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BIMESTRALE. N.2 MARZO-APRILE 2007. LA MUSICA È UN DIBIMESTRALE. N.2 MARZO-APRILE 2007. LA MUSICA È UN DIBIMESTRALE. N.2 MARZO-APRILE 2007. LA MUSICA È UN DIBIMESTRALE. N.2 MARZO-APRILE 2007. LA MUSICA È UN DIBIMESTRALE. N.2 MARZO-APRILE 2007. LA MUSICA È UN DIRITTO DI TUTTIRITTO DI TUTTIRITTO DI TUTTIRITTO DI TUTTIRITTO DI TUTTI

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SOMMARIO

Music@Music@Music@Music@Music@Conservatorio ‘Alfredo Casella’

Direttore M° Bruno CariotiPiazzale di Collemaggio - 67100 L’Aquila

Tel: +39 0862 22122 Fax: +39 0862 62325

REDAZIONEREDAZIONEREDAZIONEREDAZIONEREDAZIONEBimestrale di musica

Anno II N.2 Marzo- Aprile 2007e-mail: [email protected]

Progetto editoriale e DirezionePietro Acquafredda

Art director e Progetto graficoGiandomenico Piermarini

Laboratorio teorico-pratico: ‘Tecniche della Comunicazione‘Francesca Boccacci, Enrica Di Bastiano Luca Di Bernardo

Rosa Fanale, Marcella Piccinini, Daniela Scacchi

Si ringraziano per la gentile collaborazioneRinaldo Alessandrini, Umberto Padroni

Vincenzo Raffaele Segreto, Valerij Voskobojnikov

SOMMARIO Editoriale - 3

I numeri parlano

Convinti che i numeri possono essere incerti casi più eloquenti delle parole,abbiano optato nel numero scorso di

Music@ di pubblicare, così come sono nellanudità delle tabelle ministeriali, tutte le cifre delfinanziamento pubblico alle attività musicali inItalia. Accadeva per la prima volta in Italia, el’iniziativa partiva da una rivista ‘sui generis’-

quante cose le normali riviste di musica hannoancora da imparare! - da una rivista musicale,che nata in un Conservatorio statale di musica,si proponeva quale frutto maturo del laboratorioteorico-pratico del Corso di ‘Tecniche dellaComunicazione’. E quanto la nostra scelta fossestata gradita, e l’invito alla riflessione raccolto,l'hanno confermato telefonate, messaggi, lettere.In questo numero, che torna alla normalescansione di un periodico musicale, ripensandoa quelle cifre, ci permettiamo di mettere sotto gliocchi di tutti alcune frequenti anomalie dellavita musicale italiana. Poche note, ma chiare,per argomenti, in semplice ordine alfabetico.Non potevamo, però passare sotto silenzioalcuni storici appuntamenti di questi mesi. IlCinquantenario della morte di Toscanini;l’uscita di due nuovi volumi su Sciostakoivc, inoccasione del Centenario della nascita delgrande compositore, ed infine il QuartoCentenario di un avvenimento che sconvolse lavita musicale, incidendo profondamente la storiadel melodramma: l’Orfeo di ClaudioMonteverdi. Per questi delicati e fondamentaliargomenti ci siamo avvalsi della preziosacollaborazione di illustri musicisti e musicologi:Umberto Padroni, attento studioso di Toscanini;Valerij Voskobojnikov che di Sciostakovic ciracconta tutta la verità, inclusa quella su Volkov,suo principale biografo, e sulla contestataBiennale del 1977; per l'Orfeo, uno dei nostripiù illustri e stimati interpreti, RinaldoAlessandrini, che in queste settimane staultimando l’incisione del capolavoromonteverdiano, ci ha scritto un saggio, luminosoper dottrina. C’è anche spazio per qualcheriflessione sul mondo dei ‘Concorsi'e della loropratica utilità per l’avvio della carriera. Infine,un messaggio d’augurio a Ennio Morricone perl’Oscar, tanto atteso e perciò ancor più gradito; el’addio a Giancarlo Menotti, compositore diclasse ed insostituibile protagonista della vitamusicale.

Pietro Acquafredda

SOMMARIO4 - Primo Piano

Oscar alla carriera per Morricone

Ennioda Oscar!

Il 25 febbraio Ennio Morricone haricevuto a Los Angeles l’ambito ed

atteso riconoscimento

Finalmente l’Academy ha messo fineall’inspiegabile ed ingiusto procrastinarsidell’attribuzione dell’Oscar per la musica

da film a Ennio Morricone, classe 1928 – cheforma, maestro!- dopo ben cinque ‘nominations’degli anni passati, andate a vuoto per ragionequasi esclusivamente commerciali,attribuendogli l’Oscar ‘alla carriera’,graditissimo dal musicista. Morriconeapprendendo la notizia direttamente dal direttoredell’Academy, via telefono e in ore in cui stava“per andare a letto” – ha dichiarato, con il suosolito candore – s’è detto ovviamente felice enon è stato a discutere se l’Oscar alla carrierafosse inferiore a quello per un singolo film, oaddirittura superiore. L’ha a lungo atteso, ed orache l’ha finalmente ricevuto, si gode il grandericonoscimento, che segue di poche settimane itrionfi newyorkesi, compreso quello al Palazzodell’Onu, davanti ai potenti del mondo.Morricone (insieme a Nino Rota) è il musicistaitaliano che al cinema ha dato la più bellamusica, più bella di quella che altri italiani,‘Oscar’ anch’essi, hanno potuto realizzare.Perché Morricone (e Rota) a differenza deglialtri, è un musicista vero, di gran classe e con

una formazione musicale superlativa.E, a dimostrazione che tanti film, senza la loromusica, non sarebbero gli stessi, e difficilmenteavrebbero raggiunto la grande notorietà,vogliamo raccontarvi un aneddoto assaiistruttivo.Nel sud della Spagna, dalle parti di Almeria, inun ambiente che sembra il paesaggio dellemontagne rocciose ricostruito in terra spagnola,ancor oggi esiste ed è meta di un turismocrescente, ‘Western Leone’, set di tanti film delgrande regista, mai smantellato. All’interno,l’ufficio dello sceriffo, di fronte il patibolo per imalfattori, la stalla, il bar, la chiesa, alcune casetutte di legno.A guardia di quel set, intatto da decenni, straniindividui, mezzi ubriachi, cinturone e pistole invita. Appena si varca la soglia, quegli straniindividui, attendono il segnale della colonnasonora di Morricone.Allora si alzano, barcollanti, tirano fuori lapistola in atteggiamento minaccioso, e attaccanoper la gioia dei numerosi turisti che ogni giornolo visitano, a girare - registi di se stessi -l’ennesimo western, con la musica di EnnioMorricone. Musica da Oscar! P.A.

SOMMARIO Sommario - 5

MUSIC@MUSIC@MUSIC@MUSIC@MUSIC@Bimestrale di musica. Anno II N. 2 marzo-aprile 2007Bimestrale di musica. Anno II N. 2 marzo-aprile 2007Bimestrale di musica. Anno II N. 2 marzo-aprile 2007Bimestrale di musica. Anno II N. 2 marzo-aprile 2007Bimestrale di musica. Anno II N. 2 marzo-aprile 2007

Conservatorio di Musica ‘A. Casella’ L’AquilaConservatorio di Musica ‘A. Casella’ L’AquilaConservatorio di Musica ‘A. Casella’ L’AquilaConservatorio di Musica ‘A. Casella’ L’AquilaConservatorio di Musica ‘A. Casella’ L’Aquila

e-mail: e-mail: e-mail: e-mail: e-mail: [email protected]@[email protected]@[email protected]

SOMMARIO

3. Editoriale. I numeri parlanodi Pietro Acquafredda

4. Primo piano Ennio MorriconePremio Oscar alla carriera

5. Calendario. Marzo-Aprile Music@ consigliaa cura di Rosa Fanale

11. Copertina: Toscanini cinquant’anni dopoProfilo, dischi, casa natale, celebrazioni.di Umberto Padroni

17. Attualità. Il paese dove volavano gli aquiloniCampionario di anomalie, disfunzioni, interessiprivati e vizi pubblici italianidi Pietro Acquafredda

23. Rivelazioni. Dmitrij SciostakovicTutta la verità sul grande musicistadi Valeij Voskobojnikov

32. Inchieste. Io giurato, tu concorrenteLuci ed ombre dei concorsi musicalidi Enrica Di Bastiano

37. Saggi. Orfeo. E fu subito melodrammaI quattrocento anni dell’Orfeo di Monteverdidi Rinaldo Alessandrini

47.Libri, Dischi, DVD. Recensionidi Umberto Padroni e Pietro Acquafredda

49. Ultima pagina. Addio a Menottia cura della redazione

SOMMARIO6 - Calendario

MARZO - APRILEBOLOGNAAl Comunale (www.comunalebologna.it) il 18-20-22-24-27 marzo doppio spettacolo con“Arlecchino”, opera lirica di Ferruccio Busoni,diretta da David Alger, per la regia di Lucio Dalla,in coproduzione con il Teatro Rossini di Lugo eWexford Opera, e “Pulcinella”, balletto di IgorStravinskj su temi di Giovan Battista Pergolesi.Interpreti per “Arlecchino”: Marco Alemanno,Sabrina Willej, Filippo Adami, MassimilianoGagliardo, Maurizio Lo Piccolo. Per “Pulcinella”:Sabrina Willej, Filippo Adami, Maurizio LoPiccolo, Alessandro Riga.Il 17-21-24-27-28-29 aprile “L’Italiana in Algeri” diGioacchino Rossini. Sul podio si alternano DonatoRenzetti e Michele Mariotti, regia scene e costumidi Dario Fo. Previsto un doppio cast: MariannaPizzolato/Daniela Pini, Marco Vinco/Simon Orfila,Maxim Mironov/Antonis Koroneos, Bruno DeSimone/Bruno Taddia.Per la stagione sinfonica, al Teatro Manzoni, il 20aprile alle ore 20,30 il pianista Benedetto Lupo conl’Orchestra e coro del Comunale diretti da SirNeville Marriner. Musiche di Pärt e Beethoven.CAGLIARIIn prima esecuzione assoluta in Italia il 27-29-30aprile e 2-4-5-6 Maggio, al Teatro Lirico(www.teatroliricodicagliari.it) “Gli Uccelli” diWalter Braunfels. Direttore Roberto Abbado, regiadi Giancarlo Cobelli, scene e costumi di MaurizioBalò. Doppio cast: Paer Lindsog/Lance Ryan,Giorgio Surian/Michael Leibundgut, Dilbèr/MariaLaura Martorana, Markus Werba/Fabio Previati,Boris Trajanov/Carmelo Corrado Caruso,Annamaria Dell’Oste/Teresa Di Bari.

Per la stagione sinfonica il 31 marzo il violinistaLeonidas Kavakos e il pianista Peter Nagy eseguonodi Dmitrij Šostakoviè “Sonata per violino epianoforte op. 134” e di Beethoven la “Sonata in solmaggiore per violino e pianoforte op. 96”.FERRARAAl Comunale (www.teatrocomunaleferrara.it) il 27 e29 aprile in scena “Attila” di Giuseppe Verdi. Sulpodio Will Humburg; regia scene e costumi di PierLuigi Pizzi. Interpreti: Michele Pertusi, RobertoServile, Dimitra Theodossiou, Walter Fraccaro,Giovanni Maini, Alberto Rota.Mercoledi 18 aprile il cembalista Ottaviano Dantonee l’orchestra Mozart per i “Concerti Brandeburghesi”di Bach. Sul podio Claudio Abbado.Lunedi 30 aprile il vincitore del concorso Chopin2005, Rafal Blechacz, debutta in Italia con unprogramma dedicato a Beethoven e Chopin.FIRENZEIl 70° Maggio Musicale Fiorentino(www.maggiofiorentino.com) prende il via il 24aprile con “Antigone” del composotore Ivan Fedele.La direzione è affidata a Michel Tabachnik, regia diMario Martone. Prima assoluta. Interpreti: MonicaBacelli, Chiara Taigi, Roberto Abbondanza, DaniloFormaggia. Repliche il 4-6 Maggio.Il calendario prosegue il 28-29 aprile con “Orfeo edEuridice” di Christoph W. Gluck in forma diconcerto, diretto da Riccardo Muti e interpretato daDaniela Barcellona e Julia Kleiter.Per la stagione sinfonica 2006/2007, due concerti. Il9-11 marzo Yuri Bashmet con l’Orchestra delMaggio Musicale (Mozart, Mendelssohn e Webe).Il23-25 marzo Jesús López-Cobos dirige l’Orchestrae il Coro del Maggio Musicale nella “Sinfonia in re

Luchino Visconti alla ScalaIl 2006 è stato l’anno del centenario della nascita e del trentennale della morte del grande regista Luchino Visconti. Perricordarlo, da marzo a settembre, si può visitare presso il Museo Teatrale alla Scala di Milano, a cinquant’anni esattidall’ultima volta in cui il regista curò proprio alla Scala la regia di tre opere, la mostra “Luchino Visconti alla Scala”.Costumi e bozzetti delle scenografie originali, documenti e video legati alle sette opere capolavoro messe in scena dalregista alla Scala: “Ifigenia in Tauride”, “Il Trovatore” “La Sonnambula”, “La Traviata”, “ “La Vestale”, Anna Bolena”,e il balletto “Mario e il mago”. La mostra, curata dalla nipote del regista, Cristina Gastel, è rivolta a chi, avendo apprezzatol’arte di Visconti, vuole rivivere quelle grandi emozioni ma anche a chi non ha avuto questa fortuna e desidera conoscerlo.Attrverso procedimenti sofisticatissimi infatti sono state ricostruite le scene sincronizzate con il sonoro originale perpermettere al visitatore di rivivere quelle storiche rappresentazioni.

SOMMARIO Calendario - 7

MUSIC@ CONSIGLIA

minore” di César Frank e nel “Requiem” di GabrielFauré. Solisti: Andrea Rost e Gabriel Suovanen.GENOVAIl 7-9-11 marzo al Teatro Carlo Felice(www.carlofelice.it) “Le Villi” di Giacomo Pucciniin versione semiscenica. Direttore Riccardo Frizza,interpreti Fiorenza Cedolins, Josè Cura, GabrieleViviani.Il 23-25-27-29 marzo e 1 aprile Diego Fasolis dirige“Giulio Cesare” di Georg F. Händel. Adattamento,regia, scene e costumi di Herbert Wernicke.Interpreti: Sonia Prina, Vittorio Prato, CarmelaRemigio, Laura Polverelli, Marina De Liso, MaxEmanuel Cencic, Mirco Palazzi, José Maria LoMonaco.MILANOL’1- 3-7-9-14-16 marzo al Teatro alla Scala(www.teatroallascala.org) ultime repliche di “LaFille du regiment” di Gaetano Donizetti. Diretta daYves Abel, la regia è di Franco Zeffrirelli. Ottimo ilcast: Désirée Rancatore/Nino Machaidze, FrancescaFranci, Anna Proclemer, Juan Diego Florez /ShalvaMukeria, Alessandro Corbelli/Vincenzo Taormina.Daniel Harding dirige “Salome” di Strauss il 6-8-10-11-13-15-18 marzo. La regia è di Luc Bondy.Doppio cast: Robert Brubaker/Peter Bronder, IrisVermillion, Nadja Michael/Nancy Gustafson, FalkStruckmann/Mark Steven Doss, Matthias Klink,Natela Nicoli.Il 20-21-22-23-24-25-29-30-31 marzo per la primavolta alla Scala, il balletto “La Dame aux Camelias”su musiche di Frédéric Chopin, coreografia diNeumeier. Sul podio Kevin Rhodes, al pianoforteRoberto Cominati. Étoiles: Alessandra Ferri eRoberto Bolle/Massimo Murru.Il 10-12-15-17-19-21-22 “Adriana Lecouvreur” diFrancesco Cilea. Dirige Stefano Ranzani per la regiadi Lamberto Puggelli. Protagonista Daniela Dessi,

che ha fatto dell’Adriana un suo cavallo di battaglia.Nel cast: Irene Cerboncini, Fabio Armiliato/MarioMalagnini, Luciana D’Intino/Anna Smirnova, CarloGuelfi, Franco Lufi.Il 23 aprile recital di canto del soprano MariellaDevia e del mezzosoprano Sonia Ganassi,accompagnate da Rosetta Cucchi.L’11 aprile i Solisti Veneti diretti da ClaudioSciamone (Cimarosa, Vivaldi, Mozart eBoccherini).All’Auditorium l’8-9-11 marzo György GyörivanyiRáth dirige Edipo a Colono (Oedipus in Kolonos)op. 93 di Felix Mendelssohn-Bartholdy. OrchestraVerdi in collaborazione con Unione Musicale diTorino, Teatro Stabile di Torino e ilSchauspielfrankfurt. Il 15-16-18 marzo Han-NaChang, violoncello e Giuseppe Grazioli, direttore, inBritten e Elgar.Il 3-4-6 aprile l’Orchestra Verdi diretta da PeterSchreier esegue la “Passione secondo Matteo(Passio D.N.J.C. secundum Matthaeum)” di JohannSebastian Bach. Solisti: Konrad Jarnot, Ute Selbig,Ulrike Helzel, Martin Homrich, Florian Boesch,Johannes Chum. Coro Sinfonico di MilanoGiuseppe Verdi diretto da Jais e Gambarini.NAPOLIAl Teatro San Carlo (www.teatrosancarlo.it)singolare accostamente il 15-16-17-18-20-22 marzo:“Cavalleria Rusticana” di Pietro Mascagni e “GianniSchicchi” di Giacomo Puccini. Sul podio GeorgePehlivanian, Roberto De Simone regista. Interpretiper “Cavalleria Rusticana” Zvetan Michailov/RenzoZulian, Alberto Mastromarino, Sonia Zaramella,Elisabete Matos. Per “Gianni Schicchi”: Leo Nucci /Luca Salsi, Roberta Canzian, Cinzia De Mola,David Alegret/Salvatore Cordella, Antonio De Gobbi.Il 13-15-17-19-21 aprile va in scena “Elegia pergiovani amanti” di Hans Werner Henze. Dirige

Parma per ToscaniniIl 25 marzo, presso la Casa della Musica, presentazione del volume “Toscanini. Vita, Immagini, Ritratti” a cura di MarcoCapra, con testi di Gustavo Marchesi e Gaspare Nello Vetro.Il 7 aprile inaugurazione della mostra “La musica segreta di Arturo Toscanini”, proveniente da new York. In esposzionedipinti dell’ ‘800 e ‘900 facenti parte della collezione privata del Maestro ed ora di proprietà appartenenti al nipote Walfredo.In aprile verrà inoltre inaugurato un museo dedicato al “suono riprodotto”, percorso espositivo e didattico dedicato allastoria del suono e della musica dal fonografo di Edison ai giorni nostri.www.parmaitaly.com/eventi/toscanini.html, www.fondazione-toscanini.it/, www.vivatoscanini.it/

SOMMARIO

Jonathan Webb, regia scene e costumi sono di PierLuigi Pizzi. Cast: Andreas Schmidt, Alfred Muff,John Bellemer, Elizabeth Laurence, Ruth Rosique,Isolde Siebert.Il 2-3 aprile recital di Soile Isokoski, Soprano, BoSkovhus, Baritono, Marita Viitasalo, Pianoforte. Inprogramma Lieder di Hugo Wolf, dal “ItalienischesLiederbuch, nach Paul Hejse”.PALERMO“Porgy and Bess” di George Gershwin in forma diconcerto al Teatro Massimo (www.teatromassimo.it)il 27 e 28 marzo. Dirige Wayne Marshall. Interpreti:Daniel Washington, Maureen Braithwaite, KeeleWatson, Hyacinth Nicholls.Il 14-16-18-20-22-24 aprile, “Cavalleria Rusticana”di Pietro Mascagni e “Pagliacci” di RuggeroLeoncavallo. Dirige Maurizio Arena, regia diLorenzo Mariani. Cantano in “CavalleriaRusticana”: Mariana Pentcheva/Elisabetta Fiorillo,Katia Ballister/Sonia Zaramella, Carlo Ventre/Francesco Anile/Silvano Carroli, AlbertoMastromarino/ Vittorio Vitelli, Maria Josè Trullu.In “Pagliacci”: Amarilli Nizza/Susanna Branchini,Piero Giuliacci, Alberto Mastromarino/VittorioVitelli, Amedeo Moretti/Saverio Fiore, FabioPreviati/Luca Grassi.PARMAAll’Auditorium Niccolò Paganini(www.teatroregioparma.org), nell’ambito del‘Progetto Toscanini’, la Filarmonica ArturoToscanini diretta da Vladimir Jurowski esegue“Pastorale d’été” e Sinfonia n. 4 “DeliciaeBasilienses” di Artur Honegger e “Sinfonia n.1” op.68 di Johannes Brahms.Il 16-18-20 aprile, sempre nell’ambito del ‘ProgettoToscanini’, concerto del soprano Anna CaterinaAntonacci e dell’Orchestra del Teatro Regio direttida Bruno Bartoletti. In programma “La Pisanella” di

Ildebrando Pizzetti, “L’Apprendist Sorcier” di PaulDukas e “Les Nuits d’été” di Hector Berlioz.Al Teatro Regio, l’1-4-7-10-15 aprile, “Otello” diGiuseppe Verdi. Dirige Bruno Bartoletti, regia diJohn Cox. Nel cast: Vladimir Galouzine, MarcoVratogna, Blagoj Nakoski, Antonello Ceron, CarloCigni, Massimo Cavalletti, Armando Gabba, SvetlaVassileva, Giorgia Bertagni.PIACENZAIn prima esecuzione assoluta al Teatro Municipaledi Piacenza (www.teatricomunali.piacenza.it)“Titania” di Andrea Liberovici su libretto di GiorgioAlbertazzi. Interprete Ottavia Fusco.REGGIO EMILIA“Boris Godunov” di Modest Musorgskijnell’orchestrazione di Sciostakovic, al Teatro Valli(www.iteatri.re.it) il 3-4 marzo. Il nuovoallestimento, in esclusiva per l’Italia, è organizzatoda JUST IN TIME Art Management. DirigeDominique Rouits, la regia è di Dmitri Bertman.Interpreti sono: Alexander Kiselev/AlexeyTikhomirov, Ilya Ilin/Andrey Palamarchuk, MarinaKalinina/Anastasia Belukova, Vadim Zaplechny/Anatoly Ponomarev, Mikhail Davydov/PetroMorozov, Michael Nikanorov/Dmitry Skorikov,Dmitry Ponomarev/Nikolai Dorozhkin, KseniaViaznikova/Elena Ionova, Andrei Vylegzhanin/Sergei Toptygin.Il 15 aprile, sempre al Valli, Antonio Pappano dirigel’Orchestra di Santa Cecilia e Sayaka Shoji,violino.Musiche di Vacchi, Paganini e Beethoven.ROMADenso di appuntamenti interessanti il calendariodell’Accademia di Santa Cecilia(www.santacecilia.it). Il 10-12-13 marzo YuriTemirkanov dirige l’Orchestra dell’Accademia in unprogramma dedicato a Prokofiev, Ciajkovskij eBerlioz. Il 14 marzo recital del pianista Maurizio

8 - Calendario

La Traviata a RomaDopo sette anni di assenza torna all’Opera di Roma “La Traviata” di Giuseppe Verdi.Sul podio Gianluigi Gelmetti; regia di Franco Zeffirelli che a quest’opera ha dato e continua a dare grandi idee e trasportoemotivo (storica la sua “Traviata” con Maria Callas nel 1957 e splendido il film del 1982 con Teresa Stratas).Nel primo cast troviamo la bellissima quanto discussa coppia Angela Gheorghiu, Roberto Alagna.Lei, interprete eccellente ma bersagliata per alcuni suoi recenti “capricci” artistici, ha già interpretato più volte il personaggiodi Violetta immortalato anche in una splendida edizione in dvd realizzata al Covent Garden nel 1994.Lui, al centro della bufera per l’ abbandono durante la seconda recita della recente “Aida” scaligera, ha debuttato in Italianel ruolo di Alfredo nel 1993 sotto la direzione di Muti, offrendo una delle sue interpretazioni più riusciti.Del primo cast fa parte anche Renato Bruson, ormai collaudatissimo interprete di Germont padre.Merita una segnalazione l’Alfredo del secondo cast, Giuseppe Filianoti, giovane tenore italino, ascoltato recentementenel concerto di Capodanno della Fenice di Venezia trasmesso su Rai uno. Ottima voce e gusto del canto, Filianoti ha giàinterpretato il ruolo di Alfredo al Maggio Muicale Fiorentino, sotto la direzione di Zubin Metha, e simo sicuri che sarà unAlfredo da non perdere. Dal 20 aprile (dieci repliche).

SOMMARIO

Pollini, musiche di Schumann e Chopin. Il 16 marzoinvece è la volta del pianista Grigory Sokolov che siesibisce in un programma dedicato a Schumann eScriabin.Il 17-19-20 marzo l’Orchestra dell’AccademiaNazionale di Santa Cecilia, direttore YuriTemirkanov soprano Janice Chandler-Eteme,mezzosoprano Mihoko Fujimura per la “Sinfonia n.2 in do minore” di Mahler.Venerdi 23 marzo “Johannes-Passion” per soli, coroe orchestra di Johan S. Bach. Direttore FransBrüggen, Orchestra of the 18th Century, CappellaAmsterdam, solisti Markus Schäfer, ThomasOliemans, Marcel Beekman e Geert Smits.Venerdi 30 marzo i King’s Singers and Sarabandeseguono “Sacred Bridges”, dal Salterio di Ginevra(versione cristiana, ebraica e musulmana).Venerdi 13 aprile il violoncellista Mario Brunello e ilpianista Andrea Lucchesini in Brahms.

