periodo in cui venneimmesso sul mercato per la prima volta. Sulla base di quanto detto, l'apicultore che dovesse optare per l'inserimento dell'Apistan® nel suopiano di lotta alla varroatosi deve attenersi ad alcune principi fondamentali: deve essere relati-vamente sicuro che, nell'areale ove si trova il proprio apiario, questo principio attivo non sia statoimpiegato da alcuni anni e che, pertanto, non siano presenti ceppi di varroa apistan-resistenti;non deve assolutamente impiegarlo per due anni di seguito, ma rispettare i tempi di intervalloraccomandati, pari a sei, sette anni; deve categoricamente testarne l'efficacia effettuando il moni-toraggio della popolazione dell'acaro una volta terminato il trattamento.Nella confezione sono indicate le modalità di somministrazione. Tuttavia, a differenza di quantoriportato, la pratica di campo ha suggerito alcuni accorgimenti che vengono descritti di segui-to.

i trattamenti con l’Apistan®

22 Per il loro impiego, tali striscedevono essere separate le une dallealtre. È molto importante che,nell'effettuazione di questa e delleoperazioni successive, l'apicultore utilizzidei guanti protettivi (ad esempio inlattice) onde evitare che il principioattivo possa entrare in contatto con lapelle.

11 Le confezioni di Apistan®

commercializzate in Italia, contengono,ciascuna, 10 strisce, necessarie per iltrattamento di 5 colonie con unnumero superiore a 7 favi coperti daapi. È possibile inserire soltanto unastriscia qualora la famiglia sia compostada 6 favi o meno.

Le strisce dispongono di particolari alette che, per il posiziona-mento fra i favi, devono essere estrofles-se all'esterno. È comunque preferibilenon utilizzare queste alette, in quanto lealte temperature, ammorbidendo ilsupporto, potrebbero provocare loscivolamento delle strisce sul fondodell'arnia.

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La varroatosi

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Schede tecniche di apicultura La varroatosi - i trattamenti con l’Apistan®

Per questo motivo, è preferibileforare le strisce di Apistan® mediantel'impiego di un punteruolo a puntacorta. Il foro deve essere fatto ad unadistanza di circa 3-4 millimetri dallaparte superiore della striscia, in modotale che questa non venga piegata dalcoprifavo.

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Nel foro viene quindi inseritoun piccolo bastoncino di legno (o unnormale stuzzicadenti) che può meglioassolvere la funzione di sostegno,quando la striscia viene sospesa tra ifavi.

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Prima di procedere all'inserimentodelle strisce è opportuno assicurarsi chefra i favi stessi non vi siano impedimentidi sorta per il normale passaggio delleapi. Inoltre, occorre eliminare tutti i pontidi cera eventualmente presenti fra i favi,nel punto in cui vengono inserite lestrisce di Apistan®.

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Le strisce, così sospese fra i telaida nido, diffondono lentamente egradualmente il principio attivoall'interno degli alveari, attraverso ilsemplice contatto delle api. Queste,sfregando involontariamente il propriocorpo con le strisce, rimangono"contaminate" dalla molecola diFluvalinate® che, che in questo modo,viene veicolato in tutto l'alveare.

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È assolutamente indispensabile,durante i trattamenti con l'Apistan®,posizionare i vassoi per la raccolta delle varroe. I vassoi devono essereobbligatoriamente vaselinati al fine diimprigionare gli acari eventualmentecaduti non morti, ma solo tramortiti.In questo modo si aumenta di moltol'efficacia dei trattamenti. Ciò rendeinoltre possibile monitorare i risultati del trattamento stesso.

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Al momento dell'acquistodel prodotto è necessario controllare la data di scadenza, sempre presentesulla confezione.Infine giova ricordare che le strisceesauste ed i loro contenitori devonoessere gestiti secondo le prescrizioni dilegge (D. Lgs. n° 22/97 e successivi) epertanto smaltiti attraverso gli specificipunti di raccolta (ad esempio, icontenitori presenti in molte farmacie).

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L'impiego dell'acido lattico è un sistema di lotta per il controllo delle popolazioni di varroapoco adatto ai grandi allevamenti. Per contro è uno dei prodotti di largo impiego più sicuriin assoluto sia per i residui rilasciati nel miele e nella cera, sia per la sicurezza nella sua mani-polazione. Infatti questo acido è largamente presente in natura e può essere assunto anchein dosi elevate senza creare alcun tipo di danno. A questo proposito, è utile ricordare che l'a-cido lattico rappresenta il risultato finale della degradazione anaerobica degli zuccheri nellafase di produzione di energia da parte degli esseri viventi: il suo accumulo nei muscoli è tipi-co degli stati di appesantimento durante gli sforzi fisici.Nonostante quanto detto, è sempre preferibile non utilizzarlo in presenza dei melari ed evi-tare di respirarlo durante i trattamenti.Il contenuto di acido lattico presente nel miele è funzione dell'origine botanica, facendo regi-strare valori variabili da un minimo di 40 milligrammi per chilogrammo, fino ad un massimodi 400 milligrammi. Dopo tre trattamenti, il tasso di acido lattico nel miele somministrato allelarve può raggiungere valori assai elevati, arrivando anche ad un grammo, un grammo emezzo, per chilogrammo. Comunque, dopo appena sessanta giorni dal termine dei tratta-menti, i suoi contenuti si riportano sui valori consueti.Gli effetti sull'uomo sono comunque irrilevanti, valutato che vi sono alimenti, consumati nor-malmente, ricchissimi di acido lattico, in contrapposizione alle quantità di miele che, dinorma, vengono assunte giornalmente. Per fare un raffronto immediato si consideri che unvasetto di yogurt (del peso di 180 grammi) contiene circa 2 grammi di acido lattico.Il miele contiene acido lattico levogiro L(+) e destrogiro D(-). Anche l'acido lattico comune-mente reperibile sul mercato è generalmente una miscela di L(+) e D(-). Per la lotta contro lavarroa è possibile impiegare anche il solo acido lattico L(+), assai più economico del destro-giro D(+).Nella pianificazione di un programma di lotta alla Varroa, è possibile abbinare l'impiego deidue acidi organici: il formico ed il lattico. Il primo può essere distribuito, come trattamentotampone (vedi glossario) al termine dalla stagione produttiva estiva, durante i mesi di agostoe settembre; il secondo durante i mesi invernali, da dicembre a gennaio. In questo modo, l'ef-ficacia dei due trattamenti così abbinati può raggiungere livelli pari a circa il 98%.

il trattamento con l’acido lattico

33 Il trattamento con l'acido latticodeve essere effettuato in assenza dicovata e di volo delle api. Per questomotivo, il suo impiego ottimale è, per gliallevamenti in condizioni climatiche ditipo mediterraneo, durante il mese didicembre, durante il blocco di covatache, naturalmente, si registra in questoperiodo. Nel caso, è possibile ricorrere adun blocco di covata artificiale.

11 L'acido lattico viene normalmenteimpiegato nell'industria alimentarecome regolatore di acidità. Esso è ilrisultato della fase del metabolismoanaerobico (e, quindi, senza l'interventodell'ossigeno) degli zuccheri, al finedella produzione di energia. Derivandodalla semplice divisione di unqualunque carboidrato a sei atomi dicarbonio, comunemente denominatoesoso, è formato da 3 atomi di carbo-nio, 6 di idrogeno e tre di ossigeno.

Affinché il trattamento abbiasuccesso è necessario che tutte le api,sia quelle sui favi sia quelle che sitrovano sulle pareti dell'arnia, venganoraggiunte dal prodotto. Occorrepertanto effettuare la distribuzionedell’acido lattico con temperatureambientali comprese fra i 7 ed i 15°C.Con valori di temperatura maggiori,non è possibile garantire buoni livelli diefficacia del trattamento.

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La varroatosi22 La demolizione in una molecola

di un esoso (glucosio, fruttosio, ecc.)produce due molecole di acido lattico.Tale processo chimico sta alla basedella produzione di energia inqualunque organismo vivente. Dalla successiva ossidazione di unamolecola di acido lattico, attraverso larespirazione cellulare, è possibileottenere 3 molecole di anidridecarbonica (CO2) ed altrettante diacqua (H2O).

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Schede tecniche di apicultura La varroatosi - il trattamento con l’acido lattico

L'acido lattico viene utilizzatoin soluzione acquosa al 15%. Valutatoche sul mercato è possibile reperirlo insoluzioni con concentrazioni differenti,per la preparazione occorre considerarela quantità di acqua già presente nellaformulazione di partenza. Per ottenere laconcentrazione del 15%, occorreaggiungere quantità di acqua distillatacalcolate in modo preciso.

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Per calcolare la quantità di acquada aggiungere, occorre considerare lapercentuale di acido lattico presente nellaformulazione di partenza. Per portarla allapercentuale di impiego del 15%, è neces-sario aggiungere 1/3 di litro di acqua di-stillata ogni 5 punti percentuali superioririspetto alla soluzione di cui si dispone. Adesempio, per ogni litro di soluzione al60% di acido lattico, la quantità di acquache deve essere aggiunta è pari a 3 litri.Infatti: 60%-15%=45%; 45 (punti percen-tuali):5 (punti percentuali)=9; 9x1/3 litro =3 litri di acqua

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La distribuzione dell'acido latticoavviene per nebulizzazione, secondo lametodologia descritta per il controllodella tarma della cera con irrorazioni abase di Bacillus turingensis o del con-trollo della varroatosi con l'uso dell'acidoossalico nebulizzato. Anche in questocaso occorre determinare i tempi diirrorazione, secondo quanto descrittonella relative schede, al fine di stabilirecorrettamente i tempi in relazione aivolumi di soluzione da nebulizzare.

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Per ogni favo si devono vaporizzare10 millilitri di soluzione di acido lattico al15%, 5 millilitri per lato. In colonieintensamente popolate, la dose puòessere aumentata fino ad 8 millilitri perogni lato del favo. Si deve estrarretelaino per telaino e la soluzione di acidolattico deve essere uniformementenebulizzata sulle api. È necessariobagnare uniformemente tutte le api,considerando che lievi sopraddosagginon sono pericolosi. È però importantenon far diventare nere le api.

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In assenza di volo e di covata,2 trattamenti a distanza di circa 7 giornisono sufficienti per far cadere un'elevatapercentuale di varroe. In alternativa, sipossono eseguire fino a 4 o 5 trattamentia distanza di 4-7 giorni. Per eseguireciascun trattamento sono necessari nonmeno di 4 o 5 minuti. È sempreconsigliabile inserire il fondo diagnosticoper la raccolta delle varroe, spalmato condel grasso di vaselina.

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Non sono mai stati segnalatieffetti negativi sulle api, a patto che iltrattamento venga eseguito secondo lametodica descritta. Occorre prestareattenzione affinché, durante iltrattamento, non venga irrorata, ovepresente, la covata disopercolata.Questa, se colpita direttamente,potrebbe infatti morire. Si consideri però che la stessa covata è, di norma,coperta dalle stesse api operaiedeputate al loro accudimento.

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L'acido ossalico (vedi glossario) è una delle sostanze frequentemente impiegate nel controllo dellepopolazioni di Varroa destructor. Le modalità di somministrazione all'interno dell'alveare sonoriconducibili a tre metodiche fondamentali: distribuzione diretta tra i favi; distribuzione mediantestrisce di cellulosa; sublimazione mediante evaporatori. In questa scheda viene presa in considera-zione la sola distribuzione diretta fra i favi. Questa metodica, a sua volta, è suddivisibile in tre tipo-logie differenti:•mediante nebulizzazione;•mediante sgocciolamento;•mediante gocciolamento,L’azione dell'acido ossalico non è prolungata nel tempo, ma rapida ed immediata. Pertanto il suoimpiego deve essere limitato ai trattamenti in assenza di covata o quando questa mostra un’ esten-sione ridotta: sugli sciami e sui pacchi d'api come sulle api svernanti. Al contrario, il suo utilizzo deveessere precluso nei trattamenti tampone estivi. Inoltre, pur non risultando un prodotto inquinante,è sempre preferibile che i trattamenti con acido ossalico debbano essere eseguiti in assenza deimelari o in periodi in cui l'attività di raccolta di nettare o di melata da parte delle api non sia signi-ficativa.In considerazione delle stagioni nelle quali si effettua normalmente il trattamento (il tardo autunnoo l’inverno, periodi caratterizzati da temperature spesso inferiori ai 10°C), per limitare i danni alle apiè preferibile eseguire la somministrazione nella tarda mattinata di giornate ben soleggiate.Infine, nell’affrontare le differenti modalità di somministrazione occorre porre attenzione al tipo diacido ossalico del quale si dispone: in forma anidra, monoidrata o diidrata. Infatti, la stessa quanti-tà in peso delle tre forme in commercio, non corrisponde alle stesse quantità assolute di acido ossa-lico, essendo presenti, secondo le formulazioni commerciali, per ogni molecola di acido, nessuna,una o due molecole di acqua. In concreto, nella descrizione delle differenti soluzioni di impiegoindicate successivamente, si intende fare riferimento alla formulazione di ossalico più comune-mente reperibile sul mercato: la forma diidrata, del peso molecolare di circa 126. Nel caso l'apicul-tore possa disporre della forma monoidrata, deve fare riferimento ad una dose di impiego pariall’83,3%. Con la forma anidra, la dose impiegata deve essere pari al 71,4% di quella indicata (vediglossario). Invero, come detto in precedenza, nel richiamare comunemente l'acido ossalico, ovenon specificato, si fa riferimento alla forma diidrata, più facilmente reperibile e di gran lunga la piùeconomica.

i trattamenti con acido ossalico in soluzione

33 Per determinare la giusta dose,occorre o una provetta graduata o unasiringa. Si spruzza al suo interno il conte-nuto dello spruzzino fino a raggiungereun volume noto: ad esempio 1 millilitro.Si contano rispettivamente o i secondiimpiegati o il numero delle spruzzate.Tale valore deve essere quindi moltipli-cato (in questo caso, per 3), ottenendo il tempo necessario o il numero dellespruzzate necessarie per distribuire laquantità di soluzione prescritta.

11 Il trattamento per nebulizzazionesi effettua spruzzando omogeneamente6 millilitri (o centimetri cubici) disoluzione di acido ossalico per favo, 3per ciascun lato. I favi devono essereestratti uno ad uno. È preferibile evitaredi bagnare la regina e la covatadisopercolata (che comunque, data lastagione, dovrebbe essere assente)nonchè i favi con polline.Per le dosi della soluzione si veda ilglossario.

Il trattamento per sgocciolaturasi effettua impiegando una grossasiringa da 60 millilitri priva dell'ago.Devono essere distribuiti 5 millilitri (ocentimetri cubici) di soluzione per favoDadant-Blatt coperto di api, fino ad unmassimo di 50 millilitri per alveare. Ladose di riferimento è pari a 0,19 millilitriper decimetro quadrato di favo.Per le dosi della soluzione si veda ilglossario.

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La varroatosi22 Occorre disporre di uno spruzzatore

graduato: uno spruzzatore a bassapressione con un serbatoio da uno acinque litri o una spruzzetta a mano.Nel caso lo spruzzatore non siagraduato, occorre testare preventiva-mente il tempo (o il numero di spruz-zate) necessario per somministrare lagiusta dose per favo.

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Schede tecniche di apicultura La varroatosi - i trattamenti con l’acido ossalico in soluzione

La soluzione deve essere preparatasciogliendo i cristalli di acido ossalicodirettamente nella soluzione zuccherinaalla temperatura di 20-25°C. È anchepossibile sciogliere precedentemente icristalli in una parte di acqua distillata, in modo tale da unire poi questa allasoluzione zuccherina. Al termine, lasoluzione deve rispettare le proporzioniin acido, zucchero ed acqua riportate inglossario.

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La soluzione deve essere sgocciolatatra i favi, direttamente sulle operaie, dopoaver eliminato i ponti di cera. Durante lastagione autunno-invernale, per evitaredanni alle api, è consigliato effettuarel’intervento con acido ossalico sgocciola-to il più precocemente possibile, indicati-vamente sin dalla seconda settimana didicembre. Si tenga presente che piccolerose di covata non ospitano che pochiacari. Eventualmente è possibile ripeterel’intervento trascorsi 30 giorni dal primo.

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Nella distribuzione fra i favioccorre agire lentamente, eseguendopossibilmente due passaggi. In questomodo si dà tempo alle api, bagnate alprimo passaggio, di ridiscendere verso ilcentro dei favi. Esse verranno sostituiteda altre che, a loro volta, possonoessere bagnate con il secondopassaggio. Questa modalità disomministrazione garantisce unamigliore e più omogenea distribuzionedell'acido.

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La distribuzione per gocciolaturadell'acido ossalico viene realizzataspruzzando a pressione la soluzionecontro il coprifavo aperto in diagonale acirca 45°, con il lato anteriore trattenutoaderente all'arnia dai due angolarianteriori.Per le dosi della soluzione si veda ilglossario

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Attraverso una siringa veterinaria,caricata precedentemente con la dosenecessaria sulla base della consistenzadella colonia, si spruzza con forza lasoluzione contro il coprifavo. La soluzionedeve essere spruzzata sul coprifavo incorrispondenza alla sottostante posizionedei favi nel nido.

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Una volta chiuso il coprifavo,la soluzione tende a gocciolarelentamente dal coprifavo, andando adepositarsi sia sulle api, sia sui legnitraversi dei telaini. Questo tipo didistribuzione è più veloce, purrichiedendo un'attrezzatura apposita.

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L'acido ossalico (vedi glossario) è uno dei principi attivi più efficaci nella lotta alla Varroa destructor,soprattutto per gli apicultori che preferiscono utilizzare prodotti a basso impatto ambientale.Il prodotto agisce acidificando l'ambiente dell'alveare, rendendolo così non adatto alla vita dell'a-caro. Le metodiche di somministrazione dell'acido ossalico sono principalmente tre: gocciolamen-to o vaporizzazione fra i favi, distribuzione mediante strisce di cellulosa e sublimazione medianteevaporatori. Prove sperimentali concordano nel riconoscere un’ efficacia variabile fra il 92 ed il 99%,qualora l'acido ossalico venga somministrato per gocciolamento o sublimazione. Al contrario, si èdimostrata scarsa l'efficacia delle strisce di cellulosa. Il prodotto non ha un tempo di carenza codificato ed analisi effettuate nelle 24 ore successive altrattamento, non hanno evidenziato un aumento della quantità di acido ossalico naturalmentepresente nel miele. Si consiglia tuttavia di lasciare trascorrere almeno due giorni prima della posadei melari sulle arnie trattate. L'acido ossalico viene utilizzato sia come prodotto eradicante in assenza di covata, sia come tratta-mento tampone (vedi glossario) ripetuto in presenza di covata. A tutt'oggi, non si è manifestatonessun caso di resistenza al prodotto da parte della varroa. Fra i vantaggi di questo tipo di trattamento si possono evidenziare: l’ottima efficacia in assenza dicovata; la bassa o nulla mortalità delle api; la possibilità di utilizzo in apicultura biologica; la possibi-lità di essere inserito nella rotazione per l'utilizzo alternativo ad altri principi attivi. Fra gli svantaggi:il rischio per l'operatore di inalare i vapori tossici che si liberano sia durante la somministrazione sianella fase successiva; la lunga durata dei tempi di esecuzione del trattamento. La caduta degli acariperdura per due settimane, con un picco fra il secondo ed il quarto giorno dopo il trattamento.I sublimatori disponibili sul mercato si distinguono in base alla tipologia di alimentazione. Il Varrox®

ed il Bioletalvarroa® sono alimentati elettricamente. Il secondo è un ‘evoluzione del Varrox® essen-do integrato con una ventola che meglio distribuisce i vapori all’interno dell’arnia. Un’altra tipolo-gia di alimentazione è quella a gas. Le prove in campo di questi modelli hanno dimostrato unaminore efficacia rispetto a quelli elettrici; a fronte però di un costo notevolmente inferiore ed unamigliore facilità di impiego considerata la loro fonte di alimentazione. È stato comunque dimostrato che, qualora aiutati da ventilazione forzata, i sublimatori a gas rag-giungono standard operativi simili a quelli elettrici.Per non infastidire le api, modificando in modo artigianale il nido, è inoltre possibile, utilizzare ilBioletalvarroa® ed i sublimatori a gas (ma non il Varrox®) dalla parte posteriore dell’arnia.

il trattamento con l’acido ossalico sublimato

33 Il sublimatore Varrox®

alimentato con corrente elettricacontinua a 12 Volt, viene inseritonell’arnia nel modo classico, cioè dallaparte anteriore. Le arnie vanno chiusecon delle strisce di gommapiuma, primache inizi l’attività di bottinamento. Iltratta-mento deve essere effettuato contem-perature superiori ai 5°C.

22 L’acido ossalico è assai diffusoin natura. È il più forte acido organico.Dalla sua degradazione è possibileottenere una molecola di acido formico(anch'esso normalmente presente innatura) ed una di anidride carbonica.Una successiva degradazione produceuna molecola di monossido di carbonioed una di acqua.La DL50 (vedi glossario) per un essereumano è pari a 375 milligrammi perchilogrammo di peso corporeo.

È consigliabile avere almeno dueapparecchi, in quanto tra il trattamentodi una famiglia e la successiva, il sublima-tore deve raffreddarsi. In alternativa puòessere raffreddato immergendolo inacqua fredda. Non occorre asciugarlopoichè l’umidità residua facilità la subli-mazione dell’acido ossalico. Disponendodi due o più apparecchi si evitano i tem-pi morti: mentre il primo viene fattoraffreddare, con il secondo si puòtrattare un'altra famiglia.

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La varroatosi

L'unico prodotto a base di acidoossalico utilizzabile per la lotta allavarroa è l'Api-Bioxal. Questo formulato èammesso in apicoltura biologica (Reg.CEE 2092/91 e successive modifiche).Viene commercializzato in buste da35,175 o 350 grammi. Può essereimpiegato sia per sublimazione che persgocciolamento, nebulizzazione ogocciolamento.

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Azione di comunicazione

Schede tecniche di apicultura La varroatosi - il trattamento con l’acido ossalico sublimato

Il sublimatore elettrico modelloBioletalvarroa®. è dotato anch'esso dicavo elettrico e funziona con correntecontinua 12 Volt. È dotato di interrutto-re, ben visibile nella foto, che permettedi accendere il dispositivo dopo che ilfornello è già stato inserito all'internodell'alveare.

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L’uso del Bioletalvarroa®

sviluppa vapori che infastidisconosensibilmente le api. A differenza di quanto mostrato infigura, è indispensabile chiuderel’apertura di volo dell'arnia durante edopo il trattamento. In caso contrariol’efficacia del trattamento sarebberidotta di molto. Terminato iltrattamento gli alveari devono rimanerechiusi per circa 10-15 minuti.

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I sublimatori a gas, seppure di più facile utilizzo, hannoevidenziato una minore efficaciarispetto a quelli elettrici. Ciò è dovuto alfatto che il bruciatore. a gas non è ingrado di sviluppare una temperaturauniforme sull’intera superficie delfornellino dove vengono collocati icristalli di acido ossalico.

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Si tenga presente che,l’avvenuta evaporazione dell’acido ossa-lico non indica che il trattamento sia sta-to eseguito correttamente. Qualora latemperatura superi 189°C, l’acidoossalico non sublima, ma reagendo conl’drogeno, si decompone in una mole-cola di acido formico, una di monossidodi carbonio e una di acqua, perdendocosì la propria efficacia. Considerata lasua tossicità, si deve operare indossandouna maschera antigas con filtro B1P3per acidi organici.

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L'uso dei vassoi per il monitoraggiodella caduta dell'acaro è sempreindispensabile. Questi devono essereopportunamente vaselinati, sia pertrattenere le varroe cadute, non morte,a seguito del trattamento e sia perevitare l'asportazione delle varroe morteda parte delle formiche o di altri insetti. Infatti, la sottrazione delle varroe daparte delle formiche comporterebbeuna sottovalutazione circa l’entità dellapopolazione degli acari presentenell’alveare.

