Red House Gruppo 4 - Manuela Reitsma, Giulio Saponaro ... · revival vittoriano in più, in una...

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Red House Gruppo 4 - Manuela Reitsma, Giulio Saponaro, Eleonora Savio CORSO DI LAUREA IN ARCHITETTURA | AA. 2015/2016 | ATELIER COMPOSIZIONE E STORIA DEL PROGETTO | prof. Alessandro Armando, prof. Francesca Filippi

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Red House Gruppo 4 - Manuela Reitsma, Giulio Saponaro, Eleonora Savio

CORSO DI LAUREA IN ARCHITETTURA | AA. 2015/2016 | ATELIER COMPOSIZIONE E STORIA DEL PROGETTO | prof . A lessandro Armando, prof . Francesca F i l ipp i

La Red House è costruita nel 1859 a Bexleyheat. Essa è realizzata in un contesto rurale all’interno di un frutteto, in profondo legame con l’ambiente esterno, per-cepibile sia a livello fisico che spirituale.La casa viene progettata da P. Webb in stretta collabo-razione con il committente, W. Morris. Altri personaggi però contribuiscono alla creazione dell’opera, e le loro diverse formazioni vengono tradotte all’interno della casa. Da questo gruppo di amici nasce il desiderio di creare un’associazione di artisti e intellettuali, associati in seguito al movimento Arts and Crafts, che si con-trappone all’industrializzazione in forte crescita in quel periodoLa Red House si stacca dalla conformazione e con le concezioni tipiche della casa vittoriana. È infatti consi-derata sotto vari aspetti un’opera che anticipa concetti che verranno ripresi dal movimento moderno.

Bexleyheat, Londra, 1859. Viene posato a terra il primo mattone di quello che sarà un muro imponente, viene dato uno sguardo indietro e viene fatto un primo passo in avanti, verso nuovi pensieri, verso una nuova archi-tettura. Tante storie attorno a una casa, tanta Storia in un mattone.Muri solidi ma armonici, tetto irregolare e frastagliato, finestre di svariate dimensioni e forme; il tutto immer-so nel verde della natura. Da questa abitazione, la Red House, nascerà qualcosa di più complesso, che cam-bierà il modo di vivere la casa. Ogni mattone contiene tanta storia passata, esperienze, amicizie; ogni mattone porta già dentro di se la storia futura.

La Red House è tanto complessa in quanto risultato di una forte collaborazione tra diversi personaggi, tra i quali figure emblematiche sono l’architetto Philip Webb e il committente William Morris.P. Webb è un giovane architetto alle prime armi, tanto che la Red House è la sua prima commissione. Ha co-nosciuto W. Morris lavorando come apprendista pres-so lo studio dell’architetto neogotico George Edmund Street.Morris, invece, è un designer, poeta, scrittore, traduttore e attivista sociale. È un artista e uno studioso ma non un architetto. Lui stesso si definisce sognatore: è un uomo che non si focalizza su una sola professione, su una passione, ma su ideali che vanno perseguiti in ogni di-rezione possibile, che sia artistica piuttosto che sociale. La Red House è stata pensata e costruita nella Londra vittoriana, più precisamente tra il 1859 e il 1860. La se-conda metà del XIX secolo è caratterizzata da stabilità, ricchezza ed espansione coloniale; l’industrializzazione è al centro dello sviluppo economico e territoriale. Con-temporaneamente, però, questi anni sono segnati da problemi quali il divario economico-sociale tra le varie classi. Si tratta di uno scenario che influirà fortemente sulla formazione del pensiero di W. Morris stesso e di conseguenza sulla Red House.Non solo il tempo ma anche il luogo gioca un ruolo im-portante all’interno del progetto. La casa è collocata a Bexleyheat, un borgo del Kent, nei pressi di Londra. Non è un caso che la Red House sia stata costruita proprio in questa zona: W. Morris e P. Webb viaggiarono molto per cercare un luogo adatto. Ѐ’ situata in un contesto al tempo ancora rurale ma tuttavia facilmente raggiun-gibile da Londra grazie alla ferrovia appena costruita. La vera ragione della scelta va però cercata nello scrit-

Posizione della Red House e antica strada del pellegrinaggio verso

Canterbury (Hollamby 1991, p.6)

Vista lato sud-est (www.thehistoryblog.com)

to “Canterbury Tales” dell’autore medievale Geoffrey Chaucer: il lotto si trova infatti proprio sull’antica strada del pellegrinaggio verso Canterbury, cornice dell’opera stessa. È probabilmente anche per questo che il piccolo portico sul cortile interno viene chiamato “the pilgrim’s rest” (Hollamby 1991, p. 4).