Venerdi 20 aprile Fabio Biondi dirige “EuropaGalante”, in un concerto dedicato a Vivaldi eTelemann.Il 21-23-24 aprile, in occasione del centenario dellamorte di Edvard Grieg, l’ Orchestra e Corodell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia diretta daVladimir Ashkenazy con i solisti Camilla Tilling,Sergei Leiferkus e Maddalena Crippa eseguono “PeerGynt”, musiche di scena per il dramma di Ibsen, pressol’Auditorium Parco della Musica.Al Teatro Costanzi (www.operaroma.it) l’ 8-9-10-11-13-14 marzo in scena il “Werther” di JulesMassenet. Direttore Alain Lombard, regista AlbertoFassini. Doppio cast: Giuseppe Filianoti/Park SungKyu, Beatrice Uria Monzon/Renata Lamanda,Yvette Bonner/Giselle Blanchard, Natale DeCarolis, Mario Luperi, Francesco Marcacci, GianLuca Ricci.

Calendario -9

“Gli Uccelli” di Braunfels. Prima italianaWalter Braunfels nato a Francoforte il 19 dicembre 1882 da Helen Spohr, nipote del compositore Louis Spohr, cominciòa comporre giovanissimo.Dopo il successo della sua prima opera “Prinzessin Brambilla”, si dedicò a “Gli uccelli” daAristofane, cui era interessato anche Hugo Wolf. “Die Vögel” andò in scena il 4 dicembre 1920 a Monaco ed ebbe 50rappresentazioni in due anni. Considerato ottimo musicista Braunfels ottenne incarichi di prestigio; contattato dal partitonazista per la composizione dell’inno ufficiale del partito ma rifiutò con decisione la proposta, egli cattolico e di origineebrea,. Per questo motivo le sue opere vennero messe al bando e non furono più eseguite in Germania se non alla fine delReich mentre il compositore andò in esilio volontario sul Lago di Costanza. Quando “Die Vögel” venne di nuovo eseguitain Germania, non ebbe il grande successo del debutto e cadde nel dimenticatoio. Ripresa, nell’ìapprezzamento generalenel 2004 a Ginevra, gode già di una registrazione Decca, diretta da Lothar Zagrosek. Il libretto, dello stesso Braunfels,segue la trama della commedia di Aristofane, tranne che nel finale. La musica di Braunfels presenta richiami a Wagner eallo Strauss dell’Arianna a Nasso; sperimentale senza essere atonale. Nel flusso continuo dell’opera, aperta da un prologostrumentale, è onnipresente il canto dell’Usignola. Ogni uccello ha un modo di cantare onomatopeico che ricorda il versodegli uccelli reali. Tre mondi, quello degli uomini, degli uccelli e degli dei, a confronto, in una tensione continua. ACagliari dal 27 aprile, direttore Roberto Abbado, regista Corbelli; fra i solisti Maria Laura Martorana.

SOMMARIO10 - Calendario

Prossimamente a Roma L’allievo dirige il maestro

Pappano e Barenboim. Chi conosce la storia professionale di Antonio Pappano, il direttore d’orchestra, non ancoracinquantenne, oggi fra i più richiesti e stimati, e dir ritorno da una trionfale tournée europea con l’Orchestra di SantaCecilia, sa già che ha lavorato a lungo come assistente a Bayreuth, di Daniel Barenboim, ancora negli anni in cui dadirettore musicale, era a capo del Teatro La Monnaie di Bruxelles. Ed ancor più sa come avvenne la conoscenza fra i due(lo racconta nei dettali un libro di prossima uscita presso Skirà, dedicato a Pappano, e curato da Pietro Acquafredda). OraPappano che con Barenboim ha mantenuto sempre rapporti di stima e di amicizia, ha chiesto al suo maestro di un tempo,di tornare a Roma a Santa Cecilia per un recital pianistico ma anche per farsi guidare dal suo celebre allievo. E Barenboim,in questi mesi spesso in Italia, alla Scala, e fra breve anche a Firenze, ha accettato di buon grado. Occasione da nonperdere per ascoltare due musicisti di razza. Prenotarsi!

Il 20-21-22-24-26-27-28-29 aprile e il 2-3 Maggio“La Traviata” di Giuseppe Verdi, Gelmettidirettore, regia Zeffirelli. Cantano AngelaGheorghiu/Alexia Vulgaridou/Anna Rita Taliento,Roberto Alagna/Giuseppe Filianoti, VittorioGrigolo/Renato Bruson, Paolo Coni/Dario Solari.Il 27-28-29-30-31 marzo e 1 aprile “Dedicato aStravinskij”. “Perséphone”, melodramma in treatti di André Gide, coreografia di MillicentHodson e regia di Beppe Menegatti. Con PamelaVilloresi, Carla Fracci, Mario Marozzi, ErisNezha, Riccardo di Cosmo. E “Le Sacre duPrintemps” coreografia di Millicent Hodsonricostruita dalla coreografia di Vaslav Nijinkij.Orchestra, Coro e Corpo di Ballo del Teatro,direttore Will Humburg.TORINOAl Teatro Regio (www.teatroregio.torino.it)“Cavalleria Rusticana” di Pietro Mascagni e“Oedipus Rex” di Igor Stravinskij. Dirige JaquesLecombe per la regia di Roberto Andò. Gliinterpreti per “Cavalleria Rusticana”: IldikoKomlosi/Eugenia Dundekova, Walter Fraccaro/Renzo Zulian, Lucio Gallo/Angelo Veccia, SilviaMazzoni, Rossana Rinaldi. Per “Oedipus Rex”:

John Uhlenhopp, Ildiko Komlosi/EugeniaDundekova, Lucio Gallo/Angelo Veccia, PetriLindroos, Mark Milhofer, Piero Terranova, MarcoBaliani (voce recitante).L’11-14-15(m)-17-18-20-22(m)-24 aprile“Tristano e Isotta” di Richard Wagner. Doppiocast di grande livello: John Treleaven/JohnUhlenhopp, Eva Johansson/Gabriele Maria Ronge,Kurt Rydl/Ethan Herschenfeld, Albert Dohmen/Ned Barth, Lioba Braun/Hermine May.VENEZIAAl Gran Teatro La Fenice (www.teatrolafenice.it)il 16-18-20-22-24 marzo “Francesca da Rimini” diSergej Rachmaninov su libretto di Modest IlyicCiaikovskij (fratello minore del compositore). Ilcast: Nikolai Putilin, Sergej Kunaev, Iano Tamar.Dirige Hubert Soudant.Il 20-21-22-24-26-27-28-29 aprile “La Traviata”di Giuseppe Verdi, rappresentata per la primavolta proprio al Teatro La Fenice il 6 marzo 1853.Dirige Paolo Arrivabeni, la regia è di RobertCarsen. Il cast: Norah Amsellem/Luz del Alba/Maria Luigi Borsi, Dario Schmunck/AlfredoNigro, Vladimir Stoyanov/Damiano Salerno,Silvia Pasini, Elisabetta Martorana, Iorio Zennaro.

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La sua eredità a 50 anni dalla morte

Toscanini vive!Viva Toscanini!

Toscanini è l’unico interprete al quale vengono tributati onori molto simili aigrandi compositori. E una ragione c’è. E’ il fondatore della moderna direzioned’orchestra, e dell’ ancor più importante moderna concezione del fare musica.

di Umberto Padroni

Il 16 gennaio di cinquant’anni fa si spegneva aRiverdale, New York, la vita gloriosa di ArturoToscanini, il musicista che incarnò per primo e

meglio i valori della moderna direzione d’orchestrae di una moderna integrale concezione del fare musica.Egli portò agli uomini l’esaltante conforto dellamusica e donò alla storia il miracolo dell’arte nelcorso di una prodigiosa carriera di successi di quasi

cinquantanove anni, dal 30 giugno 1886, quandodiciannovenne diresse a memoria, in condizioniromanzesche, a Rio de Janeiro, Aida di Verdi, al 4aprile 1954, la domenica dell’ultimo concerto sulpodio della sua orchestra, la NBC Symphony, allaCarnegie Hall di New York. Questi cinquantanoveanni sono ormai consegnati alla storia, e su ArturoToscanini e sulla sua attività esiste oggi, e si

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incrementa incessantemente, come un segnale divitalità, una letteratura che nel mondodell’esecuzione musicale non hal’eguale.La presenza di Toscanini è statagenialmente risolutiva esistematrice nel teatrod’opera: Sette, Otto eNovecento storico, e lasua opera ha aperto vienuove alla lettura delgrande repertoriosinfonico. Il massimodirettore del mondomusicale moderno ebbealle spalle l’esperienzamaturata - in epocaantecedente e ad altre latitudinie in ben altro clima culturale -nello sviluppo del romanticismomusicale tedesco, ma egli ha avviatoe condotto a termine autonomamenteun processo di innovazione della prassiesecutiva e una nuova valorizzazionemusicale del testo che è stato di esempio atutti i direttori delle ulteriori generazionifino ai nostri poveri giorni; e anche il mondodel canto e il mondo strumentale solistico haguardato a lui con acuto interesse, informandoall’integrità ed al rigore della sua concezioneesecutiva l’arte della ricreazione sonora dellapagina. Insomma, quello di Arturo Toscanini fuun ruolo fondante.Nell’opera di Toscanini, ai meriti artistici si èsempre accompagnato, fin dagli esordi, unindiscusso successo. Egli è stato guida eprotagonista di un’evoluzione, come si diceva, nellaprassi esecutiva e nel costume dell’ascolto, che nonha confronti: occorre tenere sempre presente chenell’ultimo decennio dell’Ottocento, quando ilmaestro parmense gettava le basi della propriaaffermazione, tutti i direttori di rilievo che hannopopolato la prima metà del Novecento e oltre, di cuil’appassionato ha conoscenza diretta o di primamano, o erano in fasce o il mondo attendeva ancorala loro nascita.Il musicofilo d’oggigiorno, che deve fermarsi allaconsultazione delle testimonianze discografiche,numerose ma scarne e avare di suono, della suaarte, spesso si interroga sulle ragioni di un cosìsmagliante successo - di pubblico e di critica,soprattutto in un’epoca in cui gli strumentidell’organizzazione mediatica non erano ancoraaffinati e pianificati - che il galvanizzantemagnetismo della personalità toscaniniana non è

sufficiente a spiegare. E alloraperiodicamente si tenta di

scoprire le ragioni deltripudio che

immancabilmenteaccoglieva lerappresentazioniteatrali, masoprattutto i concertiche il Maestroinstancabilmente,

generosamente -non si contano le

serate offerte abeneficio dicasse mutue

orchestrali e dialtre istituzioni - ha

diretto, con ampiezzadi repertorio, nel mondo

civile.Nella realizzazione

concertistica la direzionedi Toscanini non prevedeva

quelle che si possonodefinire scenografie sonore;

egli vitalizzava le partiturenella loro integrità ed

essenzialità testuale con ildisegno probo e preciso del

f r a s e g g i o che tutti conoscono dal disco; lascelta dei tempi - oggetto di infiniti ma superficialicommenti - era intuitivamente rapportata al pulsaresegreto del flusso musicale, e l’architettura formalefioriva e si definiva con l’eleganza e la naturalezzadi un cristallo, o, per rimanere nel novero del lavorodell’uomo, con la scientificità del taglio deldiamante. Ma ancora una volta questo non basta aspiegare compiutamente l’ardente accoglienzasempre riservata a questo artista, a quest’uomostraordinario che si è sempre tenuto lontano, comeconcordemente affermano i suoi biografi, damaneggi divistici.Tra i capitoli dell’arte di Toscanini figura però unimportante parametro, che purtroppo non è datovalutare oggi se non grazie a qualche testimonianzaverbale, e che è quello legato al suono: quel suonoche le orchestre, disposte intorno al podio,sollecitate dalla lunga bacchetta e da un gestomodesto quanto eloquente, producevano con unaricchezza davvero inaudita: ricchezza di corpo, e diarmonici, e di smalto; è troppo facile parlare dimagia; oggi si sa che lo spessore e la trasparenza delsuono era ottenuta con un’artigianalità maieuticageniale, strutturata e nobilitata con personale

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sagacia. Si trattava di un suono oggi probabilmentenon riproducibile - il solo riferimento legittimo chesi possa tentare è ai Münchner Philharmoniker sottoil regno di Celibidache, elaboratore di un propriopersonale processo creativo - infatti il suono cheToscanini traeva dall’orchestra era l’anima e la linfache dava vita nuova alla pagina: numerosi eranocoloro che al termine di un suo concertoconfessavano di avere colto la nuova fisionomia diun’opera, e ammettevano di avere udito unasinfonia, notissima, per la prima volta.Di Toscanini si conoscono da qualche anno tutte le

ha informato i modi fondamentali e, globalmente, lospirito dell’esecuzione musicale - orchestrale eanche solistica, strumentale e vocale - dagli annidella sua folgorante affermazione, ai nostri poverigiorni.Dagli esordi l’ascesa è stata rapidissima, in praticaun’esplosione: nel 1886 diresse la prima di Edmeadi Catalani; il 5 febbraio 1887 era 2° violoncelloalla prima scaligera di Otello alla presenza di Verdi;1892, la prima di Pagliacci di Leoncavallo; 1895,direttore musicale al Regio di Torino e primaproduzione italiana del Crepuscolo degli dei di

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Non celebrare ToscaniniQuando il mondo intero- fatto davvero molto raro - celebra un interprete, a cinquat’anni dalla morte - l’Italia mostra lasua faccia vera, quella di una nazione di dilettanti, dove in musica tutti si sentono autorizzati ad aprir bocca. Fioccano iComitati celebrativi, in essi siedono persone di ogni genere, compresi prelati, militari e soubrettes ma neanche un musicistae nessun direttore d’orchestra; si formulano calendari di iniziative, si aprono siti internet ad hoc (ma se ti arrischi diaprirli sei preso dallo sconforto per la sciatteria e la pochezza dei contenuti) ecc…. Il comitato più altisonante(internazionale, perché?) ma il più dilettantesco, addirittura impresentabile, nei membri e nelle iniziative è quello presiedutoda Vlad – si sono privilegiati, in questa occasione, i meriti anagrafici? – dove gode un’ottima posizione lo storicoMelograni; il quale, per aver fatto un corso accelerato su Toscanini come già su Mozart, è riuscito a scalzare l’unico verostudioso del grande direttore che è Harvey Sachs (naturalmente escluso da tutti i comitati). Alla Scala le celebrazionisono affidate alla bacchetta di Barenboim, a Parma a quella di kazushi Ono (ma i grandi direttori italiani che fanno,dormono o hanno deciso di espatriare?). Anticipando lo scialbo concerto celebrativo diretto da Gelmetti (per il Comitatointernazionale!), s’è consentito al presidente Napoletano di disertare Roma e di essere a Milano, alla Scala, ad ascoltarel’unico concerto degno di celebrare il grande direttore italiano P.A.

lettere disponibili: esse definiscono - come dice lanipote Emanuela Castelbarco, instancabile,insostituibile custode di memorie e animatrice diproposte - “un uomo infelice, sempre in cerca dellaperfezione”; egli, come è noto, non lasciò testiteoretici e non ebbe scuole; la sua pedagogia e lasua cultura erano nel vivo rapporto, di pragmaticafisicità, con la musica; e nelle eloquenti proved’orchestra oggi fortunatamente disponibili, ilvigoroso creativo Maestro non illustrava ma vivevacon i suoi orchestrali, chiamati individualmente asuonare bene, la propria cultura del suono: parlavacon i suoi musicisti, artisti dello strumento, etalvolta aspramente, solo di musica, e comeottenerla: niente letteratura, niente filosofia opoesia, ma colpi d’arco, accenti, legature, durate,intonazione e quant’altro. Ma sempre di musica, espesso con la disarmante sollecitazione alla bellezzadel suono...Di Arturo Toscanini perciò si continua a parlare. Edè bello e opportuno continuare ad ascoltarlo perriflettere sull’opera del fondatore della modernadirezione d’orchestra.È legittimo affermare, lungi dalla facile retorica, cheToscanini sia ancora vivo e operante: il suo lascito

Wagner; 1896, la prima di La bohème di Puccini;1898, la nomina a Direttore musicale alla Scala. Poi,l’uomo che ha dato un volto nuovo alla musica delsuo secolo, ha onorato il teatro musicale e ilrepertorio sinfonico con successi senza precedenti,galvanizzando i pubblici di tutto il mondo, fino allaproposta - lasciate le capitali europee infestate dalnazifascismo che mirava alla guerra - del colossostatunitense NBC-RCAMezzo secolo dalla morte. Le iniziative nonmancheranno, e sarà come ammirare nuovamente lasolida autenticità, la virtuosa immagine dellamusica. Intanto, l’editore inglese Testament haaffondato nel giacimento statunitense della NBCfacendo affiorare esecuzioni praticamente ignorate.Toscanini nei sedici anni abbondanti dicollaborazione con la NBC Symphony aveva direttoopere mirate alla pubblicazione; numerosissimealtre, non approvate in vita, vennero conosciute, perdiverse iniziative, dopo la sua morte: egli, nellecentinaia di concerti domenicali pomeridiani, avevarealizzato un repertorio vastissimo; nel quadro dellasua intensa attività molte pagine furono riprese piùvolte a distanza di tempo, e oggi è di sicurointeresse udirle, e, quando possibile, raffrontarle,

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non fosse altro che per ridicolizzare le banalitàcircolate sulla “rigidità” della lettura toscaniniana.Sono pochi, e in numero sempre minore ormai, gliappassionati che possono affermare di averepresenziato a un concerto di Toscanini: l’ultima suacomparsa in Italia - nel dopoguerra qui ha direttosolo l’orchestra della Scala - è del 19 settembre1952; era l’ultimo di quindici concerti, realizzatiquasi tutti a Milano, dove l’11 maggio 1946, a unanno preciso dall’ingresso delle truppe alleate nellacittà disastrata, Toscanini inaugurò “la ricostruitasala del Teatro”; solo due concerti furono eseguiti,qualche mese dopo, fuori Milano, al Festival diLucerna 1946, e uno al Festival di Venezia del 1949.Il ricordo di chi abbia assistito a un concerto diToscanini a mezzo secolo di distanza èinevitabilmente sbiadito, a prescindere dalla forteimpressione lasciata dall’episodio, e avere oggi adisposizione documenti attendibili del suo faremusica è una circostanza davvero fortunata efrancamente inattesa. Il recupero del suonotoscaniniano - corpo e colore, profondità etrasparenza - è quanto mancava, di buono, alleconquiste tecnologiche del secolo che se ne staandando, nel campo della ricostruzione sonora. Ilpubblico che s’era rassegnato, con qualcherincrescimento e con parecchie riserve, al suonomagro e secco ottenuto dai nastri originali troppoparzialmente interrogati, oggi ha la prova chel’orchestra di Toscanini - la NBC Symphony, purduttile, scattante, sensibile e precisa - era strutturatain modo da offrire anche una ampiezza di suono da

competere con altre orchestre di più nobiletradizione. Evidentemente era con la magia di unainimitabile e pur artigianale concertazione cheToscanini quella generosità di suono che arricchival’abbagliante brillantezza dell’eloquio; il suo gestoevocava sempre un fraseggio avvincente, terso esostenuto; le leggerezze della partitura sicangiavano in trasparenze luminose piene difascino, quindi di attesa. I recenti dischi RCA(BMG) fanno giustizia di tanto annosa “reticenza”tecnologica e provano quanto il carisma, e ilsuccesso di Toscanini - tuttora ineguagliati,malgrado gli indiscutibili meriti dei maggioriprotagonisti nella difficile arte della direzione -abbiano avuto ragioni e fondatezza.Dalle cronache - che stanno diventando storia - e daidocumenti sonori, così efficacemente resuscitati, sicoglie infatti la singolare fortuna del grandissimodirettore italiano, che nessun silenzio interessato, ogli attacchi di qualche teorico ideologizzato,dispeptico e menagramo, hanno mai potuto anchepoco oscurare.La lussuosa e risarcitoria riproposta della RCA,tratta dal ricchissimo patrimonio accumulato nelcorso di una trentennio abbondante, si apre algrande repertorio: Beethoven (le nove Sinfonie e laMissa Solemnis), Brahms (le quattro Sinfonie),Schubert, Mendelssohn, Mozart, Haydn, Schumann,Dvoràk, due scelte (francese e italiana) e infineFalstaff e Requiem di Verdi, il padre, e un repertoriosinfonico di Wagner, il grande amore, con la NBCSymphony degli ultimi anni.

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I dischi: RCA, Testament, IDIS, Living Era

Al suono, e alla luce, dei 3 CD(RCA88697023312) che raccolgono tutte leregistrazioni di Arturo Toscanini attivo sul

podio della Philadelphia Orchestra, a suo tempopubblicate dalla Victor sulla brillante superficie deipesanti, matericamente fascinosi, gloriosi 78 r.p.m.,emerge ancora una volta come ogni vibrazionesonora suscitata dal gesto del grande direttoreitaliano sia entrata a piè pari, fortunatamente e contutti i meriti, nella storia.Queste letture si confermano importanti intanto perla solare classicità e la vivida urgenza come sempre,ma soprattutto per la rotonda bellezza del disegno,per la aristocratica realtà sonora ottenuta dallacollaborazione di questa grande orchestra (la suaNBC Symphony, pur composta da strumentisti

mediamente di altissimo calibro, stupefacente perefficacia e anche per virtuosismo sinfonico, non hamai avuto, forse per la relativamente breve storiadell’insieme, lo spessore organico della caraturasinfonica) e importanti anche per la riproposta sulmercato di realizzazioni certamente già note ma,data la politica produttiva in questo settoredell’industria culturale, da anni scomparse o difficilida reperire. Corollario: è bene affermare subito chequi l’aspetto sonoro è sorprendente, e radicalmentemigliore - quanto meno per il dettaglio, laprofondità, l’eliminazione di rumori di fondo - diquello, già rispettabile, della proposta della BMG dioltre tre lustri fa.Il corpus delle registrazioni, seducente e vario,comprende opere assai integrate nel repertorio del

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Maestro: Schubert, Sinfonian.9 “la Grande”; R.Strauss,Morte e trasfigurazione;Debussy, La mer e Ibéria(Images, n.2); Respighi,Feste romane; Berlioz, Laregina Mab, Scherzo daRoméo et Juliette;Mendelssohn, Sogno di unanotte di mezza estate, settenumeri dalle Musiche discena; Ciajkovskij, Sinfonian.6, “Patetica”: un segno delparticolare interesse che eglinutriva per esse; chi abbiadimestichezza con leesecuzioni ad opera dellaNBC Symphony, noterà lasostanziale differenzaderivante dal respiro e dallasontuosità del suono diquesta mirabile Philadelphia;fondata da quarant’anni eallevata e guidata per oltreventicinque anni da un magodel suono come LeopoldStokowski, nel 1941 aveva dacinque anni come direttorestabile il quarantunenneEugène Ormandy, il quale avrebbe calcato il podiofino al 1980. Toscanini, che era sui settantacinqueanni, godeva negli USA del massimo credito e dellapiù ampia popolarità nel mondo della musica e nonsolo: era un uomo pubblico cui tutti guardavano congrande stima per la sua risolutezza politica e la suaprobità civile; ma in una società libera e competitivacome quella statunitense nulla è definitivo econsolidato: anche l’attività del Maestro nonscivolava su binari rettilinei, e il suo staff cercavaincessantemente opportunità, scambi, occasioni,confronti, tenendo conto della presenza sulla piazzadi calibri di non poco conto: una dinamica nontranquilla che se vedeva generalmente Toscanini inuna collocazione dominante, aveva peraltro i suoicosti; Joseph Horowitz dedica a questi aspetti moltepagine del suo documentatissimo Toscanini eracconta, ad esempio, dello scambio di ospitalità traStokowski e Toscanini: il tutto sotto i calcolatiauspici della RCA Victor.Questi CD, con il loro miracoloso recupero disonorità dai supporti originali di oltre sessant’annifa, avvicinano ulteriormente i posteri alle ragionidel successo, mai eguagliato, di Toscanini: di criticae di pubblico; successo dovuto tanto all’intuizionedelle scelte artistiche globali, quanto alla

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galvanizzante magia del suono che egli sapeva trarrecon superiore arte maieutica nell’inveramento delpentagramma che oggi è possibile solo intrasentiregrazie all’evoluzione tecnologica che restituisce unveridico ectoplasma sonoro dell’originale. Che èmolto, e che può indurre a comprendere.Testament ha pubblicato un primo set di otto CD, e,in DVD, le già note riprese televisive, cosìsignificative, di alcuni concerti: ma sull’immaginedi Toscanini operante sul podio si tornerà più avanti;intanto si segnala al musicofilo un bell’elenco diesecuzioni inedite: un CD wagneriano - a WagnerToscanini dedicò il suo ultimo concerto scaligeronel 1952, e l’ultimo concerto della vita - includel’Ouverture da L’Olandese volante, la versioneoriginale del Preludio all’Atto terzo di Tannhäuser euna singolare sintesi sinfonica di quasi cinquantaminuti di Parsifal. I romantici: Mendelssohn, Lagrotta di Fingal e la Sinfonia n.3 “Scozzese” in unaesecuzione elettrizzante, e Schumann, Sinfonia n.2sono riuniti in un CD assai organico. A Schubert èdedicato un CD che raccoglie una elegante eluminosa direzione della Sinfonia n.2 e il Gran Duoin do magg. per pianoforte a quattro mani D 812,nell’insolita trascrizione per orchestra (1856) diJoachim. Un repertorio di notevole interesse, come

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si vede, anche al di là della pregnante presenza sulpodio di Tocanini.IDIS offre una recentissima occasione preziosa diriandare all’arte di Arturo Toscanini è offerta daidue CD IDIS 6500/01 che propongono la Sinfonian.6, “Patetica” di Piotr Ilyic Ciajkovskij, ripresadal penultimo concerto newyorkese, 21 marzo1954 - si tratta di una esecuzione di alta plasticità,praticamente inedita -, e il programma wagnerianocon pagine da Lohengrin, Siegfried, Il crepuscolodegli dei, Tannhäuser e da I maestri cantori diNorimberga, che ha concluso, nel nomedell’adorato compositore tedesco, la sua carriera.Si tratta di un autentico pezzo di storia, di unatestimonianza amara, carica di emozione, i cuisignificati vanno ben al di là della meraesecuzione dei brani. Nel Baccanale che seguel’Ouverture di Tannhäuser, si verificò il notodoloroso incidente - un momento di smarrimentodel vecchio Maestro - che costrinse l’annunciatoredella radiotrasmissione domenicale pomeridiana“in diretta”, a coprire, con una messa in onda diripiego, le incertezze dell’orchestra. Nel CD dellaIDIS s’è provveduto a un aggiustamento e ilmomento di difficoltà scompare; esso è invecepresente nel vecchio LP della CLS.Living Era, infine, ci ripropone del grandedirettore l’approccio a Beethoven. ArturoToscanini lo siglò in occasione del suo esordio

concertistico a Milano, nella primavera del 1896 -due mesi dopo avere diretto la prima di Bohème aTorino - quando il 3 maggio diresse, nel corso delsuo secondo concerto sinfonico alla Scala, laSinfonia n.1. Secondo le cronache il teatro eraesaurito e il successo fu entusiastico. Cominciòallora, a Milano, una vicenda che per oltre mezzosecolo legò Toscanini a Beethoven. Un rapporto chefu nel tempo analizzato e variamente commentato -l’opera di colui che molti definiscono il maggiorecompositore del mondo moderno si apre ovviamentea molteplici letture - ma che solo pochi malevolisordastri ideologizzati hanno trattatosbrigativamente; in realtà la realizzazione sonoradelle Sinfonie di Beethoven è un capitolo assaiimportante del pensiero e dell’arte toscaniniana: davalutare forse proprio alla luce dei confronti che sipossono stabilire sul ricco scenario dell’esecuzionesinfonica del ‘900 e che non sono materia d’oggi,qui. Ora le due grandi Sinfonie appaiono inesemplari esecuzioni newyorkesi del secondo annodi esistenza della NBC Symphony (1939); essefurono celebri un tempo grazie ai pesanti, rivelatori78 giri e oggi ricompaiono in sonoritàaccettabilissime, convincenti, e confermano larigorosa idea esecutiva dello storico direttore intutta l’urgenza della sua espressività, in unaconcezione di generosa arditezza, nutrita diautentica, vissuta creatività.

