Reati ambientali - Lucca - 17 novembre 2017 - presentazione Merlin

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Delitti ambientali e responsabilità amministrativa di impresa

Confindustria Toscana Nord

17 Novembre 2017

Angelo Merlin

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1.  Struttura generale del sistema sanzionatorio in materia penale ambientale

2.  Le nuove fattispecie delittuose 3.  I primi numeri sull’applicazione della legge 68/2015 4.  L’inquinamento ambientale 5.  Il disastro ambientale 6.  Inquinamento e disastro in forma colposa: alcune considerazioni 7.  Alcune importanti conseguenze in caso di condanna 8.  La responsabilità amministrativa degli Enti 9.  Due “lucide” osservazioni

INDICE DELL’INTERVENTO

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Il sistema sanzionatorio penale in materia di ambiente può definirsi un “sistema misto” dove convivono: 1)  Contravvenzioni previste da leggi speciali (in particolar modo contenute nel d.lgs.

152/06 ma non solo) 2)  Delitti previsti dal d.lgs. 152/06 (Delitti di “attività organizzata per il traffico illecito di

rifiuti” - art. 260 del d.lgs. 152/06 volto a coprire la criminalità ambientale “strutturata” - e di “combustione illecita di rifiuti”, art. 256 bis del d.lgs. 152/06)

3)  Delitti contenuti nel codice penale del 1930 e spesso utilizzati, per tutelare l’ambiente, attraverso “forzature interpretative” in forma di “supplenza giudiziaria” (art. 674 c.p. “getto pericoloso”, art. 734 c.p. “distruzione o deturpamento di bellezze naturali”, artt. 434 e 449 c.p. c.d. “disastro ambientale“, art. 635 c.p. “danneggiamento delle acque”, art. 423-bis c.p. “incendio boschivo”, art. 659 c.p. “disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone”, art. 439 “avvelenamento di acque o di altre sostanze alimentari”, etc…)

4)  Delitti contenuti nella legge 68/2015 (in vigore dal 29.5.2015) che ha introdotto nel codice penale un autonomo e nuovo titolo (Titolo VI-bis) riguardante i “delitti contro l’ambiente”.

1. Struttura generale del sistema sanzionatorio in materia penale ambientale

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Le nuove fattispecie delittuose introdotte dalla Legge 68/2015 sono: ①  Inquinamento ambientale (art. 452-bis c.p); previsto anche nella forma colposa e

qualora l’evento descritto nella norma ponga in concreto pericolo il bene ambiente. Questo delitto è anche reato presupposto della responsabilità corporativa ex d.lgs. 231/2001

②  Morte o lesioni come conseguenza del delitto di inquinamento ambientale (art. 453-ter c.p.)

③  Disastro ambientale (art. 452-quater c.p.); previsto anche nella forma colposa e qualora l’evento descritto nella norma ponga in concreto pericolo il bene ambiente Questo delitto è anche reato presupposto della responsabilità corporativa ex d.lgs. 231/2001

④  Traffico ed abbandono di materiale ad alta radioattività (art. 452-sexies c.p.) Questo delitto è anche reato presupposto della responsabilità corporativa ex d.lgs. 231/2001.

⑤  Impedimento del controllo (art. 452-septies c.p.) ⑥  Omessa bonifica (art. 452-terdecies c.p.)

2. Le nuove fattispecie delittuose

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•  Nel 2016, secondo i dati raccolti da 87 procure (su un totale di 165 uffici, cioè con una copertura pari a circa il 53% del totale) si sono registrati in totale 265 procedimenti aperti con 446 persone denunciate

•  I numeri più alti riguardano il delitto di inquinamento ambientale (158), mentre sono state 15 le contestazioni di disastro ambientale; 33 i casi di delitti colposi contro l’ambiente, 30 i procedimenti penali per omessa bonifica, 15 quelli per impedimento del controllo, 9 i casi di morte o lesioni come conseguenza del delitto di inquinamento ambientale, 3 per traffico ed abbandono di materiale ad alta radioattività

•  Allargando l’analisi all’arco temporale che va dal 1° giugno 2015, con l’entrata in vigore della legge, a fine 2016, la legge è stata applicata in ben 467 procedimento penali con 651 persone denunciate

•  I provvedimenti di sequestro, complessivamente operati per illeciti ambientali nell’anno 2016 ammontano ad un totale pari a 7277

