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Ufficio stampa Rassegna stampa venerdì 28 settembre 2012 Pagina 1 di 28

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Ufficio stampa

Rassegna stampavenerdì 28 settembre 2012

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Il Resto del Carlino Bologna

La Repubblica Bologna

Il Sole 24 Ore

Italia Oggi

INDICE

Ecco la culla del vero gelato all’italiana28/09/12 Cronaca 3

Carpigiani quei gelati son da museo28/09/12 Cultura e turismo 4

Rischio raddoppio per l'Irpef regionale28/09/12 Pubblica amministrazione 5

Le spese dei gruppi? Introvabili28/09/12 Pubblica amministrazione 6

Più gettito al Nord, aliquote record al Sud28/09/12 Pubblica amministrazione 7

Una frattura per partiti, classe politica e istituzioni28/09/12 Pubblica amministrazione 9

Il pareggio di bilancio può salvare il federalismo28/09/12 Pubblica amministrazione 10

Consumi delle Regioni su del 40%28/09/12 Pubblica amministrazione 11

Regioni, pronto il piano-controlli28/09/12 Pubblica amministrazione 13

Un tetto per i gruppi e i benefit degli eletti28/09/12 Pubblica amministrazione 15

Slitta il pacchetto crescita Confronto sulle coperture28/09/12 Pubblica amministrazione 16

Province ko? Salvi i presidenti28/09/12 Pubblica amministrazione 17

Sindaci più liberi di candidarsi28/09/12 Pubblica amministrazione 18

Integrativo 4% anche con le p.a.28/09/12 Pubblica amministrazione 19

Razionalizzazione degli uffici, il Demanio in soccorso della p.a.28/09/12 Pubblica amministrazione 20

La tassa rifiuti segue i cambi di residenza28/09/12 Pubblica amministrazione 21

Il silenzio rifiuti finisce in soffitta28/09/12 Pubblica amministrazione 22

Dalla Ue 60mln di euro per la cultura28/09/12 Pubblica amministrazione 23

Surroga solo ai consiglieri28/09/12 Pubblica amministrazione 24

Dal 15 settembre è partita la previdenza complementare28/09/12 Pubblica amministrazione 25

Regioni, i tagli sono già previsti28/09/12 Pubblica amministrazione 26

Dismettere gli asset? Non basta28/09/12 Pubblica amministrazione 27

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il Resto del Carlino

BOLOGNA Direttore Responsabile: Giovanni Morandi

28/09/2012 press unE

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APERTO AD ANZOLA EMILIA IL 'MUSEUM CARPIGIANI' VOLUTO DALL'AZIENDA LEADER NEL MONDO

Ecco la culla del vero gelato all'italiana Dalle tracce plurimillenarie del dolce al cono brevettato da un artigiano cadorino

ANZOIA EMILIA

DOLCE FIORE all'occhiello del mode in Italy, ora il gelato ha il suo museo. Si è aperto ieri, ad Anzola Emilia, il 'Gelato Museum Carpi-giani'. Unico al mondo dedicato alla cultura, alla storia e alla diffu-sione del 'gelato all'italiana', il museo (visita guidata su prenota-zione, info: w m;^sv.gelatomuseum. com) è stato realizzato dalla Fon-dazione Bruto e Poerio Carpigia-ni nella sede dell'azienda omoni-ma, leader nel settore delle mac-chine per gelato artigianale.

IL DIRETTORE COCCHI «Con questa struttura riaffermiamo La memoria per alimentare it futuro»

La plurimillenaria storia del gela-to — tracce dell'antenato paleoliti-co del sorbetto si sono trovate nell'Argolide, in alcuni pozzi di neve del 12.000 a.C. è narrata da fotografie e documenti storici, strumenti d'epoca, macchine ori-ginali, video e postazioni multi- mediali. Poi la Preistoria si fa Storia. Gli antichi amavano le bevande ghiac-ciate: gli Egizi le servivano in cali-ci d'argento, i Romani gelavano vino e miele. E dal Medioevo ci ar-riva la prima ricetta scritta dello sciroppo di zucchero (shrb, in ara-

bo), ingrediente base del sorbetto. E poi il Rinascimento, epoca in cui il sorbet trionfa nelle Corti gra-zie a Cosimo Ruggeri, alchimista e astrologo di Caterina de' Medi-ci.

