Ravasi Anima

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AA Gianfranco Ravasi L'anima nella tradizione biblica Potremmo mutuare da Origene e dall'avvio del suo commento alla Genesi l'immagine della navigazione in «un vasto oceano di misteri», affidati «a un piccolo legno nell'immensità delle onde». Sì, perché trattando il tema dell'anima secondo le Scritture, ci si trova di fronte a un panorama che lascia un po' sconcertati o per lo meno spaesati. Da un lato, infatti, la mappa bibliografica mi- nuziosa e continuamente rifinita ormai copre tutto questo «vasto oceano» testuale nel quale il tema è insediato. D'altro lato, però, ci si accorge che l'accordo raggiunto è molto articolato e com- plesso ma non privo di smagliature e di nodi irrisolti o semplice- mente oscurati. Verlaine nella sua lirica Clair de lune definiva l'anima «un paysage choisi»: 1 per la Bibbia può anche essere un paesaggio ma non è per nulla «scelto», circoscritto, definito e pri- vilegiato, ma è un orizzonte dai confini fluidi al cui interno si at- testano presenze di ogni genere e immigrazioni a prima vista estranee rispetto alla realtà «indigena». Oltre la conclamata «unità psicofisica» Partiamo, però, dalle convergenze. A prima vista attorno al tema dell'anima secondo le Sacre Scritture ebraiche e cristiane sembra vigere un raro ecumenismo di consensi. Gli esegeti ripetono gli stessi sostanziali asserti, che attestano non un'inerzia investigati- va bensì una concordia di risultati. Se volessimo rimandare nel- l'immensa bibliografia a un modello, citeremmo per i saggi spe- cifici il trittico di Daniel Lys che - come d'obbligo per le ragioni

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  • A AGianfranco Ravasi

    L'anima nella tradizione biblica

    Potremmo mutuare da Origene e dall'avvio del suo commentoalla Genesi l'immagine della navigazione in un vasto oceano dimisteri, affidati a un piccolo legno nell'immensit delle onde.S, perch trattando il tema dell'anima secondo le Scritture, ci sitrova di fronte a un panorama che lascia un po' sconcertati o perlo meno spaesati. Da un lato, infatti, la mappa bibliografica mi-nuziosa e continuamente rifinita ormai copre tutto questo vastooceano testuale nel quale il tema insediato. D'altro lato, per,ci si accorge che l'accordo raggiunto molto articolato e com-plesso ma non privo di smagliature e di nodi irrisolti o semplice-mente oscurati. Verlaine nella sua lirica Clair de lune definival'anima un paysage choisi:1 per la Bibbia pu anche essere unpaesaggio ma non per nulla scelto, circoscritto, definito e pri-vilegiato, ma un orizzonte dai confini fluidi al cui interno si at-testano presenze di ogni genere e immigrazioni a prima vistaestranee rispetto alla realt indigena.

    Oltre la conclamata unit psicofisica

    Partiamo, per, dalle convergenze. A prima vista attorno al temadell'anima secondo le Sacre Scritture ebraiche e cristiane sembravigere un raro ecumenismo di consensi. Gli esegeti ripetono glistessi sostanziali asserti, che attestano non un'inerzia investigati-va bens una concordia di risultati. Se volessimo rimandare nel-l'immensa bibliografia a un modello, citeremmo per i saggi spe-cifici il trittico di Daniel Lys che - come d'obbligo per le ragioni

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    che presto allegheremo - ha intrecciato nefes, rah, e basar, corri-spondenti nell'accezione comune rispettivamente ad anima,spirito, carne.2 Per le voci di dizionario, d'obbligo riferirsi allasterminata trattazione psych del Grande Lessico del Nuovo Testa-mento, che occupa 160 colonne e coinvolge cinque esegeti di in-dubbio prestigio.3 Gli esiti, comunque, sono analoghi e vengonosolitamente siglati con una locuzione divenuta ormai popolareanche nei testi divulgativi: la Bibbia presenta un'unit psicofisi-ca che non ammette le ben note distinzioni pi o meno duali-stiche della tradizione greca tra anima e corpo.

    Per ricorrere a una formulazione pi articolata, citiamo qual-che riga della famosa Semantica del linguaggio biblico di JamesBarr: Secondo il pensiero greco, nell'uomo vi dicotomia:un'anima immateriale imprigionata o confinata in un corpomortale; i due elementi sono in rapporto reciproco solo in ma-niera temporanea e accidentale. Secondo il pensiero ebraico,l'anima non altro che la persona umana in quanto vivente nel-la sua carne. Anima e carne non sono fra di loro separabili, maquesta la manifestazione esterna e visibile dell'altra. Non c'pertanto nel mondo ebraico alcuna idea dell'anima che possa vi-vere indipendentemente dal corpo.4 In sintesi, ci che l'antro-pologia biblica offre la rappresentazione dell'essere viventenella sua totalit e non l'anima, come separata e distinta dal cor-po.5 Di questa concezione era consapevole anche uno scrittorecome Charles Pguy quando, nel suo Vronique. Dialogo della storiae dell'anima carnale (si noti l'ossimoro) del 1909, invitava a ritro-vare quel legame incredibile dello spirito con la materia, dellospirito col corpo, dell'anima con la carne, quell'incredibile lega-me dell'anima carnale.6

    , dunque, agevole partire da una base esegetica cos omoge-nea per inoltrarci nel mare dell'anima secondo le Scritture. Tutta-via - ed questa l'altra faccia del problema - la realt si presentaben pi complessa e intricata. L'assenza di fratture tra anima ecorporeit non semplifica le cose ma le complica. Vorremmo, unpo' pi a lungo, soffermarci proprio su questa paradossale com-plessit che nasce da una semplicit e chiarezza di base. Prima ditutto dobbiamo riconoscere che, estrinsecamente, questa visionesim-bolica unitaria non ha inciso seriamente nella successivatradizione giudaica e cristiana. Non ci ovviamente possibile do-cumentare questo fenomeno se non con qualche esempio molto

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    modesto ma emblematico. Si pensi alla riflessione patristica e aquella medievale che sostanzialmente si appoggiano sull'antro-pologia greca come strumento ermeneutico per la decifrazionedegli stessi asserti biblici talora con sforzi di conciliazione moltoardui, come appare per esempio gi nei due trattati di Terrulliano(attorno al 210) De anima e De resurrectione carnis.

    Se si ricorre alla vasta voce me del Dictionnaire de ThologieCatholique, un classico della teologia preconciliare, si nota che suoltre 70 fitte colonne di testo, solo due colonne e mezzo riguarda-no l'Ame dans la sainte Ecriture,7 una sorta di tributo estrinseco al-la Rivelazione che non per fonte effettiva di pensiero. Ancherecentemente (1979) la Congregazione per la Dottrina della Fedenella sua Lettera su alcune questioni concernenti l'Escatologia8 simuoveva al riguardo con molta cautela, cercando di contempera-re le due traiettorie, quella biblica e quella della tradizione: LaChiesa afferma la sopravvivenza e la sussistenza, dopo la morte,di un elemento spirituale, il quale dotato di coscienza e di vo-lont, in modo tale che l'io umano sussista, pur mancando nelfrattempo del completamento del corpo. Per designare un taleelemento, la Chiesa adopera la parola "anima", consacrata dal-l'uso della Sacra Scrittura e dalla Tradizione. Senza ignorare chequesto termine assume nella Bibbia diversi significati, essa ritie-ne tuttavia che non esista alcuna seria ragione per respingerlo.

