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    dallimperatrice Elena per poi, via via, proseguire fino ai crociati, alla fine la Basilica del Santo Sepolcro riassume in s tante dimensioni diverse. Per questaragione, essa significativamente chiamata dagli ortodossi non Basilica del SantoSepolcro che sarebbe evocazione di una pietra morta, almeno apparentemente , bensasilica della Anstasis, cio della Risurrezione, che in arabo suona Qiyama, che vuoldire ergersi, salire, ascendere verso lalto e linfinito di Dio.Si arriva, cos, aerza pietra sulla quale si fonda la terza religione e, al tempo stesso, la terzacultura che ha in Gerusalemme la sua patria: si tratta della cosiddetta Qubbetas-Sakhra, cio la Cupola della Roccia, comunemente detta Moschea di Omar. Una definzione, questa, erronea perch non una moschea e non fu neppure Omar a definirla tale. Almeno, come si presenta oggi, vediamo che al centro ha una rupe appunto laCupola della Roccia e su questa roccia la spiritualit dellIslam ha una sua radice.Si racconta, infatti, che da qui il profeta Mohammed sia asceso al cielo sullasua giumenta alata, entrando, quindi, nella comunione con Dio. Perci, anche in questo luogo facile rinvenire una dimensione di eternit e di infinito che trae origine e ha come seme proprio una pietra.Ecco il primo punto cardinale che volevo ricordare, partendo dai versetti: Sui monti santi fondata Gerusalemme, sulla pietra lanima di Gerusalemme si ritrova, su tre pietre che sono meta ininterrotta di moltitudini di pellegrini e visitatori. Esse rappresentano i grandi nodi che tengono insieme la diversit delle professioni di fede e la molteplicit delle persone che accedono a Sion.La citt di Dio Il secondo elemento e secondo punto cardinale presente allinterno duesti due versetti (vv. 2-3) del Salmo il seguente: il Signore ama le porte di Sion pi di tutte le dimore di Giacobbe, ossia tutte le case, tutte le citt della Te

    rra Santa. Inoltre: Di Te si dicono cose gloriose, ir elohm, citt di Dio, che pottradursi come citt divina. Tra laltro, si parla delle porte di Sion, e qui il termine porte ovviamente una metonimia per rappresentare la totalit, ossia le portee tutto ci che sta allinterno della porta stessa. Quando Cristo dice: Io sono la porta delle pecore, in un certo senso fa riferimento alla porta del Tempio, quasidicesse Io sono il nuovo Tempio. Tra laltro, ricordiamo che la parola Babilonia Babilu in accadico ha assunto un significato generico in base a unetimologia di taglio popolare, ossia luogo della confusione, giocando sullassonanza col verbo ebraico balal che vuol dire confondere. In verit, in lingua accadica si tratta dellesressione bab ilu, dove bab sta per porta, come in arabo e ilu, il, el, elohm Dio.Quindi, il suo vero significato porta di Dio, di qui la citt di Dio, ir elohmrmine di solito si esalta una citt gloriosa e santa. Ed ecco allora il secondo punto: la citt. Non soltanto il tempio in quanto tale, ma tutta la citt che nel suo

    grembo accoglie appunto il tempio. E si va anche oltre, dicendo che lAltissimo latiene salda e la rende compatta. Qui abbiamo unaltra componente che vorrei ricordare. Si tratta della teologia legata alla citt di Sion, una teologia che paradossalmente stata in seguito studiata in maniera molto pi sofisticata dallantropologia culturale, ma gi presente, ad esempio, nel Salmo 46. Perci, era gi stata idealmente intuita e concepita da Israele. Una delle tesi fondamentali del famoso studioso di storia delle religioni, Mircea Eliade, quella secondo cui lorganizzazione dello spazio viene fatta dalluomo primitivo attraverso la costituzione di un centro, ossia il perno attorno al quale ruota tutto lessere. Ebbene, lumanit delle origini antiche pone al centro anche con lo sviluppo della cultura larea templare e laea palatina, quindi il tempio e il palazzo del re. Si tratta del cuore che tieneinsieme non soltanto la citt, ma il mondo intero che, altrimenti, si sfalderebbe. Infatti, il Salmo 46 rappresenta il mondo che si sta sgretolando in una sorta

