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RASSEGNA STAMPA Ritagli stampa ad uso esclusivo del destinatario I contenuti degli articoli appartengono ai legittimi proprietari. Materiale selezionato ad uso didattico 01 2016

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RASSEGNA

STAMPA

Ritagli stampa ad uso esclusivo del destinatario

I contenuti degli articoli appartengono ai legittimi proprietari.

Materiale selezionato ad uso didattico

01 2016

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Questa Rassegna Stampa che accompagnera periodicamente la durata del Game CONOSCERE LA BORSA, si pone l’ambizione di NON essere uno strumento inutile. Infatti non si andranno a scegliere e proporre argomenti legati ai vari valori azionari e “suggerimenti di cosa e quando comprare e vendere”, ma si presenteranno articoli che a vario titolo dovranno servire come mero momento di riflessione sugli argomenti di attualita legati all’economia in senso ampio e al momento socio-politico che si sta vivendo. Il Game CONOSCERE LA BORSA nel quale siete impegnati, deve darvi, oltre alle nozioni tecniche, anche questo aspetto: un focus di attualità………… In questa logica, la prima Rassegna Stampa 2016 vertera su “temi alternativi”, ma di sicuro interesse ed effetto, ovvero una dissertazione su come la GENERAZIONE.2 deve approcciare culturalmente la rivoluzione digitale in atto e non solo. Buon lavoro.

Il Coordinatore Referente

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CHE COSA E' LA CURIOSITA’ :

La curiosità è un istinto che nasce dal desiderio di sapere qualcosa.

“Il termine curiosita ha secondo il dizionario tre significati: oggetti (nel senso

di cosa rara), interesse (nel senso di voglia di sapere), comportamento (nel

senso di indiscrezione) e questo nelle diverse lingue.

Ovvero: la curiosita e il desiderio di sapere, di conoscere. È un atteggiamento

di eterno interesse verso la vita, un’inesauribile sete di sapere.

Il desiderio di un apprendimento continuo, dato che questo desiderio e il

motore della conoscenza, della saggezza e dell’inventiva. Tutti siamo curiosi,

dal momento in cui facciamo ingresso nel mondo, se non da prima. La

curiosita e un impulso naturale che fa parte dell’indole umana. Ancora prima

che il bambino sappia parlare, si pone con tutti i sensi per esplorare e per

apprendere: come una spugna assorbe qualsiasi stimolo lui riceva per poter

affrontare il proprio cammino. Ègli sperimenta ogni singolo elemento come

un piccolo scienziato. Lo tocca, lo gusta, lo guarda, lo annusa, e affascinato da

qualsiasi cosa e si puo notare lo stupore nei suoi occhi quando scopre

qualcosa di nuovo.

Le grandi menti continuano a porre domande durante tutta la loro vita. Gli

interrogativi che impegnano la nostra mente ogni giorno riflettono le mete

che ci siamo prefissi e influiscono sulla qualita della nostra vita. Se coltiviamo

una mentalita aperta e investigativa come quella dei bambini ampliamo il

nostro universo e ci muoviamo all’interno di esso con maggior flessibilita .” Fonte Monica Kircheis

“La curiosita e stato a lungo considerato un comportamento negativo (l'Èden

si perde per la curiosita di Èva, Psiche perde amore per la curiosita di

guardarlo in viso); oggi e considerato un comportamento positivo sia nella

scienza che nell'intelligenza, rappresenta un istinto che guida alla scoperta di

nuove informazioni, conoscenze, comprensione e consapevolezza, il

carburante della scienza e delle discipline dello studio umano, una vera e

propria propensione all'interessamento personale verso cio che incuriosisce.”

Fonte wikipedia

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“Siate curiosi, siate folli.” e un aforisma di Steve Job, ma anche “Siate

curiosi sempre e fate le domande (giuste)” titolo di un interessante opera

di Nolan Bushnell.

Non c'e dubbio che il mondo stia attraversando una fase di grande

trasformazione: la sfida e quella di trovare un modello che sia plasmato sulla

realta e sulle esigenze della "societa digitale” del nuovo secolo. Una sfida

appassionante a suon di sperimentazioni, ma che non ha ancora individuato

un modello di riferimento a livello globale. Le certezze non sono molte, ma se

ce n'e una che si e ormai consolidata e che la tecnologia giochera un ruolo

decisivo, ma non sara l’unica. Argomenti importanti potranno arrivare dalla

filosofia, dallo studio della medicina, della sociologia e dell’economia. Ma

anche la giurisprudenza, la fisica e la biologia porteranno e trarranno

vantaggi, ma solo se sapranno “uscire dagli schemi e trovare nuove strade”.

Il tutto sta nell’essere “diversi”, porsi delle domande e immaginare un mondo

differente anche nelle piu piccole componenti della normale quotidianita .

Grandi invenzioni sono avvenute grazie a “curiosita emerse da sogni” che si

sono poi concretizzate in rivoluzioni della quotidianita .

L’Ingegner Adriano Olivetti, uno dei “grandi personaggio mondiali dei primi

del secolo scorso” si attorniava per le scelte delle sue aziende, di personaggi

provenienti da differenti campi disciplinari, inseguendo il progetto di una

sintesi creativa tra cultura tecnico-scientifica e cultura umanistica.

Bisogna sognare ed essere curiosi. Avete l’età e il diritto di esserlo.

Ma siate anche onnivori, ovvero leggete di tutto e guardatevi intorno.

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LA STAMPA

MERCOLEDÌ 3 SETTEMBRE 2014 .TuttoScienze .23

cercasièportati alla truffa?«Non è difficile ipotizzare lecause. La cattiva condotta rap-presenta il lato oscuro del con-testo ipercompetitivo dellascienza, con l’enfasi per i finan-ziamenti e il numero di pubbli-cazioni. E proprio la necessitàdi fondi ha incoraggiato sem-pre più studiosi a trovare scor-ciatoie. L’istinto mi dice che

questa è la ve-rità, anche sedifficile da di-mostrare».Quali dovreb-bero essere lecontromisure?«Dovrebberocambiare gliincentivi. Fin-ché sono quel-li di pubblica-re a oltranzasu riviste conalto “impactfactor” (il va-lore attribui-to alle citazio-ni), le cosenon cambie-ranno. Si do-vrebbero da-re crediti inmodo diverso,

per esempio depositando le ri-cerche in database aperti».

Perché ha deciso di creare«RetractionWatch»?

«Sono sempre stato affascina-to dalle storie che stanno die-tro alla ritrattazione di unapubblicazione scientifica. Gliscienziati non sono tutti stin-chi di santo, sono esseri umanicome noi! Dietro alcune frodi

La comunità scienti-fica è finita sottoshock, dopo la noti-zia del suicidio diYoshiki Sasai, cele-

bre esperto di cellule staminaliall’Istituto Riken di Kobe: 52anni, era uno degli autori didue pubblicazioni che descri-vevano un modo semplice perriprogrammare cellule matu-re. Poche settimane dopo lapubblicazione dei lavori, loscorso gennaio, però, alcuni ri-cercatori avanzano i primidubbi, non riuscendo a ripro-durre i dati. Poi, dopo una lun-ga controversia, le pubblica-zioni vengono ritrattate, per-ché contenevano dati falsifica-ti. Sasai, sebbene non diretta-mente coin-volto nellafrode, è statomolto critica-to per la scar-sa supervisio-ne dei dati. Fi-no al tragicoepilogo.