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Il numero delle varroe catturatedal foglio adesivo è infatti un preziosoindicatore del livello di infestazionedell'alveare e quindi, dell'apiario.La caduta di acari prosegue dopo iltrattamento per almeno 12-14 giorni,con un massimo di cadute nei primi 3giorni dopo il trattamento.

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Il blocco della covata, come tecnica apistica, è un metodo conosciuto e praticato da decen-ni. Spesso veniva raccomandato per il controllo di alcune malattie (come, ad esempio, nellefasi iniziali delle peste europea), affinché le operaie avessero modo di ripulire i favi prima chela regina deponesse le proprie uova. Una volta chiusa, la gabbietta veniva poi lasciata inalveare in modo tale che le api, avvertendo la presenza della regina, non fossero indotte acostruire celle reali di sostituzione.Successivamente il blocco della covata è stato diffusamente impiegato per determinare, inmodo artificiale, una momentanea scomparsa nell'alveare della covata opercolata, potendoprocedere, in modo più efficace ed economico, alla disinfestazione della colonia dalla varroa.In apicultura, il blocco della covata, totale o parziale, può essere indotto, più o meno artifi-cialmente, in svariati modi: asportando (come già detto) tutta la covata opercolata; inver-nando precocemente gli alveari in montagna; confinando la regina in uno spazio ristrettodell'arnia attraverso l'ausilio di lastre escludiregina orizzontali o verticali; ecc. La stessa tecni-ca descritta nella scheda sulla produzione di nuclei attraverso l'ausilio del doppio melario,basa infatti i suoi presupposti per il controllo della varroa, sia sul confinamento della reginain una sezione dell'arnia (l'intero nido), sia sull'asportazione della covata opercolata, ove siannida la maggior quantità di acari. Secondo questo procedimento l’apicultore può dispor-re di un intervallo di tempo per effettuare un trattamento tampone con preparati quali acidoossalico o acido formico in assenza di covata opercolata La finalità del blocco della covata, e tutte le metodiche ad esso assimilabili, è proprio quelladi poter disporre di un lasso di tempo, per quanto breve, di totale assenza di covata oper-colata. In questa condizione, ai fini del controllo delle popolazioni di varroa, il trattamentotampone può espletare la massima efficacia possibile, potendo agire quando tutte le varroesi trovano, gioco forza, nella fase foretica.Attualmente, la tecnica del blocco di covata si sta diffondendo fra gli apicultori che, a ragio-ne, la considerano un metodo basilare di lotta alla varroatosi.Si consideri che, comunque, un blocco di covata effettuato nella tarda estate, in assenza disignificativi flussi di nettare, non compromette in alcun modo la forza della colonia. Infatti lamancata nascita di poche migliaia di api viene naturalmente compensata dall'allungamentodella vita delle operaie, non impegnate nell'alimentazione con pappa reale delle larve.Permette inoltre di ottenere successivamente una covata poco parassitizzata e, quindi apioperaie più sane e longeve.

l’impiego delle gabbiette comuni e "cinesi"

33 Ultimamente si è diffuso anche in Italia un modello di gabbietta,ampiamente utilizzato in Cina. Realizzatain legno e plastica, è costituita da unastruttura (del tutto assimilabile ad unalastra escludiregina) che permette ilpassaggio delle api nutrici, facilitandocosì il contatto fra l'ape regina e la suacorte. La sua semplicità d'uso ed il suobasso costo (circa 30-50 centesimi dieuro) ne hanno favorito la diffusione.

11 Per realizzare il blocco di covatasi potrebbero sfruttare le stesse gabbiet-te normalmente impiegate perl'introduzione in alveare delle regine.Queste gabbiette, però, si sono dimo-strate inadatte a quest’uso, poiché nonpermettendo alle api nutrici di accedereall’interno di esse, consentono solopochi e labili contatti fra la reginaingabbiata e la sua corte. Tutto ciòfinisce per limitare la diffusione delferomone reale all’interno della colonia.

Le gabbiette "cinesi" presentano, in alcuni modelli, dimensioni maggioririspetto alla comune gabbiettaimpiegata per l'immissione delle nuoveregine in alveare. Tale caratteristicafavorisce ulteriormente la possibilità dicontatto fra l'ape regina e le api nutrici.Questo fa sì che possa essere immessain circolo una quantità maggiore diferomone reale, veicolato dall'intensolavoro delle operaie.

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Il blocco della covata22 Per questo motivo, le regine

costrette in queste gabbiette, vengonospesso trascurate dalle api, finendo permorire di fame. Anche nel caso cheriescano a sopravvivere, una voltaliberate al termine del periodo diclausura, vengono sovente soffocatedalle stesse operaie che non lericonoscono più come loro regine.

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Schede tecniche di apicultura Il blocco della covata - l’impiego delle gabbiette comuni e “cinesi”

La regina viene introdotta nella gabbietta attraverso un'apertura che siottiene facendo scorrere la sbarretta di legnosuperiore. La regina deve essere afferrata per leali e quindi chiusa nella gabbietta, facendosemplicemente scorrere la bacchetta dichiusura.

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La gabbietta, contenente la regina,viene semplicemente adagiata sui favi. Qualoral'alveare disponga di melario, si provvedeunicamente a posizionare la gabbietta fraquest'ultimo ed il nido, sincerandosipreventivamente che lo spazio sia sufficiente.In assenza del melario occorre invececapovolgere il coprifavo.

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Eventualmente è possibile innestaresia la gabbietta classica sia quella "cinese" in untelaino di covata, ritagliando una porzione corri-spondente di favo. Nel caso, per evitare colaturedi miele sulla regina, o di eliminare della covata,è possibile inserire la gabbietta nelle porzioni piùalte del favo solitamente occupate da scorte Inquesto caso il miele colando non rischia di soffo-care la regina. Le stesse api poi provvedonoimmediatamente a riparare il favo

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Il trattamento con acido ossalicodeve essere effettuato non appena sfarfallatatutta la covata e, possibilmente, prima che laregina riprenda l'ovideposizione. Nel casoquesto non sia possibile, è preferibile fare iltrattamento quando la covata non hasuperato lo stadio di uovo. In questo modo è più semplice raggiungere l'interapopolazione di varroe.

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Le due parti, una volta catturatala regina, possono essere unite con deglielastici. Questa modalità di chiusura può nonessere sufficiente considerato che gli elastici,sotto tensione, possono facilmente rompersianche grazie all’azione delle api operaie.

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Più adatte si dimostrano le comuni fascette da elettricista. Questesoluzioni a fronte di maggiore economicitàrichiedono però un maggiore aggravio dilavoro sia per la loro realizzazione sia nel loroutilizzo.

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Non disponendo di gabbiette appositesi può fare ricorso a gabbiette improvvisate oautocostruite o impiegare quelle per l’introdu-zione delle regine. Al posto della parte supe-riore può essere utilizzata una chiusura otte-nuta sezionando una lastra escludiregina dimetallo o meglio di plastica. Nel caso è possi-bile costruirne una, con dei comuni spiedini dilegno inseriti in un cartoncino e posizionati aduna distanza netta di 4,5 millimetri.

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Una sorta di gabbietta sul modellodi quella cinese, può essere realizzatafacilmente sezionando e curvando in modoopportuno una lastra escludiregina in ferro.Così facendo, è possibile ricavare da unasingola lastra 20-25 gabbiette. Le chiusurelaterali, attraverso le quali deve essereintrodotta la regina, possono essere realizzatenei modi più disparati, secondo la fantasiadell'apicultore.

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Il blocco di covata della regina può essere anche realizzato attraverso l'impiego di particolari gab-biette, immesse sul mercato solo di recente: la gabbietta Var-control (o gabbietta Mozzato) e la gab-bietta Scalvini. A differenza delle comuni gabbiette per l'introduzione delle regine o di quelle diimportazione dalla Cina, nonché di tutti i sistemi artigianali messi a punto dagli apicultori a partireda questi due sistemi, queste gabbiette possono essere inserite in modo definitivo nei favi, rima-nendo in alveare per un periodo di diversi anni, pari a quello di impiego del favo.Loro lontano precursore può essere considerato il telaino Bozzi (vedi glossario), ideato all'inizio deglianni ottanta dal Prof. Raffaele Bozzi. L'applicazione di questo sistema di lotta venne però prestoaccantonato, sia perché le api costruivano malvolentieri i favi e sia per l'uscita sul mercatodell'Apistan®, giudicato allora dagli apicultori la soluzione definitiva al problema varroatosi.In ogni caso, considerata la recente introduzione di questi due modelli di gabbiette, solamente unasperimentazione su più larga scala potrà definire la loro reale possibilità di realizzare blocchi di cova-ta senza arrecare danni alla regina.

Il blocco della covata

11 Il modello di gabbietta denominatoVar-control, realizzata dall'apicultoreBruno Mozzato, presenta dimensioniadeguate affinché la regina possapassare tranquillamente l'intero periododi clausura. Le due facce maggiori dellagabbietta sono dotate di ampie feritoieche permettono il normale passaggiodelle api nutrici.

L'inserimento della gabbiettapuò essere fatto sia incastrandoladirettamente in un foglio cereo, siainserendola in un favo di covata. Inentrambi i casi occorre tagliare una partedi foglio o di favo affinché la gabbiettapossa essere integrata comodamente.Una volta inserita, la gabbietta puòrimanere nell'alveare in modopermanente.

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44 La regina viene introdotta aprendo a libro una delle due faccemaggiori della gabbietta. Una voltachiusa, il telaino deve essere posizionatoal centro dell'arnia. Per facilitare laricerca dell'ape regina, è preferibileprocedere, per tempo, alla suamarcatura.

33 La gabbietta deve essere inseritasenza recidere i fili dell'armatura deltelaino. Nel caso venga inserita in unfavo, questa operazione deve essere fattaalmeno il giorno prima della reclusionedella regina, in modo tale che le apiabbiano il tempo di inglobare lagabbietta, asciugando il miele in eccessoe allontanando le larvette uccise daltaglio del favo.

Durante la clausura della reginaè preferibile evitare, in occasione delle visitedi controllo, di affumicare in modoeccessivo, soprattutto indirizzando il fumoverso la gabbietta. Infatti, non avendo laregina la possibilità di allontanarsi, sirischierebbe di provocarne la morte.

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l’impiego delle gabbiette Var control e Scalvini

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Schede tecniche di apicultura Il blocco della covata - l’impiego delle gabbiette Var control e Scalvini

La liberazione della regina avvienepreferibilmente una volta effettuato iltrattamento antivarroa. Si toglie il tappo cheocclude il foro posizionato sulla faccia frontalee si ripone il telaino al suo posto. La reginadeve uscire naturalmente , non forzandola innessun modo e senza utilizzare il fumo.

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Il modello denominato Scalvini al contrario del precedente, permette allaregina di proseguire la sua opera diovideposizione, per quanto in un ambito assailimitato. Di forma quadrata, presenta stampatesul fondo le impronte delle cellette di un favo,al pari di un foglio di plastica. Su queste leoperaie proseguono la costruzione in cera.

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La faccia frontale è costituita da una chiusura (apribile a libro) che faanche da escludiregina. Questo permette ilpassaggio sia delle api che accudiscono laregina sia di quelle che si fanno carico dellacovata. È presente anche un foro che, unavolta aperto, permette alla regina di allonta-narsi una volta terminato il periodo diclausura.

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La gabbietta deve essere incastrataper tempo, preferibilmente sin dallaprimavera, in un favo costruito di recente, inmodo tale che venga immediatamentesaldata dalle operaie. In questo modo le apiceraiole hanno anche la possibilità dicompletare la costruzione delle cellette, primache venga introdotta la regina.

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La deposizione della regina prosegueininterrottamente per tutto il periodo direclusione, fatto questo che consente ladiffusione all'interno dell'alveare sia deiferomoni reali che di quelli della covata.Questo favorisce di molto la coesione dellacolonia e l'inibizione della costruzione dicelle reali.

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Il trattamento con acido ossalicodeve essere effettuato non appena sfarfallatatutta la covata e, possibilmente, prima che laregina riprenda l'ovideposizione. Nel casoquesto non sia possibile, è preferibile fare iltrattamento quando la covata non hasuperato lo stadio di uovo. In questo modoè più semplice raggiungere l'interapopolazione di varroe.

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Occorre fare attenzione a che la chiusurasia rivolta verso il basso. In questa posizione, lagabbietta viene lasciata per l'intera durata divita del favo. Essa deve essere recuperata primadella distruzione del favo nella sceratrice solareo in quella a vapore, evitando che i raggi solaried il calore la possano rovinare.

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La covata opercolata, eventualmentepresente nel fondo della gabbietta Scalvini,ovviamente infestata di varroa, deve esseredistrutta prima del trattamento. In casocontrario, queste varroe costituirebbero unnucleo importante di reinfestazione.

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La Varroa destructor è l'agente della varroatosi, la più grave parassitosi che possa colpire glialveari. Questo acaro è stato segnalato in Italia per la prima volta fra il 1980 e l'81, prove-niente dalla Slovenia. Inizialmente classificata come V. Jacobsonii (descritta da Oudemansnel 1904 e presente nelle Filippine come parassita dell'Apis cerana), è stato poi accertato daAnderson e Trueman che sotto questa specie venivano accomunate un complesso di 5 o 6specie differenti. La specie giunta in Europa è stata, dagli stessi autori, classificata comeVarroa destructor, aplotipo (vedi glossario) indicato come coreano, tedesco o russo. Questoaplotipo si è diffuso oltre che nel continente europeo anche in Asia continentale, Africa set-tentrionale e America settentrionale. E’ particolarmente aggressivo nei riguardi dell'Apis mel-lifera, a differenza dell'aplotipo chiamato giapponese, diffuso in Giappone, Indonesia eAmerica meridionale.Il ciclo riproduttivo si svolge a carico delle larve, all'interno di una celletta opercolata. Talefase, detta riproduttiva, ha pertanto termine al momento dello sfarfallamento dell'ape adul-ta. A questa ne segue una seconda, a carico delle api adulte, detta fase foretica. Quest’ultimaha una durata variabile in funzione delle condizioni ambientali.La femmina di varroa penetra in una cella poco prima che questa venga opercolata, nelmomento in cui la larva ha un'età pari a 5-6 giorni. Una volta nella cella, la femmina di var-roa si immerge nella gelatina reale. All'opercolatura, l'acaro si porta sulla prepupa ed inizia anutrirsi. Passate 60 ore dalla chiusura della cella, la femmina di varroa depone il suo primouovo. Successivamente, l'ovideposizione prosegue con intervalli di 30 ore fra un uovo e l'al-tro. Come l'ape, la varroa ha la possibilità di deporre uova fecondate (dalle quali nascono fem-mine) e non fecondate (dalle quali nascono maschi). Solamente dal secondo uovo nasce unmaschio; tutti gli altri danno origine a varroe femmina. Le varroe femmine, nate nella cellet-ta, raggiungono lo stadio adulto (passando attraverso le fasi di protoninfa e deuteroninfa) ela maturità sessuale in circa 9 giorni; i maschi in appena 7. L'accoppiamento avviene nella celletta opercolata ed il maschio, che non ha neppure la pos-sibilità di nutrirsi, muore all’interno della stessa. Le femmine adulte di varroa lasciano la cel-letta al momento della disopercolatura, mentre le forme preimaginali, non avendo comple-tato il proprio ciclo di sviluppo, non hanno nessuna possibilità di sopravvivenza. Una voltafuori, le varroe femmine vivono sulle api adulte e si nutrono della loro emolinfa, in attesa didare inizio ad un nuovo ciclo.Quando la varroa compie il proprio ciclo riproduttivo a carico di un'ape operaia, hanno lapossibilità di fuoriuscire dalla celletta 1 varroa fecondata ed 1 varroa adulta, ma non fecon-data. Se la varroa entra in una celletta di fuco, hanno la possibilità di uscire 2 varroe fecon-date (se non 3) ed 1 varroa adulta non fecondata.Le due varroe hanno comportamenti differenti: la varroa fecondata si comporta come lamadre, entrando successivamente in una celletta e depositando uova secondo il ritmodescritto; la varroa non fecondata, entrata in una celletta, deposita un uovo che, non fecon-dato, dà origine ad un maschio; si accoppia con il "figlio" e fuoriesce come varroa feconda-ta. In pratica è obbligata a compiere un primo ciclo che non dà luogo a progenie, ma chele è indispensabile affinchè si fecondi. È utile valutare quante varroe si ottengono, ad esem-pio dopo 10 generazioni, da una femmina adulta, nel caso il ciclo si svolga a carico di unalarva di operaia o di fuco.

22 Limitare la covata maschile è, dunque, assolutamente indispensabi-le. Per questo fine è di assolutaimportanza:•porre attenzione nella scelta dei foglicerei, specialmente quelli da melario;•eliminare i favi deformati nelle cuicellette di maggiori dimensioni trovaposto la covata a fuco; •limitare le costruzioni naturali.

11 Una varroa feconda che parassitizzaun'ape operaia, genera una varroafeconda ed una no. Dopo 10 genera-zioni si ottengono pertanto 89 varroefeconde e 55 non fecondate, per untotale di 144 varroe adulte. Qualoral’acaro compia il proprio ciclo su unfuco, genera due varroe feconde eduna no. Si ottengono dopo 10 genera-zioni, 5.741 varroe feconde e 2.378 nonfecondate, per un totale di 8.119 varroeadulte. Ben 56 volte che nel primo caso.

È possibile sviluppare un modellodi andamento della popolazione di var-roa basato su: un solo ciclo per acaro;una durata del ciclo di 30 giorni nei mesidi gennaio, febbraio, ottobre e novem-bre e di 20 giorni negli altri; un bloccodella covata nel mese di dicembre; unamortalità della varroa del 10%; la presen-za di covata maschile (parassitizzata perl’85%) nei soli mesi da febbraio a mag-gio. Da 10 acari iniziali la popolazionearriva, in un anno, a oltre 37000 unità.

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La Varroa destructorciclo e analisi dei trattamenti

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Schede tecniche di apicultura La Varroa destructor - ciclo e analisi dei trattamenti

L'assenza di un piano di lotta per il controllo delle popolazioni divarroa porta in breve tempo all'estinzio-ne delle colonie di api. Infatti sovrappo-nendo un modello di curva della covata(in presenza di 3 significativi flussi dinettare, uno primaverile, uno estivo eduno autunnale) con il modello di svilup-po della popolazione dell’acaro, èpossibile osservare come, per la colonia,il momento critico si verifichi durante lastagione estiva, in concomitanza con laproduzione o alla sua conclusione.

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Qualora si disponga di presiditerapici con efficacia compresa fra il 98e il 99%, nelle regioni a clima mediterra-neo sarebbero sufficienti 2 soli tratta-menti:•uno invernale, a fine dicembre, inassenza di covata;• uno subito dopo la smelatura estiva.In questo modo sarebbe assicurata unaefficace lotta alla varroa.

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Purtroppo, tutti i presidi sanitari in commercio utili al controllo dallavarroa, hanno un livello di efficacia nonsuperiore al 95%. Questo valore diefficacia è in grado di assicurare lasopravvivenza di una colonia di api perun periodo non superiore a 2-3 anni.Secondo lo stesso modello, a fronte dei10 acari presenti all'inizio della stagioneproduttiva, se ne potrebbero contarepoco più di 140 dodici mesi dopo.Ben 14 volte in più rispetto al valore dipartenza.

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In queste situazioni climaticheoccorre obbligatoriamente porre inessere azioni di lotta aggiuntive cheintegrino i due trattamenti canonici diinizio inverno e di fine estate. Fra questitrattamenti è possibile menzionare lasoppressione periodica della covatamaschile attraverso il Metodo Campero(vedi glossario) che prevede l’utilizzo diun telaino trappola. Tale pratica è co-munque assai onerosa sia per la perditadi covata che per la manodoperanecessaria per la sua realizzazione.

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Meglio prelevare l'intera quota di covata femminile opercolata presentein alveare, da impiegare per larealizzazione di nuclei. Affinché questiprelievi abbiano efficacia è necessarioripetere l'operazione almeno 2-3 volte inun anno. Se questo non fosse possibile,occorre prevedere almeno un prelievocompleto di tutta la covata (aperta echiusa), da associare ad un trattamentocon acido ossalico.

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Nei nuclei formati con i favi di covata prelevata secondo le modalitàdescritte deve essere inserita una cellareale. Questo, comportando un bloccodi covata di circa 2 settimane, rendepossibile un trattamento con acidoossalico sgocciolato o nebulizzato daeffettuarsi una volta sfarfallatacompletamente la covata. In alternativaè possibile indurre un blocco artificialedella covata. (vedi scheda).

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Non è certamente una scoperta recente che l'Apis mellifera L. possa essere parassitizzata dadiversi ditteri. Diverse specie, appartenenti ad alcune famiglie quali i Larvevoridi ed iSarcofagidi, sono infatti endoparassitoidi obbligati dell'ape, dovendo compiere parte del lorociclo preimaginale all'interno del corpo dell’ imenottero. Sin dalla fine dell'ottocento, in diver-se zone d'Europa, furono segnalati casi di api parassitizzate da larve di ditteri appartenenti aqueste famiglie.In Italia, la prima menzione della pericolosità del parassita fu dell'Istituto Tecnico Agrario"Duca degli Abruzzi" di Cagliari, nel lontano 1950. Successivamente, sempre nel nostroPaese, miasi (vedi glossario) attribuite a Senotainia tricuspis furono segnalate, nel 1955 daGiordani e nel 1960 da Filippo Venturi. Quest'ultimo, oltre a descrivere gli esemplari maschi-li e femminili del dittero, elencò le regioni italiane ove era stata segnalata la presenza dellaparassitosi: fra queste la Sardegna.L'adulto di Senotainia tricuspis somiglia molto ad una mosca domestica. Come questa èlungo da sei a otto millimetri, presenta sulla fronte, situata tra gli occhi composti, una bandacentrale bianca mentre sull'addome alcune tacche scure di forma subtriangolare. Da quideriva il nome della specie.Le osservazioni condotte dai tecnici dell'Agenzia LAORE Sardegna nel quinquennio dal 2003al 2008, indicano come questi insetti, negli ambienti a clima mediterraneo, prediligano lezone assolate, vicine al mare, caratterizzate da una tipologia di terreni sciolti e ricchi disostanza organica.Normalmente, i primi adulti compaiono, negli apiari dislocati nelle regioni calde in prossimi-tà della costa, a partire dalla fine del mese di maggio e poco più tardi nelle aree più interne.Nelle primavere con andamento climatico piuttosto caldo e siccitoso, è possibile individuarein apiario femmine di Senotainia sin dal mese di aprile.L'infestazione prosegue fino ad ottobre o novembre, qualora il permanere di temperaturemiti consenta lo sviluppo del dittero.Le percentuali più elevate di infestazione si raggiungono nelle aree mediterranee tra la finedi luglio e la fine di settembre. In questo periodo è possibile rinvenire negli apiari alcune cen-tinaia di adulti di Senotainia. Negli areali ove la diffusione del dittero è elevata, la percentua-le di bottinatrici parassitizzate varia da un minimo del 20 ad un massimo dell'80-90%.È importante conoscere il ciclo della Senotainia, ai fini del controllo delle sue popolazioni.La mosca sverna nel terreno allo stadio di pupa. Ai primi caldi, gli adulti sfarfallano, fuoriu-scendo dal terreno. Una volta accoppiatasi, la femmina svernante è in grado di dare originefino a 600-800 larve. Queste svolgono il loro ciclo entro il corpo di una bottinatrice, com-piendo due mute e raggiungendo lo stadio di terza età. In questa fase la larva divora pres-soché totalmente i sistemi vascolare e tracheale dell'ape ed i muscoli del torace, fino a pro-vocarne la morte a poca distanza dall'alveare. Nell'ultimo stadio di sviluppo della larva diSenotainia, l'ape si presenta incapace al volo e sovente dispone le ali nella caratteristica con-figurazione a K, determinata dalla degradazione dei muscoli alari. Poco prima dell'impupa-mento, la larva fuoriesce dal corpo della bottinatrice attraverso l'articolazione del capo. Inquesta fase misura più della metà del corpo dell'ape.L'impupamento avviene nel suolo ad una profondità variabile secondo la sua tessitura: èmaggiore nei terreni argillosi e minore in quelli sabbiosi. L'intero ciclo ha una durata variabi-le, compresa fra i 15 ed i 20 giorni.Pertanto, a circa tre settimane dai primi sfarfallamenti, la seconda generazione somma la suaattività riproduttiva a quella della generazione svernante. Sono la seconda e la terza genera-zione che danno origine a quella destinata allo svernamento.

