Ravegnani L'Imperatore e La Sua Corte

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LIMPERATORE E LA SUA CORTE STORIA BIZANTINA ANNO ACCADEMICO 2011/12

Introduzione

La storia di Bisanzio fu in buona parte storia di Costantinopoli e della sua corte. Per pi di mille anni i sovrani della Roma dOriente si circondarono di una corte destinata a celebrare unautorit assoluta che si riteneva voluta da Dio e superiore a ogni altra. Lo splendore e la ricchezza di questa variarono nel corso del tempo, seguendo di pari passo le vicissitudini dellimpero, ma in ogni momento fu sottolineata la straordinariet del potere del signore di Costantinopoli. Alla figura dellimperatore di Bisanzio si leg una complessa ritualit, che mescolava elementi di diversa provenienza, e che tendeva essenzialmente a esprimere in forma visiva lomaggio dovuto a chi era ritenuto contemporaneamente lerede dei cesari romani e il sovrano del mondo cristiano. Lidea di romanit fu alla base del sistema politico dei Bizantini. Per tutto il Millennio limpero venne considerato come la continuazione di Roma con diritto imprescrittibile alla sovranit su tutti i territori a questa appartenuti. Leventuale dominazione straniera nei confini del mondo romano era ritenuta illegale e frutto di unusurpazione. Solo i sudditi dellimpero erano Romani e cos i Bizantini si definivano in contrapposizione agli stranieri. A questa concezione, propriamente politica, si aggiunse fin dalla prima epoca un aspetto religioso, che la completava formando un tutto omogeneo: limpero era voluto da Dio, che aveva eletto il popolo cristiano come depositario della sua volont. Ne conseguiva che era eterno, in quanto espressione divina, e universale, in quanto romano. Non poteva esistere inoltre un altro imperatore dopo quello di Costantinopoli, che da Dio riceveva il potere perpetuando lautorit delegata a Costantino I, il primo imperatore cristiano. Questa idea sopravvisse tenacemente nel mondo bizantino, anche quando la realt dei fatti la rese improponibile e fu sempre lispiratrice di una diffusa pretesa alla diversit. 1

Il potere del sovrano era assoluto e, almeno in teoria, non esistevano limiti a questo, se non il limite soggettivo del rispetto delle leggi che lo stesso emanava o, anche, dellautonomia della chiesa in materia di fede. Pur essendo fonte della legge, limperatore era formalmente tenuto a rispettarla come qualsiasi altra persona. Il suo ruolo nella chiesa era notevole, ma doveva limitarsi a un ambito definito. Poteva presiedere i concili e di tradurre in legge o quanto meno farne rispettare i deliberati, vigilando sul mantenimento dellortodossia; poteva inoltre legiferare in materia ecclesiastica, creando vescovadi, modificando le circoscrizioni ecclesiastiche o il calendario liturgico o anche disciplinando la vita del monachesimo. Limite a questa ampia autorit era considerato normalmente il divieto di esprimersi in materia di dogmi, per cui doveva soltanto rimettersi alle decisioni del clero. Nella pratica i limiti teorici al potere imperiale furono talvolta superati secondo le diverse contingenze del momento, ma in linea generale il principio fu osservato e, per quanto riguarda i rapporti con la chiesa, valse il rispetto della mutua collaborazione. La trasgressione, ad esempio, fu evidente in et iconoclastica, tra VIII e IX secolo, quando i sovrani presero liniziativa di decidere in materia di religione, o ancora su scala minore nella cosiddetta disputa della tetragamia originata dal fatto che Leone VI (886-912) pretese di sposarsi per quattro volte, in spregio alle leggi ecclesiastiche e civili. Lautorit imperiale trovava inoltre un limite reale nei gruppi di potere che direttamente o indirettamente gravitavano sulla corte, da cui spesso questa veniva condizionata. Un esempio significativo, a questo proposito, dato dallo strapotere dellaristocrazia fondiaria, contrastato dai dinasti del X secolo ma decisamente affermatosi nel successivo, tanto che questa divenne arbitra del potere supremo. Nella tarda antichit, al contrario, lostacolo pi serio allassolutismo fu rappresentato dai demi, o fazioni del circo, che tra IV e VII secolo rappresentarono la forma pi vivace di opposizione. Nati come associazione sportiva, sul modello romano, i demi assunsero una chiara fisionomia politica e furono spesso causa di disordini. I sovrani di norma si appoggiavano alluna o allaltra delle principali fazioni, che erano i Verdi e gli Azzurri, ma quando Giustiniano I (527-565) pretese di riportarle entrambe allobbedienza suscit (nel 532) una disastrosa rivolta che fu 2

sul punto di fargli perdere il trono. Limperatore inoltre era talvolta condizionato nellesercizio delle sue funzioni, soprattutto nei frequenti casi di minorit, per cui potevano affermarsi consigli di reggenza pi o meno eterogenei. E ancora, su un versante religioso ma spesso anche politico, data la frequente confusione tra religione e politica tipica di Bisanzio, i sovrani dovevano misurarsi con le sette ereticali, che non ne riconoscevano lautorit, o ancora con il potente monachesimo organizzato, da cui spesso si ebbe unopposizione tenace alla politica di Costantinopoli. I sudditi del sovrano della Roma dOriente erano considerati suoi servi, che dovevano avere dinanzi a lui lo stesso rapporto di soggezione esistente fra servo e padrone. Questa concezione, di matrice orientale, si afferm con gli ultimi imperatori pagani e, sia pure occasionalmente criticata, fu costante nel mondo bizantino. Nei confronti dei sudditi, tuttavia, egli doveva esercitare la benevolenza, latteggiamento che un padre ha nei confronti dei figli e che consiste essenzialmente nel saper perdonare. Unaltra qualit propria del sovrano, secondo la visione politica dei Bizantini, era limpassibilit, in forza della quale non doveva lasciare trasparire alcun turbamento dando di s unimmagine stereotipa, capace di fornire lesempio ai sudditi in ogni circostanza. La benevolenza e limpassibilit erano qualit che gli derivavano dallimitazione di Dio, un altro atteggiamento che si riteneva indispensabile corredo del potere supremo. Limpero terrestre, infatti, doveva imitare nelle forme quello celeste di cui si riteneva fosse espressione e chi in terra deteneva lautorit doveva a sua volta imitare Dio. Imitare per essere imitato dai sudditi e condurli cos verso la perfezione. Come gi a Roma, non si ebbe a Bisanzio un preciso sistema di successione al trono e nel corso dei secoli ci si regol secondo la consuetudine e le contingenze del momento. Un tentativo serio per fissare una prassi successoria nella tarda antichit era stato fatto da Diocleziano con la Tetrarchia. Secondo questo sistema ai due imperatori anziani, gli Augusti, dovevano subentrare automaticamente i due cesari da essi scelti. I nuovi augusti dovevano eleggere a loro volta altri due cesari per assicurare la continuit. Il meccanismo, teoricamente perfetto, si rivel tuttavia fallimentare nellapplicazione pratica e diede 3

origine ben presto a interminabili guerre civili, venendo meno gi con Costantino I. Sopravvisse, nella prima epoca bizantina, soltanto nella forma svuotata da ogni sostanza, perch i sovrani in carica erano definiti augusti, mentre i loro presumibili successori ricevevano in genere il titolo di cesare. Il titolo di Augusto, di origine romana, fu poi soppiantato nel VII secolo, quando a Bisanzio si smise di parlare latino, da quello greco di basileus, che rest nelluso ufficiale fino alla caduta dellimpero. La dignit imperiale era teoricamente elettiva e, nel tardo antico, si ebbero effettivamente alcuni casi di una simile forma di successione. Il collegio elettorale in questo caso era costituito dal senato e dai principali dignitari di stato, anche se in realt la scelta era spesso favorita dai gruppi di pressione che agivano a corte. Notevole, sotto questo profilo, poteva essere il ruolo delle imperatrici che riuscivano talvolta a legittimare un successore. Al principio elettivo si opponeva la tendenza naturale dei sovrani a costituirsi una discendenza, rendendo ereditario il potere. In questa prospettiva limperatore in carica si associava un collega, destinato a succedergli automaticamente alla sua morte. Sebbene di pari grado al sovrano pi anziano, di fatto per lassociato era di rango inferiore e entrava nella pienezza dei diritti soltanto dopo la scomparsa del predecessore. La coreggenza non implicava comunque la divisione del territorio, una concezione estranea alla mentalit dei Bizantini, che si fece strada soltanto occasionalmente nellultima epoca. Vi era poi un terzo modo per acquisire il potere supremo, naturalmente confinato allillegalit ma che non di meno ebbe notevole fortuna: prenderlo cio con la forza deponendo limperatore in carica. In questo caso contavano ovviamente soltanto i rapporti di potere che potevano instaurarsi nei complessi meccanismi della politica bizantina. La tendenza a istituire dinastie presente fin dalle origini. La prima di queste si deve a Costantino (324-337), alla cui morte subentr il figlio Costanzo (337-361) seguito dal nipote Giuliano (361-363). Alla morte di Giuliano si ebbe il breve regno di Gioviano (363-364), eletto dallo truppe in assenza di altri eredi di Costantino. Una nuova dinastia fu successivamente istituita da Teodosio I (379-395) e questa dur fino al 450 quando mor Teodosio II. Si ebbero poi ebbero poi la dinastia di Leone I (dal 457 al 474) e di Giustino I (dal 518 al 578). Se mancava un 4

erede maschio, una volta fissatasi la dinastia, si riteneva che anche le donne della famiglia imperiale fossero adatte a trasmettere i diritti sovrani e, pi tardi (a partire da Irene nel 797), anche a esercitare direttamente il potere, una prassi che non trova riscontro nella tradizione romana. Ad esempio la vedova di Zenone, Ariadne, nel 491 fece cadere la scelta su Anastasio I, che subito dopo spos. Fino al IX secolo la successione ereditaria fu spesso superata dagli avvenimenti, ma poi and progressivamente affermandosi. A partire da Michele II (820-829) si susseguirono infatti sette dinastie quasi senza interruzione: gli Amoriani (820-867), i Macedoni (867-1056), i Doukas (1059-1078), i Comneni (1081-1185), gli Angeli (1185-1204), i Lascaridi di Nicea (1204-1261) e i Paleologi (1261-1453). Contemporaneamente si andava rafforzando lidea legittimista, di larga presa sulla popolazione, che gi si era radicata nella mentalit comune nel IX-X secolo e che tale rester anche in seguito. Il trono divenne un bene familiare e il potere prese forma collegiale, con imperatore e coimperatori. significativo in proposito che al tempo della dinastia macedone si cominci a parlare di porfirogeniti per indicare i principi nati nella porpora e come tali appartenenti alla famiglia regnante. Malgrado ci si ebbero numerose usurpazioni, favorite dallinstabilit politica e dalla minorit degli eredi, ma altrettanto significativo che gli usurpatori non ebbero lautorit per soppiantare la dinastia legittima. Ci vale ad esempio per Romano I (920-944), Niceforo Foca (963-969) e Giovanni Zimisce (969-976), che governarono al posto dei macedoni Costantino VII Porfirogenito, Basilio II e Costantino VIII. La forza del sentimento legittimista in questo periodo dimostrata con chiarezza da due episodi: la deposizione di Michele V nel 1042 quando cerc di disfarsi dellimperatrice Zoe e lesercizio diretto del potere in linea femminile con Zoe e Teodora quali ultime rappresentanti della dinastia macedone, che fu accettato senza riserve a Bisanzio. Non si ebbe mai, comunque, un meccanismo rigido di avvicendamento al trono: la scelta del successore dipendeva unicamente dalla volont sovrana e limperatore che entrava in carica, a sua volta, doveva patteggiare il proprio riconoscimento con il patriarca di Costantinopoli e le forze pi rappresentative della societ. In linea di principio lesercizio del potere spettava al primogenito che formalmente 5

