Recent events spell the end for Cameron’s Big Society2

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LORENZO BIONDI «S batterli al fresco tocca alla destra. E la sinistra si chieda il perché delle violenze». Alastair Campbell, padre di tutti gli spin-doctor, riassumeva così le richieste dell’opinione pubblica britannica alla politica al quarto giorno di scontri nel paese. Facile a dirsi. In pratica però l’esplo- sione di violenza a Londra e nelle altre città britanniche sta mettendo in fibrilla- zione le segreterie dei principali partiti, tanto a destra quanto a sinistra. Tra i con- servatori si è aperta la gara a chi si mostra più duro contro i saccheggiatori, in un braccio di ferro che per alcuni ha già il sapore della corsa alla leadership. Nel Labour Ed Mili- band ha scelto la li- nea della “responsa- bilità”, rifiutando (per ora) di polemiz- zare col governo sui tagli alla spesa pubblica; tra i suoi però sono in molti a essersi smarcati, e il dibat- tito di oggi in parlamento rischia di vede- re il partito spaccato – ancora una volta – tra moderati e non. Tory e laburisti tengono in queste ore un occhio ai sondaggi e uno alla strada, cercando di coglierne gli umori. Nono- stante la dimensione massiccia delle pro- teste dei giorni scorsi – oltre 450 gli arresti nella sola Londra, decine i focolai di ten- sione in tutti i maggiori capoluoghi ingle- si – dietro ai rioters non sembra esserci un “movimento”, una base sociale più vasta. Al contrario, la classe media britannica si è sdegnata vedendo le vetrina infrante e le razzie nei negozi. Nei sondaggi di ieri il 90 per centro degli intervistati invocava un giro di vite contro i violenti, con l’utilizzo di cannoni ad acqua sulla folla. Percentua- li poco inferiori (intorno all’80 per cento) chiedevano di imporre il coprifuoco not- turno nelle grandi città, di fare intervenire l’esercito e di fare uso di lacrimogeni. Il Sun di ieri pubblicava in copertina le facce di una ventina di teppisti, catturate dalle telecamere a circuito chiuso, con l’invito ai lettori a segnalare alla polizia quei per- sonaggi («Sgama un cretino»). E i titoli del tabloid sono un indicatore del clima spes- so ben più efficace di molti sondaggi. Rientrato frettolosamente dalle ferie, il sindaco di Londra Boris Johnson ha trovato da subito il modo di allinearsi agli umori dell’elettorato. Con la solita noncu- ranza per le discipline di partito, l’ex com- pagno di scuola di David Cameron ha sparato a zero contro il governo in carica. Violenza fuori controllo? Londra in fiam- me? Non pensiate che sia colpa del sinda- co. Tutta colpa del governo e dei tagli alle forze dell’ordine inseriti nell’ultima finan- ziaria. Un perfetto scaricabarile, ma anche la capacità da parte di Boris di cavalcare un tema caldo, di quelli che finiscono a caratteri cubitali sulla stampa a poco prez- zo: non a caso, quando i tagli al bilancio della polizia erano stati approvati, lo stes- so Sun aveva attaccato Downing street ri- cordando i bei tempi di Tony Blair. Lui sì che era tough on crime, duro contro il cri- mine. Non come questi conservatori alto- locati che non vogliono sporcarsi le mani. E anche i blogger di destra si sono conces- si un po’ di nostalgia, ché il nasty party di Margaret Thatcher non si sarebbe lascia- to intimorire da qualche centinaio di scal- manati. In contesti più “moderati”, in realtà, il comportamento di Cameron ha riscosso un discreto successo. Tim Montgomerie, fondatore del seguitissimo blog Conserva- tiveHome, si è esaltato per la «rabbia» mo- strata dal premier. «Non l’avevo mai visto così. Ha trovato la sua missione». Una missione che è un misto di law and order e di volontà di