NEL 1686, il siciliano Francesco Procopio Cutò apre Le Procope, il più antico café di Parigi, dove il sorbetto va a ruba fra gli intellet-tuali dell'epoca. E l'Eno,clopédie di Diderot e D'Alembert consa-cra il gelato dedicandogli la voce giace, «nome moderno che si dà a liquidi dal gusto gradevole e pre-parati con cura, congelati in for-ma di teneri ghiaccioli». Da allora, il piacere del gelato si diffonde a macchia d'olio. I gela-tieri del Cadore e della Val di Zol-da emigrano a Vienna e da ripor-tano la loro arte in Europa. E ita-liano anche il brevetto del cono: lo deposita a Washington, nel 1903, il cadorino Vittorio Mar-chionni, che si può definire l'in-ventore del 'gelato da passeggio'. Una storia lunga e ricca, che oggi è arrivata all'invenzione del gela-to salato. «Una storia di cui la Car-pigiani (400 dipendenti, fatturato di 146 milioni, 1.'80% all'estero) è protagonista dal 1946», commen-ta Andrea Cocchi, direttore gene-rale del Gruppo. Che spiega la filo-sofia del museo: «Riaffermare la memoria per alimentare il futu-ro».

Luca Orsi

Ecu, ■ a cdEa Ge> 1e-.0 gelar, iLlana

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D'D

L'occhiodiducmanistrati sulleaMmedellospnito

1.1.1,11.10n DELLA NUOVA OFFICINA AUTORI/ERTA HAI Di NAPFSCA E FIORENTINO

Auto- zi• •

28/09/2012 press LinE

Periodicità: Quotidiano

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Direttore Responsabile: Ezio Mauro

Carpigiani quei gelati

son da museo HA FATTO la storia del gelato in Italia e nel mon-do e ora inaugura un mu-seo, naturalmente "a te-ma". Aperto ieri ad Anzo-la il"GelatoMuseum Car-pigiani", che coi suoi 450 metri quadrati racconta il gelato dagli albori ai gior-ni nostri: dalle prime for-me di gelato fra Grecia antica e Mesopotamia fi-no al "colj nivarum", sor-ta di colino di epoca ro-mana. E poi il primo sor-betto, "shrb", in arabo "sciroppod i zucchero", e i "dolcetti gelati" della Fi-renze del Cinquecento. E ancora il "De Sorbetti", trattato medico di Filippo Baldini, i primi carretti ambulanti del '900, le pri-me macchine industriali e, infine, il cono, di Vitto-rio Marchionni. Il lungo cammino del gelato ha condotto Carpigiani a dominare la scena mon-diale: 400 dipendenti e un fatturatodi 146 milioni nel 2012 (1'80% realizzatoal-l'estero). Un'eccellenza italiana, tanto che il mu-seo «potrebbe diventare un polo di formazione professionale», ha detto Elena Ugolini, sottose-gretario all'Istruzione.

(beatrice cerasa)

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28/09/2012

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press unE

S°Ierld CAS

Direttore Responsabile: Roberto Napoletano

Rischio-raddoppio per l'Irpef regionale ROMA

Il rischio che siano cittadi-ni e imprese a pagare il conto di un decennio di decentramento e federalismo a metà è più con-creto che mai. Ma l'aumento del 5o% delle imposte territo-riali, registrato dal 2001 a oggi e illustrato ieri su questo giorna-le, potrebbe tenere conto solo dell'antipasto. Per le "portate principali" bisognerà aspettare il 2015 quando il prelievo Irpef dei governatori potrebbe addi-rittura raddoppiare. E ciò per la stratificazione di provvedimen-ti che si è verificata nell'ultimo anno e mezzo.

Il punto d'inizio va individua-to nel decreto attuativo sul fede-

ralismo regionale. Con il Dlgs 68 del maggio 2011 il Governo Berlusconi ha trasformato l'ad-dizionale all'imposta sui reddi-ti in un tributo a due facce: una fissa, che all'epoca era dello o,9%, e una flessibile che, dallo 0,5% del 2012 e 2013, è destinata a salire all'i" dal 2014 e al 2,1%

dal 2015. Portando quindi il pe-so complessivo del prelievo

LA VIA D'USCITA Possibile l'inserimento nella delega di un emendamento del Pd che raccorda i decreti attuativi del federalismo con quelli della riforma fiscale

sull'Irpef al 3 per cento. Come se non bastasse la manovra sal-va-Italia, approvata nel dicem-bre scorso dall'Esecutivo Mon-ti, ha alzato dallo 0,9 la base di quell'addizionale. Sen-za però sterilizzare i ritocchi previsti dal Dlgs 68.