    di de-creazione. Lunica a rimanere salda , invece, Gerusalemme, fondata sulla rocci, come appunto si diceva prima. E tutto questo grazie a due presenze: quella diDio allinterno del tempio e, quindi, nello spazio e la presenza della divinit neltempo e, quindi, nella storia attraverso il palazzo reale, dimora della dinastiadi Davide. Essa costituisce la sequenza verticale, diacronica lungo i secoli erappresenter poi anche la dimensione messianica. Pertanto, Gerusalemme diviene ilgrembo di questa duplice presenza divina su cui torneremo.A questo punto, vorreiricordare un bellissimo aforisma rabbinico che descrive tale universo organizzato in un centro, e lo fa con originalit poetica ispirandosi alla struttura dellocchio. Il mondo, dice, come locchio: il mare il bianco dellocchio, la terra liri

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    erusalemme la pupilla, mentre limmagine in essa riflessa il Tempio.La mappa universale di Sion Affrontando il terzo punto cardinale della nostra riflessione, entriamo proprio nel tema fondamentale che, per, era necessario preparare prima illustrando altri punti fondamentali. Parliamo delluniversalismo. Se vero che Sion, la citt che ha al suo interno il Tempio, quindi una presenza spazialee storica, il cuore, il centro del mondo, allora chiaro che tutti i popoli, ossia lintera mappa geopolitica, vi devono convergere. Ed ecco allora le parole delpoeta ebreo che fa poesia ricorrendo a una sorta di toponomastica dal significato particolare, anche se per il lettore occidentale, probabilmente, dice poco o nulla. Attenzione ai nomi adesso, perch si tratta di una sequenza: Iscriver Rahab eBabilonia fra quelli che mi riconoscono, dice il Signore. Ecco Filistea, Tiro ed Etiopia, l costui nato (v. 4). Che significa tutto ci? Per ora lasciamo lultima rase che riprenderemo pi tardi e guardiamo questa mappa. Prima di tutto Rahab, che era diventato un mostro acquatico nellambito della tradizione mitologica biblica, ma che era anche il termine con cui si definiva lEgitto, ossia la superpotenzadellOccidente di allora. Ecco, subito dopo, il termine Babel, Babilonia, che invece era la superpotenza orientale. Perci, da una parte lOvest, dallaltra lEst. Si pssa poi al centro, dove il poeta, che chiama questarea Filistea, Pelishtim, cio laPalestina, un vocabolo, questultimo, che nasce dalla trascrizione del termine filisteo. Quindi prosegue citando Sur, la citt di Tiro che in Fenicia e che rappresenta il Nord. Infine, Cush, cio lEtiopia, che il Sud.Sono stati scelti cinque toponii per costruire la mappa planetaria di quel tempo quasi per dire che tutti, in fondo, sono nati a Gerusalemme e in questa citt hanno la loro sorgente. Detto in altri termini, il poeta ebreo ricorda che queste grandi potenze che incutevano ri

    spetto e timore loccidentale e lorientale, la commerciale di Tiro e, infine, quella che forniva materie prime, cio lEtiopia insomma tutti questi importanti paesi, tutti questi popoli forti e potenti convergono verso Sion, anzi sono retti da uncuore che la Citt Santa, la citt di Dio, Gerusalemme.Questo tema andrebbe commentao con un cantico stupendo, opera del profeta considerato una specie di Dante della letteratura ebraica, cio Isaia. E proprio nel capitolo 2 del suo libro, questogrande profeta immagina che su tutta la terra si stenda una sorta di coltre oscura, un sudario di tenebra. Solo un monte illuminato, quasi fosse una sorta di grande asse. Ed ecco che tutti i popoli della Terra cominciano a muoversi verso quel punto cardinale. Da quella citt, che Sion, esce la Parola di Dio personificata. Essa va incontro ai popoli che vengono da ogni luogo e, una volta giunti a Gerusalemme , questa, la grande intuizione dello shalom, della pace messianica lasciano cadere dalle loro mani spade e lance che verranno trasformate in aratri e f