valorizzare quel “popolo delle scope” che si è mobilitato per ripuli- re le strade dopo le violenze. Il tentativo di costruire, sulle macerie di questa catastro- fe, una sorta di mito fondativo della fami- gerata Big Society. Nelle stesse ore, da sinistra, in molti annunciavano la morte prematura di quel- la stessa Big Society. Ci ha pensato col so- lito impeto Harriet Harman, la presiden- tessa del Labour, ospite in prima serata di Newsnight, programma di punta della Bbc. «Non si tratta di giustificare i violenti. Ma quando le tasse universitarie vengono tri- plicate, quando le borse di studio vengono cancellate e la disoccupazione giovanile sale, be’, allora forse bisognerebbe ragio- nare su queste cose». Parole tutto somma- to caute, che in un attimo si sono trasfor- mate in titoli sul Labour che «giustifica le violenze coi tagli». Non solo una forzatura dei giornalisti, però. Tornando alle parole di Alastair Campbell: «Ogni volta che qual- cuno suggerisce che i disordini hanno delle cause profonde, non solo di ordine pubblico, viene accusato di giustificare la violenza». Niente di più sbagliato, prose- gue lo spin-doctor. Per questo oggi, in par- lamanento, Campbell invita i laburisti a tirare fuori la voce e a denunciare le colpe di questo o quel premier. Peccato che la linea ufficiale del parti- to sia un’altra. Nelle sue prime dichiara- zioni sul caso, Ed Miliband ha deciso di evitare ogni riferimento ai tagli. La Har- man, già nel giro di 24 ore, si era attirata così tante critiche da spingere la direzione del Labour a più miti consigli. In questa fase l’opinione pub- blica sembra chie- dere alla politica una cosa sola: fermare e punire i violenti. «Sbatterli in carce- re», per citare anco- ra Campbell, perché a «capirne le ragio- ni» ci si penserà – eventualmente – in un secondo mo- mento. Forse però è proprio questo il tasto più dolente di tutta questa vicenda. Gli scontri dei giorni scorsi ricordano al Regno Unito che c’è un pezzo di società, magari picco- lo, che vive una condizione di disagio spes- so incomprensibile alla maggioranza. C’è una incomunicabilità quasi totale tra que- sta “underclass” e i ceti medi. Come si fa a simpatizzare coi ribelli, se nessuno capi- sce le loro richieste? «La underclass sembra del tutto avulsa dal discorso politico e com- pletamente immune agli appelli alla ragio- nevolezza delle autorità», commentava sul Telegraph Robert Colvile. I principali par- titi, a quanto pare, hanno scelto di asse- condare lo sdegno della maggioranza. E di parlare alla underclass solo col linguag- gio dei manganelli. AMY MOLLETT* segue dalla prima Alcuni servizi giornalistici sulle operazioni di pulizia dei volontari elogiavano «la Big Society in azione», sottolineando come con la collaborazione di tutti la comunità sarebbe stata in grado di rialzarsi in piedi in breve tempo. Eppure, è improbabile che l’encomiabile opera di queste persone possa rappresentare l’inizio del rilancio dell’idea di Cameron. Le scintille della retorica della Big Society igno- rano ciò che dovrebbe veramente attirare l’attenzione in questo momento: il sogno di Cameron è morto e riposa tra le ceneri dei palazzi bruciati. I residenti si sono chiesti con un misto di incredulità e rabbia come mai i giovani stessero distruggendo la loro comunità, i loro negozi di quartiere, i saloni dei barbieri, le piccole imprese. Se questo è un modo di dimostrare rabbia nei confronti della polizia dopo la morte di Mark Duggan (la vicenda che ha scatenato i primi scontri violenti, ndt), allora perché sfogarla nelle proprie strade? Il punto, come qualcuno ha notato, è un altro: che le loro azioni fossero collegate alla mor- te di Duggan o meno, molti