Gli introiti per le casse re-gionali potrebbero quindi cre-scere di conseguenza. Agli 8,4 miliardi di gettito del 2011 (cal-colato su un'aliquota media dello o,9%), rischiano di ag-giungersene altri 8-9 nel 2015, quando l'asticella potrebbe su-perare il 3% se tutti i governa-tori decidessero di avvalersi della facoltà concessa dal fede-ralismo. Senza contare i 2,1 mi-

liardi prodotti dalle modifi-che del Salva-Italia e destinati però alle casse statali.

Almeno sulla carta, dunque, il pericolo che la pressione fi-scale locale aumenti ulterior-mente esiste. A meno che il Go-verno in carica non introduca degli strumenti di contenimen-to. Uno era previsto dalla leg-ge delega sul federalismo del 2009 e dal decreto 68: la Confe-renza permanente per la finan-za pubblica che dovrebbe ope-rare da "camera di compensa-zione" tra i vari livelli istituzio-nali e monitorare il peso com-plessivo del fisco. Il presiden-te della commissione tecnica per il federalismo, Luca Anto-

nini, ha più volte ricordato la necessità della sua istituzione ma finora quell'organismo non ha mai visto la luce.

Una strada alternativa porta alla delega fiscale che è attual-mente all'esame della Camera. Nonostante il testo originario del Ddl non intervenga sull'ad-dizionale Irpef potrebbe essere accolto in commissione Finan-ze di Montecitorio un emenda-mento messo a punto dal demo-cratico Marco Causi che crea uno stretto legame tra i decreti attuativi della delega stessa e quelli del federalismo a suo tem-po emanati o ancora da emana-re. Con l'obiettivo, tra l'altro, di omogeneizzare la disciplina delle addizionali locali, sia re-gionali che comunali.

Eu. B. G. Tr.

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Le spese dei gruppi? Introvabili Maurizio Caprino

Dicono che oggi, con inter-net, sia impossibile sfuggire: di tutto ciò che fanno e dicono i per-sonaggi pubblici resta una trac-cia, che chiunque può ripescare. Quando il campo si restringe al-le istituzioni, sembra che il rigo-re sia massimo: l'ultimo decen-nio è stato un susseguirsi.di mini-stri che hanno parlato di traspa-renza e qualcuno ci ha fatto pure leggi che portano il suo nome. Ma ora provate a cercare sul web quanto spende ciascun gruppo consiliare in una Regio-ne, per vedere dove potrebbero scoppiare altri scandali come in Lazio: sarà un caso, ma è un'im-presa impossibile.

Il problema è che, nonostante

proclami e nuove norme, nessu-no ha ancora pensato di pubblica-re con la dovuta evidenza i prov-vedimenti con cui si assegnano le risorse ai gruppi consiliari. E men che meno i rendiconti sull'uso di queste somme.

Il cittadino che voglia control-lare potrebbe solo scorrere uno per uno nei motori di ricerca in-terni dei siti web regionali le mi-gliaia di provvedimenti sulle ma-

IL PROBLEMA Sui siti web istituzionali si possono trovare senza troppe difficoltà solo i bilanci degli enti, che sono molto vaghi

terie più disparate, sperando di intercettare quello che ripartisce i fondi ai gruppi. Ma ci vuol molta fortuna. Così ci si deve limitare a guardare i bilanci regionali. Che però sono tutt'altro che analitici.

Trovarli non è difficile: si digi-ta «bilancio» nel motore di ricer-ca del sito oppure nella maschera della sezione dedicata alle leggi e agli altri atti regionali o, ancora, in quella del Bollettino Ufficiale. Attenzione: il bilancio dev'esse-re quello preventivo, perché i consuntivi sono ancora più vaghi e riportano nei dettagli solo le va-riazioni rispetto ai preventivi.

Dunque, si prendono questiul-timi, siva nella parte relativa alle spese e si trova la voce «Consi-glio regionale». Un calderone

nel quale confluisce di tutto: dal-le spese di funzionamento vere e proprie a quelle per gli organi sta-tutari (come difensore civico e Corecom) che sono nell'orbita del Consiglio.