Ivan Oran-sky, lei ènoto comeilmaggiore«cacciatoredi frodiscientif i -che» con ilsuo famo-so blog« R e t r a c -tion Wa-tch»: comeinterpretaquesta tra-gedia?

«Un suicidio è sempre qualco-sa difficile da interpretare.Ma, se lamorte di Sasai può in-coraggiare la comunità scien-tifica a prevenire di più le frodie, allo stesso tempo, a dare so-stegno a chi è stato smasche-rato, allora questo sarebbeuno sviluppo positivo».

Perché, a volte, anche nella ri-

lP RICERCA

normale della scienza: sonoun’opportunità per corregge-re i dati. Bisognerebbe inco-raggiare l’ammissione deglierrori: così gli scienziati sisentirebbero spinti a correg-gersi piuttosto che a nascon-dere i problemi».

Le pubblicazioni scientifichesono in aumento e così l’ac-cesso all’informazione scien-tifica. Il tasso di ritrattazioni èanch’esso inaumento.C’èuncollegamento?

«Il richiamo all’integrità deidati scientifici è più forte chemai, anche se, paradossal-mente, ritirare un articolo chenasconde qualche problemasta diventando sempre più dif-ficile. Oggi il fenomeno delleritrattazioni appare in fortecrescita: 400 nel 2011 - l’annodefinito addirittura comequello «delle ritrattazioniscientifiche» - e solo 2200 nel-l’intero decennio che terminacon il 2011. E tuttavia è rischio-so trarre conclusioni definiti-ve da numeri che possono ap-parire elevati e che, in realtà,risultanomolto piccoli, se rap-portati al milione di articolipubblicati annualmente. Det-to questo, ci sono segnali chia-ri: più attenzione significanopiù ritrattazioni».

Che impatto economico han-no le frodi?

«L’economista Jeffrey Fur-man, che lavora sul tema allaBoston University, ha pubbli-cato i primi dati, che dimostra-no un declino di finanziamenti.È un momento di crisi genera-le e così anche per la scienza».

MARTA PATERLINI

“Anche in laboratorio c’è chi truffama i colpevoli si pizzicano sempre”

È americano il più grande cacciatore al mondo di frodi scientifiche“L’iper-competizione internazionale sta spingendo molti studiosi oltre il limite”

dibattito: possono essercianalisi statistiche poco preci-se o errori grossolani non vo-luti o, ancora, la colpa può es-sere una vera e propria con-dotta fraudolenta. Il punto,fondamentale, è che le rivistedovrebbero dare alle ritratta-zioni la stessa attenzione dataagli studi originali. E’ impor-tante, per gli scienziati che la-vorano sulla base di pubblica-zioni nel frattempo ritrattate,scoprire cosa sia successo.Sebbene scomode, le ritratta-zioni sono una componente

�Per non correre questo rischio lo pseudocu-mene è stato ottenuto alla fine degli Anni 90 a par-tire da nafta con un bassissimo contenuto di atomiradioattivi, ricavata da depositi sotterranei anti-chissimi localizzati nel deserto libico. Ma, ancora,non era sufficiente: il liquido doveva essere purifi-cato dalla radioattività naturale e protetto dai rag-gi cosmici che provengono dallo spazio e cheavrebbero causato un insostenibile rumore di fon-do. «Questo è il motivo per cui “Borexino” è stato

allestito nei laboratori sotterranei del Gran Sasso,dove non penetrano i raggi cosmici - dice Bellini -. Ilsuo successo, in particolare, sta nelle tecnologieche sono state sviluppate proprio per ottenere unrivelatore con una radiopurezza mai ottenuta fino-ra». L’occhio che ha osservato il cuore del Sole èdunque un esperimento cieco, ma dalla sensibilitàacutissima per i neutrini.I risultati pubblicati su «Nature» dimostrano chel’attività di fusione nucleare attualmente in corsonella nostra stella è sostanzialmente analoga aquella desumibile studiando la sua radiazione lu-minosa, corrispondente però a quanto avvenne100 mila anni fa. Si tratta di un risultato confortan-te, visto che mille secoli dal punto di vista di unastella sonounbattitodi ciglia.Mac’èdipiù. «Lami-

suracihapermessodiverificare l’ottimo livellodel-le teoriechedescrivono il funzionamentodelSoleeanche di capire meglio come i neutrini nati dalle re-azioni fra protoni si trasformano in altri tipi di neu-trini durante il loro viaggio all’interno del Sole», di-ceBellini. «Borexino»,però,haancoradel lavorodafare. Se la reazione fra protoni dà origine al 99%dell’energiasolare, il restante1%derivadaunaltrotipo di reazione che sembra essere preponderantenelle stelle con masse superiori. Questa reazioneproduce neutrini con un’energia diversa e «Borexi-no» non è ancora in grado di individuarli con preci-sione. «Il prossimo grande obiettivo è trovare mo-do di catturare anche questi neutrini di difficilissi-ma rivelazione», conclude Bellini. Allora, forse, po-tremo dire che il cuore del Sole non ha più segreti.

Quanto brilla la nostra stella?A dirlo sono i neutrini

BARBARAGALLAVOTTI

SEGUE DA PAGINA 21

ci sono profili psicologici inte-ressantissimi e a volte quasicriminali. Il tutto cominciò nel2010 con il celebre caso del-l’anestesista americano ScottReuben, che, considerato unodei massimi esperti della ge-stione del dolore, finì in pri-gione, perché non aveva maicondotto alcuno studio sullaterapia usata su migliaia dipersone. Io e il collega AdamMarcus ci telefonavamo spes-so per condividere il nostro in-teresse e il blog rispecchia ilnostro desiderio di maggiore

trasparenza e l’abbiamo lan-ciato proprio quando a Har-vard si investigava su MarcHauser, il biologo evolutivoconsiderato il guru dellescienze cognitive. I sospetti dicattiva condotta sfociarononelle sue dimissioni e nella ri-trattazione di molti lavori».

Qual è la vera funzione delleritrattazioni?

«Le ritrattazioni sono una fi-nestra sulle procedure scien-tifiche. Oggi i motivi dell’inaf-fidabilità di alcuni risultatiscientifici sono al centro di un

IvanOranskyReporterRUOLO: È PROFESSORE

DI GIORNALISMO MEDICO ALLA NEWYORK UNIVERSITY.

HA CREATO CON ADAM MARCUSIL BLOG «RETRACTION WATCH»

L’esperimento «Borexino» al Gran Sasso

Mangiare, bere, dor-mire. E giocare. Diquesto hanno biso-

gno i bambini per crescere.Un articolo di «Discover Ma-gazine» riassume in 10 puntile più aggiornate conoscenzesul gioco e la sua indispensa-bilità per i piccoli umani.

Che il gioco sia connatura-to con i bambini è dimostratonel più tragico dei modi dal-l’esperienza dei lager. Rober-to Benigni non si è limitato araccontare una favola ne «Lavita è bella»: chi c’era, ed èsopravvissuto, riferisce che

le piccole vittime dell’Olocau-sto giocavano anche nei lager.Una vocazione incomprimibi-le. E questo è il punto (1). Lanecessità di giocare si lega so-prattutto allo sviluppo del cer-velletto, che coordina i movi-menti, e del lobo frontale, cheregola i processi decisionali e ilcontrollo degli impulsi (2). Ilneurorologo Jaak Pankseppdella Washington State Uni-versity ha dimostrato che ri-

versione, quella definita ri-stretta o speciale) era statoimmaginare per gioco comesarebbe stato inseguire unraggio di luce (8). E la psicolo-ga Alison Gopnik dice che«tutti i bambini fanno giochiscientifici. Quando si trovanoalle prese con un nuovo gio-cattolo, elaborano istintiva-mente modelli probabilisticisu come funziona» (9).