dei responsabili dei danneggiamenti non si sentono parte di nessuna comunità o società. In aree in cui più della metà dei centri per giovani stanno chiudendo, la disoccupazione giovanile cre- sce e le esperienze ne- gative con la polizia si ripetono da generazio- ni, molti bambini e ragazzi sentono che la comunità non ha nulla da offrire loro. No, «non siamo tutti nella stessa barca» (We are all in this together è uno degli slogan più usati dal premier conserva- tore, ndt): su questo punto, David Cameron non avrebbe potuto ricevere un messaggio più chiaro. È sui sentimenti di rabbia e isolamento che Cameron e gli altri dovrebbero concen- trare la loro attenzione una volta riparati i danni nelle strade. In un recente post sul proprio blog, Tony Travers (giornalista e ac- cademico londinese esperto di politiche lo- cali, ndt) ha spiegato che «il Consiglio muni- cipale di Haringey avrà bisogno di assistenza per far tornare Tottenham alla normalità il più presto possibile». È vero, ma la “norma- lità” non è abbastanza. La normalità conti- nuerà a fomentare gli stessi sentimenti di espropriazione e violenza, le cosiddette «co- munità antisociali parallele». Il governo ha bisogno di andare ben oltre la normalità per evitare che si ripetano eventi di una simile portata. Quando fu lanciata per la prima volta, la Big Society fu criticata per essere nient’altro che un programma di austerity camuffato: tagliava i fondi a enti caritatevoli e organiz- zazioni che svolgono funzioni essenziali per la comunità, enfatizzando invece l’importan- za del volontariato, che non costa nulla al governo. Ora dovrebbe essere charo che il taglio dei servizi di cui usufruiscono i giova- ni è in buona parte causa del più ampio problema. Alcuni chiederanno la ragione per cui il governo dovrebbe reinvestire in aree devastate dai giovani, spero che la risposta sia ovvia. Le violenze e le distruzioni degli ultimi giorni sono inaccettabili, ma almeno in par- te possono essere spiegate. La Big Society, se mai ha avuto un senso per qualcuno, di cer- to da oggi ne ha molto meno. *ricercatrice e editor del PoliticsBlog della London School of Economics Molti dei saccheggiatori non si sentono parte di nessuna comunità I partiti divisi su come rispondere agli scontri Pugno di ferro, tutti d’accordo. O forse no Un bambino guarda un’auto bruciata nel quartiere di Ealing, nella zona ovest di Londra 5 giovedì 11 agosto 2011 PRIMO PIANO È guerra tra Johnson e Cameron, Miliband sceglie la moderazione Ma qualcuno nel Labour si chiede chi parlerà con questa “underclass” Martedì gli studenti cileni sono scesi nuovamente in piazza per chiedere al governo più fondi per l’istruzione pubblica. Oltre 100mila persone hanno manifestato a Santiago del Cile, ma cortei di protesta si sono tenuti anche in altre parti del paese. Nel pomeriggio sono scoppiati incidenti quando alcuni giovani con il volto coperto hanno cercato di raggiungere il palazzo presidenziale, ma sono stati fermati dalla polizia in tenuta antisommossa. Il bilancio tracciato dalle autorità cilene è di 396 arresti, 55 feriti tra le forze dell’ordine e 23 tra i manifestanti in tutto il paese. Ieri 38 studenti hanno raggiunto la loro terza settimana di sciopero della fame. Il braccio di ferro tra gli studenti e governo del presidente Sebastián Piñera è arrivato al suo culmine giovedì scorso, quando scontri e atti di vandalismo si sono ripetuti nel corso di tutta la giornata. La scorsa settimana durante le proteste sono state arrestate 874 persone e sono stati feriti circa 90 agenti. CILE Centomila studenti scendono in piazza a Santiago contro il governo di Piñera: 396 arresti e 78 feriti Un’altra Big Society