Solo in pochi casi si riesce a ottenere un dettaglio maggiore. Nello stato di previsione della spesa scaricabile dal sito della Regione Veneto, per esempio, le spese di funzionamento sono suddivise in otto «Upb» (Unità previsionali di base), la quinta delle quali è intitolata «Spese per il funzionamento dei gruppi consiliari». Ma non è dato sape-re come viene suddiviso l'im-porto né come viene utilizzato (ci vorrebbe un consuntivo). Né è facile capire se la Regione

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lls'erldOIS Direttore Responsabile: Roberto Napoletano

ha aumentato o diminuito la pre-visione di spesa: bisogna ripe-scare i bilanci degli anni prece-denti e fare il confronto.

Insomma, anche in una Regio-ne "virtuosa" rischianódi sem-brare comiche espressioni co-me «Trasparenza totale», ripor-tata - ironia della sorte - sul sito della Regione Lazio. Che nel 2008 aveva avviato un apposito portale, definendolo «in conti-nua evoluzione». Ma il sito si fer-ma al 2009, l'anno prima dell'in-sediamento della maggioranza travolta dallo scandalo.

Più in generale, la sezione «Trasparenza» nei siti regiona-li non manca mai: è obbligato-ria per la legge Brunetta. Vi si possono trovare curricula, retri-buzioni e valutazioni dei diri-genti, consulenze esterne e provvedimenti. Ma le spese dei gruppi consiliari no.

D RIP ROD.IZIONE RISERVATA

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press unE llsmerld EAS

Direttore Responsabile: Roberto Napoletano

Più gettito al Nord, aliquote record al Sud Lombardia prima per incassi: 22,7 miliardi - Lazio e Campania in cima per aumenti dei tributi

Gianni Trovati MILANO

Gettito più generoso a Nord, incrementi di aliquote a Sud. Il paradosso alimentato negli ultimi anni dal Fisco regio-nale emerge in modo evidente se si incrociano le dinamiche re-gionali delle entrate tributarie con la storia recente degli inter-venti sulle imposte territoriali. Vediamo perché.

I «tributi propri» delle Regio-ni valgono nel 2010 76,2 miliar-di di euro, con un incremento del 38% rispetto al 2001, ma se si tiene conto delle manovre dell'ultimo biennio non ancora registrate dall'istituto di stati-stica si può stimare un aumen-to del 5o% (si veda 11 Sole 24 Ore di ieri). La corsa, però, non è stata uguale ovunque, e al di là delle oscillazioni statistiche sempre possibili quando si scende così nel dettaglio, dal complesso dei numeri non è dif-ficile trovare una morale com-plessiva: il gettito fiscale, ovvia-mente, è decisamente più alto nelle Regioni settentrionali, ma le manovre di inasprimento delle richieste a cittadini e im-prese si sono concentrate so-prattutto a Sud.

Il record dei «tributi propri» si incontra con i 22,7 miliardi di gettito attribuiti alla Lombar-dia, e nemmeno questa è una sorpresa. L'aumento del 3o,8% rispetto al 2001 si deve però più alla dinamica economica, che soprattutto fino al 2007 ha am-pliato produzione, ricchezza e di conseguenza basi imponibi-

li. Per capirlo basta pensare ai due protagonisti del Fisco re-gionale, cioè l'Irap sulle attività delle imprese e l'addizionale Ir-pef sui redditi dei cittadini - con imposte come queste, è natura-le che il collegamento fra cre-scita economica e gettito fisca-le è nelle Regioni ancor più di-retto di quanto accade nello Sta-to, dove il peso delle imposte in-dirette sui consumi, che colpi-scono "a strascico", modifica questa dinamica.

IL PARADOSSO Nonostante gli incrementi automatici, le Regioni meridionali raccolgono tributi propri mediamente più bassi

E proprio qui sta il problema, guardando all'altro capo del pa-radosso citato all'inizio. Dal La-zio alla Campania, passando per Abruzzo e Calabria, domi-nano gli aumenti più vivaci nel panorama dei tributi regionali. La stessa storia è raccontata dal-le aliquote applicate dalle am-ministrazioni, colpite spesso dagli incrementi automatici per il ripiano degli extradeficit sanitari che i piani di rientro non riescono a contenere sen-za ricorrere alla leva fiscale. No-nostante questo, però, i valori raccolti dai tributi propri regio-nali rimangono mediamente più bassi: la Calabria, giusto per fare qualche esempio, ha il

25% di residenti più della Ligu-ria, ma raccoglie poco più del 73% dei tributi regionali accer-tati a Genova. La Toscana, con i suoi 3,7 milioni di abitanti, si at-testa secondo i dati Istat a 3,1 mi-liardi di euro, poco sotto alla Campania dove però abitano 5,8 milioni di persone.