22 La mosca si porta sulle bottinatricicon voli rapidissimi, stazionando sulcorpo dell'ape per un tempo assaibreve, sufficiente per depositare la larva.Questa penetra all'interno del corpodell'ape, attraverso l'articolazione delcapo col torace o attraverso le tracheerespiratorie del torace. Una voltaall’interno, la larva va ad insediarsiimmediatamente sotto la muscolaturadelle ali, nutrendosi, in un primomomento, solo di emolinfa.

11 La femmina adulta di Senotainia,una volta fecondata, si posa sui coper-chi metallici delle arnie o in prossimitàdel predellino, sempre nelle zone piùsoleggiate. In questa posizione, che sipuò definire di attesa, l'adulto aspetta laschiusa dell'uovo e la fuoriuscita dellalarva di prima età della lunghezza dicirca un millimetro. È in questa fase cheessa prende il volo per poter depositarela larva sul corpo di una bottinatrice.

La presenza del dittero può esseremonitorata sia controllando la presenzadelle femmine adulte e la frequenza deiloro attacchi alle bottinatrici, sia attraver-so l'osservazione di api adulte, incapacial volo. Queste si trascinano sul terreno,nelle vicinanze dell'arnia, spesso con leali nella tipica configurazione a K,dovuta al particolare angolo assuntodalla coppia posteriore, che non siaggancia, come di norma, alle alianteriori.

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La Senotainia tricuspis

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Schede tecniche di apicultura La Senotainia tricuspis

Ai fini del monitoraggio, è preferibile l'uso di trappole (o esche)cromotropiche di colore bianco,cosparse di colla entomologica(Temocid) o di comune vischio. Vieneadottato questo colore e non il giallo,più comune, in quanto il bianco èparticolarmente attrattivo nei riguardidei ditteri Sarcofagidi mentre lo è assaipoco per gli imenotteri e per le api inparticolare. Queste cartelle devonoessere posizionate sopra i tetti dellearnie, nelle parti più soleggiate.

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Le trappole possono esseresostituite da comuni piatti di plastica,fissati sui tetti in maniera opportuna, o,in alternativa, appesantiti con unapietra. È opportuno che le trappolesiano posizionate nei periodi di scarsolavoro per l'apicultore poiché, altrimenti,sarebbero di ostacolo alla sua attività.È comunque il caso che le trappolesiano facilmente amovibili.

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La sostituzione delle trappole, in situazioni climatiche normali, deveavvenire con frequenza non superiore aisette giorni. In caso di forte vento opioggia sarebbe preferibile asportarle e,successivamente, sostituirle. Tempi distazionamento più lunghi renderebberoassai difficoltosa l'individuazione degliadulti di Senotainia. Nella colla delleesche cromotropiche rimangono, infatti,intrappolati altri insetti, artropodi, omateriale vegetale.

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L'attività di cattura può avere finalità di monitoraggio o di controllo. Nel primocaso sono sufficienti poche trappolementre nel secondo il loro numero deveessere maggiore, anche una per arnia. Le catture devono essere predisposte pertempo, affinché eliminando gli individuisvernanti prima che questi si riproducano,si possa ridurre in modo significativo l’entitàdelle popolazioni successive. Limitando il numero degli individui diseconda generazione si evita chel’infestazione assuma effetti devastanti.

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Spesso, soprattutto nelle giornateventose, alcune api bottinatrici vengonocatturate accidentalmente dalletrappole. Purtroppo a questo non sipuò ovviare in alcun modo. Per questomotivo è preferibile sospendere l'azionedi cattura durante il momento dellasciamatura.

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Ai fini del controllo delle formesvernanti è raccomandabile effettuareuna zappettatura del terreno nel tardoautunno. Operazione che può essereripetuta nel mese di marzo. Questaporta in superficie le pupe, le quali, inquesto modo, vengono decimate.

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Con il termine comune di tarma della cera si intende genericamente indicare due specie dilepidotteri con abitudini crepuscolari o notturne: la Achroia grisella, di dimensioni più picco-le, e la Galleria mellonella, più grande ed assai più dannosa. La larva della Achroia grisella sisviluppa costruendo caratteristiche gallerie fra la covata e l'opercolo e, non arrecando gravidanni ai favi, è una presenza generalmente innocua, che non disturba in modo significativol'attività della colonia. Al contrario della Galleria mellonella che si riproduce a carico dei faviabbandonati o in soprannumero all'interno dell'alveare e di quelli deposti in magazzino.La tarma della cera era ritenuta, fino a poco tempo fa, una temibile nemica dell'ape, capaceda sola di distruggere gli alveari. Oggi è invece percepita quale nemico di pericolosità moltolieve, capace di creare seri danni solo alle famiglie già in piena decadenza per stati patologi-ci o per parassitosi.Recentemente è stata addirittura accertata l’utilità dell’azione della Galleria, in caso di mortedella colonia a causa di forme patologiche contagiose. È stato infatti provato come l'azionedella tarma della cera contribuisca alla distruzione di tutte le forme durature e resistenti,soprattutto delle batteriosi (in particolare della peste americana) e del nosema. Sembra anziche le api di uno sciame percepiscano gli odori provenienti dalle sostanze lasciate dalle larvedi Galleria come sintomo di pulizia e di igienicità, eleggendo spesso vecchi alveari, oramaidemoliti dalla tarma, come siti ideali ove accasarsi. Per questo motivo, per attirare gli sciami,alcuni apicultori utilizzano la rosura della tarma, quale attrattivo all'interno delle arniette-escalasciate in prossimità degli apiari L'ape ligustica mostra un'elevata attività di controllo della Galleria riuscendo peraltro a limi-tare notevolmente i danni derivati dagli attacchi portati dalle larve di questi lepidotteri.La tarma della cera non causa danni seri agli alveari, se non quando questi sono troppodeboli o ammalati. In tal caso l'infestazione di tarma può soltanto contribuire ad accelerarel'estinzione della famiglia esplicando, come detto, un'utile funzione di pulizia.Senza dubbio, la presenza della tarma della cera può invece creare non pochi problemi perla conservazione dei favi immagazzinati, soprattutto in quelli ove le api hanno allevato cova-ta. La distribuzione geografica della tarma della cera corrisponde a quella dell'ape allevatadall'uomo; la diffusione tuttavia è limitata dall'incapacità di questo lepidottero di superareprolungati periodi di freddo. Questo spiega perché i problemi legati alla tarma della cerasono meno acuti ad elevate latitudini mentre sono maggiormente sentiti nelle regioni meri-dionali. Sono solo le larve di Galleria mellonella, e non l'adulto, a causare gravi danni ai favi.Esse, per portare a termine il proprio sviluppo preimaginale, hanno necessità di nutrirsi di ali-menti proteici, che trovano nel polline immagazzinato nei favi nonché nelle esuvie negliescrementi lasciati nelle cellette dalle larve delle api. Le larve di tarma, allevate esclusivamen-te con cera pura (un grasso privo di alcun valore biologico), bloccano il proprio sviluppo sindal primo stadio e per questo i danni che esse arrecano ai favi costituiti da sola cera sono tra-scurabili. Per questo motivo, una buona pratica apistica consiste nel separare i favi da nido,che hanno ospitato covata, dagli altri. I favi da melario con residui di covata o polline vannoinvece tassativamente fusi, mentre gli altri possono essere normalmente conservati. Per ladescrizione del ciclo biologico della Galleria mellonella si rimanda al glossario: tarma dellacera - ciclo biologico.

La Galleria mellonella e l’Achroia grisella

22 La larva di Achroia grisella scavagallerie fra la covata e l'opercolo. La suaattività non arreca danni alla colonia,non distruggendo i favi né uccidendo lepupe. Pertanto, la sua presenza nondisturba eccessivamente le api.Contrariamente alla Galleria mellonella,questa larva si sviluppa meglio nellearnie popolose poiché, per potercompletare il proprio ciclo preimaginale,necessita di covata compatta ed estesa.

11 Gli adulti, sia di Galleria mellonellache di Achroia grisella, depongono leuova nelle ore notturne, o direttamentesui favi, non governati dalle api, o inprossimità delle aperture dell'arnia: fra ilnido ed il coprifavo, nelle vicinanze dellagriglia del fondo antivarroa o nellespaccature del legno. Non appenafuoriuscite dall'uovo, le larvette siportano sui favi.

Al contrario, la larva di Galleriamellonella si nutre di componenti proteiciche trova nei residui contenuti nei favi: ibozzoli e gli escrementi delle larve delleoperaie o il polline. Allo scopo, scavacaratteristiche gallerie, devastandocompletamente i favi. Raggiunta lamaturità, la larva fila un bozzolo, spessoscavandosi una piccola nicchia nellegno, entro il quale compie lametamorfosi.

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La tarma della cera

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Schede tecniche di apiculturaSchede tecniche di apicultura La tarma della cera - La Galleria mellonella e l’Achroia grisella

Per conservare i favi, sopratutto quelli che hanno contenutocovata, è possibile utilizzare i vapori dianidride solforosa (vedi glossario).Questa sostanza viene commercializzatain bombolette a pressione o in dischettidi zolfo da bruciare. Esplica la propriaazione solo sulle larve e gli adulti e nonsulle uova. Il trattamento va ripetuto ogni20-30 giorni, fino a che la temperaturaambiente supera i 12-15°C. I vapori dianidride solforosa possono risultaretossici per l’operatore.

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Il trattamento con anidride solforosadeve essere effettuato dall'alto. Qualora siimpieghino i dischetti infiammabili, si devefare particolare attenzione al reale perico-lo di incendio che il loro utilizzo compor-ta. I dischetti vanno appesi ad un telainovuoto, utilizzando lo stesso filo per l'arma-tura dei fogli cerei. A sua volta il telainocon il dischetto acceso, deve essere inse-rito in un melario vuoto, lontano dai favi edal legno del melario. Nell’eventualità cheil filo si rompa, è opportuno collocare sot-to lo zolfo un piattino di materiale noninfiammabile.

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Il secondo metodo prevede l'utilizzodel Bacillus thuringensis. I laboratoriSandoz hanno sviluppato una preparazione specifica denominata B 401® (vediglossario). Essa contiene spore dellavarietà aizawa particolarmente efficacicontro la tarma della cera. Le sporecontengono cristalli di delta-endotossina.La germinazione di queste sporenell’intestino della larva della tarma, liberala tossina che provoca la distruzione dellapareti intestinali e quindi la morte dellalarva stessa.

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Per un favo da nido sono necessari32 millilitri di preparato mentre nebastano 16 per uno da melario. Per ladistribuzione si impiegano i normaliirroratori a pressione. Occorre valutarepreventivamente quanti secondioccorrono per la distribuzione deiquantitativi indicati (vedi glossarioBacillus thuringensis). Il prodotto deveessere applicato in modo omogeneo suentrambe le facce del favo. Per questo,la distribuzione del Bacillus thuringensisrisulta assai lunga e laboriosa.

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Più economico e altrettanto efficaceé il metodo che prevede l'utilizzo dellebasse temperature. Conservandoli incella frigo a 10°C, si impediscono laschiusa delle uova e lo sviluppo larvale. È un metodo dispendioso dal punto divista energetico e non alla portata dellepiccole aziende. Molto più agevole è ilcongelamento dei favi a -18°C, all'inter-no di un congelatore a pozzetto. Talitemperature, mantenute per 24-36 oreuccidono tutte le forme vitali, compresele uova.

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Una volta estratti dal congelatore,occorre sistemare i favi in scatole di car-tone che debbono essere chiuse erme-ticamente. Questo metodo di conserva-zione permette di preservare i favi perperiodi di tempo praticamente illimitati.Infatti, condizione necessaria per preve-nire i danni della tarma, è evitare che lefemmine adulte riescano a raggiungere ifavi deponendovi nuove uova. L'utilizzodi questi tre metodi, risulta efficace,pulito nonché compatibile con lagestione biologica dell’allevamento.

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Un'ape regina ha la capacità di deporre uova per un periodo non superiore ai 5 anni. I ritmidi ovideposizione sono assai vari e dipendono da molteplici fattori. Tra questi, le basse tem-perature invernali che prolungano il blocco di covata e l'andamento climatico primaverile alquale sono strettamente legati i flussi di nettare. Nelle regioni fredde, l'attività di ovideposi-zione di una regina è significativamente inferiore rispetto a quanto si verifica negli areali aclima temperato. Negli ambienti caratterizzati da inverni lunghi e freddi, l’allevamento dellacovata è assai meno intenso. Questo porta ovviamente ad un allungamento della vita dellaregina che, invece, rischia di esaurirsi precocemente quando la sua attività riproduttiva è piùintensa. I rischi che una colonia rimanga orfana sono tanto maggiori tanto più invecchia laregina e tanto maggiore sono stati i suoi ritmi di ovideposizione. L’orfanità si manifesta dap-prima con la mancanza di uova e, con il procedere dei giorni, con tutti gli altri stadi dellacovata. Solo dopo un lungo periodo di assenza di covata, le operaie acquistano la capacitàdi produrre uova, maschili, non avendo effettuato alcun volo di fecondazione.

il trattamento dell’orfanità

44 Un caso simile di orfanità si verificaquando la regina depone esclusivamen-te uova non fecondate, non riuscendopiù a garantire il ricambio di api operaie.Anche in questa circostanza occorreprovvedere al fine di non perdere leoperaie presenti. Si consideri poi cheuna vasta covata a fuco, spesso presentein colonie trascurate determina unincremento del numero di varroe, cheattraverso il saccheggio, possono infe-stare le altre famiglie e gli apiari limitrofi.

33 Se l'ape regina viene a mancaredurante un blocco di covata o perchèpredata durante il volo di fecondazione,non è possibile alcuna sua sostituzionee la colonia resta orfana. In questo casoalcune operaie, in assenza del feromo-ne reale (vedi glossario), acquistano lacapacità di procreare. Non essendo pe-rò fecondate depongono uova maschi-li, originando una covata di soli fuchi,assai disordinata e facilmente ricoscibile,spesso associata a celle reali abortite.

La covata di operaia fucaiola è facilmente distinguibile. Mentre inalveare vi è una sola ape regina, leoperaie fucaiole sono presenti innumero spesso elevato. Questedepongono più uova nella stessa cella e non disponendo di un addome dilunghezza adeguata, le depongono,prevalentemente sulle pareti. Non èinvece possibile distinguere, allo stadiodi cella aperta, la covata femminile daquella maschile di regina fucaiola.

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La cura della colonia

11 L'orfanità può avere origini diverse.È normale che l'ape regina possamancare per morte naturale o percolpa dell’apicultore. Ove sia presentecovata allo stadio di uovo o di larvacon età inferiore ai tre giorni, le apiprovvedono a realizzare alcune cellereali. Queste celle, dette di sostituzio-ne, sono in numero inferiore a quelledi sciamatura, ma, soprattutto,vengono realizzate intorno allelarvette e, quindi, sulle facce dei favi.

22 Qualora l'apicultore rilevi la presenza di sole celle reali edificatecentralmente sui favi, prima diprocedere alla loro eliminazione, devesincerarsi della presenza della regina edella capacità della stessa di dareorigine ad una progenie femminile.

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Schede tecniche di apicultura La cura della colonia - il trattamento dell’orfanità

Nel caso siano presenti più operaiefucaiole, prima di rimediare all’orfanità,occorre individuarle. In un alverareorfano da tempo la covata femminile èsfarfallata da più di venti giorni e tutte leapi presenti sono quindi bottinatrici; leuniche operaie incapaci al volo sono lefucaiole, mai uscite dall'arnia. Per la loroeliminazione si procede sostituendoall’alveare orfano un’ arnia vuota,possibilmente identica alla prima, ovesono stati inseriti telaini con favi o foglicerei.

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Una volta spostato di qualche metrol’alveare orfano, si spazzolano tutti itelaini. Le uniche api non in grado difare ritorno alla postazione di partenzasono le operaie fucaiole che, in questomodo, vengono allontanate dalla lorocolonia. Compiuta questa operazione, lepossibilità di intervento di cui disponel'allevatore sono molteplici, in funzionesia del tempo che del materiale apisticoa sua disposizione

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E’ possibile intervenire inserendoun favo con covata a uovo o compostain prevalenza da giovani larvette. Questopermette alla colonia di prodursi unanuova regina. I tempi necessari affinchéla famiglia sia in grado di riprendere unavita normale sono in questo casopiuttosto lunghi: circa 30 giorni.Considerata l'anzianità delle vecchie apidi casa, si corre il rischio di non poterbeneficiare sotto l’aspetto produttivo diuna significativa ripresa della colonia.

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Ove si possa disporre, si può procedereaIl'inserimento o di una cella reale prontaallo sfarfallamento o di una reginafecondata. Nel primo caso i tempi si dimez-zano, mentre nel secondo si annullano.Resta il rischio di inserire, in una coloniache ha già presenti i sintomi dell'orfanità,una regina che spesso viene rifiutata. Si può peraltro procedere all'inserimentodella regina in un piccolo nucleo costituitoin prevalenza da favi con covata sfarfallantee solo 7-10 giorni dopo, unire questo allacolonia orfana.

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Per evitare problemi e costi di manodopera, in apicultura intensiva sipreferisce riunire la colonia orfana ad unadebole. Quest'ultima si inserisce semplice-mente all'interno della colonia orfana, allaquale devono essere asportati lo stessonumero dei favi che si vogliono inserire.Eventualmente si possono sottrarre duefavi che possono essere sostituiti da foglicerei secondo la successione: favi coloniaorfana, foglio cereo, favi colonia debole,foglio cereo, favi colonia orfana.

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È anche possibile disperdere le apidella colonia orfana davanti agli alvearidell'apiario. Le api, tutte bottinatrici, nontrovando la loro arnia, si dividono fra glialveari vicini a quello ove era posiziona-to l’alveare orfano. Tale tecnica si adottaogni qualvolta si noti la presenza dioperaie fucaiole. Esse, non avendo maiabbandonato il loro alveare, non sonoin grado di ritrovare la strada di casa epossono essere così eliminate.

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l’inserimento con la tecnica della gabbietta

Sostituzione della reginaLa vita massima alla quale può aspirare un'ape regina è pari a 5 anni. In natura la sua sostituzione avvie-ne praticamente ogni anno attraverso il fenomeno della sciamatura: la regina vecchia, abbandonandoil proprio alveare, lascia il suo regno in eredità ad una sua giovane discendente.Negli allevamenti apistici intensivi, tesi alla produzione del miele, si cerca di limitare il più possibile la scia-matura. In essi si pone pertanto il problema della sostituzione periodica dell'ape regina. Tutto ciò nellaconsiderazione che i rischi di mortalità di una regina sono direttamente correlati alla sua età: minimi alprimo anno diventano elevatissimi dal terzo anno. Inoltre la presenza di regine anziane estende i rischidella sciamatura che, in queste situazioni, può verificarsi anche assai precocemente, appena all'iniziodella stagione produttiva. Seguendo il naturale svolgersi della vita dell'alveare, gli apicultori amatorialisono soliti provvedere alla sostituzione della regina attraverso il semplice prelievo della vecchia, unita-mente ad alcuni favi. Questi, trasferiti in un'altra arnia vanno a costituire una nuova colonia. In pratica ècome se venisse riprodotta una sciamatura artificiale ove il nucleo prodotto può essere assimilato ad unosciame primario. La colonia di api, trovandosi orfana, reagisce immediatamente con l'allevare proprie apiregine. A fronte di una procedura indubbiamente facile, le controindicazioni di questo metodo sonomolteplici: •il numero delle larve che vengono allevate come api regine è spesso elevato, costringendo l'apiculto-re a successivi interventi nel nido volti alla soppressione delle celle;•i tempi assai lunghi, dalle 3 alle 4 settimane, che intercorrono fra l'inizio dell'allevamento e la compar-sa della regina feconda;• il rischio che l'unica regina lasciata in allevamento possa morire, sia in fase preimaginale che duranteil volo nuziale, lasciando la famiglia in uno stato di orfanità irrimediabile;•lo sfruttamento, da parte delle operaie, in assenza di covata, dei favi del nido per la deposizione delmiele, fatto che ostacola non poco l'estensione della covata della nuova regina poiché, una volta oper-colato, difficilmente il miele viene traslocato nel melario.I motivi per i quali si procede alla sostituzione della regina sono sostanzialmente due: la prevenzionedella sciamatura e il cambio di profilo genetico.Affinché la sciamatura possa essere evitata, la sostituzione della regina deve essere fatta per anzitempo,come descritto nella scheda relativa alla prevenzione della sciamatura.Qualora la regina debba essere sostituita perché poco produttiva o per iniettare differenti linee geneti-che nel proprio allevamento, ovvero per circoscrivere l'entità della sciamatura, l'apicultore può proce-dere secondo strade differenti:•con l'ausilio di comuni gabbiette, realizzate per questo scopo; •con l'impiego di particolari gabbiette da applicare sulla faccia di un favo;•attraverso l'allestimento di nuclei appositi.Si tenga presente che se la sostituzione della regina viene fatta in autunno al fine di prevenire la scia-matura, i risultati non sempre sono garantiti. Nel caso di semplice sostituzione per altri motivi, questa può essere eseguita in qualunque periodo del-l'anno, anche se resta il fatto che, durante la stagione produttiva, questa operazione mostra un mag-giore rischio di insuccesso Per valutare il sistema da impiegare nella sostituzione della regina, occor-re considerare l'affinità genetica fra la colonia ricevente e la regina che si intende introdurre: qualo-ra i ceppi genetici siano simili, le percentuali di accettazione risultano massime e, pertanto, è possi-bile ricorrere al semplice impiego della gabbietta. In caso contrario (ove si volesse procedere ad unasostituzione di linee genetiche) è preferibile ricorrere a metodiche diverse di quella descritta in que-sta scheda, più laboriose ma certamente all'esito più garantito.La prima operazione da compiere èquella di eliminare la vecchia regina, operazione che deve essere contestuale all'introduzione dellagabbietta. È sconsigliato introdurre api regine in colonie orfane anche da poco, poiché l'operazio-ne avrebbe scarse possibilità di successo (vedi glossario - Sostituzione dell’Ape regina).

22 Nel caso le regine vengano spediteda luoghi lontani, spesso vengonorinchiuse in particolari gabbiette dilegno, conosciute dai vecchi apicultoricome gabbiette Palpella. Anche questegabbiette possono essere sfruttate perl’introduzione della regina, per quantoquesto modello studiato appositamenteper la spedizione sia assai piùingombrante di quello in plastica.

11 Per l'introduzione delle reginevengono comunemente usate dellegabbiette in plastica, appositamente stu-diate per questo scopo. Sono divise indue scomparti di differenti dimensioni. Inquello più grande trova spazio la reginacon la sua corte; quello più piccolo vieneriempito con del candito, preparato co-me descritto nella scheda sulla nutrizio-ne delle api. Spesso sono le stesse gab-biette con le quali le regine vengonovendute.

L'ape regina viene rinchiusanelle gabbiette unitamente ad unadecina di api che fungono da corte.Questo perché durante il periodo diclausura esse possano provvedere al suoaccudimento ed alla sua nutrizione, nonessendo la regina in grado di provvede-re da sola.