ereditava il trono assieme ai fratelli coimperatori. Nella pratica la decisione ultima spettava per al sovrano e si hanno esempi, anche se rari, di mancato rispetto dellordine successorio. Nel 1143, ad esempio, Giovanni II Comneno lasci il trono al figlio cadetto Manuele a detrimento del primogenito Isacco e, nel Trecento, Giovanni V Paleologo (1341-1395) scart dal trono il primogenito associandosi il fratello di questo. Sappiamo anche che, nel 1118, limperatrice Irene e Anna Comnena cercarono di convincere Alessio I morente a nominare successore Niceforo Briennio, marito di Anna, al posto del figlio Giovanni. Qualunque fosse il modo con cui otteneva il potere, il nuovo sovrano veniva proclamato con una cerimonia solenne e con tale atto iniziava la sua vita ufficiale. Linvestitura imperiale traeva origine dalla tradizione romana, come gran parte della vita pubblica dei Bizantini, ma si arricch nel corso del tempo con lintroduzione progressiva di nuovi elementi. Nel V-VI secolo, quando pi forte era il legame con le origini, aveva ancora un carattere essenzialmente militare, mentre a partire dal VII prevalse laspetto religioso, che anche in seguito sarebbe stato determinante. Per la proclamazione si avevano due diverse procedure, a secondo che fosse ancora in vita oppure gi deceduto il predecessore. Nel primo caso la cerimonia era molto semplificata e si limitava ad alcuni atti essenziali. Nel secondo, al contrario, si articolava in tre passaggi essenziali: il rito militare di proclamazione, lincoronazione religiosa da parte del patriarca di Costantinopoli e la presentazione ai sudditi del nuovo eletto. Il rito militare comportava la sollevazione sullo scudo, unusanza di origine germanica, e la consegna del torques (o, in greco, manikis), una decorazione portata al collo da alcuni soldati che veniva posta in capo al neo eletto da un sottufficiale istruttore. In termini simbolici significava la delega dellautorit di comando allimperatore, in cui lesercito riconosceva il proprio capo. Alla sollevazione sullo scudo si accompagnava in origine la consegna delle insegne del potere, fra cui la corona, che era effettuata in genere da un alto funzionario. A partire dal V secolo, per, si fece strada lincoronazione religiosa, dapprima un atto accessorio, ma che in seguito avrebbe relegato in secondo piano il rito militare. Il primo sovrano a essere cos incoronato 6

fu Leone I nel 457. Dopo aver ricevuto il diadema secondo il rito consueto, si rec a S. Sofia deponendo la corona sullaltare. Qui il patriarca pronunci una preghiera e lo incoron nuovamente. La proclamazione in questepoca aveva luogo in uno spazio pubblico, in genere lippodromo di Costantinopoli. Il cerimoniale mostrava piccole varianti da un sovrano allaltro e alla cerimonia vera e propria si accompagnavano di norma le acclamazioni del popolo, spesso mescolate a richieste politiche, e un discorso rivolto ai sudditi, con la promessa di buon governo e di donativi alla truppa. La cerimonia proseguiva quindi con una processione a S. Sofia e terminava in un banchetto solenne offerto ai dignitari di corte. La sollevazione sullo scudo perse progressivamente 1essenzialit delle origini quale rito di legittimazione da parte delle truppe, ma si conserv come formalit tradizionale. Lo ritroviamo ancora nel XIV secolo: in questepoca precedeva lincoronazione e si svolgeva al primo piano del palazzo patriarcale, che dava sulla piazza in cui si radunava il popolo per assistervi. Lo scudo non era pi sollevato dai soldati, come nel periodo antico, ma dal patriarca e dai principali dignitari. Lincoronazione da parte del patriarca introdusse a sua volta un elemento di novit, anche se il rito non perse il carattere delle origini fino a Foca. Nel 602, infatti, questo sovrano fu proclamato dalle truppe in rivolta con il consueto rito della sollevazione sullo scudo; la cerimonia fu poi ripetuta con la stessa prassi a Costantinopoli e, infine, si ebbe lincoronazione da parte del patriarca in una chiesa cittadina. Da accessorio, tuttavia, il cerimoniale religioso divenne preminente e in seguito gli imperatori vennero regolarmente incoronati in chiesa, che a partire dal 641 fu sempre S. Sofia, in significativo parallelo con la maggiore importanza acquisita dalla chiesa nella vita pubblica. In epoca pi tarda la cerimonia militare fu soltanto un ricordo del passato conservato in omaggio alla tradizione. Lincoronazione del patriarca divenne unindispensabile sanzione dellavvento al trono e, come tale, destinata a mettere in luce gli aspetti religiosi dellistituzione imperiale. La principale dimora dei sovrani di Costantinopoli fu per parecchi secoli il Gran Palazzo o Palazzo Sacro. Era cos definito un complesso di costruzioni, che sorgeva in prossimit di S. Sofia. Si estendeva su unenorme superficie tra il foro Augusteon, la principale 7

piazza della citt, e il Mar di Marmara comprendendo edifici di vario genere, corti, terrazze e giardini, ed era cinto di mura. Il primo nucleo fu edificato da Costantino I e, nel corso dei secoli, vi si aggiunsero numerose costruzioni destinate sia alla vita pubblica che a quella privata dei sovrani. Il Gran Palazzo inizi a declinare verso la fine dellXI secolo, quando i sovrani lo abbandonarono a poco a poco per quello delle Blacherne situato lungo le mura terrestri. Quando i Turchi presero Costantinopoli, nel 1453, era in rovina e da tempo i materiali venivano usati per altre opere o sottratti dai privati. In seguito vi si costru sopra cancellandone ogni traccia. La perdita delle vestigia architettoniche per compensata dalle testimonianze scritte, in particolare la letteratura sul cerimoniale, che hanno consentito una ricostruzione abbastanza precisa del complesso e della forma dei principali edifici. Sulla base soprattutto del Libro delle cerimonie di Costantino VII Porfirogenito (913-959) si tentato, a partire dallOttocento, di ricostruirne la topografia, con esiti pi o meno felici ma superiori a quanto si potuto appurare attraverso le ricerche archeologiche. Vi si trovano infatti molti riferimenti che consentono di stabilire nelle linee essenziali la disposizione, la funzione e, talvolta, la struttura interna delle diverse costruzioni. A ci si aggiungono i risultati degli scavi condotti a varie riprese dopo gli incendi che nel secondo decennio del Novecento distrussero i quartieri a ovest di S. Sofia, facendo emergere le fondamenta di alcuni edifici e, tra laltro, un ampio mosaico pavimentale di una corte interna. Limperatrice bizantina aveva lo stesso titolo del marito al femminile: augusta (in greco sebast) nel tardo antico e, in seguito, basils, baslissa o autokratrissa. Gi dal tempo di Costantino portava il diadema e in seguito la sua incoronazione ebbe luogo a palazzo con la partecipazione del patriarca e dei grandi dignitari. Le venivano inoltre tributati onori ufficiali. Per influsso dei costumi orientali, che a Bisanzio si affiancarono costantemente a quelli di origine romana, limperatrice non godeva per di grande libert e viveva nei ginecei fra le ancelle e gli eunuchi, anche se ci non comportava una completa segregazione. La sovrana non partecipava infatti alle cerimonie pubbliche, ma a corte godeva comunque di una certa libert e talvolta prendeva parte allamministrazione dello stato. significativo in proposito lesempio di 8

Teodora, moglie di Giustiniano I (527-565), che riceveva senatori e ambasciatori, corrispondeva con principi stranieri e si occupava di affari di governo. Si avevano inoltre circostanze in cui le sovrane potevano disporre dellimpero o anche esercitare direttamente il potere senza che questo loro diritto fosse messo in discussione. Oltre alla possibile influenza nel meccanismo di successione, questo fenomeno si verificava in particolare durante le minorit dei titolari del trono: vediamo, ad esempio, Pulcheria salutata come augusta alla morte del padre Arcadio (395-408) che resse limpero per il fratello Teodosio II (408-450) in minore et. Cos pure Teodora assunse la reggenza per il figlio Michele III (842-867). La stessa Pulcheria, dopo la morte del fratello, trasmise il potere a Marciano (450-457) sposandolo. La figlia di Costantino VIII, Zoe, nel 1028 port al governo Romano III sposandolo per volont del padre e lo stesso fece con Michele IV quando questo mor. Rese quindi possibile lascesa di Michele V nel 1041 adottandolo e, quando fu deposto da una rivolta popolare, si spos per la terza volta con Costantino IX Monomaco (1042-1055) che divenne imperatore. Limpero fu inoltre governato da donne per tre volte senza che si esigesse da queste un matrimonio: da Irene (797-802), Zoe e Teodora (1042) e di nuovo Teodora (1055-1056). Nel primo caso vi era stata unusurpazione, dato che Irene si era liberata del figlio per governare al suo posto; nei due successivi, al contrario, la successione avvenne senza traumi in forza del principio di legittimit. La scelta della moglie del sovrano era considerata come un importante atto politico. Le usanze matrimoniali variarono nel corso del tempo: fino al secolo X gli imperatori si unirono in genere alle figlie dei loro sudditi, senza preclusioni sociali ma generalmente in base alle caratteristiche fisiche e morali. I matrimoni con straniere furono limitati ai casi di Giustiniano II (685-695 e 705-711) e Costantino V (741-775) che sposarono due principesse cazare. Simili unioni erano per guardate ancora con sospetto al tempo di Costantino VII Porfirogenito (913-959), il quale affermava che esisteva una disposizione di Costantino I per cui era vietato il matrimonio con stranieri, particolarmente se non erano cristiani, a tutti i membri della famiglia imperiale, con eccezione per i Franchi. Malgrado ci lo stesso Costantino VII, su pressione del suocero, aveva permesso che il proprio figlio Romano sposasse Berta, figlia 9