    Suggestivo , infine, l'ultimo esempio che vorremmo addurreper dimostrare questa strana irrilevanza della visione biblica. Ilgrande Henri Leclercq nella voce me del Dictionnaire d'Archeolo-gie Chrtienne et de Liturgie,9 attraverso un vivacissimo apparatodocumentario illustra la concezione cristiana dei primi secoli a li-vello funerario o devozionale e, se si escludono i rimandi biblicidi cornice come il giardino paradisiaco, il seno di Abramo (Lu-ca 16,22), la sfera ignea dell'assunzione di Elia (2 Re 2,11) e il giu-dizio finale (Matteo 25,31-40), l'iconografia tutta di matrice pa-gana, ancorata alla concezione greca dell'anima. Cos, essa uneidlon, cio un piccolo fantasma alato che migra dal corpo deldefunto, una sorta di falena (in greco psych significa anchequesto insetto attratto dalla luce sino a incendiarsi), l'angelicafarfalla dantesca (Purgatorio X, 125), una navicella che vaga suiflutti, un Icaro o una Psiche secondo i rispettivi miti greci, unacolomba che esce dal corpo del martire, una figura umana ala-ta, spesso infantile e cos via. E le convinzioni delle epigrafi sono

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    altrettanto lapidarie: La terra conserva la carne e le ossa del gio-vane amato - si legge in una di esse -, la sua anima se n' andataper essere ospitata nel talamo dei beati.

    Ma la complessit della questione , in realt, gi nel punto dipartenza, nella fonte biblica disattesa dalla tradizione. Infatti, ilricorso al termine nefes per designare l'anima secondo la Bibbia insufficiente e problematico. Se noi consideriamo la ricchezzadelle connotazioni ma soprattutto dei contenuti e delle funzioniche la cultura occidentale ha attribuito nei secoli alla categoriaanima, evidente che noi non possiamo attestarci nell'unicovocabolo nefes che, come vedremo, per di pi molto fluido e va-riegato a livello semantico. Dovremmo allegare, per le connessio-ni che essi rivelano col tema, altri vocaboli di forte rilievo antro-pologico eppure sostanzialmente marginali ai fini del discorsosull'anima secondo le nostre coordinate culturali. Cos, dev'esse-re coinvolto mah, spirito che la condizione della nefes e neregola la forza. Senza nefes un individuo muore, ma senza rahuna nefes non pi un'autentica nefes.w Detto in altri termini, larah un principio vitale, un'indispensabile energia vitale.

    C' poi il lb, cuore, che - senza escludere l'aspetto emotivo-sentimentale - esprime in realt la coscienza, la ragione, la vo-lont, la decisione, funzioni capitali che sono da noi correlate al-l'anima. Perci, nefes l'anima nella sintesi della sua totalitcome si manifesta, mentre il cuore l'anima nel suo valore intc-riore.11 La stessa basar, carne, che cos collide con la psychgreca, in realt non che una specificazione della qualit esisten-ziale della persona nella finitudine: Non l'antitesi tra dueprincipi, ma tra la debolezza dell'uomo e la forza di Dio.12 Si-gnificativo al riguardo il parallelismo di Isaia 31,3: L'Egiziano un uomo e non un Dio, / i suoi cavalli sono carne (basar) e nonspirito (mah) (cfr. Genesi 6,1-8). La stessa dichiarazione giovan-nea sul Logos che si fa sarx (1,14) va nella stessa direzione: l'Infi-nito e l'Eterno assumono lo statuto della contingenza, della spa-zialit e della temporalit. Paolo, che pare conoscere questaaccezione di sarx (Calati 2,20; Filippesi 1,22-24) - come vedremo -andr oltre, aggiungendo al valore della finitudine quello dellacolpevolezza (Romani 7,5.14; 8,12-13).

    Nella linea della basar cos concepita, aliena perci dalla pura esemplice materialit carnale, si comprende anche come una se-quenza di organi apparentemente solo fisiologici debbano essere

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    ricondotti a metafore di funzioni dell'anima: il capo, il volto, gliorgani interni, (le viscere, rahamm), il sangue (cfr. Genesi 9,4;Levitico 17,11; Deuteronomio 12,23). Persine le ossa, come atte-stato dal parallelismo del Salmo 35,9-10: La mia nefes esulta inJhwh... e tutte le mie ossa dicono: Chi come te, Jhwh?. Anchein questo caso la corporeit nella sua parte strutturale in realtespressione di uno status inferiore che designa l'io e la real-t intrinseca dell'uomo.13 Infine, citiamo un termine a nostro av-viso particolarmente rilevante per il nostro discorso, cio lan

    esamah/nismat-hajjm, sulla quale ritorneremo (cfr. Genesi 2,7): es-sa, infatti, pur conservando una sua dimensione verificabile esomatica - come per altro accade per la nefes e la rah, consi-derata la concezione affatto particolare della carne (basar) ap-pena descritta -, ha un'ulteriore funzione che illumina l'animabiblica.

    Comporre, perci, un discorso biblico sull'anima tutt'altro chesemplice e quello spaesamento che gi si prova fissandosi sulla ca-tegoria nefes si accentua notevolmente e fa comprendere comequella locuzione unit psicofisica sia sostanzialmente una sem-plificazione. Le cose si complicano, per, anche quando si vogliaprocedere sull'unico filare della stessa nefes, il vocabolo che risuo-na ben 754 nella Bibbia ebraica e che i Settanta hanno reso nella lo-ro versione greca delle Scritture per 680 volte con psych e la Vulga-ta con anima (rah divenuto pneuma/spiritus e nesamah resa conpno/alitus/spiraculum), introducendo in tal modo un orientamentoermeneutico decisivo ma alternativo o almeno semplificatorio ri-spetto al valore originario del vocabolo ebraico. Ebbene, se doves-simo attestarci sulla semantica di base di questo vocabolo all'inter-no della gamma variegata delle Decorrenze, ci troveremmo difronte a un vero e proprio caleidoscopio di significati.