Un altro piccolo portico è presente in corrispondenza dell’ingresso principale. La casa,infatti, è collegata con il giardino che la circonda tramite questa sorta di filtri che permettono la creazione di un ambiente più intimo. Si ha quindi, attraverso questi elementi, un legame fisi-co tra esterno e interno, dettato anche dalla disposizio-ne delle numerose finestre che permette all’osservatore di percepire esternamente, più o meno chiaramente, la scansione e la distribuzione delle varie stanze all’interno della casa. Queste finestre sono tutte caratterizzate da una propria forma e dimensione; le decorazioni presen-ti sui vetri, quando colpite dalla luce, creano particolari effetti cromatici. Tale effetto, secondo una concezione prettamente gotica, assume un significato simbolico, quasi divino. Non si ha dunque solo una connessione fisica tra fuori e dentro, ma si ha una concezione più profonda, quasi spirituale; si ha un reale legame con la natura in ogni sua parte. La casa, infatti, si trova immersa in un conte-sto di boschi e frutteti, che nel tempo però si è trasfor-mato in un tipico sobborgo della grande Londra. La casa è progettata in modo che siano abbattuti il minor numero di alberi possibili, alcuni di questi ancora oggi presenti. Non è l’esterno ad essere progettato per la casa ma è la casa che è pensata al suo interno. Allo stesso modo, il secolo successivo, l’architetto americano Frank Lloyd Wright svilupperà nei suoi lavori questo nesso tra fuori e dentro, visti come un tutt’uno armonico; la Red House, quindi, si discosta drasticamente dal passato per avvici-narsi a un futuro che da lei ha inizio. La passione di W. Morris per fiori e piante si riflette nella concezione del spazio esterno che considera essenzia-le per il buon vivere dell’uomo. Questo suo interesse viene ripreso anche nelle decorazioni all’interno della casa, che presentano vari motivi floreali. E’ ancora più evidente il legame con la natura che viene portata all’in-terno delle mura. Questa tendenza può essere consi-derata anticipatrice di ciò che avverrà successivamente nell’Art Nouveau: questa utilizzerà decorazioni che si ispirano alle curve e alla sinuosità del mondo vegetale.

W. Morris si concentra molto sul design bidimensionale, occupandosi di decorazioni di vetrate, tappeti e ricami; P. Webb, invece, è impegnato maggiormente nella pro-gettazione dei mobili. Gli interni della Red House sono realizzati con metodi esclusivamente artigianali, curando in particolar modo il rapporto di empatia delle forme e dei materiali degli arredi con le azioni del vivere quotidiano. La decorazio-ne è dunque artigianale e si sviluppa nelle più svaria-te tecniche esecutive. Le pareti e i soffitti, ad esempio, sono intonacati e dipinti secondo molteplici temi e motivi geometrici.

Ogni elemento è come creato appositamente per que-sta casa, rivelando la vitalità e lo splendore del lavoro manuale e delle arti applicate. Vengono realizzati e de-corati oggetti nel minimo dettaglio, indipendentemente dalla funzione che essi possiedono. Dai vetri agli arredi,

Mobile dell’ingresso (https://it.pinterest.com)