illegittima di Ugo di Provenza. Dopo la prematura morte di questa, per, Romano II (959-963) si un con Anastaso, che da imperatrice assunse il nome di Teofano, figlia di un oste di Costantinopoli, una donna destinata ad avere un peso notevole sulle vicende del tempo. Qualche tempo pi tardi, nel 968, venne rifiutata allimperatore Ottone II la mano della porfirogenita Teofano, figlia di Romano II, che era stata chiesta da Liutprando ambasciatore del sovrano germanico. Nel 972 il matrimonio fu per concluso ma incerto se Ottone II abbia sposato questa Teofano o unomonima parente dellusurpatore Giovanni Zimisce. In questo caso la resistenza dei Bizantini si legava anche a motivi di ordine politico, ma la diffidenza verso lunione con stranieri dei membri della famiglia regnante era un principio consolidato nella mentalit corrente. Una trentina di anni pi tardi, tuttavia, si ebbe una deroga rilevante, allorch Basilio II (976-1025) fu costretto a dare in sposa la sorella Anna a Vladimiro principe di Kiev, che lo aveva aiutato a riconquistare il trono insidiato dagli usurpatori. Allavvenimento si leg comunque un evento di portata mondiale perch i Russi accettarono di convertirsi al cristianesimo ortodosso. Limportanza connessa alla scelta della sposa imperiale significativamente messa in luce dalla pratica del concorso di bellezza, ampiamente attestato tra VIII e IX secolo ma che doveva avere origini molto pi antiche, dato che gi la troviamo nel V secolo per le nozze di Teodosio II. Alcuni emissari della corte percorrevano le province scegliendo le fanciulle pi belle e, dopo essersi assicurati che appartenevano a famiglia onesta e che le loro forme rispondevano al canone imperiale, le portavano a corte per la selezione definitiva. La prima testimonianza dettagliata in proposito ci viene dalla Vita di S. Filareto il Misericordioso, un ricco proprietario terriero del borgo di Amnia in Paflagonia (una regione nel nord-est dellAsia Minore), la cui nipote Maria spos nel 788 limperatore Costantino VI (780-797). In seguito si ebbe un nuovo concorso di bellezza al tempo di Niceforo I, che nell807 se ne serv per le nozze del figlio Stauracio con Teofano, una donna gi maritata e costretta a divorziare. Lesempio fu poi seguito nell821 da Teofilo (829-842) con Teodora, nipote di un generale dellOriente e da Michele III (842-867) che nell855 prese in moglie Eudocia Decapolitissa. Nell881, infine, Leone VI fu fatto sposare in questo modo dal padre Basilio I con Teofano appartenente a una famiglia 10

aristocratica di Costantinopoli. Subito dopo, per, lusanza sembra caduta in desuetudine, con ogni probabilit per lo scandalo suscitato dai quattro matrimoni di Leone VI. A giudicare dalle fonti (per lo pi agiografiche), la scelta rispondeva a criteri puramente estetici, ma in realt il carattere tendenzialmente romanzesco di tali opere potrebbe celare i risvolti politici e la sostanziale formalit dei concorsi di bellezza. Cos, ad esempio, il matrimonio fra Maria e Costantino VI pu prestarsi a essere interpretato come il desiderio da parte dellimperatrice-madre Irene di assicurarsi il favore delle regioni orientali, in cui doveva essere ancora forte il movimento iconoclasta. Il matrimonio con donne straniere, da occasionale come era stato in precedenza, divenne la regola con i sovrani di epoca comnena, che considerarono queste unioni un importante mezzo di azione diplomatica. Abbiamo cos le nozze di Giovanni II Comneno (1118-1143) con Irene di Ungheria figlia del re Ladislao, di Manuele I (1143-1180) con Berta di Sulzbach parente di Corrado III e, in seconde nozze, con Maria principessa normanna di Antiochia. Il fenomeno si accentu con i Paleologi e accanto a principesse occidentali, come Anna di Savoia moglie di Andronico III (1328-1341), si ebbero anche come consorti degli imperatori le figlie di sovrani ortodossi, ad esempio Anna, figlia del principe di Mosca, che spos Giovanni VIII (1425-1448) in prime nozze. In questepoca lunione di un porfirogenito con una straniera pareva cos naturale che il despota Demetrio, fratello di Giovanni VIII (1425-1148), fu criticato dalla famiglia per aver voluto sposare la figlia di un nobile del Peloponneso. La decadenza di Bisanzio, gi nel secolo precedente, aveva daltronde modificato i tradizionali schemi sociali e lusurpatore Giovanni VI Cantacuzeno (1347-1354) non aveva esitato a far sposare la propria figlia a un sultano turco, dal quale aveva ottenuto appoggio militare. Il cerimoniale e la gerarchia palatina variarono notevolmente nel corso dei secoli, come anche la ricchezza e lo splendore della corte, in parallelo al corso degli avvenimenti politici. Bisanzio fu a lungo una grande potenza, ancora capace nel X secolo di una notevole estensione territoriale; nel corso del successivo si fecero per avvertire i primi sintomi di una lenta e inesorabile decadenza, in gran parte dovuta alla crisi interna. I sovrani comneni, fra XI e XII secolo, cercarono di 11

risollevare le sorti dellimpero, ma la crisi si accentu dopo la loro dinastia arrivando al culmine con la IV crociata, che port nel 1204 alla conquista occidentale di Costantinopoli e alla spartizione del territorio bizantino fra i vincitori. Costantinopoli torn in mano greca nel 1261, ma lestensione dellimpero si era notevolmente ridotta e continu a decrescere in seguito. La decadenza politica si ripercosse negativamente anche sulla corte, con una notevole contrazione del tono e dello splendore di un tempo. A met del XIV secolo i lussi del passato erano soltanto un ricordo e, alla cerimonia di proclamazione di un sovrano, veniva usato vasellame di piombo e di terracotta al posto dei materiali preziosi dei giorni migliori. Le mutate condizioni di vita non incisero tuttavia sulle concezioni fondamentali del potere: limperatore continu a essere considerato dai suoi sudditi al vertice della gerarchia degli stati cristiani. Allinizio come alla fine, infatti, si ritenne che il sovrano di Bisanzio fosse lunico depositario del potere supremo per volont divina. Il santo imperatore scriveva verso la fine del Trecento il patriarca di Costantinopoli al granduca di Mosca non affatto come gli altri regnanti e signori di paesi e aggiungeva, citando la sacra scrittura, che egli doveva essere considerato lunico imperatore universale, quando ormai una simile affermazione era in stridente contrasto con la rovina del mondo bizantino. La straordinariet che si riteneva connessa alla figura del sovrano di Bisanzio ne fece loggetto di un culto particolare, in parte si connesso alle origini pagane del suo potere, ma su cui si erano ampiamente inserite le concezioni del cristianesimo. Alla nozione dellimperatore-dio, occasionalmente presente nel modo romano e tipica dellultima et pagana, si era infatti sostituita per influsso del cristianesimo quella pi sfumata di eletto da Dio, una sorta di tredicesimo apostolo a capo dellecumene romana. Come gi quella dellimperatore pagano, la figura del sovrano di Bisanzio fu ritenuta sacra, sacro e divino tutto quanto gli si connetteva e sacrilegio offenderlo in qualsiasi modo, anche trasgredendo i suoi ordini. A questa sorta di religione imperiale si accompagnavano lesistenza di un luogo di elezione per la manifestazione del culto e di una vera e propria liturgia. Il primo pu essere identificato nel Gran Palazzo, almeno finch fu al centro della vita di corte, e la seconda nellassieme di riti che in questo si svolgevano. Le 12

sale del palazzo destinate alla vita ufficiale, spesso a forma basilicale, ricordavano intenzionalmente larchitettura delle chiese con il trono al posto dellaltare. Un esempio significativo, a questo proposito, viene dal Chrysotriklinos o salone doro, che doveva essere di forma simile alla chiesa di S. Vitale in Ravenna. Il trono dellimperatore sorgeva nellabside sotto il mosaico raffigurante il Cristo in trono, con evidente simbologia dello stretto legame fra il regno celeste e quello terrestre. Ogni sala palatina aveva inoltre una precisa funzione nel cerimoniale e cos anche lippodromo, dove tutto il popolo era associato al culto del sovrano. I riti del Palazzo avevano per oggetto la manifestazione esteriore del culto e la venerazione dovuta alla maest imperiale. Tutto ci si manifestava attraverso la txis cio letichetta, che consisteva nella determinazione dei posti in ordine di importanza secondo il grado rivestito, negli atteggiamenti da tenere di fronte al sovrano, nei gesti e nelle formule. Ogni infrazione alletichetta era considerata un sacrilegio e attraverso il ripetersi formale di atteggiamenti consoni a questa si riteneva di poter manifestare, in termini tangibili, lossequio dovuto al sovrano. Di qui un cerimoniale complesso e regolato fin nei minimi dettagli, le cui forme variarono nel corso dei secoli ma che sempre ebbe un unico principio ispiratore. Attraverso una rigida osservanza di questo si riteneva di poter manifestare in modo tangibile lossequio dovuto al basileus, regolando in maniera rituale ogni aspetto della vita di corte. La rigida formalit era ritenuta adatta a dare dellistituzione imperiale unimmagine di armoniosa perfezione: possa il potere imperiale scrive Costantino VII esercitandosi con ordine e regolarit riprodurre il movimento armonioso che il Creatore d a tutto luniverso e limpero apparire ai nostri sudditi pi maestoso e perci pi gradito e ammirabile. Un concetto che si adatta particolarmente al mondo bizantino, in cui molto spesso forma e sostanza tendevano a identificarsi. Attraverso la ripetizione delle forme, in altre parole, si riteneva che potessero manifestarsi la potenza dellimpero e il lealismo dei sudditi. Una regola fondamentale delletichetta era il silenzio da osservare in presenza del sovrano. Le stesse assemblee imperiali avevano preso il nome di silentia fin dai tempi pi antichi. A sua volta limperatore, come una specie di idolo, non doveva manifestare alcuna passione umana mantenendo una rigida impassibilit durante le udienze solenni 13

che si svolgevano a Palazzo. Era inoltre accompagnato costantemente da eunuchi che, come angeli in terra, lo assistevano e soltanto in presenza di eunuchi indossava gli abiti da cerimonia. Non calcava il terreno comune, ma soltanto lastre di porfido o tappeti di porpora ed era lunico ritenuto degno di calzare scarpe di porpora. Chi riceveva da lui un dono o uninsegna del potere doveva prenderli nascondendo le mani sotto un lembo del mantello. Una qualsiasi cerimonia palatina, quale ad esempio il ricevimento di ambasciatori, si svolgeva come una sorta di celebrazione religiosa. I dignitari ammessi ad assistere dovevano presenziare secondo il protocollo e rivestiti degli abiti dapparato che indossavano a palazzo. Lassemblea veniva introdotta quando il basileus, circondato dal suo seguito, aveva preso posto in trono. I dignitari non entravano tutti assieme, ma in successione e divisi per classi. Ogni volta che un corpo di dignitari entrava nella sala in cui si svolgeva la cerimonia, veniva tirata una portiera, come se fossero ammessi in un luogo di culto, ed essi si disponevano nei posti loro assegnati dal protocollo. Limperatore, immobile in trono, faceva cenno agli eunuchi addetti al servizio e, questi, con una complicata successione di gesti, introducevano uno alla volta i diversi corpi di spettatori. A ci si accompagnavano le rituali acclamazioni al sovrano e, spesso, la musica degli organi, che facevano da indispensabile corredo allatto diplomatico vero e proprio. Altro rito essenziale del cerimoniale era ladorazione (in greco prosknesis), gi presente nellultima epoca pagana, con un evidente significato cultuale nei confronti dellimperatore divinizzato. Si svolgeva secondo modalit diverse a secondo dei tempi e del rango delle persone tenute a farla e andava dal semplice inchino alla prosternazione. Ladorazione si estendeva anche alle immagini imperiali, che erano oggetto di un culto ugualmente di derivazione pagana. Questa forma di omaggio, oggetto di riserve da parte del clero nel IV-V secolo, divenne meno intensa nel corso del tempo ma non fu abolita e ancora in epoca tarda vigeva la consuetudine di far figurare le immagini del sovrano fra le icone dei santi portate in processione durante le solennit religiose. La vita di corte era inoltre scandita da un rigido sistema di precedenze, che fissava il rango e la posizione dei dignitari nelle cerimonie, dando a queste laspetto di una sorta di rappresentazione rituale. Anche questa concezione faceva parte a pieno titolo del bagaglio 14