Da questo incrocio fra aliquo-te mediamente più alte e getti-to più basso nasce il rischio di un circolo vizioso in cui la pres-sione fiscale in crescita porta un ostacolo aggiuntivo allo svi-luppo economico, spingendo quindi a ulteriori aumenti di ali-quote per finanziare la spesa. Un rischio, questo, denunciato anche dalle associazioni im-prenditoriali del Mezzogiorno, che hanno lamentato la perdita di posti di lavoro per il gap com-petitivo rappresentato dalle su-per-aliquote conseguenti al de-ficit sanitario. In questi territo-ri sí ripropone in misura anco-ra più drastica il dato nazionale già allarmante che in dieci anni ha visto crescere il rapporto fra imposte territoriali e Pil dal 3,97% al 4,91 per cento.

Un'impennata, questa, che non tiene conto delle imposte che nominalmente sono stata-li, e quindi non entrano nei «tributi propri» dei Governa-tori, ma servono a finanziare i bilanci delle Regioni. È il caso della compartecipazione Iva, nata nel 2000 e raddoppiata in 12 anni fino a superare il tetto del 50 per cento.

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Bolzano

IEEE§ Trento 177%

Lombardia* 30,8%

Valle d'Aosta

Friuli Venezia Giulia

Emilia Romagna 53,5%

Marche

Piemonte 32,7%

Veneto 14,9%

Umbria 16,5%

Liguria 27,2%

Toscana

Abruzzo 28,9%

Molise 28,7%

Puglia 114

Lazio 169,2%

Sardegna 40,3%

Campania 50,7%

Sicilia

4,8%

Basilicata rid

Calabria 31,0%

28/09/20/2

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ll'erld CAS Direttore Responsabile: Roberto Napoletano

Il gettito Regione per Regione

Le entrate tributarie proprie 2010 delle Regioni e variazioni % sul 2001. Valori in milioni di euro

(*) Confronto sul 2002

Fonte: elaborazione del Sole 24 Ore su dati Istat - bilanci delle Regioni

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quote record al Sud

28/09/2012

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ll'erld CAS Direttore Responsabile: Roberto Napoletano

Una frattura per partiti, classe politica e istituzioni

A caldo, la condanna dell'opinione pubblica delLaziogate è

rimbalzata sul muro di gomma e d'impunità dei protagonisti, ma ha trafitto i barlumi di credibilità:residua della politica in particolare delle istituzioni regionali, Il disincanto ha raggiunto vette inusitate e il rancore e il risentimento degli onesti ci spiegano perché Monti è lì, a supplenza di politici che aguzzano l'ingegno solo per fini personali, mentre i sondaggi ci segnalano circa un 5o% di antipatizzanti della politica. Urge una seria riflessione, non solo sulla crisi economica, ma anche su quella politico-morale che sta minando la fiducia nel Paese. Tre punti per iniziare

Il primo, a carattere più generale, riguarda i partiti. Non solo non riescono più ad animare una seria riflessione sul destino del Paese, ma non svolgono più la funzione di selezionare classe dirigente per le cariche elettive Lo fanno per nomina di loro fedeli o per selezione avversa, nel senso che selezionano capi-clientela locali zeppi di voti, mavuoti d'idee. Guardiamoci attorno: di quali partiti parliamo? Non sono più quelli di massa, né quelli delle sezioni piene di militanti, ai quali la nostra Costitúzione affidò compiti cruciali. Oggi sono partiti etichetta, gusci vuoti dominati da personalità di spicco e il cui corpo decisionale

è formato dallo stuolo di amministratori e consiglieri e da quanti vivono "a piè di lista" del governo multilivello. Sono in mano a oligarchie prive di polmoni sociali. L'autoreferenzialità della politica inizia da qui, da un'inesistente contendibilità degli incarichi politici e istituzionali.