Museo Toscanini nella casa natale a ParmaIl 25 marzo del 1867 Arturo Toscanini nasceva nella casa, al numero 13 di quello che allora si chiamava Borgo SanGiacomo. Era la Parma dell’Oltretorrente: popolare, amante della musica, soprattutto operistica, fiera di carattere fiero epoliticamente irrequieta, patriottica se non nazionalista, povera, operaia. A questa Parma, al suo carattere forte e ancheun po’ ribelle che così profondamente influì sulla formazione del suo carattere, Toscanini rimase per sempre legato. Lasua casa natale, acquistata dai suoi discendenti e nel 1967 donata al Comune di Parma affinché ne facesse un museoaperto al pubblico ricco dei documenti storici, delle immagini, degli oggetti di cui la famiglia Toscanini avevagenerosamente voluto dotarla, si è riaperta in occasione del 50° anniversario della morte del Maestro, il 16 gennaio del2007, in una veste rinnovata dal punto di vista strutturale e con un riassetto del suo aspetto museale.Gli interventi strutturali hanno reso il Museo ‘Casa natale’ fruibile a tutte le fasce di pubblico, e ai documenti espostisono garantite le migliori condizioni di conservazione.Per mantenere le caratteristiche della Casa natale, si è inoltre cercato, per quanto possibile, di recuperare i materialioriginali o di utilizzare quelli d’epoca, in modo da preservare la fisionomia storica dell’edificio.Per il riassetto del Museo, basandosi principalmente sul lascito della famiglia Toscanini è stato studiato un percorso cheoffre ai visitatori la possibilità di conoscere in modo organico il più grande dei direttori d’orchestra. In questo percorso,ogni stanza illustra un tema: “Parma e Toscanini”, “La sua vita”, “L’immagine del mito”, “I suoi compagni di viaggio”,“Toscanini, il disco e gli altri media”, mentre due altri spazi si intitolano “Gli anni della Scala” e “ Altri ricordi…”. Unviaggio per il quale si è anche ricorso all’utilizzo degli strumenti che la tecnologia e la metodologia museale di oggioffrono – ipertesti, montaggi d’immagini, video - allargando così le pareti di queste stanze su un panorama più ampio diquello dato dai soli documenti esposti.Temi e strumenti per tracciare - informando, ma anche emozionando - una sorta di viaggio intorno e dentro la vita el’opera di un musicista e di un uomo che ha saputo segnare come pochi altri il tempo in cui è vissuto.

Vincenzo Raffaele Segreto

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Il paese dove volavanogli aquiloni

di Pietro Acquafredda

Sull’Italia della Musica oggi vola basso l’interesse dello Stato, nonostante iproclami, le assicurazioni, le promesse. Pesano anche le ristrettezze

economiche, e crescono gli imbrogli, le irregolarità, e si fanno strada i dilettanti.Abbiamo provato a elencare alcune delle tante disfunzioni,

in semplice ordine alfabetico.

Campionario di anomalie, disfunzioni, interessi privati e vizi pubblici

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ARCUS SPA. Società costituita dai Ministeri per iBeni e le Attività Culturali, e delle Infrastrutture,che all’epoca faceva capo al ministro Lunardi diParma, allo scopo di trovare le risorse da destinare aprogetti di particolare interesse nel campo dei beniculturali, musica inclusa. Destinataria di particolareattenzione da parte di Arcus, all’epoca, era Parma ele sue istituzioni musicali. Quando Lunardi lasciò ilsuo dicastero e Buttiglione il suo, i nuovi inquilinidei palazzi romani misero un freno e, in attesa diindirizzare altrove il flusso dei finanziamentispeciali, vollero vederci chiaro. Rutelli hacommissariato la società, mettendola nelle mani diPaolo Baratta, ex ministro, ex presidente dellaBiennale ecc.. Tra i beneficiari di un tempo e nonpiù di oggi c’era anche Gianni Baratta, allora a capodella Fondazione Toscanini, dalla quale poi si èdefinitivamente separato, andando a costituireun’altra fondazione per la Symphonica Toscanini,affidata alla direzione di Lorin Maazel. Dopol’uscita di scena di Paolo Baratta dalla Biennale,l’allora sottosegretario Sgarbi andava dicendo cheera sua intenzione non sostituire del tutto Baratta,perché via Baratta Paolo, anni 65, vi arrivavaBaratta Gianni, anni 59. Scherzava naturalmente,ma la sostituzione ci fu con altro soggetto, e i dueBaratta se la presero in saccoccia, specie il Paolo. Ilquale ora, da commissario dell’Arcus, sicuramentesi vendicherà del Baratta Gianni, non dando neppureuna lira alla sua nuova creatura, laSymphonica Toscanini. Il ministro Rutelli hacominciato ad allargare i cordoni della borsa:due milioni di Euro al Teatro del maggio diFirenze. Perchè? I fiorentini sarannocontenti! Il sindaco Domenica, no, perché sene aspettava 30 di milioni di Euro!ASSISTENTE. Si scrive assistente, si leggeagenzia. Oggi un agente è forse una dellepoche persone in grado di creare odistruggere una carriera che non ha da sénumeri e forza per crescere. Come? L’agentepropone, anzi impone, ad un suo direttore difama (e di potere), che si prenda unassistente, semplicemente per non affaticarsie godersi finalmente la vita. Il direttore dinome apprezza la squisita attenzione del suo agentee gli domanda: ma io non conosco un giovane divalore. E’ la domanda che l’agente si attendeva. Cipenso io maestro, mi faccia riflettere qualchegiorno, fa l’agente. Le proporrò il numero uno deigiovani direttori. E infatti glielo propone il numerouno, ma spesso lo estrae dalla lista degli scartini. Ildirettore di nome, non sa dire di no al suo agentetanto premuroso, e prende con sé il giovane

assistente. E se il direttore di fama si accorge chenon è quel bravo direttore che l’agente gli avevaassicurato, chi glielo dice all’agente, e come fareper liberarsi del giovane assistente? Studia, allora,con il suo agente un posto di direttore stabile esemistabile o ospite presso un’istituzione minore, lotrova. E lui, il giovane direttore ha ormai nel suocurriculum scritto, assistente di…. Dicitura chemolti leggono come ‘ garantito da…’ – e leconseguenze di tali mercimoni sono sotto gli occhidi tutti. Si fa fatica a pensare come direttori divaglia abbiano potuto avere al loro fianco e poispingere mediocri direttorini, incapaci ed inesperti.AVANGUARDIA. “Che ci sia ciascun lo dice,quale sia nessun lo sa”. Vi appartenevano, un tempo,compositori, con annesso drappello di esecutorispecialisti, che parlavano una lingua musicalesconosciuta ai più, con la quale solitamente -esclusovi tassativamente il pubblico - comunicavanotra loro, con godimento grande. Oggi l’avanguardiasi è afflosciata quasi completamente, non ha piùneppure una lingua comune, e quella sparutaminoranza ancora arzilla, ci ha pensato il ministeroa stenderla a terra, riducendola alla fame. Unoscienziato, con l’avallo di un noto compositore/musicologo, ha sentenziato che l’avanguardia era unimbroglio e che era destinata a morire, perchéandava contro le stesse leggi fisiche della nostrafacoltà uditiva.CAPITALE. Non di Marx, ma della nazione. Nel

nostro caso: Roma, metropoli che hafinalmente uno statuto da ‘capitale’ dellanazione; glielo ha concesso l’attuale governoe Veltroni ancora gongola. La stessa capitalesi appresta a vivere una qualchetrasformazione, forse un sommovimento incampo musicale. Innanzituttoprossimamente, la nuova SymphonicaToscanini guidata da Maazel debutteràall’Auditorium Pio – in aprile! – con tutte leSinfonie di Beethoven; e la presenzadell’orchestra toscaniniana a Roma saràsempre più frequente, avendo essa eletta lacapitale a sua ‘residenza’ italiana. Ma aRoma si appresta a sbarcare, fra un anno

circa, Riccardo Muti che dirigerà all’Opera diRoma, alla fine del grigio mandato di Gelmetti,nonostante i toni trionfalistici dei bilanci in ordine -ottimo risultato economico. D’ora in avantil’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia che conla guida di Pappano ha trovato la più felicecombinazione possibile, in crescita continua,tournée, dischi, non lavorerà più in regime di quasi‘monopolio’, ma avrà da contendersi il primato dimigliore orchestra della capitale con le altre

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agguerrite sorelle. Nel frattempo, due orchestre,attive stabilmente a Roma, quella cosiddetta di‘Roma e del Lazio’ e quella della Cassa diRisparmio, continuano nella loro routine, dallaquale non sembrano neppure intenzionate ad uscire.COMITATO, COMMISSIONE, TAVOLO.Sinonimi usati per indicare un consesso di personeche discute mangiando. In Italia ce ne sono semprestati, in numero eccessivo, tanto che un celebregiornalista aveva chiesto pubblicamente che non sepromuovessero altri in futuro e si chiudessero, perlegge, quelli esistenti. Che poi sarebbero: ComitatoPuccini, Comitato Boccheirni, Comitati (più d’uno)Toscanini; ma anche a maggior ragione:il Comitatoper la Commissione sui Tavoli; la Commissione peril Comitato del Tavolo; il Tavolo di Commissioneper i Comitati. Il ministro Rutelli, che non manca difantasia, ne ha imbandito uno di tavolo, con sedutadi un comitato di commissione per esaminare tuttele leggi che sono in contrasto fra loro. Ma nonfaceva prima ad abolire quelle che già si sa sono inevidente contrasto con altre, come quella dell’ Iva al20 % sugli spettacoli lirici, mentre per i concerti è al10%, e solo per una svista del legislatore, colpa unpunto e virgola di troppo? Ultimissime daRutelli.Ancora una commissione per esaminarequali beni culturali, non immobili, vanno salvati.State tranquilli: ‘Volare’ e ‘Fin che la barca va’saranno protette.DIRETTORE ARTISTICO. Chiamavasi così untempo il musicista considerato primo e veroartefice della vita di un teatro o istituzionemusicale; era affiancato da unamministrativo, una specie di direttoregenerale dell’ente, chiamato ancheSovrintendente. Sovrintendeva a tutti ilSovrintendente, ma non al direttore artisticodi una volta. Poi il Sovrintendente ha volutodavvero sovrintendere a tutto e tutti e quindiha preteso che il direttore artistico fosse unsuo sottoposto, fino a considerarlo nonindispensabile, tanto lui poteva fare anche dasolo. E infatti, con questi chiari di luna,molti direttori artistici, per paura di perdereil posto o di non essere richiamati, da unnuovo Sovrintendente, hanno brigato per fare essi iSovrintendenti, per la gioia del mondo musicale e ladisperazione dei consigli di amministrazione deglienti, che hanno dovuto ogni anno controfirmarebilanci in rosso. Poi, però tutto si è ricompostoquando i sindaci delle grandi città, a cominciaredalla Iervolino, di fronte ad un passivo di bilanciodel San Carlo (di circa seimilioni di euro) ha dettoche era disposta anche ad andare sul marciapiede (amendicare) ma lei il suo glorioso teatro affidato al

principe Lanza non l’avrebbe chiuso mai e poi mai!A non sentire la mancanza del direttore artistico inItalia sono ancora molti enti, fra quelli che non cel’hanno (Milano,Torino, Bologna, Venezia ecc..); equelli che ce l’hanno di pezza – buona parte, perchéin Italia quando si vuol far fare un salto a qualcuno,glielo si fa fare triplo. Non sono toccati da questotriste virus quei pochi anzi pochissimi che ne hannodi eccelsi od internazionali, come Firenze (Arcà) eNapoli (Vlad, Alessio che non è quello del‘Comitato Toscanini, quello è il padre, bensì quelloche è direttore artistico anche ad Ancona, Ravelloed in mille altri posti che noi neppure immaginiamo.Ma è naturale, dove lo trovano un altro così?).EVENTIZZARE. Verbo di conio freschissimo,autore Giancarlo Leone, nuovo vice direttoregenerale Rai. Nelle intenzioni del suo inventore, ilverbo starebbe ad indicare la nuova strategiaculturale della Rai. Concerti, no! Teatro, neanche,Opera, neppure quella. Ma a pezzi e pezzetti,concerti, teatro, opere, sparpagliati in tutti iprogrammi. Il primo esperimento s’è tentato con il‘Toscanini Day’, dove del grande direttore hannoparlato cani e porci, con rispetto per le singolespecie animali. Dunque perdete ogni speranza o voiche pensate che la Rai della sinistra vi darànuovamente musica e teatro. Musica e teatro sonolussi di pochi, che non fanno grandi ascolti, perquesto le tv non potranno mai darceli. Salvo che noninteressino a qualcuno, come nel caso di

‘Palcoscenico’(Rai Due), rubrica dimelodramma e teatro, per la quale GiancarloLeone, difendendone l’esistenza nei secoli,ha tenuto a dire che prossimamente nonandrà più in onda alle 2 di notte ma amezzanotte e tre quarti. Niente da fareinvece per la azzeccata gloriosa eseguitissima trasmissione operistica condottada Lubrano, ‘All’Opera!’, andata in onda suRai Uno per sei estati consecutive, dal 1999al 2004.. Non si sa ancora se tornerà, anziforse non tornerà più, perché interessavasolo al pubblico che la seguiva, con unaffronto al teorema dei televisivi, secondo ilquale la musica e l’opera non pagano in tv.

Come dimostra l’ipnoinducente Piero Gelli chepassa da un canale all’altro, a tutte le ore, atranquillizzare gli insonni. Una domanda aGiancarlo Leone, una sola: perché nessuntelegiornale Rai, e neanche tutti e tre insieme, hannoun critico musicale in redazione?GIACCA E CRAVATTA. E’ la ricetta Lissner perrisollevare i nostri più grandi teatri lirici. Haragione! Se si pretende da tutti che si vestano inrelazione alla specificità del luogo, evitando che vi

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entri la plebaglia, specie quella straniera che nonbada all’abito, ma comunque paga biglietti talvoltacarissimi - vero Lissner? –, finalmente l’operatornerà ad essere roba da ricchi, come lo fu quandonacque poco più di quattrocento anni fa.FAMIGLIA. Saldamente impiantata nella società,benedetta dalla Chiesa che fa bene ad osteggiare iPacs, altrimenti diventeremmo tutti una sola grandefamiglia da sfamare e sistemare. Intanto le famiglieesistenti hanno sempre adempiuto a tale compitofondamentale. Qualche esempio, fra quelli che nonpossono in nessun caso far pensar male, fra ipochissimi segnalatici dai lettori. Prendiamo gliAbbado, in cima alla piramide, sono tutti bensistemati nella musica, ma lì c’è qualche gene che sitramanda di padre in figlio e nipote. Ma anche iMuti: dio padre, Riccardo, dea madre, MariaCristina e dea figlia, Chiara. I Vlad: da padrecompositore, musicologo, presidente di comitati,divulgatore, come si fa a non pensare che sarebbenato un compositore, direttore d’orchestra, direttoreartistico richiestissimo Alessio di nome? Panni;c’era sopra tutti Adriana, l’indimenticabile,l’inimitabile, l’unica. Poi sono venuti Marcello, suofiglio, direttore d’orchestra e compositore e Luisa,sua figlia, organizzatrice musicale, saldamente insella sul cavallo della Filarmoncia. Giù giù anche lafamiglia Fortuna si tramanda, generazione dopogenerazione, la IUC, prima l’ingegnere Oreste, ilfondatore, poi sua moglie Lina, recentementescomparsa, presidente, poi la figlia‘consigliere delegato’; aspettatevi anche inipoti. Accardo, dove alla moglie separatadel violinista, Resi, il Cidim, nella personadel Barone Agnello ha offerto – per meritiartistici – la Vice Presidenza.FESTIVAL COL MORTO. E’ stato unincidente, beninteso, ma è accaduto a Roma,nel conclusivo concerto - piuttosto un radunomusicale con alcune migliaia di giovani neicapannoni della Fiera di Roma - del FestivalRomaeuropa che intendeva così porsiall’avanguardia nelle politiche culturaligiovanili. Chi sa spiegarci la differenza fraquel cosiddetto concerto ed una delle tanteserate nelle megadiscoteche? Dj venuti da ogniparte d’Europa hanno condotto la lunga notte, dove– secondo le testimonianze di tanti medici presenti(come ha riferito ‘Il Messaggero’), droga ed alcoolcorrevano a fiumi, tanto che essi hanno dovutosoccorrere decine di giovani. Un gruppetto deiquali, all’alba, piuttosto che rimettersi in viaggio,viste le condizioni psicofisiche, ha preferito restarein macchina, dormire, smaltire la sbornia e ripartirecon calma nel tardo pomeriggio. Del gruppetto,

venuto dalla Basilicata, faceva parte anche unagiovane ragazza, che non si è più svegliata come iloro compagni. Interrogati i responsabili del festival(Grifasi, Veaute) hanno prima dichiarato che da loronon circolava assolutamente né droga né alcool,hanno poi dovuto fare marcia indietro dopo leammissioni del servizio medico in forza alla festa-happening. Insomma solo la direzione artistica delfestival non sapeva che in quei raduni alcool e drogasono il pane d’ordinanza. A parziale riparazione, hadetto che tali raduni sono indispensabili, e perciòintende ancora programmarli, ma che l’annoprossimo, promuoverà una campagna contro ladroga.Il Ministero che finanzia i festival continuerà adallargare i cordoni della borsa in favore del festivalromano, in base al computo delle presenze paganti,oppure terrà anche conto di quel morto? Ma allorafinanzi anche le grandi discoteche che fanno numerigrandi!GUINNESS DEGLI OCCUPATI. Chi ha piùincarichi si dichiari. Pochi sono disposti a parlarne,ma va da sé che quelli inclusi nell’elenco deiprimatisti sono notissimi ricercatissimisuperoccupati e, lo speriamo per loro, anchesuperpagati. Cominciamo da Aldo Bennici, violistadi professione, che è direttore artisticodell’Orchestra della Toscana, della Sagra musicaleUmbra e, dell’ ancor più prestigiosa ‘direzioneartistica’ del CIDIM. E’ insomma una specie di

direttore artistico ‘nazionale’, quasisottoministro della musica, un diodell’organizzazione musicale in Italia.Giorgio Battistelli ha il piede in due solescarpe. Arena di Verona e Biennale Musicadi Venezia, ma in pochi anni ha già fatto ilgiro della penisola musicale (Roma,L’Aquila, Firenze ecc…); Paolo Arcà in tre:Maggio Fiorentino, Fondazione Toscanini,Arcimboldi;Alessio Vlad: Teatro San Carlo,Festival di Ravello, Teatro delle Muse diAncona. Ai quattro superoccupati ilPresidente della Repubblica, Napolitano, haconcesso la meritata ricompensa: li hainsigniti dell’onorificenza di Cavalieri del

Lavoro.INGERENZE. Un solo esempio e giuro cheespatrio. La politica si è sempre disinteressata dellamusica e certo non ha intenzione di cominciare adinteressarsene ora. Giusto. Ben detto. Anni fa unnotissimo personaggio politico suggerì al sindacodella sua città natale un nome per la sovrintendenzadel suo teatro. Quel candidato il politico loconosceva non perché assiduo frequentatore dellevicende musicali di casa nostra, ma semplicemente

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perchè la moglie del candidato, sovrintendente ’inpectore’, lavorava nel suo ufficio. Quelsovrintendente fu naturalmente eletto. Ma potete voiconsiderare questa una ingerenza? Semplicementeun favore al sindaco che non sapeva quale carne opesce scegliere. Finisce il mandato del sindaco,scade anche quello del sovrintendente, il nuovosindaco va a pescare – è proprio il caso di dirlo -nelle file dell’opposta trincea il nuovosovrintendente o lo pesca nella famiglia dei direttoriartistici. Appena insediatosi l’ex direttore artistico,nuovo sovrintendente, dice – giustamente! – che luinon ha bisogno di un direttore artistico, essendo taleegli medesimo; poi alla prima opera, ecco che ilteatro è in sciopero, e lui grida: bisogna che gliorchestrali cambino musica. Così si fa!L’ex sovrintendete intanto medita vendetta.Partecipa ad un concorso pubblico di un teatrostraniero, dove, invece, gli esempi di ingerenzapolitica sono infiniti. Infatti, la giuria internazionaleesamina il curriculum dell’ex sovrintendente, e nedecreta l’idoneità ad assumere quell’incarico.Chissà quanti politici hanno fatto pressione! Moraledella favola italiana: la politica vuole soltantoassicurarsi che la musica abbia un grande futuro. Eper questo rarissime volte, se ne interessa. Come nelcaso del secondo teatro del paese - non diciamo ilnome!- dove il sindaco in persona ha indicato ilnome non del sovrintendente o del direttore artistico- quelli li ha approvati a suo tempo - ma del capoufficio stampa della cui fedeltà eprofessionalità egli in persona può garantire,essendo stato suo portavoce e venendo da ungiornale che attesta anche la sua correttezzamorale. Stesso caso in un paese della nostraprovincia dove il sindaco diessino ha chiamaa presiedere il Consiglio di amministrazionedel festival della sua città, un diessino doctotalmente ignaro della materia, ma notogiornalista politico per lasciare che qualchenotabile del luogo - sempre gli stessi da undecennio - continui i suoi giochetti.MAGNA GRECIA. Fin dall’antichità unafiorente regione del sud d’Italia, da pocoanche un’orchestra: ‘Orchestra della MagnaGrecia di Taranto’, dapprincipio di ‘Tarantoe Potenza’. Sotto questa etichetta inizia quasi insordina un’attività concertistica, al pari di tante altreistituzioni similari, a Taranto nel 1993; quandol’orchestra non esisteva ancora. Concerti dellastagione: 7. L’anno successivo i concerti diventano9, ma solo 2 sono con orchestra, l’Orchestra dellaMagna Grecia appunto. Nel 1995 i concerti sono 8ed 1 solo con l’orchestra suddetta. Nel 1996 iconcerti salgono ad 11, ma solo 1 è con l’orchestra.