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Schede tecniche di apicultura Sostituzione della regina - l’inserimento con la tecnica della gabbietta

Prima di procedere all'introduzionein alveare della gabbietta, è opportunoeliminare le api di accompagnamento, la cuipresenza ostacola l'avvio del contatto fra lanuova regina e le api dell'alveare ricevente.Infatti, qualora la regina sia sola, sono le stesseapi di casa che tendono ad assolvere il ruolodelle nutrici, provvedendo ad alimentare laregina attraverso i fori presenti sulla gabbietta.

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Per allontanare le api accompagnatricialcuni apicultori operano al chiuso di un picco-lo locale o all'interno di un'autovettura. Apertala gabbietta, le api si riversano sui vetri ove èfacile recuperare l'ape regina. Al contrario, èpreferibile immergere per alcuni secondi lagabbietta api in un recipiente di acqua pulita inmodo tale che tutte le apipresenti , così bagna-te non abbiano la possibilità di alzarsi in volo.

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È così possibile aprire la gabbiettae catturare l'ape regina. Si fa scorrere il coper-chio a slitta, si afferra la regina per le ali e si al-lontanano le accompagnatrici semplicementescuotendo la gabbietta. Successivamente sirinchiude nuovamente la regina, lasciandolasola. Qualora si operi con regine provenientidallo stesso apiario, l'operazione ha ovviamen-te inizio con l'introduzione nella gabbietta dellasola regina.

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Occorre controllare la consistenzadel candito. Spesso, ma soprattutto allorché laregina debba affrontare un lungo viaggio,viene inserito un candito di elevataconsistenza, in modo tale che non possasciogliersi andando ad imbrattare le api fino adeterminarne la morte. Nel caso, questo deveessere sostituito con candito fresco, di mediaconsistenza.

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Un secondo modo di sistemarela gabbietta è quello di stringerla fra i favi,preferibilmente con covata nascente. In que-sto caso è necessario tagliare il tappo situatonel lato corto dove è stato riposto il candito.La gabbietta deve essere sempre collocatacon l'uscita rivolta verso il basso, affinché, colcalore della colonia, venga scongiurato ilpericolo che il candito possa colare sullaregina.

99

È anche possibile sistemare la gabbiettatagliando una porzione adeguata di favo. Intal caso la gabbietta deve essere inseritanella parte inferiore del favo, nella sezionedel telaino rivolta verso l'interno dell'arnia. Inquesta posizione, l'apertura della gabbiettapuò avvenire o facendo slittare il coperchioo eliminandone il tappo. Anche in questocaso è indispensabile che lo scomparto conil candito sia rivolto verso il basso.

1010

Il collocamento della gabbiettaall'interno dell'arnia può avvenire secondo tremodi. Nel primo si poggia la gabbietta sui favi.Si fa scivolare il coperchio fino a lasciare un’apertura di circa 8-10 millimetri dalla parte delcandito e quindi si posiziona la gabbietta conil coperchio rivolto verso il basso. In questomodo le api di casa possono accedere al can-dito, iniziando a degradarlo. In questo caso èspesso necessario capovolgere il coprifavo.

Occorrono circa due o tre giornigiacché le api di casa, consumato il candito,possano entrare in contatto con la regina.Nel frattempo essa avrà assunto il tipico odo-re della famiglia, fatto che ne permette unafacile accettazione. In questo modo, appenauscita, inizia a deporre, integrandosi perfetta-mente nella nuova colonia. È necessariolasciare tranquillo l'alveare per almeno unasettimana, prima di controllarlo.

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Ministero delle Politiche Agricole,Alimentari e Forestali

ComunitàEuropeaSchede tecniche di apicoltura

La tecnica di sostituzione della regina attraverso il passaggio intermedio in un nucleo, basa la pro-pria possibilità di successo sul fatto che una regina già in attività venga meglio accettata rispetto aduna che ancora deve avviare l'ovideposizione. Inoltre, una volta inserita in un apposito nucleo diaccettazione e riconosciuta come propria regina, essa può contare su un discreto numero di nutri-ci che provvedono, oltre cha a nutrirla, a proteggerla da eventuali aggressioni.Questa tecnica, pur assai laboriosa, offre però adeguate garanzie affinché la percentuale di suc-cesso dell'operazione sia prossima al 100%.Dapprima si provvede alla costituzione di un apposito nucleo, privo di api di volo, notoriamentequelle aggressive, e ricco di api appena sfarfallate. Queste ultime, in modo particolare, assumendola qualifica di api nutrici appena tre giorni dopo lo sfarfallamento, vanno a nutrire la sola regina cheesse hanno conosciuto sin dalla loro nascita, pur non essendo quella che le ha generate.Successivamente, ad accettazione avvenuta, questo nucleo può essere riunito con il ceppo madre.Sicuramente il numero di "api amiche" sulle quali può contare la regina fa sì che il successo dell'o-perazione sia praticamente assicurato.

Sostituzione della regina

11 Per prima cosa occorre individuareil favo sul quale si trova la vecchiaregina. Esso è certamente un favo dicovata composto da larve giovani euova. Questo favo deve essere postotemporaneamente in un'arniettaprendisciame, al fine di evitare chedurante le operazioni di preparazionevenga trasferita anche la vecchia regina.

Successivamente si preleva un favocolmo di riserve alimentari costituite dapolline e miele. Questo favo deve essereposizionato in una seconda arniettaprendisciame, in prossimità di un lato.Prima di trasferirlo nell'arnietta, il favodeve essere scrollato lievemente, per far sì che le api di volo si allontanino.

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44 A chiusura è opportuno inserire,lateralmente, un favo vuoto, idoneo peraccogliere la covata della nuova regina.La successione di questi tre favi puòmeglio essere completata da undiaframma o da un nutritore a tasca, alfine di facilitare alle api il compito dimantenere in equilibrio la temperatura.

33 Il nucleo di accettazionedeve essere completato con un favo dicovata nascente. Anch'esso, prima del tra-sferimento, deve essere scrollato debol-mente. Il fatto di allontanare preventiva-mente le api di volo, permette all'operato-re di valutare correttamente la quantità diapi di casa che vengono trasferite nel nu-cleo di accettazione. Questo per evitare dicostituire un nucleo che, valutato ben po-polato, si impoverisca a seguito del rien-tro delle bottinatrici nell’alveare d’origine.

Qualora si stimi insufficientela quantità di api di casa presenti nelnucleo, occorre integrarne il numeroaffinché possa essere scongiurato il rischiodella morte della covata nell'eventualità diun abbassamento delle temperature, inspecial modo di quelle notturne. Lo spazioresosi libero nell'alveare di partenza, deveessere completato con favi adatti adaccogliere covata o, eventualmente, dafogli cerei.

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l’inserimento con la tecnica del nucleo

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Azione di comunicazione

Schede tecniche di apicultura Sostituzione della regina - l’inserimento con la tecnica del nucleo

Una volta pronto, il nucleodeve essere posizionato di lato all'alveare alquale si intende sostituire la regina. Nel casonon vi sia posto a sufficienza, esso può esserecollocato anche sopra il tetto dell'arniaricevente. In questo modo, anche le poche apidi volo presenti, una volta uscite dal nucleo,tendono a fare ritorno nell'alveare originario.

66

Nel nucleo così formato,deve essere inserita la nuova regina. La tecnicadi inserimento è quella classica, attraversol'impiego della gabbietta. Resta però il fatto che,certamente, una colonia debole e priva di apiaggressive, è portata ad accettare una reginaanche di ceppo genetico assai differente, moltopiù di quanto si sarebbe potuto verificare inuna colonia forte ed in attività.

77

Una volta liberata, la nuova reginaintraprende immediatamente la sua attività diovideposizione. In questo è enormementefacilitata dal fatto di poter disporre di duebuoni favi liberi: uno inserito già vuoto eduno liberatosi poiché composto da covatanascente.

88

Dopo una settimana il nucleopuò essere controllato per verificare il correttoandamento della colonia. Quasi certamente èpossibile constatare l'accettazione della reginae la presenza della sua covata.

99

Nel caso la colonia ricevente,nell'attesa dell'accettazione della nuovaregina (operazione che richiede non menodi una settimana) abbia completato il nido, èpossibile trasferire in un doppio melario partedei favi di covata, in modo tale che siapossibile inserire nel nido l'intero nucleo conla nuova regina.

1111

I telai componenti il nucleoe la nuova regina possono essere inseriti alcentro della colonia ricevente, collocando ailati due fogli cerei, secondo quanto descrittonella scheda: La sciamatura - la sostituzioneprecoce della regina. Dopo la riunificazione,è opportuno affumicare leggermente le apial fine di confondere gli odori delle duecolonie.

1212

A questo punto è possibile procedereal ricongiungimento delle due famiglie.Occorre innanzitutto sopprimere la vecchiaregina e fare spazio affinché sia possibilesistemare il nuovo nucleo nella coloniaricevente. Nel caso, è possibile prelevarequalche favo con la vecchia regina,posticipandone la sua soppressione altermine della stagione produttiva.

1010

Diversamente è possibile riunificarele due famiglie trasferendo i favi del nucleodopo aver cosparso con farina le api delledue colonie. In questo caso non è necessariointerporre i fogli cerei. Infatti, l'azione di ripuli-tura svolta dalle api permette la loro reciprocafamiliarizzazione, favorendone l'integrazione.Anche in questo caso è necessaria una legge-ra affumicatura dell’ alveare neocostituito.

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Ministero delle Politiche Agricole,Alimentari e Forestali

ComunitàEuropeaSchede tecniche di apicoltura

Se l'individuazione dell'ape regina non presenta grosse difficoltà in colonie non molto sviluppa-te, altrettanto non si può affermare se l'alveare è ben popolato ed in produzione. Per questomotivo, al fine di rendere veloce la ricerca dell'ape regina, è preferibile provvedere alla sua mar-catura, attraverso l'apposizione di una macchia di colore sullo scutello ovvero di appositi bollininumerati (vedi glossario). Per questa operazione viene utilizzata una serie di 5 colori, richiamatiin ordine alfabetico: l'azzurro, il bianco, il giallo, il rosso ed il verde (vedi glossario: La marcaturadella regina). Per bloccare l'ape regina esistono diversi strumenti (particolari forcelle con elastici, retine, speci-fici cilindri trasparenti forniti di pistone, ecc.), per quanto il sistema preferito dagli apicultori siaquello manuale, descritto di seguito. Per la marcatura si possono impiegare diversi sistemi (lac-che con solventi volatili, vernici alla nitro, ecc.), sebbene venga oramai preferito l'impiego dicomuni pennarelli. È anche possibile, come detto in precedenza, incollare sullo scutello dellaregina dei dischetti colorati, contrassegnati con un numero da 00 a 99. Tale sistema, diffuso inmodo particolare in Francia, ha il vantaggio di "legare" ciascuna ape regina ad un alveare spe-cifico.

La marcatura della regina

44 A questo punto la reginaviene trasferita di mano.affinché questa operazione risultisemplice, si fa in modo che sia la reginastessa ad aggrapparsi con le propriezampette all'indice dell'altra mano (nelnostro caso, la destra).

33 Prima di procedere alla marcatura,occorre disimpegnarsi del favo dalquale è stata prelevata la regina; megliose il telaino può essere riposizionatonell'arnia. Tale operazione va effettuatatenendo stretta per le ali l'ape regina.

Al termine di questo passaggiol'ape regina deve trovarsi trattenuta fral'indice (o il medio) della mano destra,che viene a trovarsi sotto il torace, ed ilpollice, che la stringe dallo scutello.

55

11 L'ape regina deve essere catturatadirettamente con la mano chel'apicultore non adopera naturalmente(la sinistra per i destrorsi o la destra per imancini). Questo in modo tale che, altermine della manipolazione, siapossibile, per l'operazione dellamarcatura, usare la mano normalmenteimpiegata per scrivere.

L'ape regina deve essere afferrataper le ali in modo da evitare ognipossibile rischio di danneggiarla,provocandole lesioni da schiacciamentodell'addome. Per comodità descrittive,l'esempio viene riferito ad apicultoridestrorsi.

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Azione di comunicazione

Schede tecniche di apicultura La marcatura della regina

Per poter lasciare scoperto loscutello si procede ad un ulterioretrasferimento di mano. L'ape reginaviene afferrata lateralmente (in modotale che il torace venga a trovarsi tral'indice ed il pollice) e trasferitanuovamente nella mano sinistra.

66

Dopo questa serie di passaggi, l'ape regina viene a trovarsi stretta per ifianchi del torace fra le ditadell'apicultore, in modo che sia facile marcarla sullo scutello.

77

Tenendo la regina con il caporivolto verso l'alto (al fine di evitare cheuna eventuale colatura della sostanzaimpiegata per la marcatura la possadanneggiare o, addiritura, ammazzare),è possibile marcarla sullo scutello.

88

Terminata l'operazionedi marcatura vera e propria, è preferibiletrattenere ancora alcuni secondi l'aperegina fra le dita, affinché il colore possaasciugare completamente.

99

Per reintrodurre l'ape reginamarcata, si riestrae lo stesso favo dal quale era stata prelevata e su questoviene liberata. La verifica che l'operazio-ne della marcatura sia stata effettuatacon successo, si ha controllando laregolare accettazione della regina daparte delle operaie. Il segnale dell’avve-nuta accettazione si ha quando le ope-raie accudiscono e puliscono con laligula la loro regina. In caso di mancataaccettazione, la regina viene aggreditaed uccisa per soffocamento.

1010

La regina può essere rilasciatadirettamente sulle stecche superiori deitelaini, normalmente riposizionatinell'arnia, anche se in questo modonon è possibile verificarne l'accettazioneda parte delle api operaie.È sempre bene, prima di procederesulle api regine, provare l'operazione dimarcatura su alcuni fuchi.

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Ministero delle Politiche Agricole,Alimentari e Forestali

ComunitàEuropeaSchede tecniche di apicoltura

L'etichettatura delle produzioni apistiche è normata secondo quanto stabilito dal decreto legislativodel 27 gennaio 1992, n. 109, in attuazione delle direttive 89/395/CEE e 89/396 CEE concernenti l'e-tichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari. Ad esso hanno fatto seguito, neglianni, altri interventi legislativi concernenti specificatamente il miele: dalla Direttiva 2001/110/CE, finoal Decreto Legge 31 gennaio 2007, n. 7, definitivamente adottato con Legge 2 aprile 2007 n. 40. Ladirettiva comunitaria stabilisce innanzitutto che il miele "è la sostanza dolce naturale che le api (Apismellifera) producono dal nettare di piante o dalle secrezioni provenienti da parti vive di piante o dallesostanze secrete da insetti succhiatori che si trovano su parti vive di piante che esse bottinano, tra-sformano combinandole con sostanze specifiche proprie, depositano, disidratano, immagazzinano elasciano maturare nei favi dell'alveare", rimarcandone, in questo modo, la sua peculiarità di alimentopuro, privo di additivi o di altre aggiunte.La stessa Direttiva dispone le indicazioni che occorre inserire nelle etichette e fissa le denominazionie le caratteristiche chimico-fisiche dei singoli tipi di miele. Innanzitutto suddivide i mieli in funzionedella diversa origine: miele di fiori o miele di nettare, se ottenuto dal nettare di piante, e miele di mela-ta, se ottenuto principalmente dalle sostanze secrete da insetti succhiatori (Hemiptera) che si trovanosu parti delle piante stesse. Un’ulteriore distinzione viene definita secondo il metodo di produzionee/o estrazione: •miele in favo, immagazzinato dalle api negli alveoli opercolati di favi da esse appena costruiti o disottili fogli cerei realizzati unicamente con cera d'api, non contenenti covata e venduto in favi ancheinteri;•miele con pezzi di favo o sezioni di favo nel miele, contenente uno o più pezzi di miele in favo; •miele scolato, ottenuto mediante scolatura dei favi disopercolati non contenenti covata; •miele centrifugato, ottenuto mediante centrifugazione dei favi disopercolati non contenenti cova-ta;•miele torchiato, ottenuto mediante pressione dei favi non contenenti covata, senza riscaldamentoo con riscaldamento moderato a un massimo di 45 °C;•miele filtrato, ottenuto eliminando sostanze organiche o inorganiche estranee in modo da averecome risultato un'eliminazione significativa dei pollini.Infine la normativa definisce come miele ad uso industriale il miele che presenta gusto o odore ano-mali, che ha iniziato un processo di fermentazione, effervescente o che ha subito un surriscalda-mento.Questa produzione può essere destinata all'esclusivo uso industriale o come ingrediente di altri pro-dotti alimentari destinati ad essere successivamente lavorati.

dei prodotti dell’alveare

Il nome o la ragione sociale o il marchiodel responsabile della commercializza-zione devono essere chiaramenteindicati. Ad esso va aggiunta la sede del produttore o del confezionatore odel venditore, qualora essa sia diversadall'indirizzo del responsabile di com-mercializzazione già indicato in etichet-ta. Qualora il produttore sia extracomu-nitario in etichetta deve essere obbliga-toriamente riportato un recapito nel-l'ambito dell'Unione Europea.

Nelle confezioni dirette al consumoal dettaglio, la tipologia del mielecontenuto deve essere ben specificata.Accanto alla semplice indicazione divendita "miele" è possibile abbinarel'origine floreale (se provenienteinteramente o principalmente da unadeterminata specie vegetale) e quellaterritoriale (se il prodotto provieneinteramente dal territorio indicato). Inquesto caso la localizzazione regionalee topografica deve essere precisa.

L’etichettaturaPer indicare l'origine nazionale,non è più possibile impiegare lediciture, originariamente contemplatedalla Direttiva 2001/110/CE, quali: mi-scela di mieli originari della CE; misceladi mieli non originari della CE; misceladi mieli originari e non originari dellaCE. Il Paese o i Paesi di origine devonoessere indicati in etichetta in modoesplicito. Per il miele prodotto esclusiva-mente in Italia è possibile impiegare lasemplice iscrizione "miele italiano".

Il peso netto deve essere indicatoimpiegando nelle confezioni di peso fino a50 grammi caratteri da 2 millimetri; da 50 a200 da 3 millimetri; dai 200 e fino ad 1chilogrammo, caratteri con altezza noninferiore ai 4 millimetri. Per pesi superiori alchilogrammo la dimensione minima è di 6millimetri. Il valore relativo al peso deve pre-cedere l'indicazione simbolica impiegata: ilchilogrammo (kg) o il grammo (g), entram-bi in carattere minuscolo e senza punteg-giatura. Può omettersi la dicitura peso netto.

Corretto

Miele - Miele millefiori

*

Miele di nettare - Miele di melata

*

Miele di fiori - Miele di fiori di montagna

*

Miele di cardo

*

Miele di cardo della Sardegna

*

Miele di erica del Gennargentu

*

Miele dei boschi della Gallura

*

Miele di asfodelo e lavanda

Errato

Miele puro di api

*

Miele naturale

*

Miele purissimo integrale

*

Miele vergine integrale

*

Miele espettorante di eucalipto

*

Miele afrodisiaco dell’Ogliastra

*

Miele di prato - Miele di montagna

*

Miele di bosco dell’Appennino Italiano

*

Miele di flora mediterranea

Corretto

Paese di origine

Francia

*

Miele Italiano

*

Miele proveniente da

Argentina - Cuba - Ungheria

Errato

Miscela di mieli

originari della CE

*

Miscela di mieli

non originari della CE

*

Miscela di mieli orgiginari e

non originari della CE

Corretto

Fino a 50 grammi

altezza carattere 2 millimetri

25 g - 25 grammi

*

Da 50 a 200 grammi

altezza carattere 3 millimetri

125 g - 125 grammi

*

Da 200 a 1.000 grammi

altezza carattere 4 millimetri

500 g - 500 grammi

*

Oltre i 1.000 grammi

altezza carattere 6 millimetri

1000 g - 1000 grammi

oppure

1 Kg - 1 chilogrammo

Errato

grammi 50

*

gr 100

*

200 g.

*

500 G

*

Kilogrammi 2

*

Kgr 4

*

500 g circa

Corretto

Pietro Neri - Via Olbia, 3 - Osilo (SS)

*

Prodotto e confezionato da

Mauro Bianchi - Via Quartu - Lei (NU)

*

Prodotto da Elio Rossi - Via Roma, 12 -

Luras (OT) e confezionato da

Pietro Neri - Via Olbia, 3 - Osilo (SS)

*

Prodotto da Luigi Verdi e confezionato in Via

Milano, 10 - Orosei (NU)

*

Confezionato da

Mauro Bianchi - Via Quartu - Lei (NU)

per Pietro Neri - Via Olbia, 3 - Osilo (SS)

*

Distribuito da Anna Viola – Via Pola, 8

- San Sperate (CA)

Errato

Apicoltura Pietro Neri

*

Apicoltura Rossi – Bolotana (NU)

*

Invasettato da Anna Viola

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Azione di comunicazione

Schede tecniche di apicultura L’etichettatura dei prodotti dell’alveare

Nello stesso campo visivodevono trovarsi le indicazioni relative alladenominazione, al peso netto ed altermine minimo di conservazione. Il TMCpuò essere riportato in altro campo, masempre facilmente visibile, chiaramenteleggibile e di facile individuazione per ilconsumatore. La dicitura “Da consumar-si preferibilmente entro.." deve esserenello stesso campo visivo in cui comparela parola "miele" e il peso netto e deveprecedere l'indicazione del punto dellaconfezione in cui il consumatore puòtrovarla.

Il sigillo di garanzia è indispensabileper garantire il consumatore che laconfezione, una volta immessa sulmercato, non sia stata aperta, alterata omanipolata. Sul sigillo possono essereriportate alcune indicazioni siaobbligatorie sia facoltative.

L’identificazione del lottodi produzione devono essere specificataimpiegando una sigla alfanumerica,composta cioè da soli numeri e lettere.Va assolutamente evitato l'impiego diqualunque simbolo grafico. Il lotto puòessere sostituito da una data, espressa ingiorno, mese e anno. L'identificativo dellotto deve essere preceduto dalla lettera"L", omettibile solamente se la dicitura èben distinta dalle altre indicazioni inetichetta.

Indicazioni facoltative

Miele raccolto nella primavera del 2010

*

Anno di produzione: 2009

*

Per mantenere il miele più a lungo ed inalterato, conservare il vasetto in luogo fresco e

asciutto, al riparo dalla luce

*

Non disperdere il vetro nell'ambiente (può essere inserito anche il logo corrispondente)

*

L'etichettatura nutrizionale non è obbligatoria, ma è disciplinata dal Decreto legislativo

(D.Leg. n. 77/93).

I valori da dichiarare in etichetta possono essere quelli medi genericamente contenuti da

mieli analoghi o quelli ricavati da analisi specifiche.

Un esempio di etichetta nutrizionale per 100 g di miele:

valore energetico 320 Kcal - 1360 KJ

proteine 0 g

carboidrati 80 g

grassi 0 g

Fra le indicazione facoltativeil produttore può riportare le modalità diconservazione, l'anno di produzione, lacomposizione chimica e palinologica delmiele, alcune indicazioni alimentari. Fra leindicazioni facoltative è anche possibileinserire quelle relative al rispetto dellenorme ambientali.

Indicazioni vietate

Miele di fiori di prato

*

Miele di montagna

*

Miele di fruttiferi

*

Miele di brughiera

*

Miele di eucalipto della Sardegna

curativo per le affezione dell’apparato respiratoriorio

*

Miele di bosco

(ammesso esclusivamente per i mieli di melata)

Sono infine vietate denominazionispecifiche quali: Miele di fiori di prato;Miele di montagna; Miele di brughiera.È ammessa la sola dicitura "Miele dibosco" per le produzioni essenzialmentecostituite da mieli di melata.La denominazione "millefiori" deveindicare un miele che non può esseredefinito uniflorale. Non può inveceessere utilizzata per un miele ottenutodalla miscelazione artificiale di mieliuniflorali: in caso, la dizione corretta dautilizzare è quella di "Miscela di mieli".