Decorazione su soffitto (https://it.pinterest.com)

dai bicchieri ai candelabri, ogni cosa nella Red House è completamente reinventata e pensata secondo una modalità esecutiva in cui il lavoro di mano è elemento fondamentale. W. Morris, inoltre, non riesce a trovare in commercio oggetti che lo soddisfino a pieno così, a par-te i tappeti persiani e le porcellane di Kent, che vengono acquistati, praticamente ogni parte della casa è pensata e ridisegnata secondo gli ideali e canoni di bellezza del movimento artistico Arts and Crafts, basato sulla rile-vanza del lavoro artigianale rispetto a quello industriale.Per riuscire in tutto ciò, la casa viene spesso aperta a tutti gli amici, tra i quali Dante Gabriel Rossetti ed Edward Burne – Jones . Per W. Morris, infatti, parte-cipare alla realizzazione del proprio ‘regno’ insieme ai propri collaboratori significa evadere in qualche modo dalla realtà; insieme a loro ne vuole creare una propria, attraverso un’arte alla portata di tutti. ‘’Superficialmen-te il design di W. Morris, poteva essere visto come un revival vittoriano in più, in una fascinazione per lo stile medievale che conteneva indubbiamente un elemento di romantico idealismo, anche di evasione dalla realtà, ma l’intenzione di W. Morris era molto più seria: riportare l’arte e la bellezza nella vita della gente, di tutti, non di un elite’’ (Gnugnoli 2014, p. 14).

W. Morris incontra gli amici D.G. Rossetti e E. Burne – Jones nel periodo in cui frequenta l’università di Oxford. Si tratta di personaggi provenienti dal monto artistico, esponenti del preraffaellismo, un movimento che si oppone alla retorica dell’arte accademica, in favore di un’esecuzione fedele e accurata. Protesta contro il con-venzionalismo della società vittoriana e il materialismo della civiltà industriale, mirando invece a recuperare at-traverso l’arte i valori spirituali di semplicità e purezza. Riconosce nella natura un’intrinseca poeticità alla quale aderisce. In questo periodo W. Morris conosce anche colei che diventerà la sua futura moglie, Jane Burden, anch’essa preraffaellita.Nel 1851, sempre ad Oxford, segue le lezioni di John Ruskin, durante le quali viene a contatto con l’idea del lavoro medievale come espressione di semplicità del la-voro umano. Tali interessi ispirano gran parte della sua poesia, pittura e narrativa. Per W. Morris, infatti, anche solo una facciata di una cattedrale medievale superava in bellezza qualsiasi oggetto proveniente dal mondo in-dustriale e qualsiasi nuova tecnologia.Centrali nel suo percorso sono le considerazioni dell’ar-chitetto neogotico inglese Augustus Pugin, di cui J. Ruskin è seguace. Tali considerazioni riguardano l’im-portanza del gotico come stile contenente principi di pu-rezza e onestà. Il gusto per tale espressione artistica proviene da un suo interesse nei confronti di William Turner, il quale, tra il 1776 e il 1811, realizzò una serie di acquerelli che rappresentano facciate solenni e miste-riosi interni delle cattedrali gotiche.La formazione di W. Morris è quindi soggetta a svaria-te influenze, che si tratti di architettura, pittura piuttosto che poetica. Tutte queste esperienze, le collaborazioni e gli incontri, emergono all’interno della Red House.Ne è un esempio chiarificatore il tetto della casa. L’esperienza prevalentemente gotica viene infatti tra-dotta grazie a volumi semplici e triangolari, tendenti verso l’alto. La formazione preraffaellita, invece, viene

restituita nella copertura attraverso parti timpanate, esclusivamente decorative, che quasi sembrano stac-carsi dalla copertura stessa e che non ricoprono una vera e propria funzione all’interno della casa. Questa particolarità potrebbe essere riconducibile a E. Burne – Jones, il quale tendeva nella pittura a creare una sorta di illusorietà mescolata ad un innegabile gusto per l’or-nato e il dettaglio. Più formazioni e diversi aspetti quindi, contenuti in un solo elemento.