Nel mercato politico italiano non c'è competizione, se non tra oligarchie. Se Tangentopoli ha affossato i vecchi partiti di massa in preda a corruzione, malaffare e sprechi, oggi la Seconda Repubblica finisce tra problemi analoghi, ma con partiti etichetta, che sbafano soldipubblici alla faccia degli "onesti" ricordati da Bagnasco. Ormai, sebbene ci siano differenze tra destra e sinistra, la frattura principale è tra rappresentati e rappresentanti, riguarda le istituzioni e i meccanismi di rappresentanza democratica e l'inaridimento del mercato del consenso. La soluzione è scrivere regole certe pertinenti ai compiti che la Costituzione ha assegnato ai partiti, animatori della vita pubblica e politica, regole sulla struttura e sulla vita interna dei partiti, equiparati attualmente a una qualsiasi associazione di caccia e pesca.

Il secondo punto riguarda il ricambio della classe politica. Le oligarchie si accompagnano sempre a clientele: per evitare tali incrostazioni è necessario il ricambio, la circolazione, la• competizione tra gli uomini, soprattutto quando l'opinione pubblica esprime un dissenso come in Italia, in cui l'alternanza dei governi ha rivelato non tanto un positivo avvicendamento, ma il dissenso degli elettori per lo schieramento di turno al

governo. In questi giorni, si chiede un ricambio di uomini: la soluzione, oltre dipendere dalla legge elettorale adottata, è l'introduzione della regola di due terzi di parlamentari alla prima esperienza; il 100% dei consiglieri in regioni e comuni in crisi per spreco e malaffare, come nel Laziogate. Occorre una cura da cavallo per la politica che Vilfredo Pareto approverebbe.

Il terzo punto riguarda le istituzioni, avvitate in una crisi amministrativa senza precedenti, che è anche crisi di razionalità amministrativa. E per questo che provoca sprechi roboanti:194.000 cariche elettive, 4o.00o di nomina politica ecc.: i numeri li conosciamo, come i debiti da capogiro raggiunti da alcune regioni e ne sentiamo il peso contributi gravosi a livello locale e regionale che servono a malapena a rattoppare i deficit e non per sostenere crescita e qualità della vita. I risultati disarmanti di debiti regionali accumulati per moltiplicazione di spesa per clientele e poltrone, come hanno sottolineato ieri Napoletano e le prime pagine del Sole 24 Ore di ieri, sono costi della politica raddoppiati e vertiginosa ascesa del fisco regionale (50%), un vero «sovrapprezzo del federalismo incompiuto». Abbiamo appena ridotto le province e ci si attendeva una riduzione dei parlamentari ed ecco deflagrare la «casta invisibile» delle

IN ZONA CESARINI Se non si chiude questa partita l'«arbitro» espellerà altri giocatori o i «tifosi rancorosi» invaderanno il campo

Regioni (P. De Robertis, 2012). Si potrebbe abolire lo statuto speciale di quelle autonome, che animano un ingente capitalismo politico locale (un vero e proprio crony capitalism).

Inoltre, potremmo ridisegnare la nostra geografia amministrativa regionale, eliminando o accorpando le piccole regioni. Del resto, la nuova politica macroregionale che l'Ue stavarando le penalizzerà. E poi, non vi lascia almeno perplessi che un consigliere del minuscolo Molise guadagni i135% in più del sindaco di Milano? C'è qualcosa che non va e l'indignazione non basta, occorrono soluzioni e non è sufficiente semplificare e aggregare. Il problema che abbiamo di fronte è far funzionare le istituzioni democratiche come tali e questo è un problema di regole e controlli. Anche a questo proposito, le proposte non mancano. La stessa Polverini ne ha suggerite alcune a tempo scaduto, misure che porterebbero un risparmio annuo attorno ai 3oo milioni, se applicato a tutte le regioni. Oppure queste potrebbero adeguarsi alle nostre regioni più austere coni propri politici e più virtuose, come Emilia e Toscana, e risparmieremmo la stessa somma. Il Laziogate dimostra che la politica sta vivendo in "zona Cesarini" una partita che non ha rinvio, né posticipo, né tempi supplementari. Sarà bene che i partiti chiudano subito questa partita politico-morale, prima che l'arbitro espella altri giocatori o che, peggio, ci sia un'invasione di campo dei tifosi rancorosi; in breve, prima che altri eventi travolgano la moralità non solo degli uomini, ma anche delle istituzioni.

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elle Regioni su del 40%

IER2ZTERT.