L'indicazione del termine minimo di consumo -TMC- (vedi glossario) deveessere preceduto dall'indicazione "Daconsumarsi preferibilmente entro.." allaquale si fa succedere una data compostada giorno/mese/anno se il miele deveessere consumato entro 3 mesi. Se il pe-riodo di conservazione è inferiore ai 18mesi, il termine deve riportare o una datacompleta (...il 31/12/2012) o il solo mesee anno, secondo la dicitura "...la fine didicembre 2012”. Per periodi di conserva-zione più lunghi, la data può essere costi-tuita dal solo anno "...la fine del 2012”.

Corretto

Periodo di conservazione inferiore

ai 3 mesi

Da consumarsi preferibilmente entro

il 31/03/2011

*

Periodo di conservazione inferiore

ai 18 mesi

Da consumarsi preferibilmente entro

il 31/12/2012

oppure

Da consumarsi preferibilmente entro

la fine di dicembre 2012

*

Periodo di conservazione oltre

i 18 mesi

Da consumarsi preferibilmente entro

la fine del 2012

Errato

Periodo di conservazione inferiore

ai 3 mesi

Da consumarsi preferibilmente entro

la fine di dicembre 2012

oppure

Da consumarsi preferibilmente entro

il 2012

*

Periodo di conservazione inferiore

ai 18 mesi

Da consumarsi preferibilmente entro

la fine del 2012

Corretto

L 120/09

*

L aca 120

*

L a 120/12

*

L 222 500 g

*

Da consumarsi preferibilmente entro il

31/12/2012

Errato

Numero di lotto 1333

*

(L) 120/02

*

Da consumarsi preferibilmente entro il 2012

*

Da consumarsi preferibilmente entro il mese

di dicembre 2012

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GlossarioAcido ossalico. È un acido organico ampiamente impiegato nella lotta alla Varroa destructor,nonostante non goda delle necessarie autorizzazioni ministeriali. Infatti, in considerazione del costoirrisorio per ogni singolo trattamento, le aziende produttrici non hanno ritenuto di alcuna conve-nienza economica avviare, presso il Ministero per la salute, l'iter di registrazione per l'autorizzazio-ne all'uso di questa molecola, quale presidio sanitario per il controllo della varroatosi. Pertanto que-sto tipo di trattamento può essere effettuato solamente sotto stretto controllo veterinario. Vi ècomunque da aggiungere che, proprio in considerazione del basso impatto ambientale di questocomposto, l'acido ossalico viene enumerato fra i principi attivi che possono essere utilizzati in api-cultura biologica e che, in virtù della sua enorme diffusione in natura, soprattutto nel mondo vege-tale, è stato inserito (Reg. CE n. 546 del 24 marzo 2004) fra i composti per i quali non esiste un limi-te massimo dei residui per gli alimenti di origine animale. è il più elementare fra gli acidi dicarbos-silici, essendo formato da due soli atomi di carbonio. Alla temperatura ambiente di 20°C, si presentasotto forma di cristalli bianchi o incolori e con un odore caratteristico; la sua solubilità in acqua, aquesta temperatura, è pari a circa il 10%. Essendo una molecola fortemente igroscopica, cristalliz-za naturalmente nella forma diidrata, inglobando nei cristalli due molecole di acqua (per questodetta "acqua di cristallizzazione") per ciascuna molecola di acido, andando a costituire un sistemadi cristallizzazione ordinato. È questa la forma più stabile e più facilmente reperibile in commercioa costo contenuto. Questa formulazione (chimicamente determinata dalla formulaC2H2O4*2H2O ovvero HOOCCOOH*2H2O) è anche quella di maggiore peso molecolare(126,06544), sommando al peso dell'acido ossalico (90,03488) quello di due molecole di acqua(2x18,01528). L'acido ossalico esiste sul mercato anche nella forma anidra, priva di acqua (chimi-camente determinata dalla formula C2H2O4 -vedi scheda "Trattamento antivarroa con acido ossa-lico sublimato"- e dal peso molecolare pari a 90,03488) ed in forma monoidrata (chimicamentedeterminata dalla formula C2H2O4*H2O e dal peso molecolare pari a 108,05016). Se, ad esem-pio, si indica l'utilizzo di 100 grammi di ossalico diidrato, disponendo della forma monoidrata se nedevono pesare solo 83,3 grammi mentre della forma anidra appena 71,4 grammi. Qualora si fac-cia riferimento a 80 grammi di diidrato, la quantità di monoidrato è pari all'83,3% (66,6 grammi)mentre quella di anidro al 71,4% (57,1 grammi). Qualora non si specifici a quale forma ci si riferi-sca, si consideri che è uso comune, anche fra i chimici, richiamare la forma più comune di cristal-lizzazione; nel caso specifico, per "acido ossalico" si intende la forma diidrata.L'acido ossalico è normalmente presente in natura, raggiungendo valori superiori ai 4 grammi perchilogrammo di sostanza secca in specie vegetali quali il cacao, il rabarbaro e gli spinaci. Nel mieleè rintracciabile in concentrazioni assai variabili, passando dai circa 300 milligrammi per chilogram-mo di miele di melata di Metcalfa pruinosa ai circa 20-30 milligrammi per chilogrammo di miele diagrumi, asfodelo, rododendro, lavanda, corbezzolo e tarassaco. Valori inferiori si riscontrano neimieli di acacia e colza.L'acido ossalico è stato classificato da Koeniger (1984) fra le sostanze nocive per la varroa e le api,mentre i suoi effetti negativi sui parametri riproduttivi nelle femmine di varroa sono stati evidenzia-ti successivamente da Zamazi e Grobov (1987). La tossicità dell'acido ossalico è commisurata, peril ratto maschio, pari ad una DL50 di 475 (270-615) milligrammi per chilogrammo di peso.Nell'uomo essa è spesso rapportata ad un valore prudenzialmente inferiore, pari a 375 milligram-mi per chilogrammo. Rapportata ad un individuo di circa 70 chilogrammi di peso, è pertanto paria circa 26 grammi, valore che equivale all'ingestione istantanea di circa 85-90 chilogrammi di mieledi Metcalfa pruinosa o di 1035 chilogrammi di miele di agrumi. Per quanto attiene la sicurezzadurante la sua manipolazione, considerato che essa avviene normalmente in ambienti aperti eventilati, l'unica raccomandazione è quella del semplice ricorso a guanti in lattice ed eventual-

mente a mascherine antipolvere. Per una maggiore protezione delle vie respiratorie, si possonoindossare maschere filtranti del tipo FFP2SL (EN149) o maschere in gomma con filtro antipolve-re P2SL (EN143). Gli occhi possono essere difesi dal contatto con le polveri mediante comuniocchiali protettivi.Gli effetti dell'acido ossalico sulla Varroa destructor sono stati individuati sin dagli anni '80, perio-do nel quale sono state sperimentate e sottoposte a controllo diverse tecniche di somministra-zione: per nebulizzazione (Popov e altri, 1989); per fumigazione mediante riscaldamento dell'a-cido formico (Okada & Nekane, 1987); per spruzzatura di soluzioni a basso contenuto di acidosulle api adulte (Radetzki e altri, 1994; Nanetti e altri; Imdorf e altri, 1995), per sgocciolamento disoluzioni zuccherine sulle api fra i telaini (Nanetti e Stradi, 1997). Alcune di queste tecnichehanno mostrato livelli di efficacia elevati, sebbene le differenti condizioni ambientali delle provesperimentali rendano difficile la comparazione diretta dei risultati. Sulla tossicità nei confrontidelle api, in letteratura non si hanno segnalazioni che ne limitino l'impiego. A tutt'oggi, le speri-mentazioni condotte in Germania (Radetzki e altri, 1994), in Svizzera (Imdorf e altri, 1995) ed inItalia (Nanetti e altri, 1996), non hanno evidenziato la comparsa di effetti indesiderati sulle api, aseguito di somministrazioni di acido ossalico, alle concentrazioni ed alle differenti tipologie disomministrazione normalmente impiegate. Test di tossicità dell'acido ossalico sono stati condot-ti su adulti e pupe di alveari trattati e non. È stata comparata l'attività dell'enzima Glutathione S-transferasi (GST), appartenente al gruppo degli enzimi detossificanti, prima e dopo il trattamen-to. Sembra che, alle normali dosi di impiego, l'acido ossalico sgocciolato non comprometta ilsistema digestivo ne indebolisca l'attività detossificante contro le sostanze dannose. È stata inol-tre comparata l'azione dell'acido ossalico (a reazione acida) con l'ossalato di potassio (a reazio-ne neutra). L'impiego dell'ossalato si è dimostrato di scarsa efficacia. Sembra che la reazioneacida della soluzione sia di assoluta importanza, anche se rimane tuttora non chiarita l'azionedell'acido.

Acido ossalico - soluzione per trattamento con nebulizzazione. Rappresenta un meto-do di somministrazione generalmente riservato agli apicultori con pochi alveari. Il trattamentoviene effettuato bagnando con uno spruzzatore le api, distribuendo 3 millilitri di soluzione perfacciata di favo popolato. Prima dell'intervento è necessario verificare la quantità spruzzatamediante l'impiego di un recipiente graduato. Il vantaggio di questo metodo è riconducibile aiminori quantitativi di acido ossalico impiegati e, quindi, ai minori rischi di tossicità per le api e diinquinamento per il miele ed il polline. Permette inoltre di controllare a fondo la colonia, in pros-simità dell'invernamento. Il trattamento classico prevede l'uso di una soluzione composta da 28grammi di acido ossalico diidrato (ovvero 23,3 grammi di monoidrato o 20,0 di anidro) scioltoin 1 litro di acqua distillata. Alcuni apicultori preferiscono somministrare soluzioni con concen-trazioni più elevate, fino a 35-40 grammi di acido per litro d'acqua.In assenza di covata opercolata le sperimentazioni danno una percentuale di efficacia compre-sa fra il 90 ed il 99,5%. In presenza di covata ogni singolo trattamento elimina non più del 15-20% del totale delle varroe presenti all'interno dell'alveare, non dimostrandosi efficace nel con-trollare l'incremento della popolazione di acari.Occorre infine sottolineare come, in bibliografia, si faccia riferimento a dosi ancora più elevate,da nebulizzare esclusivamente in assenza di covata: fino a 100 grammi di acido ossalico diidra-to per litro d'acqua distillata.

Acido ossalico - soluzione per trattamento con sgocciolamento. In Italia, sin dalla prima

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diffusione dell'impiego dell'acido ossalico nella lotta alla Varroa destructor, la formulazione che hatrovato piena diffusione è stata quella che prevede la distribuzione dell'acido diidrato in soluzizuccherine al 50%, nella dose di 100 grammi di ossalico ed 1 chilogrammo di zucchero in 1 chi-logrammo (o litro) acqua distillata. Tale dosaggio è stato invero proposto empiricamente, senza unsuffragio ottenuto da prove sperimentali.Specifici lavori condotti in altri Paesi europei (Finlandia, Germania, Italia Norvegia, Svezia e Svizzera)fra differenti concentrazioni di acido ossalico (0%, 2,1%, 3,2% e 4,2%) e soluzioni zuccherine adiversa concentrazione (0%, 30%, 60% and 70%), hanno dimostrato la maggiore efficacia della for-mulazione con acido ossalico al 4,2%, con valori oscillanti dal 90,3% al 97,8%. Ciò non di meno siè potuto osservare come concentrazioni del 3,2% hanno fornito risultati del tutto simili a quelli otte-nuti con concentrazioni superiori. Al contrario, concentrazioni inferiori (pari al 2,1%) non portanoa mortalità della varroa sufficienti a contrastarne lo sviluppo delle popolazioni. La presenza dellozucchero sembra essere necessaria, dato che la sua assenza porta a risultati scadenti. Comunque,concentrazioni del 30% potrebbero essere sufficienti, dato che le differenze con concentrazionisuperiori (fino al 60%) non producono differenze significative.Con poche eccezioni, la mortalità delle api è risultata normale, per quanto alcuni lavori hannopotuto dimostrare l'indebolimento delle colonie, indebolimento protrattosi fino alla primavera suc-cessiva. Questi effetti sembrano sparire con concentrazioni del 2,1%. Osservazioni condotte inItalia, che debbono comunque essere confermate, hanno indicato effetti negativi fino alla prima-vera con concentrazioni del 4,2% in soluzioni zuccherine a concentrazione del 60-70%. In Olandasono state provate due differenti quantità di sgocciolato per telaino popolato, utilizzando concen-trazioni dell'acido ossalico pari al 3,6% in soluzioni al 60%: 2,9 millilitri (corrispondenti ai 5 millilitri sutelaino DB) e 2,5 (corrispondenti ai 4,3 millilitri su telaino DB). Il primo si è rivelato più efficace, mameno tollerato dalle api. Qualora si opti per il trattamento per sgocciolatura fra i favi, le formulazioni di impiego sono sostan-zialmente riconducibili a tre tipologie classiche: due indicate come "dosi italiane" ed una come"dose svizzera":100 grammi di ossalico diidrato ed 1 chilogrammo di zucchero in 1 chilogrammo (o litro) di acquadistillata, corrispondente ad una concentrazione di acido ossalico del 4,76%;80 grammi di ossalico e 400 grammi di zucchero in 1 chilogrammo (o litro) di acqua distillata, cor-rispondente ad una concentrazione di acido ossalico del 5,41%;35 grammi di ossalico diidrato e 675 grammi di zucchero in 675 grammi (o millilitri i centimetricubici) di acqua distillata, corrispondente ad una concentrazione di acido ossalico del 2,62%.Poiché negli ambienti a clima temperato o mediterraneo le soluzioni soprarriportate, indicate comeitaliane, hanno mostrato alcuni limiti d'impiego legati all'elevata mortalità delle api mentre scarsa-mente efficace si è dimostrata la dose svizzera, ci si è successivamente orientati verso due differen-ti tipologie di soluzione:40-60 grammi di acido ossalico diidrato e 600 grammi di zucchero in 1 chilogrammo (o litro) diacqua distillata;45 grammi di acido ossalico diidrato in un litro di soluzione zuccherina 1:1 (675 grammi di zuc-chero in 675 grammi di acqua distillata).L'efficacia acaricida di questa tipologia di somministrazione si pone vicino ad un valore medio del95%, oscillando tra l'85 ed il 99,5%. Qualora sia presente covata, i valori medi di caduta tendono acrollare, attestandosi intorno al 60%, con minimi del 40% circa.

Acido ossalico - soluzione per trattamento gocciolamento. Vedi Acido ossalico - soluzioneper trattamento con sgocciolamento.

Addome. È la regione morfologica degli insetti ove, fra gli altri apparati, trova sede quello ripro-duttore. È composto da 11 segmenti, detti uriti, dei quali l'ultimo è atrofico o rudimentale. Nelleclassi più evolute (come gli imenotteri dei quali fa parte l'ape) il numero degli uriti si riduce a 10per involuzione o modificazione degli ultimi uriti. Ogni urite ha una forma riconducibile ad unanello. In ognuno è possibile distinguere una regione dorsale (urotergo), una regione ventrale(urosterno) e due regioni laterali, con consistenza membranosa. Gli uriti sono articolati fra di loroattraverso una membrana intersegmentale

Aggressività. Carattere ereditario di certe razze o linee di discendenza (ceppi genetici).L'aggressività rende difficoltose e a volte impossibili le operazioni di conduzione apistica e, di con-seguenza, ha un influenza negativa sulla produttività. Gli ibridi di api, specialmente di secondagenerazione, manifestano una grande aggressività, al pari degli ibridi africanizzati dell'Americacentrale (api assassine). La mansuetudine è un carattere ricercato e selezionato presso le api mel-lifiche.

Allele. Si definiscono con questo termine i diversi geni che, pur sottintendendo uno specificocarattere genetico (ad esempio il colore degli occhi), hanno effetti dissimili (occhio castano,occhio verde, occhio azzurro, ecc.). Gli alleli occupano la stessa posizione sul cromosoma("locus"). Ogni individuo "diploide" possiede ciascun carattere in doppio, portato da ognuno deidue cromosomi dello stesso paio. I due caratteri possono essere simili o diversi. Nel primo casol'individuo, per quel carattere, si definisce "omozigote", nel secondo viene detto "eterozigote".

Anidride solforosa (SO2). - È un composto a base di zolfo, efficace nel controllo della tarmadella cera. Essendo più pesante dell'aria, occorre effettuare i trattamenti dall'alto. Svolge ancheun'azione nel controllo delle muffe, e pertanto è utile nella conservazione del polline. Irritanteper le mucose, gli occhi e le vie respiratorie, occorre effettuare i trattamenti utilizzando appositemascherine. È inattivo contro le uova e pertanto il primo trattamento deve essere effettuato tra-scorsi 15 giorni dallo stoccaggio dei favi. In estate ed in presenza di temperature elevate, è rac-comandabile ripetere l'intervento ogni 20 giorni, allungando gli intervalli al diminuire delle tem-perature. Qualora si effettui il trattamento attraverso la combustione di dischetti di zolfo, la doseconsigliata è di 1 dischetto ogni 4 melari (1 dischetto per un volume di 100 litri). Occorre fareattenzione a che la cera ed i telaini non prendano fuoco. Utilizzando l'anidride solforosa liquida(commercializzata in bombolette spray) la dose consigliata è di 2,5 grammi di anidride solforosa(SO2) per melario che si raggiunge irrorando il volume di 100 litri (circa 4 melari) per 4 secon-di. L'uso dell'anidride solforosa liquida non comporta alcun rischi di incendio.

Antibiotico. Originariamente con il termine di antibiotico veniva indicata una sostanza di ori-gine naturale, prodotta da microrganismi, in grado di uccidere altri microrganismi di speciediverse. Attualmente con tale termine si suole indicare un farmaco, di origine naturale o sinteti-ca, capace di rallentare o bloccare (o di eliminare del tutto) la proliferazione di agenti patogenisensibili a quello specifico formulato. Pertanto gli antibiotici possono essere o ad azione batte-riostatica o ad azione battericida. La scoperta, in vero del tutto casuale, avvenne nel 1928 daparte del biologo e farmacologo Alexander Fleming, che notò come una sostanza secreta dalfungo Penicillium notatum (da Fleming denominata penicillina) fosse in grado di contrastare losviluppo di alcune colture batteriche. In seguito Howard Florey ed Ernest Chain isolarono lapenicillina pura, potendone così sperimentare gli effetti sull'uomo. Per tale motivo, essi venneroinsigniti del premio Nobel nel 1945.

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Ape regina. È l'unico individuo adulto di sesso femminile, fertile, all'interno di una colonia di api.Si sviluppa in una particolare celletta a forma di cupolino, ove le api operaie depositano un uovofecondato, nel caso in cui l'alveare si predisponga alla sciamatura. Nel caso in cui la famiglia si ritro-vi in uno stato di orfanità, la cella reale viene invece approntata intorno ad una larvetta giovane,selezionata dalle stesse operaie. Sin dallo stadio di larva, l'ape regina viene nutrita con sola pappareale, raggiungendo lo sviluppo completo delle gonadi. Una famiglia divenuta orfana e che nondispone di larve di meno di tre giorni di età, non è in grado di allevarsi una nuova regina. In essa,in assenza di feromone reale, alcune api operaie acquistano la possibilità di deporre uova. Tali uovaovviamente, non fecondate, danno origine a soli fuchi. Un'ape regina vergine, che non si è anco-ra accoppiata, presenta un addome non sviluppato e pertanto non è facilmente individuabile attra-verso l'ispezione di un telaino. Sembra, inoltre, che le api regine vergini emettano poco feromonereale e che pertanto, spesso, non vengano riconosciute dalle api operaie. Per questo motivo, un'a-pe regina vergine, nelle sue prime ore dopo l'emergenza dalla cella reale, può essere introdotta inun alveare orfano ed essere accolta, mentre un'ape regina fecondata viene di solito riconosciutacome estranea ed eliminata dalle operaie più anziane. Raggiunta la maturità sessuale dopo circauna settimana, la regina compie il suo unico volo nuziale, accoppiandosi con una decina di fuchi.Il periodo dell'accoppiamento non supera i dieci giorni. Se in questo lasso di tempo la regina nonè in grado di compiere gli accoppiamenti (ad esempio a causa del maltempo) e non si feconda,inizia comunque la sua attività di ovideposizione, deponendo però solamente uova maschili. Sipuò verificare anche il caso di un accoppiamento con un numero di fuchi insufficiente. In questocaso l'ape regina tratterrà nella propria spermateca una scarsa quantità di spermatozoi, potendodivenire fucaiola entro poco tempo. Di norma, fecondata regolarmente, la regina resta fertilemediamente per non meno di tre anni. Ove i cicli di ovideposizione siano molto intensi, come neiclimi temperati mediterranei, la regina può mantenersi fertile per periodi più brevi. Lo stesso si veri-fica per il ciclo vitale. Esso dura non più di cinque anni in situazioni normali, ma ove l'attività ripro-duttiva della regina sia più intensa, può non superare i tre anni. Una regina adeguatamente nutri-ta e ben fecondata può deporre oltre 3.000 uova al giorno. In un paio d'ore depone tante uovaquanto il peso del proprio corpo. Per tutta la sua esistenza viene accudita da giovani api operaienutrici che la circondano costantemente. Leccandone il corpo, le api operaie assimilano il feromo-ne reale che inibisce la capacità di ovideposizione delle stesse operaie e mantiene coesa la colo-nia. Il feromone reale, attraverso la trofallassi, viene veicolato a tutti i componenti dell'alveare. In api-cultura da reddito, l'ape regina viene comunque sostituita annualmente.

Apiguard®. Sulla base dei risultati di una ricerca condotta da Marco Lodesani ed altri nell'estatedel 2007, risulta di assoluta importanza garantire un adeguato volume d'aria sopra la vaschetta uti-lizzata per la distribuzione dell'Apiguard®. Tale spazio facilita sia la circolazione dell'aria e sia il con-tatto delle api con il gel. Con il solo spazio d'api (pari ad un volume di 1.181 centimetri cubici), l'ef-ficacia media del prodotto è del 78,3% (±4,62). Inserendo una cornice pari a quella dell'apiscam-po (o rovesciando un coprifavo basso), si crea un volume di 5.179 centimetri cubici, facendo ele-vare l'efficacia media del prodotto all'87,6% (±2,45). Rovesciando un coprifavo alto, il volume soprala vaschetta sale a 12.084 centimetri cubici mentre l'efficacia media del prodotto raggiunge il92,4% (±0,91).

Api di casa. Con questo termine ci si intende riferire alle api adulte che non sono ancora giunteallo stadio di bottinatrici. Queste, non avendo ancora effettuato alcun volo, possono essere spo-state da alveare ad alveare. Le api di casa possono essere rinvenute in gran numero su favi sui qualiè necessaria la loro presenza. Su un favo contenente larvette con meno di tre giorni di età sono

presenti soprattutto api operaie nutrici (da 4 a 10 giorni di età), mentre un foglio cereo vienelavorato da api ceraiole (da 10 a 16-18 giorni di età). Pertanto, prelevando da un alveare uno diquesti favi per scrollarne le api in un altro, è possibile rinforzare la colonia ricevente. Infatti se sidovessero spostare da un alveare ad un altro delle api bottinatrici, queste farebbero ritorno all'al-veare donatore, rendendo così vana questa operazione.

Apiscampo. È un particolare dispositivo che permette di allontanare le api dal melario. Si è infat-ti osservato che le api non stazionano stabilmente nei melari, ma si spostano freneticamente fraquesta zona ed il nido e viceversa.. L'apiscampo permette la discesa delle api dal melario al nido,ma non viceversa. Dal suo inserimento (fra i melari che è necessario rimuovere e la parte sotto-stante -nido ed eventuali altri melari), sono sufficienti poche ore affinché i melari si spopolino epossano essere prelevati per la smelatura. Esistono sul mercato due tipi fondamentali di api-scampo: rotondo e a stella. Per un suo corretto utilizzo è necessario verificare che porzioni di favonon ostruiscano i fori di ingresso e di uscita delle api.