Nella progettazione della Red House non si hanno semplici influenze da parte dei personaggi con cui W. Morris entra in contatto: si tratta di una vera collabora-zione. W. Morris, infatti, vedeva in questo progetto una opportunità per creare un’associazione di artisti e desi-gner in cui lavoro di occhio, mente e mano giocassero ruoli complementari e che venisse risentita l’influenza di vari movimenti culturali, artistici ed architettonici del periodo (Hollamby, 1991, p 3). Si tratta di un gruppo di persone, artisti e intellettuali,dei quali W. Morris diventa emblema: questi personaggi vengono successivamente riconosciuti come appartenenti al movimento Arts and Crafts, un movimento artistico che pone le proprie basi nel pensiero di J. Ruskin stesso e che vede l’artigianato come espressione diretta del lavoro umano.Nel XIX secolo però la società si muove nel verso op-posto. Forte, infatti, è l’impatto dell’industrializzazione. Questo sviluppo ha portato sicuramente un maggiore benessere alla popolazione. Tuttavia le conseguenze non sono solo positive; è cambiato completamente il rapporto che intercorre tra produttore e prodotto: non si parla più di un artigiano che crea manufatti singoli e di un certo pregio, ma di un industria che produce in serie. Si tratta di una lavorazione che non tiene conto della qualità quanto piuttosto della quantità: soddisfare il più possibile la domanda della popolazione, garantendo la distribuzione del maggior numero di manufatti, senza preoccuparsi del valore effettivo di ciò che arriva nel-le mani del consumatore. Si ha una spersonalizzazio-ne del prodotto, sia nella sua produzione che nel suo effettivo utilizzo. Si ha quindi un’evidente contrapposizione tra lavoro arti-gianale e lavoro industriale. W. Morris, infatti, per le sue proposte prende ispirazione dalle antiche corporazioni medievali, viste come appartenenti a un periodo posi-tivo, modello anti-industriale, in cui la collaborazione è un fattore rilevante. Sono disprezzati i pessimi prodotti e i materiali di bassa qualità in favore della durevolez-za nel tempo. Tuttavia, per perseguire questo ideale, si va incontro a costi elevati e impossibilità di distribuire i prodotti ai diversi ceti sociali, fattori entrambi garantiti invece dall’industria.Le ideologie dell’Arts and Crafts sono protagoniste nel-la costruzione della Red House: è evidente nell’utilizzo di materiali della tradizione del luogo.In seguito, nel 1888, W. Morrisi creerà una società, la Morris, Marshall & Co., nata dalla collaborazione per l’ideazione della Red House, che includerà l’utilizzo di macchine industriali, rispettando però la concezione che è la macchina ad essere al servizio dell’uomo, e non il contrario.Come risulta evidente è centrale l’idea di associazione e sempre lo sarà; progettare in collaborazione una casa,

frutto di pensieri che corrono in parallelo ma che spingo-no su aspetti diversi: una casa pensata da una “mente collettiva”.

Questa mente collettiva si mette al lavoro in occasio-ne del futuro matrimonio di William Morris con Jane Burden. Questo avvenimento da la possibilità di concre-tizzare le ideologie e i pensieri del gruppo: costruire, de-corare ed arredare la Red House secondo principi che avevano preso forma nel corso degli anni. Il matrimonio non è però l’unico motivo per il quale la Red House è stata costruita: W. Morris stava pensando di dar vita ad una vera e propria associazione di aristi, designers e artigiani e la Red House sarebbe stata non solo pri-vata abitazione ma anche luogo di ritrovo aperto a tutti i componenti.L’idea stessa per la costruzione della Red House è con-cepita da più persone durante un viaggio in barca lun-go la Senna, a cui avevano preso parte William Morris, Philip Webb e Charles Falkner, altro amico e collabora-tore. A questo viaggio è riconducibile uno schizzo, fatto da P. Webb sul retro di una cartina, della torre delle scale. Da questo disegno è partito il lungo processo di pro-gettazione. Le scale, in legno massiccio, sono infatti il centro della casa. Il soffitto che le sovrasta lascia visibili le capriate lignee ed è decorato con motivi geometrici e curvilinei. Esse si trovano nell’angolo interno di una sagoma con pianta ad “L”, elemento che fa della Red House un’opera distaccata dagli ideali di simmetria del tempo. Collegano le due ali della casa, distinte per fun-zioni: la zona di servizio e la zona abitativa.