* Dati estratti dalla pubblicazione “Ecomafia 2017”, Edizioni Ambiente, 2017

3. I primi numeri sull’applicazione della legge 68/2015

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•  E’ un reato di danno integrato da un evento di danneggiamento che consiste nella compromissione o nel deterioramento significativo e misurabile anche di una sola delle matrici tutelate (acqua, aria, porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo, ecosistema, biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna)

•  Compromissione e deterioramento consistono in una alterazione (significativa e misurabile) della originaria consistenza di una delle matrici tutelate, caratterizzata

1.  nel caso della compromissione, da una condizione di squilibrio funzionale, che attiene alla relazione del bene aggredito e ai bisogni e agli interessi che il bene medesimo deve soddisfare (ad es. ridotta utilizzazione di un corso d’acqua in conformità alla sua destinazione, Cfr. Cass.pen., Sez.III, 31.1.2017 nr. 15865)

2.  Nel caso del deterioramento da una condizione di squilibrio strutturale connesso al decadimento dello stato o della qualità della matrice ambientale o dell’ecosistema

•  E’ “significativo” quando è apprezzabile qualitativamente e “misurabile” quando è apprezzabile quantitativamente (Cfr. Cass.pen., Sez.III, 6.4.2017 nr. 39078)

•  Se vi sono parametri quali-quantitativi di riferimento fissati dal legislatore (c.d. “soglie di accettabilità”) come valutarne lo scostamento in relazione alla configurazione del reato di inquinamento ?

4. L’inquinamento ambientale

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•  La condotta idonea ad integrare questo delitto deve essere “abusiva” e comprende “non soltanto quella svolta in assenza delle prescritte autorizzazioni o sulla base di autorizzazioni scadute e palesemente illegittime o comunque non commisurate alla tipologia di attività richiesta, ma anche quella posta in violazioni di leggi statali o regionali o di prescrizioni amministrative” (Cfr. Cass.pen., Sez.III, 21.9.2016 nr. 46170) Importante chiarimento in relazione a fattispecie di inquinamento dinamico: “le condotte poste in essere successivamente all’iniziale deterioramento o compromissione del bene integrano singoli atti di un’unica azione lesiva che spostano in avanti la cessazione della consumazione, sino a quando la compromissione o il deterioramento diventano irreversibili, o comportano una delle conseguenze tipiche previste dal reato di disastro ambientale” (Cfr. Cass.pen., Sez.III, 31.1.2017 nr. 15865)

•  L’elemento soggettivo del reato può essere il dolo (art. 452-bis del c.p.), anche nella forma del dolo eventuale, oppure la colpa (art. 452-quinquies del c.p.). Il reato di inquinamento può essere realizzato anche “…se dalla commissione dei fatti..deriva un pericolo”

4. ... (segue) ...

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Il disastro ambientale prevede 3 diversi ed alternativi eventi: 1.  “l’alterazione irreversibile dell’equilibrio di un ecosistema”. un fenomeno

straordinariamente grave come la perdita di un ecosistema (non bisogna pensare all’ecosistema solo in “scala gigante”, come ad esempio, una foresta tropicale o una grande barriera corallina atteso che anche un corso d’acqua nel quale recapitano scarichi industriali può essere considerato un ecosistema)

2.  “l’alterazione dell’equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerose e conseguibili solo con provvedimenti eccezionali” (si pensi, ad esempio, all’alterazione dell’ampia area marina a seguito del naufragio della nave Costa Concordia, laddove è in corso una attività molto onerosa di ripristino della prateria marina del reef )

3.  un evento di danno, di proporzioni catastrofali, che ha la capacità di offendere la pubblica incolumità in ragione della “rilevanza del fatto” per: (1) l’estensione della compromissione o dei suoi effetti lesivi nei confronti delle matrici ambientali o (2) il numero delle persone offese o esposte a pericolo. In quest’ultimo caso il pericolo deve essere oggetto di specifico accertamento e, quindi, il giudice dovrà verificare, tenendo conto di tutte le circostanze esistenti al momento della condotta, che l’attività realizzata abbia determinato una situazione oggettiva di concreto e reale pericolo per la vita o l’incolumità di un numero indeterminato di persone. Affinchè si configuri il disastro ambientale il pericolo per la pubblica incolumità deve essere mediato da una compromissione ambientale