Apitol. È un presidio sanitario a base di cimiazolo, prodotto dalla Ciba-Geigy. Deve essere impie-gato in assenza di covata. Per l'impiego si diluiscono 2 grammi di prodotto in 100 millilitri di sci-roppo zuccherino (al 20%). La soluzione deve essere preparata al momento dell'uso. Una voltaeliminati i ponti di cera, sulle api, fra gli spazi interfavo, si fanno sgocciolare 5 millilitri di soluzio-ne per telaio coperto di api. Il trattamento deve essere fatto in assenza del melario e con tem-perature superiori a 10°C; comunque ove non sia formato il glomere. L'efficacia è pari al 95%con valori anche prossimi al 99%, per quanto si siano verificati frequenti casi di farmaco resi-stenza da parte della varroa.

Aploide. Si dice di un individuo le cui cellule contengono solo la metà del numero di cromo-somi abituali per la specie (n anziché 2n cromosomi).

Aplotipo. Con questo termine si suole indicare particolari "sottospecie" accomunate dal fattoche presentano due o più alleli, strettamente associati su un cromosoma, generalmente eredi-tati come un'unica unità. Aplotipi differenti sono generati da un unico aplotipo ancestrale, pereffetto di mutazioni di singoli alleli. I prodotti di questo meccanismo evolutivo possono esserecorrelati attraverso la filogenesi. Più aplotipi, differenziatisi per mutazioni successive dei differentialleli, possono essere raggruppati sulla base dell'unico progenitore, formando un "aplogruppo".Armatura dei telai. La tipologia normalmente utilizzata dagli apicultori per armare i telaini preve-de la disposizione di 6 fili in verticale, con un consumo di circa 3 grammi di filo per i telaini danido e di 2,2 per quelli da melario. Nel caso dei telaini da nido sono però utilizzate altre tipolo-gie di armatura. Nel caso si opti per i 7 fili in verticale, il consumo di filo sale a circa 3,3 grammiper telaio. L'armatura con 3 o 4 fili disposti orizzontalmente necessita rispettivamente di 2,5 o 3grammi di filo e pertanto ogni rocchetto da 1 chilogrammo è sufficiente per armare da 330 (con4 fili orizzontali) a 400 telaini (con 3 fili orizzontali). Per l'armatura obliqua occorrono circa 3,7grammi di filo e con 1.000 grammi è possibile armare 270 telaini da nido. Nel caso di armaturedi tipo misto, il consumo di filo può accrescersi anche di molto Per il calcolo occorre ovviamen-te sommare i consumi unitari delle tipologie elementari utilizzate.

Armatura dei telai. La tipologia normalmente utilizzata dagli apicultori per armare i telaini pre-vede la disposizione di 6 fili in verticale, con un consumo di circa 3 grammi di filo per i telaini danido e di 2,2 per quelli da melario. Nel caso dei telaini da nido sono però utilizzate altre tipolo-

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gie di armatura. Nel caso si opti per i 7 fili in verticale, il consumo di filo sale a circa 3,3 grammi pertelaio. L'armatura con 3 o 4 fili disposti orizzontalmente necessita rispettivamente di 2,5 o 3 gram-mi di filo e pertanto ogni rocchetto da 1 chilogrammo è sufficiente per armare da 330 (con 4 filiorizzontali) a 400 telaini (con 3 fili orizzontali). Per l'armatura obliqua occorrono circa 3,7 grammidi filo e con 1.000 grammi è possibile armare 270 telaini da nido. Nel caso di armature di tipo misto,il consumo di filo può accrescersi anche di molto Per il calcolo occorre ovviamente sommare i con-sumi unitari delle tipologie elementari utilizzate.

Bacillus thuringensis. È un microrganismo utilizzato per il controllo della tarma della cera.Prodotta dai laboratori Sandoz, viene commercializzato come soluzione concentrata di B. thurin-gensis, in flaconi da 120 millilitri o da 1 litro. Questo presidio medico chirurgico, registrato in Italiacon autorizzazione n. 17938 del Ministero della Sanità, contiene la varietà aizawai serotipo 7 delBacillus thuringiensis, l'unica efficace contro la G. mellonella ed assolutamente innocua per l'uo-mo e per l'ape. Una sola applicazione mantiene la propria efficacia per circa 8 mesi. Il prodottoB401® agisce esclusivamente sugli stadi preimaginali della tarma, è pertanto deve essere distribui-to preventivamente. I favi devono essere asciugati dalle api e quindi riposti in magazzino. Il pro-dotto commerciale deve essere diluito in acqua al 5%: 1 parte di B401® in 19 parti di acqua. Ladiluizione va agitata energicamente ed utilizzata entro le 24 ore. Valutato che, perché sia assicu-rata una buona protezione, occorre nebulizzare 1,5 millilitri (o centimetri cubici) di preparato perogni decimetro quadrato di favo (considerato su una sola faccia), sono necessari circa 32 millilitriper ciascun favo da nido e 16 per uno da melario. Il prodotto deve essere applicato in modo uni-forme su entrambe le facce del favo. Per la distribuzione si impiegano i normali irroratori a pres-sione, preferibilmente graduati in millilitri (o centimetri cubici). Nel caso non si disponga di un irro-ratore graduato, è indispensabile valutare preventivamente quanti secondi occorrono per la distri-buzione dei quantitativi indicati. Per questo si nebulizza il prodotto in una provetta graduata, pren-dendo nota dei secondi necessari per riempire un volume determinato. Ad esempio, qualora perriempire una siringa da 10 millilitri (o centimetri cubici) si impieghino 20 secondi, per distribuire 16millilitri di preparato occorre spruzzare per 32 secondi.

Borsa melaria. Detta anche ingluvie. È un organo deputato al contenimento ed al trasporto diliquidi (acqua o nettare). È in comunicazione con l'apparato boccale attraverso la faringe e l'eso-fago, del quale, anatomicamente, altro non è che una dilatazione sacciforme. È collegata al restodell'apparato digerente da una particolare valvola (detta valvola ad x o proventricolo), formata daquattro lobi che si chiudono a croce. La sua funzione è quella di impedire al nettare di defluireverso l'intestino (salvo le piccole quantità necessarie all'alimentazione dell'ape) e di filtrarne le par-ticelle solide in esso presenti. Durante il processo di filtraggio, le particelle solide, in esse compresi igranuli di polline -ed in particolare i granuli di maggiori dimensioni- vengono raccolte in partico-lari tasche poste alla base dei lobi stessi e, sotto forma di masserelle, espulse nell'intestino medio.Questa operazione, della durata di circa 15 minuti, si svolge mentre l'operaia effettua il suo volo dirientro in alveare. Tanto più sono grandi i granuli pollinici e tanto maggiore è la distanza dell'al-veare della fonte di nettare, tanto maggiore è il grado di pulizia del nettare dal polline. Questo spie-ga le differenze, a volte assai cospicue, rispetto al contenuto in polline di mieli con medesima origi-ne botanica. Quando è piena, la borsa melaria può contenere fino a 45-70 milligrammi di nettare.

Campero - metodo. È una metodologia di lotta biomeccanica per il controllo della varroatosi,messa a punto da Michele Campero. Può essere impiegato in primavera poiché prevede la sottra-zione di covata da fuco, a carico della quale la Varroa destructor svolge preferibilmente il proprio

ciclo biologico. Si basa sull'introduzione nell'alveare di un particolare tipo di telaino, diviso in treparti (denominato TIT3), dal quale è possibile prelevare, ogni 8 giorni circa, una porzione di favocontenente covata da fuco opercolata. Nell'ultima versione il telaino TIT3 racchiude tre contro-telai (ciascuno con superficie lorda pari ad 1/3 del lume interno del TIT3), armati come un nor-male telaio da nido. In essi è possibile inserire un foglio cereo per covata maschile. I favi, unavolta costruiti, possono essere, anziché eliminati, semplicemente svuotati a turno dalla covata,con l'ausilio di una forchetta da smelatura. È anche possibile uccidere la covata (e quindi la var-roa) mettendo la porzione di favo in freezer. In entrambi i casi, una volta lavato, il favo con il suocontrotelaio può essere reinserito nel telaio TIT3 e riutilizzato per accogliere altra covata a fuco.

Caratteri. L'accezione genetica di questo termine comprende l'insieme di forme e di proprietàche distinguono gli esseri viventi. I caratteri si distinguono in ereditari (trasmissibili) e acquisiti(non trasmissibili). I caratteri che appaiono per la prima volta sono conseguenti ad una muta-zione.

Cartoncino per trattamento con timolo. Esistono differenti tipi di cartoncino, tutti impiega-bili per la preparazione di trattamenti a base di timolo di tipo artigianale. Quello che ha fornito imigliori risultati, come capacità di assorbimento per unità di superficie, è stato il TIPO 26 BIAN-CO VEGETALE SVEDESE, dello spessore di 2,5 millimetri. Altri tipi di cartoncini che possono esse-re impiegati per questo tipo di trattamento sono: il TIPO 26 BIANCO VEGETALE JUGOSLAVO,spessore 2,5 millimetri, anch'esso 100% di cellulosa, ma più grezza rispetto allo svedese; il TIPO20/AS, spessore 2,4 millimetri; composto da cellulosa ricavata dai quotidiani; il TIPO 136 GREZ-ZO, spessore 1,2 millimetri, anch'esso composto di cellulosa da quotidiani, ma con presenzaminima di materie plastiche; il TIPO TRIPLEX, spessore 1,4 millimetri, con due facce di cellulosapiù un interno grigio di cellulosa da stampa. Il tipo 26 bianco vegetale svedese, delle dimensio-ni di 20x6 centimetri, assorbe esattamente 20 millilitri (o centimetri cubici) di soluzione alcolicacontenente 10 grammi di timolo.

Ceppo. L'insieme di individui della stessa stirpe appartenenti a una medesima linea di discen-denza e quindi legati fra di loro da un determinato grado di parentela. Sinonimo di stirpe.

Consanguineità. Con il termine di consanguineità si vuole indicare la "vicinanza genetica" fradue individui. Due individui con un elevato grado di parentela (ad esempio, padre e figlio) dis-pongono di un patrimonio genetico assai simile (in questo caso uguale per il 50%). Nel casodelle api, un elevato grado di consanguineità (determinato dall'ottenimento di api regine a par-tire dallo stesso "materiale genetico" presente nell'apiario) influenza la comparsa di fuchi diploidi(vedi).

Conteggio della caduta naturale degli adulti di varroa. È una metodologia molto facileed alla portata di chiunque utilizzi le arnie con il fondo antivarroa. Si tratta di inserire il vassoio indotazione, previa l'applicazione di un foglio adesivo -o di un sottile strato di grasso di vaselina-che impedisca alle formiche di asportare le varroe cadute. Il numero dei parassiti caduti nelle 24ore successive (o comunque rapportato a tale intervallo di tempo), moltiplicato per 120-150, for-nisce il dato approssimativo delle varroe presenti all'interno dell'alveare.

Conteggio delle varroe ottenute dal lavaggio delle api operaie. È un procedimentomolto celere e consiste nel prelevare, dai favi centrali, circa 150-200 api operaie, inserendole in

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un vaso di miele da 500 grammi, riempito per circa la metà di acqua saponata (si usa normalesapone liquido per piatti). Agitando il contenitore chiuso, si favorisce il distacco dalle api delle var-roe. Queste ultime possono essere facilmente raccolte svuotando il tutto su una rete (o su un'e-scludiregina, se si lavora in apiario). Il liquido, così filtrato, deve essere raccolto su un panno chia-ro: la rete (o l'escludiregina) tratterrà le api mentre il panno chiaro permetterà di raccogliere le var-roe. In questo modo è possibile contare sia le api, sia le varroe. Il rapporto api-varroe non deve maiandare oltre l'1%. Qualora tale valore sia superiore al 5% è necessario eseguire un trattamentoimmediato. Fra l'1 ed il 5% è possibile rimandarne l'effettuazione fino ad un mese (quando il rap-porto sia vicino al 5%) o più (con percentuali più vicine all'1%).

Conteggio sequenziale nella covata femminile opercolata. È un procedimento piuttostolaborioso ma molto preciso. Anche questo tipo di monitoraggio deve essere effettuato su almenoil 10% degli alveari di un apiario. Consiste nell'asportare larve o pupe di covata femminile dalle cel-lette opercolate dei telaini centrali, effettuando un contemporaneo conteggio delle varroe pre-senti. É necessario effettuare il prelievo su almeno tre telaini di covata opercolata per arnia, sce-gliendo le celle a caso su tutta la superficie del telaio, non soffermandosi su determinati settori. Inbase al numero delle varroe rinvenute si può effettuare una scelta di rilevanza pratica. Se su 100celle ispezionate, si contano non meno di 5 varroe, il trattamento deve essere effettuato immedia-tamente. Se il numero degli acari è compreso fra le 2 e 5 unità, la situazione è certamente preoc-cupante, ma il trattamento può essere rinviato a non più di 30 giorni. Al di sotto delle 2 varroe ogni100 celle analizzate, la situazione non desta preoccupazione. Ovviamente non è necessario moni-torare sempre 100 celle di covata femminile: se, ad esempio, già nelle prime 20-30 celle è possibi-le isolare 3 o 4 varroe, deve essere comunque subito eseguito il trattamento.

Cura della fame. Si tratta di una modalità di cura a lungo prescritta per la terapia della peste ame-ricana. Per quanto la sua efficacia nel controllo di questa patologia non sia assolutamente garan-tita, essa è ritenuta, a ragione, un ottimo sistema per ripulire l'apparato digerente delle api damicrorganismi patogeni. Consiste nel trasferire le sole api adulte di un alveare infetto in una arniet-ta vuota e ben aerata, procedendo nel contempo alla loro alimentazione con una soluzione zuc-cherina arricchita di nutrienti proteici. Dopo circa 48 ore, le api possono essere nuovamente tra-vasate in un'arnia fornita di soli fogli cerei. Questa tecnica permette alle api di espellere dal proprioapparato digerente la quasi totalità di eventuali agenti patogeni presenti o comunque di ridurre lacarica microbica a concentrazioni tale da non sviluppare stati patologici.

Data di scadenza. Stabilisce il preciso limite temporale entro il quale un alimento preconfezio-nato, ad elevata deperibilità microbiologica, deve essere consumato. La data di scadenza vieneindicata con la dicitura "Da consumarsi entro...", seguita da una data composta dal giorno e mese.Il consumo di un alimento scaduto può costituire un rischio elevato per la salute umana. Oltre ladata indicata sulle confezioni, l'alimento non è vendibile.

Deriva. Si verifica quando alcune api operaie, sbagliando nel fare ritorno nel proprio alveare,entrano nell'arnia limitrofa. La deriva può assumere valori significativi, qualora nell'apiario manchi-no elementi necessari alle api per meglio localizzare la propria famiglia: grosse piante, massi, ecc. Èindispensabile colorare le arnie differentemente, disponendole casualmente ed evitando la ripeti-zione periodica dei colori fra le stesse.

Disposizioni legislative sulla distanza minima per gli apiari. Secondo quanto disposto dalla

Legge 24 dicembre 2004, n. 313 "Disciplina dell'apicoltura", art. 8, "...gli apiari devono essere col-locati a non meno di dieci metri da strade di pubblico transito e a non meno di cinque metri daiconfini di proprietà pubbliche o private. Il rispetto delle distanze di cui al primo comma non èobbligatorio se tra l'apiario e i luoghi ivi indicati esistono dislivelli di almeno due metri o se sonointerposti, senza soluzioni di continuità, muri, siepi o altri ripari idonei a non consentire il pas-saggio delle api. Tali ripari devono avere una altezza di almeno due metri. Sono comunque fattisalvi gli accordi tra le parti interessate. Nel caso di accertata presenza di impianti industriali sac-cariferi, gli apiari devono rispettare una distanza minima di un chilometro dai suddetti luoghi di produzio-ne".

Distanziatori Hoffman. Per mantenere la giusta distanza fra i telaini, nelle arnie vengonogeneralmente inchiodate particolari lamelle (distanziatori) con incisi gli alloggiamenti per ciascuntelaino. È però possibile ispessire superiormente i legni verticali dei telaini per far si che essi,venendo a contatto, permettano che venga rispettata sempre la distanza prestabilita fra unfoglio cereo e l'altro. Questo modello di telaino viene detto "Hoffman". In commercio esistonoparticolari dispositivi di plastica (i distanziatori Hoffman) che, applicati ai legni verticali dei comu-ni telaini, assolvono allo scopo sopraddescritto.

Doppio melario. Con questo termine si suole indicare l'insieme di due melari sovrapposti, svuo-tati dei telaini specifici. Tale "corpo" può essere posizionato al di sopra del nido ed in esso è pos-sibile inserire favi da nido. L'impiego dei "doppi melari" si rende utile per immagazzinare provvi-soriamente i favi del nido carichi di miele che, per questo motivo, non possono essere sfruttatidalle api per l'espansione della covata. Questi favi possono essere successivamente reinseriti neinidi o smelati in un'unica tornata o impiegati per la formazione di nuclei.

Dose letale. Con tale termine si intende indicare la dose di principio attivo necessaria ad ucci-dere un determinato numero di animali da laboratorio. Il 50% se si fa riferimento alla DL50.

Escludiregina. È un dispositivo a griglia, utilizzato per confinare la regina nel nido, evitando inquesto modo la presenza di covata nei favi del melario. Sfruttando le diverse misure morfologi-che fra l'ape regine (di dimensioni maggiori) e le operaie, l'escludiregina permette solamente ilpassaggio di queste ultime. La sua presenza, sebbene utile per i motivi suesposti, può ostacola-re in modo significativo la deposizione del miele nel melario, favorendone un maggior accu-mulo nel nido. Per questo motivo l'uso dell'escludiregina è spesso oggetto di discussione tra gliapicoltori. Una prova sperimentale effettuata da Aulo Manino, Marco Porporato e AugustoPatetta negli anni 2004 e 2005, ha messo a confronto un gruppo di otto famiglie in arnieDadant-Blatt da nomadismo a 10 favi dotate di escludiregina con altrettante famiglie prive diescludiregina. Per ciascuna famiglia è stata pesata la quantità totale di miele smelato e, da apri-le a ottobre, sono stati valutati, con cadenza quindicinale, il numero di api adulte, di celle di cova-ta da operaia e da fuco, di celle reali, di celle contenenti polline nonché la quantità di miele pre-sente nel nido. I risultati ottenuti sono stati sottoposti all'analisi della varianza a due vie, la qualenon ha evidenziato differenze statisticamente significative fra i due gruppi per quanto riguardalo sviluppo delle famiglie e la produzione di miele. Al contrario le scorte di miele sono risultatesuperiori negli alveari dotati di escludiregina e le scorte di polline sono state più abbondanti neglialveari privi. Pertanto, sulla base di questa sperimentazione, sembrerebbe potersi affermare chel'uso dell'escludiregina non interferisca né con lo sviluppo delle famiglie né con la produzione di

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miele. Tuttavia, potendo provocare il parziale blocco della covata, può richiedere maggiori atten-zioni nella gestione delle colonie.

Fase foretica. Il ciclo della varroa si sviluppa in due fasi: la fase foretica, nella quale la varroa vivesulle api adulte, e la fase riproduttiva, durante la quale l'acaro si trova sulla covata opercolata. Il rap-porto fre le due fasi è strettamente legato al periodo. Durante la stagione fredda, gli acari stazio-nano per la quasi totalità sulle api adulte, mentre durante la stagione primaverile questo rapportosi sposta in modo significativo: circa i 2/3 dell'intera popolazione di varroa si trova nella covataopercolata ed appena 1/3 sulle api adulte.

Favi vecchi o deformati. L'operazione di sostituzione di questi favi, di norma può essere resapossibile posizionandoli, al momento dell'invernamento, ai lati estremi del nido, in modo tale che,all'inizio della stagione produttiva successiva, possano risultare vuoti. Sovente, però, qualora la sta-gione invernale abbia un decorso climatico piuttosto mite, le api non sono in grado di consuma-re tutte le scorte immagazzinate in questi favi. Occorre comunque allontanarli o inserirli provviso-riamente in "corpi nido" formati da due melari vuoti sovrapposti (vedi doppio melario), in attesadella smelatura.

Favo caldo. Si ha quando i favi sono disposti parallelamente alla parte frontale dell'arnia e, quin-di, all'ingresso. Questa disposizione ostacola il normale ricambio dell'aria all'interno dell'alveare,favorendo il riscaldamento della colonia. Per questo motivo tale configurazione viene adottata inambienti a clima freddo o nel caso di allevamento di colonie composta da un numero ridotto diapi.

Favo freddo. Si ha quando i favi sono disposti perpendicolarmente alla parte frontale dell'arnia e,quindi, all'ingresso. Questa disposizione facilita il normale ricambio dell'aria all'interno dell'alveare,favorendo il deflusso del calore. Per questo motivo tale configurazione viene adottata in ambientia clima caldo o nel caso di allevamento di colonie composta da un numero elevato di api.

Feromone reale. Con il termine di feromone reale si intende una sostanza secreta da particolarighiandole (le ghiandole mandibolari) ubicate nel capo della regina. Il feromone reale costituisce ilmezzo di comunicazione della regina con l'insieme della colonia. Esso viene assimilato dalle gio-vani operaie costituenti la sua corte, in un lasso di tempo relativamente breve (da 30 a 120 secon-di) e trasferito così al resto delle api attraverso la trofallassi. La quantità media presente in ognimomento nella ghiandola della regina viene commisurato come "regina equivalente" (Qeq). Essene possono secernere quantità comprese tra 0,2 e 2,0 Qeq/giorno. L'azione del feromone realeproduce due effetti, entrambi determinanti per l'unità della società delle api: uno impedisce lacostruzione di celle reali naturali e inibisce lo sviluppo degli ovari delle operaie; l'altro assicura lacoesione della colonia. Il feromone reale è una miscela di cinque componenti, tre acidi organici edue composti aromatici. Può essere sintetizzato in laboratorio, ma affinché possa riprodurre i suoieffetti, il prodotto di sintesi deve contenere tutti e cinque i suoi componenti al pari del feromonenaturale. I singoli componenti sono inattivi se testati individualmente, ma anche la mancanza diuno solo ne riduce l'azione attrattiva in misura maggiore del 50%. Il feromone mandibolare è alta-mente attrattivo per le operaie. Già in presenza di meno di un decimilionesimo del contenuto dellaghiandola mandibolare della regina, le api sono attratte e formano attorno ad essa la corte.

Finalità dell'etichettatura dei prodotti alimentari. L'etichettatura e le relative modalità di rea-

lizzazione sono destinate ad assicurare la corretta e trasparente informazione del consumatore.Esse devono essere effettuate, secondo quanto stabilito dall'art. 2 del D.Lgs. 23.06.2003 n. 181,in modo da:a) non indurre in errore l'acquirente sulle caratteristiche del prodotto alimentare e precisamen-te sulla natura, sulla identità, sulla qualità, sulla composizione, sulla quantità, sulla conservazione,sull'origine o la provenienza, sul modo di fabbricazione o di ottenimento del prodotto stesso;b) non attribuire al prodotto alimentare effetti o proprietà che non possiede;c) non suggerire che il prodotto alimentare possiede caratteristiche particolari, quando tutti i pro-dotti alimentari analoghi possiedono caratteristiche identiche;d) non attribuire al prodotto alimentare proprietà atte a prevenire, curare o guarire una malat-tia umana né accennare a tali proprietà, fatte salve le disposizioni comunitarie relative alle acqueminerali ed ai prodotti alimentari destinati ad un'alimentazione particolare.Tali divieti e limitazioni valgono anche per la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimenta-ri.