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My blog post published in Italian national daily newspaper, Europa, the official Partito Democratico newspaper. Front page and page 5

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LORENZOBIONDI

«Sbatterli al fresco tocca alla destra. E la sinistra si chieda il perché

delle violenze». Alastair Campbell, padre di tutti gli spin-doctor, riassumeva così le richieste dell’opinione pubblica britannica alla politica al quarto giorno di scontri nel paese. Facile a dirsi. In pratica però l’esplo-sione di violenza a Londra e nelle altre città britanniche sta mettendo in fibrilla-zione le segreterie dei principali partiti, tanto a destra quanto a sinistra. Tra i con-servatori si è aperta la gara a chi si mostra

più duro contro i saccheggiatori, in un braccio di ferro che per alcuni ha già il sapore della corsa alla leadership. Nel Labour Ed Mili-band ha scelto la li-nea della “responsa-bilità”, rifiutando (per ora) di polemiz-zare col governo sui

tagli alla spesa pubblica; tra i suoi però sono in molti a essersi smarcati, e il dibat-tito di oggi in parlamento rischia di vede-re il partito spaccato – ancora una volta – tra moderati e non.

Tory e laburisti tengono in queste ore un occhio ai sondaggi e uno alla strada, cercando di coglierne gli umori. Nono-stante la dimensione massiccia delle pro-teste dei giorni scorsi – oltre 450 gli arresti nella sola Londra, decine i focolai di ten-sione in tutti i maggiori capoluoghi ingle-si – dietro ai rioters non sembra esserci un “movimento”, una base sociale più vasta. Al contrario, la classe media britannica si è sdegnata vedendo le vetrina infrante e le razzie nei negozi. Nei sondaggi di ieri il 90 per centro degli intervistati invocava un giro di vite contro i violenti, con l’utilizzo

di cannoni ad acqua sulla folla. Percentua-li poco inferiori (intorno all’80 per cento) chiedevano di imporre il coprifuoco not-turno nelle grandi città, di fare intervenire l’esercito e di fare uso di lacrimogeni. Il Sun di ieri pubblicava in copertina le facce di una ventina di teppisti, catturate dalle telecamere a circuito chiuso, con l’invito ai lettori a segnalare alla polizia quei per-sonaggi («Sgama un cretino»). E i titoli del tabloid sono un indicatore del clima spes-so ben più efficace di molti sondaggi.

Rientrato frettolosamente dalle ferie, il sindaco di Londra Boris Johnson ha trovato da subito il modo di allinearsi agli umori dell’elettorato. Con la solita noncu-ranza per le discipline di partito, l’ex com-pagno di scuola di David Cameron ha sparato a zero contro il governo in carica. Violenza fuori controllo? Londra in fiam-me? Non pensiate che sia colpa del sinda-co. Tutta colpa del governo e dei tagli alle forze dell’ordine inseriti nell’ultima finan-ziaria. Un perfetto scaricabarile, ma anche la capacità da parte di Boris di cavalcare un tema caldo, di quelli che finiscono a caratteri cubitali sulla stampa a poco prez-zo: non a caso, quando i tagli al bilancio della polizia erano stati approvati, lo stes-so Sun aveva attaccato Downing street ri-cordando i bei tempi di Tony Blair. Lui sì che era tough on crime, duro contro il cri-mine. Non come questi conservatori alto-locati che non vogliono sporcarsi le mani. E anche i blogger di destra si sono conces-

si un po’ di nostalgia, ché il nasty party di Margaret Thatcher non si sarebbe lascia-to intimorire da qualche centinaio di scal-manati.

In contesti più “moderati”, in realtà, il comportamento di Cameron ha riscosso un discreto successo. Tim Montgomerie, fondatore del seguitissimo blog Conserva-tiveHome, si è esaltato per la «rabbia» mo-strata dal premier. «Non l’avevo mai visto così. Ha trovato la sua missione». Una missione che è un misto di law and order e di volontà di valorizzare quel “popolo delle scope” che si è mobilitato per ripuli-re le strade dopo le violenze. Il tentativo di costruire, sulle macerie di questa catastro-fe, una sorta di mito fondativo della fami-gerata Big Society.