    Se, infatti, facciamo riferimento al recente dizionario del-l'ebraico classico di D.J.A. Clines,14 ci imbattiamo in un impres-sionante spettro di ben 12 accezioni differenti e persino polimorfeal loro interno. Si parte dal palato, gola, trachea (cfr. Salmo 42,3),si passa al collo, per procedere verso l'appetito, la fame, il deside-rio, la brama (cfr. 2 Samuele 3,21; Ezechiele 24,25) e per raggiunge-re un valore pi globale antropologico: anima, cuore, mente, masi allega anche il significato di respiro (ultimo respiro), soffio, acui si connette l'idea di vita, di esistenza ma anche di vita eterna(cfr. Proverbi 11,30). Si configura, cos, il concetto di essere o crea-

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    tura che sconfina in quello pi preciso di persona e individuo: curioso che in Genesi 46,18 si parli di 16 anime per indicare i fi-gli di Zilpa, la schiava di Lia e Giacobbe, mentre in Esodo 1,5 so-no 70 le anime, cio le persone nate da Giacobbe. Ci sono an-che le anime morte di gogoliana memoria (nefes mt in Numeri6,6 e 19,13; esplicito Numeri 19,13: Chiunque avr toccato uncadavere, cio il corpo di una nefes umana morta...; cfr. Levitico19,28; 22,4), cio i defunti, i cadaveri, il sepolcro e forse anche glischiavi (cfr. Genesi 12,5). Ma nefes diventa anche un puro e sem-plice pronome personale, riflessivo e possessivo, marcandoulteriormente il valore personale (cfr. Genesi 27,25 o lo stesso Lu-ca 1,46 che echeggia una forma semitica: L'anima mia / magni-fica il Signore). Nefes pu indicare anche il nutrimento, il vitto, ilsostentamento, (cfr. Isaia 58,10; Salmo 78,18) e persine il profumoche esala (Proverbi 27,9). Non bisogna dimenticare poi che ancheagli animali applicato il termine nella descrizione stessa dellaloro creazione, sia di quelli acquatici (Genesi 1,20) sia di quelliterrestri (Genesi 1,24; 2,19).

    Proprio questa molteplicit semantica ci rivela quanto oscillan-te sia il valore del termine che dovrebbe definire meglio l'anima,quanto esso implichi componenti fisiche, quanto sia adatto aesprimere in verit pi la persona nel suo insieme che non unasua parte o un suo principio vitale o una specifica qualit antro-pologica. Questa rilevazione ci conduce a un'altra costatazionenon sempre sottolineata a sufficienza: non possiamo isolare all'in-terno della Bibbia una riflessione sistematica sull'uomo e, quindi,non si ha una puntuale definizione e descrizione delle componen-ti o della tipologia generale antropologica. La stessa unit psico-fisica non mai teorizzata o analizzata ma solo una sorta dipercezione primordiale e spontanea dell'uomo nel suo porsi con-creto, percezione lontana dalla consapevolezza di una vera e pro-pria struttura metafisica. Non per nulla, come si visto, quest'uni-t concreta viene designata con vari vocaboli che nella lorodiversit rilevano vari aspetti del soggetto ma non significanoqualche parte componente di questo soggetto, come avviene conle parole corrispondenti nelle lingue moderne.15 E forse ha ragio-ne E. Jacob quando afferma che uno dei passi pi puntuali comeGenesi 2,7- sul quale dovremo poi attestarci - non mai divenu-to normativo per tutto l'Antico Testamento probabilmente a cau-sa della sua formulazione eccessivamente logica.16

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    La struttura mentale e psicolinguistica semitica, infatti, nonprocede per asserzioni essenziali ma funzionali e relazionali.Ed per questo che sar importante scoprire le caratteristichedell'anima non tanto attraverso il vaglio filologico dei termini onella ricerca di modelli ben elaborati quanto piuttosto attraversola ricerca delle relazioni che quei termini o modelli postulano esviluppano. Come avremo occasione di vedere, una delle relazio-ni fondamentali che specificano l'uomo sar quella col Creatore,e l'interesse degli autori sacri, pi che nell'individuare un princi-pio spirituale specifico della natura umana, sar quello di deli-neare la sua capacit di connettersi a Dio, cos da avere in s unsegno trascendente, verticale, che non potr certo essere esau-rito e neppure abbozzato con uno dei vari termini antropologicigi elencati. Questi vocaboli, per, nel loro insieme espletano unafunzione di supporto per far intuire quella realt relazionale che primaria nella concezione dell'autore sacro. Lo stesso discorsopotrebbe valere anche per la relazione orizzontale, inter-personale, che colloca l'ebreo all'interno non solo di una societma del popolo dell'alleanza, della promessa e dell'elezione, in-trecciando cos in modo intimo le due dimensioni, la trascenden-te e l'immanente.

    In sintesi, nonostante il consenso corale attorno alla tesi del-l'unit psicofisica come alveo necessario entro cui collocare il te-ma dell'anima, necessario procedere oltre e affidarci a orizzontipi mobili e a categorie non esplicitamente ed esclusivamente vin-colate al lessico e alla riflessione antropologica specifica. Le stesseconclusioni a cui giungono i vari esegeti che si sono consacrati altema rivelano questa insoddisfazione per l'accordo di base rag-giunto. Ne vorremmo proporre un piccolo ma significativo florile-gio, partendo da uno dei pi rilevanti saggi di antropologia antico-testamentaria, quello di H.W. Wolff, il quale intitola il capitolonefes come l'uomo indigente e precisa che con quel vocabolo sirimanda all'uomo nella sua indigenza e nel suo desiderare, e que-sto include la sua vulnerabilit e la sua eccitabilit emozionale... l'uomo bisognoso, che anela alla vita e pertanto l'uomo vivo, conil che egli ricondotto all'ambito degli animali... La nefes l'io stes-so della vita che si trova bisognosa e che muore di desiderio (cfr.Salmo 42,2-3). Cos l'uomo dell'Antico Testamento riconosce sestesso davanti a Dio non solo come nefes nella sua miseria e nel suobisogno, ma anche si apre a una speranza e a una lode.17

  • 142 Immortalit e resurrezione T chiaro come Wolff sposti l'accento verso quell'apertura del-

    l'anima a Dio a cui sopra si accennava. Un altro studioso di an-tropologia biblica come A. Gelin si accontenta di ritenere che lanefes sia il dinamismo stesso dell'essere vivente, cio l'essere vi-vente stesso, la persona.18 Meglio va con F.P. Fiorenza e J.B.Metz che spingono verso l'idea che nefes significhi in un sensotraslato tutto l'uomo in quanto tendenza verso qualcosa.19 In-fine G. Barbaglio richiama il dato di base su cui tutti concordanoma lo declina con una nuova accentazione: Mentre noi diciamospontaneamente che l'uomo ha anima, carne, spirito, corpo, al-trettanto non vale per gli scrittori biblici di cultura semitica, es-sendo vero ai loro occhi che l'uomo anima, carne, spirito, corpo,cio rispettivamente essere vivente, soggetto mondano, caduco emortale, persona dotata di una scintilla divina vitale, io costituti-vamente relazionato a Dio, agli altri e al mondo.20 appunto suquesta scintilla e su questa relazione costitutiva che noi orapunteremo la nostra attenzione basandoci su un testo sufficiente-mente programmatico e, quindi, adatto a illustrare la particola-rit dell'anima secondo la Bibbia, tenendo sullo sfondo una con-cezione, sia pure vaga, di essa secondo la cultura occidentale. Intal modo sar possibile costruire una legittima comparazione,priva di facili concordismi o di radicali discrasie o alternative.