11 concerti ancora nel 1997, ed 1 solo conl’orchestra; nel ’ 97- 98 (a partire da quell’anno lestagioni si svolgono a cavallo delle due annualitàcontigue) salgono a 12, ma sempre 1 resta quellocon l’orchestra); 98-99 i concerti diventano 15, ma 1solo è con orchestra; 99-2000, i concerti scendono aquattordici, solo due con l’Orchestra della MagnaGrecia, appunto. La stagione seguente, 2000-1, 14concerti, di cui 2 con l’orchestra; 2001-2, sono 16 iconcerti, ma solamente 6 con l’orchestra; 2002-3 iconcerti sono 13, 5 con orchestra; 2003-4, 12concerti, 3 con l’orchestra (ma viene ospitata anchela Filarmonica Toscanini diretta da Maazel); 2004-5i concerti sono 15 ma solo 7 con l’Orchestra dellaMagna Grecia; 2005-6 i concerti salgono a 21, efinalmente 18 sono con l’orchestra; nella stagione incorso i concerti sono ancora 21, di cui 17 conorchestra. Tutto ciò si legge nel sito dell’orchestra,dove i concerti si chiamano ‘eventi’. Dove si leggeanche che, a partire dal 2004 ogni anno nellastagione di eventi c’è un evento speciale, affidato divolta in volta ad un critico musicale illustrissimo: haaperto la serie Enrico Girardi del Corriere, ma nonsi dice in cosa consista tale evento ‘speciale’.In una seduta della Camera dei Deputati (n.381 del29.10.2003), il Governo preso atto che l’Orchestradella Magna Grecia ‘di Taranto e Potenza’ svolge unruolo culturalmente insostituibile impegnando ‘55orchestrali e svolgendo 60 concerti l’anno’ (dallasua nascita nel 1993 e fino alla stagione 2002-3, in

tutto l’Orchestra era apparsa in pubblicoappena 22 volte, altro che 60 concertil’anno! Le presenze le abbiamo apprese dalsito dell’Orchestra medesima), si impegna adattivare rapidamente le procedure per fardiventare tale orchestra una ICO (IstituzioneConcertistico-Orchestrale), ‘potendo cosìavvalersi delle opportunità legate allenormative ed ai finanziamenti previsti inmateria’, che tradotto significa : abbia piùsoldi! A seguire, il M. Bacalov –compositore e pianista - veniva nominatodirettore principale dell’orchestra. Nellamedesima seduta della camera si sollecitavail Governo a voler trasformare in FondazioneLirico- Sinfonica anche la Fondazione

Toscanini, a fare altrettanto per il Teatro Bellini diCatania ed, infine, a dare più soldi allo Sperimentale‘Belli’ di Spoleto, in riconoscimento del suo ruoloindispensabile nella società attuale per la diffusionedella musica e per la formazione dei giovanicantanti. E, intanto il Petruzzelli venivaufficialmente riconosciuto come Fondazione Lirico-Sinfonica, nonostante che non abbia ancora il teatroe che la sua orchestra, a detta di alcuni cronisti,

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risulti ancora oggi provvisoria, non stabile.MUSICOLOGIA. Esiste in Italia? Sì, perchè esistela Società Italiana di Musicologia. Le nostreuniversità formano ancora musicologi i quali, primadel dottorato, firmano un contratto con il quale siimpegnano ad andare a lavorare all’estero, perché inItalia non ci sono posti disponibili; sono tuttioccupati e quei pochi liberi i cattedratici li tengonoin caldo per mogli, amanti e figli. E’ questa laragione per cui non si fanno concorsi:semplicemente perché non ci sono posti per i qualiconcorrere. Salvo che… non cisia qualche moglie o amante ofiglia da sistemare, allora lacattedra libera sbuca fuori, inmeno di ventiquattrore si formala commissione idonea(!) e siproclama il vincitore che èstato prescelto primadell’insediamento dellacommissione…naturalmente inbase al merito. Come èaccaduto pochissimi anni faquando un noto cattedratico hapresieduto una commissione adhoc, per un posto di associatoin una università toscana, doveè finita una congiuntastrettissima di un notomusicista. Quanto poi allaquestione se il lavoromusicologico sia ben pagato omeno in Italia, abbiamo unanotizia di prima mano chesfata l’idea disfattista di pochipessimisti fuggiti all’estero perdisamore di patria. Sempre pochissimi anni fa - maquesto fatto non è da collegare al precedente -l’Accademia di Santa Cecilia guidata da LucianoBerio, avviava una serie di ‘lectiones magistrales’,affidandone la cura al prof. Petrobelli. I celebriprofessori invitati, che tenevano due lezioniciascuno per complessive tre o quattro ore, in duegiorni consecutivi, ricevevano un compenso di80.000 (ottantamila) Euro cadauno. Cara…musicologia.REFERENDUM. Toscanini con Melograni oToscanini senza Melograni.Senza(1), Senza (2), Senza(3), Senza (4); Senza (5),Senza (6), Senza (7), Senza(8), Senza(9), Senza(10), Senza (11). Dopo undici minuti di spoglio, ilrisultato è il seguente: senza:11; con: zero. Standoanche alle proiezioni musicali, lo storico PieroMelograni dovrebbe abbandonare il ‘Comitatointernazionale Toscanini’ e defilarsi per qualche

tempo dalla tv.RICCARDO. Lo chiama così Gianluigi che loconosce bene, essendogli amico e compagno distudi, e lo apprezza e perciò lo ha candidato a suosuccessore all’Opera di Roma, per proseguire laprimavera del teatro, da lui inaugurata ed ancorasempre verde. Gianluigi, per gli ignoranti, èGelmetti; e Riccardo è Muti. Il quale, dopo la Scala,sembra un arameo errante, quando forse farebbemeglio ad impegnarsi in un teatro per dimostrarealla sua ex orchestra ciò che è in grado ancora di

fare. Invece, per ora vaga. Evagando vagando, dirigeràquattro opere in quattro annia Roma, con la benedizionedi Gianluigi e Walter(Veltroni, ovvio!); haappena fatto un ‘DonPasquale’ a Ravenna con isuoi giovani della‘Cherubini’, parteciperàalle celebrazionitoscaniniane dirigendol’Orchestra del Regio diParma, dove s’è rifugiatoil suo amico Meli, in fugada Milano; e poi ancoraun’opera a Firenze, suapatria ‘adorata’, dopoNapoli e prima diMilano, patria ‘ingrata’,e poi…. Roma attendeRiccardo che, avendoaccettato l’invito diGianluigi, potrebbesuccedergli

‘indegnamente’, come si dice in simili occasioni.

N.B. ALTRE VOCI, TUTTE DI SEGNOPOSITIVO, NON HANNO TROVATO SPAZIOIN QUESTE PAGINE. RIMANDIAMO AD UNPROSSIMO DIZIONARIO, SOLO DI GIOIE,DOPO QUELLO DI DOLORI.Intanto ne diamo una sommaria ed incompleta lista :Accademia pianistica di Imola, Scuola di musica diFiesole, Orchestra Mozart, Orchestra Cherubini,Orchestra di Milano Giuseppe Verdi, Feniarco(Federazione nazionale dei Cori amatoriali in Italia),Anbima (associazione nazionale bande musicaliitaliane); Accademia ‘ Bartolomeo Cristofori’ diFirenze, Centro Italiano per la musica antica ‘Pietàdei Turchini’, Napoli; Compagnia della Musica,Roma; De Sono, Torino; Radio Classica, Milano;Giovani musicisti italiani dotati e molto pazienti conrelativo elenco ecc…

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Vero o falso il ritratto di DmitrijDmitrievic, dipinto quasi trent’anni fanel libro: Testimonianza. Memorie di

Dmitrij Sciostakovic, raccolte e curateda Solomon Volkov? E che cosa dinuovo o diverso aggiunge a quel

ritratto, nell’anno del centenario dellanascita del compositore, il nuovo libro

di Volkov: Stalin e Sciostakovic. Lostraordinario rapporto fra il feroce

dittatore e il grande musicista?

di Valeij Voskobojnikov

Il grande compositore è deceduto il 9 agosto 1975.Nelle fotografie del suo funerale si vede chiaramenteanche Solomon Volkov. Un anno prima egli aveva

avuto con Sciostakovic alcuni incontri nel suo studio,durante i quali parlarono di “Glazunov, Zošèenko,Mejerchol’d”, come risulta dalla dedica sull’immagine,scattata dalla moglie Marianna. In quella foto, seduti suldivano e sotto lo storico ritratto del compositore dipintoda Kustodiev, c’è anche la moglie di Sciostakovic, IrinaAntonovna, e il suo allievo preferito Boris IvanovicTiscenko.E’ stato lui a portare in casa del Maestro il giovane amicoSolomon; ancora oggi se ne pente! Perché? se ne èpentito? Secondo Boris, “il libro Testimonianza non è unlibro di memorie del Maestro, non è neanche un libro diVolkov su Sciostakovic, ma è un libro di Volkov suVolkov”. L’opinione di Boris è ben nota anche all’autoredel libro.

tutta la verità

Un nuovo libro di Volkov il più discusso biografo del grande musicista

Dmitrij Sciostakovic

Sciostakovic. Rivelazioni - 23

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Dall’anno 1975. Solomon Volkov chiede, subito dopo lamorte di Sciostakovic, di emigrare negli USA.Automaticamente arriva il rifiuto. Intanto Volkovprovvede alla spedizione del manoscritto all’estero. Nel1976, mi chiama Valerio Riva, de “L’Espresso”, dietrosuggerimento di Fedele D’Amico, per sapere deimovimenti dei “dissidenti” nell’ambiente dei musicistisovietici. Restio nel parlare dei colleghi musicisti,residenti a Mosca e in Russia in generale, forniscopochissimi dati, ma in data 1 febbraio 1976, su“L’Espresso” appare un ampio servizio a firma di uninesistente Mirko Tebaldi con il titolo Qua si devecambiare musica! Il sottotitolo ancora peggio: “...Ora ildissenso comincia a serpeggiare anche tra i musicisti...”In quell’articolo spunta il nome di Volkov: “Ma la verabestia nera di questi burocrati culturali è Volkov. Volkovè un personaggio di primo piano tra i nuovi criticimusicali in URSS. Il capo d’accusa contro di lui èsconcertante: in un articolo del ’74 intitolato Memoria diuna primavera di Leningrado (è il nome di unamanifestazione musicale) Volkov avrebbe lodato uncompositore leningradese “perché si ispirava alla musicadell’autore di Wozzeck, Alban Berg”, e stroncava i “cantidi giullari” di Gavrilin (autore d’un celebrato Quadernorusso) e il “grande affresco” del Pietro I di Andrej Petrov.“Questa è la storia come la può intendere un mugiko”,aveva scritto sferzatamente Volkov. “Inammissibile!”protesta l’organo del PCUS: “E’ cosìche si disorienta l’opinionepubblica”. Segue ancora un lungoarticolo Ma il primo violino è sempreLenin firmato da un altro inesistenteTelesio Malaspina e un riquadro, nonfirmato, con le informazionisull’attività dell’Unione deicompositori, sui compositori d’avanguardia (oggifamosissimi in tutto il mondo) e storie di numerosimusicisti russi emigrati all’estero o addirittura fuggiti.Come mi ha raccontato Solomon Volkov una voltaarrivato in Italia, il “nostro” servizio su “L’Espresso”aveva avuto l’effetto di una bomba a Mosca, soprattuttonell’ufficio del Segretario generale Tichon Chrennikov, ilquale – preoccupatissimo per la vita tranquilla nel suoambiente – ha provveduto personalmente a fare avere ilvisto d’uscita per Volkov per allontanarlo dall’Unione deiCompositori, a lui affidata da Stalin nel lontano 1948. ARoma Volkov mi chiese, chi fossero, secondo me, i suoi“salvatori”. Quando gli spiegai come erano andate lecose, egli non ci credette. Volkov si comportava semprecon molta riservatezza; seppi poi che stava preparando unlibro ‘esplosivo’ su Sciostakovic. Un amico comune, ilviolinista Iosif Rysin, oggi apprezzatissimo professore aKarlsruhe e Zurigo, che spesso aveva ricevuto Volkov nelproprio appartamento a Mosca, mi confermò gli incontricon Sciostakovic. Quindi, era tutto vero. Una voltaottenuto il visto per gli USA i coniugi Volkov partirono,si fecero vivi ogni tanto. Poi arrivò (dicembre 1977) laBiennale dedicata al dissenso culturale nei paesi dell’Est.In occasione di quella Biennale, a Venezia, per la primavolta in Italia fu sollevato il caso Sciostakovic e la sua

profonda estraneità alla burocrazia sovietica. La Biennaledel 1977 costituì un caso più politico che artistico, anchese alla manifestazione presero parte bravissimi musicistie letterati del rango di Iosif Brodskij, il futuro PremioNobel, che oggi riposa nel cimitero lagunare di S.Michele accanto a Stravinsky. Il regime sovietico era,allora, abbastanza solido; alla “perestrojka” ancoramancava un decennio, e la cultura in tutti i suoi campi eraguidata dai fedeli sostenitori del marcio potere diBre•nev & PCUS (“Partito Comunista dell’UnioneSovietica” che con il comunismo non aveva più nulla daspartire, come poco dopo, nel 1982, fu dimostrato dallostesso Berlinguer). Alla Biennale ci si preparava inun’atmosfera assai pesante: su invito di Carlo Ripa diMeana mi occupai della programmazione musicale,insieme a Mario Messinis a Paolo Scarnecchia; benpresto ci trovammo di fronte a problemi insormontabili:dalla ricerca delle partiture (rifiuto totale da parte delleorganizzazioni sovietiche e di Casa Ricordi), agli invitiper gli artisti, all’impostazione del festival (anche in Italiala Biennale fu contestata dal PCI e dalla maggioranza deisuoi intellettuali). Invitammo i musicisti sovietici cheormai risiedevano in Occidente, compositori ed interpreti,ed includemmo nei programmi i brani di alcunicompositori sovietici, residenti in patria, i quali non sispaventarono e ne autorizzarono l’esecuzione a Venezia

(Denisov, Gubajdulina, Schnittke trai primi, ma anche Jurij Buzko, FilippHerschkowitz, Tigran Mansurjan,Valentin Silvestrov). Ma al centrodelle manifestazioni musicali, permia decisione, volli assolutamenteporre il “caso Dmitrij Sciostakovic”,con le esecuzioni delle sue opere da

camera, compresa l’ultima Sonata per viola e la SuiteRime di Michelangelo, composte poco prima della suafine; con la proiezione del film Nuova Babilonia con lesue musiche dal vivo ed infine con una tavola rotonda alui esclusivamente dedicata. A questa conferenza erapresente anche Solomon Volkov, da noi espressamenteinvitato dagli Stati Uniti, dove stava preparando l’uscitadella “biografia” di Sciostakovic. Prevedendo le reazioni,nella mia presentazione al programma musicale, scrissi:“La presenza della musica da camera di Sciostakovic halo scopo di far conoscere al pubblico italiano le operemeno eseguite di questo compositore. La sua presenzanella Biennale ’77 può apparire inaspettata e addiritturainopportuna. Per questo motivo ci è sembrato utileorganizzare una tavola rotonda sulla personalità e ildestino artistico di questo musicista, conosciuto in tutto ilmondo e soprattutto in URSS, dove dopo la morte è statoconsacrato quasi come un eroe nazionale, senza ched’altra parte la sua opera cessasse di suscitare lepolemiche dei critici e del pubblico. Nessuno peraltro haintenzione in questa sede di trasformare in un dissidenteSciostakovic...” E ancora: “Il ruolo di Sciostakovicmusicista e cittadino è singolare: nella sua opera egli harispecchiato il destino del proprio paese e del propriopopolo con tutte le gioie e dolori, le conquiste e leumiliazioni... Sciostakovic era immerso nella vita più di

Sciostakovic era di umoremolto variabile. Ma maimeschino e cattivo

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Sovietica un paese socialista. “Se questo è il socialismo,non può esserci che una risposta: il socialismo è unamerda”. Naturalmente nella sua risposta al Gazzettino edalla Stampa, il compagno Luigi Nono bollò la Biennalecome una azione antisovietica e antisocialista. Inquell’occasione per la prima volta, in Italia fu avviata ladiscussione sulla figura titanica ma contraddittoria,tragica e misteriosa di Dmitrij Sciostakovic.Tornato negli Stati Uniti, Solomon Volkov scrisse per unarivista musicale le sue personali impressioni dallaBiennale. Il suo intervento alla Biennale trovò un postod’onore nella rivista curata da Vittorio Strada “Russia,Rossija” (n.4 1980). Il più famoso slavista e russistaitaliano non partecipò alla Biennale, ma in un incontro

privato conobbe Volkov e glichiese il testo del suointervento alla tavolarotonda. A proposito di talearticolo di Volkov si può direche è interessante,intelligente e persinoilluminante; si esprime in unostile “accademico”, secondole regole delle pubblicazioniscientifiche, cosa che nonvale altrettanto per le sueMemorie. Sciostakovic vienedefinito “cronista del nostrotempo”, come lo era statoDostoevskij del suo. Comeanche il loro attaccamentoalle “pagine del giornale”,cioè agli avvenimentiquotidiani: i legami dellemusiche di Sciostakovic e deiromanzi di Dostoevskij congli avvenimenti recenti o

addirittura attuali erano evidenti. “Camera a gas delleidee” è la definizione del Finale della Quinta sinfonia diŠostakoviè datagli dal compositore contemporaneoValentin Silvestrov, come nei romanzi dell’autore deiDemoni le idee vivono la loro piena vita. Volkov scopreancora i tratti in comune tra i due artisti: i loro legamisociologici, la ricerca dei conflitti interiori,l’impossibilità di risolverli all’esterno. Volkov siconcentra su uno degli opus di Sciostakovic dell’ultimoperiodo dove le parole di Dostoevskij, alla fin fine,appaiono. Sembrerebbe, scrive Volkov, che i gustiletterari del compositore siano ben noti: Gogol, Cechov,Zoscenko... eppure i testi degli ultimi due non sono statida lui utilizzati, mentre Dostoevskij fa parte di alcune suecomposizioni. Interessante la riflessione di Volkov, checita autorevoli fonti del passato, sulla somiglianza dei“galoppi” di Sciostakovic nell’opera Il Naso e nella prosadi Fedor Dostoevskij. Sciostakovic utilizza nel Naso icouplet del servo-assassino-figlio del padroneKaramazov, Smerdjakov, e affida le parole “poetiche” diquest’ultimo al servo Ivan. Volkov ricorda ancora ilegami tra il giovane compositore e il gruppo dei letteratileningradesi, noto come Oberiu, orientato verso il

quanto sembrasse... Il volto di Sciostakovic è moltocontraddittorio... Un tale destino ‘parallelo’ nel processocreativo è una cosa del tutto normale per un artistasovietico, anche della statura di uno Sciostakovic oppuredi un Pasternak; ma ogni ascoltatore sovietico istruito esensibile alla musica e ai problemi civili capisce, sa diche scriveva Sciostakovic... egli è un compositore nostro,perché prima di Solzenicyn e persino del Dottor Zivagodi Pasternak, Sciostakovic è riuscito a raccontare con lamusica ciò che accadeva nel suo paese”. In conclusioneaffermavo, convinto: “Una cosa è certa: l’immortalità perSciostakovic è assicurata. A questa sua immortalità sonodedicati i nostri concerti”.Siccome era impossibile ottenere ufficialmente lepartiture dall’URSS, riuscii adottenerle direttamente allafamiglia Sciostakovic. Mi giunseun pacco con la SuiteMichelangelo che eseguimmo aVenezia, in prima italiana, con ilbasso Ambrogio Riva; e con ilcompianto amico violoncellistaBoris Pergamenscikov, in primaitaliana, eseguimmo anche laSonata per viola, nella suapersonale trascrizione per il suostrumento (non è escluso deltutto che in realtà questa Sonataper viola fosse destinata algrande violoncello di MstislavRostropovic, al momento dellacomposizione già in esilio inOccidente).Alla tavola rotondaparteciparono il comunistaRubens Tedeschi (criticodell’Unità), il socialista PieroSanti, l’anglo-americano Tom Walker e degli esuli“oppositori freddi, implacabili ed intelligentissimi dellaburocrazia sovietica: Voskobojnikov, Volkov eRabinovic” (Duilio Courir, Corriere della sera, 15dicembre 1977). Parlò anche Andrej Volkonskij, il piùduro con Sciostakovic, che considerava la sua musica e lasua vita “doppia”, quindi “schizofrenica”. Non meno durafu la lettera del compositore, clavicembalista e principerusso Andrej Volkonskij al collega italiano Luigi Nono,da lui conosciuto a Mosca nel 1964 (una volta, ospite diNono nella sua casa alla Giudecca nel 1969, ebbi mododi osservare la sua ingenuità politica, la sua fede cieca nelcomunismo, i suoi giochi infantili con il ritratto di“baffone” proiettato nel cielo della Serenissima). Leparole che Volkonskij rivolse a Nono furono moltooffensive, ma la domanda, a lui rivolta, fu legittima:“Perché non sei venuto da noi alla Biennale? Per parlarcie per ascoltarci?” Gli ricordò di averlo ricevutocordialmente a Mosca con altri colleghi musicisti, oggidivenuti “dissidenti”, mentre i “rinoceronti” dell’Unionedei compositori consideravano l’ospite italiano un“rappresentante dell’arte borghese decadente”. E gli posela domanda precisa, se ancora considerava L’Unione

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grottesco, rozzo, primitivo, buffo e volgare, insommaverso un linguaggio volutamente brutto e brutale. Aquesto punto Volkov per la prima volta usa il termine di“jurodivyj”, talmente ampliato poi nelle Memorie.“Jurodivyj” nella tradizione russa è un essere disgraziato,idiota, matto, profondamente religioso, forse ubriacone,una specie di “clochard”, che esprime l’anima del popolorusso, insomma ‘L’Innocente’ del Boris Godunov, diMusorgskij, a sua volta considerato come tale anche daisuoi colleghi. Musorgskij, secondo loro, a causa delle sueidee e del suo bere, col tempo è diventato una specie diassurdo profeta e commediante. Questo dice in sostanza,Volkov nel suo articolo e nel suo intervento alla famosaBiennale 1977.Ed ecco finalmente arriva l’anno 1979, quando fascalpore l’ uscita del libro di Solomon Volkov in tutto ilmondo. Un giorno mi chiama dalla redazione de “LaRepubblica” la SignoraRosellina Balbi, responsabileculturale e mi chiede discrivere una recensione al librodi Volkov, appena uscito negliUSA su Sciostakovic. Miavverte che non vuoleassolutamente un articolo“antisovietico”, ne ha le taschepiene dell’antisovietismo.L’articolo esce con il titoloCompagno Sciostakovic la tuamusica è il caos. In URSS -scrivevo - vari organi distampa stavano protestandocontro le Memorie: i giornaliletterari, culturali e gli excolleghi di Volkov della “Sovetskaja muzyka” locondannavano per l’operazione antisovietica e anti –Sciostakovic, il più grande compositore sovietico,membro del PCUS, fedele al proprio popolo ed alle sueglorie ecc. Avevo riferito anche alcuni fatti che feceroscalpore, come quello della dedica della famosa Settimasinfonia a tutti i cittadini leningradesi, non solo allevittime della guerra contro i nazisti, ma anche a quellideportati da Stalin, riportando la frase di Sciostakovicche più mi aveva impressionato: “Del passato bisognadire la verità o tacere. Guardando indietro vedo soltantorovine e mucchi di cadaveri”. Ma nell’insieme, giudicavoil libro importante per svelare, finalmente, la verità suSciostakovic, controllato e sfruttato dal regime, sì, maautore di una musica, nella quale non ha mai mentito,nella quale ha rispecchiato come nessun altrocompositore sovietico, l’assoluta verità della nostrasciagurata vita nell’URSS per ben 70 anni; ha guadagnatoun posto particolare nella nostra storia come un vero“cronista” - “letopisez” alla ‘Pimen’ di Musorgskij,“l’implacato cantore della disperazione”.Leggendo con più attenzione il libro mi accorsi che nellaprefazione si legge l’opinione di Sciostakovic suSolomon Volkov: “Questo è l’ uomo più intelligente dellanuova generazione”. Si fa difficoltà a credere cheSciostakovic, un uomo gravemente malato e

traumatizzato, terrorizzato non solo di fronte al poterepolitico ma anche dei colleghi, disonesti e pericolosi,attentissimo con tutta la stampa del mondo, compresaquella sovietica, preoccupatissimo per le sorti di tutta lafamiglia e dei figli in particolare, un uomo che più volteha riconosciuto con gli amici fidati le proprie paure e lavigliaccheria, che si è piegato in vari modi e ha dovutoanche mentire ai rappresentanti della stampa,all’improvviso, nel 1974 decide di raccontare ad ungiovane, di aria tutt’altro che ingenua, i propri segreti econcordare con lui un patto per la postuma pubblicazionedelle sue “esplosive” dichiarazioni! Esistono decine ditestimonianze di vecchi, fidati amici del compositore chehanno sentito da lui cose ben peggiori di quelle“raccontate” a Solomon Volkov. La cosa strana è che nellibro di Volkov, Sciostakovic appare in modoUNILATERALE, solo, amareggiato, persino cinico,

cattivo con le persone da luirispettate, con i colleghimusicisti con i quali nella vitaè stato sempre molto corretto,profondamente antisovietico,deluso da tutto e da tutti. Illibro è costruitoprevalentemente dagli aneddotisu Mejerchol’d, sulla pianistaJudina, sugli scrittori russicome Sologub, Gogol, Cechov,ma soprattutto su Stalin e altridirigenti sovietici. Non sonogradevoli i racconti delcompositore riguardanti ArturoToscanini, Stravinskij,Prokofiev, Rimskij-Korsakov,

Glazunov, sul direttore d’orchestra Gauk e sul pianistaVladimir Sofronizkij...Sciostakovic migliaia di volte ha riconosciuto le propriepaure, la vigliaccheria, un ruolo da marionetta guidata;ma fare di lui un mezzo-pazzo finto, per giustificarealcune sue composizioni, o certe sue scelte èinaccettabile. Ed è assurdo che centinaia di persone,colleghi e non, e ancora oggi, soprattutto oggi, sipermettano di giudicare la figura (titanica!) diSciostakovic con aria di accondiscendenza, giudicando isuoi comportamenti secondo criteri odierni, di personeLIBERE, non più schiavi di nessuno. Meglio allora ladefinizione di “letopisez”, annalista, cronista storico,come il monaco Pimen inventato da Puskin e musicato daMusorgskij nel Boris Godunov.L’edizione italiana del libro (dicembre 1979, Mondadori)nella traduzione dall’inglese, contiene svariati errori edespressioni improprie. Addirittura la data dei funerali diSciostakovic è indicata al 4 e non al 14 agosto:Sciostakovic è deceduto il 9 agosto 1975. Curatore etraduttore dell’edizione italiana fu Francesco Saba Sardi.In Unione Sovietica le reazioni al libro di Volkov furonoimmediate: uscì una raccolta di interventi pubblici e diarticoli di Sciostakovic, nei quali effettivamente alcunipassi assomigliavano alle “confessioni” del compositore aVolkov; fu molto veloce anche il capo dei compositori,

“Picasso è una canaglia; approva ilpotere sovietico e il nostro comuni-smo, mentre i suoi seguaci, pittori,nell’Unione Sovietica vengono per-seguitati, non li lasciano lavorare…Sì, anche io sono una canaglia, unvigliacco e altro, ma io sono in pri-gione. Ho paura per me e per i mieifigli... invece lui è in libertà, potreb-be non mentire!”