    alci per lavorare la terra e produrre frutti. Cos, la guerra finir per sempre e lapace regner come strumento di benessere tra i popoli i quali ormai si stringonola mano. E come suggello, Isaia lancia un appello finale alla casa di Giacobbe perch non resti indietro in questa grande processione dei popoli.Una stupenda visione, senzaltro, ma, nellavviarmi verso il quarto e ultimo punto cardinale, vorrei ricordare che in questa rappresentazione, comprendente al suo interno non solo Gerusalemme con il Tempio, ma anche lintero cosmo, si ha unaltra possibilit di epifania divina, di teofania. Dio, infatti, non si presenta soltanto in Gerusalemme ove, come si legge in I Re 8, nella preghiera di consacrazione del Tempio, shem sham, ossia l il mio nome, l la mia presenza. C qualcosa di pi: tutto luniverspio, unintuizione, questa, che viene modulata sul fatto che Gerusalemme santificatutto lo spazio e lo consacra. Il Salmo 148 particolarmente significativo nel presentare un corale Alleluia, voce verbale ebraica dellimperativo, hallel-Jah, che

    vuol dire lodate il Signore. Un alleluia corale che intonato da ventidue o ventitrcreature. Ci si aspetterebbe ventuno, cio tre per sette, dato che il sette il numero della pienezza. Perch, invece, ventidue (o ventitr, a causa di una ripetizione). E qui la risposta , per certi versi, addirittura folgorante: ventidue o ventitr sono le lettere dellalfabeto ebraico. Quindi, tutte le realt che vengono denominate con lalfabeto costituiscono idealmente una lode a Dio. E luomo grande allinterndella creazione. Un Salmo bellissimo, il 148, con il semplice ricorso allelencazione la quale diventa un modo per esaltare il Tempio cosmico universale. I cielinarrano la gloria di Dio, lopera delle sue mani annunzia il firmamento, come canta il Salmo 19, il giorno al giorno ne affida il racconto e la notte alla notte

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    ne trasmette notizia. Anche qui c una sorta di rivelazione cosmica, che si associaalla rivelazione che risuona in Sion attraverso la Torah.La tradizione cabalistica medievale, dal canto suo, ha portato avanti la riflessione, cercando di risolvere la famosa antinomia tra infinito e spazio. Dio infinito per definizione, mail cosmo, che noi consideriamo infinito, non partecipa pienamente dellinfinito di Dio, perch Dio oltre il cosmo stesso. Esiste un canto cabalistico medievale, dicui vorrei leggere la strofa principale, che va oltre Sion, oltre il Tempio cosmico universale, e tenta di interrogarsi su questo mistero lasciandolo in sospeso mediante un gioco di parole ebraiche. Maqom in ebraico vuol dire luogo, e di solito il luogo per eccellenza, il luogo santo, quindi il Tempio. Il canto medievale dice: weh hammaqm shel maqm ween lammaqm meqom, che vuol dire: Egli il luogoqm). Dio il luogo che assorbe tutti i luoghi. Subito dopo si aggiunge shel maqm, il luogo di ogni luogo, e ween lammaqm meqom, che significa questo luogo non ha luLintuizione sta nel concepire Dio come il luogo per eccellenza, che comprende e consacra tutti i luoghi ma, essendo infinito, Dio non luogo.Sono in te tutte le mie sorgenti! Ed eccoci ora allultimo punto cardinale che poiconclusione di tutto il nostro discorso. Come si pu osservare, ci siamo mossi continuamente attorno a una serie di elementi annodati tra loro: il Tempio, la citt, luniverso, come un tutto compatto. Noi sappiamo, per, che Sion , s, un tempio, ndi uno spazio, espresso attraverso unarchitettura, una citt globale, ma anche unapresenza viva, che non solo quella di Dio. Sono presenza viva anche gli uominie le donne, per questo il Salmo si interroga sullumanit, ossia sui cittadini del mondo, per indicare un autentico universalismo. Infatti, se vero che Gerusalemme ilcuore, il centro che tiene insieme tutto, essere cittadini di Gerusalemme vuol