Corpo scala e decorazioni del soffitto sovrastante (Hollamby 1991,

p 36)

La scala è visibile dall’ingresso principale, esposto a nord, preceduto da un piccolo portico. A destra della porta si trova la sala da pranzo, e a sinistra è presente un’altra entrata, che si affaccia sulla “Well court”, colle-gata all’ingresso tramite un corridoio. Al piano superiore le stanze sono diversificate dal tetto sovrastante, la cui struttura è chiaramente intuibile dal-la conformazione stessa dei soffitti. Vi è infatti un forte legame tra la distribuzione interna degli ambienti ed il tetto: il tipo di copertura è relazionato al tipo di stanza che copre. Il punto più alto del tetto, ad esempio, si trova al di sopra della drawing room. Questo ambiente è illu-minato da tre grandi finestre e presenta un bow-window esposto a ovest. Al suo interno si trova una cassapanca appositamente modificata da Webb per essere disposta nella casa; è sormontata da una scala tramite la quale è possibile accedere al sottotetto. L’elemento principale della stanza è però il caminetto in mattoni, sopra il qua-le è riportata la frase “Ars Longa, Vita Brevis” (Gorjux 1983, p. 21) .

Pianta (Hollamby 1991, p16)

Al primo piano, nell’ala nord, sono inoltre presenti la ca-mera da letto padronale, uno spogliatoio e l’ufficio di W. Morris, che riprende la forma ad “L” della casa stessa ed è illuminato da tutte le direzioni. Nell’ala sud si trovano invece due camere per gli ospiti e le stanze della servitù. In questa parte della casa è presente anche una secon-da scala di servizio, sottolineata da una finestra altra e stretta. Tornando al piano terra, scendendo queste sca-le, si incontrano le cucine, dalle quali si raggiungevano la dispensa e la lavanderia, collocate in un piccolo volu-me esterno alla casa.

La Red House rompe con la distribuzione rigida e ge-rarchica tipica della casa vittoriana. Le stanze non sono semplici volumi separati gli uni dagli altri, blocchi che si conformano alle convenzioni della società borghe-se; sono invece comunicanti e si relazionano seguen-do le necessità degli abitanti. “Uno spazio universale in cui lavoro e tempo libero sono intrecciati tra di loro” (R. Jones 2005).

L’abitazione tipica del XIX secolo si presenta sotto varie sfaccettature e la distribuzione non è l’unico punto di incontro-scontro con la Red House. La casa vittoriana è il riflesso di una nuova classe media emergente che si preoccupa di ostentare il proprio status attraverso la costruzione di case di una certa rilevanza in cui vivere. Le case del periodo vittoriano sono una riproposizio-ne di stili diversi; si va dal neogotico, attraverso grandi ville che si rifanno alle cattedrali, allo stile parigino del periodo di Napoleone III, con mansarde e decorazioni ricche ma precise, al neorinascimentale, con la ricerca di simmetria e l’uso di timpani, colonne, bugnato, al neo- romanico, con l’arco a tutto sesto e le finestre ad arco. Si ha anche una versione chiamata Stile regina Anna, basato sui principi del classico con influenze olandesi e fiamminghe, che restituisce dettagli intricati, porticati, elementi di tipo giapponese, asimmetria e irregolarità.L’architettura vittoriana residenziale è inoltre caratteriz-zata da ornamenti esterni e interni, soffitti decorati, uso di carta da parati, tappeti e moquette, caminetti, scale lunghe e strette, tetto a tegole e finestre a tre vetrate.Si possono ritrovare alcuni di questi aspetti anche nel-la Red House, come l’influenza neogotica piuttosto che l’uso di dettagli e decorazioni, l’asimmetria nella pianta piuttosto che in facciata anche attraverso l’introduzione di numerosi camini.Nel pensare il giardino, invece, si trovano delle disso-nanze. W. Morris concepisce il giardino come stanza della casa, ambiente fondamentale che deve essere progettato; non si tratta però di un progetto che va con-tro la natura ma piuttosto che si adatta e la segue nel-le perfette imprecisioni. Il giardino vittoriano, invece, è inteso come “carpet-bedding”, aiuole tanto ordinate da sembrare un tappeto, concezione completamente di-scordante con il pensiero di W. Morris.