    Immagine e somiglianz di Dio:una specificit dell'anima biblica

    Procediamo attraverso una selezione di pochi testi emblematiciche attirano a s una piccola costellazione di rimandi. Per l'Anti-co Testamento faremo riferimento a due modelli testuali e ideolo-gici. Il primo squisitamente tradizionale, anzi, potrebbe averele caratteristiche di un testo programmatico, fermo restando chela mentalit semitica non mai indotta all'astrazione o alla teore-si pura; la via sempre quella simbolico-sperimentale che si fissasull'individuo e sull'evento e non sulla natura umana in genere.Il passo, a cui gi facemmo cenno, posto in apertura al secondoracconto sapienziale della creazione, che in realt consideratodagli esegeti come cronologicamente il pi arcaico, sia pure conqualche riserva. Si tratta di Genesi 2,4b - 3,24 e il passo in que-stione 2,7 che suona cos: Jhwh Dio plasm (jsr) l'uomo (dm)

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    con polvere (Jr) della terra ('dmh) e soffi nelle sue narici unanismat-hajjm e l'uomo ('dm) divenne una nefes hajjah. La densitdel versetto evidente anche a causa dell'uso di una simbolica edi un lessico antropologico molto accurato che noi ora ci accon-tenteremo di illustrare nel loro valore di base.

    Come evidente, non si ha in questo testo la presenza della ba-sar, la carne nel senso di limite e fragilit creaturale. Tuttavia ilricorso alla simbolica della polvere, il rimando alla connessionetra 'adam, uomo, e 'adamah, terra (la radice 'dm, presente an-che nel nome di Edom, il primogenito di Isacco, evoca il colorocra dell'argilla del suolo) e l'immagine plastica del vasaio (jsr)ci riportano alla stessa concezione indicando nettamente la fini-tudine e la mortalit umana. L'uomo ha, perci, un legame costi-tuzionale col creato, espresso attraverso questo simbolo che, tral'altro, ha le sue radici nella mitologia cosmologica dell'antico Vi-cino Oriente. L'immagine plastica per la creazione dell'uomo frequente nell'Antico Testamento e ha talora variazioni suggesti-ve, come quella nomadica del cacio plasmato nelle mani delpastore o collegamenti con altre simboliche come quella tessi-le. Citiamo un solo esempio: Non mi hai colato come latte e fat-to cagliare come cacio? Non mi hai rivestito di pelle e di carne,non mi hai intessuto di ossa e di tendini? (Giobbe 10,10-11). Ciche, per, ci preme far notare che il riferimento a Dio che, nel-la definizione della sua creatura, in azione anche per quanto ri-guarda la sua qualit esistenziale, la sua contingenza, la sua fini-tudine, rappresentata dal simbolo della polvere. Significativo cisembra un altro passo biblico, sempre di taglio sapienziale: Seitu che hai creato i miei reni, mi hai intessuto nel grembo di miamadre. Ti ringrazio perch con atti prodigiosi mi hai fatto mirabi-le... Il mio scheletro non ti era nascosto quando fui plasmato nelsegreto, ricamato nelle profondit della terra. Anche l'embrione ituoi occhi l'hanno visto e nel tuo libro erano gi tutti scritti i gior-ni che furono formati quand'ancora non ne esisteva uno (Salmo139,13-16). Tra l'altro, la simbolica divina del vasaio usata daGeremia per la teologia della grazia (18,1-12).

    Il Creatore, per, alla radice anche di un'altra qualit dell'uo-mo quella dell'essere una creatura vivente. Si ricorre a un altrosimbolismo, altrettanto comune nell'antico Vicino Oriente e nellaBibbia. Quello dell'insufflazione nelle narici cos da introdurre ilrespiro. Ci si attenderebbe, perci, il vocabolo tecnico dello

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    spirito vivificatore, mah (cfr. Salmo 104,29-30). Qui assentema ne rimane l'evocazione simbolica attraverso il soffio. Ora larah, che di sua natura indica anche il vento, base primaria delsimbolismo, ci che costituisce una creatura come vivente ed per questo che essa destinata anche agli animali, come attesta-to in una pagina, apparentemente sconcertante e provocatrice, inrealt molto pi tradizionale di quanto s'immagini, del libro diQohelet: Io ho pensato in cuor mio riguardo agli uomini: Dio liprova, perch vedano da soli di essere come le bestie. Infatti ildestino degli uomini e il destino delle bestie un unico destino:come muoiono queste, cos muoiono quelli, in tutti c' un'unicarah. L'uomo non superiore alla bestia. S, tutto vuoto! Tuttipiombano nell'unico luogo: dalla polvere (efr) tutto venuto, allapolvere tutto ritorna. Chi sa se la rah dell'uomo sale in alto e larah della bestia piomba in basso nella terra? (3,18-21). evi-dente il rimando al racconto della Genesi l dove si affermava chenella morte l'uomo torner alla terra ('adamah), perch da essa stato tratto: polvere (fr) tu sei e in polvere ritornerai (3,19).

    In altri termini, Dio alla radice anche del principio vitale, dellapotenza di vita e noi siamo affidati a questa sua azione creatricepermanente espressa attraverso la rah. Qualora essa venisse me-no, l'uomo ritornerebbe nella sua fragilit radicale e finirebbe nellapolvere (fr) che, nel linguaggio biblico, anche segno della mor-talit. Qohelet ancora chiaro: La polvere (*fr) ritorna alla terra co-me lo era prima, e la rah a Dio che l'ha data (12,7). Lo anche ilSalmista: Se togli loro la rah, muoiono, e ritornano nella loro pol-vere (Salmo 104,29). Entrambi i testi si fondano, comunque, sulpasso di Genesi 3,19 e illustrano in modo nitido un'antropologiateologica che vede nel Creatore non soltanto la sorgente del pas-saggio all'essere nella sua creaturalit e finitudine (basar e 'fr,carne e polvere, e l'adamicit, *dm, cio il legame con la ter-ra) ma anche del passaggio all'essere vivente (rah, o soffio nellenarici, come in Genesi 2,7). Un'idea, questa, ribadita a pi ripresein positivo e in negativo, come attesta Elihu, il quarto e ultimoamico di Giobbe: La rah di Dio mi ha creato... Se egli richiamassela sua rah a s..., ogni carne (basar) morirebbe all'istante e l'uomo('dm) ritornerebbe alla polvere (fr) (33A; 34,14-15). O come atte-sta, in epoca pi tarda (II secolo a.C), il Siracide: II Signore crel'uomo dalla terra e a essa lo fa tornare di nuovo. Egli assegn agliuomini giorni contati e un tempo fissato (17,1-2).

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    A questo punto dobbiamo considerare un terzo elemento che introdotto da Genesi 2,7: la nismat-hajjm che il Creatore insufflanell'uomo ed qui che possiamo identificare un'analogia conl'anima secondo l'accezione generica occidentale. Questa realt, infatti, attribuita nelle Decorrenze testuali solo a Dio e all'uo-mo,21 mai agli animali, e copre una serie di funzioni alte, sempre inconnessione con Dio. , dunque, attraverso la nesamah/nismat-hajjm che l'uomo compie atti spirituali e riceve uno statutospecifico. Essa lo porta alla vita (Giobbe 33,4; 34,14) ma soprattut-to lo rende intelligente (Giobbe 32,8) e lo conduce alla lode e alculto (Salmo 150,6). C', per, un passo molto significativo del li-bro dei Proverbi che precisa questa realt offrendone quasi unadefinizione: La nesamah dell'uomo una fiaccola di Jhwh chescruta tutti i recessi oscuri del ventre (20,27). L'immagine mol-to semitica e ha colori barocchi, ma chiara nel suo valore: lan

    esamah come una lampada che rischiara le oscurit non tantodel cuore ma dell'intimo pi segreto dell'uomo, simboleggiatodal ventre o grembo. Fuor di metafora, si ha una rappresentazio-ne dell'autocoscienza, della capacit di conoscersi e di giudicarsi,dell'introspezione e dell'intuizione e, in ultima analisi, della mo-ralit. Non per nulla si collega, in altri passi, la wsamah divina colgiudizio nei confronti del male e dell'ingiustizia (Giobbe 4,9; 2 Sa-muele 22,16; Salmo 18,10; Isaia 30,33). Non per nulla, nel contestosuccessivo di Genesi 2,7, si ha la complessa riflessione sul peccatooriginale e sulla scelta umana nei confronti della conoscenzadel bene e del male.