ideologico dei Bizantini per i quali la corte terrestre, come copia di quella celeste, doveva dare di s unimmagine di ordine e perfezione. Imitando limmagine delluniverso, il sovrano cristiano adempiva a un suo preciso obbligo devozionale e, a sua volta, chi veniva direttamente a contatto con lui doveva sottostare ai rigidi meccanismi che ne celebravano la potenza. Al rango dei dignitari, perci, si accompagnava una collocazione precisa nel sistema delle precedenze, che ne fissava i diritti e i doveri. I primi consistevano essenzialmente nella dimensione sociale; gli altri nellobbligo di partecipare alle cerimonie occupando un posto determinato. La differenza di rango comportava materialmente una diversa disposizione dei dignitari, come cio si collocavano a tavola, stavano in piedi o potevano avvicinarsi al sovrano. Lassimilazione del rituale palatino alle celebrazioni religiose reso evidente anche dalluso di ceri, di canti o di vesti appropriate. In molti casi, anzi, fu sicuramente la liturgia palatina che forn il modello a quella ecclesiastica. Ceri e incensieri erano di uso ricorrente. I primi erano gi stati presenti nel mondo romano nei cortei in cui comparivano magistrati e senatori e ugualmente si bruciava incenso nei templi davanti alle statue. In origine la chiesa respinse queste usanze ma poi le accett, a imitazione della liturgia palatina. Anche gli abiti da cerimonia portati da imperatori e dignitari avevano il carattere di veste liturgica, variando di forma e colore secondo le feste. Prima della cerimonia il sovrano si cambiava gli abiti comuni o, a volte, lo faceva anche durante la celebrazione stessa dietro un paravento teso dagli eunuchi. Ogni classe di dignitari aveva i propri abiti, che indossava secondo regole precise. Anche in questo caso le usanze ecclesiastiche furono influenzate da quelle palatine. Era assai diffuso, infine, luso di acclamazioni ritmiche, ugualmente gi presenti nel mondo romano e di qui passate a Bisanzio dove, come altre manifestazioni di origine spontanea, furono ritualizzate inserendole nel culto imperiale. Le acclamazioni erano laccompagnamento obbligatorio di ogni cerimonia e prendevano talvolta la forma di dialogo fra primo cantore e coro. Vi si univano inni e canti, accompagnati da musica, e ci accentuava la somiglianza con un ufficio religioso. I canti erano di soggetto vario, ma sempre a esaltazione del sovrano. Il compito di acclamare limperatore spettava essenzialmente ai dignitari e alle fazioni dellippodromo (i demi), che 15

avevano svolto questo ufficio fin dalla prima et bizantina. Le loro acclamazioni consistevano in frasi corte, che esprimevano voti di lunga vita e vittoria. Fino a quando inoltre i demi ebbero una rilevanza politica vi si univano anche lagnanze o richieste di vario genere. La perdita di questa caratteristica non li fece comunque passare in secondo piano e, al contrario, essi assunsero un ruolo sempre pi centrale nellesaltazione del basileo attraverso la formazione di cori e la presenza costante alle cerimonie. Levoluzione della gerarchia palatina nel corso del tempo comport la creazione, la scomparsa o la modifica del valore dei diversi gradi, ma ebbe sempre due costanti: la non ereditariet dei titoli e la prevalenza di una nobilt di funzionari, determinata dalla corrispondenza fra lesercizio di una carica pubblica elevata e un rango nella gerarchia, per cui un funzionario entrava automaticamente a far parte di una classe di nobilt. In parallelo alla nobilt dei funzionari si avevano tuttavia anche titoli isolati (non legati cio allesercizio di una funzione pubblica) e unaristocrazia permanente, una sorta di nobilt del sangue basata sulla tradizione e non necessariamente legata al possesso di titoli. Funzionari civili e militari ottenevano gradi di nobilt fissi in rapporto al posto occupato nella gerarchia, sia che fossero in servizio attivo (in actu, agentes), a disposizione (vacantes) o semplicemente onorifici (honorarii). Al tempo di Giustiniano al gradino pi basso si trovava la classe dei clarissimi; venivano poi gli spectabiles e gli illustres. Facevano parte di questultima i pi alti dignitari dello stato, suddivisi a loro volta secondo il rango, con al vertice i gloriosi o gloriosissimi, introdotti dallo stesso imperatore per sopperire alleccessivo allargamento dellillustrato. Come titolo isolato si aveva poi il patrizio, che era al vertice della gerarchia e veniva concesso dal sovrano a persone di particolare importanza. Giustiniano lo confer con molta larghezza, favorendone cos il processo di svalutazione che era daltronde gi in atto da tempo. tipica infatti di Bisanzio una continua mobilit dei titoli, per lo pi dovuta allabuso nella concessione che costringeva i sovrani a creare continuamente nuovi gradi per compensare la decadenza di quelli esistenti. Oltre al patriziato esistevano inoltre altre dignit speciali, pi elevate, riservate per ai membri della famiglia imperiale. Queste erano, in ordine ascendente, il curopalate, il nobilissimo e il cesare. 16

Il pi alto riconoscimento cui potesse aspirare un privato cittadino era il consolato, sopravvivenza dellantica magistratura romana e a met fra la semplice dignit e la carica pubblica. Al tempo di Giustiniano si distinguevano due tipi di consoli: ordinari o effettivi che realmente rivestivano la dignit e onorari (honorarii, codicillarii) che la esercitavano in modo fittizio ottenendo per il diritto di fregiarsi delle insegne distintive. A questi si aggiungeva poi il consolato imperiale, che si aveva allorch il sovrano in persona assumeva la dignit di console. Il consolato onorario venne istituito nel V secolo e, come precisa una legge di Zenone, poteva essere ottenuto con il pagamento di cento libbre doro destinate al fondo degli acquedotti di Costantinopoli. Il consolato ordinario era assai pi oneroso perch comportava lorganizzazione di spettacoli pubblici nella capitale. Era tuttavia assai ambito per lenorme prestigio che comportava. In primo luogo, infatti, il detentore si poneva sullo stesso piano dellimperatore-console, di cui diventava un collega sia pure fittizio. I consoli avevano poi il privilegio di dare il proprio nome allanno di carica, secondo lantica consuetudine romana. In terzo luogo raggiungevano il grado pi alto dellaristocrazia occupando i ranghi pi elevati dellillustrato. Dopo la divisione dellimpero si ebbe un console in Occidente e uno in Oriente e lusanza venne mantenuta anche sotto le dominazioni barbariche fino al 534. In Oriente il consolato ordinario inizi a declinare nel V secolo fino a sparire sotto Giustiniano a causa, soprattutto, dei costi enormi che comportava. Una legge di Giustiniano dellagosto 537 ne affrett la decadenza attraverso labolizione del diritto di dare il proprio nome allanno (o, se non vi era console, di contare gli anni dallultimo consolato) e introducendo lobbligo di datare gli atti secondo lanno di regno del sovrano e il ciclo di indizione. Veniva cos a cadere lunico compenso reale accordato ai consoli per le spese che dovevano sopportare durante lesercizio della carica. Nel corso dello stesso anno (il 28 dicembre) Giustiniano tent tuttavia di rianimare il consolato, riducendone notevolmente i costi con una nuova legge, ma la riforma non ebbe successo e d a poco listituto ordinario fin per sparire. Lultimo console in Oriente si ebbe nel 541 con Flavio Anicio Fausto Albino Basilio, un discendente dallantica aristocrazia romana. Sopravvissero al contrario il consolato imperiale e quello onorario: il primo venne meno nel corso del VII secolo, mentre il 17

secondo continu a mantenersi ancora a lungo (fino allXI-XII secolo) con il nome greco di ypatos. Il console ordinario entrava in carica il primo gennaio con una cerimonia solenne. Allalba rivestiva in casa propria le insegne e distribuiva a parenti e amici i dittici e altri doni. I dittici erano tavolette doppie ripiegabili attorno a una cerniera, per lo pi di avorio, simili a quelle di cui ci si serviva per scrivere. Contenevano le partecipazioni e, nel lato esterno, si vedeva spesso limmagine del console rivestito delle insegne e con in mano la mappa, il drappo con cui allippodromo avrebbe dato il segnale dellinizio dei giochi. Seguiva il processus consularis, il corteo di inaugurazione, durante il quale il console era portato a braccia su una gestatoria spargendo denaro alla folla. Le liberalit offerte dai consoli variavano secondo i mezzi di ognuno. Nel 521 Giustiniano, allora principe ereditario, fece sensazione con un programma splendido pi ricco di quello di tutti i precedenti consoli orientali. Vennero infatti spese 4.000 libbre doro (la libbra equivaleva al peso di 327 grammi), sia per donazioni al popolo che per organizzare gli spettacoli e, nel 535, Belisario fu ugualmente in grado di celebrare sontuosamente il consolato servendosi del tesoro dei Vandali. Per un paio danni, in seguito, non si ebbero pi candidati, sicuramente perch nessuno era in grado di poter competere con tanta magnificenza. La legge del 537 ridimension notevolmente la portata degli obblighi del nuovo console, al quale si chiedevano soltanto sette spettacoli. Il primo, non specificato, doveva aver luogo per linaugurazione. Altri cinque durante lanno e lultimo il 31 dicembre al momento di uscire di carica. Anche lultimo non specificato, mentre del secondo e il sesto si sa che erano mappae o corse di carri, il terzo una caccia alle belve nellippodromo, il quarto un combattimento di atleti professionisti assieme ad altri combattimenti con le belve per unintera giornata e il quinto uno spettacolo con buffoni, cantanti e danzatrici. Questo programma ridotto veniva a costare non di meno 2.000 libbre doro. In et macedone la gerarchia palatina si era notevolmente complicata e i cortigiani si dividevano in due categorie distinte: i semplici dignitari senza compiti amministrativi, i cui titoli erano vitalizi e teoricamente irrevocabili, e quelli incaricati di assolvere una funzione, sia militare che civile, a tempo determinato. I primi, secondo la 18

terminologia del in uso nel X secolo, ricevevano dignit per insegne, cio contraddistinte da un brevetto o insegna della carica, mentre i secondi ottenevano dignit a voce o per editto conferite con una semplice nomina verbale. In questepoca le dignit a voce erano sessanta e investivano delle funzioni effettive di comando nei vari servizi dello stato, con alle dipendenze un ufficio amministrativo pi o meno ampio. Le dignit per insegne erano diciotto, suddivise in senatoriali e processionali, e davano il diritto rispettivamente di assistere a tutte le cerimonie di corte o soltanto alle processioni. Potevano implicare funzioni palatine effettive oppure corrispondere a semplici titoli onorari e si aggiungevano di regola al predicato dei sessanta titolari delle cariche superiori, variando a secondo del grado rivestito. Tra le dignit per insegne la pi elevata era quella di cesare, ereditata della tradizione pi antica; seguivano quindi in ordine discendente quelle di nobilissimo e di curopalate, conferite di norma ai membri della famiglia imperiale. Si arrivava quindi alla patrizia con cintura, lunica dignit femminile esistente a corte, e sempre in ordine discendente, ai titoli di magistro, antipato, patrizio, protospatario, disipato, spatarocandidato, spatario, ipato e altri ancora di minore rilievo. Le dignit a voce si ripartivano a loro volta in sette classi a cui si aggiungeva un gruppo a parte di cariche speciali. A questa gerarchia si accompagnava una gerarchia parallela degli eunuchi, la cui importanza a corte fu sempre notevole, comprendente cariche e titoli speciali diversi da quelli dei barbuti, cio dei dignitari non eunuchi che portavano la barba per distinguersi. I gradi di nobilt degli eunuchi erano otto, le dignit a voce nove. La distinzione fra cariche e gradi di nobilt in questo caso era pi nominale che reale, dato che gli eunuchi di qualsiasi rango avevano normalmente incarichi a corte; potevano inoltre esercitare quasi tutte le funzioni pubbliche dei barbuti, con soltanto alcune limitazioni. Le dignit a voce riservate agli eunuchi si riferivano a servizi assai vicini al sovrano: si avevano cos il parakoimomenos che ne sorvegliava la camera da letto, laddetto alle vesti e alla tavola imperiale, il portiere del Gran Palazzo e il suo vice, i portieri di due altri importanti edifici palatini e i coppieri del sovrano e dellimperatrice. Un altro aspetto rilevante della vita imperiale in ogni epoca fu dato dalle cerimonie. La liturgia imperiale comprendeva infatti una serie di 19