Drawing room e mobile modificato da P. Webb (Hollamby 1991, p.32)

Vista lato sud-est(https://farm3.staticflickr.com/2147/2203456116_2b58f2e909_b.jpg)

Bibliografia:

- Raffaele Gorjux, La Red House, Bari: Edizioni Dedalo;1983

- Testo di Edward Hollamby, fotografie di Charlotte Wood, prefazione di Sir Hugh Casson, Red House: Bexleyheath, 1859, London: Architecture Design and Technology Press, 1991

- Peter Davey, Arts and Crafts Architecture, London: Phaidon;, 1995

- Adrian Tinniswood, The Arts & Crafts House, New York: Watson-Guptill Pubblication; 1999

- Nigel R. Jones, Architecture of England, Scotland, and Wales, Westport, Conn: Greenhood; 2005

- Alberta Gnugnoli, William Morris, Firenze:Giunti Editore; 2014

Sitografia:

- Gabriella d’Amato, Italo Prozillo, L’espressione “Movimento Moderno”, op.cit.it <http://www.opcit.it/cms/?p=114 > (consultato il 27 novembre 2015)

- Willam Morris, Storia dell’architettura moderna <http://storiadellarchitetturamoderna.blogspot.it/2013/02/wil-liam-morris.html> (consultato il 28 novembre 2015)

- Architecture and History By William Morris, https://www.marxists.org/archive/morris/works/1884/spab10.htm (consultato il 30 novembre 2015)

- The Story of William Morris and the Red House, bexley.gov.uk <http://www.bexley.gov.uk/article/10725/The-Story-of-William-Morris-and-the-Red-House> (con-sultato il 17 dicembre 2015)

- Chiara Pecorelli, Walter Gropius e la scuola del Bauhaus, Chiara Pecorelli blog <http://www.chiarape-corelli.com/it/walter-gropius-e-la-scuola-del-bauhaus/> (consultato il 19 dicembre 2015)

- Il movimento Arts and Crafts, Presstletter <http://presstletter.com/2011/06/larchitettura-racconta-ta-da-lpp-1-1-1/> (consultato il 19 dicembre 2015)

- formazione di william morris <http://www.morrisso-ciety.org/worldwide/SchulteSaggi/Schulte.Opera.Capi-toloII.pdf> (consultato il 22 dicembre 2015)

La Red House per la sua integrazione tra struttura, forma, funzionalità e arti decorative viene considerata come la prima opera anticipatrice del movimento mo-derno e come prima abitazione moderna del XIX secolo.Per certi aspetti la Red House segue stili passati e pre-senti ma, nel suo complesso, si oppone alla freddez-za di un’epoca. Secondo l’Arts and Crafts, infatti, l’ar-chitettura autentica sarebbe stata raggiunta mediante l’espressione diretta di virtù morali incorrotte. La Red House manifesta una reazione all’esibizionismo e all’in-dustrializzazione. E’ diretta nell’espressione dei suoi principi e rifugge la mescolanza di stili tipica delle case vittoriane. Ricerca un design libero, dettato dall’utilità e dalle reali esigenze di vita, usando materiali tradizionali e rifacendosi al vernacolare, aspirando ad una architet-tura per l’uomo.Molto aspetti precedono una tendenza comune a un pe-riodo successivo, dalla decorazione dell’ Art Nouveau, al legame tra esterno e interno di Frank Lloyd Wright. Di notevole rilevanza, guardata da molti architetti, ha preso il suo posto nella storia. I sognatori che sono riusciti a vederla quando ancora non c’era, che hanno posato i mattoni non solo di un muro ma di un pensiero, hanno guadagnato l’immortalità. Le sue storie si sono cristallizzate nel tempo e il tempo che scorre non le può scalfire. Un’epoca che si chiude, un mondo che si apre, una casa che vivrà per sempre.