Il decimo punto è ripresodal «Journal of ComparativePsychology»: una ricerca suimammiferi mostra che piùgrande è il cervello di una spe-cie animale e maggiore è latendenza dei cuccioli a giocare(10) oppure, osservando le co-se dal punto di vista opposto,più un cucciolo gioca e piùgrande sarà il cervello dellasua specie da adulto.

Osservazione per i lettori:dimostrate la vostra intelli-genza evitando di interpreta-re questa esaltazione del gio-co con un peana del giocod’azzardo.

LUIGIGRASSIA

Giocate, giocate e il cervello vi ringrazieràSempre più studi dimostrano lo stretto legame tra attività ludiche e intelligenza

lP NEUROSCIENZE JaakPankseppNeurologo

RUOLO: È PROFESSORE E «BAILYENDOWED CHAIR OF ANIMAL

WELL-BEING SCIENCE» ALLAWASHINGTON STATE UNIVERSITY

durre a scuola il tempo dedica-to alle attività ludiche riduce laconcentrazione (3). E giocaremigliora l’abilità nella comuni-cazione: uno studio del 1981 ri-velava che i bambini in età pre-scolare usano un linguaggiopiù ricco nel gioco, quando si-mulano situazioni e personag-gi di fantasia, rispetto a quelche fanno nella vita reale (4).

Il gioco di simulazione è unaforma di allenamento ancheper molte attività specifiche:K. Anders Ericsson della Flo-rida State University ha calco-lato che servano in media 10mila ore di pratica ludica, o al-meno non professionale, pri-ma di arrivare all’eccellenza incampi disparati come la palla-volo, il violino o gli scacchi (5).Ma 10mila ore sono tante o so-

no poche? Se nel calderone deigiochi si includono i video-game, risulta che un ragazzomedio raggiunge la quota di 10mila ore a 21 anni (6). E senzadubbio questo aiuta i giovaniad affacciarsi alla vita lavorati-va, avendo già acquisito unabella dimestichezza con i mez-zi elettronici. Ma ci sono bene-fici anche per gli anziani: unaricerca della University of Ca-lifornia di San Francisco su«Nature» mostra i migliora-menti nella memoria ottenutida «cavie» umane di 79 anniche usano videogiochi (7).

Il gioco, poi, è alla base dimolte scoperte scientifiche,forse di tutte: lo stesso AlbertEinstein raccontava che ilpunto di partenza della sua te-oria della Relatività (la prima

L’Istituto Riken di Kobe, in Giappone, teatro dello scandalo di Yoshiki Sasai, esperto di staminali

La Stampa 3 settembre 2014

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LA STAMPA

VENERDÌ 10 OTTOBRE 2014 .Società .21

Uno dei miti dell’eradigitale, il multi-tasking, è sotto at-tacco. Chi lo praticanon solo fa male le

varie attività a cui si dedica, madanneggia il proprio cervello. Lodimostrano una serie di ricerche,che il periodico «Forbes» hames-so insiemeper dare un colpo defi-nitivo a questa cattiva abitudinemoderna. La leggenda vuole chegli esseri umani, soprattutto gra-zie ai nuovi strumenti digitali,possono e devono fare più coseallo stesso momento. La velocitàè la cifra della nostra epoca e,quindi, se non sei in grado di in-viare unamail con lo smartphonementre partecipi ad una riunionevia video, magari tenendo pureun occhio su tuo figlio che giocain soggiorno, sei una personainutile. Inadatta ai ritmimodernidel lavoro.

Già nel 2009 l’università diStanford, che di modernità e ve-locità se ne intende abbastanza,aveva pubblicato una ricerca persmontare questo mito. Lo studioaveva dimostrato che chi fa più diuna cosa alla volta, in genere, lefa tutte male. Il nostro cervellonon è programmato per proces-

sare più attività nello stesso mo-mento e quindi è più produttivose ne facciamouna alla volta. Nonsolo, con il multitasking peggio-riamo il livello di efficienza, per-ché diventiamo più lenti nel pas-sare da una azione all’altra e inca-paci di distinguere le informazio-ni importanti da quelle irrilevan-ti, nel bombardamento di stimoliche riceviamo.

Questa condanna poteva giàbastare a seppellire la pratica,ma poi ne è arrivata un’altra an-cora più pesante. Secondo una ri-cerca della University of London,infatti, dedicarsi a più attivitànello stesso momento riduce il

quoziente intellettivo del nostrocervello, come se stessimo fuman-domarijuana. Tra gli adulti esami-nati l’IQ si abbassava di circa 15punti, scendendo al livello di quellodi un bambino di 8 anni. «La pros-sima volta che scriverete una mailal vostro capo mentre state parte-cipando ad una riunione - ammoni-sce quindi “Forbes” - tenete pre-sente che è come se la faceste scri-vere da un ragazzino della terzaelementare». La carriera ne giove-rà, secondo voi, oppure rischieràdi essere penalizzata?

Chi non fosse ancora convintopotrebbe pensare che il multi-tasking è come il fumo: un paio di

sigarette al giorno non possono es-sere poi così dannose. Quindi, seuno lo pratica con moderazione,non corre troppi pericoli. Questoatteggiamento, però, è sbagliato,tanto per il fumo quanto per l’im-pulso di dedicarsi a più compitinello stesso istante. Lo dimostraun’altra ricerca, citata da «For-bes», che viene dalla University ofSussex e dimostra come i danni alcervello siano permanenti. Gli stu-diosi, infatti, hanno condotto esa-mi del cervello delle persone chepassano il tempo usando diversistrumenti digitali, ad esempio in-viando messaggi con il cellularementre guardano la tv, e i risultati

sono stati sorprendenti. Gli MRIscan, infatti, vale a dire le immagi-ni ottenute con la risonanza ma-gnetica, hanno provato che chipratica il multitasking ha una den-sità inferiore agli altri nella cortec-cia anteriore cingolata, ossia la re-gione responsabile dell’empatia edel controllo cognitivo ed emotivo.In altre parole, questa cattiva abi-tudine è sospettata di produrredanni permanenti al nostro cervel-lo. Bilancio: si lavorapeggio, si con-clude di meno, si rischia di rovina-re la carriera e, in più, si compro-mette la capacità della nostramente di funzionare. Meglio fer-marsi, magari a riflettere.

Donnepiù efficienti

Fare più coseallo stesso tempo

si rivelaun pericolo:

un testha rivelato

che gli uominisono più

espostiagli errori

delle donne

il casoPAOLO MASTROLILLI

INVIATO A NEW YORK

Multitasking? Mai esagerare“Danneggia il cervello”

Nuove prove dalle ricerche statunitensi e britanniche: il quozientedi intelligenza si riduce, come se si fumasse marijuana

Lestrategiealternative

“Primaimpariamolaconcentrazione”

C’è chi ha parago-nato il suo effettosulle capacità co-gnitive a quello diuno spinello. Le gio-

ie e dolori del multi-tasking ci riguardano tutti. Le ri-sorse cognitive e di attenzione dicui disponiamo, purtroppo, sonolimitate.