feste, fisse e mobili, a carattere religioso e profano, alle quali il sovrano prendeva parte con la sua corte. Potevano svolgersi allinterno del palazzo o al di fuori di questo. Nel secondo caso le celebrazioni pi solenni comportavano una processione alla chiesa di S. Sofia, che si svolgeva con un grande apparato e una serie di fermate rituali nei punti previsti dal cerimoniale, per atti di devozione o per laccoglienza da parte dei demi e dei dignitari. Le cerimonie erano normalmente concluse da banchetti, che avevano ugualmente un andamento rituale ed erano parte integrante della cerimonia stessa. Nel X secolo, a quando risalgono le nostre migliori informazioni, i banchetti imperiali ebbero un grande sviluppo, tant che esisteva una vera e propria dottrina per regolarli. La maggior parte di questi aveva luogo nel Gran Palazzo nel cosiddetto Triclinio dei XIX letti, una sala con diciannove tavole intorno alle quali gli invitati si sdraiavano alla maniera romana per consumare il pasto. Attorno a ogni tavola prendevano posto dodici persone e il sovrano, a sua volta, pranzava circondato da dodici amici che ricordavano simbolicamente gli apostoli. Alle altre mense si disponevano i dignitari, gli ospiti stranieri o anche i prigionieri di guerra e i popolani invitati secondo il protocollo. Landamento del banchetto, come tutto a Bisanzio, obbediva a rigide regole. Esistevano funzionari appositi, gli atriklnai, addetti allorganizzazione e questi dovevano provvedere a compilare le liste degli invitati, come previsto dal cerimoniale per ogni festivit, a introdurli nelle sale di apparato chiamandoli uno per uno in ordine di precedenza e a farli accomodare nei posti loro assegnati. Lo stesso banchetto era poi spesso interrotto da precisi obblighi cerimoniali cui dovevano sottostare i presenti seguendo i funzionari che li disciplinavano. La partecipazione a un banchetto solenne a Bisanzio era comunque unesperienza unica, capace di destare la meraviglia degli invitati, soprattutto se questi erano stranieri e occasionali osservatori dei rituali complessi in uso a corte. Ce lo attesta con chiarezza il vescovo di Cremona Liutprando, che nel 949 fu ospite di Costantino VII appunto nel Triclinio dei XIX letti assistendo con meraviglia ai giochi che vi si svolsero per allietare gli ospiti. La letteratura di Bisanzio si sofferma spesso sulla corte, che impressionava fortemente limmaginazione dei contemporanei sia ovviamente per le vicende politiche che per quelle legate al cerimoniale 20

e alla vita di ogni giorno. Procopio di Cesarea, uno dei pi noti storici bizantini, nella sua celebre Storia Segreta, ci offre ad esempio un quadro vivace della corte di Giustiniano e Teodora. Un altro autore dellepoca, un modesto poeta africano di nome Corippo, ci racconta in versi la proclamazione di Giustino II nel 565 e la sua assunzione dellufficio di console lanno successivo. Andando avanti nel tempo, si possono ricordare la Cronografia di Michele Psello, un erudito del secolo XI, addentro alle vicende politiche, con la storia di numerosi sovrani di cui fu lautore fu testimone e, ancora, lopera di Anna Comnena, figlia di Alessio I (1081-1118), che nella sua monumentale Alessiade racconta la vita del padre. Ma soprattutto la letteratura cerimonialistica, che ebbe grande fortuna a Bisanzio, a portarci direttamente a contatto della vita pubblica dei sovrani. Un posto di rilievo, in questo campo, spetta al Libro delle cerimonie di Costantino VII Porfirogenito, scritto fra il 938 e il 959 da questo imperatore erudito per fissare un canone al cerimoniale. Lopera contiene una grande quantit di materiale antiquario relativo a cerimonie religiose, civili o profane cui si aggiungono testi di vario argomento, fra i quali anche relazioni storiche. Cos come ci giunto, il Libro delle cerimonie ha un aspetto caotico e discontinuo, ma non di meno una miniera di informazioni, ancora utilizzate soltanto in parte, che volendo potrebbe consentire addirittura una rappresentazione scenica della vita palatina. Sulla base soprattutto del Libro delle cerimonie, ad esempio, stata possibile una ricostruzione abbastanza accurata dellaspetto del Gran Palazzo, utilizzando i continui riferimenti agli edifici in cui si svolgevano molti atti del rituale. A pochi anni prima di questopera data inoltre un altro testo singolare, il Trattato sui banchetti (in greco Kletorolghion) scritto da un funzionario palatino di nome Filoteo. Appartiene al genere letterario dei Taktik, cio degli scritti relativi allordine di precedenza, di cui ci sono giunti alcuni esemplari. A differenza dei normali testi del genere, di regola limitati alla semplice elencazione dei titoli, lopera di Filoteo ha per la struttura di un vero e proprio manuale e riguarda in particolare lordine di precedenza da seguire in occasione dei banchetti. Egli era infatti un atriklnes, addetto quindi a questa incombenza e, come tale, scrisse unopera destinata ai suoi colleghi di lavoro che lo avevano sollecitato a redigerla. 21

Questa si articola essenzialmente in una sezione teorica, con lelenco di tutti i titoli e funzioni, informazioni su ognuno di questi e le indicazioni sulla collocazione nella gerarchia delle precedenze, cui fa seguito una parte pratica con la descrizione dei banchetti solenni che si svolgevano a corte. La letteratura specialistica sulla corte continu poi ad affascinare i Bizantini anche nellet della decadenza e, verso la met del Trecento, fu composto un Trattato sulle cariche, attribuito falsamente a un funzionario di nome Codino, che ci fornisce un quadro dettagliato della corte del tempo, soffermandosi sulla gerarchia, le uniformi dei dignitari, le feste e altri aspetti del cerimoniale. Lideologia politica, nei suoi legami con listituzione imperiale, ampiamente trattata nellampia letteratura parenetica (fa cui i cosiddetti Specchi dei principi, con un posto di rilievo alloperetta di Agapito di S. Sofia nel VI secolo), mentre un contributo notevole per la ricostruzione della vita di corte dato anche dalliconografia. A questa dobbiamo numerose immagini ufficiali di sovrani, frequenti soprattutto in mosaici, miniature e naturalmente nelle monete, nonch di dignitari di corte nelle vesti di apparato. Come molti aspetti della civilt del tempo, infine, anche liconografia religiosa fu influenzata dai modelli imperiali e spesso le immagini della devozione ci mostrano abbigliamenti che, in modo pi o meno diretto, possono essere ricollegati ai costumi della corte di Costantinopoli.

La proclamazione di Anastasio IAnastasio I prepar la strada allet di Giustiniano con unampia attivit di rafforzamento dellimpero dopo la crisi in cui si trov per buona parte del quinto secolo. Prima di salire al trono, Anastasio I era stato un abile funzionario di stato e, anche in seguito, ebbe cura di assicurare nel modo migliore il funzionamento della macchina amministrativa. Lelezione di Anastasio I mostra la procedura che veniva seguita quando si interrompeva la successione dinastica, anche se la scelta alla fine venne demandata allaugusta Ariadne a causa del disaccordo fra gli elettori. inoltre un esempio interessante di come le vedove imperiali potevano esercitare la loro influenza per legittimare un sovrano, malgrado il ruolo del tutto secondario che a Bisanzio spettava alle imperatrici nella vita pubblica. La cerimonia di inaugurazione ebbe luogo allippodromo di Costantinopoli l11 aprile del 491. La relativa narrazione si deve a Pietro Patrizio, ministro di Giustiniano I e scrittore di temi politici, che utilizz verosimilmente un processo verbale.

Anastasio di pia sorte fu proclamato in questo modo allippodromo. La notte seguente la morte di Zenone di divina sorte, i dignitari, i senatori e 22

il vescovo si riunirono nel portico dinanzi al grande triklinos1, il popolo nellippodromo nei posti a questo destinati e i soldati ugualmente all'ippodromo nello stama2. Quando si furono riuniti gridarono tutti a gran voce mentre la salma (di Zenone) era ancora esposta. I dignitari convennero perci che laugusta Ariadne di divina sorte dovesse recarsi allippodromo e parlare al popolo. Ed essa vi and vestita con la clamide e accompagnata dai due prepositi3, dal magister4, dal kastrsios5, dal questore e da tutti gli altri che sono soliti seguire limperatore quando si reca ad assistere agli spettacoli dellippodromo. Andarono con lei allippodromo anche alcuni cubiculari6 della sua casa e anche larcivescovo di Costantinopoli Eufemio7. Gli altri dignitari stettero dinanzi a lei al cancello e sui gradini secondo letichetta, i civili a destra e i militari a sinistra. Quando laugusta si mostr in piedi al popolo, tutti gridarono: Ariadne augusta, vinci! o Signore santo, concedile lunga vita!8 e spesso ripetevano: Kyrie eleison, molti anni allaugusta! da un sovrano ortodosso allimpero!. Laugusta rispose loro tramite i libellenses9 che stavano sugli stessi gradini. Il libellensis disposto sui gradini allaltezza del cancello, dinanzi al trono, dove sono soliti stare i cursores10, cos parl:

1 Il Triklinos dei XIX letti, un edificio del complesso del Gran Palazzo di Costantinopoli, cos detto per la presenza di diciannove mense attorno alle quali prendevano posto gli invitati ai banchetti imperiali. 2 Una piattaforma esistente nellippodromo, in cui si schieravano i soldati. 3 I prepositi erano dignitari eunuchi. 4 Il magister officiorum, uno dei principali funzionari pubblici. 5 Il kastresios era un altro dignitario eunuco. 6 Dignitari eunuchi addetti allappartamento privato dei sovrani. 7 Eufemio, patriarca di Costantinopoli dal 489 al 495. 8 Auguri di vittoria e di lunga vita sono tipici delle acclamazione rivolte agli imperatori. 9 I libellenses erano impiegati alle dipendente del magister officiorum che si occupavano essenzialmente delle petizioni giudiziarie. In questo caso fungono da portavoce della sovrana. 10 I cursores dovevano essere messaggeri imperiali.