5. Il disastro ambientale

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•  L’elemento soggettivo del reato può essere il dolo (art. 452-quater del c.p.), anche nella forma del dolo eventuale, oppure la colpa (art. 452-quinquies del c.p.). Il reato di disastro ambientale può essere realizzato anche “…se dalla commissione dei fatti..deriva un pericolo”

•  Profili di interferenza tra la figura del disastro innominato di cui all’art. 434 c.p. e il nuovo disastro ambientale….”fuori dai casi previsti dall’art. 434 c.p.”. La soluzione interpretativa più coerente con la riforma potrebbe essere quella di ritenere che quando l’offesa alla pubblica incolumità è stata determinata da una compromissione ambientale si applichi la nuova norma, mentre il vecchio disastro rimanga applicabile quando il pericolo è derivato da un eventi distruttivo che non abbia causato un danno all’ambiente

•  Anche per questo delitto la condotta deve essere “abusiva” e, quindi, comprende “non soltanto quella svolta in assenza delle prescritte autorizzazioni o sulla base di autorizzazioni scadute e palesemente illegittime o comunque non commisurate alla tipologia di attività richiesta, ma anche quella posta in violazioni di leggi statali o regionali o di prescrizioni amministrative”

5. ...(segue)...

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•  Art. 452 quinquies del c.p.: “Se taluno dei fatti di cui agli articoli 452-bis e 452-quater è commesso per colpa, le pene previste dai medesimi articoli sono diminuite da un terzo a due terzi. Se dalla commissione dei fatti di cui al comma precedente deriva il pericolo di inquinamento ambientale o di disastro ambientale le pene sono ulteriormente diminuite di un terzo”

•  I delitti in esame possono essere realizzati anche nella forma commissiva mediante omissione. In questo caso sarà chiamato a risponderne chi, essendo titolare di una posizione di garanzia, aveva l’obbligo giuridico di impedire il verificarsi delle condotte di inquinamento. Le condotte omissive rilevanti possono essere rinvenute in fonti normative o nelle prescrizioni contenute nelle autorizzazione ambientali in possesso dell’azienda

•  Tra gli obblighi giuridici rilevanti può annoverarsi quello gravante sul datore di lavoro e sul dirigente i quali devono “prendere appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate possano causare rischi per la salute della popolazione o deteriorare l’ambiente esterno verificando periodicamente la perdurante assenza di rischio”; obbligo specifico previsto dalla lettera q) del comma 1° dell’art. 18 del d.lgs. 81/2008

6. Inquinamento e disastro in forma colposa: alcune considerazioni

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•  Il principio di precauzione, introdotto nella nostra legislazione ambientale dall’art. 3 ter del d.lgs. 152/2006 (“La tutela dell’ambiente e degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale, deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati, mediante una adeguata azione che sia informata ai principi della precauzione….”) può aver rilevo nella conformazione della colpa ?

•  In due importanti pronunce di legittimità (il caso del Petrolchimico di Porto Marghera e il disastro di Sarno) la Suprema Corte ha esplicitamente escluso che il principio di precauzione possa vedersi riconosciuta una diretta efficacia nel diritto penale ma ha ricostruito la colpa con evidenti spinte espansive mediante un allargamento dello spettro della riconoscibilità del rischio e della prevedibilità dell’evento (vedasi quando la sentenza relativa al caso del Petrolchimico di Porto Marghera afferma che: “le regole che disciplinano l’elemento soggettivo hanno natura non di verifica a posteriori della riconducibilità di un eventi alla condotta di un uomo ma funzione precauzionale e la precauzione richiede che si adottino certe cautele anche se è dubbio che la mancata adozione provochi eventi dannosi”)

•  Il messaggio giurisprudenziale ultraprudenziale è il seguente: in caso di rischio, sia pure scientificamente debole, contradditorio, ma “fattualmente concreto”, agisci al più presto per cauterizzarlo. Noti alcuni effetti nocivi di una sostanza o di un fenomeno, va adoperata ogni possibile cautela per eliminarne o ridurne le conseguenze, anche perché non si può escludere una possibile evoluzione peggiorativa degli eventi, una volta che si è consapevoli del proprio agire

6. ...(segue)...