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Tichon Chrennikov che fece pubblicare alla Casa“Melodija” quattro dischi con il titolo “Parla DmitrijSciostakovic”, nei quali si sente la voce (tremolante,rauca, spesso sorda) del Genio. Ad esempio, della musicadi Luigi Nono, da lui ascoltata in Inghilterra, al Festivaldi Edimburgo, dice: “Questa è la musica strappata,compagni, capite, strappata”. Naturalmente, queste e altrepubblicazioni, come i due volumi letteralmente ‘infami’della biografa “ufficiale” di Sciostakovic, di SofiaChentova, hanno danneggiato ulteriormente l’immaginedel grande compositore.Solo di recente le cose sono cambiate. Merito dellavedova del compositore, Irina Antonovna, la quale haindirizzato ingenti somme di denaro, che arrivano da tuttoil mondo, a favorire le esecuzioni delle opere di suomarito, alla creazione dell’Archivio, diretto da ManasirJakubov, e della Casa editrice autonoma, che porta ilnome DSCH (la famosa “firma” di Sciostakovic), delMuseo che è sistemato nell’appartamento vissuto dallacoppia negli anni ’60-’70; ed infine dellariedizione dell’opera omnia che staregolarmente uscendo a Mosca (un Centro“Sciostakovic” c’è anche a Parigi, unsecondo Archivio, destinato all’Occidente).La Signora Sciostakovic, nel mese digiugno del 2000, dichiarò: “Spesso michiedono dell’autenticità del libro diSolomon Volkov, che lui ha pubblicatocome le memorie di Sciostakovic da luiraccolte. Ecco la mia testimonianza,ciò che mi è noto.Volkov lavorava come uncollaboratore nella rivista“Sovetskaja muzyka”, doveSciostakovic faceva parte dellaredazione. Dietro richiesta del suoallievo e collega Boris Tiscenko,Dmitrij Dmitrievic ha accettatodi ricevere per le conversazioni,destinate ad apparire sullastessa rivista, Solomon Volkov,a lui poco noto. Ci furono treincontri, ognuno di due ore – dueore e mezzo, non di più, in quantoSciostakovic si stancava e perdeval’interesse per l’interlocutore. Dueincontri ebbero luogo in presenza diBoris Ivanovic Tiscenko; non si usavanessun registratore. Al secondo incontroVolkov arrivò insieme alla moglie, unafotografa professionista, che regolarmenteriprendeva Volkov con tutti coloro che gli sarebbero statiutili in futuro, e chiese a Tiscenko e a me di scattare dellefoto per ricordo. Al terzo incontro egli venne con la fotopronta e chiese a Dmitrij Dmitrievic (DD) di firmarla.DD; prima di salutarlo, gli scrisse il solito testo: “Al caroSolomon Maseevic Volkov per un buon ricordo. 16novembre 1974” e poi, come se presentisse qualche cosa,fece tornare Volkov ed aggiunse, come ricorda Volkovstesso: “Per ricordo delle nostre conversazioni su

Glazunov, Zoscenko, Mejerchold. DS”. Questi sono itemi che sono stati affrontati nel corso dei loro incontri.Da questo elenco risulta che la discussione riguardava lavita musicale e letteraria di Leningrado prima dellaguerra e niente di più. Dopo qualche tempo Volkov portòa DD il testo decifrato delle conversazioni e chiese difirmare ogni pagina. Si trattava di una pila piuttosto bassadi fogli e DD, contando di rivedere il testo nellacorrezione, non si mise a rileggerlo. Sono entrata nellostudio di DD nel momento in cui egli firmava, senzaleggere e senza sedersi, queste pagine. Volkov prese ilmateriale e se ne andò, ed io chiesi a DD perché eglifirmava ogni pagina in fondo, una cosa insolita. DD mirispose che erano entrate in vigore le nuove regole dicensura e senza la sua firma la redazione non avrebbeaccettato il materiale di Volkov. Evidentemente proprio inquesto periodo Volkov presentò la richiesta diabbandonare il paese e progettò di utilizzare

questo materiale all’estero comeprimo passo. Poco dopo DDscomparve e i piani di Volkov siampliarono. Molte persone eranoal corrente dei suoi appunti, luistesso si vantava di questo scoopgiornalistico. Ma questo particolareavrebbe potuto complicare la suapartenza e lui si spaventò. Chieseappuntamento al segretario del PCI,Berlinguer che si trovava a Mosca; e,esibendo la fotografia firmata daSciostakovic, si lamentò che lui,l’amico di Sciostakovic, venissetrattenuto per motivi politici. Sulgiornale “L’Unità”, organo delPCI, apparve un articolodedicato a Volkov con quellafotografia. Il meccanismofunzionò. Una volta incontraiVolkov ad un concerto, e glichiesi di passare, senza lamoglie, come desiderava eglistesso, per lasciarmi una copiadel materiale non autorizzato(perché DD non l’aveva letto).Mi rispose che il materiale era giàstato spedito all’estero e che sefosse stato ancora trattenuto aMosca, questo materiale sarebbestato pubblicato con aggiunte. Benpresto partì ed io non lo rividi più.

Le aggiunte arrivarono senza ritardo. Lui cominciò acercare un editore, rivolgendosi a musicisti autorevoli,cercando la loro protezione ed aggiungendo sempre lastessa fotografia con Sciostakovic, oppure le fotografie diquesti musicisti con Volkov, una volta scattate e da lorofirmate ingenuamente; del resto non tutti potevanoricordarlo. Più tardi lessi nelle annotazioni allaregistrazione occidentale dell’opera Lady Macbeth,diretta da M. Rostropovic, che Volkov sarebbe statol’assistente di Sciostakovic e in più nella sua prefazione

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egli comunicava di aver frequentato Sciostakovic dinascosto, quando nessuno era in casa, dopo aver ricevutouna sua chiamata. Uno sfoggio ricco di fantasia, maanche di menzogna, almeno perché DD in quegli anni eragravemente ammalato e non veniva mai lasciato solo.Inoltre principalmente noi abitavamo fuori Mosca, nelladacia. Ma poi che cosa e da chi avrebbe dovutoSciostakovic nascondersi? Il nome di Volkov mancatotalmente nelle lettere di Sciostakovic di quel periodo,ad esempio in quelle indirizzate a I.D. Glikman.L’editore USA iniziò la campagna pubblicitaria. Brani dellibro apparvero su una rivista tedesca e poi arrivarono inRussia, dove allora vigeva il monopolio di stato suiprodotti del lavoro intellettuale. La VAAP (società degliautori) chiese la prova della firma di Sciostakovic. Gliesperti americani confermarono la autenticità della firma.Il libro venne pubblicato. Ogni capitolo di questo libro siapriva con la firma originale di DD: “Ho letto,Sciostakovic”. So di sicuro che proprio in questo modoSciostakovic firmava gli articoli dei vari autoriraccomandati per lapubblicazione, che egliregolarmente riceveva dallaredazione della “SovetskajaMuzyka” in visione, e poi ilmateriale tornava inredazione, dove lavoravaVolkov. Purtroppo gli espertiamericani, non conoscendo lalingua russa, non potevanomettere in relazione la firmadi Sciostakovic con il sensodel contenuto del testo nellapagina, che non aveva nulla a che vedere con il libro diVolkov. Penso che una simile supposizione sia giusta,tanto più che una simile firma dell’autore per uno checonosce la lingua russa, potrebbe suonare in modo strano.Per quanto riguarda le aggiunte, Volkov stesso mi dicevache a lungo aveva parlato di Sciostakovic con altrepersone, in particolare con Lev Lebedinskij, in seguitoautore di memorie poco attendibili, con il qualeSciostakovic da tempo aveva interrotto i rapporti. Surichiesta di Volkov, fu ricevuto dal registacinematografico Leo Arnstam, il quale mi raccontò conrammarico di ciò. Il racconto della conversazionetelefonica con Stalin è stato ricostruito dalle sue parole.Tutto questo è esposto nel libro come se fosse stato dettodallo stesso Sciostakovic a Solomon Volkov.Il libro è stato tradotto in molte lingue ed è uscito in moltipaesi, tranne che in Russia. Inizialmente Volkov dicevache gli editori americani erano contrari all’edizione inrusso, poiché in Russia non gli offrivano un onorariodecente, poi ancora che non si fidava degli editori russi inquanto erano dei mercanti disonesti e, infine, che egliaveva venduto il manoscritto ad un archivio privato equindi era diventato inaccessibile.E ancora una cosa. Spesso DD viene accusato di avermesso la propria firma sotto la lettera dell’intelligenziacontro l’accademico Andrej Sacharov, pubblicata sulla“Pravda”. E’ vero, c’è il nome di Sciostakovic sul

giornale, ma egli non ha mai firmato quella lettera. Quelgiorno abbiamo ricevuto molte telefonate dalla “Pravda”,ma prima io rispondevo che DD non era in casa, poiandammo semplicemente alla dacia, finché il giornalenon uscì. E ciò nonostante il nome di Sciostakovic risultatra i firmatari. Abbiamo cercato poco tempo fa di scoprirenella redazione l’originale di quella lettera, ma inredazione l’hanno negato, riconoscendo del resto, cheallora, in quei tempi, “ simili azioni venivano praticate”.Lo sapevo da prima”.Cosa ne pensano del libro di Volkov musicologi ecompositori? Innanzitutto il libro di Elisabeth Wilson,uscito in russo, con il titolo La vita di Sciostakovic,raccontata dai suoi contemporanei (non è che latraduzione del libro della Wilson Sciostakovic: A LifeRemembered pubblicato a Londra nel 1994 e nel 2006).Nella Prefazione la Wilson scrive: “La esposizione dellabiografia del compositore, condizionata dalla situazionepolitica nell’Unione Sovietica, inevitabilmente provocavala reazione in Occidente, dove l’avvenimento più

importante è stata lapubblicazione nel 1979 dellaTestimonianza di SolomonVolkov (pseudo memorie delcompositore). L’influenzadella Testimonianza negliUSA e in Europa fu assaiconcreta. Indubbiamenteaccrescendo l’interesse per lafigura di Sciostakovic e perla sua musica... L’autenticitàdella Testimonianza non fudimostrata; il libro non

corrispondeva agli standard scientifici, usati in Occidentee in Russia. Per fortuna, la Russia nell’insieme è rimastain disparte dalle “guerre sciostakoviciane”, che si sonoscatenate in Gran Bretagna e negli USA tra i sostenitori eantagonisti di Volkov”. A pag. 35 troviamo unainteressante considerazione a proposito del racconto diVolkov (o di Sciostakovic?) sulla presenza delcompositore-bambino nell’aprile 1917 davanti allastazione di Finlandia al momento del rientro di Lenin inRussia. Qui la Wilson riporta l’opinione dei famigliari diSciostakovic, secondo i quali il compositore adorava lamistificazione e spesso inventava storie d’effetto.Il compositore Veniamin Basner, non allievo ufficiale diSciostakovic, lo considerava però sempre come il proprioMaestro. Basner ci ha raccontato quanto accadde aSciostakovic nel 1937. Il compositore era stato convocatonella “Casa Grande”, cioè la maledetta sede del NKVD.Il giudice istruttore che lo ricevette si chiamavaZancevskij. Lui voleva sapere se e quando Sciostakovicaveva frequentato il maresciallo Tuchacevskij, da pocoarrestato dalla polizia di Stalin. Siccome Sciostakovic erastato il “protetto” del grande condottiero-militare cheapprezzava la buona musica, fu costretto di ammettere diaverlo frequentato. “Non ha mai sentito MichailTuchacevskij parlare del complotto contro il compagnoStalin?” Sciostakovic lo negò. Non parlò mai con ilmaresciallo di politica. Il giudice istruttore gli ordinò di

Racconta il figlio Maksim, “papà cichiamò nel suo studio e disse: “Mi han-no spinto ad entrare nel partito... Escoppiò a piangere. Lo vidi piangeresolo due volte nella vita – quando èmorta nostra madre e in quel giornofamigerato”

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pensarci bene e di tornare da lui (era un sabato) il lunedìmattina con una bella testimonianza contro il maresciallo,sforzandosi di ricordare nei due giorni esattamente, comee quando si era parlato dell’intenzione di assassinare ilcompagno Stalin. Sciostakovic confessò a Basner che duegiorni dopo egli fece ritorno nella “Grande casa” con unavaligetta, certo di finire in prigione. La sentinella glichiese da chi dovesse andare. “Da Zanèevskij”. “Torni acasa sua, oggi non la riceverà”. Il giudice istruttore erastato arrestato tra il sabato ed il lunedì. CommentaBasner: “Quando si iniziò a parlare del libro di Volkov,ho detto subito che è un falso. Perché vi sono messiinsieme fatti che tutti conoscevano e che Volkov avevamesso in bocca a Sciostakovic, in prima persona. Se ilcompositore avesse deciso di scrivere le propriememorie, allora avrebbe senz’altro esposto questoepisodio”.Particolare interesse presenta l’opinione di MstislavRostropovic, allievo, amico ed interprete preferitodi Sciostakovic. Nella sua intervista a ElizabethWilson, dichiarò: “Contrariamente a quantoscritto nella Testimonianza, DD divinizzavaStravinskij, considerava la Sinfonia deisalmi una delle composizioni piùgeniali. Io ritengo che il libro diVolkov è assolutamente sbilanciato.Nell’insieme è una raccolta dianeddoti. E nonostante cheprevalentemente ciò che egliscrive sia la verità, si tratta distorielle interessanti eSciostakovic era capace, perfare effetto, persino diinventarsi una storiella”.Nell’anno di Sciostakovic èuscito un altro volume dellamedesima Elizabeth Wilson(che ha conosciutopersonalmente ilcompositore, mentrestudiava con Rostropovic alConservatorio di Moscanegli anni ’60). Si intitolaTrascrivere la vita intera(edizioni de Il Saggiatore) acura di Enzo Restagno. E’l’unico libro doveSciostakovic parla davveroin prima persona, attraverso le suelettere negli anni 1923-1975. Mentre inrusso è uscito un altro libro bellissimo dellagiornalista Betty Schwarz, che oggi vive a Chicago,intitolato Sciostakovic come mi è rimasto nella memoria.Anche la Schwarz, vera poetessa nella descrizione deisuoi rapporti con Sciostakovic, se la prende con SolomonVolkov; e cerca di mettere un po’ di ordine nella“tragicomica” guerra tra chi vuole presentareSciostakovic fedele alla “ideologia sovietica” e chi invecelo vuole presentare come “un dissidente esemplare”. Dinuovo parla della autenticità del libro di Volkov. Betty

Schwarz cita Boris Tiscenko, e un altro autorevolestudioso della musica di Sciostakovic, Genrich Orlov.Ancora prima dell’uscita del libro di Volkov inOccidente, Orlov avvisava i futuri lettori: “... non ritenerenulla come autentico, proveniente direttamente daSciostakovic, in persona; porre la stessa distanza tra sestesso ed il testo, che ha creato lui stesso, non firmando ilmanoscritto, ma solo siglando le prime pagine degli ottocapitoli con un unica parola “letto”, che significa solo ciòche significa”. La Signora Schwarz racconta che lanotizia dell’uscita in Occidente delle memorie diSciostakovic inizialmente fu accolta con la speranza chedavvero il compositore (che lei aveva frequentatoregolarmente dagli anni di guerra) si fosse deciso edavesse fatto in tempo a raccontare la propria vitaliberamente, senza alcuna censura. Forse davvero in vistadella prossima fine Sciostakovic aveva voluto tornareindietro, cercare di unire i ricordi, mettere insieme il

mondo, il secolo, la vitastessa? “Chissà comenasceva questo libro... Allettore rimane una solatestimonianzadocumentata – l’aggiuntadi DD sulla fotografia(vedi sopra). Ma anchequesta aggiunta porta alleriflessioni. Cos’ é?Desiderio di segnare lefrontiere, non permetterené a se stesso, néall’interlocutore diattraversare il confine,che lui sapeva metteredavanti a sé anche neimomenti di sincerità?”La Signora Schwarzsottolinea che il libro inrusso non è mai uscito, elei stessa ha dovuto“leggerlo” attraverso latraduzione dall’inglesecon l’angoscia che

cresceva man mano.“...Sciostakovic, al cui volto

la maschera ufficiale aderivastrettamente... sono rimasto

sbalordito quando il suo verovolto ha fatto capolino dietro la

maschera...” La Schwarz chiede aVolkov: “Forse la sua musica non

diceva chiaramente che egli ha vissuto conl’anima insanguinata?” “Tutto il suo aspetto, il modo dicomunicare non lasciavano alcun dubbio del suo essereindifeso, della sua suscettibilità”. Più avanti esprime ilforte dubbio, che a Sciostakovic l’idea di un libro-confessione, della biografia della propria animadifficilmente sarebbe piaciuta. A lei sembra che in talcaso egli avrebbe escluso altri partecipanti o i moderatori.Perché a questo scopo gli serviva soltanto la sua musica.

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Il libro, secondo la Schwarz, non porta alle altezze, oltrele quali si scopre la musica e la vita di Sciostakovic; alcontrario, pagina dopo pagina, si distrugge l’impressionedelle dimensioni della sua personalità, dellacontraddittorietà e dell’interezza del suo carattere e dellasua percezione del mondo. E l’ enorme consistenza diquest’uomo nel libro di Volkov viene rimpicciolita, sifrantuma attraverso passaggi, accenti, allusioni, estraneialla natura di DD. I numerosi episodi della tirannia diStalin e dei dolori da lui procurati, erano ben noti ancheprima, e i racconti di Sciostakovic nel libro di Volkov nonhanno assunto nemmeno un tono convincente, privi dellasua profondità e della sua personalità. Volkov, parlandoalla WMNB (Compagnia TV russo-americana) ha detto:“il mio libro su Sciostakovic”. Ed è vero, scrive laSchwarz, Testimony è un libro di Volkov, E’ suo pienodiritto esporre il proprio punto di vista su come siconfrontano “l’immagine della realtà” con “l’immaginedell’uomo”, la sua percezione della musica e dellapersonalità del maestro. Ma c’è anche un dovere – quellodi esporre tutto a proprio nome e soltanto. Sciostakovicera di umore molto variabile. Ma mai meschino e cattivo.Secondo la Schwarz, nel libro di Volkov, Sciostakovicscende in modo imperdonabile da quella altezza allaquale si è sempre trovato, nonostante tutto. Ad esempio,il racconto su Glazunov, sembra incompatibile con ilcarattere del compositore,considerando econoscendo la suapersona “per bene”. Nonera un santo, nemmeno unangelo. Spesso era assaisoggettivo, ma soffriva, seinvolontariamenteoffendeva qualcuno. Da poco è stata pubblicata unalettera di Sciostakovic al redattore della stessa rivista“Sovetskaja muzyka”, Jurij Keldys, dove egli protestacontro l’intenzione di pubblicare le memoriedell’impresario americano Sol Hurok dedicate aGlazunov: “Noi tutti sappiamo che F. Schubert é morto acausa della sifilide, ma ciò non significa che bisognascrivere su questo articoli scientifici e fare ricerche.Musorgskij è morto a causa dell’ubriachezza. Non c’èbisogno di scrivere articoli e fare ricerche su ciò, comenon bisognerebbe riprendere il ritratto umiliante di Repin.Mi sembra un principio abbastanza chiaro”. Sembraimpossibile a Betty Schwarz anche il tono con il qualeSciostakovic avrebbe parlato di Boris Pasternak e dellaAnna Achmatova, che per fare piacere a Stalin si eranomessi a tradurre i poeti georgiani.Critico severo del libro di Volkov è il musicologomoscovita, di origine armena, Levon Hakobian, autoredel primo libro dedicato alla PRODUZIONEMUSICALE di Sciostakovic e non alla sua tormentatavita nell’ambito del regime sovietico. Il libroappositamente si intitola Dmitrij Sciostakovic. Saggiodella fenomenologia dell’opera. Qui c’è l’analisiscientifica, teorica e musicologica dell’intera produzionedel grande compositore. Nell’Introduzione, Hakobianbolla il libro di Volkov, Testimonianza, come

“compilazione e forse falsificazione”. E nel commento apiè di pagina il libro viene definito un “documentoabbastanza triviale, dove la figura di Sciostakovic vieneadattata al livello mediocre professionale e intellettualedell’interlocutore”. Non nega però Levon Hakobian che illibro ha scatenato (positivamente) l’interesse per lamusica e la persona di Sciostakovic “nel mondo intero”.Il libro della Wilson, oltre il terrificante racconto diVeniamin Basner, contiene molti racconti drammaticidegli amici e vari conoscenti contemporanei diSciostakovic. Il fatto è che alcune delle lorotestimonianze superano di gran lunga le affermazioniattribuite da Volkov a Sciostakovic, in materia storica eideologica. Flora Litvinova, madre di un coraggiosodissidente, Pavel Litvinov, uno dei pochi manifestantisulla Piazza Rossa nel 1968 contro l’invasione dellaCecoslovacchia, era diventata, da giovane, amica delcompositore e della sua famiglia.Nell’autunno 1956, dopo la morte della moglie Nina,Sciostakovic assai invecchiato riceve i coniugi Litvinov esubito chiede loro: “Avete sentito qualcosa alla BBC?Come va a Budapest? Come va in Polonia? L’impero stacrollando, si rompono le cuciture. E’ sempre così.Bisogna tenere i pugni serrati, se appena si molla,l’impero crolla. Solo lui sapeva come fare”. Poi si parladi Picasso. E Sciostakovic all’improvviso comincia a

definirlo “canaglia”;perché lui “approva ilpotere sovietico e ilnostro comunismo,mentre i suoi seguaci,pittori, nell’UnioneSovietica vengonoperseguitati, non li

lasciano a lavorare”... All’obiezione di Flora, che anche isuoi seguaci vengono perseguitati in patria, Sciostakovicesplode ancora: “Sì, anche io sono una canaglia, unvigliacco e altro, ma io sono in prigione. Ho paura per mee per i miei figli... invece lui è in libertà, potrebbe nonmentire! “Sciostakovic include nella lista deglioccidentali che mentono, pur di restare gli amici delpotere sovietico, il prete Hewlett Johnson, Joliot-Curie...maledice il piccione della pace! “Odio la schiavitù delpensiero non meno della schiavitù fisica”. Nel dicembre1941 Flora Litvinova assistette alla prima esecuzione alpianoforte della Settima sinfonia. Già allora DD disse allagiovane amica: “Certamente, il fascismo. Ma la musica,la vera musica non è mai legata letteralmente ad un tema.Il fascismo non è semplicemente il nazional-socialismo,questa musica è musica del terrore, della schiavitù, dellanon libertà dello spirito. “Più tardi, quando DD si eraabituato a me e ormai si fidava, diceva direttamente chela Settima (ma anche la Quinta) non parlavano solo delfascismo, ma anche del nostro sistema, in genere diqualsiasi totalitarismo”. Dopo la morte di Stalin, nel1953, si diffondevano le voci, secondo i quali proprio ilsatrapo staliniano Lavrentij Beria avrebbe iniziato amettere ordine nella polizia, che stava liberando alcunidei detenuti politici. Questa voce era stata comunicata aiconiugi Litvinov dalla moglie dell’Ambasciatore Majskij,

“Testimonianza non è un libro di memoriedel Maestro, non è neanche un libro diVolkov su Sciostakovic, ma è un libro diVolkov su Volkov” (Boris Ivanovic Tiscenko)