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La vostra generosit ha mostrato anche in questa circostanza un comportamento conforme alla fedelt allimpero e ha rafforzato il buon ordine manifestando gli onori dovuti alla maest imperiale.... Tutti gridarono: Noi siamo servi dellaugusta. O Signore santo, concedi a lei vita! Molti anni allaugusta Ariadne! Ariadne augusta, vinci! Un imperatore romano al mondo!. Risposta: Prevenendo le vostre richieste abbiamo ordinato agli illustri dignitari e al sacro senato di eleggere con il concorso dei valorosissimi soldati11 un uomo cristiano, di stirpe romana, dotato di ogni virt propria di un sovrano, in modo che non sia avido di ricchezze o soggetto ad alcuna altra umana passione per quanto ci possibile tra i viventi... Tutti gridarono: Molti anni allaugusta! Ariadne augusta, vinci! Molti anni allimperatrice amante del Cristo! Kyrie eleison. O imperatore celeste, da a noi un imperatore terrestre non avido di denaro che regga il mondo!. Risposta: Affinch poi lelezione sia regolare e gradita a Dio abbiamo ordinato agli illustrissimi dignitari e al sacro senato, ai quali si deve unire anche il voto dei fortissimi eserciti, di fare la scelta dinanzi ai santi Vangeli alla presenza del santissimo e venerabilissimo patriarca di questa citt imperiale e alla presenza, per cos dire, dei santi scrittori in modo che nessuno scelga in base allamicizia o allodio o con qualche scopo o in base alla parentela o con qualche altro interesse privato, ma con lanimo puro e rivolto soltanto al Signore Iddio. Poich dunque, come vede anche la vostra devozione, la cosa importante e si tratta della salvezza dellintero mondo, conviene che la vostra devozione attenda ancora un po cos che vengano compiute in modo conveniente le esequie di Zenone di divina sorte e non ci si debba poi pentire di unelezione affrettata. Tutti gridarono: Una bella festa al mondo, ordine e prosperit alla citt! Molti anni allaugusta! Rimuovi quel prefetto cittadino che un ladro. Molti anni allimperatrice! O Signore, dalle vita! Ogni bene sar sotto di

11 In teoria lelezione di una sovrano era fatta dal senato e dallesercito; nella pratica dal senato affiancato dai principali dignitari militari e civili. Il neo eletto, in seguito, si mostrava al popolo e ai soldati per la cerimonia di incoronazione e le acclamazioni rituali.

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te, o Romana, se nessuno straniero aumenter il numero dei Romani. Limpero tuo, Ariadne augusta, vinci!. Risposta: Rendiamo grazie al Signore Iddio poich prima delle vostre richieste induce nella nostra mente e fa s che sia compiuto quanto utile e desiderato da voi. E infatti prima di venire qui, rendendoci conto che alla vostra devozione necessitava un uomo prudente e sollecito del vostro benessere, abbiamo promosso con laiuto di Dio lillustrissimo Giuliano alla carica di prefetto prevenendo e anticipando le vostre richieste. Tutti gridarorono: Questa una buona magistratura. Molti anni allaugusta, molti anni ai magistrati!. Risposta: dunque proprio della vostra devozione mantenervi disciplinati anche in questa circostanza come sempre vi siete mantenuti. Al vostro benessere e a tutto ci che vi utile dapprima il Signore Iddio, poi noi abbiamo pensato in modo adeguato e immediatamente, deliberando con gli illustri dignitari e il sacro senato, cui si aggiunge anche il consenso dei valorosissimi eserciti, sceglieremo per limpero un uomo ortodosso e puro. Sia assente linvidia da questa bellissima deliberazione e dallimpero. Terminata questa allocuzione laugusta e i dignitari del suo seguito se ne andarono. Laugusta si rec all Augusteo12 mentre i dignitari si sedettero su sgabelli posti dinanzi al Delphax13 e cominciarono a deliberare sulla scelta. Ma essi si trovarono in forte contesa. Il preposito Urbicio sugger loro in modo pi opportuno: Fareste bene concedendo allaugusta la piena facolt di scegliere chi vuole. Il senato preg pertanto il vescovo di recarsi da lei e di pregarla di scegliere chi volesse. Essa scelse il silenziario14 Anastasio. I dignitari, quando lo seppero, ne furono lieti e subito incaricarono il magister di inviare a casa di Anastasio alcuni conti dei protettori e dei domestici15. Essi lo condussero a Palazzo e qui si trattenne nel Concistoro16. Nel frattempo12 Allinterno del Gran Palazzo. 13 Un altro edificio del complesso palatino. 14 I silenziari erano impiegati palatini addetti al Concistoro. 15 Protettori e domestici erano reparti della guardia imperiali e i conti (comites) i loro ufficiali. 16 Il Concistoro, un edificio del Gran Palazzo.

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si svolsero le esequie di Zenone di divina sorte. Nel corso dello stesso giorno gli addetti alla veste imperiale, i pittori e i monetari fecero quanto previsto dalla consuetudine, come si detto, e a sera vennero inviate le convocazioni per un silenzio e convento17. Il giorno seguente arrivarono tutti con indosso i mantelli bianchi e vennero ricevuti in Concistoro. Qui, non allArma, ricevettero il saluto. Venne anche larcivescovo passando, come di consueto, attraverso le terme e, dopo che tutti si furono riuniti secondo luso, Anastasio si rec nel portico davanti al grande Triklinos18 e si ferm in mezzo a questo. Tutti i dignitari e i senatori si recarono da lui e gli chiesero che giurasse di non recare danno a nessuno di coloro con cui avesse rapporti e di governare limpero con animo retto. Quando ebbe fatto il giuramento, si rec allippodromo ed entr nella sala in cui i senatori rendono omaggio al sovrano in occasione dei giochi equestri. Qui indoss la tunica divitision a banda doro, la cintura, le brache e i calzari imperiali e and nel Kathisma senza le insegne19. I soldati stavano di fronte, nello stama, con le aste e le insegne piegate verso terra. Il popolo stava sui gradini e acclamava. Fu quindi sollevato in piedi sullo scudo20 e un campiductor dei Lanciarii, salitovi, gli pose in capo il proprio maniakis21. A questo punto le insegne vennero sollevate e i soldati assieme al popolo lo acclamarono. Dopo di ci scese dallo scudo e rientr nella sala dove vest le insegne imperiali. Qui il vescovo recit una preghiera e fu pronunciato il Kyrie eleison. Il vescovo lo rivest quindi della clamide e della corona gemmata. E di nuovo torn sul Kathisma e salut il popolo.

17 Silentium cum conventu: una riunione congiunta di concistoro e senato, i due consigli dellimperatore. 18 Il Triklinos dei XIX letti. 19 Il Kathisma era la tribuna, in comunicazione con il Gran Palazzo, dalla quale il sovrano assisteva agli spettacoli dellippodromo. 20 La sollevazione sullo scudo, rituale di origine germanica, era in questo periodo un atto essenziale della proclamazione di un nuovo imperatore. 21 Il campiductor, un sottufficiale istruttore, in questo caso del reparto dei Lanciarii. Questi pone in capo ad Anastasio una decorazione in forma di collana (il maniakis), simboleggiando una delega di potere da parte dellesercito. Si tratta ugualmente di un atto essenziale della cerimonia di intronizzazione del quinto-sesto secolo.

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Tutti gridarono: Auguste! sevast !22. Egli parl ai soldati e al popolo. Gli fu consegnato infatti il libellaris ed egli lo diede al libellesios23 e questi, stando in piedi sul Tribunale, parl loro e promise di dare a ognuno come augustiatika24 cinque monete doro e una libbra dargento. Lallocuzione fu la seguente: - Limperatore cesare augusto: chiaro che la potenza umana dipende dal cenno della gloria suprema. - Grida di tutti: Abbondanza di beni al mondo! Come hai vissuto, cos regna! Governanti onesti al mondo! e altre cose del genere. - Limperatore cesare augusto: Poich la serenissima augusta Ariadne per sua decisione, lelezione del gloriosissimo senato e degli illustrissimi dignitari, il consenso dei potenti eserciti e del devoto popolo, previa la clemenza della santa Trinit, hanno scelto me per reggere limpero dei Romani, sebbene non volessi ed esitassi... - Grida di tutti: Kyrie eleison. Figlio di Dio, abbi piet di lui! Anastasio augusto, vinci! Dio conserver un pio imperatore. Dio ti ha dato, Dio ti conserver e altre cose del gene re. Limperatore cesare augusto: non ignoro quale peso mi stato dato per la salvezza comune di tutti... - Grida di tutti: Degno dellimpero, degno della Trinit, degno della citt! Allontana i delatori! e altre cose del genere. Limperatore cesare augusto: ma supplico Dio onnipotente che mi conosciate dalle azioni quale avete sperato che fossi in questa comune elezione. - Grida di tutti: Colui nel quale hai fede ti salver. Come hai vissuto, cos regna! Hai vissuto piamente, piamente regna! Ariadne, vinci! Molti anni allaugusta! Solleva gli eserciti, abbi piet dei tuoi servi! Come ha regnato Marciano, cos regna! e molte altre cose del genere. - Limperatore cesare augusto: Per celebrare il nostro felice impero dar a ognuno di voi cinque monete doro e una libbra dargento. - Grida di tutti: Dio custodir limperatore cristiano. Questi sono i voti comuni, queste le preghiere del mondo, O Signore, conserva il pio! O22 Sevast lequivalente greco di auguste. 23 Il libellensis, al quale formalmente consegnata una supplica per la richiesta di donativi. 24 Come donativo.

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santo Signore, solleva il tuo mondo! Vinca la fortuna dei Romani! Anastasio Augusto, vinci! Ariadne augusta, vinci! Dio vi ha dato, Dio vi conserver. - Limperatore augusto: Dio sia con voi!. Dopo aver parlato loro se ne and in processione alla chiesa25. Entr attraverso il nartece lasciando dapprima la corona nel mutatorio26. Il preposito la prese e gliela diede ed egli la deposit sullaltare. Il sovrano offr i doni ed entr nel mutatorio, prese la corona e se la mise in capo. Tornato indietro, promosse solennemente il prefetto, diede congedo allassemblea e trattenne a convito i dignitari.Pietro Patrizio, Sulla scienza politica, 91. (in CONSTANTINI PORPHYROGENITI de cerimoniis aulae byzantinae, I, a cura di I. I. Reiske, Bonn 1829).

La proclamazione di Giustino IGiustino I era un ex contadino che aveva abbandonato in giovane et il paese natale per recarsi a Costantinopoli e arruolarsi nella guardia imperiale. Percorse in seguito una brillante carriera e arriv al trono in maniera abbastanza casuale dopo la morte di Anastasio I. Con lui inizi lepoca pi significativa del primo periodo di storia bizantina, che sarebbe stata segnata dai successi del nipote e successore, Giustiniano I. La sua elezione, dopo la morte senza eredi di Anastasio I e per lassenza di una vedova imperiale, fu interamente rimessa al collegio elettorale, ma suscit notevoli contrasti.

Nellelezione di Giustino di pia e divina sorte si ebbe un certo disordine poich non vi furono n unaugusta n un imperatore che lo avesse designato, ma le cose si svolsero al di fuori di ogni previsione. Nella notte in cui mor Anastasio di divina sorte, infatti, i silenziari chiamarono a Palazzo il magister e il comes degli excubitores27. Vennero perci il magister Celere e Giustino di divina sorte che allora era comes degli excubitores. E subito il magister invi ordini alle scholae affinch i25 S. Sofia. 26 Dove i sovrani si cambiavano dabito. 27 Magister officiorum e comes excubitorum comandavano rispettivamente i reparti della guardia palatina delle scholae e degli excubitores.