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•  Logiche improntate al principio di precauzione finiscono con il “non rendere conoscibile” l’estensione del precetto rimettendo nelle mani del Giudice il riconoscimento della penale rilevanza della condotta mentre è “comunque necessario che l’imputazione soggettiva dell’evento avvenga attraverso un apprezzamento della concreta prevedibilità ed evitabilità dell’esito antigiuridico da parte dell’agente modello” (Cass.pen., sez. IV, 14.6.2013 – ud. 19.3.2013 – nr. 26239)

•  La regola cautelare “non può essere individuata sulla scorta del principio di precauzione, che ha riguardo ai casi che, in presenza di certi presupposti, possano verificarsi effetti negativi (in particolare sulla salute dell’uomo) – e dunque quando manchi in senso assoluto una possibile spiegazione dei meccanismi causali e non si disponga di concreti elementi di indagine (sia pure di consistenza empirica e non scientifica) idonei a formulare attendibili e concrete previsioni circa il ricorso di eventuali connessioni causali tra la condotta sospetta e gli eventi lesivi” (Cfr. Cass.pen., Sez. IV, 19.11.2015 – dep. 24.3.2016 – nr. 12478 sentenza “Grandi Rischi”)

6. ...(segue)...

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•  In caso di condanna per alcuni dei delitti ambientali previsti dalla L.68/2015 (inquinamento ambientale, disastro ambientale, traffico ed abbandono di materiale radioattivo, impedimento del controllo e ipotesi associative aggravate è obbligatoria la confisca “delle cose che costituiscono il prodotto o il profitto del reato o che sono servite a commettere il reato” (es. impianti o mezzi serviti a realizzare il reato)

•  E’ possibile che la confisca abbia ad oggetto anche beni di valore equivalente di cui il condannato abbia, anche indirettamente o per interposta persona, la disponibilità (es. beni intestati a terze persone fisiche o a persone giuridiche)

•  Il legislatore concede “all’inquinatore” la possibilità di evitare la confisca qualora abbia provveduto alla messa in sicurezza e, ove necessario, alle attività di bonifica e di ripristino dello stato dei luoghi. Dimostrando la chiara prevalenza accordata dal legislatore alle esigenze di recupero ambientale rispetto alle pretese ablatorie statuali

7. Alcune importanti conseguenze in caso di condanna

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•  L’art. 452-duodecies del c.p. prevede, al primo comma, che il giudice quando pronuncia sentenza di condanna ovvero di applicazione della pena su richiesta delle parti per taluno dei delitti previsti dal Titolo VI-bis del c.p. “ordina il recupero e, ove tecnicamente possibile, il ripristino dello stato dei luoghi, ponendone l’esecuzione a carico del condannato e dei soggetti di cui all’art. 197”

•  In buona sostanza l’esecuzione delle misure di recupero o di ripristino dello stato dei luoghi sono poste a carico, oltre che del condannato, anche degli Enti i cui rappresentanti/amministratori/dipendenti siano stati destinatari di una condanna per un delitto ambientale (tra quelli di cui al Titolo VI-bis del c.p.) “che costituisca violazione degli obblighi inerenti alla qualità rivestita dal colpevole, ovvero sia commesso nell’interesse della persona giuridica” (cfr. art. 197 c.p.)

•  Viene quindi delineata una responsabilità diretta dell’Ente (e non più solidale con il condannato) con finalità ripristinatorie del danno ambientale causato

7. ...(segue)...

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8. La responsabilità amministrativa degli Enti

Delitti ambientali presupposto ex d.lgs. 231/2001

Sanzioni pecuniarie Sanzioni interdittive ex art. 9 d.lgs. 231/01

Art. 452 bis c.p. Inquinamento ambientale

Da 250 a 600 quote Non > a 1 anno

Art. 452 quater c.p. Disastro ambientale

Da 400 a 800 quote Non < a 3 mesi né > a 2 anni

Art. 452 quinqies c.p. Delitti colposi contro l’ambiente

Da 200 a 500 quote NO

Art. 452 sexies c.p. Traffico ed abbandono di materiale ad alta radioattività

Da 250 a 600 quote NO

Art. 452 octies c.p. Reati associativi finalizzati a commettere un delitto contro l’ambiente

Da 300 a 1000 quote NO

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•  Gli Enti possono assumere la veste di “imputato” (art. 35 del d.lgs. 231/01) nei procedimenti penali per responsabilità amministrativa “da reato ambientale” (art. 25 undecies del d.lgs. 231/01) ed essere condannati alle sanzioni pecuniarie e interdittive previste

•  In questa veste devono difendersi dall’accusa di illecito amministrativo ex artt. 6-7 del d.lgs. 231/01 (nel caso abbiano, ex ante, adottato un valido modello organizzativo) oppure devono provare che l’illecito penale ambientale non è stato commesso nell’interesse o a vantaggio dell’Ente (art. 5 comma 1° del d.lgs. 231/01)

•  L’Ente non può (art. 8 del d.lgs. 231/01) beneficiare della disciplina estintiva delle contravvenzioni ambientali (riconosciuta dalla Parte VI bis del d.lgs. 152/06 come introdotta dalla L. 68/2015) e di quella prevista dalla normativa generale (art. 162-bis c.p.)