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arrestato poco prima e poi liberato. All’improvvisoSciostakovic esplose: “Come potete credere a questasporca menzogna diffusa da QUELLA amministrazione!Beria, il quale personalmente scaricava nel cesso icadaveri smembrati delle persone, vuole che le personecredano che gli sono cresciute le ali! E voi siete incline acredergli!” E ancora una testimonianza importantissimadella stessa Signora Flora. Attorno al 10 gennaio 1972 leivide Sciostakovic per l’ultima volta. Con orgoglio epiacere parlava del figlio Maksim, dei suoi concertianche all’estero. “Ma vivere sempre laggiù Maksim nonvorrebbe” (!)... lei mi chiede se io sarei diverso se nonavessi la guida del partito? Sarei diverso, probabilmente.Credo che sarebbe più forte la linea che veniva dallaQuarta sinfonia. Ci sarebbe più acutezza, più brio, piùsarcasmo, più nudità, e meno necessità di camuffarsi,semplicemente più musica. Ma io non mi vergogno diquel che ho scritto. Amo tutte le mie opere”.Altro conoscente di vecchia data, Lev Lebedinskij,racconta che durante l’esecuzione della Undicesimasinfonia, ufficialmente dedicata alla rivoluzione del 1905in Russia, soffocata dall’esercito zarista, una donna,seduta dietro di lui, esclamò spaventata: “Dio mio, questinon sono gli spari dei fucili, qui i carri armati stannoschiacciando gli uomini!” Era talmente ovvio, che ilfiglio del compositore, Maksim, durante la prova dellaSinfonia disse al padre: “Papà, se scoprono di che cosahai scritto, ti impiccano”.Nei racconti della musicologa ed amica di Sciostakovic,Marina Sabinina, più di una volta appare il compositoreche non può perdonare a se stesso di essersi umiliato difronte al famoso “Ukaz” del 1948, contro i compositori-formalisti. Si definiva “una marionetta, un pagliaccio, unpetruška”. Ed, infine, la storia della sua iscrizione alpartito comunista. Nell’estate del 1960 Sciostakoviccompone l’Ottavo quartetto che dedica a se stesso, e nonsolo “alle vittime del fascismo”. Un giorno nella stessaestate, racconta il figlio Maksim, “papà ci chiamò nelproprio studio e disse: “Mi hanno spinto ad entrare nelpartito... E scoppiò a piangere. Lo vidi piangere solo duevolte nella vita – quando è morta nostra madre e in quelgiorno famigerato”.Questi sono alcuni dei racconti che contengono i libriusciti per il centenario di Sciostakovic. E allora? Checosa poteva aggiungere di nuovo alla biografia diSciostakovic il secondo libro di Solomon Volkovdedicato al compositore ed al suo “rapporto” con ildittatore (Editore Garzanti. Traduzione dall’inglese e dalrusso di Bruno Osimo)?Il nuovo libro di Solomon Volkov riporta l’ Introduzionedei figli del compositore, Galina e Maksim. Scrivono cheil loro grande padre “riflette la tragedia terribile del suotempo nel linguaggio della sua creatività come in unospecchio spietato”. Lo definiscono un “profeta” eassicurano che “il Signore protegge i suoi profeti.Sciostakovic è sopravvissuto, Sciostakovic ha vinto”. Eancora: “Con una grande messe di materiale, Volkovrivela al lettore nei minimi dettagli la tetraggine e laspaventosa imprevedibilità di quel “teatro” in cui iburattini erano persone vere con vite vere. Le funeste

pietre miliari del passato stanno svanendo dalla memoria.Il libro di Volkov serve a ricordarle. Noi, figli diSciostakovic, che abbiamo visto la sua vita passaredavanti agli occhi, esprimiamo la nostra profondagratitudine a Solomon Volkov per la sua operameravigliosa, la cui nuda verità aiuterà senz’altro i nostricontemporanei e le generazioni future a vedere meglio ildestino difficile del nostro indimenticabile padre e, graziea questo tramite, a capirne meglio la musica”. Che cosa sipuò aggiungere a tali parole? Indubbiamente, il nuovolibro è considerato più veritiero, in primo luogo, e piùapprezzabile. Nella versione russa, come in quellaitaliana, il libro inizia dall’articolo-prefazione con iltitolo Una voce per tutti quelli che voce non hanno delfamoso violinista e direttore Vladimir Spivakov. Nellaedizione russa si leggono sulla copertina brevi referenzedi Vladimir Ashkenazy, Jurij Temirkanov, GidonKremer... Tutti loro ritengono il nuovo lavoro di Volkovprezioso, completo, esauriente, e soprattutto vero. IntantoVolkov avvisa che “con gli anni, le opinioni diSciostakovic, come sono riportate fedelmente inTestimonianza, si sono confuse... con le mie opinioni econcezioni... Nel tentativo di chiarire questa confusione edi fare dei distinguo tra Testimonianza e questo miosecondo libro, ho tenuto al minimo le citazioni daTestimonianza e dalle mie conversazioni personali conŠostakoviè”.Alla fine del libro Volkov si chiede: quale delle tremaschere – Jurodivyj (l’Innocente), il Falso Dimitrij I o ilgeniale Annalista (io traduco “cronista”, letopisez) - cheSciostakovic ha ereditato da Puskin-Musorgskij, egliindossava quando morì? “Le prime due mascherescomparvero nel corso della sua vita, e solo gli storicidella cultura le ricorderanno. La terza è rimasta, e l’haindossata in quel ruolo che è entrato nel nuovo millenniocon le sue maggiori composizioni”. Non posiamo nonessere d’accordo con Volkov. Il libro (nell’edizioneitaliana, ma non in quella russa) è pieno di citazioniautorevoli, di commenti, non di “storielle” o raccontiprivati; ci sono riferimenti di tipo “accademico”, sonocitate moltissime fonti, le stesse dei preziosi libri dellaWilson. A differenza dei libri di Volkov, comunque, glialtri – innanzitutto quello di Hakobian – parlano molto dipiù della MUSICA di Sciostakovic. Volkov anche qui èpiù lo storico della politica e dell’arte.

Sciostakovic. Rivelazioni -31

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Luci e ombre del mondo dei concorsi musicali

io giuratotu concorrente

Nell’affannosa ricerca di un posto al sole, oggi i musicisti, giovani e non, ancorasi rivolgono pieni di speranze al mondo dei concorsi, con il proposito di

guadagnare in breve tempo fama, denaro, concerti, in una parola lavoro.

di Enrica Di Bastiano

E’ lecito chiedersi se la moda dilagante deiconcorsi, che oggi arriva a contare, solo inItalia, la presenza di oltre 350 competizioni

(fonte: Promart 2006), trovi il suo centro propulsorenel bisogno di gloria del rampante musicista in erba,piuttosto che nel suo bisogno di soldi. Per soldi nonsi intendono solo premi in denaro, o temibili coppeche la maggior parte dei concorsi, anche i piùscalcinati, riservano ai propri partecipanti, ma anchepossibilità di trovare i famigerati agganci, linfavitale del musicista che cerca faticosamente unaporta d’ingresso nel mondo della musica comelavoro, più che come diletto. Spesso i concorsi

offrono concerti ai vincitori, i più prestigiosiaddirittura tournée. E’ il caso dei pianisti vincitoridel concorso Van Cliburn che si ritrovano in agendaun carnet di duecento concerti nei quattro annisuccessivi alla vittoria. Anche i quartetti laureati dalpremio Borciani non si possono lamentare,incassano infatti un assegno di ventimila euro eduna tournée in Europa, Stati Uniti e Giappone. LoChopin di Varsavia si “limita” ad offrire ai propripianisti laureati contratti con la DeutscheGrammophon e concerti in Giappone ed Asia (forseperché begli ultimi anni i vincitori hanno quasi tuttiocchi a mandorla?).

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Accanto alla schiera dei premi illustri e consistenti,sia dal punto di vista economico che da quellolavorativo, rimane il folto gruppo dei premi econcorsi di livello inferiore che continuano aproliferare nel nostro paese ed anche all’estero, enon sono comunque disdegnati dagli addetti ailavori. Questi ultimi, raggruppati su basedemografica, più che per fama o talento, nellecontrapposte fazioni di giurati e candidati, dannovita ad un vero e proprio business: quello del mondodei concorsi.Da sempre questo giro d’affari macina soldi privatie contributi statali, crea non pochi clientelismi, dàlustro a questa o quella associazione culturale, aquesto o quell’assessorato, ed ha dato i natali,

addirittura, a nuove figure professionali, tra cuiquella del “ partecipante a concorsi di professione”e, non da meno, quella del “giurato liberoprofessionista”.Ad un’analisi attenta, l’esame di queste due nuovecategorie lavorative fornisce diversi elementi divalutazione per capire come mai il business deiconcorsi abbia preso tanto piede soprattutto negliultimi anni. Il partecipante ai concorsi professionistacontempla due sottocategorie. Da un lato c’è ilmusicista appena diplomato che cerca conferma delsuo brillante voto e, ingenuamente, pensa di potersbalordire la giuria che si trova davanti, con la suascolastica esecuzione del pezzo. Dall’altro c’è ildiplomato di vecchia data, deciso a fare della

Il signore di concorsi se ne intendeSergio Perticaroli, pianista, vincitore del Busoni, concertista di fama, didatta molto stimato e richiesto in ogni parte delmondo, presidente e giurato di concorsi internazionali. Gli abbiamo posto alcune domande- Servono i concorsi?Sì, se non altro per segnalare i musicisti, anche se poi non è detto che essi facciano carriera. Quello dei concorsi però èun sistema che è entrato in uso da molti anni. In generale chi vince i concorsi fa carriera, anche se ci sono molti musicistiche fanno carriera senza aver vinto dei concorsi. Oggi c’è la tendenza da parte di molti impresari a scritturare musicistiche non sono usciti da questi business o “macchine infernali” che sono i concorsi.- Rispetto al passato è cambiata la loro funzione?Si, è cambiata. E’ chiaro che il numero dei concorsi è diventato enorme. Prima chi vinceva un concorso era veramente unoutsider, adesso ci sono molti concorsi, non tutti alla stessa altezza. Poi c’è il problema delle istituzioni musicali che nonsempre riescono a ‘smaltire’ i vincitori. Accade che chi ha vinto un concorso internazionale magari dieci anni fa siriproponga ad un altro concorso internazionale per ritornare a galla. Quindi c’è qualcosa che non funziona.-E’ vero, come si mormora, che la gran parte è truccata?Truccati no. E’ chiaro che qui il discorso è molto lungo. Le commissioni di un concorso musicale importante sonocostituite da giurati che si conoscono, che sono i capiscuola e che quindi hanno degli interessi. Io però vado ai concorsie non vedo che sono truccati.C’è da dire che un ragazzo studia molto per preparare un concorso, quindi per lui diventa un allenamento ad alto livello,cosa che nei conservatori ormai non si fa. Preparare un concorso è stimolante per un giovane musicista, è una sorta disfida alla loro preparazione. Attraverso i concorsi i ragazzi si fortificano e diventano più bravi.Che la giuria possa fare degli errori non mi sento di poterlo dire, perchè ci sono anch’io spesso in giuria. Il problema ècome giudicare i ragazzi. Farò un intervento, a Terni, in occasione di un meeting della Federazione dei ConcorsiInternazionali, su come valutare i concorrenti nei vari concorsi. Poichè ogni concorso ha un metro di valutazione diverso,si verifica che un concorso dia risultati diversi da un altro. Io, infine, reputo i concorsi utili, solo che i concorsi sonocome i supermercati: ci sono tanti prodotti esposti, ma non tutti arrivano nelle case.-Sono comunque troppi? Hanno ancora un ruolo nell’avvio della carriera di un giovane musicista?I concorsi possono essere tanti, ma non servono per una carriera, servono più per lo studio. La carriera si può aprire intanti modi: con degli incontri musicali, con delle scelte di repertorio, con degli scandali...Ci sono tanti casi in cui ilpubblico si accorge di un artista non tanto per le sue capacità musicali ma per degli avvenimenti collaterali. Forse iconcorsi sono troppi, ma c’è anche tanta gente che studia. Forse se si va avanti così i ragazzi potranno cominciare ascoraggiarsi e a ritirarsi, ma in genere i ragazzi sono pronti a queste sconfitte e continuano ad andare avanti. Quandoperdono un concorso, già pensano al successivo. I ragazzi cercano sempre di sapere quali sono i concorsi e più concorsici sono più sono felici perchè aumenta in loro il desiderio di arrivare. E’ una sfida con se stessi. E’ il meccanismo deiconcorsi che è perverso.- Ad un giovane musicista dotato cosa consiglierebbe in alternativa?Un giovane deve fare il repertorio. Spesso ci sono dei momenti in cui un giovane vince un concorso ma non ha unrepertorio e non riesce a soddisfare eventuali richieste di concerti. Il concorso deve arrivare ad certo livello di studio e dimaturazione. Certo non bisogna essere troppo avanti con gli anni, altrimenti si viene superati dai più giovani.

(A cura di Rosa Fanale)

Concorsi. Inchieste - 33

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musica il proprio mestiere, che si arrabatta trainsegnamento e concertini di provincia ed ora,sapendo a memoria due o tre pezzi, suonati negliultimi dieci anni tutte le volte che si è trovatodavanti ad un pubblico, pensa di poter superare ipropri colleghi davanti alla spietata giuria. Entrambicontinuano a cercare spasmodicamente concorsi davincere, possibilmente con pochi partecipanti,investendo anche cifre cospicue per iscrizioni espostamenti. Qualche volta si classificano, altrevolte addirittura vincono e, magari, si rifanno dellespese, mettono da parte qualche soldino, ottengonoun po’ di gloria, allungano di qualche riga il propriocurriculum e, nonda ultimo,aggiungono un po’di punteggio, utileper risalire la chinadelle graduatoried’insegnamento.E sì, perché l’altramotivazione cheoggi spinge apartecipare ad unconcorso èsicuramente la mania,tutta italiana, dellacaccia al punteggio perle graduatorie. Unaclassificazione in unconcorso può fruttare alpartecipante anche unpunto in graduatoria, unavittoria ancora di più. Ilprofessionista deiconcorsi, allora, investesenza indugi i 50,00 Eurodella quota dipartecipazione, nellasperanza che un’eventualevittoria gli consenta discavalcare l’infinito elencodi persone che lo separadall’agognato posto fissonella scuola. Lì potrà passaretranquillo il resto della sua vita, insegnando ad ungruppo di scalmanati a suonare ‘Fra Martino’ colflauto dolce. L’alternativa che gli si para davantisarebbe l’eliminazione fisica (!) di tutti icontendenti collocati prima di lui nell’elenco…maforse il punteggio del concorso è una cosa più pulitae più facile da ottenere, ed allora ecco bello econfezionato un altro motivo in più per teneresaldamente in piedi tutto l’apparato dellecompetizioni musicali.

Esaurito l’argomento candidati, rimane daesaminare quello dell’altro attore che prende parte aquesta umana commedia: il giurato professionista,professione ben più ambita di quella delpartecipante, non comporta rischi, non ci si devenecessariamente esibire, assicura quasi sempreretribuzione congrua al nome che si porta esistemazione ’all inclusive’ a caricodell’organizzazione. I requisiti per entrare a farparte della categoria sono vari. Per i grandiconcorsi, ovviamente serve il nome, la fama,un’illustre carriera alla spalle o la vittoria delconcorso stesso nelle edizioni precedenti. Per i

concorsi di livellomedio basso ivincoli di accessosono più larghi,rimane semprevalida la vittoriadel concorso, manon vengonodisdegnatil’appartenenzaall’associazione ofondazione cheorganizza lacompetizione, laconoscenza di questo oquell’elemento dellagiuria, l’esibizione diun curriculumopportunamentegonfiato laddove il casolo richieda, l’essere ilpoliticante di turno chefinanzia il concorso e chenon conosceassolutamente niente dimusica, ma ha una nipotinafresca di diploma inConservatorio. Laposizione del giurato è,senza dubbio, una posizionedi rilievo e soddisfa anche ipiù biechi istinti sadici

consentendo al giurato di rivalersi su questo o quelcandidato non solo per via di un’esecuzionescadente, ma anche perché l’abito è inadeguato,l’insegnante è sempre stato un suo acerrimo nemico,o perché nell’albero genealogico del malcapitatonon figura nessun personaggio di rilievo.In questo marasma di losche vicende ecompromessi, forse descritti a tinte fin troppofosche dal disilluso musicista-scrittore, ha un ruoloanche lo Stato che attraverso il FUS finanzia alcune

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delle competizioni che ogni anno si svolgono inItalia. Nel precedente numero di Music@, i lettoripiù attenti non si saranno certo fatti sfuggire i datirelativi ai finanziamenti dei concorsi musicali.Quello che salta subito e vistosamente all’occhio è,innanzitutto, che dei 350 e più concorsi organizzatiogni anno in Italia, solo una trentina ricevono unfinanziamento statale. Nel 2003 esso ammontavacomplessivamente a 1.298.747,05 Euro, nel 2005 èstato decurtato del 10%, arrivando a 1.074.000 euro.In seguito a questo taglio, le istituzioni che avevanofinanziamenti per la realizzazione dellecompetizioni sono passate da 52 (anno 2003) a 36(anno 2005), con un calo di presenze di oltre il 30%.Quello che è lecito chiedersi è se tale taglio siadovuto al generale abbassamento del FUS, oppurealla presa di coscienza da parte di qualcunodell’inutilità di alcuni di questi concorsi per tutte lemotivazioni menzionate. Inoltre questo dato sembraconfermare il sospetto, peraltro fondato, che iconcorsi, per così dire, di serie B vivono soprattuttograzie all’iniziativa personale di qualcheassociazione, scuola o ente che trova i fondi perorganizzare la competizione rivolgendosi a privati,alle amministrazioni comunali e regionali, aiconcorrenti stessi. Questa deduzione è ulteriormentecorroborata da uno studio effettuato sulla tipologiadei concorsi svolti in Italia nell’anno 2006. Ilconfronto dei dati, tratti dal sito di Promart chepubblicizza la maggior parte dei concorsi musicaliorganizzati ogni anno nel nostro paese, mette in luceche la maggior parte dei premi è rivolta ai pianisti, acui proprio nel 2006 erano indirizzati 120 concorsisu 350 censiti. Seguono i cantanti, con 110 concorsie la musica da camera che conta 75 concorsi. Glialtri strumenti sono presenti in maniera via viadecrescente. Il fatto che pianisti e cantanti siano i

più gettonati come candidati ai concorsi dà unadoppia informazione, da un lato conferma chesicuramente queste sono le discipline musicali piùdiffuse, e qui niente di nuovo; dall’altro, però, èanche la spia del fatto che il concorso è spesso unostrumento pubblicitario per le tante associazionimusicali che proliferano nella penisola.Un’ulteriore riflessione va fatta sulla presa che inostri concorsi hanno all’estero. Il periodicofrancese Le Monde de la Musique ha pubblicato sulnumero di Ottobre 2006 un lungo articolosull’argomento, limitandosi a quelli pianistici dilivello internazionale. L’articolo non manca di porsiinterrogativi circa la validità e l’utilità dei concorsimusicali. Nel menzionare i concorsi di pianofortepiù importanti al mondo, il quotidiano ne cita solodue dei 120 italiani: il Concorso ‘Busoni’,menzionato più per lo specifico repertorio basatosulla musica del ‘900 che per il prestigio, ed ilConcorso ‘Casella’ di Napoli, ricordato comeesempio di concorso che nel passato ha laureatomembri illustri, ma che poi è finito miseramente.Ancora un altro dato circa la visibilità dellecompetizioni italiane all’estero viene dalla bancadati della Fédération Mondiale de ConcoursInternationaux de Musique. Un ente nato nel 1957 aGinevra e al quale fanno riferimento leorganizzazioni che attraverso i concorsi cercano discoprire talenti nel mondo. L’adesione a questafederazione è autorizzata solo ai concorsi cherispondono a certi requisiti di qualità, dettati dallafederazione stessa. A questo punto è lecito chiedersiquanti dei 350 concorsi organizzati nel 2006 inItalia siano menzionati dalla FMCIM. La risposta èsconcertante: 13! Solo 13 organizzazioni su 350 sisono preoccupate di aderire ad un’ associazioneinternazionale che assicura visibilità fuori dal nostro

Spigolando fra i concorsi della nostra penisolaUn grido di dolore, anzi di speranza arriva dal sud! Il Concorso pianistico intitolato al genius loci, Ennio Speranza non hapiù i fondi e perciò rischia di chiudere dopo decenni di svolgimento. Gli organizzatori, offesi con il Ministero, parlano di“storica competizioni e di albo d’oro gloriosissimo”. Ditemi, in ventiquattr’ore, se ricordate un nome, uno solo fra ivincitori del concorso tarantino che abbia fatto carriera! Se vi viene, anche fuori tempo massimo, telefonatemi, sonocurioso di conoscere la vostra scoperta. Si dirà che simili cose accadono solo al sud. Vero, ma accadono anche al nord. Inlaguna da tempo si svolge un concorso pianistico ‘Premio Venezia’. Organizzato nel migliore dei modi, i giornali nelodano la calda accoglienza ‘lagunare’ - come hanno fatto anche quest’anno - e la composizione della giuria - tutti criticidi grido che messi insieme nessun giornale al mondo, nemmeno quel riccone di Murdoch potrebbe permetterseli, edinvece Venezia, sì. La quale giuria, quella dei ‘criticoni’ è pressoché la stessa da anni. Vi facciamo la stessa domanda:ricordate un solo nome, che sia uno almeno, fra i vincitori del lodatissimo premio che abbia fatto carriera? Mi dite alloraperché lo Stato dovrebbe finanziare anche questi concorsi? Ne scelga quattro o cinque in tutto nelle diverse discipline, siassicuri che l’organizzazione e lo svolgimento siano correttissimi, e che ai vincitori quella vittoria apra davvero la carriera.E finanzi solo quelli. E non continui a fare, come sta facendo, che ogni anno taglia dei concorsi, magari ne ammettequalche nuovo, ma non si riesce mai a capire perché ha tagliato certi concorsi, né perché ne ha ammessi altri al finanziamento.E non riusciamo a capirlo neppure noi che siamo del mestiere e le cose le capiamo. (P.A.)

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SOMMARIO36 - Concorsi. Inchieste

paese; oppure solo 13 sono riuscite ad ottenere dellaFMCIM il riconoscimento per entrare a far partedella federazione?L’interrogativo probabilmente non avrà mairisposta, ma mette davanti ai nostri occhi ancora unavolta la strana realtà del mondo dei concorsimusicali in Italia, una realtà fatta di giovani

promesse e di vecchi compromessi, di grandiaspettative e di piccoli raggiri, di belle speranze e,talora, di dietro le quinte. L’augurio è che lepromesse, le aspettative e le speranze non venganodisattese e che quello dei concorsi rimanga unostrumento di selezione del merito, senza “notestonate”.

Conta anche la scuola?I concorsi, in genere, servono a farsi le ossa per concorsi più importanti, e nel caso di concorsi importanti a farsi conosceree magari facilitare la carriera. Talvolta servono principalmente a dar lustro a qualche assessore o per motivi turistici (iconcorsi-ammucchiate pluri-strumentali e per categorie).Ma oggi, anche per la carriera servono molto meno. Nel mondo quelli che servono veramente sono quattro o cinque.In gran parte non sono “truccati”. C’è però qualche caso, per lo più limitato, fortunatamente, a qualche giurato in malafede. Può succedere che non vinca sempre il migliore, ma chi vince i concorsi più importanti, non è uno sprovveduto.Dipende dalle giurie, dal gusto dei singoli giurati (meglio giurie numerose!) e dal livello dei candidati: quando diversicandidati si equivalgono, quando mancano le punte, qualunque risultato è possibile.Comunque i concorsi sono troppi, anche quelli importanti. E molto pochi quelli organizzati in maniera tale da dare unaiuto determinante alla carriera.Qualche consiglio. Cercare, con aiuti di vario tipo, compresa la frequenza di un’Accademia di prestigio, di suonare ilmeglio possibile, di suonare in pubblico e farsi conoscere. Poi...di fare concorsi! Visto che tutto sommato, se va bene,possono aiutare. Quelli piccoli (non certo le categorie A, B, C,....Z, che non servono a niente!) servono per farsi le ossae il sistema nervoso; quelli importanti per farsi conoscere, farsi un repertorio, darsi una disciplina e...chissà, fare carriera.Vorrei infine dare un consiglio agli organizzatori ed agli agenti. Sostituire il concorso con un ciclo di concerti, invitandocritici, operatori musicali e - ammesso di trovarli - agenti di concerti in grado di accorgersi delle qualità musicali e“spettacolari” di un giovane interprete SCONOSCIUTO. In genere questo tipo di fauna, quasi sempre femminile, attendeche un giovane cresca in notorietà e in “cachet” prima di occuparsene.