«Riusciamo a fare per davverodue cose contemporaneamentesolo quando una delle due è auto-matizzata e non richiede elabo-

razioni complesse, come quandocamminiamo in una strada di cam-pagna e parliamo al telefono. Intutti gli altri casi la contempora-neità di esecuzione è solo apparen-te, perché in realtà c’è un’alter-nanza tra compiti diversi», spiegalo psicologo cognitivo Carlo Umil-tà, professore emerito dell’Univer-sità di Padova. «Grazie al fenome-no dell’attenzione, il cervello filtrale informazioni non rilevanti, ma,quando siamo occupati per davve-ro in due compiti diversi, il sistemava in tilt, perché di sicuro in en-trambi c’è qualcosa di rilevante e il

cervello deve decidere come allo-care le sue risorse». Ecco spiegatigli spiacevoli errori e i rallenta-menti causati dal multitasking.

«Questo è costoso, perché perdedicarsi a due cose insieme ser-vono risorse cognitive, come l’at-tenzione e la memoria di lavoro,ma anche risorse metacognitiveper monitorare continuamentel’esito delle nostre azioni e correg-gerle in caso di errori - spiega Leo-nardo Chelazzi, docente di neuro-fisiologia dell’Università degli Stu-di di Verona -. Il controllo metaco-gnitivo è la ragione per la quale in

molti - spesso i più pignoli - si rifiu-tano di cedere almultitasking: nontollererebbero di rinunciare allaprecisione».

Il termine multitasking, d’altraparte, viene spesso usato a spro-posito: «E’ unamodalità di esecu-zione non automatica dei compitie che richiede il mantenimento inmemoria delle informazioni ne-cessarie all’esecuzione e un usoappropriato». Insomma - mettein guardia - «non va confuso conla propensione ad interromperemomentaneamente un compitoper eseguirne un altro. Qui losvolgimento temporale e proce-durale è chiaro». Conclusione, se-condo Chelazzi: «Si deve decide-re se è il momento di fare multi-tasking o di concentrarsi per dav-vero su qualcosa».

I consigli

Lo studiosoLeonardoChelazziè neurofisiologodell’Universitàdi Veronae dell’Istitutodi Neuroscienze

NICLA PANCIERA

MILANO

DecidereDevi capire qual è

il momento giustoper il multitasking

o se devi concentrartisu una sola cosa

PrioritàIl multitasking è

impegnativo: valutasempre quali sono

i compiti e stabilisciin anticipo il principale

ControlloAnche se ne sei attratto,

resisti alla tentazionedell’eccesso:

è bene limitarloper quanto possibile

AttenzioneNon dimenticare che

le risorse cognitive sonolimitate. È impossibilefare bene troppe cose

tutte insieme

AllenamentoImpara i singoli compiti

per renderel’esecuzione

più automatizzatae risparmiare energie

PrevisioneNon farti cogliere

impreparato: se sai cheverrai interrotto,

anticipa le interruzioniprima di lavorare

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L'intervista Dopo la Mela e Pixar oggi è l'editore di «Maker Magazine». Le tre fasi del successo

Brandeau Vi spiego Steve Jobs «Premiava chi sfidava il potere» Parla il manager che ha lavorato con il creatore di Apple per 23 anni «Il successo di un'azienda? Scatenare il genio collettivo di chi ci lavora»

DI MARIA TERESA COMETTO

O gni azienda può inno­vare se riesce a Far le­va sul «genio coltelli-vo» di chi ci lavora. E

un leader efficace è quello che sa scatenare quel genio. Greg Brandeau l'ha imparalo lavo­rando con Sleve Jobs alla Nexl cornpuler (dal 1993 al '96 ) e poi alla Pixar (1996-2006). Una le­zione che ha raccontalo nel li­bro Collective Genius: The Art and Praetiee of Leading iiuio-vatioìi e su cui è incentrata la sua conferenza al World busi­ness forum di Milano, in pro­gramma il 3 e 4 novembre.

Laurea e master in Ingegne­ria delinca al Mil, dopo il pas­saggio di Pixar alla Disney Brandeau ci è rimasto fino al 2013 come senior vice presi-dent, poi è diventato presidente e responsabile operativo di Maker media, l'editore di Moke magazine e promotore delle Makerfaire.

Come può descrivere il gè nio di Steve Jobs?

«Attenzione: il mio libro non è una guida a come diventare il nuovo Steve Jobs. È impossibile. Sarebbe come se io volessi di­ventare Michael Jordan: non ho le doli atletiche del campione di pallacanestro. Mo slesso mo­do, non abbiamo le qualità ge­niali di Jobs, che ha saputo crea­re tre aziende mullimiliardarie: la prima Apple, Pixar e la se­conda Apple».

Capito. Ma Jobs era dawe ro un genio, o no?

«Certo. Era gemale la sua vi­sione della semplicità nel desi­gn della tecnologia. Ma soprat­tutto sapeva circondarsi dei ta­lenti migliori».

Ci racconta come è riuscito a farsi assumere da lui?

«Ho avuto con lui un collo­quio di dieci minuti che mi ha cambialo la vita. Un cacciatore di leste mi aveva dello che Jobs cercava qualcuno esperio di un certo tipo di gestione finanzia­ria aziendale e che aveva già re­spinto 20 candidati. Così per curiosità sono andato ai collo­qui di selezione: quadro giorni di interviste con un sacco di gente eccezionale e alla fine l'in­contro con lui. Ali disegna una sua idea di sistema finanziario e mi chiede se posso gestirlo. Ri­spondo di no e spiego che se­condo me non funziona. "Ok, sei assunto", mi dice. Voleva sa­pere se avevo il coraggio di dire la verità e sfidare il potere».

Ma Jobs è famoso anche per le sue sfuriate con i colla­boratori: uno stile che non sembra facilitare la critica...

«Anche con me qualche vol­ta ha gridalo. Penso che Io fa­cesse quando era frustralo per non riuscire a piegare le leggi della fisica. È vero, con lui dove­vi essere forte e tener ferme le lue posizioni, se eri convinto di avere ragione. E proteggere i tuoi dipendenti dai suoi scalli d'ira. Ma c'è un altro Jobs che pochi conoscono».

Diverso da quello che urla nel nuovo film?

«È il Jobs che ha esaudito il desiderio di mia mamma di in­contrarlo come regalo di Nata­le, nel '94. Lei era ima fan di Ap­ple fin dal primo Macintosh e mi aveva scrino ima email toc­cante chiedendo di incontrare il mio boss. L'ho girala a Jobs, che incredibilmente ha accollalo di parlarle, in corridoio, andando da una riunione all'altra: per

cinque minuti non ha fallo altro che tessere le mie lodi. Mia mamma era al sei limo cielo».

Lo stile dell'attuale capo di Apple, Tini Cook, è molto più calmo e collegiale. Che cosa funziona meglio per stimola re l'innovazione?

«Dall'esperienza falla con Jobs e dalle interviste realizzate per il libro, ho ricavalo che l'in­novazione è legata a tre compo­nenti: la abrasione creativa, l'agilità creativa e la risoluzione creativa. La prima significa sa­per discutere vigorosamente con gli altri, in un vero diballilo da cui possono emergere le idee migliori. L'agilità creativa è la capacità di sperimentare nuove

idee e imparare velocemente dagli errori per andare avanti».

E la risoluzione creativa? «È saper prendere le decisio­

ni non sulla base del minimo comune denomina lore, ma fa­cendo la miglior sintesi delle proposte. Il problema è che in tulle queste fasi, dalla discus­sione alle decisioni, si scatena­no un sacco di emozioni fra le persone coinvolte».