Nelle stesse ore, da sinistra, in molti annunciavano la morte prematura di quel-la stessa Big Society. Ci ha pensato col so-lito impeto Harriet Harman, la presiden-tessa del Labour, ospite in prima serata di Newsnight, programma di punta della Bbc. «Non si tratta di giustificare i violenti. Ma quando le tasse universitarie vengono tri-plicate, quando le borse di studio vengono cancellate e la disoccupazione giovanile sale, be’, allora forse bisognerebbe ragio-nare su queste cose». Parole tutto somma-to caute, che in un attimo si sono trasfor-mate in titoli sul Labour che «giustifica le violenze coi tagli». Non solo una forzatura dei giornalisti, però. Tornando alle parole di Alastair Campbell: «Ogni volta che qual-

cuno suggerisce che i disordini hanno delle cause profonde, non solo di ordine pubblico, viene accusato di giustificare la violenza». Niente di più sbagliato, prose-gue lo spin-doctor. Per questo oggi, in par-lamanento, Campbell invita i laburisti a tirare fuori la voce e a denunciare le colpe di questo o quel premier.

Peccato che la linea ufficiale del parti-to sia un’altra. Nelle sue prime dichiara-zioni sul caso, Ed Miliband ha deciso di evitare ogni riferimento ai tagli. La Har-man, già nel giro di 24 ore, si era attirata così tante critiche da spingere la direzione del Labour a più miti consigli. In questa fase l’opinione pub-blica sembra chie-dere alla politica una cosa sola: fermare e punire i violenti. «Sbatterli in carce-re», per citare anco-ra Campbell, perché a «capirne le ragio-ni» ci si penserà – eventualmente – in un secondo mo-mento.

Forse però è proprio questo il tasto più dolente di tutta questa vicenda. Gli scontri dei giorni scorsi ricordano al Regno Unito che c’è un pezzo di società, magari picco-lo, che vive una condizione di disagio spes-so incomprensibile alla maggioranza. C’è una incomunicabilità quasi totale tra que-sta “underclass” e i ceti medi. Come si fa a simpatizzare coi ribelli, se nessuno capi-sce le loro richieste? «La underclass sembra del tutto avulsa dal discorso politico e com-pletamente immune agli appelli alla ragio-nevolezza delle autorità», commentava sul Telegraph Robert Colvile. I principali par-titi, a quanto pare, hanno scelto di asse-condare lo sdegno della maggioranza. E di parlare alla underclass solo col linguag-gio dei manganelli.

AMY MOLLETT*segue dalla prima

Alcuni servizi giornalistici sulle operazioni di pulizia dei volontari elogiavano «la Big Society in azione», sottolineando come con la collaborazione di tutti la comunità sarebbe stata in grado di rialzarsi in piedi in breve tempo.

Eppure, è improbabile che l’encomiabile opera di queste persone possa rappresentare l’inizio del rilancio dell’idea di Cameron. Le scintille della retorica della Big Society igno-rano ciò che dovrebbe veramente attirare l’attenzione in questo momento: il sogno di Cameron è morto e riposa tra le ceneri dei palazzi bruciati.