Foglio cereo. A differenza di quanto succede in natura, nella arnie razionali la costruzione deifavi avviene su telai mobili, la cui invenzione, anche se antecedente, viene fatta risalire all'ameri-cano Lorenzo Lorraine Langstroth nel 1861. Affinché la costruzione dei favi avvenga in modoregolare all'interno di ogni singolo telaio, l'uomo fornisce alle api un "foglio di cera" con impres-se le impronte delle cellette. L'invenzione dei fogli cerei, che segui quella del telaio mobile, fumerito dell'ebanista bavarese Johannes Mehring nel 1857. Il foglio cereo altro non è che unalamina di cera che reca impresse, in entrambe le facce, il fondo delle cellette e gli abbozzi dellepareti. Alle api non resta che terminare di assottigliare il foglio (recuperando un po' di cera) ededificare le cellette. I vantaggi del fornire un supporto alle api sono diversi. Oltre che di spinge-re le api a realizzare i loro favi esattamente all'interno dei telai, l'uso del foglio cereo permetteall'allevatore sia di determinare il sesso della covata (vedi), sia di ridurre la produzione di cera daparte delle api, con la conseguenza di un incremento delle produzioni di miele, considerato chela cera (sostanza lipidica) è un metabolita del miele (sostanza ad elevato contenuto di carboi-drati). La determinazione del sesso nelle api segue le modalità della partenogenesi arrenotoca:un uovo fecondato dà origine ad un individuo di sesso femminile, un uovo non fecondato adun fuco. Gli stadi preimaginali dei due sessi necessitano, per poter portare a termine la loro meta-morfosi, di cellette di dimensioni diverse: i favi da operaia contano da 411 a 427 cellette per deci-metro quadrato (per un totale di 822-854 su entrambi i lati); i favi da fuco da 235 a 242 cellette,per decimetro quadrato su ogni singola faccia (per un totale di 470-484 su entrambi i lati).Pertanto, l'impiego di fogli cerei con impronte con apotema dell'esagono pari a 2,60-2,70 milli-metri porta alla costruzione di favi da operaia; l'impiego di fogli cerei con impronte di maggioridimensioni (apotema dell'esagono pari a 3,45-3,50 millimetri) porta alla realizzazione di favi dafuco. La cera viene prodotta dalle api operaie di casa con un'età compresa fra i 10 ed i 16-18giorni, da quattro paia di ghiandole ceripare, situate nella parte ventrale dell'addome, in corri-spondenza degli uriti dal 4 al 7. Le cellule che compongono le ghiandole ceripare secernonouna sostanza fluida che si raccoglie su due larghe aree laterali, ovoidali e traslucide del proster-no (non sono visibili esternamente poiché ricoperte dalla parte posteriore dell'urosterno prece-dente), dette specchi. Sugli specchi, la cera si rapprende in scagliette dello spessore di circa 0,5millimetri per una superficie di circa 2 millimetri quadrati e del peso di circa 0,8 milligrammi.Occorrono circa 1.250.000 scagliette per un chilogrammo di cera, con un consumo complessi-vo di miele pari a circa 10 chilogrammi.

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Fucaiola - ape operaia. L'ape regina rappresenta l'unica possibilità di sopravvivenza della colo-nia poiché è l'unica femmina fertile al suo interno. Allorché questa venga a mancare, e non sia pos-sibile allevare altre regine in sua vece (ad esempio, nel periodo invernale, quando l'ape reginamuore e non vi è covata per la sua sostituzione oppure in primavera qualora, durante il volo difecondazione venga catturata da un predatore quale, ad esempio, un ragno od un uccello), le apioperaie, private del feromone reale, acquistano la possibilità di ovideporre. Non essendo peròfecondate, esse sono in grado di generare esclusivamente maschi. La covata fucaiola di operaia èfacilmente riconoscibile: le uova sono deposte sui bordi delle cellette (non disponendo, le api ope-raie, di un addome di lunghezza adeguata) e nelle cellette possono trovarsi più uova, deposte dapiù operaie "fucaiole" che possono coabitare all'interno dello stesso alveare.

Fucaiola - ape regina. Il ciclo biologico che porta dall'uovo all'ape regina adulta si conclude in16-17 giorni, quando sfarfalla l'insetto perfetto. Raggiunta la maturità sessuale dopo circa 5-7 gior-ni, la regina compie il volo di fecondazione, normalmente durante la settimana successiva. Se tuttava bene, la prima covata può essere individuata entro 12-14 giorni dallo sfarfallamento. Al contra-rio, se le condizioni atmosferiche non lo permettono e la regina non può fecondarsi entro le tresettimane successive alla nascita, perde l'estro dando comunque inizio alla ovideposizione. Nonessendo stata fecondata è in grado però di originare una progenie di soli maschi, diventando così"fucaiola". Le uova di una regina fucaiola non sono deposte in modo diverso da come un'ape regi-na normalmente fecondata avrebbe fatto: per tale motivo l'apicultore si può rendere conto dellostato di fucaiola della regina solo al momento dell'opercolatura delle celle, in quanto quelle checontengono fuchi hanno gli opercoli più sporgenti rispetto a quelle delle operaie.

Fuco. Con questo termine vengono indicate le api di sesso maschile. Il loro compito esclusivo èquello di garantire la fecondazione dell'ape regina. È però accertato che essi svolgono anche altricompiti all'interno dell'alveare, interferendo comunque nei complessi fenomeni biologici che neregolano la vita. Pare, ad esempio, che la loro secrezione mandibolare possa fungere da accelera-tore per l'avvio dell'attività sciamatoria. A differenza degli individui di sesso femminile, la loro vitanon è strettamente legata alla colonia di nascita, ma possono migrare, durante tutto l'arco dellaloro vita, di colonia in colonia, spostandosi anche per decine di chilometri. Rappresentano, per que-sto motivo, i principali vettori naturali delle avversità delle api.

Fuco diploide. Come è noto, i fuchi si sviluppano da uova non fecondate, ed il loro corredo cro-mosomico è quindi aploide, costituito soltanto da 16 cromosomi. Nelle femmine e cioè nella regi-na e nelle operaie, che si sviluppano da uova fecondate, invece il corredo cromosomico è doppio(diploide), costituito da 16 coppie di cromosomi. Il fenomeno inerente lo sviluppo di uova nonfecondate prende il nome di partenogenesi. Qualora, come nel caso delle api, dalle uova nonfecondate nascano individui di sesso maschile, la partenogenesi viene meglio definita come par-tenogenesi arrenotoca; nel caso che si originino individui di sesso femminile, questa verrebbe indi-cata come partenogenesi telitoca. Nelle api, il sesso viene determinato da un gene localizzato nelcromosoma sessuale. I fuchi, nascono da uova non fecondate ed avendo quindi un unico geneche ne determina il sesso, si dicono emizigoti. Le operaie e la regina, individui diploidi, hanno nelloro patrimonio genetico due diverse varianti di tale gene, essendo quindi eterozigoti,. Quandoavviene la fecondazione può accadere che un uovo venga fecondato da uno spermatozoo cheporta una copia del gene per il sesso identica a quello presente nell'uovo. In questo caso si svilup-pa un maschio diploide (individuo omozigote); esso viene riconosciuto dalle api operaie, che prov-vedono ad eliminarlo poco dopo la schiusa dell'uovo.

Fumagillina. Antibiotico utilizzato per la lotta al Nosema. In ottemperanza al Decreto delMinistero della Salute del 10 luglio 2000 (che lo ha ritirato dal commercio), dal 31 dicembre dellostesso anno è vietata la somministrazione di Fumidil B a tutte le specie animali produttrici di ali-menti destinati al consumo umano.

Galleria mellonella. Vedi tarma della cera.

Gelatina reale. La gelatina reale è una sostanza di colore bianco e consistenza cremosa, secre-ta dalle ghiandole ipofaringee e mascellari delle api operaie di età compresa fra i 3 ed i 10 gior-ni. Tali operaie vengono comunemente indicate come api nutrici. La gelatina reale rappresental'unico alimento per le giovani larve per i primi tre giorni di vita, a partire dal momento dellaschiusa dell'uovo, e dell'ape regina, sin dallo stadio larvale e per tutta la durata della sua vita ima-ginale. Affinché sia possibile la produzione di gelatina reale, le api nutrici devono consumare fortiquantità di polline. La gelatina reale è uno degli alimenti più completi in natura, annoverandofra i propri componenti proteine ed amminoacidi essenziali, lipidi, zuccheri, vitamine del gruppoB (in particolare la B5) e vitamine A, C, D ed E, oligoelementi, enzimi e sostanze con azioneormonale.

Ghiandola ceripara. Nell'operaia, la parte anteriore degli sterniti IV, V, VI e VII presenta late-ralmente delle aree lisce, di forma ovale, chiamate comunemente specchi. In numero di 8, si tro-vano in corrispondenza di altrettante ghiandole ceripare, formate da particolari cellule epider-miche specializzate le quali, fra il decimo ed il diciassettesimo giorno di vita dell'insetto, si ingros-sano assumendo una struttura ghiandolare. Queste ghiandole secernono sotto forma liquida lacera che, depositandosi sugli specchi, solidifica in scagliette. Passati circa 7-8 giorni dall'entrata infunzione, le ghiandole degenerano e si trasformano in uno strato cellulare appiattito.

Ghiandola ipofaringea. Nell'ape operaia, sono ghiandole deputate alla produzione dellagelatina reale. Situate nel capo, in numero di due, una per lato, hanno l'aspetto di un agglome-rato filamentoso come formato da minuscoli acini strettamente ammassati. I loro dotti sboccanoseparatamente, mediante due piccoli fori, ai lati della piastra orale, situata sul pavimento dellabocca. Poiché tale piastra fa parte dell'ipofaringe, appare più corretto chiamare queste ghian-dole "ipofaringee" e non faringee come spesso avviene.

Ghiandola mandibolare. Sono in numero di due ed il loro dotto fuoriesce alla base della fac-cia interna di ciascuna mandibola. Nelle operaie ceripare il secreto mandibolare secreto è indi-spensabile per la lavorazione della cera che viene manipolata dalle stesse loro mandibole. Leghiandole mandibolari producono anche una frazione della gelatina reale. Nei fuchi questeghiandole sono pressoché atrofizzate, mentre nell'ape regina si presentano ipertrofiche e pro-ducono il feromone reale (una miscela degli acidi 9-ossodeca-trans-2-enoico e 9-idrossi-2-enoi-co), responsabile della coesione della colonia e dell'inibizione dello sviluppo degli ovarioli delleoperaie.

Ghiandola di Nasonoff. (Anche nelle altre traslitterazioni: Nasanoff, Nasonov, o Nasonow). Èsituata sotto la membrana intersegmentale, tra il VI ed il VII urotergo e sbocca nella parte ante-riore di quest'ultimo. È detta anche ghiandola odorifera poiché il suo secreto, fortemente volati-le, viene impiegato dalle api per marcare il proprio alveare al fine di facilitarne il ritrovamento allebottinatrici, per evidenziare le aree di bottinamento e per favorire l'aggregazione dello sciame e

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del glomere invernale.

Ghiandola velenifera. Fa parte dell'apparato del pungiglione ed in realtà è formata da un grup-po di ghiandole. Le più importanti sono una grande (formata da due masse ghiandolari), a secre-zione fortemente acida, ed una piccola, a secrezione fortemente basica. Produce anche un fero-mone di allarme che, mescolato al veleno, indica alle altre api dove colpire. La differenziazione diquesta ghiandola è continua a partire dalla fuoriuscita dell'ape dalla celletta, ma raggiunge l'apicedel funzionamento quando l'ape diviene bottinatrice (a circa 18-20 giorni dallo sfarfallamento).

Glomere. Con questo termine si suole definire la particolare formazione sferica che le api assu-mono qualora la temperatura esterna scenda al di sotto dei 10° C. In queste situazioni le api ope-raie si concentrano fra i favi e le celle vuote, formando una sorta di conchiglia che racchiude unospazio interno vuoto a disposizione della colonia. Le api, prima di spostarsi all'esterno del glomere,ingurgitano notevoli quantitativi di miele che, producendo calore a seguito del processo di dige-stione, permette loro di resistere a temperature molto rigide. Perché il glomere sia efficiente, le apidevono alternarsi periodicamente nella formazione del glomere. È anche necessario che le apipossano reperire il miele all'interno del glomere poiché quello che si viene a trovare al suo ester-no è per loro irraggiungibile. Il diametro del glomere varia in modo direttamente proporzionalealla forza della colonia (tanto più essa è forte e tanto più grande è il glomere) ed alla temperaturaesterna (tanto più questa è rigida, tanto più stretto è il glomere). Il glomere assume forma sfericapoiché la sfera è il corpo solido che, a parità di volume, offre la minore superficie esterna: pertan-to le api, disponendosi in glomere tendono a ridurre la dispersione di calore.

Ingluvie. Vedi borsa melaria.

Larva. Con questo termine si intende il primo stadio di sviluppo di un insetto, susseguente allaschiusa dell'uovo (vedi stadio preimaginale). Per quanto attiene l'ape, lo stadio di larva si presentain celletta ancora aperta.

Marcatura regina - Impiego dei colori. L'impiego dei cinque colori utilizzati negli anni per la mar-catura dell'ape regina non è casuale, ma stabilito da una convenzione internazionale. Facendo rife-rimento agli anni che hanno come ultima cifra lo zero o il cinque (ad es. l'anno 2000 o il 2005) ilcolore usato è stato l'azzurro; nell'anno immediatamente successivo (rispettivamente il 2001 ed il2006) il colore impiegato è stato il bianco. Di seguito, ed in maniera ciclica, si utilizzano il giallo(anni con l'ultima cifra 2 o 7), il rosso (anni con l'ultima cifra 3 o 8) ed il verde (anni con l'ultima cifra4 o 9). Per questo motivo, la marcatura dell'ape regina fornisce anche un utile riferimento circa lasua età.

Maschio diploide. Vedi fuco diploide.

Melario. È la parte mobile dall'arnia, deputata ad accogliere i favi per la raccolta del miele. Il mela-rio viene inserito al di sopra del nido, alla ripresa tardo invernale del flusso di nettare. Occorre met-tere in evidenza come le diverse ditte realizzino per proprio conto melari di altezze leggermentedifferenti. Per tale motivo, negli acquisti dei melari supplementari o dei relativi telai, occorre verifi-care attentamente le dimensioni delle altezze, al fine di assicurare l'intercambiabilità del materialeacquistato con quello già in uso in azienda. Infatti, potrebbe verificarsi il caso di melari troppo bassiper poter accogliere telai costruiti per essere inseriti in melari più alti e viceversa. Nel primo caso, in

occasione della posa dei melari, i telai del melario vanno a poggiarsi sopra i telai da nido, pro-vocando l'uccisione delle api che si trovano sulla parte superiore degli stessi telai da nido. Nelsecondo caso, invece, viene a formarsi un passaggio, fra parte inferiore dei telai da melario eparte superiore dei telai da nido, di altezza superiore ai 7-9 millimetri, passaggio che le api col-mano con costruzioni naturali, generalmente interessate da covata a fuco.

Metamorfosi. Indica il complicato processo di trasformazione attraverso il quale avviene lo svi-luppo di molti animali (degli insetti in particolare), sviluppo che termina con lo stato di adulto.Non in tutti gli insetti, però, avviene tale processo. Quando tutti gli stadi sono morfologicamen-te simili (e si assiste pertanto a delle semplici mute per il raggiungimento dello stato adulto) gliinsetti vengono definiti insetti ametaboli (ad esempio, i Tisanuri). Gli insetti a metamorfosi incom-pleta (quando manca lo stadio di pupa) vengono invece definiti come insetti emimetaboli (adesempio, gli Ortotteri -come le cavallette- e i Rincoti). Infine, quelli nei quali la metamorfosi è com-pleta vengono definiti insetti olometaboli (ad esempio, i Ditteri -le mosche-, i Lepidotteri -le far-falle- e, appunto, gli Imenotteri, ordine al quale appartengono le api).

Mesointestino. Detto anche ventricolo o stomaco. È la parte dell'intestino ove avviene la dige-stione del cibo e l'assorbimento. II mesointestino è compreso tra il proventricolo e l'intestinotenue.

Miasi. Dal greco mùia: mosca. Sono infestazioni dell'uomo e degli animali vertebrati, cagionateda larve di ditteri ciclorrafi a parassitismo obbligato o accidentale, che, per un tempo variabile, sialimentano su tessuti vivi o morti dell'ospite o con i liquidi corporei di questo, ovvero, se localiz-zate in sede gastrica, degli alimenti ingeriti. Alcune miasi sono dette occasionali o facoltative, inquanto i parassiti coinvolti possono svolgere il proprio ciclo biologico indipendentemente da unospite vertebrato; altre, invece, sono obbligatorie in quanto ad esse necessita una determinataspecie animale (da www.ilprogressoveterinario.it).

Micosi. Dal greco "mikòs" (fungo). Con il termine micosi si suole individuare tutti gli stati patolo-gici causati da funghi patogeni. Questi, superando la resistenza offerta delle barriere esterne,penetrano nel corpo della vittima e qui si sviluppano. Pur potendo colpire sia gli adulti, sia glistadi preimaginali (larve e pupe), le principali micosi delle api riguardano questi ultimi. Le più dif-fuse sono due: la covata calcificata (dovuta all'Ascosphaera apis) e la covata pietrificata (soste-nuta dell'Aspergillus flavus). La propagazione delle spore avviene attraverso gli alimenti infetti oper contatto. Le pupe si presentano rimpicciolite, mummificate e coperte dalle spore del fungo.La malattia trova un ambiente ideale per la propria propagazione nei casi di colonie deboli,invernate male e poco curate e nelle situazioni ambientali ove vi sia ristagno di acqua ed umidi-tà eccessiva.

Nicot - gabbietta per la spedizione e l’introduzione delle api regine. Sono delle gab-biette in materiale plastico normalmente impiegate per la spedizione e l’introduzione delle apiregine.Il loro nome deriva da quello dell’azienda che per prima lo mise in commercio: la Nicot.

Ninfa. Indica lo stadio di larva degli insetti a metamorfosi incompleta (detti emimetaboli). In que-sti insetti la larva (generalmente detta ninfa) è grosso modo simile all'adulto, dal quale si distin-gue, sia perché ancora immatura sessualmente e sia perché ancora priva di ali completamentesviluppate.

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Nosemiasi. Indica una malattia il cui agente patogeno è un organismo unicellulare appartenen-te alla classe Microsporidia. genere Nosema. Gli appartenenti a questo gruppo sono parassiti intra-cellulari obbligati degli insetti. Al genere Nosema appartengono due specie, il Nosema apis ed ilNosema ceranae, originariamente legati rispettivamente all'Apis mellifera ed all'Apis ceranae.Recentemente, al pari di quanto avvenuto per la Varroa destructor, sono stati rilevati casi di infe-zione da Nosema ceranae anche nei confronti dell'Apis mellifera. In questo caso il decorso dell'in-fezione risulta assai più grave, portando spesso all'estinzione la colonia colpita. La sindrome da spo-polamento di api (nota con l'acronimo CCD o, in Italia SSA), segnalata da molti apicultori europei,sembra spesso dovuta alla presenza del Nosema ceranae. In questo caso le api infette muoiono inbreve tempo, spesso senza manifestare in alcun modo la tipica sintomatologia dovuta all'attaccodel Nosema apis: spopolamento lento dell'alveare, scarsa mobilità delle api adulte e diarrea. I Microsporidia sono organismi sporigeni, potendo sopravvivere solo se all'interno di altre cellule. Illoro modo di invadere la cellula ospite è assolutamente unico in natura e rappresenta uno deimeccanismi biologici di infezione più sofisticati. Le spore sono dotate di una sorta di lungo tuboche viene mantenuto arrotolato durante la fase di latenza. Questo condotto può essere espulsocon un movimento rapidissimo, simile a quello compiuto di una canna da giardino che si svolgenon appena aperto il rubinetto dell'acqua. Qualora il tubo, così estroflesso, colpisca una cellula vici-na, i contenuti della spora sono forzati attraverso tale canale all'interno della cellula stessa. La pro-filassi, da attuarsi con il mantenimento di famiglie forti e controllate sotto il profilo sanitario, costi-tuisce il mezzo di prevenzione più importante considerato che, allo stato attuale, non esistonomedicinali veterinari autorizzati.

Nutrizione di soccorso. Detta anche di sostegno, viene fatta per porre rimedio alle crisi alimen-tari dovute sia per esaurimento delle scorte, sia per carenza di risorse esterne. Si effettua o in autun-no, per integrare le provviste a disposizione della colonia per l'inverno, o nel tardo inverno, per farfronte ad errori di valutazione sulle scorte lasciate a disposizione.Nutrizione stimolante. Viene fatta per stimolare la deposizione della regina. è noto che l'attività diquest'ultima è in relazione al flusso di nettare. Pertanto, simulando un flusso di nettare si accresceil ritmo di ovideposizione della regina.

Nutrizione stimolante. Viene fatta per stimolare la deposizione della regina. è noto che l'attivitàdi quest'ultima è in relazione al flusso di nettare. Pertanto, simulando un flusso di nettare si accre-sce il ritmo di ovideposizione della regina.

Pappa reale. Vedi gelatina reale.

Perizin. Prodotto dalla Bayer, è un presidio sanitario a base di coumaphos (o cumafos). Deve esse-re impiegato in assenza di covata. Per l'impiego si diluiscono 10 millilitri (o centimetri cubici) di pro-dotto in 500 millilitri (o ½ litro) di acqua. Della soluzione acquosa così ottenuta, si fanno sgoccio-lare sulle api (sia sui telaini che negli spazi interfavo) 5 millilitri per ciascun favo coperto di api. Il trat-tamento deve essere fatto in assenza del melario e con temperature superiori a 5°C; comunqueove non sia formato il glomere. L'efficacia è pari al 95% con valori anche prossimi al 100%, perquanto si siano verificati casi di farmaco resistenza da parte della varroa.

Prepupa. È la fase di transizione fra lo stadio larvale e quello di pupa. Nell'ape si ha non appenala celletta viene opercolata e la larva si dispone longitudinalmente. L'insetto ha ancora caratteristi-che simili allo stadio di larva.

Propoli. Il termine viene correntemente usato sia al maschile (il propoli) che al femminile (la pro-poli). È una sostanza resinosa che le api bottinano dalle gemme e dalla corteccia di talune pian-te. Diverse sono le teorie sulla sua origine. Secondo le osservazioni di Rosch, le api raccolgonola resina con le loro mandibole, la elaborano mediante tutte le loro zampette e, quindi, la siste-mano nelle borse polliniche presenti nel paio posteriore. Durante questa operazione, per evita-re di rimanerne invischiate, l'api amalgamano la resina con enzimi propri, con polline rigurgita-to e con cera. Questa operazione di manipolazione prosegue anche durante l'utilizzo in alvea-re della propoli. Il colore può variare moltissimo, passando da tonalità del giallo, del rosso e delmarrone, fino a quelle del nero. L'odore è decisamente aromatico. I generi vegetali più produt-tivi, in riferimento alle nostre latitudini, sono il Populus spp, il Salix spp, la Betula spp, l'Alnus spp,il Pinus spp, l'Abies spp ed il Prunus spp.

Pupa. Indica lo stadio immediatamente precedente a quello di adulto e l'insetto. In questa fase,assume caratteristiche morfologiche simili a quelle dell'adulto (suddivisione in capo, torace eaddome, presenza delle appendici quali le antenne, l'apparato boccale, le zampe, le ali). In que-sta fase l'insetto smette di alimentarsi e resta immobile in uno stato di quiescenza. Nelle api que-sto stadio si svolge all'interno della celletta opercolata.