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candidati28 e gli altri scholares si presentassero. Anche Giustino di divina sorte ordin ai soldati, ai tribuni , ai vicari e ai graduati degli excubitores di presentarsi e cos parl loro: Il nostro sovrano, essendo un uomo, morto. Bisogna perci che noi tutti deliberiamo di comune accordo per scegliere un sovrano che piaccia a Dio e sia utile allimpero. Anche il magister parl allo stesso modo ai candidati e agli ufficiali degli scholares. Allalba arrivarono i dignitari abbigliati in parte con abiti scuri e in parte con abiti variopinti. Il popolo a sua volta si radun nellippodromo e acclam il senato gridando: Molti anni al senato! o senato dei Romani, vinci! Limperatore dato da Dio allesercito, limperatore dato da Dio al mondo! e molte altre cose del genere. Tutti i dignitari e larcivescovo si sedettero su sgabelli disposti nel portico dinanzi al grande Triclinio e cominciarono a contendere fra loro per la scelta dellimperatore opponendosi luno allaltro. Dato che il tempo passava, il magister Celere disse loro: Deliberiamo e agiamo fintanto che possibile. Se infatti eleggeremo in breve tempo il nuovo sovrano, tutti ci seguiranno e se ne staranno tranquilli. Tra poco, al contrario, non saremo pi padroni di decidere ma dovremo noi seguire le decisioni altrui. Ma poich i contrasti non vennero meno anche dopo il suo intervento, gli excubitores che si trovavano nella parte alta, allippodromo, proclamarono imperatore un certo tribuno Giovanni, un familiare di Giustino di divina sorte divenuto in seguito vescovo di Eraclea, e lo sollevarono sullo scudo. Ma gli Azzurri29 cercarono di impedirlo tirando pietre e alcuni di loro furono colpiti dalle frecce degli excubitores. Fu quindi la volta degli scholares che si dispersero e si impadronirono di un patrizio, con il grado di generale, conducendolo in mezzo al Triclinio con lintenzione di incoronarlo. Gli excubitores, per, si opposero e, recatisi sul posto, lo catturarono ed erano sul punto di ucciderlo. Ma si trov il nostro piissimo signore Giustiniano, allora un candidatus, che lo salv ordinando poi di condurlo sotto scorta nel quartiere degli excubitores. Tutti gli excubitores spinsero quindi il pio Giustiniano a28 I candidati erano scholares scelti che indossavano ununiforme bianca. 29 Gli Azzurri, come i Verdi citati pi avanti, erano una fazione sportiva, che in questo periodo aveva assunto anche una fisionomia politica.

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divenire imperatore, ma egli rifiut. A ogni successiva scelta venivano percosse le porte davorio e si chiedevano ai cubiculari le insegne imperiali ma questi, sentendo i nomi degli eletti, non le concedevano. Alla fine il senato unanime scelse Giustino di divina sorte e in un modo o nellaltro lo costrinse ad accettare la designazione. Alcuni scholares, indispettiti, lo aggredirono e uno di questi giunse a dargli un pugno rompendogli un labbro. Prevalse tuttavia lopinione generale di senatori, soldati e popolani e Giustino fu condotto allippodromo dove venne acclamato dagli Azzurri e dai Verdi e i cubiculari portarono sollecitamente le insegne. Sal quindi sul Kathisma assieme allarcivescovo Giovanni30 e agli altri dignitari che sono soliti salirvi mentre i restanti stavano sotto. In piedi sullo scudo ebbe il maniakis da Godila campiductor dei Lanciarii e subito vennero risollevate da terra le insegne, come consuetudine in simili proclamazioni. Non entr tuttavia nella sala per cambiarsi, ma i soldati fecero una testuggine31 dietro la quale si vest. Il vescovo gli pose in capo la corona ed egli prese lancia e scudo e si mostr. Tutti gridarono: Giustino Augusto, vinci! . Parl quindi al popolo quando gli fu dato il libellarion che conteneva tra laltro la promessa di cinque monete doro e una libbra dargento per ogni soldato. Il libellarion venne letto dai libellesioi, dato che non si trov il questore e non si pot reperire il magister Celere che al momento si era allontanato a causa del suo disturbo ai piedi. Lallocuzione fu la seguente: - Limperatore cesare Giustino vincitore sempre augusto: Per decisione di Dio onnipotente e per la vostra comune scelta avendo ottenuto limpero, invochiamo la divina provvidenza... - Grida di tutti: Ogni bene allimpero! Cos come hai vissuto, regna! Ogni bene al governo! O sovrano celeste, salva quello terrestre! Giustino augusto, vinci! Molti siano gli anni del nuovo Costantino! Noi siamo servi dellimperatore! . - Limperatore cesare augusto: affinch per sua grazia ci dia la forza per compiere tutto quanto utile a voi e allo stato.30 Giovanni II Cappadoce (518-520). 31 La testuggine consisteva in un riparo fatto con gli scudi.

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- Grida di tutti: Figlio di Dio, abbi piet di lui! Tu lo hai scelto, Tu abbi piet di lui! Giustino augusto, vinci! e molte altre cose del genere. - Limperatore cesare augusto: Sar infatti nostra premura farvi ottenere ogni benessere con laiuto della divina provvidenza e custodire ognuno di voi con affetto, cura e sicurezza. - Grida di tutti: Degno dellimpero, degno della Trinit, degno della citt! Molti siano gli anni dell'imperatore! Chiediamo per limpero governanti onesti! e molte altre cose del genere. - Limperatore: Per la celebrazione del nostro felice impero doneremo a ognuno di voi cinque monete doro e una libbra dargento. - Grida di tutti: Dio protegga limperatore cristiano: questi sono i voti di tutto limpero! e molte altre cose del genere. - Limperatore: Dio sia con voi. Il resto si svolse secondo il rito come gi per Anastasio di divina sorte.Pietro Patrizio, Sulla scienza politica, 93. (in CONSTANTINI PORPHYROGENITI de cerimoniis aulae byzantinae, I, a cura di I. I. Reiske, Bonn 1829).

Lincoronazione di Leone IIIn caso di associazione al trono la cerimonia di proclamazione del nuovo sovrano era meno solenne. Limperatore in carica incoronava il collega, proclamandolo augusto, alla presenza del patriarca che pronunciava le orazioni di rito. Aveva luogo comunque la presentazione del nuovo eletto ma non, a quanto pare, il rito militare di incoronazione. Pietro Patrizio ricorda come nel 473 venne incoronato il giovane Leone II dal nonno Leone I gravemente ammalato. Leone II (figlio di Ariadne e di Zenone) sopravvisse soltanto per alcuni mesi e nel 474 il trono pass a Zenone.

Riteniamo necessario illustrare come un imperatore creato da un altro imperatore. Sotto Leone di divina sorte Leone il giovane, che era cesare, divenne imperatore. Leone di divina sorte, che era suo zio, si ammal infatti di una malattia incurabile e fu pregato di creare imperatore il cesare. Il quindicesimo giorno prima delle calende di dicembre, sotto il consolato di Leone il giovane32, quando era magister Eusebio, convennero nellippodromo il popolo e gli ambasciatori (ve ne erano32 Leone II.

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parecchi e di varie nazionalit) e tutti i soldati con le insegne nello stama e gridarono il popolo in greco, i soldati in latino invitando limperatore a mostrarsi. Arriv quindi limperatore accompagnato dal senato33. Il cesare rimase dentro, nel triklinos in cui limperatore riceve i senatori, e con lui era Acacio larchiepiscopo della citt. Limperatore si dispose in piedi dinanzi al trono e in questa posizione cominci a parlare ai soldati e al popolo ma tutti gridarono: Ti preghiamo di sedere. Egli ringrazi il popolo salutando benevolmente e si sedette. Il popolo grid Auguste e di nuovo sorsero molte voci che lo pregavano di incoronare limperatore e molti voti per questo ed egli promise di incoronarlo. Gridarono quindi che inviasse il magister e i patrizi a prendere il cesare. Limperatore ordin al magister e ad alcuni patrizi di andarlo a prendere e questi tornarono con il cesare, che disposero a sinistra dellimperatore, e con il vescovo che si ferm a destra dellimperatore e fece una preghiera, al termine della quale tutti dissero amen. Il preposito diede una corona allimperatore e questi la pose in capo al cesare che fu acclamato per tre volte: felicemente, felicemente, felicemente. Lepiscopo se ne and e limperatore Leone si sedette. Il giovane Leone salut il popolo e tutti gridarono: Auguste. Vennero poi il prefetto cittadino, da sinistra, e il senato e gli offrirono un modiolon (cio una corona) doro34, secondo la consuetudine. Limperatore, ricevutala, parl ai soldati promettendo di dare ad ognuno, come duso, cinque nomismata e una libbra di argento a titolo di augustiatika.Pietro Patrizio, Sulla scienza politica, 94. (in CONSTANTINI PORPHYROGENITI de cerimoniis aulae byzantinae, I, a cura di I. I. Reiske, Bonn 1829).

Lincoronazione di Giustiniano IGiustino I incoron il nipote il 4 aprile del 527 nel Delphax, che era unampia corte antistante al Triclinio dei XIX Letti. Per loccasione era stato convocato dal magister officiorum Taziano un silentium cum conventu (la riunione congiunta di senato e il concistoro) e i reparti militari avevano preso posto. La descrizione di Pietro Patrizio molto breve ma lautore aggiunge che 33 Nella tribuna del Kathisma. 34 Il modiolus era una corona doro di formato ridotta offerta dai dignitari allimperatore.

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tutto si svolse allo stesso modo della proclamazione da lui precedentemente illustrata, che quella di Leone II.

Giustino di divina sorte cre il nostro piissimo signore Giustiniano nel grande Triklinos. Anchegli infatti si era gravemente ammalato ed era stato pregato dal senato di farlo imperatore. Il giorno 4 aprile, indizione quinta, quando era magister Taziano, ordin un silenzio-convento e che le scholai e tutti i reparti militari fossero presenti nel Delphax. Era presente anche il vescovo che fece una preghiera e lo incoron e tutto si svolse allo stesso modo ma nel Delphax e non allippodromo.Pietro Patrizio, Sulla scienza politica, 95. (in CONSTANTINI PORPHYROGENITI de cerimoniis aulae byzantinae, I, a cura di I. I. Reiske, Bonn 1829).

La rivolta di NikaLa rivolta di Nika ebbe luogo a Costantinopoli allinizio del 532, quando il popolo della capitale si sollev contro limperatore al grido di nika, con cui era solito incitare i propri campioni nelle corse di carri. La rivolta matur nellambiente dellippodromo ad opera delle fazioni sportive dei Verdi e degli Azzurri, che avevano assunto nella prima et bizantina una forte connotazione politica organizzandosi in una sorta di partiti, in parte militarizzati, con i quali doveva misurarsi lassolutismo imperiale. Azzurri e Verdi, tradizionalmente rivali, si coalizzarono contro la fiscalit giustinianea e, per cause occasionali, diedero lavvio a un moto durato alcuni giorni da cui fu causato lincendio della citt. Giustiniano, asserragliatosi nel suo palazzo, fu sul punto di abbandonare la partita, quando gi era stato nominato un nuovo imperatore, ma la situazione fu salvata dallintervento dellesercito, che assal i popolani facendone una grande strage. Il passo che segue relativo al rapporto che tradizionalmente il sovrano aveva con il suo popolo allippodromo, sia pure questa volta in una forma conflittuale: Mostra inoltre come anche nella concitazione del momento siano osservate le forme essenziali della proclamazione di un sovrano nella persona dellantimperatore Ipazio.