Che cosa le tiene insieme? «Un leader che costruisce

una comunità dove le persone sono urtile da un obbiettivo co­mune, valori e regole d'ingag­gio precise. Per esempio alla Pixar sapevamo che la nostra missione era realizzare sullo schermo la visione del regista di un film e che per questo era necessario il lavoro sia degli ar­tisti sia dei tecnici dei cornpu­ler; condividevamo l'ambizione di essere bravissimi; e il eliief tecìmology offieer Ed Calmull era bravo a mantenere un clima di fiducia e rispello reciproci. Il

ECONOMIA E FINANZA

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risultalo: tulli i film prodotti da Pixar sono stali grandi succes­si».

Per riassumere?

«Ventanni fa un bravo leader pensava a massimizzare i pro­filli degli azionisti. Oggi deve reclutare i talenti più brillanti e

tirar fuori il meglio da loro». :; RIPRODUZIONE RISERVATA

c Ventanni fa un bravo leader pensava a massimizzare i profitti degli azionisti. Oggi deve reclutare i talenti più brillanti e tirar fuori il meglio da loro

Visioni Greg Brandeau, uno dei più attesi protagonisti al World Business Forum che si ter­rà a Milano domani e mercoledì. Ha lavorato per 23 anni con Steve Jobs tra Apple e Pixar

ECONOMIA E FINANZA

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LA STAMPA

DOMENICA 16 OTTOBRE 2016. .23

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La redazione centrale de «La Stampa», in via Marenco a Torino: sulle scrivanie i terminali che negli Anni 80avevano sostituito le macchine per scrivere

Addio macchina per scrivere,nel 1983 la rivoluzione dei computer“La Stampa” pioniera in Italia, arrivano i “cubi bianchi”. I giornalisti: e se sparisce l’articolo?

Quando nel 1978 i poli-grafici de «La Stampa»cominciarono a lavora-

re su videoterminali elettro-nici, i giornalisti della reda-zione scrivevano ancora arti-coli e titoli come si era sem-pre fatto: si infilava un foglionel rullo della macchina perscrivere, ci si accendeva unasigaretta e si cominciava. Machiunque andasse la sera intipografia a «chiudere» le pa-gine, capiva che quell’orga-nizzazione del lavoro non sa-rebbe durata a lungo. Se igiornalisti scrivevano su car-ta titoli e articoli che i poligra-fici poi copiavano su di un vi-deoterminale, sarebbe arri-vato presto il tempo in cui igiornalisti avrebbero diretta-mente scritto loro su un com-puter, saltando un’inutile du-plicazione di lavoro.

A «La Stampa» quel tempoarrivò nel dicembre del 1983,quando decine di cubi bianchidotati di uno schermo verde ecollegati da un filo a una silen-ziosa tastiera colorata, sosti-tuirono sulle scrivanie l’ope-roso ticchettio delle macchi-ne per scrivere. È impossibile

immaginare oggi da quantaignoranza fosse accompagnatoall’epoca l’arrivo di un compu-ter in un ufficio. Si trattava dimacchine deltutto stupide,ma piene di in-cognite perchi aveva incasa al massi-mo un primiti-vo Commodo-re 64 con ilquale giocavaa ping-pong,non riuscendoa capire a checosa altro po-tesse servire.

Proprio pergestire al me-glio il delicatopassaggio alle«nuove tecno-logie», comevenivano chia-mate allora,«La Stampa»aveva istituitouna commis-sione di studio, guidata dal ca-poredattore centrale Pierange-lo Coscia, che aveva lavoratoper cinque anni al progetto.Poiché nessun giornale in Italiaaveva ancora affrontato la que-

un mondo misterioso, pieno diinsidie e pericoli. Quando si di-ceva loro che nessun giornali-sta americano avrebbe sceltodi tornare alle vecchie macchi-ne per scrivere, nessuno ci cre-deva.

Oggi a raccontarlo viene dasorridere, ma uno dei problemiprincipali fu quello di vincere lepreoccupazioni dei redattoriche, dopo avere scritto il loroarticolo, lo vedevano sparirepremendo il tasto «memoriz-za», e temevano di non ritro-varlo mai più. Ma c’erano altriaspetti più importanti da ana-lizzare, come l’ambiente di la-voro, l’illuminazione della re-dazione, i potenziali rischi perla salute di molte ore passatedavanti a un videoterminale.Un lavoro pionieristico che die-de i suoi frutti, visto che «La Stampa» ospitò per mesi dele-gazioni di altri giornali italiani

ed europei impe-gnati nello stessoprocesso, e che legaranzie poste atutela dei giorna-listi furono adot-tate dal sindaca-to nella primastesura dell’arti-colo 42 del con-tratto nazionaledi lavoro, quellodedicato alle in-novazioni tecno-logiche.

Il rovescio del-la medaglia fu laprogressiva ridu-zione del numerodei poligrafici,avvenuta peròevitando le solu-zioni sbrigative ebrutali che Ru-pert Murdochavrebbe adottatoa metà degli Anni80 per i suoi gior-nali di Londra.Con l’adozionedei videotermi-nali in redazione

arrivava anche la fine di unanobile e antica professione, laprima a pagare duramente iltransito verso il mondo digitalenel quale oggi viviamo.

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Primi Anni 80, terminali in tipografia2) I giornalisti continuano a scrivere su carta. In tipografia compaiono invece i primi terminali elettronici, che sostituiscono le linotype. I tipografi copiano sul loro videoterminale i testi dei giornalisti e li inviano elettronicamente ai correttori, che li correggono direttamente in video. I tempi di lavorazione in tipografia si accorciano, consentendo di aggiornare le pagine fino all’ultimo. Le pagine non sono più prodotte in piombo, ma con la fotocomposi-zione (nella foto la creazione di una pagina)

Come si crea il giornale fino agli Anni 701) I giornalisti scrivono su carta con la macchina per scrivere. La copia degli articoli e dei titoli passa ai tipografi, che li ricompongono in linee di piombo con la linotype. Una stampa della copia in piombo prodotta dai tipografi va ai correttori, che la confrontano con l’originale. Il testo corretto viene riconsegnato ai tipografi, che apportano le correzioni al loro originale in piombo. Il testo viene infine messo in pagina in tipografia dai poligrafici. Nella foto, una pagina creata con la composizione a caldo (piombo)

Anni 80 e 90, si riducono i tempi3) I giornalisti lavorano su videoterminali che hanno sostituito le macchine per scrivere (come si vede nelle foto grandi della pagina). I testi vanno direttamente in video ai correttori per l’eliminazione dei refusi e i poligrafici non devo-no più ribatterli, anche se tocca a loro collocarli nella pagina elettronica. I tempi di lavorazione si riducono drasticamente. Le aziende continuano a tagliare il numero dei poligrafici e dei correttori, il cui lavoro passa alle macchine

A sinistra i tavoli su cui i tipografi componevano le pagine assemblando colonne di carta; sopra i terminali Atex