Riccardo RisalitiAccademia Pianistica di Imola

SOMMARIO L’Orfeo. Saggi - 37

“Mosse parimente Orfeo per esser omo”

Orfeo. E fu subitomelodramma

Quattrocento anni fa, nel Palazzo ducale di Mantova, venne rappresentato ilprimo grande capolavoro della storia del melodramma: Orfeo di Claudio

Monteverdi. La storia dell’evento ed i fermenti dai quali nacque il più ‘pomposo epiù bello di tutti gli spettacoli’, secondo la definizione di Gluck.

di Rinaldo Alessandrini

L’Orfeo di Claudio Monteverdi costituisce uncomplesso banco di prova sia per l’esecutore cheper l’ascoltatore, entrambi chiamati ad affrontare

la sfida della ricostituzione di una verginità d’approccioall’opera. La possibilità, cioè, di affrontare Orfeo

cercando di dimenticare ciò che in tempi, ancheimmediatamente successivi a quest’opera, si è andatocodificando nella prassi del teatro musicale. C’è infattiuna opinione diffusa che accomuna lo stile recitativodelle opere della successiva scuola veneziana degli anni

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Quaranta e seguenti (sfociatasuccessivamente in quella del recitativosecco opposto all’aria) allo stileinverosimilmente più sofisticato che èstato definito con una pluralità ditermini: recitar cantando, stile recitativo,stile rappresentativo e che fu tipico epeculiare della musica teatrale dei primianni del secolo.Giovan Battista Doni nel suo “Trattatodella musica scenica” (in “Trattati dimusica” editi nel 1763) si trovò costretto adeterminare: “…E sebbene tutti chiamanorecitativo, intendendo ogni melodia che si canta avoce sola, è pero molto differente dove si cantaformatamente quasi alla guisa de’ madrigali, e doveregna quello stile semplice e corrente che si vede indue lettere amorose pubblicate dal Monteverdi colsuo lamento d’Arianna, e il racconto della morte diOrfeo nell’Euridice.” (in Solerti “Le origini delmelodramma”).E sempre Doni si preoccupò poi di distinguere lecaratteristiche delle diverse definizioni: “… maprima voglio avvertire che non è interamente ilmedesimo stile recitativo, rappresentativo edespressivo, sebbene comunemente non ci si fadifferenza. Per stile dunque recitativo s’intendeoggi quella sorte di melodia che si può acconciaree con garbo recitarsi, cioè cantarsi da uno solo inguisa tale che le parole s’intendano, o facciasi ciòsul palco delle scene, o nelle chiese o oratori afoggia di dialoghi, o pure nelle camere private, oaltrove. E finalmente con questo nome s’intendeogni sorte di musica che si canti da uno solo alsuono di qualche instrumento, con pocoallungamento delle note e in modo tale che siavvicini al parlare comune, ma però affettuoso: nelquale stile riceve ogni sorte di grazie o accenti,eziandio i passaggi lunghissimi, non che siano attiad esprimere gli affetti (che, come dice GiulioRomano [Giulio Caccini], non vi ha cosa nellamusica più contraria ad essi), ma per dar gusto achi meno intende, o anco per volere i cantori stessimostrare la loro disposizione e, come si dice,strafare….Ma per stile espressivo voglio alcuni che s’intendaquello che meglio esprime il senso delle parole e gliaffetti umani, con che però non mostrano alcunaparticolare osservanza che possa formare unapropria sorte di melodia, onde più presto si devereputare per una qualità e particolare perfezione dicanto….Ma per rappresentativa intedere debbiamo quellasorte di melodia che è veramente proporzionataalla scena, cioè per ogni sorte di azione

drammatica che si voglia rappresentare(i greci dicono imitare) col canto, che èquasi l’istesso che l’odierno stilerecitativo, e non del tutto il medesimo,perché alcune cose se gli doverebbonolevare per perfezionarlo, e altre peraggiungerli, come appresso sidimostrerà… gli attori…non recitano,ma rappresentano imitando le azioni e icostumi umani…” (in Solerti “Le originidel melodramma”).

Alla base di tutte queste definizioni, c’è il canto avoce sola, invenzione della metà del ‘500, codificatanei suoi aspetti innovativi all’inizio del ‘600.E dunque fin da primi anni del sedicesimo secolo sipubblicavano composizioni polifoniche ridotte a unavoce corredate di intavolatura per il liuto cheriassumevano le altre parti: Baldassarre Castiglioneloda il cantare “alla viola” o “al liuto”: “ma ancormolto più il cantare alla viola perché tutta ladolcezza consiste quasi in un solo, e con moltomaggior attenzion si nota ed intende il bel modo el’aria non essendo occupate le orecchie in più chein una sol voce” (Baldassarre Castiglione, “IlCortegiano”, 1528). Vicentino precisavaulteriormente la nuova direzione: “Et s’avvertiràche nel concertare le cose volgari, a voler fare chegli oditori restino satisfatti, si dè cantare le paroleconformi all’oppinione del compositore et con lavoce esprimere quelle intonazioni accompagnatedalle parole con quelle passioni ora allegre, orameste et quando soavi et quando crudeli, et con gliaccenti aderire alla pronunzia delle parole et dellenote; et qualche volta si usa un certo ordine diprocedere, nelle composizioni, che non si puòscrivere: come sono il dir piano et forte, et il dirpresto et tardo, et secondo le parole muovere lamisura per dimostrare gli effetti delle passioni delleparole e dell’armonia” (Nicola Vicentino “L’anticamusica ridotta alla moderna pratica”, 1555). Tuttociò sembrava, dunque, un modo per rendereconcreto un nuovo possibile esito espressivoprecluso alla polifonia.All’inizio del ‘600 il senso dell’operazione siprecisava ulteriormente poiché, comegià nelle parole del Doni, l’espressione di affetti edemozioni diventava un presupposto imprescindibile:l’apporto individuale e soggettivo acquistava unvalore determinante, anzi essenziale al fine dellariuscita del buon effetto del pezzo.Nella musica polifonica precedente questa esigenzaera totalmente sconosciuta: “Mi son trovato aragionare con musici vecchi, i quali in sua gioventùhanno conosciuto famosi cantori di quel tempo etcompositori d’importanza, che cantavano le

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cantilene come le stavano scritte sopra de’ libri,senza porgerli pur un minimo accento o darliqualche poco di vaghezza: perché non eranointenti ad altro, né ad altro attendevano che allapura et semplice modulazione, dalla quale non nepoteva uscire altro che il semplice et puro effettoarmoniale, cavato per via di consonanze buonediversamente disposte.” (Zacconi, “Pratica dimusica”, 1592).All’inizio del diciasettesimo secolo, quandoquesto stile vide laluce nei suoi nuovipresupposti estetici efilosofici, fu definitoper la prima volta daEmilio de’ Cavalieri“recitar cantando”.Tutto prese il via dallericerche ed esperienzeespressive che aFirenze tenevanooccupato unintellettuale consessodi nobili e musicisti: laCamerata animata dalConte Giovanni Bardie istigataprincipalmente dalleriflessioni di VincenzoGalilei, musicista eteorico. Nella ricercadell’espressioneperduta della musicadegli antichi greci, essiformularono lecaratteristiche di unnuovo stile, appuntoquello del “recitarcantando”: rinnegandola polifonia e i suoiastrusi eccessi,invocarono un ritornoal passato, cercando di ricollegarsi il piùdirettamente possibile alla antica civiltà classicaattraverso la monodia, il canto a voce sola,considerata più vera e più vicina all’uomo e allesue passioni, perchè più naturale. La voce solapermetteva uno stile capace di conciliare la vocecantata, che è, per dirla con le parole di JacopoPeri, “sospesa e lenta” con la voce parlata“spedita e veloce”. Dunque si rifiutarono leragioni della musica difese dalla polifonia, avantaggio delle ragioni del testo, ora piùaccuratamente esaltato dall’unica linea melodica, edelle sue conseguenze espressive. Ovviamente

nessuno immaginò di aver ricreato lo stile greco, maciò bastò per allontanarsi dall’usuale prassi musicaledi quel tempo. Si aggiunsero inediti elementi diesecuzione, ormai tipici del nuovo modo di cantare,fremente, inquieto ma nobile ed elegante allo stessotempo: vari tipi di ornamentazione, che intimamentesi legavano alla concezione retorica dell’esecuzione equindi vettori di indefinibili attitudini espressive.Emerge su tutto la “sprezzatura”, vera anima delrecitar cantando: “quella leggiadria, la quale si dà al

canto co’l trascorso di piùcrome e semicrome sopradiverse corde, col qualefatto a tempo, togliendosial canto una certaterminata angustia, esecchezza, si rendepiacevole, licenzioso, earioso, siccome nel parlarcomune la eloquenza e lafavella rende agevoli, edolci le cose di cui sifavella” secondo le paroledi Giulio Caccini, uno deiprimi e principalicompositori che legaronoil proprio nome a questonuovo stile. Principaliprotagonisti musicali diquesti primissimi annifurono oltre al già citatoGiulio Caccini, notoanche come GiulioRomano, Emilio de’Cavalieri, gentiluomoromano e Jacopo Peri,tutti e tre a diverso titoloin contatto con laCamerata.Ad essi dobbiamo leprime composizioni instile recitativo adattate per

il teatro musicale:-la Rappresentazione di Anima e di Corpo diCavalieri, rappresentata per la prima volta nelfebbraio del 1600 a Roma, Oratorio della Vallicella, epubblicata a Roma nel settembre del 1600 per i tipi diNicolò Mutii (la dedica di Alessandro Guidotti alcardinale Aldobrandini, che ne promosse lapubblicazione, è del 3 settembre 1600).-l’Euridice su testo di Ottavio Rinuccini e musicheprincipalmente di Jacopo Peri oltre ad alcuni insertidi Giulio Caccini, eseguita per la prima volta aFirenze, Palazzo Pitti, la sera del 6 ottobre 1600 epubblicata in seguito da Marescotti a Firenze nel

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riferimento alla “Repubblica” nellaprefazione all’Ottavo Libro deimadrigali e nella diplomaticacontroversia che accompagnò il tentativodi composizione dell’opera “Le Nozze diTetide”, un debole libretto composto daScipione Agnelli; evocò ancoraesplicitamente Platone alludendo ad unmomento cruciale dei suoi studi, durantela composizione dell’Arianna.Ecco come i compositori presentavano il

nuovo stile.“… mettere alla stampa alcune singolari e nuovesue composizioni di musica, fatte a somiglianza diquello stile, col quale si dice che gli antichi Greci eRomani nelle scene e teatri loro soleano a diversiaffetti muovere gli spettatori…”, “E’ ben vero che,avendo occhio il S[ignor] Emilio [De’ Cavalieri] adar la maggior perfezione che si puotesse a questogenere di musica affettuosa, ha giudicatoconveniente il concertar con altri stromenti, per lacopia che n’abbiamo a nostri tempi….”, “nonessendo stato da quel tempo indietro mai dapersona alcuna simil modo veduto, né pureudito…”, “manifesta pruova quanto questo stile siaatto a muover’anco a devozione…” (AlessandroGuidotti nella Prefazione alla “Rappresentazione diAnima e di Corpo” di Emilio De’ Cavalieri,pubblicata a Roma nel 1600)

“…Volendo rappresentare in palco la presenteopera….e far sì che questa sorte di musica da luirinovata commuova a diversi affetti, come a pietà eta giubilo, a pianto et a riso…. che il cantante abbiabella voce, bene intuonata e che la porti salda, checanti con affetto, piano e forte, senza passaggi, et inparticolare che esprima bene le parole chè sianointese, et le accompagni con gesti e motivi nonsolamente di mani, ma di passi ancora, che sonomolto efficaci a movere l’affetto… Gli stromenti,perché non siano veduti, si debbano suonare dietrole tele della scena, e da persone che vadinosecondando chi canta, e senza diminuzioni, epieno… Il passar da un affetto all’altro contrario,come dal mesto all’allegro, dal feroce al mite, esimili, commuove grademente.” (dall’Avvertimento“A Lettori”)“E’ stata opinione di molti… che gli antichi Greci eRomani cantassero sulle scene le tragedie intere;ma sì nobil maniera di recitare nonché rinnovata,me né pur, che io sappia, fin qui era stata tentata daalcuno…” (Ottavio Rinuccini, nella Prefazione allibretto de “L’Euridice” pubblicato a Firenze nel1600)“… ove il signor Ottavio Rinuccini…

1601 (anche se la data stampata è quelladel 1600). La dedica a Maria de’ Mediciè datata 6 febbraio 1600 (recte 1601)-l’Euridice di Giulio Caccini,completamento del libretto di Rinuccinicon musiche interamente proprie,dedicata a Giuseppe Bardi, il 20 dicembre1600.Le composizioni fiorentine del 1600furono eseguite in occasione delle festeper il matrimonio di Maria de’ Medicicon Enrico IV di Francia.Impossibile evitare l’insorgere della polemica su chifosse stato il primo a dare alla luce gli esiti musicalidel nuovo stile. In realtà si disputò argomentandonon solo sull’invenzione dello stile di canto maanche sul nuovo genere del teatro in musica. Tutti etre i compositori in vario modo cercarono diattribuirsene la paternità : Caccini dichiarando chelui andava componendo in questo stile da più diquindici anni, Cavalieri appigliandosi alle date dipubblicazione e Peri dichiarando il suo stile unico eappartenente a lui solo. Oggi queste ripiccheacquistano un valore relativo. E quindi purriconoscendo a Caccini, Peri e Cavalieril’innegabile ruolo di apripista è musicalmenteevidente che si dovesse arrivare all’Orfeo diMonteverdi per assistere alla prima opera dove lastruttura teatrale e musicale apparivano compiute ein reale contatto con una dimensione drammatica dievidente efficacia.Ciononostante i fiorentini non agirono a caso. Lianimò un certo platonismo di gran moda: “ …questiintendentissimi gentiluomini m’hanno sempreconfortato… ad attenermi a quella maniera cotantolodata da Platone et altri filosofi, che affermaronola musica altro non essere che la favella e il ritmo etil suono per ultimo … a volere che ella possapenetrare nell’altrui intelletto e fare quei mirabilieffetti…” (Caccini nella Prefazione alle “NuoveMusiche”, Firenze 1602).In realtà, le radici di queste idee affondano in scrittirisalenti già alla metà del ‘500 (Vicentino e Zarlino)grazie ai quali emerge gradatamente l’urgenzadell’imitazione musicale del senso del testo cantato.A Firenze fu il grecista Girolamo Mei a diffonderele idee platoniche sulla musica, idee poi trasfiguratenegli esiti musicali di inizio secolo. Il Mei,sintetizzando gli antichi insegnamenti sottolineòcome il potere di muovere le emozioni fosse propriosolo della monodia e assolutamente negato allapolifonia.Monteverdi da parte sua dimostrò il suocoinvolgimento nel platonismo, citando il filosofo apiù riprese con pertinenza e precisione. Fece

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adornandola… con maravigliosa unione di quelledue cose che sì difficilmente si accompagnano:gravità e dolcezza…” (Jacopo Peri nella Dedica de“L’Euridice” a Maria de’ Medici, Firenze 1600)“… questa nuova maniera di canto…” “… sidoveva imitar’ col canto chi parla (e senza dubbionon si parlò mai cantando), stimai che gli antichiGreci e Romani… usassero un’armonia, cheavanzando quella del parlare ordinario, scendessetanto dalla melodia del cantare che pigliasse formadi cosa mezzana….” “…e considerai che quellasorte di voce, che dagliantichi al cantare fuassegnata, la quale essichiamavanodiastematica (quasitrattenuta e sospesa),potesse in parteaffrettarsi, e prendertemperato corso tra imovimenti del cantosospesi e lenti, e quellidella favella spediti eveloci…” “Conobbi,parimente, nel nostroparlare alcune vociintonarsi in guisa che visi può fondare armonia,e nel corso della favellapassarsi per molte altreche non si intuonano,finchè si ritorni ad altracapace di movimento dinuova consonanza. Etavuto riguardo a que’modi et a quegli accentiche nel dolerci, nelrallegrarci et insomiglianti cose ciservono, feci muovere ilbasso al tempo di quegli,or più or meno, secondo gli affetti…” (Jacopo Perinell’Avvertimento ai Lettori dell’”Euridice”)“Nella qual maniera di canto ho io usata una certaspezzatura, che io ho stimato che abbia del nobile,parendomi con essa di essermi appressato quel piùalla natural favella…” (Giulio Caccini nellaPrefazione a “L’Euridice” Firenze 1600)La definizione “recitar cantando” porta con sè unsignificato estremamente particolare: “…et dimanisera il ser.mo principe ne fa recitare una nella saladel partimento che godeva madama ser.ma diFerrara che sarà singolare, posciachè tutti liinterlocutori parleranno musicalmente…”

(in Fabbri “Monteverdi”). Così Carlo Magni, ilgiorno precedente la prima rappresentazione diOrfeo a Mantova (la prima di Orfeo fu data in unteatro di fortuna, realizzato in una stanza degliappartamenti già di Margherita Gonzaga, il 24febbraio 1607, un luogo che Monteverdi definì‘angusto’) individuava con semplicità la portatarivoluzionaria di quello che stava per accadere. Sitrattava dunque di una commedia, un pezzo teatrale,insomma, dove però non si parlava ma si cantava, o

meglio si recitavacantando: ci si aspettavacioè modi e misure di unlavoro teatrale ma con lasostanziale differenzache gli attori avrebbero‘intonato’ la voce, inveceche parlare mantenendola stessa attitudineespressiva degli attori diteatro.Ovviamente Monteverdinon arrivò agli esiti diOrfeo per caso: primadel 1607 avevapubblicato i primi cinquelibri di madrigali. IlQuarto e il Quinto, inparticolare, avevano datol’avvio a quell’ enormerivoluzione che sisintetizza oggi con lafamosa frase “la musicasia serva dell’oratione enon padrona”.Monteverdi aveva cioèmaturato un ribaltamentototale delle necessitàdella composizionemusicale – già nellacomposizione polifonica- : il testo, con tutte le

sue conseguenze emotive, avrebbe dovuto da quelmomento in poi guidare la composizione musicale.La musica non avrebbe cioè più potuto procedere incontrasto o in mancanza di associazione col sensoemotivo del testo. Questo stato di cose comportavauna deformazione del tessuto musicale che siallontanava man mano dalla prassicontrappuntistica ormai consolidata, e cominciavapiuttosto a privilegiare i procedimenti accordali,omoritmici, e comunque una variata successione didiversi e contrastanti caratteri di scrittura. Ladissonanza acquistava un valore sempre piùdecisivo, venendosi a definire come il mezzo ideale

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per l’espressione delle passioni piùestreme, sia nella dolcezza che nelladrammaticità. Monteverdi sanciva in uncerto senso la distruzione della regola avantaggio della possibilità di unacontinua reinvenzione del linguaggiomusicale, determinata solo edesclusivamente dalla necessità diesprimere gli affetti del testo.L’esecuzione sicuramente ne dovevarisentire, poiché una certa maniera dicantare avrebbe più o meno reso giustizia a tanti ecosì basilari cambiamenti. La mobilità dinamica eritmica entrano a far parte integrante del madrigale,ingredienti essenziali per l’illuminazione del potereemotivo del testo. Aquilino Coppini descrive laprassi esecutiva di questi madrigali: “…quelli chesono di Monteverdi richiedono, durantel’esecuzione, più ampi respiri e battute non proprioregolari, talora incalzando o abbandonandosi arallentamenti, talora anche affrettando. Tu stessostabilirai il tempo. In essi c’è una capacità davveromirabile di muovere gli affetti.”Ma la dottrina delle conversazioni fiorentine lostordì: in una lettera dell’ottobre 1634, ilcompositore ammette di avere avuto alcunedifficoltà ad inserirsi in quelle dotte ricerche e diaver dunque chiesto aiuto ad altri studi esuggestioni: “ho però visto non prima d’ora, anziventi anni fa, il Galilei colà, ove nota quella pocapratica antica. Mi fu caro all’hora l’haverla vista,per haver visto in questa parte come cheadoperavano gli antichi gli loro segni praticali, adifferenza de nostri, non cercando di avanzarmi piùoltre ne lo intenderli, essendo sicuro che misarebbero riuscite come oscurissime zifere, etpeggio essendo perso in tutto quel modo praticaleantico. Per lo chè rivoltai gli miei studi per altravia, appoggiandoli sopra a fondamenti de migliorifilosofi scrutatori de la natura. […] Lascio lontanonel mio scrivere quel modo tenuto dai Greci conparole et segni loro, adoperando le voci et glicaracteri che usiamo ne la nostra pratica; perché lamia intenzione è di mostrare con il mezzo de lanostra pratica quanto ho potuto trarre da la mentedi que’ filosofi a servitio de la bona arte, et non aprincipii de la prima pratica, armonica solamente”Sicuramente avvertì che le istanze dei fiorentiniavevano qualcosa di ormai non più procrastinabile.Per Monteverdi, analogamente ai fiorentini, fu lalettura di Platone a indicargli la strada da seguire. Inun’altra lettera, del 1633, scrivendo a proposito delsuo trattato teorico che però mai vide la luce, narrache durante la composizione dell’Arianna si ritrovòdi fronte al problema di dare una disciplina al suo

istinto musicale: “[…] Il titolo del librosarà questo: Melodia, overo secondapratica musicale. Seconda (intendendoio) considerata in ordine alla moderna,prima in ordine all’antica.. divido illibro in tre parti rispondenti alle tre partidella Melodia, nella prima discorrointorno al oratione nella seconda intornoall’armonia, nella terza intorno allaparte Ritmica; Vado credendo che nonsarà discaro al mondo, posciachè ho

provato in pratica che quando fui per scrivere ilpianto del Arianna, non trovando libro che miaprisse la via al naturale alla immitatione né menoche mi illuminasse che dovessi essere imitatore, altriche Platone per via di un suo lume rinchiuso cosìche appena potevo di lontano con la mia debil vistaquel l poco che mi mostrava; ho provato dicco lagran fatica che mi bisognò fare in far quel pococh’io feci d’immitatione […].”Il Duca di Mantova intervenne ai festeggiamenti del1600 a Firenze. Quelle feste costituirono,musicalmente parlando, un vero e proprioavvenimento alla moda. Se ne volle dare un saggioanche a Mantova: il principe ereditario FrancescoGonzaga si fece dunque patrocinatore, attraversol’Accademia degli Invaghiti, della creazione di unospettacolo per il carnevale 1607. Così venne dunquecommissionato l’Orfeo a Claudio Monteverdi e allibrettista Alessandro Striggio. Ed ecco che anchequi, come già a Firenze, è un cenacolo di raffinatiintellettuali a dare vita ad una operazione culturaleche marca un netto stacco col passato. Alla luce diquesti avvenimenti sarà complicato negare ilcarattere aristocratico di Orfeo e delle prime operefiorentine. Si tratta di un taglio col vecchio, colconosciuto. Ciò nonostante la prima di Orfeo ebbeun successo tale da indurre il Duca a una replica il 1marzo 1607, questa volta nel Teatro di corte.Tra i primi interpreti dell’Orfeo, abbiamo notiziadella presenza di Francesco Rasi, nobiluomoaretino, cantante e compositore che frequentò laCamerata fiorentina, partecipò alla prima esecuzionedell’Euridice, cantando il ruolo di Aminta e arrivòquindi a Mantova per interpretare il ruolo delprotagonista dell’opera monteverdiana,perfettamente informato e padrone dei meccanismidel nuovo stile; Giovan Gualberto Magli, castrato,che cantò il ruolo di Proserpina oltre al Prologo, eforse padre Girolamo Bacchini che interpretòEuridice. E’ già il tempo nel quale si richiede a uncantante una competenza derivante dalla pienacoscienza dello stile e delle possibilità tecniche dellavoce: “Da messer Pandolfo [Grandi] m’è stattocomesso da parte de l’Altezza Serenissima Sua ch’io

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senta un certo contralto venuto da Modena,desideroso egli di servire all’Altezza SerenissimaSua; così dilungo l’ho condotto in San Pietro e l’hofatto cantare un motetto nel’organo, e ho udito unabella voce, gagliarda e longa, e, cantando ins[c]ena, giungerà benissimo, senza di scomodo, intutti i lochi, cosa che non poteva così bene ilBrandini. Ha trillo assai bono e onesta gorgia, ecanta assai sicuro la sua parte ne’ motetti, e speroche non dispiacerà all’Altezza Serenissima Sua. Haqualche diffettuzzi,come a dire s’ingorgaun poco tal volta lavocale, quasi allamaniera di messerPandolfo, e talvolta sela manda nel naso eancora se la lassiasdrusillare tra’ dentiche non fa intelligibilequella parola, e nonpercotte bene la gorgiacome bisognerebbe, néla indolcisce a certilochi, ma tutte questecose, io sono di certaopinione che, subbitoavvertito, il tutto sileverebbe…” (Lettera diMonteverdi al DucaVincenzo Gonzaga daMantova il 9 giugno1610).E’ interessante notarecome Monteverdiavesse cognizioni ditecnica vocale assaisolide, ma soprattuttocome pragmaticamentecercasse in una vocequegli elementiessenziali necessari allaquotidiana prassi musicale: potenza d’emissione e diproiezione, naturalità del colore, intelligibilità deltesto e soprattutto padronanza dell’articolazione perla realizzazione di un buon trillo e dei passi diagilità. (Intendiamo per trillo una successione dinote ribattute, rapida e articolata, e per gorgia ladistinta articolazione dei passi rapidi)Anche un esame superficiale di queste prime operemette in evidenza la grande differenza fra lascrittura di Monteverdi e quella dei suoipredecessori. Di non poco conto furono leesperienze armoniche sperimentate nei suoi ultimilibri di madrigali. Diremmo, per esemplificare, che i

fiorentini si concentrarono su un dato compositivoche semplificasse la scrittura, portandola lontano daqualsiasi complicazione: ben sapevano che i dettaglid’esecuzione, legati ad una attitudine degliinterpreti, effimera ma essenziale, avrebberocostituito un elemento fondante per la riuscita dellaloro musica. Monteverdi, pur non dimenticandoquesto elemento fondamentale (non avrebbeneanche potuto farlo dato che Francesco Rasi, primointerprete di Orfeo, fu anche protagonista

dell’Euridice fiorentinae quindi grandeconoscitore del nuovostile e delle possibilitàdi apporto individualeattraversol’espressione), non sisottrae a una piùapprofondita analisidelle possibilità dellascrittura, sicuramentemaggiore di quanto nonabbiano fatto ifiorentini. Siriscontrano, perciò, neiprocedimenti melodicidell’Orfeo alcunesoluzioni ritmiche chegenerano una situazionedi instabilità armonica:gli stessi squilibriritmici della scritturamadrigalistica dei libriQuarto e Quinto checreavano sottilisfasamenti nellaverticalità armonica,producendo fugacidissonanze. Si tratta perla maggior parte deicasi della scrittura ‘inextenso’ di alcune

formule di ornamentazioni che si supporrebbero avolte istintive nei cantanti: anticipazione della notao della sillaba. Christoph Bernard nel suo “Von derSinge-Kunst” del 1649 ci spiega con ricchezza diparticolari l’applicazione di questi ornamenti. Nondobbiamo farci fuorviare dalla collocazionegeografica che Bernard gli attribuisce, legandoli auna prassi romana: in realtà fanno parte di unpatrimonio più esteso, italiano. Va da sè chel’aggiunta dei trilli (rapide ripetizioni della stessanota), accenti (sistemi più o meno lunghi di fugaciappoggiature), esclamazioni (o clamatione per dirlacon le parole di Diruta: uno squillante ornamento