La domenica, diciotto dello stesso mese35, limperatore and allippodromo dopo una notte insonne sedendosi sul suo trono36 e portando con s il santo Vangelo. Quando si sparse la voce, tutto il popolo vi si rec e lippodromo fu riempito dalla folla. Il sovrano disse35 Di gennaio, a cinque giorni dallinizio della rivolta. 36 Nella tribuna del Kathisma.

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loro sotto giuramento: In nome di questa potest vi condono loffesa che mi avete fatto e ordino che nessuno di voi venga arrestato. Calmatevi, dunque! Voi non avete alcuna colpa, essa soltanto mia. I miei peccati, infatti, mi hanno spinto a non concedere ci che mi avete chiesto allippodromo37. Molti popolani acclamarono: Augusto Giustiniano, vinci! ma altri gridarono: Giuri il falso, asino! . Limperatore smise di parlare e se ne and dallippodromo. Diede quindi congedo al personale di Palazzo dicendo ai senatori: Andate, ognuno custodir la propria casa. Quando uscirono il popolo and incontro al patrizio Ipazio e al patrizio Pompeo38 gridando: Ipazio augusto, vinci!. I popolani presero quindi Ipazio e lo portarono a braccia nel foro di Costantino, con indosso un mantello bianco, fino ai gradini della colonna che regge la statua dellimperatore Costantino. Prelevarono dal palazzo di Placillianae le insegne imperiali che vi si trovavano e decorarono il suo capo ponendogli inoltre un collare doro intorno al collo. Quando limperatore lo seppe, il palazzo venne chiuso. La moltitudine dei popolani, tenendo con s Ipazio, il patrizio Pompeo e Giuliano lex prefetto del pretorio, condusse Ipazio sul Kathisma imperiale con lintenzione di portar fuori da Palazzo la porpora sovrana e il diadema39 e incoronarlo imperatore. Tutto il popolo raccolto allippodromo gridava al suo indirizzo: Augusto Ipazio, vinci!. Ipazio, prevedendo che lindole della plebe mutevole e che di nuovo limperatore avrebbe prevalso, invi di nascosto da Giustiniano il candidatus Efraimios, nel quale aveva fiducia, per riferirgli: Ecco che tutti i tuoi nemici si sono raccolti nellippodromo: fa ci che ordini. Efraimios si rec a Palazzo per andare a riferire lambasceria allimperatore. Ma gli si fece incontro un certo a secretis 40Tommaso, medico del sovrano e a questo assai caro, che gli disse: Dove vai? dentro non c nessuno. Limperatore, infatti, fuggito. Efraimios torn indietro e disse a Ipazio: Signore, Dio vuole che sia tu a regnare37 I popolani, allinizio della rivolta, avevano fatto una serie di richieste a Giustiniano. 38 Ipazio e Pompeo erano nipoti di Anastasio I. 39 Il mantello di porpora e la corona erano considerati come principali insegne della regalit. 40 Funzionario addetto alla segreteria imperiale.

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piuttosto che lui: Giustiniano infatti fuggito e a Palazzo non c nessuno. Udito ci, Ipazio parve stare con maggiore tranquillit nella tribuna imperiale dellippodromo e ascoltare le acclamazioni del popolo a lui rivolte e le voci ostili verso Giustiniano e laugusta Teodora. Arrivarono inoltre dal quartiere di Constantianae giovani armati di corazza appartenenti alla fazione dei Verdi, in numero di duecentocinquanta41. Questi giovani vennero in armi ritenendo di poter forzare laccesso del palazzo per introdurvelo. Quando il divinissimo imperatore Giustiniano seppe quanto avevano osato i popolani assieme a Ipazio e Pompeo, raggiunse immediatamente attraverso la scala a chiocciola il sito chiamato Pulpita, dietro alla tribuna dellippodromo, e di qui arriv alla sala con le porte di bronzo che al momento erano chiuse. Con lui si trovavano Mundo, Costanziolo, Basilide, Belisario e alcuni altri senatori. Aveva poi anche la guardia armata di Palazzo con i suoi spatari42 e cubiculari. Mentre accadevano queste cose, Narsete cubiculario e spatario usc di nascosto e, ricorrendo al denaro, si concili personalmente o tramite emissari alcuni membri della fazione degli Azzurri. Coloro che avevano cambiato partito iniziarono a gridare: Augusto Giustiniano, vinci! O Signore, salva Giustiniano e Teodora!. Tutto il popolo presente allippodromo mand alte grida e alcuni rivoltosi della fazione dei Verdi li aggredirono con il lancio di pietre. Alla fine gli assediati a Palazzo si decisero e radunarono le forze militari che si trovavano allinterno allinsaputa degli excubitores e degli scho1ares che erano passati dalla parte del popolo. Entrarono nellippodromo ognuno con i propri uomini, Narsete dalle porte, il figlio di Mundo attraverso la sphendone, altri attraverso la porta a un unico battente del Kathisma imperiale raggiungendo larena, altri ancora passando dalla porta di Antioco e da quella chiamata Nekra. Cominciarono a uccidere i popolani come capitava e nessuno fra i cittadini o gli stranieri che si trovavano allippodromo ebbe scampo. Mor fra questi anche Antipatro il vindix43 di Antiochia di Teopoli. Gli uomini del generale Belisario, aperte le porte, irruppero sul Kathisma41 I demoti della fazione dei Verdi, in questo caso nelle vesti di milizia civica. 42 Un reparto della guardia palatina composto da eunuchi. 43 Un magistrato cittadino addetto alla raccolta delle tasse.

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imperiale con gli spatari catturando Ipazio assieme al patrizio Pompeo, suo cugino, e li portarono dallimperatore. Quando furono introdotti alla sua presenza, caddero a terra dicendo: Signore, abbiamo fatto molta fatica per radunare allippodromo i nemici della vostra maest. Limperatore rispose loro: Avete fatto bene; ma se essi ubbidivano ai vostri ordini, per quale motivo non lo avete fatto prima che tutta la citt bruciasse? . Disse quindi agli eunuchi, ai suoi spatari , a Eulalio il barbuto e ai candidati: Prendete costoro e incarcerateli. Essi li portarono nei sotterranei del palazzo e rinchiusero Pompeo e Ipazio da soli. In quel giorno vennero massacrate a Palazzo, a quanto dice chi ha fatto i conti, trentacinquemila persone fra cittadini e stranieri. E non si vide pi in giro neppure un popolano, ma vi fu calma fino a sera. Il giorno dopo, diciannove dello stesso mese di gennaio, i patrizi Ipazio e Pompeo furono uccisi e i loro corpi gettati in mare. Il cadavere di Ipazio fu ritrovato sulla spiaggia e limperatore ordin che fosse sepolto assieme agli altri condannati a morte e che sopra il suo corpo fosse posta una placca con su scritto: Qui giace limperatore della lupa. Dopo alcuni giorni, per, ordin ai parenti di prendere il corpo e seppellirlo. Questi lo portarono via deponendolo nella chiesa di s. Maura. Il corpo di Pompeo al contrario non fu pi ritrovato. I loro beni vennero confiscati. Gli altri patrizi passati dalla parte di questi fuggirono chi in monasteri chi in edifici sacri. Alcuni subirono la confisca dei beni e lesilio. Si ebbe grande paura del sovrano. Quando egli conobbe la risposta data da Tommaso 1a secretis al candidato Efraimios, fece tagliare la testa a Tommaso ed esili Efraimios ad Alessandria la grande.Chronicon Paschale, pp. 623-628. (in Chronicon Pascale, I, a cura di L. Dindorf, Bonn 1832).

Limperatrice TeodoraLa figura di Teodora, moglie di Giustiniano, una delle pi controverse della storia di Bisanzio. Limperatore riconosce a pi riprese la sua proficua collaborazione nella gestione dello stato e, sulla stessa linea, gli scrittori a lei favorevoli lodano i provvedimenti adottati a favore, soprattutto, delle classi pi deboli. I detrattori, e fra questi in primo luogo Procopio di Cesarea nella Storia Segreta, le rimproverano al contrario una giovinezza dissoluta e una condotta del tutto negativa sul trono di Bisanzio (A). A questa nota opera di Procopio si deve, tra laltro, la

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deformazione della figura di Teodora nei termini in cui giunta fino a noi nella mentalit collettiva; la critica pi recente tende per a rivalutarla, giudicandola sostanzialmente una vittima dello storico, mosso nei suoi confronti da risentimenti personali e di casta, date le origini popolari dellimperatrice. In occasione della rivolta di Nika, Teodora infuse coraggio negli uomini, incitandoli a resistere fino alla fine nel palazzo assediato (B).

(A) Tale, per quanto ci riuscito di tratteggiarlo, il carattere di Giustiniano. Spos una donna: penser io a chiarire quale ella fosse per origine e per educazione, e come, dopo il matrimonio con costui, abbia distrutto sino alle radici lo Stato romano. Cera in Bisanzio un tale Acacio, guardiano delle belve nel Circo: apparteneva alla fazione dei Verdi, il cosiddetto allevatore dorsi44. Costui mor di malattia ai tempi di Anastasio imperatore, lasciando tre figlie: Comit, Teodora, Anastasia. La primogenita non aveva neppure sette anni. La moglie, caduta in miseria, si un a un altro uomo, che doveva occuparsi di lei, in futuro, della famiglia e del lavoro. Accadde per che il coreografo dei Prasini45, Asterio, cedendo a denaro altrui, li rimosse da quella carica, e non si perit a installare al loro posto colui che laveva compensato. In effetti, i coreografi potevano dirimere tali questioni a piacimento. Quando la donna vide il circo gremito dal popolo, poste le corone sul capo e tra le mani delle figlie, le fece sedere a mo di supplici. Ma i Verdi non avevano intenzione di accogliere la supplica, gli Azzurri invece le reintegrarono nella carica: anche il loro guardiano, difatti, era mancato da poco. Quando le figlie divennero giovinette, subito la madre le avvi alla scena, poich erano davvero belle: per non tutte simultaneamente, bens a seconda che ciascuna le paresse matura al compito. La primogenita, Comit46, gi brillava tra le cortigiane della sua et; Teodora la seguiva vestita di una corta tunica con le maniche, come uno schiavetto. Tra gli altri servigi che le rendeva, portava sempre a spalla lo scanno sul quale laltra soleva star seduta nei suoi incontri. Allepoca Teodora non era affatto matura per andare a letto con uomini, n ad unirsi a loro come una donna; si dava invece a sconci accoppiamenti da maschio, con certi disgraziati, schiavi per di pi, che44 Le belve venivano allevate per gli spettacoli dellippodromo. 45 I Verdi. 46 In seguito avrebbe sposato Sitta, uno dei pi importanti generali dellimpero.

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seguendo i padroni a teatro, in quellabominio trovavano sollievo al loro incomodo e anche nel lupanare dedicava parecchio tempo a questimpiego contro natura del suo corpo. Non appena giunse alladolescenza e fu matura, entr nel novero delle attrici e divenne subito cortigiana, del tipo che gli antichi chiamavano la truppa47. Non sapeva suonare flauto n arpa, n mai sera provata nella danza; a chi capitava, ella poteva offrire solo la sua bellezza, prodigandosi con lintero suo corpo. Poi si associ ai mimi per tutti gli spettacoli teatrali e partecip a ogni loro attivit, assistendoli in ogni loro scherzo e burla48. Era quanto mai spiritosa e salace; cos, ben presto seppe mettersi in evidenza. Era persona affatto ign