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•  L’introduzione di nuovi reati presupposto rende necessaria una nuova valutazione del rischio “ambiente” per adeguare il modello organizzativo

•  I nuovi reati presupposto consigliano di effettuare un’ “analisi endoscopica” della realtà e del contesto dove l’impresa opera:

•  individuazione dei beni giuridici tutelati dalle nuove norme (acque, aria, suolo, sottosuolo, ecosistema, biodiversità, flora, fauna, pubblica incolumità);

•  definizione del contesto di riferimento: aree naturali protette, vincoli paesaggistici, ambientali, storici, artistici, architettonici, archeologici, specie animali o vegetali protette;

•  individuazione delle fonti di pericolo: processi industriali, produttivi, sostanze, eventi pregressi, sorgenti, accumulo e bioaccumulo. E’ necessario valorizzare l’aspetto precauzionale descritto dall’art. 301 del d.lgs. 152/06 che si applica in caso di pericoli, anche solo potenziali, per la salute o per l’ambiente. Il “dovere di sapere” e quindi di acquisire informazione sui rischi è di pertinenza delle imprese: è un dovere che va costantemente implementato nel contesto del più generale dovere degli Enti di auto-organizzarsi efficacemente sul terreno della prevenzione del rischio-reato

•  misurazione degli impatti, analisi della loro significatività; •  valutazione del rischio, secondo rigorosi criteri di approccio tecnico scientifico: la

Life Cycle Perspecitive, ossia la valutazione degli impatti secondo una prospettiva trascendente i luoghi di produzione.

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•  La legge 68/2015 ha previsto maggiori spazi di operatività delle confisca prevista dall’art. 19 del d.lgs. 231/01 (del prezzo o del profitto del reato), in caso di responsabilità amministrativa degli Enti ex art. 25 undecies del d.lgs. 231/01, nella forma sia diretta che “per equivalente” nei:

a)  reati (di evento) riconducibili al “genus” inquinamento (es. scarico in violazione dei limiti di legge, abbandono di rifiuti, delitti di inquinamento o disastro ambientale) posti in essere omettendo le necessarie cautele e così ottenendo una economia di costi;

b)  reati di pericolo (formali o di condotta) (es. scarico di acque reflue industriali senza autorizzazione) in cui il profitto può individuarsi, oltre che nei ricavi derivanti dall’aver posto in essere una attività del tutto illecita e negli eventuali vantaggi competitivi sul mercato, anche nel mancato esborso delle spese del procedimento e di apertura dell’impianto a norma;

c)  nel reato di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (art. 260 del d.lgs. 152/06) in relazione ai risparmi di spesa derivanti dall’elusione delle regole amministrative che disciplinano l’attività di gestione dei rifiuti

•  Il Giudice può disporre (ai sensi dell’art. 53 del d.lgs. 231/01) il sequestro delle cose di cui è consentita la confisca anticipando gli effetti “reali” sin dalla fase delle indagini preliminari

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•  “Volete prevenire i delitti ? Fate che le leggi siano chiare, semplici e che tutta la forza della nazione sia condensata a difenderle, e nessuna parte di essa sia impegnata a distruggerle”, Cfr. C. Beccaria, De’ delitti e delle pene, Milano, 1973, p.128

•  “L’esistenza di leggi e norme non è sufficiente a lungo periodo per limitare i cattivi comportamenti anche quando esista un valido controllo. Affinchè la norma giuridica produca effetti rilevanti e duraturi è necessario che la maggior parte dei membri della società l’abbia accettata a partire da motivazioni adeguate, e reagisca secondo una trasformazione personale. Solamente partendo dal coltivare solide virtù è possibile la donazione di sé in un impegno ecologico”, Cfr. Papa Francesco, Laudato sì, Libreria Editrice Vaticana, 2015, p. 184

9. Due “lucide” osservazioni