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che collegava salendo due note lontaneuna terza), cascate scempie e doppie(discese di rapide notine) quella che sichiamava ornamentazione picciola, fossedata per scontata nel modus operandi di unraffinato cantante alla moda, ad iniziosecolo.Monteverdi utilizzerà questi ornamenti periscritto anche nelle opere veneziane,testimoniandone l’assimilazione strutturale nellostile del canto a voce sola.Ci sembra di riconoscere nella loro applicazione lavolontà di sottolineare zone di particolare impegnoespressivo (“Tu’ se’ morta” e gli interventi dellaMessagera) e va da sè il riscontrarne la massicciapresenza nell’aria di Orfeo “Possente Spirto”:modo di fare che sembrerebbe accomunareMonteverdi a Bach, per la precisione di scrittura,tesa a determinare apporti che si suppongonopertinenti all’estemporaneaità dell’esecuzione. Nonso se una tale stato di cose sia applicabile alle operefiorentine: la scrittura estremamente più pianasembrerebbe escluderlo. Nei fiorentini sembracentrale il fatto di avvicinare lo stile di canto il piùpossibile allo stile parlato, recuperandone laflessibilità e in ultima istanza un certo modo diprocedere, assai prossimo ad una elocuzionenaturale, non lontana da una gestualità elegante enon priva di una certa ricercatezza.Nell’architettura dell’Orfeo, è presente una serie distrutture cicliche, che contribuiscono a fareavanzare l’opera su un piano assolutamentedeterminato. E dunque nel primo atto, giusto dopola fine del Prologo, Monteverdi sistema la strutturaspeculare:Vieni Imeneo (madrigale)Muse, onor di Parnaso (Ninfa)Lasciate i monti (madrigale)Ma tu gentil pastor (Pastore)Rosa del ciel (Orfeo)Io non dirò (Euridice)Lasciate i monti (madrigale)Vieni Imeneo (madrigale)Il primo atto seguita con l’alternanza di un ritornelloscritto in stile osservato e una serie di interventi deipastori, 3 per la precisione - alto e tenore; soprano,alto e tenore; alto e basso - tutti concepiti in formadi variazione su uno stesso basso, ma realizzati conabbondanza di ornamentazione. Il basso si esibisceaddirittura in un lungo passo “alla bastarda”,viaggiando cioè sui registri del tenore e del bassocontemporaneamente. In questa macrostrutturatermina il primo atto, che era stato introdotto da unprologo concepito anch’esso come una serie divariazioni melodiche sullo stesso basso.

Ripetizioni, stroficità e ciclicitàabbondano anche nel secondo atto: Mirache se n’alletta/Su quel’herbosa sponda ei ritornelli; In questo prato adorno/QuiPan Dio de’ Pastori e ritornelli; Qui leNapee vezzose/Dunque fa degno Orfeo; lalunga canzone Vi ricorda o boschiombrosi. Tutto questo aiuta ad arrivareallo squarcio traumatico dell’arrivo della

messaggera con il quale inizia una lunghissima partein stile recitativo, il primo fino a qui di una certaconsistenza. L’atto si conclude con la ciclicità delrefrain “Ahi, caso acerbo” alternato allelamentazioni dei pastori, cromatiche.Il terzo atto ospita maggiori porzioni di recitativoma la grande aria di Orfeo è anch’essa basata sullaciclicità del basso, sia nelle strofe che nei ritornellistrumentali.Numerosi i brani d’assieme negli atti terzo e quarto,sinfonie a 7 parti e madrigali per voci maschili (glispiriti).Il quinto atto ospita il grande monologo conclusivodi Orfeo e l’apparizione di Apollo.Evidenti le diversità tra il libretto di Striggio e iltesto stampato nella partitura del 1607.Aggiustamenti, diremmo, apportati da un innatosenso delle proporzioni e della resa drammatica.Non trascurabile è però il drastico cambio del finale.Nell’originale di Striggio, Orfeo viene ucciso (fuoriscena) dalle Baccanti che appaiono al seguito delleaffermazioni misogine contenute nel monologo delquinto atto. La partitura, invece, prevedel’apparizione di Apollo e l’ascesa al cielo dei due.Si è molto pensato al perché di questo cambio cosìdrastico. Probabilmente il finale apollineo fu quellopensato fin dall’inizio della concezione dell’opera,ma si rivelò impraticabile a causa dell’”angustia delluogo” e quindi del palcoscenico che, per le scarsedimensioni, non avrebbe potuto permettere l’uso dimacchine complicate. Ma al momento della stampa,probabilmente Monteverdi decise di ripristinare ilfinale originale.Monteverdi elenca all’inizio della partitura a stampauna lista di strumenti che nelle intenzioni delcompositore riflette quella che fu impiegata il 22febbraio 1607 a Mantova.Duoi Grauicembani.Duoi contrabbassi de Viola [da gamba?].Dieci Viola da brazzo.Un Arpa doppia.Duoi Violini piccoli alla Francese.Duoi Chitarroni.Duoi Organi di legno.Tre bassi da gamba.Quattro Tromboni.

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Un Regale.Duoi Cornetti.Un Flautino alla Vigesima secondaUn Clarino con tre trombe sordine.Già a questo stadio di cose, la strumentazionemonteverdiana si modernizza, escludendo dall’usostrumenti di più marcata derivazione rinascimentale.All’interno della partitura il compositore precisaulteriormente la strumentazione con altre didascalie,entrando in contraddizione con se stesso.Deduciamo che ichitarroni sono 3 e non2, i tromboni 5 e non 4;ed anche altreinformazioni assai utilia comprendere ladisposizionedell’orchestra, in quellarappresentazione. Inparticolare 3 indicazionirecitano:“Questo Ritornello fusuonato di dentro da vnClauicembano, duoiChitarroni, & duoiViolini piccioli allaFrancese” [indicazioneposta prima del primoritornello del secondoatto].“RITORNELLO. Fusonato di dentro da duoiChitarroni[,] vnClavicembalo, & duoiFlautini” indicazioneposta al ritornello primadel verso “Qui le Napeevezzose”].“Fu suonato questoRitornello di dentro dacinque Viole da braccio,vn contrabbasso, duoiClavicembali & tre chitarroni” [indicazione postaprima del ritornello che introduce l’aria di Orfeo“Vi ricorda boschi ombrosi”].Sappiamo come la pratica teatrale dell’epocaprevedesse la disposizione degli strumenti – o diuna buona parte degli stessi - dietro la scena, mentrealtri potevano essere invece disposti sulla scena onelle vicinanze, magari anch’essi nascosti alla vista.Nell ‘Orfeo si potrebbe arguire che il gruppo delcontinuo fosse integralmente dietro la scena (didentro), mentre quello degli archi diviso in duecorpi - 5 e 5 - uno davanti e uno dietro alla scena.Questo spiegherebbe intanto le dieci viole da brazzo

della prima lista (4 violini, 4 viole, 2 bassi da braccio)che non troviamo mai citati nel loro assieme nellapartitura. Gli esecutori di oggi sanno perfettamentequali problemi comporti il suonare privati delreciproco contatto visivo o di una comune guida: ciòrende questo aspetto della prassi esecutiva assaiinteressante e non privo di aspetti delicati.L’effetto dovuto al fatto che gli strumenti delcontinuo fossero nascosti permanentemente èfondamentale sotto il profilo scenico, così la vista del

pubblico non venivadistratta dall’orchestra:da un punto di vistasonoro l’effetto èpermanente, e quindifinalmente non rilevanteai fini espressividell’intera duratadell’opera.Un’interessanteindicazione ci vieneinvece da altreindicazioni che citanol’adozione del basso diviolino (o unvioloncello) a sostegnodella linea di basso.Questa prassi èparticolarmentescabrosa, dato che lamaggior parte deimusicisti la consideranopiuttosto propria di unatradizione tarda.E’ vero altresì che lostesso Monteverdi, adesempio, nel suo Ottavolibro dei madrigali nonsolo non cita, nei grandimadrigali construmenti, l’adozione dibassi di violino nè di

strumenti di 16 piedi, ma nel madrigale “Altri cantid’amor” strumenta la linea di basso affidandolaeccezionalmente ed esplicitamente ad una viola dagamba, creando quindi un caso che chiarirebbe undato fondamentale della prassi esecutiva: cioè che ilbasso non dovrebbe essere raddoppiato da nessunostrumento melodico.D’altra parte è lo stesso Monteverdi a prescriverenon solo il basso di violino ma anche ilcontrabbasso nelle parti cantate del Combattimentodi Tancredi e Clorinda, ancora nell’Ottavo libro,dando luogo dunque a un’apparente contraddizione.Rimane evidente la grande frattura fra la

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strumentazione del primo e secondo atto, e del terzoe quarto. Monteverdi richiede infatti l’utilizzo degliarchi negli atti primo, secondo e quinto, quelli cioèdi ambientazione pastorale. Per gli atti terzo equarto, ambientati nell’oltretomba, prescrive invecel’uso di cornetti, tromboni e regali. Monteverdisemplicemente associa luoghi e caratteri adeterminate situazioni sonore (e quindi retoriche):“… la musica vol essere padrona del’aria e nonsolamente del’acqua: volio dire, in miolinguaggio, che liconcerti descritti in talfavola sono tutti bassi evicini alla terra –mancamentograndissimo alle bellearmonie, poiché learmonie saranno postene’ fiati più grossidel’aria dellasena…poiché learmonie de’ tritoni ealtri dèi marinicredderò che sianosopra a tronboni ecornetti, e non sopra acettere o clavicenbani earpe, poiché questaoperazione essendomarittima, perconsequenza è fuoridela città: e Plattoneinsegna che “citharadebet esse in civitate etthibia in agris…”. Cosìil compositore in unalettera inviata adAlessandro Striggio il 9dicembre 1616,lamentandosi dellauniformità diambientazioneacquatica del libretto delle “Nozze di Tetide” scrittoda Scipione Agnelli.Per il ‘continuo’, Monteverdi segue almeno in partele iniziali indicazioni di Cavalieri che loda ilcambiare strumento in relazione all’affetto espressodal testo, attribuendo ad esempio al suonodell’organo un’ambientazione espressiva dolorosa(nel lamento di Orfeo, ad esempio) o lasottolineatura di un’attitudine riflessiva (come nellungo monologo del quinto atto). Grande effettoinfatti a questo scopo l’organo sortisce alla suaprima entrata con l’arrivo della messaggera. Fino aquel punto l’ambientazione pastorale si avvale

dell’apporto sonoro di cembali e tiorbe, affidandosiesclusivamente al dato compositivo (nell’uso di unascrittura più evidentemente contrappuntistica deiritornelli e quindi retoricamente più vicina al sacro)quando i pastori si avviano al tempio per offriredoni e voti per il matrimonio di Orfeo e Euridice.Inoltre, sempre a causa dell’”angusta scena”, anchelo spazio per i musicisti non dovette essere ampio.Per certo i musicisti di quella sera furono impegnatinell’esecuzione su più strumenti – prassi

assolutamente normalea quell’epoca -, cosache sicuramente ridussei problemi: “L’AltezzaSerenissima Vostralassiò comissione amesser Giulio CesareCremonese che suona ilcornetto che, se avesseritrovato uno chesonasse di flauto,cornetto, trombone,traversa e fagotto, perbisogno d’una quintaparte nel concerto delliistrimentisti da fiatodell’AltezzaSerenissima Vostra, chesi sarebbe compiaciutadi pigliarlo. Vengo pertanto io con questa miaa far sapere all’AltezzaVostra Serenissima chequi si ritrova ungiovane di età dequalche 26 overo 28anni (non so se sia dipassaggio o venuto aposta) qual sa sonarede li ustrimenti dettiassai comodamentebene e sicuramente,

perché e di flauto e di cornetto l’ho udito, ma di più,dice che anco sa sonare e di viola da gamba e dabrazzo.” (Lettera al Principe Gonzaga da Mantova,il 26 marzo 1611).Si trattava di consuetudine comune e, diconseguenza, raramente si procedeva, come si faoggi, alla distribuzione di un solo strumento perogni esecutore.Questo avrà sicuramente facilitato l’utilizzo delridottissimo spazio a disposizione, ma anche creatonon poco movimento di musicisti che dovevanoalternarsi con strumenti differenti “di dentro” edavanti la scena.

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Ciaikovskij all’italianaMolte le sorprese di questa registrazione che vedel’Orchestra di Santa Cecilia ed il suo Coro tornatinuovamente ad incidere dischi assieme al direttoremusicale Antonio Pappano, vero artefice dellarinascita dei complessi della storica istituzioneromana. E questa non è che la prima di una lungaserie di registrazioni che vedranno regolarmente laluce nei prossimi mesi (ancora Ciaikovskij, Lalo,Respighi, Verdi, Puccini). Pappano ha dettochiaramente ai suoi musicisti: dobbiamo meritarciogni volta che facciamo un disco, il successivo. Sulmercato, di Ciaikovskij ve n’è in quantità, perchéanche noi? Perché dobbiamo dimostrare di avereanche noi voce, anzi una nostra voce, benriconoscibile, tutta italiana, ispirata alla vocalità,trovando insieme quel calore che in sala d’incisionenon è facile raggiungere, mentre in sala da concertoe con un’orchestra come quella dell’Accademia,Pappano è riuscito ad ottenere quasi al primo colpo.E’ un vero piacere l’ascolto di questa registrazioneche riserva qualche altra bella novità. Il brano dichiusura (Ouverture 1812), Pappano lo ripropone inuna versione con coro (vi collabora la Banda dellaPolizia, diretta da Maurizio Billi), aggiungendo alregistro ‘celebrativo’ quello della suggestione delcanto ortodosso.. E poi la gioia interiore del Valzer ePolacca dall’Onieghin, e le turgide increspatesonorità di Francesca da Rimini e Romeo eGiulietta. Un trionfo della sonorità spiegataitaliana.Ciaikovskij. Ouvertures & Fantasies.Orchestra e Coro dell’Accademia di SantaCecilia; Pappano dir. EMI 3 70063 P.A.

vanta meriti eccelsi nell’invenzione melodica e nellaarchitettura dei concertati, come anche nello scavopsicologico dei personaggi.Attorno al ‘personaggio soave, spiritoso, ingenuo’ –come scrisse Fedele D’Amico – si tesse una tramadi fatti musicali e scenici di alta fantasia, che nonsono sfuggiti a Carlo Rizzi che guida i complessibavaresi con gesto ricco di cultura e sapiente nelrespiro dei tempi. Cenerentola è nata nell’epocagloriosa del ‘belcanto’ e un’esecuzione attendibileoggi comporta un’arte canora che escluda oggi conrigore approssimazioni e faciloneria; il cast riunitoper questa eccellentissima realizzazione vedeattorno alla protagonista, l’autorevole VesselinaKasarova, Maria Laura Martorana, luminosaClorinda autenticamente virtuosa e di voce smaltata;Judith Schmid, Tisbe localmente timbrata; BrunoDe Simone, un forse troppo giovane DonMagnifico; Antonino Siragusa, Paolo Pecchioli eVladimir Chernov ottimi anche nel carattere deiruoli. Da apprezzare anche l’elegante virtuosismo ditutta la compagnia di canto.Rossini. La cenerentola. Solisti di canto,Munchner Rundfunkorchester, Rizzi dir.RCA 82876 86500 (2 CD) U.P.

Il miracolo di CenerentolaUndici mesi dopo Il barbiere di Siviglia, Rossignicomponeva, a Roma, in soli ventidue giorni e ‘inmezzo la più gran chiasso’, La cenerentola ossia labontà in trionfo- rappresentata al teatro Valle ilgiorno successivo alla conclusione dellacomposizione, il 28 gennaio 1817. Libretto diJacopo Ferretti dalla favola di Perrault.Stando alle cronache, l’acoglienza non fu entusiasta,anche per la scadente esecuzione. Eppure l’opera

Pergolesi o Paisiello?Vivaddio un allestimento rispettoso del testo!Giovanni Paisiello (1740-1816), maestro indiscussodell’opera del suo tempo, ha composto, nel 1781, inuna decina di giorni, su libretto di Gennaro A.Federico - lo stesso utilizzato cinquant’anni avantida G.B.Pergolesi - il felice “intermezzo” perl’imperatrice Caterina II di Russia nella nonesaltante parentesi alla corte di San Piertroburgo:prima dell’intenso periodo napoletano, e del credito,ampiamente onorato, apertogli da NapoleoneBonaparte a Parigi (1802) negli anni più fortunatidell’Impero.La serva padrona - vivace operina ricchissima diqualità musicali, e di risorse sceniche - ha duepersonaggi: l’anziano e insofferente Uberto(baritono), smanioso di trovare finalmente moglie, ela svelta, deliziosa, giovane Serpina (soprano) cheassolve alle incombenze domestiche nella ricca casae che intende farsi impalmare dal vecchio. Sullascena c’è anche Vespone, il servitore tutto fare: unmimo che non apre bocca ma che si riveladeterminante nella scontata azione.Un’operina ricchissima di spunti, si diceva, raccolta

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elegantemente in questo bel DVD sotto la puntualeguida di Marco Zuccarini, e che vede Tiziano Braccie Gabriella Colecchia inappuntabili nei ruoliprotagonistici e soprattutto - una gradevolissimarivelazione - la presenza in scena di Gianni Salvo,eccellentissimo mimo: a margine dell’azionefinalmente recita, e con arte sopraffina, due garbati,spiritosi, pertinenti interventi di Piero Rattalino -Prologo e Congedo - che introducono e siglano lamessinscena.Paisiello. La serva padrona. Solisti di canto,Orchestra del Teatro Bellini di Catania,Marco Zuccarini, dir.Fabula Classica FAB 602. U.P.

Quattro meravigliosi ospedalia VeneziaSe l’attività dei teatri , oltre una dozzina, attivi nelSettecento a Venezia è materia sufficientementenota, altrettanto non può ancora considerarsi quellacapillare, assai variegata ma comunque semprepregevolissima dei quattro Ospedali (Derelitti,Incurabili, Mendicanti, Pietà), nati come istituzioniumanitarie ed assurti col tempo (alla stregua deiConservatori napoletani) al rango di veri e propri‘conservatori’ con cappella musicale annessa, dovele giovani derelitte si formavano nella musica manel contempo producevano musica, e alla cuidirezione si avvicendarono nomi che nulla hanno dainvidiare a quelli che spadroneggiavano nei teatri,anche perchè in taluni casi erano i medesimi.Le notizie generali sull’eccellenza degli Ospedaliveneziani (dalle quali sono escluse quelle sul loroordinamento interno, usi costumi ed altro) allettore non studioso della materia, nel tempo, glielehanno fornite i tanti viaggiatori che nel Seicento esoprattutto nel Settecento(Burney, De Brosses)visitarono Venezia, e non mancarono di appuntarenei loro diari o di scriverne ai loro corrispondenti.Delle meraviglie che si potevano ascoltare alla Pietà- in assoluto l’Ospedale più conosciuto, anche per lapresenza di Vivaldi – riferiscono con puntigliosaprecisione ma anche con esuberante entusiasmo deltal pezzo o del tal altro ascoltato, e della talecantante o virtuosa di strumento senza volto, cheincantava il pubblico accorso.

Quanto agli altri ospedali, invece, i resocontidiaristici od epistolari risultano più avari di notizie.Poi ci fu l’avanzata degli studiosi, fra cui non sonomancati gli italiani; ma a noi piace ricordarne unoper tutti, forse il più noto, senza’altro il piùattendibile ed acuto, l’inglese Denis Arnold cheabbiamo conosciuto tanti anni fa alla Chigiana,professore di musicologia (teneva un corso suMonteverdi a Venezia).Ma un’ indagine di tale mole e di altissima qualità efinezza musicologia ancora non era apparsa primadi questa di Pier Giusppe Gillio, uscita sotto l’egidadella Fondazione Cini di Venezia e del suo IstitutoVivaldi; giacchè le precedenti ricerche di studiosistranieri, pur ricche di dati difettano assai spesso dicorretta interpretazione degli stessi e sono zeppe direfusi che ne inficiano la attendibilità generale.La ricca ricerca di Gillio si divide in due parti. Nellaprima, di quasi trecento pagine, facciamo laconoscenze di quelle gloriose istituzioni, nonlimitandoci alla attività musicale, studiandone anzigli statuti, la organizzazione ed, infine, l’offertamusicale. La seconda parte , divisa in quattrocorposi capitoli, esamina uno per uno i quattroospedali ‘maggiori’, sotto il profilo della loroattività musicale, elencando anche i maestri che vilavorarono.Per non far pesare ulteriormente, in termini di pesomateriale, il volume, Gillio ha preferito affidare alpiù leggero CD-Rom accluso una enorme messe didocumenti, altrettanto preziosi, senza i quali allostudioso non sarebbe consentito di verificare lagiustezza delle deduzioni dell’autore. Il qualedichiara, sconsolato, che questo volume è frutto delsuo lavoro, della sua tenacia, ma anche dei suoirisparmi, accumulati lungo un arco di tempo nonbreve, per poter autofinanziare la sua ricerca. AGillio auguriamo di cuore di mettere ancora tantisoldini da parte in futuro, per esercitare ancora ilsuo talento di ricercatore di cose musicali.Pier Giuseppe Gillio. L’Attività Musicale negliOspedali di Venezia nel Settecento. Pagg. 587+CD.Rom: Materiali documentariOlschki Editore P.A.

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Giancarlo Menotti scomparso a Montecarlo

ADDIO, DUCA!Il primo febbraio è scomparso Giancarlo Menotti.

Aveva novantasei anni e cinquant’anni fa aveva fondato ilFestival dei Due Mondi

Se n’é andato in terra straniera, nel Principatodi Monaco. Era lì, per seguire da vicino unanuova messinscena della ‘Medium’, affidata a

suo figlio Francis. Non ha fatto in tempo a vedere davivo la prima, che ha avuto luogo, come previsto, ilgiorno dopo i funerali, alla presenza di un centinaio dipersone. Dì la salma è volata in Scozia, doverisiedeva con la famiglia allargata, senza passare perSpoleto, per un ultimo saluto!Musicista stimato ed apprezzato, con unaparticolarissima propensione per il teatro, e con unsenso drammaturgico davvero infallibile - le sueopere compaiono regolarmente nelle stagioni deigrandi teatri – a Menotti la fama, ma anche qualcheinvidia e le più acerrime critiche, gli sono venuteprincipalmente a causa dell’invenzione, cinquant’annifa, del Festival di Spoleto. Compagni d’armi rosidall’invidia, l’ avevano quasi convinto che il successodi musicista gli derivasse e fosse conseguenza delsuccesso di organizzatore. Vero o falso, Menotti èstato ed è musicista molto eseguito, ed il suo festivalumbro è considerato fra i più geniali, del secoloscorso. Fino a quando non cominciò a sentire la

stanchezza degli anni e ad abdicare lentamente infavore del figlio adottivo, Francis, fonte di immensi econtinui dispiaceri, di opposizioni e critiche ancheferoci. Per lui e solo per lui Giancarlo Menotti,l’unico Menotti, ha fatto negli ultimi anni il sangueamaro, ma senza mollare, e senza un cenno diripensamento, almeno in pubblico. Francis eral’unico suo degno erede. Amore di padre! Ora,anche in considerazione di quel funerale usurpato aSpoleto, la città del cuore del grande musicistascomparso, riprenderanno ben presto le ostilità (conla Fondazione, il Comune, e la cittadina in buonaparte!) che, con il maestro ancora in vita,sembravano essersi acquietate. Che accadrà ora alFestival di Spoleto? Nei giorni del funerale, Francis,andava dicendo che per quest’anno il festival lofaceva a Spoleto, anche per la circostanzaanniversaria, del mezzo secolo di vita dellamanifestazione; ma che, già per il 2008, pensava ditrasferirlo altrove. Francis sappia, comunque, che ilFestival lontano da Spoleto, non sarebbe più lostesso. E Spoleto ed il suo Festival senza Menotti, ilduca, non sono più gli stessi.