I residenti si sono chiesti con un misto di incredulità e rabbia come mai i giovani stessero distruggendo la loro comunità, i loro negozi di quartiere, i saloni dei barbieri, le piccole imprese. Se questo è un modo di dimostrare rabbia nei confronti della polizia dopo la morte di Mark Duggan (la vicenda che ha scatenato i primi scontri violenti, ndt), allora perché sfogarla nelle proprie strade? Il punto, come qualcuno ha notato, è un altro: che le loro azioni fossero collegate alla mor-te di Duggan o meno, molti dei responsabili dei danneggiamenti non si sentono parte di nessuna comunità o società. In aree in cui più della metà dei centri per giovani stanno chiudendo, la disoccupazione giovanile cre-sce e le esperienze ne-gative con la polizia si ripetono da generazio-ni, molti bambini e ragazzi sentono che la comunità non ha nulla da offrire loro. No, «non siamo tutti nella stessa barca» (We are all in this together è uno degli slogan più usati dal premier conserva-tore, ndt): su questo punto, David Cameron non avrebbe potuto ricevere un messaggio più chiaro.

È sui sentimenti di rabbia e isolamento che Cameron e gli altri dovrebbero concen-trare la loro attenzione una volta riparati i danni nelle strade. In un recente post sul proprio blog, Tony Travers (giornalista e ac-cademico londinese esperto di politiche lo-cali, ndt) ha spiegato che «il Consiglio muni-cipale di Haringey avrà bisogno di assistenza per far tornare Tottenham alla normalità il più presto possibile». È vero, ma la “norma-lità” non è abbastanza. La normalità conti-nuerà a fomentare gli stessi sentimenti di espropriazione e violenza, le cosiddette «co-munità antisociali parallele». Il governo ha bisogno di andare ben oltre la normalità per evitare che si ripetano eventi di una simile portata.

Quando fu lanciata per la prima volta, la Big Society fu criticata per essere nient’altro che un programma di austerity camuffato: tagliava i fondi a enti caritatevoli e organiz-zazioni che svolgono funzioni essenziali per la comunità, enfatizzando invece l’importan-za del volontariato, che non costa nulla al governo. Ora dovrebbe essere charo che il taglio dei servizi di cui usufruiscono i giova-ni è in buona parte causa del più ampio problema. Alcuni chiederanno la ragione per cui il governo dovrebbe reinvestire in aree devastate dai giovani, spero che la risposta sia ovvia.

Le violenze e le distruzioni degli ultimi giorni sono inaccettabili, ma almeno in par-te possono essere spiegate. La Big Society, se mai ha avuto un senso per qualcuno, di cer-to da oggi ne ha molto meno.

*ricercatrice e editor del PoliticsBlog della London School of Economics

Molti dei saccheggiatori non si sentono parte di nessuna comunità

I partiti divisi su come rispondere agli scontri

Pugno di ferro, tutti d’accordo.

O forse no

Un bambino guarda un’auto bruciata nel quartiere di Ealing, nella zona ovest di Londra

5giovedì 11 agosto 2011

P R I M O P I A N O

È guerratra Johnsone Cameron,Miliband sceglie la moderazione

Ma qualcuno nel Labour si chiede chi parlerà con questa “underclass”

Martedì gli studenti cileni sono scesi nuovamente in piazza per chiedere al governo più fondi per l’istruzione pubblica. Oltre 100mila persone hanno manifestato a Santiago del Cile, ma cortei di protesta si sono tenuti anche in altre parti del paese. Nel pomeriggio sono scoppiati incidenti quando alcuni giovani con il volto

coperto hanno cercato di raggiungere il palazzo presidenziale, ma sono stati fermati dalla polizia in tenuta antisommossa. Il bilancio tracciato dalle autorità cilene è di 396 arresti, 55 feriti tra le forze dell’ordine e 23 tra i manifestanti in tutto il paese. Ieri 38 studenti hanno raggiunto la loro terza settimana di sciopero della fame.

Il braccio di ferro tra gli studenti e governo del presidente Sebastián Piñera è arrivato al suo culmine giovedì scorso, quando scontri e atti di vandalismo si sono ripetuti nel corso di tutta la giornata. La scorsa settimana durante le proteste sono state arrestate 874 persone e sono stati feriti circa 90 agenti.

C I L E ■ Centomila studenti scendono in piazza a Santiago contro il governo di Piñera: 396 arresti e 78 feriti

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