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VITTORIO SABADIN

Dal 2000 a oggi, edizioni cartacee e web4) I giornalisti lavorano con sistemi editoriali di ultima generazione, sui quali possono scrivere testi e titoli direttamente sulla pagina. Dalla stessa postazione possono collegarsi a Internet e produrre materiale per le edizioni digitali e mobile del loro giornale. Fanno molte più cose di prima, ma hanno un più facile accesso alle fonti e alla visione globale delle pagine che stanno lavorando. I poligrafici quasi scompaiono, insieme ai correttori. Nella foto la creazione di una pagina e la scelta delle fotografie

stione, la commissione era an-data spesso all’estero, soprat-tutto negli Stati Uniti, a visita-re giornali come il «New YorkTimes», il «Boston Globe», il«Philadelphia Inquirer», nei

quali si era già cominciato a la-vorare sui terminali Atex che«La Stampa» avrebbe adotta-to. Al ritorno, i colleghi interro-gavano questi esploratori comese fossero appena arrivati da

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4 .Primo Piano .LA STAMPA

MERCOLEDÌ 26 AGOSTO 2015

Il collasso delle Borse in Ci-na, il prezzo del petrolio arotta di collo, le paure per

unanuova recessione globale:di ingredienti per innescare illunedì nero sui mercati cen’eranomolti. A dare la caricaai crolli globali è stata peròsoprattutto la maxi ondata divendite automatiche partiteinsieme agli stop loss, quellebarriere anti-perdite che ogniinvestitore professionista (enon) inserisce in portafoglioper proteggersi. È il limite ol-tre al quale non è disposto adandare. Una volta raggiuntoquel livello scatta la venditaforzata e non si può fermare.Lunedì scorso di stop ne sonosaltati a milioni e hanno fattodiventare la discesa già incorso una colossale valanga.Dalle sale operative, a bocce

ferme, raccontano di oltre lametà degli ordini partiti pro-prio per l’effetto domino provo-cato dagli stop loss che, invecedi spegnere gli incendi, rendo-no tutto ancora più instabile.

La slavina si è vista soprat-tutto sulle valute e in particola-re sul cambio euro/dollaro,quello preferito da grandi e pic-coli investitori. «Qui l’ordine divendita in massa è partito ap-pena il cambio è arrivato a quo-ta 1,15», racconta VincenzoLongo, strategist di Ig. Tutto èsuccesso tra le 14,30 e poco pri-ma dell’apertura di Wall Streetmentre Milano perdeva il 7%.Da quel punto in poi il movi-mento sull’euro/dollaro è statorapidissimo e ha mandato an-cora più a fondo le Borse.

Per le piazza azionarie la di-ga si è rotta inmomenti diversi.

Francoforte ha aperto già sottoi 10 mila punti, la barriera a cuierano ancorati quasi tutti glistop loss. Da lì il listino è rapi-damente precipitato rompen-do addirittura un secondo livel-lo di guardia quello dei 9800.

AWall Street, per il Dow Jo-nes le vendite massicce sonoscattate a 15.800 punti, pocodopo le 15,30, un livello checoincideva con i minimi di otto-bre e al quale si erano affidati inmolti. A Shanghai, l’indicecomposit ha ceduto una voltaraggiunti i 3 mila punti per poinon smettere più di scendere.

«Al movimento degli stop sisono aggiunte anche le posi-zioni chiuse dai grandi fondi,obbligati per strategie auto-matiche di contenimento delrischio, a cedere soprattuttole azioni» dice Davide Biocchi

Piùdellametàdellevenditearrivanoda“Stop loss”, gli automatismiperversiGli ordini sono scattati suimercati e sul cambio euro/dollaro

di Directa Sim. Nella lista del-le vendite sono finiti anche ititoli più pregiati. E’ quel cheè successo ad Apple, affonda-ta del 13% anche se i fonda-mentali sono in salute.

«Paradossalmente moltipiccoli investitori, più liberi dimuoversi, lunedì se la sonocavata aspettando che pas-sasse la tempesta – raccontaClaudia Segre, segretario ge-nerale di Assiom Forex - qual-cuno ha addirittura fatto ac-quisti sui minimi».

Si dice che i soldi si fannoquando i mercati si muovononella maniera più violenta. Epermolti operatori, l’altro gior-no, è stato forse il più fortunatodi tutto l’anno. Lo raccontavacon disinvoltura qualche tra-der ieri al telefono, un attimodopo aver rivenduto con profit-ti a due cifre tutta la “spesa”fatta lunedì mentre Milanoperdeva il 7%. Altrettanto beneè andata a chi ha scommesso alribasso, per esempio sulla Bor-sa del Giappone. Attenzioneperòperchénon sempre le cosevanno nel verso sperato, ci vuo-le intuitoma anche tanta fortu-na per prendere l’onda giusta.

SANDRA RICCIO

MILANO

il caso

Borse, Asia giù ma l’Europa volaLaCina taglia i tassi e iniettanuova liquidità,ma il crollo aShanghai nonsi fermaMilanoeFrancoforte rimbalzano,Wall Street scivola. LaBce: pronti a intervenire

Uno squarcio di sole dopo latempesta. Di fronte a premes-se poco confortanti con Shan-ghai che chiude ancora con unpesante 7,63%, e Shenzhen cheperde il 7,10%, qualcuno, sulleprime, teme il peggio. Invece ildoppio intervento della Bancadel Popolo (l’istituto centraledella Cina) e le rassicurazionidella Bce danno il via al rimbal-zo delle principale piazze inEuropa, non aWall Street dovesul finale il Dow Jones scivoladell’1,29%. Nel Vecchio Conti-nente spicca Piazza Affari chechiude con un rialzo del 5,86%,battuta solo da Atene che«esplode», con un +9,38%. Be-ne Francoforte (+4,97%), Pari-gi (+4,14%) e Londra (+3,09%).

A cambiar segno alla giornataè il tardivo intervento dellaBanca del Popolo cinese. L’isti-tuto centrale pompa 20,3 mi-liardi di euro sul mercato, l’in-tervento più incisivo dal gen-naio 2014. Non basta, come vi-sto, né per frenare le venditenei mercati interni né per tran-quillizzare i «vicini di casa»: aTokyo la borsa cede il 3,96%.

Arriva la seconda mossa,che risveglia gli animi occiden-tali. Sempre la Banca del Popo-lo taglia i tassi sui prestiti e suidepositi dello 0,25%, portando-li rispettivamente al 4,6% e al-l’1,75%. L’istituto decide quindidi ridurre dello 0,5%, fissando-lo al 18%, il coefficiente di riser-va obbligatoria delle banchedal prossimo 6 settembre. Pe-chino batte un colpo e gli inve-

mi a 43,19 dollari. Quanto allaCina, il banchiere invita alla cal-ma: «Le indicazioni che abbia-mo ricevuto sulla Cina - dice - èche l’economia non stia decele-rando così tanto da giustificarela rotta dei mercati azionari»che infatti «stanno correggen-do l’iniziale reazione eccessivaai fatti cinesi». Anche le grandibanche d’affari puntano ad ar-ginare l’effetto-panico. Gold-manSachs assicura che i fonda-mentali economici globali «re-stano solidi», ma che i mercati«sembrano rivalutare i rischi».C’è invece chi, come l’economi-sta Usa Kenneth Rogoff, puntail dito contro il debito di Pechi-no, pari al 282% del Pil. La Cinaè «molto vulnerabile», afferma,ma «se dovessi scommettere,direi che se la caverà».

FRANCESCO SPINI

MILANO

ClaudiaSegreSegretariogenerale diAssiom Forex

stitori rispondono ricomin-ciando a comprare sui listini dimezzo mondo. La «volatilitàdei mercati finanziari» richie-de «una maggiore flessibilitàdegli strumenti di politica mo-netaria», spiegano dalla bancacentrale, convinti che le mano-vre effettuate «fornirannomaggiore liquidità nel lungotermine e aiuteranno a soste-nere l’economia».