    Siamo dunque in presenza di un elemento specificante perl'interiorit dell'uomo: esso non appartiene alle altre creature vi-venti come gli animali, a differenza della nefes, ma collega l'uomoin modo unico al suo Creatore e costituisce ogni creatura umanain uno statuto di moralit, di autocoscienza e di libert, statutoche sar ampiamente illustrato nel prosieguo del racconto sa-pienziale. Come si ribadisce nei passi di Elihu, da noi sopra citatie che ora completiamo nel loro asserto, la rah di Dio mi hacreato ma la nismat-Shaddaj, dell'Onnipotente a darmi la vitaumana (Giobbe 33,4). Che non sia ancora impostato il discorsosull'oltrevita e che non sia riducibile questa concezione dell'ani-ma a quella platonica risulta evidente dall'altro asserto di Elihu:Se (Dio) richiamasse la sua rah a s e a s ritraesse la suan

    esamah..., l'uomo ritornerebbe in polvere (Giobbe 34,14-15). Non

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    si tratta, dunque, di una realt spirituale e di natura immorta-le, bens di una qualit che rende l'uomo simile al Dio libero emorale. per questa via che potremmo recuperare un'altra affer-mazione biblica riguardante la specificit della creatura umana.Essa formulata nel primo racconto della creazione, consideratocronologicamente posteriore rispetto al secondo dei cc. 2-3 dellaGenesi, da noi finora considerato; esso attribuito alla Tradizio-ne Sacerdotale postesilica (VI secolo a.C).

    L, infatti, si legge che Dio cre l'uomo a sua immagine; / a im-magine di Dio lo cre, / maschio e femmina li cre (Genesi 1,27;cfr. Siracide 17,3). Non vogliamo esaminare questa dichiarazionenella ricchezza dei suoi contenuti. Vorremmo soltanto allegarla alnostro dossier riguardante l'antropologia teologica: come in Ge-nesi 5,3 si afferma che Adamo gener a sua immagine e somi-glianz un figlio e lo chiam Set, cos, si indica il legame specifi-co e naturale che intercorre tra il Creatore e la sola creaturaumana (gli animali hanno la vita e sono nefes hajjah [Genesi 1,21],ma non hanno questa dimensione unicamente riservata all'uo-mo). comprensibile che la tradizione successiva sia ricorsa allacategoria anima per decifrare questa immagine e somiglian-z. In modo pi riservato altri esegeti hanno rimandato a unasimilitudine generale di natura: intelligenza, volont, potenza;l'uomo persona. E cos si prepara una rivelazione pi alta, lapartecipazione di natura per mezzo della grazia.22 In realt biso-gna essere pi cauti e stare al dato testuale che in Genesi 1,26-27ruota attorno a due elementi.

    Il primo quello lessicale dei due termini di comparazione conDio: seleni, immagine, denota una vicinanza reale al soggettorappresentato, indica una corrispondenza naturale con Dio, cherende l'uomo capace di comprendere e interloquire con Lui; demt,somiglianz, marca maggiormente la distanza e le identit spe-cifiche dei due soggetti comparati. Certo che questa lettura delmistero dell'uomo, ripresa dal Salmo 8,6 in altro modo, signifi-cativamente trasferita dalla Bibbia all'intera umanit, mentrenell'antico Vicino Oriente era appannaggio e prerogativa solo delsovrano,23 unica immagine di Dio. Questa democratizzazionemostra che la regalit assegnata da Dio all'uomo in quanto tale,chiamato a reggere come vicer il creato: Facciamo l'uomo a no-stra immagine e somiglianz, e domini sui pesci del mare e sugliuccelli del cielo, sul bestiame e su tutte le bestie selvatiche e su tutti

    L'anima nella tradizione biblica 147

    i rettili che strisciano sulla terra (Genesi 1,26; cfr. Salmo 8,7-8). Il se-condo elemento che vorremmo sottolineare , invece, di indole sti-listica e ci permette di marcare ulteriormente il carattere relaziona-le dell'antropologia biblica, non solo in senso verticale teologico(come finora si visto), ma anche nella linea orizzontale.

    Se esaminiamo il parallelismo chiastico-progressivo su cui costruito il testo di Genesi 1,27, ci accorgiamo che alla definizionedell'uomo come immagine di Dio corrisponde la precisazioneesplicativa nel sorprendente parallelo maschio e femmina. Ov-viamente questo non significa che Dio sia sessuato, consapevolicome siamo della costante polemica biblica contro la religiositcananea e i suoi culti della fertilit. Il vero significato da cerca-re, invece, nel contesto della stessa Tradizione Sacerdotale checoncepisce la storia della salvezza sulla base di una trama fatta digenealogie o di rimandi alla fecondit generazionale (Genesi1,28; 2,4a; 9,1.7; 10,1-32; 11,10-29; 17,2.6.16; 25,12-20; 28,3;29,31 - 30,24; 35,11; 36,1-43; 47,27; 48,3-4). La capacit di gene-rare diventa, allora, la via sulla quale si snoda la storia sacra: Dioresta trascendente ma opera la sua salvezza entrando nella di-scendenza umana, nel tempo dell'uomo che procede di anellogenerazionale in anello, di padre in figlio. La fecondit della cop-pia umana , quindi, un segno del Dio creatore e salvatore. L'uma-nit immagine di Dio in quanto essa maschio e femmina; lavera effigie divina non solo nel maschio, come vorr una suc-cessiva tradizione giudaica, attestata anche da Paolo (1 Corin-zi 11,7), bens nell'amore della coppia e nella sua pienezza ma-schile e femminile. L'aspetto relazionale orizzontale , dunque,fondamentale ed espresso nella bipolarit sessuale, emblemadella dimensione sociale e comunitaria dell'essere umano. Perquesto possiamo dire che l'ominizzazione piena solo laddovesi ha l"is e Vissah, l'uomo e la donna, ove l'evidente assonan-za ebraica dei due vocaboli vuole segnalare la parit di comunio-ne nella natura, mentre i due generi, maschile e femminile, deno-tano l'armonia della differenza. appunto ci che esalta anche ilsecondo racconto della creazione che fa proclamare all'uomo:Questa volta essa carne della mia carne, osso dalle mie ossa.La si chiamer 'issah perch da 'z's stata tratta (Genesi 2,23).