    dire anche essere cittadini del mondo.Ecco, allora, le parole del poeta che enumera Rahab, Babilonia, Filistea, Tiro, Etiopia. L costui nato. Si dir di Sion: Lunolaltro in essa sono nati. E ancora: Il Signore registrer nel libro dei popoli: L cui nato. Come si vede, una marcata ripetizione, che in ebraico suona cos: jullad ham / jullad bah, L e in essa siamo nati tutti. Ed veramente suggestiva quellimmae di Dio visto quasi come il sindaco della citt universale di Gerusalemme, che sembra avere davanti a s lanagrafe, il libro nel quale registra tutti i popoli della terra, non soltanto gli ebrei, ma il popolo di Cush, cio gli etiopi, perfino il nemico Babel, perch tutti sono nati l in Sion. L ha sede la loro terra. Ed questa, drei, lultima coordinata della straordinaria lettura di Gerusalemme che viene fatta dal Salmo 87.Pertanto, Gerusalemme, anche se ci ha poche probabilit politiche diriuscita dovrebbe tornare a essere una citt internazionale, non appartenente esclusivamente a un solo popolo, perch questo , in un certo senso, fondamentale nella

    stessa teologia di Sion. Essa la citt di cui tutti si devono sentire cittadini, in cui tutti devono ritrovare la propria residenza; in Sion tutti hanno una sortadi cittadinanza nativa, anche se poi ciascuno ha la propria cultura. Non si deve dimenticare che, per molti versi, Gerusalemme nella storia stata a lungo un punto di riferimento e di accoglienza dove convergevano le popolazioni pi varie che, per, ritrovavano idealmente l la loro identit. A Gerusalemme, tenendo conto dellediverse liturgie che vi hanno luogo e delle varie componenti culturali che la citt abbraccia, si registrano e si usano almeno dodici alfabeti differenti. Di conseguenza, Gerusalemme, anche in questo caso, rappresenterebbe proprio il convergere vitale di tutti i popoli che ritrovano nella spiritualit di questa citt la loro matrice.Come suggello al percorso che ho proposto, vorrei concludere con una riflessione sul fatto che il cristianesimo tende progressivamente a relativizzarelo spazio di Gerusalemme, soprattutto quellarea fondamentale che il Tempio. Il cr

    istianesimo, infatti, comincia a far capire che, se si vuole scoprire la vera anima di Gerusalemme, non la si deve pi ridurre a un puro e semplice spazio e al possesso di una particella di terra, come purtroppo avviene ancora ai nostri giorni. E qui spontaneo pensare alla suddivisione del Santo Sepolcro in particelle dispazio, dovuta a ragioni di presenza di ciascuna confessione cristiana. Ma ci che pi importante riuscire a rendere vivo tale spazio, a farne la presenza vitale di una realt trascendente, come la stessa figura di Cristo dimostra senza alcuna astrazione. Come noto dai Vangeli, Cristo ama e frequenta il tempio di Erode. Tuttavia, nel celebre prologo di Giovanni ed , questo, un elemento non immediatamente decifrabile allinterno del testo greco si dice che il Verbo, ossia il Logos ete