Anche il premier Li Keqiangprova a gettare acqua sul fuocodicendo che «attualmente nonci sono le basi per continuare ildeprezzamento del renminbi»,la moneta cinese che «è in gra-do di stare a un ragionevole edequilibrato livello». Però i mer-cati - poco propensi a dar credi-to alle autorità di Pechino - cer-cano altre sponde e li trovano

nellaBanca centrale europea.Aparlare è il vice di Mario Dra-ghi, Vitor Constancio. Il qualeassicura: «La Bce è pronta ausare tutti gli strumenti dispo-nibili entro il suo mandato perfar fronte a cambiamenti sulleprospettive di inflazione». Ilpiano di acquisto titoli andràavanti «fino a quando non ve-dremo una correzione ben pre-cisa nel percorso dell’inflazio-ne, in linea con i nostri obiettividimedio termine». E nelminac-ciare la deflazione rispetto allaCina e alle sue svalutazioni, se-condo Constancio, «pesa di piùil calo del petrolio», che ieri ètornato a salire sia negli Usa (ilWti cresce di 1,07 dollari, purrestando sotto i 40 dollari al ba-rile, a 39,31), sia a Londra colBrent che guadagna 50 centesi-

STO

PLO

SS Si tratta di uno strumento che

consente a chi investe sui mercatifinanziari di stabilire a priori qualesia la percentuale di perditaaccettabile su un titolo: una voltaraggiunto quel valore, parteautomaticamente l’ordine divendita. È considerata unastrategia difensiva, perché permettedi ridurre i rischi: l’immissioneeffettiva dell’ordine dicompravendita sul mercato puòessere sia eseguita sul momentodall’operatore sia impostatamediante sistemi automatici. Apartire dal 25 giugno 2012 lo stoploss è gestito direttamente da Borsaitaliana.

- LA STAMPA

Borse, così sono scattate le venditeFrancoforte New York Euro/dollaro

19/8 20/8 21/8 24/8 25/8 19/8 20/8 21/8 24/8 25/8 19/8 20/8 21/8 24/8 25/8

10.800

10.600

10.400

10.200

10.000

9.800

9.600

9.400

3.800

3.700

3.600

3.500

3.400

3.300

3.200

3.100

3.000

17.500

17.000

16.500

16.000

15.500

1.16

1.15

1.14

1.13

1.12

19/8 20/8 21/8 24/8 25/8

Stop lossStop loss

Stop loss

Stop loss

20miliardi

L’iniezionedi liquidità

effettuata ierisul mercatodalla Bancadel Popolo

Cinese:l’interventopiù incisivodal gennaio

del 2014

282per centoL’ammontaredel debitopubblico dellaCina rispettoal Pil. Unmacigno chenel 2007valeva 7.000miliardi e nel2014 è volatoa 28.000miliardi

ALY SONG/REUTERS

Cosìimercati

-7,6%Shanghai

+5,9%Milano

+9,4%Atene

+4,9%Francoforte

LA STAMPA 26 agosto 2015

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Perché siamo irrazionali con i nostri soldi

Le difficoltà a valutare rischi e benefici

La perdita di una somma, quale che sia, pesa nella nostra mente, soggettivamente, assai più della vincita della stessa somma

Un gruppo di otto neuroscienziati cognitivi della Università San Raffaele di Milano ha pubblicato un interessante articolo sulla rivista internazionale “The Journal of Neuroscience”, sulla nostra capacità di saper stimare correttamente guadagni e perdite.

Questo studio eseguito al San Raffaele parte da ciò che il premio nobel per l’economia 2008, lo psicologo cognitivo Daniel Kahneman, aveva dimostrato con la sua “teoria del prospetto”, e cioè che la perdita di una somma di denaro era molto più pesante per la nostra mente della vincita di una somma equivalente.

Secondo Kahneman se al mattino scoprissimo che nel nostro portafoglio mancano 100 euro lo sconforto che ci assalirebbe non verrebbe compensato dal ritrovamento, nel pomeriggio di altri 100 euro, ma avremmo bisogno di trovarne perlomeno 225 cioè più del doppio di quello che abbiamo perso.

E’ un fenomeno che in psicologia si chiama "avversione alle perdite" (loss aversion), ed è ormai uno dei fenomeni più consolidati nel campo delle scienze cognitive applicate all’economia.

Da qualche anno a questa parte, di fronte ad un mercato economico fortemente irrazionale nel quale la gente non accetta il rischio investimento, quello per cui potresti avere il 50% di possibilità di rimetterci a fronte di un 50% di possibilità di guadagnare il 18 o 20%, si è iniziato a studiare il cervello umano nella parte che sorregge i processi e le scelte economiche.

Il nostro cervello, secondo Matteo Motterlini del centro di ricerche Cresa di psico-economia, non tratta nello stesso modo i concetti di guadagno e perdita, ne li mette su un piano di comparazione razionale come desidererebbero gli economisti.

Noi trattiamo il “rendimento” con il nucleo accumbens , mentre per quanto riguarda il rischio facciamo intervenire l'amigdala, l’area che solitamente interviene quando sono in gioco aspetti legati al timore o alla paura.

In pratica, come afferma Nicola Canessa del San Raffaele, entrano in gioco due differenti sistemi, quello “dopaminergico del nucleo accumbens” che si accende per anticipare le sensazioni del guadagno e si spegne per le perdite, ed al contrario l’amigdala che si accende per le possibili perdite e si spegna per i guadagni.

Ecco quindi che di fronte ad un operatore finanziario che propone un investimento che abbia, come sempre ha, dei margini di rischio a fronte di possibili anche alte percentuali di guadagno, il nostro cervello non tratta il problema in maniera simmetrica valutando i pro ed i contro ma attiva due sistemi che ognuno per la sua parte giudicano.

Le emozioni legate alla eventuale perdita sono però più forti e vincenti su quelle legate al possibile guadagno e normalmente ci chiedono di non rischiare.

E’ come se avessimo un sistema che ha paura più di quanto possa essere contento.

Vale la pena di spendere due parole su questo piccolo organo cerebrale che somiglia ad una mandorla (in greco antico amygdala significa mandorla), che rappresenta in qualche modo l’archivio della nostra memoria emozionale e che spesso ci ordina sulla base della sua analisi della situazione corrente di combattere o fuggire prima ancora che il pensiero cosciente abbia ben capito cosa sta accadendo e ci dica che fare.

L’amigdala agisce sulla base della comparazione di ciò che sta accadendoci paragonandolo con episodi simili risalenti anche a molto tempo fa,con pensieri, processi emotivi e reazioni apprese e fissate nel nostro archivio emozionale.