    Ma questa relazione orizzontale, come suggerisce Genesi1,27, s'incrocia intimamente con quella verticale che ci unisce eassimila a Dio. a questo punto che abbiamo una nefes hajjah,

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    cio un essere vivente nel suo specifico di persona umana, che ins annoda in unit sia la sua caducit e il limite creaturale (basar /*fr l'dmh, carne, polvere, terra) sia la sua vitalit (rah, soffio, na-rici) sia la sua specificit di creatura umana, dotata di coscienza emoralit (nesamah) e segnata daU'immagine e somiglianz divi-na, verificabile nella relazione feconda d'amore. Come si diceva, molto limitativo ridurre la ricerca deH'anima a una sola cate-goria lessicale; necessario procedere in modo pi simbolico eglobale per individuare lo specifico della creatura umana, fermorestando il suo legame fondamentale con l'azione divina, comeattesta Giobbe: Egli regge nelle sue mani la nefes di ogni viventee la rah di ogni basar umana (12,10), ove la trilogia lessicale ri-manda alle strutture antropologiche capitali e ove si dovr ag-giungere anche quella nesamah, che pure il libro di Giobbe avevaintrodotto (33,4; 34,14-15).

    Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio

    II modello finora presentato una sorta di filo rosso all'internodelle Scritture ebraiche, anche se - come si avuto gi occasionedi dire - non costituisce un canone teorico fisso su cui esemplar-si. indubbio, per, che col progredire dei secoli e l'intersecarsidella cultura ebraica con altre civilt siano avvenuti fenomenievolutivi e osmotici: si pensi solo all'influsso persiano riguardoall'escatologia. Molto rilevante fu anche l'irrompere dell'elleni-smo che, accanto a reazioni di autotutela come quella dei Macca-bei, ha registrato contatti e interscambi ideali, soprattutto nelmondo della Diaspora. Per il nostro tema altamente significa-tiva un'opera come il libro della Sapienza, composta alle sogliedell'era cristiana o poco dopo, probabilmente nell'area di Ales-sandria d'Egitto ove sboccer anche l'astro di Filone.24 Questoscritto, variamente classificato a livello di genere letterario, ci of-fre un altro modello nel quale il dato tradizionale viene rielabo-rato alla luce delle proposte della cultura greca.

    Questo fatto appare a livello generale attraverso vari segnaliche affiorano da un dettato grondante di ammiccamenti alla let-teratura greca. Cos, oltre alla conoscenza di Senofonte, l'autorerecupera la critica evemeristica alla religione nel suo attacco anti-idolatrico (cc. 13-15); rivela una certa condivisione nei confronti

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    del metabolismo degli elementi secondo i moduli di alcune co-smologie ellenistiche (19,6 ss.); introduce in 8,7 le quattro virtcardinali di matrice platonica (Repubblica IV, 427e - 433e) cio,temperanza, prudenza, giustizia e fortezza; in 11,17 evoca Vamor-fos hyl, la materia informe, ispirandosi al Timeo (Sia), mentrein 11,20 esalta l'opera divina che tutto dispone con misura, cal-colo e peso, formula riscontrabile nelle Leggi (VI, 757b); in 13,5si esalta la conoscenza analogica dal creato al Creatore secondouna modalit affine a quella del De mundo dello Pseudo-Aristote-le (VI, 399b, 19 ss.); in 8,17-20 adotta il sorite, cio il sillogismoconcatenato progressivo, mentre la dotazione della Sapienza di-vina modellata in 7,17-21 sulla didattica scientifico-filosoficaellenistica, quasi canonizzando l'insegnamento delle scienzenaturali impartito nel Museion di Alessandria; in 14,3 e 17,2 si ce-lebra la provvidenza (prnoia) divina, con tonalit stoiche, co-me principio che penetra e regge l'universo; nell'aretalogia dellaSapienza divina (7,22-24), basata su 21 attributi, si ha similmenteil ricorso al pensiero stoico, mentre nel canto intonato dagli empinel e. 2 occhieggiano concezioni epicuree e persine materialisti-che (2,2-3), ovviamente contestate.

    Per l'antropologia decisivo per l'autore il termine psychche la realt destinata all'athanasa o aftharsia, cio all'immor-talit e alla incorruttibilit (cfr. 3,1-4; 4,14; cfr. 1,15; 2,23), l'uni-ca votata alla ricompensa (2,22), l'unica a temere o a desiderarel'episkop, la visita del giudizio divino (2,20; 3,7.13). , quin-di, importante scoprire quale sia la carica semantico-ideale chequesto vocabolo sopporta e supporta. A prima vista sembra chel'autore abbia abbandonato le categorie ebraiche e, dato il con-testo culturale in cui era immerso, abbia abbracciato la prospet-tiva greca, forse quella di un platonismo popolare filtrato attra-verso le credenze dell'area del delta del Nilo, soprattutto per laquestione immortalistica (che occupa tematicamente i primicinque capitoli). In 9,15, infatti, si afferma che il corpo corrut-tibile appesantisce l'anima e la tenda d'argilla grava la mentedai molti pensieri, parole che sembrano alludere a un passodel Fedone (81c). In 8,19-20 si mette in scena Salomone, segno disapienza, mentre sembra quasi professare la dottrina della pre-esistenza delle anime, anche se il contesto ridimensiona l'ideariconducendola a una semplice esaltazione della preminenzadell'anima: Ero un fanciullo di nobile natura e avevo ricevuto

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    in sorte un'anima buona o, piuttosto, essendo buono, ero entra-to in un corpo senza macchia.

    Di fronte a questi e altri indizi c' chi si orientato verso un'in-terpretazione totalmente greca della Sapienza, libro per altrodeuterocanonico (il Canone delle Scritture ebraiche ovviamentenon lo accoglie, proprio perch un testo greco). Esso, allora, in-trodurrebbe una pluralit di concezioni antropologiche all'internodella Bibbia, come avviene per altre categorie. Tuttavia un'analisipi accurata e condotta anche sulle connotazioni ha spinto la mag-gioranza degli esegeti a una maggior cautela. I fondamentalidella teologia biblica classica, infatti, permangono, ma l'autore ri-corso a un linguaggio e a un temperamento anche ideologicopi calibrato, tenendo conto delle coordinate entro cui era inserito.Cos, P. Grelot25 sostiene che nel termine psych usato dal libro del-la Sapienza si celano pi concezioni ebraiche di quanto si possa im-maginare, leggibili in filigrana dai destinatari ebrei alessandrinidell'opera, ma anche modulati in modo tale da non respingere illettore pagano. Tuttavia C. Larcher26 fa notare che non si deveignorare che per l'autore di Sapienza, la psych prende un rilievoche non ha la nefes: diventata invadente, si sostituita pratica-mente a quegli altri fattori psichici e organici (mah, il cuore, altriorgani corporali) che espletano una funzione quasi altrettanto im-portante nell'antropologia ebraica. Essa appare molto pi sgancia-ta dalla materia, molto meno immersa nel corpo che non la nefes.Essa diventa di pi - o in altra maniera - il soggetto direttamenteresponsabile della vita morale.