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    rno e infinito, pose la sua tenda in mezzo a noi (1,14). E si tratta della tendadella carne, cio il Verbo si fece carne e pose la sua tenda in mezzo a noi. E latenda per eccellenza il Tempio che, per, nella visione cristiana, fatto di carne, cio una persona che reca in s la presenza suprema del divino, ossia Ges Cristo. l Tempio, in un certo modo, viene relativizzato: Cristo stesso dichiara che se sar distrutto, in soli tre giorni egli lo far risorgere. Giovanni nota, ovviamente,che Ges intendeva parlare del suo corpo che risorge vincendo la morte. Ebbene, nel testo greco di Giovanni 1,14 si usa il verbo skenon e il termine sken indica latenda, perci esknosen strettamente parlando vuol dire ha piantato la sua tenda in ezzo a noi. Si potrebbe addirittura cogliere una certa assonanza con la parola fondamentale con la quale gli ebrei definivano la presenza di Dio nel tempio: lashekin, ove si ha la radicale s-k-n corrispondente alle lettere greche ?, sigma,?, kappa e ?, ni di sken, tenda. In ebraico, invece: shin, kaf, nun. Le stesse consonanti, la stessa radicale per assonanza, pur essendo diverse semanticamente traloro: una vuol dire presenza, laltra tenda. Il prologo di Giovanni afferma, cos,ormai il Tempio divenuto la persona di Cristo. E Ges stesso dir alla samaritana: Cedimi, donna, viene lora in cui n su questo monte n in Gerusalemme adorerete il Padre Ma viene lora in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verit (Givanni, 4, 21-23).Ecco, ancora una volta appare il bisogno di trasferire e trasformare quelle pietre da cui siamo partiti, ossia quella citt concreta, in un simbolo, in un segno che rappresenta Dio stesso in mezzo a noi, cio lIncarnazione. Vorrei qui ricordare limpressionante e grandiosa scena finale del libro dellApocalisse.Lapostolo Giovanni saffaccia su una nuova e perfetta Gerusalemme, divenuta ormaicitt celeste. Egli la guarda e scopre una realt sorprendente: In essa non vidi alcu

    n tempio: il Signore Dio, lOnnipotente, e lAgnello sono il suo tempio (21,22). Ma al di l di questa suggestiva immagine simbolica di Sion, Gerusalemme deve tornarea essere un segno concreto da custodire, deve essere soprattutto un segno dellumanit che avverte in s la presenza di Dio. Quindi, Gerusalemme la nostra patria, nongi come terra in cui siamo nati, ma come luogo delle nostre profonde origini spirituali, come dice il Salmo 87: Sono in te tutte le mie sorgenti.Una volta, da giovane, prendendo parte a lavori di scavo archeologico nel Vicino Oriente, ebbi occasione di ascoltare un archeologo scozzese, che aveva scavato il cosiddetto Colle dellOphel, dove sorgeva la citt di Davide. Quel lavoro di scavo mirava a scoprire qualche traccia del tempio di Salomone. Larcheologo mi raccontava un fatto curioso: i suoi genitori erano contadini e non erano mai stati neppure a Londra, senon forse quando si erano sposati. La domenica, per, quando entravano nel tempiopresbiteriano per cantare inni, quando intonavano i Salmi di Sion, lo facevano c

    on tanta gioia e amore come se la citt di Sion la conoscessero bene, quasi fossela loro patria, proprio perch avevano capito che quella Gerusalemme non era puramente geografica, era ormai diventata un simbolo. E qui, secondo questa forte simbologia, Gerusalemme rimane un grande segno della storia dellumanit, nelle sue gioie e nei suoi dolori, per questo essa , s, gloriosa, ma anche striata di sangue.Desidero, allora, concludere attingendo di nuovo alla tradizione ebraica, sulla base di un testo rabbinico. Dio sta creando il mondo, gli angeli gli si avvicinano.Su un vassoio il primo angelo regge dieci porzioni di bellezza, ossia la bellezza delluniverso. Dio prende nove porzioni di bellezza e li assegna a Gerusalemme,mentre una sola porzione di bellezza viene destinata al resto del mondo. Il secondo angelo porta un vassoio con dieci porzioni di sapienza e di conoscenza. Dioprende nove porzioni di sapienza e le assegna a Gerusalemme, che per eccellenzala terra della voce dei profeti, mentre una sola al resto del mondo. E cos via.

    Finch arriva lultimo angelo che cupo, vestito di scuro, anchegli con un vassoio suquale, per, ci sono dieci porzioni di dolore, di sofferenza, di pianto, di lacrime. E in questo caso ci si aspetterebbe un ribaltamento dellequazione nove a uno.E, invece, il testo rabbinico dice che Dio dette nove porzioni di dolore a Gerusalemme e una sola al resto del mondo, proprio perch Gerusalemme deve rappresentare, in ogni situazione, il respiro pieno dellumanit.