Regolamento CE n° 2377/90. Definisce i limiti massimi dei residui di medicinali veterinari neglialimenti di origine animale (in essi incluso il miele). Si consideri che sin dal 2000 non è possibileimmettere sul mercato alcun farmaco veterinario del quale non si conosca il destino a livello diprodotto alimentare finito. L'organismo deputato a valutare queste procedure è l'AgenziaEuropea per la Valutazione dei Prodotti Medicinali (EMEA) di cui fa parte il Comitato per iProdotti Medicinali Veterinari (CVMP) che si occupa specificamente dei medicinali veterinari.Sulla base dei risultati di studi tossicologici effettuati dalle case produttrici, le sostanze farmacolo-gicamente attive sono state suddivise in quattro diverse classi ed elencate nei rispettivi allegati.Allegato I: elenco delle sostanze farmacologicamente attive impiegate in medicinali veterinariper le quali sono stati stabiliti limiti massimi di residui definitivi;Allegato II: elenco delle sostanze farmacologicamente attive impiegate in medicinali veterinarinon soggette ad un limite massimo di residui;Allegato III: elenco delle sostanze farmacologicamente attive impiegate in medicinali veterinariper le quali sono stati stabiliti limiti massimi di residui provvisori in quanto alla scadenza verràriesaminata la documentazione per stabilire il limite definitivo e il conseguente inserimentonell'Allegato I;Allegato IV: elenco delle sostanze farmacologicamente attive impiegate in medicinali veterinariper le quali non può essere stabilito alcun limite massimo dal momento che i residui delle stessein alimenti di origine animale costituiscono un rischio per la salute del consumatore indipen-dentemente da un limite. La somministrazione di tali sostanze è quindi vietata nell'interaComunità.I prodotti antivarroa cosiddetti "naturali" (acido formico, acido lattico, timolo, eucaliptolo, mento-lo, canfora, flumetrina) sono stati inclusi nell'allegato II. L'acido ossalico attualmente utilizzatocome acaricida in apicultura non era stato ancora considerato da questo Regolamento.Recentemente il Reg. CE n. 546 del 24 marzo 2004 lo ha inserito fra i composti per i quali nonesiste un limite massimo dei residui per gli alimenti di origine animale.

Saccheggio. Con questo termine si indica l'azione svolta da parte delle api di una colonia (sac-cheggiatrice) di andare a rubare le provviste di miele presso un'altra colonia (saccheggiata). Il

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saccheggio, che si manifesta generalmente durante le fasi di stasi produttiva, può essere di due tipi:latente e violento. Il saccheggio latente avviene a carico di colonie piuttosto deboli; al contrario, ilsaccheggio violento coinvolge più colonie (spesso forti) potendo arrivare alla distruzione dell'inte-ro apiario. Si può facilmente riconoscere per il volo frenetico innanzi le arnie, per le lotte cruenteche si svolgono sui predellini fra le operaie e per il forte ronzio avvertibile anche a parecchie deci-ne di metri di distanza dalla postazione. Il saccheggio si deve prevenire evitando di allevare colo-nie molto deboli ed evitando, durante i periodi di scarsità di flusso di nettare, di disperdere, in pros-simità degli apiari, anche solo poche gocce di miele. Qualora il saccheggio violento sia iniziato,occorre disorientare le api saccheggiatrici, operazione che può avvenire in modi diversi: riducen-do gli ingressi degli alveari (ad esempio disponendo fitte trami di erba e rametti sui predellini dellearnie) o spruzzando acqua sulle api. Si può anche chiudere l'arnia saccheggiata e sostituirla conun'arnia vuota. Se il saccheggio è generalizzato all'intera postazione, si può anche provvedere ascoperchiare tutti gli alveari in modo tale che siano tutti vulnerabili. Questo fa in modo che le api,invece che pensare al saccheggio, vengano richiamate a protezione del loro alveare. Una volta ter-minato il saccheggio, è necessario controllare lo stato delle colonie e riparare i danni, eventual-mente provvedendo a riequilibrare le famiglie.

Scelta delle larve. La scelta delle larve, unitamente al periodo del traslarvo, assume, secondoquanto emerge da un lavoro Soczecks (1965) riportato nel testo " Ape regina " di Elio Bailo, impor-tanza notevole per quanto riguarda la qualità delle regine. Dal lavoro emerge che su 12 regine disciamatura, 82 regine di emergenza (allevate per fare fronte ad un'orfanità) e 41 regine allevateartificialmente, il numero di canali ovarici, direttamente correlato con la capacità di ovodeposizio-ne, risulta essere più elevato nel caso di regine di sciamatura, mentre nessuna differenza è possi-bile riscontrare fra le regine di emergenza (allevate anche durante la stagione di sciamatura) equelle allevate al di fuori di questo periodo. Le regine di sciamatura disponevano di ovari formatida una media di 349 canali ovarici (da 325 a 374); le regine di emergenza da 200 a 357 canaliovarici (in media 313); le regine di allevamento da 289 a 341 (media 312).

Sciamatura. Con il termine di sciamatura si intende l'abbandono dell'alveare da parte di un grup-po di api operaie, guidate o dalla vecchia regina (sciame primario) ovvero da una o, come spessocapita, da più giovani regine vergini (sciami secondari). Solamente in questo modo le api riesconoa propagarsi nell'ambiente. In apicultura razionale, la sciamatura non è certamente un evento gra-dito. Sovente lo sciame viene perso o perché non viene individuato o perché si poggia su un sup-porto non facilmente raggiungibile o per tanti e diversi altri motivi. Ed anche qualora venga cat-turato dall'allevatore, la scissione di una colonia durante la stagione produttiva comporta un decre-mento della produzione globale dell'apiario. Sia la famiglia che ha sciamato, sia lo sciame (unavolta inarniato) necessitano di cure specifiche. La prima, la colonia, necessita di controlli più fre-quenti poiché non è possibile stimare in anticipo a quanti sciami può dare origine. Inoltre, nonsempre la regina si feconda con successo. Vi è da aggiungere che, completata la fase di accop-piamento, essa avrà a disposizione uno spazio certamente insufficiente per deporre un numero diuova tale da rimediare alla crisi post sciamatura, essendo i favi del nido occupati dal miele accu-mulato durante l'intero periodo interessato dalla sciamatura. I secondi, gli sciami, hanno bisognodi un accudimento continuo da parte dell'apicultore, perché possano costruire i favi al meglio eperché venga evitato che nei favi, appena costruiti, del nido venga deposto miele il quale rischie-rebbe di deformare i favi stessi sin dai primi caldi tardo primaverili.

Sciame - Tecniche di cattura. Qualora gli sciami si posino in luoghi non raggiungibili, come

rami posti molto in alto, è possibile utilizzare dei particolari piglia sciami a sacco. Essi altro nonsono che comuni sacchi dotati di un'imboccatura tenuta aperta mediante un'intelaiatura metal-lica, ma richiudibile attraverso un cordino azionabile da terra. Con una pertica, essi possono esse-re portati a contatto con lo sciame il quale, una volta introdotto, può essere catturato. Una voltariportato a terra, il sacco può essere aperto dalla parte inferiore, permettendo la liberazione dellosciame direttamente nell'arnia. Usando pertiche allungabili, è possibile catturare sciami fino a 5-6 metri di altezza. Ove possibile, si può portare all'altezza dello sciame (ad esempio attraversouna corda di richiamo) un ombrello aperto e capovolto, in modo tale che le api, disturbate, ven-gano fatte cadere nella sua parte concava. Anche in questo caso, facendo scendere con dol-cezza l'ombrello, è possibile recuperare lo sciame e rovesciarlo dentro l'arnia. È opportuno, permeglio attrarre lo sciame, cospargere la parte interna dell'ombrello con del succo di limone o delmiele.

Scutello. È la parte dorsale del torace, porzione del corpo degli insetti situata fra il capo e l'ad-dome ove si articolano le ali e le zampe. Lo scutello dell'ape regina si presenta lucido e privo dipeluria e pertanto idoneo ad essere colorato ai fini dell'individuazione dell'ape regina stessa.Sesso delle api. Nell'ape europea (Apis mellifera Linnaeus 1758) il sesso è determinato dalla pos-sibilità di cui dispone l'ape regina di deporre uova non fecondate o fecondate. Dalle prime (uovapartenogenetiche) si originano individui di sesso maschile, i fuchi, geneticamente aploidi e conun corredo di 16 cromosomi (partenogenesi arrenotoca). Al contrario, dalle uova fecondate,ove sia presente una eterozigosi degli alleli sessuali, si originano individui di sesso femminile, apioperaie o api regine, con un corredo cromosomici diploide pari a 32 cromosomi. Nel caso leuova fecondate presentino uguali alleli (vedi) sessuali, si originano fuchi diploidi (vedi) che ven-gono riconosciuti ed eliminati sin dal primo stadio larvale dalle api nutrici.

Sesso delle api. Nell'ape europea (Apis mellifera Linnaeus 1758) il sesso è determinato dallapossibilità di cui dispone l'ape regina di deporre uova non fecondate o fecondate. Dalle prime(uova partenogenetiche) si originano individui di sesso maschile, i fuchi, geneticamente aploidie con un corredo di 16 cromosomi (partenogenesi arrenotoca). Al contrario, dalle uova fecon-date, ove sia presente una eterozigosi degli alleli sessuali, si originano individui di sesso femmini-le, api operaie o api regine, con un corredo cromosomici diploide pari a 32 cromosomi. Nel casole uova fecondate presentino uguali alleli (vedi) sessuali, si originano fuchi diploidi (vedi) chevengono riconosciuti ed eliminati sin dal primo stadio larvale dalle api nutrici.

Soppressione della colonia. Vedi uccisione della colonia.

Sostituzione - ape regina. Generalmente le api regine vengono sostituite in autunno, stagio-ne nella quale queste sono facilmente reperibili sul mercato. L'anno seguente tali regine, perquanto alla ripresa della stagione produttiva risultino al loro secondo anno di vita, hannocomunque alle spalle una scarsa attività di ovideposizione. Questa tecnica permette di limitare,durante la primavera successiva la sciamatura. Se questo è vero nelle regioni a clima continen-tale, non lo è altrettanto in quelle a clima mediterraneo. Pertanto, se l’intenzione dell’allevatore è prevenire la sciamatura, è preferibile che egli disponga di un proprio allevamento (per quan-to di piccole dimensioni) potendo in questo modo sostituire le api regine all'inizio della stagioneproduttiva. Certamente questa è la situazione ottimale, poiché solamente le colonie nelle qualila sostituzione dell'ape regina è avvenuta all'inizio della primavera danno la quasi certezza di nonandare a sciame.

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Spermateca. Organo dell'apparato riproduttore dell'ape regina deputato allo stoccaggio deglispermatozoi ricevuti dai fuchi al momento dell'accoppiamento.

Spugna Oasis. È la stessa spugna floreale idroassorbente utilizzata dai fiorai, come supporto perle composizioni di fiori freschi, fiori secchi e decoupage.

Stadio preimaginale (o preimmaginale). Con questo termine si vogliono indicare tutti gli stadidi vita dell'insetto che precedono lo stato di adulto. Nelle api, lo stato di insetto adulto viene rag-giunto attraverso un complesso processo di trasformazione che prende il nome di metamorfosi.Questo periodo (che si svolge entro le celle esagonali che costituiscono i favi o, nel caso specificodell'ape regina, entro una cella apposita) viene suddiviso in 4 stadi: uovo, larva, prepupa, pupa ocrisalide. Impropriamente, alcuni autori indicano quest'ultimo stadio con il termine di ninfa (vedi).

Stadio imaginale (o immaginale). Con questo termine si vuole indicare lo stadio di adulto diun insetto.

Sternite addominale. Parte ventrale dei segmenti dell'addome (uriti) dell'ape.

Starter - preparazione. Nel caso che si intenda sfruttare lo starter per differenti cicli di alleva-mento di larvette reali, e farlo pertanto funzionare come rifinitore per l'ultima batteria da 30 cupo-lini, i favi prelevati per la formazione dello starter, assieme alla regina, devono essere trasferiti in unaltro apiario distante qualche chilometro. In alternativa, i favi possono essere sovrapposti ad un'al-tra famiglia interponendo una lastra escludi regina aperta solo per 5-7 centimetri e chiusa con delnastro adesivo nella parte restante. L'escludi regina (o comunque il corpo superiore dove sono statisistemati questi favi) può essere dotato anche di una apertura di volo propria. In questa situazione,l'alveare funziona come un alveare a grattacielo, con due regine in covata contemporanea.

Stomaco. Detto anche mesointestino o ventricolo (vedi).

Taglio celle reali. L'eliminazione delle celle reali (o la loro soppressione per schiacciamento oaltro) è una pratica assai diffusa in apicultura, poiché porta la colonia a desistere nei propri propo-siti di divisione. Negli ambienti mediterranei questa pratica non è però sempre consigliabile giac-ché spesso sortisce risultati ancor più negativi. Infatti lo sciame, e quindi la vecchia regina, soventeabbandona comunque l'alveare anche in assenza della possibilità, da parte della famiglia rimasta,di far nascere una nuova ape regina. In situazioni di questo tipo, è preferibile operare, non tantoper evitare la sciamatura, quanto al fine di limitare i danni di questo evento. Occorre operare inmodo che la divisione dell'alveare avvenga in modo controllato e nei tempi più consoni per l'api-cultore.

Tarma della cera - Ciclo della Galleria mellonella. La Galleria mellonella (anche mallonella omelonella) è un lepidottero notturno con apertura alare assai variabile, da 14 a 38 millimetri.Ciascuna femmina adulta, incapace di nutrirsi al pari del maschio, depone da 300 a 1.000 uova,riunite in gruppi di 50-150. Grazie al suo particolare ovidotto, le uova vengono lasciate nelle fen-diture del legno o negli anfratti dell'arnia, in modo che all'ape sia impossibile distruggerle. Con tem-perature intorno ai 24-27°C., la larva, trascorsi 5-8 giorni dalla deposizione, fuoriesce dall'uovo.Qualora le temperature registrino valori inferiori, vicine ai 10-16°C, il tempo di sfarfallamento dellalarva oltrepassa i 30 giorni. Il ciclo si arresta con temperature inferiori ai 9°C. Una volta sfarfallata, la

larvetta, lunga appena 1 millimetro, si sposta su un favo ove inizia a scavare una galleria, in mododa proteggersi dall'attacco delle api. La velocità di crescita e la grandezza finale della larva, ovel'alimentazione e le temperature siano ottimali, assumono valori notevoli: si consideri che neiprimi 10 giorni di vita il peso della larva raddoppia quotidianamente. Differentemente da quan-to si possa ritenere, la dieta alimentare della larva non è rappresentata dalla cera (un grasso dinessun valore nutritivo), ma dalle esuvie e dalle deiezioni lasciate dalle larve delle api e dal polli-ne immagazzinato nei favi. Per questo motivo, le larve della tarma che si trovino a compiere illoro ciclo su favi mai interessati dalla presenza di covata o dalla deposizione di polline (in gene-re i favi del melario o quelli da nido appena costruiti) interrompono il loro sviluppo o muoiono.La larva raggiunge una lunghezza di 20-25 millimetri compiendo da 8 a 10 mute. Anche que-sto stadio registra tempi variabili, in funzione della quantità di cibo a disposizione e delle tempe-rature ambientali. In condizioni ottimali (29-35°C) il ciclo larvale della tarma dura 28 giorni men-tre si interrompe con temperature inferiori ai 15°C. In situazioni intermedie può durare anche 6mesi. Al termine del suo sviluppo, la larva fila il proprio bozzolo, generalmente in una cavità dellegno che essa stessa si scava prima dell'impupamento. Lo stadio di pupa dura da 1 a 9 setti-mane, sempre in relazione alle temperature. Una volta sfarfallata, la femmina si accoppia e inizial'ovideposizione tra il 4° ed il 10° giorno di vita. La grandezza ed il colore dell'adulto variano note-volmente in funzione del tipo di cibo assunto durante lo stadio larvale e dalla durata dei vari stadipreimaginali. In situazioni ottimali, la tarma della cera può dare origine fino a 6 generazioni all'an-no.

Telaino. In apicultura razionale rappresenta la struttura portante dei favi. Per evitare che possacedere sotto il peso del miele, occorre che il legno utilizzato per la sua fabbricazione sia di buonaqualità e privo di nodi. Si possono distinguere "telaini da nido" e "telaini da melario". I primi ven-gono inseriti nel corpo inferiore dell'arnia e sono deputati ad accogliere favi di covata. I seconditrovano spazio nei melari, hanno una dimensione pari a circa la metà di quelli da nido e sonodeputati a contenere favi a miele.

Telaino Bozzi. Metodo messo a punto alla fine degli anni '80 dal Professor Bozzi per il control-lo della covata ai fini della lotta alla varroa. Consiste in telaio da nido, chiuso da un lato da unatavoletta di legno (compensato, masonite o mediodensit), sulla quale viene ad applicato concera fusa un foglio cereo. Una volta che le api hanno costruito il favo (ovviamente solo su unlato), è possibile confinarvi la regina, chiudendo il lato del telaino opposto alla lastra di legno conuna lastra escludiregina. Lasciato in arnia 21-24 giorni, è possibile indurre un blocco di covata,considerato che la regina ha avuto la sola possibilità, in questo lasso di tempo, di deporre solosu questa faccia del favo. Il telaino Bozzi funziona anche come favo trappola, poiché è l'unico ingrado di ospitare covata durante la clausura dell'ape regina.

Telaino Frakno. Usati in Svizzera, sono specifici telaini da nido, utilizzati per la lotta alla Varroadestructor. Sono dotati superiormente di una particolare cassettina di evaporazione ove posso-no essere inseriti 10-12 grammi di timolo in cristalli. Questo scomparto può essere rabboccato 2-3 volte l'anno e la lotta si protrae pertanto in modo continuativo per tutto l'anno. Sotto questoparticolare diffusore, la colonia ha la possibilità di costruire liberamente favi da fuco. La zona dicovata può essere suddivisa in tre parti, seconda il criterio di lotta biologica codificata comemetodo Campero (vedi) dal nome dello stesso ideatore.

Tenuta del favo. Capacità delle api di rimanere aggrappate al favo durante le manipolazioni.

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Azione di comunicazione

Schede tecniche di apicultura Glossario

Si tratta di un carattere ricercato in selezione poiché correlato con la capacità di accudimento dellacovata e con la scarsa aggressività.

Tergite addominale. Parte dorsale dei segmenti dell'addome (uriti) dell'ape.

Termine minimo di conservazione. Da non confondersi con la "Data di scadenza" (vedi). Il ter-mine minimo di conservazione è normato dall'art. 8 del D.Lgs. 23.06.2003 n. 181. È la data fino allaquale il prodotto alimentare conserva le sue proprietà specifiche in adeguate condizioni di con-servazione. Esso va indicato con la dicitura "da consumarsi preferibilmente entro..." quando la datacontiene l'indicazione del giorno o con la dicitura "da consumarsi preferibilmente entro la fine..."negli altri casi, seguita dalla data oppure dalla indicazione del punto della confezione in cui essafigura. Il termine minimo di conservazione è determinato dal produttore o dal confezionatore o,nel caso di prodotti importati, dal primo venditore stabilito nell'Unione europea, ed è apposto sottola loro diretta responsabilità. Il termine minimo di conservazione si compone dell'indicazione inchiaro e nell'ordine, del giorno, del mese e dell'anno e può essere espresso:a) con l'indicazione del giorno e del mese per i prodotti alimentari conservabili per meno di tremesi;b) con l'indicazione del mese e dell'anno per i prodotti alimentari conservabili per più di tre mesima per meno di diciotto mesi;c) con la sola indicazione dell'anno per i prodotti alimentari conservabili per più di diciotto mesi. Qualora sia necessario adottare, in funzione della natura del prodotto, particolari accorgimenti pergarantire la conservazione del prodotto stesso sino al termine di cui al comma 1 ovvero nei casi incui tali accorgimenti siano espressamente richiesti da norme specifiche, le indicazioni di cui alcomma 1 completano l'enunciazione delle condizioni di conservazione.

Timolo. Pur essendo un componente naturale, il timolo influenza il sapore del miele a partire daconcentrazioni di 1,1 milligrammi per chilogrammo (1,1 p.p.m.). Per questo motivo in Svizzera sonotollerate solamente concentrazioni di timolo inferiori a 0,8 milligrammi per chilogrammo di miele(0,8 p.p.m.), valore già percepito da individui sensibili al gusto del timolo.

Tomento. Fascia villosa sui tergiti. In biometria la larghezza del tomento viene misurata sul 4° ter-gite addominale.

Trappole sfucatrici. Sono particolari dispositivi che, applicati alle uscite delle arnie, permettono lacattura dei fuchi. Questi possono essere poi uccisi per annegamento immergendo la trappola inacqua.

Trattamento tampone. Il piano di lotta alla varroa si compone di due trattamenti: uno estivo,generalmente indicato come "trattamento tampone", ed uno invernale. Il trattamento tamponeviene eseguito in presenza di covata ed ha l'obiettivo di ridurre, anche se non in modo esaustivola popolazione di varroa in modo tale che la colonia possa arrivare al momento dell'invernamen-to con api sane e vitali. Sarà poi compito del trattamento invernale riportare il carico di varroe peralveare a poche unità. Un corretto piano di lotta antivarroa dovrebbe garantire un carico di acariper alveare, da quantificare successivamente al trattamento invernale, uguale o inferiore a quellodell'anno precedente.

Trofallassi. Con questo termine si indica genericamente lo scambio di cibo tra le api. La trofallas-

si impegna le api sin dal momento in cui una bottinatrice rigurgita alle api di casa il contenutodella propria borsa melaria (potendo così riprendere il suo lavoro di bottinamento) e sino a cheil nettare maturo viene deposto nelle cellette dei favi. Questo trasferimento del cibo da ape adape, rende possibile anche lo scambio dei feromoni che regolano la vita della colonia.

Uccisione della colonia. La distruzione dell'intero alveare è una pratica necessaria qualora siriscontrino malattie estremamente contagiose quali, in particolare, la peste americana o la pesteeuropea. Si procede dapprima con l'uccisione dell'intera colonia, uccisione che può essere ese-guita mediante fumigazioni di zolfo. Poichè è indispensabile che tutte le api vengano eliminate,occorre effettuare la fumigazione una volta cessato il volo delle bottinatrici. Una volta chiusa l'en-trata dell'arnia, ad es. con stracci umidi, si procede all'introduzione dei vapori di zolfo. Per questopossono essere impiegate le normali bombolette spray o i classici dischi infiammabili. In que-st'ultimo caso, occorre fare molta attenzione per evitare che o l'arnia o la cera dei favi possa pren-dere fuoco.

Urite. Vedi addome.

Urosterno. Vedi addome.

Urotergo. Vedi addome.

Varroa destructor. È un acaro ectoparassita, della grandezza di una capocchia di spillo e per-tanto visibile ad occhio nudo. A seguito delle prime segnalazioni sulla presenza in Italia della var-roa (1981), questa continua a rappresentare ancora l'avversità più insidiosa con cui devono farei conti gli apicultori. Si stima che in Italia oltre il 25% della produzione potenziale di miele vadapersa a causa di questo parassita. L'assenza di un piano di lotta porta, nella generalità dei casi,alla perdita dell'intero apiario. Ma anche in presenza di un programma di lotta, le perdite, purese occasionali, possono raggiungere valori del 40-50%.

Vaselina - olio o grasso di. La vaselina è un petrolato, o gel di petrolio, gelatina ricavata dalpetrolio per raffinazione. È stata prodotta per la prima volta dalla Chesebrough Manufactoring,ma il suo nome è ormai entrato nell'uso quotidiano e spesso indica, seppur impropriamente, ilpetrolato in generale. La vaselina è costituita da idrocarburi saturi composti di solito da almeno25 atomi di carbonio. La sua formula dettagliata varia secondo la qualità del petrolio da cui deri-va e del metodo di raffinamento adottato. Le qualità migliori sono chiamate petrolato bianco etrovano impiego nella farmaceutica e nella cosmetica; le meno pregiate, chiamate petrolatoambrato, petrolato giallo e petrolato marrone, sono inquinate da residui cancerogeni di raffina-zione, quali i policicli aromatici. Il petrolato trova impiego nei settori dell'industria e dei lubrificanti,in particolare per la produzione dell'olio di vaselina e del grasso di vaselina. È una pasta cerosasemitrasparente di colore neutro o bianco neve per le miscele più pure e di ottima qualità, gial-lo ambrato per le meno pregiate. Il punto di fusione della vaselina si colloca appena sotto i 37°C.

Ventricolo. Detto anche mesointestino o stomaco.

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Azione di comunicazione

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Schede tecniche di apicultura Bibliografia