Dagli studi effettuati sappiamo oggi che l’amigdala è in grado di riconoscere anche i pericoli derivanti da nostre azioni, attivando una specie di freno ai nostri comportamenti che se da un lato può salvarci la vita, dall’altro se non lo controlliamo può impedirci di cogliere le nostre possibilità, incluse le scommesse in cui si può perdere 10 ma si potrebbe vincere anche solo 11 o 12 con la stessa probabilità.

http://.corriere.it/salute/20160913

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LA STAMPALA STAMPAQUOTIDIANO FONDATO NEL 1867

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IDEE PER L’EUROPA

LE STORIE

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Primi sequestri. L’Anticorruzione: si temono furti di documenti. Ad Amatrice guerra delle bare. La Protezione civile: in 5 mesi le nuove case

Caccia alla truffa degli appaltiTerremoto, si indaga sui piani della fallita ricostruzione del 1997: ecco la mappa

AVEVA 83 ANNI

Addio a Wilderil DottorFrankenstein Jr

Alberto Infelise A PAGINA 30

CALCIO MERCATO

Colpo ToroPreso il portieredell’InghilterraFrancesco Manassero A PAGINA 35Mauro Facciolo A PAGINA 19

Nell’Ossola sfilanoi re dei comignoli

Francesca Zani A PAGINA 19

L’Indiana Jonesdi santi e beati

LA RINASCITA

ALLA PROVA

DELLA GIUSTIZIAMARCELLO SORGI

Il clima di umana e attiva so-lidarietà e di civile conver-genza politica che s’è stabili-

to (con qualche inevitabile ec-cezione) dopo il terremoto ad Amatrice e nel Centro Italia non dovrebbe impedire qual-che più approfondita riflessio-ne su questo genere di calamitànaturali, che in Italia purtropposi verificano assai spesso, dan-do luogo a conseguenze che nonsono affatto inevitabili, ed anzi potrebbero essere previste e arginate per tempo. La storia diquasi mezzo secolo, dal Belice (1968) in poi, ma anche di più di un secolo, da Messina (1908), ci ha impartito severe lezioni che vengono sistematicamente di-menticate o contraddette di volta in volta, aggravando le sofferenze delle vittime dirette di crolli e distruzioni.

Lasciamo pure stare, se vo-gliamo, per restare ad esempi più recenti, l’esperienza del Be-lice, in cui uno Stato assoluta-mente impreparato, che non co-nosceva neppure il significato della parola «protezione civile», impiegò alcuni giorni prima di raggiungere i paesi colpiti, e al-cuni anni per montare baracchee alloggi prefabbricati in cui al-meno un paio di generazioni di superstiti fecero in tempo a na-scere e a crescere prima della ricostruzione, rimasta incom-pleta per oltre trent’anni.

CONTINUA A PAGINE 25

Eugenia Tognotti A PAGINA 25

Lo stress post catastrofeUn piano di salute pubblica

per le popolazioni colpite

PAOLO FESTUCCIA

INVIATO AD AMATRICE (RIETI)

Quasi tre milioni di euro.Per la precisione 2 milioni995 mila euro. A tanto

ammontano i finanziamenti che sono piovuti su Accumoli e Ama-trice per i danni subiti dal sisma del 1997. A questi si deve aggiun-gere il finanziamento - ma fuori dal sisma dell’Aquila - che la Re-

gione Lazio elargì al Comune di Amatrice al fine di migliore la si-curezza della scuola «Romolo Capranica» e di altre strutture presenti sul territorio. Intorno a questo fiume di denaro, nelle prossime ore, si concentrerà l’at-tenzione della Procura di Rieti.

CONTINUA A PAGINA 3

Grignetti, Longo, Padovan,Pitoni e Zancan DA PAG. 2 A PAG. 5

In Italia a rischiouna casa su dueVanno messi in sicurezza12 milioni di immobili

Feltri e Giovannini A PAGINA 7

DOSSIER

Quando crollanoanche le paroleGli scrittori e i terremotiecco i brani più efficaci

Mario Baudino ALLE PAGINE 26 E 27

LETTERATURA

Tensione fra Usa e Russia

Allarme Onu“Il Califfato sa produrrearmi chimiche”� Il rapporto Onu spaventail mondo: «L’Isis sa produrrearmi chimiche». Secondo i ri-sultati dell’ispezione, gli uo-mini del Califfo hanno usatogas mostarda in un villaggiosiriano. Accuse anche ad As-sad. Gli Usa: subito la risolu-zione di condanna. Ma Mo-sca frena. Mastrolilli, Semprini

e Stabile ALLE PAG. 10 E 11

MARK ZUCKERBERG VEDE IL PAPA E RENZI: “L’ITALIA CE LA FARÀ”.

La lezione di Mr Facebook: ragazzi, osate

FACEBOOK

Mark Zuckerberg mentre corre davanti al Colosseo insieme con altri manager del social network

«Enea è il più grandeimprenditore dellastoria. Va avanti

con forza e tenacia, non si ar-

rende mai. Nella sua avventu-ra ci sono le regole fondamen-tali per creare qualcosa di im-portante: la missione chiara in

testa, la squadra con la qualerealizzarla e la perseveranza»:firmato Mark Zuckerberg.

MASSIMO

VINCENZI

Dialogo con Moscaper risolvere le crisi

FRANK-WALTER STEINMEIER

La sicurezza dell’Europa è minacciata.Mentre alcuni anni fa questo potevamoappena immaginarcelo, oggi la preoccu-

pazione per la sicurezza dell’Europa si colloca inprimissimo piano nella nostra agenda politica.Già prima del conflitto in Ucraina si era fat-

ta di nuovo percepire una contrapposizionetra i blocchi a lungo ritenuta superata. Non piùcome antagonismo tra comunismo e capitali-smo, bensì come confronto sul giusto ordinesociale - su libertà, democrazia, stato di dirittoe diritti umani - e come competizione per lesfere di influenza geopolitiche.

CONTINUA A PAGINA 25

Ue e Brexit, impariamoad ascoltare gli elettoriFRANCESCO GUERRERA

La Gran Bretagna si sta staccando dal-l’Europa. C’è solo un pezzetto di mare in mezzo

ma negli ultimi mesi la distanza tra il RegnoUnito e il «Continente», come lo chiamano gliinglesi, è diventato molto più vasto delle 19 mi-glia marittime della Manica. Chi, come me, fa la spola tra le stanze dei

bottoni di Bruxelles e gli uffici ricoperti di mo-gano della City di Londra rimane stordito daldialogo tra sordi tra le due capitali.

CONTINUA A PAGINA 25

�Uno dei mantra del luogocomunismo italico recitache la cultura classica non serve più a nulla. Poiché laromanità è ciarpame nostalgico e il latino una fabbri-ca di disoccupati, per procurare uno straccetto di fu-turo ai nostri ragazzi occorre togliere in fretta dailoro zaini il Castiglioni Mariotti e l’Eneide e sostituir-li con un trattato sugli algoritmi e un dizionario dicinese. Siamo nell’era di Facebook, cosa volete checonti la conoscenza della storia antica? Poi un giorno sbarca in Italia colui che Facebook loha inventato e scopriamo che conosce il latino, hauna passione politica per la Pax Augustea e una arti-stica per i monumenti della Roma dei Cesari, cita laperseveranza di Enea come modello esistenziale e

apprezza il «De Amicitia» di Cicerone.A questo punto non ci si capisce più niente. Se per

diventare come Zuckerberg bisogna fare l’opposto diZuckerberg, qualcuno deve avere sbagliato i suoiconti. Zuckerberg, probabilmente, che ha perso tem-po a studiare Virgilio, allargando a tal punto la men-te da metterla nelle condizioni di accogliere un’ideache ha cambiato la vita a un paio di miliardi di perso-ne. Se invece del latino avesse studiato una materiapiù utile, oggi saprebbe tutto soltanto di informatica,farebbe il dipendente sottopagato di Facebook e lateoria modernista dei nostri geniali educatori avreb-be trionfato in saecula saeculorum.

��BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

Faciem liberBuongiornoMASSIMO GRAMELLINI

LA STAMPA 30 agosto 2016