    Questa calibratura tra ebraismo ed ellenismo emergerebbe ni-tidamente per la questione immortalista ove l'autore sembraadottare una sorta di silenzio tattico27 riguardo alla resurrezio-ne, prassi a cui non ricorse Paolo nel suo intervento nell'Areopa-go di Atene coi risultati ben noti di rigetto (cfr. Atti degli Apostoli17,32). G. Scarpai ritiene, invece, che l'autore sia stato reticente alriguardo per il semplice fatto che tale dottrina, pur avendo fon-damento biblico (cfr. Isaia 26,19; Ezechiele 37), non era da tutto ilgiudaismo considerata come dogma di fede (si pensi ai Sadduceiche negavano la resurrezione, come appare anche dalla loro dia-triba con Ges in Matteo 22,23-33). A noi ora non compete affronta-re questo tema specifico ma fermarci sulla psych, sulla sua real-t e sul suo nesso con Dio. Ebbene, a noi sembra che l'autore dellaSapienza abbia certamente attuato un'operazione di transcultu-

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    ralizzazione o, meglio, di inculturazione, considerando il conte-sto in cui egli scriveva. Tuttavia la sostanza del suo messaggio se-gna una continuit col modello biblico classico. Da un lato, infat-ti, come osservava (e aveva dimostrato) Larcher, la sua nozione dipsych molto pi variegata e polimorfa della corrispondenteconcezione ebraica della nefes. Ma, d'altro lato, essa si ncora sal-damente su un terreno teologico e morale e non meramente me-tafisico-filosofico. Infatti, in 3,1-4 il termine psych messo contutto rilievo all'inizio del capitolo, viene subito precisato non conuna definizione filosofica, ma con la descrizione dello status del-l'anima...: essa viene immessa nella "pace"; come grande premioin cambio di una piccola sofferenza, avr la comunione con Dio,la potest di giudicare l'empio, l'immortalit.28

    Riguardo proprio a quest'ultimo tema, si ha una specie di car-tina di tornasole della prospettiva teologico-morale adottata dal-l'autore, pur nell'uso del linguaggio greco. Emblematico , infatti,2,23: S, Dio ha creato l'uomo per l'immortalit; lo fece a immagi-ne della propria natura (o anche della propria eternit, secondouna variante testuale). Si riprende, cos, per le anime pure(2,22), per le anime dei giusti (3,1; cfr. 1,15 e 15,3), per chi hala coscienza (syneidesis) non oppressa dal rimorso come accadeai malvagi (17,10), la dichiarazione che Genesi 1,26-27 aveva for-mulato a livello generale suH'immagine e somiglianz di Dionella creatura umana. In questa luce l'immortalit beata, destina-ta ai giusti non tanto una conseguenza metafisica della naturaspirituale dell'anima, come accade nell'argomentazione platoni-ca (si pensi al Fedone), bens dono e grazia, essendo comunionedi vita con la stessa divinit e non una pura e semplice eternitneutra dell'anima immortale. Si tratta, dunque, di un'immorta-lit qualificata e, come tale, non applicabile agli empi. La sortedelle anime di costoro, dopo il giudizio-episkop a cui si accen-nava (1,9; 3,7; 4,20), raffigurata in modo tradizionale e origina-le al tempo stesso: l'Ade, cio lo se'ol, gli inferi biblici, prima con-siderato come la dimora indifferenziata dei defunti, diventa nellaSapienza la collocazione delle anime dei malvagi, cos da con-figurare una sorta di inferno (4,18 ss.). Anzi, il giudizio che lidestina a questo triste approdo elaborato non solo attraversol'episkop-visita estrinseca di Dio, che tra l'altro non contiene unatto giudiziario esplicito divino, ma soprattutto attraverso l'auto-critica della loro coscienza (5,3-13).

  • 152 Immortalit e resurrezione

    In sintesi, il libro della Sapienza riformula il modello biblicoclassico attraverso il nuovo linguaggio e la nuova strumentazio-ne ideale di cui dispone a causa del suo innesto nel mondo cultu-rale greco. A livello di superficie questa riformulazione pu sem-brare cos innovativa da scardinare i principi antropologici ebraicie questo pu anche essere vero se ci si attesta per la questionedell'anima solo su un mero profilo lessicale e fraseologico. Ma,come si gi visto per l'analisi di Genesi 2,7, anche per questoscritto alessandrino la sostanza diversa: l'anima da identifica-re secondo le caratteristiche dell'orizzonte pi ampio della teo-logia biblica ed solo da questo fondale che essa emerge col suoprofilo autentico. Profilo che, nel caso della Sapienza, esaltatoproprio attraverso l'introduzione del tema ell'athanasa/aftharsa,cio della piena conseguenza dell'essere immagine di Dio (cfr.Sapienza 2,23) e dell'adeguarsi a essa con la fedelt alla giustizia,con la moralit della coscienza e dell'esistenza.

    Il potere di far perire e l'anima e il corpo d'obbligo ora entrare nel Nuovo Testamento, ove procederemoseguendo lo stesso metodo di ricerca che evita il ricorso a generi-che perlustrazioni testuali ma che si affida allo sforzo di indivi-duare un modello simbolico. Esso rintracciabile in due loghia (odetti) di Ges, legati tra loro da una certa affinit e a prima vi-sta piuttosto sorprendenti per la loro apparente formulazione distampo dualistico greco, ma anche per una loro contempora-nea paradossale contraddittoriet rispetto a quello stesso stam-po. Il primo detto riferito da Matteo: Non temete quelli cheuccidono il corpo (sma), ma non hanno potere di uccidere l'ani-ma (psych). Temete piuttosto chi ha il potere di far perire e l'ani-ma (psych) e il corpo (soma) nella Geenna (10,28). La distinzio-ne psych-sma sembra essere quella tipica greca e non si escludeche la stessa redazione evangelica abbia respirato l'atmosferaculturale ellenistica allora diffusa nell'impero romano; tuttaviache si possa pensare di uccidere o far perire l'anima palese-mente un assurdo nella concezione greca dell'anima spirituale., perci, necessaria una puntualizzazione che, dati i limiti dellanostra analisi, non pu che essere semplificata e sintetica.

    gi significativo che Luca, forse pi sensibile al mondo greco,abbia ripulito il loghion in questa maniera: Non temete coloro

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    che uccidono il corpo (sma)... Temete chi, dopo aver ucciso, ha ilpotere di gettare nella Geenna (12,4-5). evidente come la psychsia scomparsa e sia rimasto solo il sma. In realt anche per Matteole cose stanno in modo diverso rispetto al primo impatto. Infattiquella psych carica di tutto il peso semantico gi da noi evocatoper l'anima della dottrina anticotestamentaria. Essa, cio, ri-manda alla vita umana segnata dal legame con Dio e, quindi, co-me tale marcata dalla stessa divinit (immagine) e dalla suaeternit (cfr. il citato Sapienza 2,23, eventualmente con la varianteeternit rispetto a propria natura divina, variante di per s so-lo esplicativa). Siamo, dunque, in presenza di un confronto tradue vite: c' l'esistenza storica, scandita nel tempo, votata allamorte e sottoposta agli attentati di forze esterne ed ci che si de-finisce come soma; e c' la vita piena che si ramifica gi nell'esi-stenza storica ma che la trascende e nella resurrezione la trasfigu-ra. Essa definita col termine psych che perci da rendere comevita, sulla scia dell'aramaico nafsa', anima-vita. Non sarem-mo, perci, di fronte all'anima immortale greca bens alla vita di-vina partecipata, pi o meno come accadeva per il concetto di im-mortalit beata appena illustrato per il libro della Sapienza.

    Il linguaggio greco usato non deve, dunque, fuorviare impan-tanandoci in aporie teoriche, ma ci deve spingere alla ricerca delretroterra ideale che ancora una volta quello biblico per cuil'originario significato dell'avvertimento di Ges non sottendeuna separazione-contrapposizione tra corpo e anima, ma piutto-sto una distinzione tra un'esistenza intramondana e l'esito eternodell'essere umano dopo il giudizio del Padre.29 Possiamo, allo-ra, accostare l'altro passo che ripropone interrogativi analoghi,pur nella diversit del discorso. Lo assumiamo nella redazionemarciana: Chi vorr salvare la propria anima (psych), la per-der; ma chi perder la propria anima (psych) per causa mia edel vangelo, la salver. Che giova, infatti, all'uomo guadagnare ilmondo intero e poi rovinare la sua anima {psych)? Che cosa darmai l'uomo in cambio della sua anima (psych)? (Marco 8,35-37;cfr. Matteo 16,25-26; Luca 9,24-25; in Giovanni 12,25 si ha: Chi amala sua psych la perde e chi odia la sua psych in questo mondo laconserver per la vita eterna).

    Ora significativo che le traduzioni sono inclini a rendere lapsych di Marco 8,35 con vita per poi passare nei versetti suc-cessivi alla resa anima. evidente, in realt, che anche in que-

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    sto caso siamo di fronte a una concezione che si fonda non su unmodello greco ma sulla visione biblica ove l'anima la realtdella persona nella sua relazione di fede con Dio. Non per nullaLuca nella sua redazione ha* una frase cos ritoccata: Che giovaall'uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde o rovina sestesso (eautn)? (9,25). , dunque, l'io dell'uomo posto di frontealla scelta di affidare se stesso alla trascendenza e alla moralit odi ridursi come le cose, dissolvendosi nella temporalit e nellamaterialit, secondo il monito anti-idolatrico tradizionale: Sia co-me loro chi li fabbrica e chiunque in essi confida (Salmo 115,8).L'opzione tra una vita meramente fisica, immanente alla tem-poralit e cosificata, e una vita eterna che generata e ali-mentata dall'immagine efficace di Dio in noi e che dev'essereaccolta e fatta crescere nell'adesione della coscienza e della mora-lit, secondo i canoni dell'anima gi da noi definita nell'AnticoTestamento. Come osserva E. Schweizer,30 il detto va delimitatoin due sensi: n il risveglio alla vita eterna una trasformazionemagica... n la psych l'anima immortale; altrimenti non po-tremmo essere invitati a odiarla. Psych resta la vita che data al-l'uomo da Dio ma che poi dal comportamento dell'uomo di fron-te a Dio riceve il suo carattere mortale o eterno. Anche perGiovanni... solo nel sacrificio continuo della vita, solo nel viverepermanentemente del dono di Dio la psych diventa la vita pre-servata da Dio per l'eternit. Siamo, dunque, molto lontani dal-l'anima metafisicamente immortale della filosofia greca.

    L'uomo tra carne e spirito

    Le considerazioni finora sviluppate ci permettono una piccolaincursione, a mo' di appendice conclusiva, nella letteratura pao-lina. L'Apostolo sembra essere scarsamente interessato al temadella psych, proteso com' verso il contrasto teologico pneuma-sarx che, come noto, di ben altro significato rispetto al purosuono dei termini nella loro accezione greco-classica o ellenisti-ca. La sarx , infatti, il principio radicale del peccato che militacontro il principio salvifico della grazia (chris) e dello Spirito(pneuma) divino: Camminate secondo lo Spirito (pneuma) e nonsarete condotti a compiere i desideri della carne (sarx). La sarx,infatti, ha desideri contrari al pneuma e il pneuma a sua volta

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    contro la sarx, poich queste due realt sono vicendevolmentecontrapposte (Calati 5,16-17; cfr. Romani 8,5-9). In questa lucecarne e spirito da concetti essenzialisti sono diventati realt so-teriologiche... L'uomo come "carne", cio essere debole e morta-le, e come "spirito", cio essere vivo della vita avuta in dono daDio e rapportato al suo Creatore, sono dati che appartengono al-l'antropologia teologica essenzialista e strutturale; mentre la de-finizione paolina dell'uomo come essere "carnale", cio vendutoal peccato, e come essere "spirituale", cio animato dal dinami-smo divino della vita soprannaturale, appartiene alla dottrinasoteriologica.31

    In questa nuova impostazione - che rivisita semanticamentee teologicamente le tradizionali categorie di carne e spirito(analoga rivisitazione fatta da Paolo per la categoria corpoin Romani 12,1; 1 Corinzi 6,12-20; ma si veda il sorprendente2 Corinzi 5,1-10) - si comprende anche la famosa distinzione tracorpo psichico (sma psychikn) e corpo spirituale (smapneumatikn), espressioni contraddittorie per la cultura grecama riconducibili a un'analoga distinzione tra l'essere ancoratoal limite, alla finitudine e alla colpevolezza, cio psichico, el'essere animato dallo Spirito del Cristo risorto, glorioso e im-mortale, cio pneumatico (1 Corinzi 15,44-50). questo unmodo nuovo e originale per riproporre e sviluppare - con la ca-tegoria pneuma e con la teologia pasquale - quel seme di tra-scendenza deposto nell'uomo immagine di Dio (Genesi 1,27).Infatti, l'Apostolo osserva: Come abbiamo portato l'immaginedell'uomo di terra, cos porteremo l'immagine dell'uomo cele-ste (1 Corinzi 15,49).

    Senza voler aprire il capitolo complesso e delicato dell'immor-talit-resurrezione, possiamo per annotare a margine del profilopaolino dell'anima, non riducibile alla psych, uno spunto di ri-flessione. Come si detto, l'oltrevita biblico non declinabile se-condo i canoni dell'immortalit platonica, qualit strutturalmen-te connessa con la spiritualit e l'incorruttibilit dell'anima. Essaha, invece, per la Bibbia la sua radice nel dono dell'immaginedivina e della grazia e coinvolge l'intera realt personale dellacreatura umana. Il suo avvio gi ora, nell'esperienza di fede, diamore e di giustizia vissuta durante l'esistenza storica; germogliagi ora nella comunione di grazia con Dio; gi ora inaugurataattraverso la partecipazione battesimale del cristiano all'evento

  • 156 Immortalit e resurrezione

    pasquale di Cristo (Romani 6,3-11). La pienezza escatologica diquesta comunione non che l'esito necessario, quasi come in unacontinuit tra seme e spiga, essendo l'eternit divina immessa innoi capace di farci valicare la morte per entrare nella gloria del-l'intimit di Dio. E a questo destino chiamata la persona nellasua anima pi profonda, non riducibile alle categorie antropo-logiche settoriali ebraiche e neppure alla psych, se non intesa nelsenso di vita perfetta e trascendente, di pneuma per usare il lin-guaggio paolino.