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s'erld CAS Direttore Responsabile: Roberto Napoletano

Il pareggio di bilancio può «salvare» il federalismo

i l giocattolo si è dunque rotto: l'illusione che con il federalismo fiscale si potesse

raddrizzare l'Italia è stata sepolta da scandali e malaffare. Ma se l'effetto è salutare, perché era patologico credere che la riforma potesse realizzare obiettivi fuori dalla sua portata, l'arma che l'ha scatenato è impropria. Come ha mostrato in questi giorni il Sole 24 Ore le malversazioni laziali odi altre regioni hanno poco o nulla a che fare con il federalismo fiscale e vanno invece ascritte ad un capitolo diverso, quello del codice penale.

Appare allora ingiusto liquidare con un colpo di penna, solo in base alla cronaca nera, una riforma tanto complessa e impegnativa. Anche perché, rispetto alle accuse, manca il riferimento a un contro-fattuale credibile: quale sarebbe stato l'andamento della pressione fiscale se spese ed entrate fossero rimaste centralizzate? E ingiusto anche perché sul banco degli accusati si mette una riforma rimasta a metà.

Bisogna dunque terminare l'operazione «fabbisogni standard» delle più importanti funzioni di spesa di comuni e regioni. Aldilà delle difficoltà tecniche, la questione fondamentale è l'accettazione sul piano politico dei fabbisogni standard anche attraverso il loro progressivo utilizzo nel processo della spending review. E poi urgente il completamento del sistema di perequazione tra i comuni che lascia indeterminata la scelta cruciale della redistribuzione territoriale.

Si tratta poi di dare contenuto concreto al coordinamento delle decisioni di fmanza pubblica tra Stato e autonomie: già la legge delega del 2009 ha previsto una «clausola di invarianza» della pressione fiscale complessiva, rimasta una pura petizione di principio. Le domande cruciali in una fase come questa sono due: come ripartire i tagli di risorse tra centro e periferia? Come fissare un tetto complessivo alla pressione

fiscale e conseguentemente quali spazi assegnare ai tributi statali e a quelli locali? Un'occasione per affrontare questo nodo critico può essere il ridisegno istituzionale derivante dall'attuazione del nuovo articolo 8i della Costituzione che prevede il pareggio di bilancio per tutti i livelli di governo.

Ancora, bisogna coinvolgere in modo più strutturale e pervasivo le regioni a statuto speciale e le province autonome nella riforma, rendendo omogenea la disciplina dei tributi derivati dallo Stato sull'intero territorio nazionale ed estendendo anche alle specialità i principi fondamentali dei sistemi perequativi basati sui criteri dei fabbisogni standard e delle capacità fiscali standard.

Cogliendo l'occasione della delega fiscale all'esame del parlamento si dovrebbe rendere più chiara e trasparente la responsabilità fiscale degli amministratori locali davanti ai propri cittadini, limitando le

Il NODO L'attuazione dell'articolo 81 è l'occasione per fissare un tetto alla pressione fiscale

incursioni dello Stato nei tributi decentrati(esemplare è la vicenda Imu, ma anche i continui interventi sull'Irap) e mettendo un po' di ordine nella selva delle addizionali regionali e comunali sull'Irpef.

Sullo sfondo dei profili più strettamente finanziari stanno poi le grandi questioni ancora irrisolte sul piano istituzionale quali la rappresentanza politica dei territori in un sistema a forte decentramento (il "Senato federale") e il ridisegno delle autonomie territoriale per superare i problemi di frammentazione, eterogeneità, sovrapposizioni (unioni/fusioni di comuni, revisione del livello provinciale).

Insomma nel cantiere del federalismo, se si volesse, il lavoro certamente non mancherebbe. A ben vedere, riprendendo le parole di Roberto Napoletano sul Sole di ieri, potrebbe nascere da qui un federalismo fiscale "completato" oltre che "controllato", perché non c'è nulla di peggio di una riforma lasciata a metà.

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28/09/2012

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press unE s'erld CAS

Direttore Responsabile: Roberto Napoletano

Consumi delle Regioni su del 40% Uscite correnti a quota 151 miliardi - In Campania acquisti per 73 euro a testa, il triplo del Lazio

2008 2009 2010

720,0 733,1 896,7

896,7 milioni Laspesa di funzionamento

iicosto nel2010 perii funzionamento degli organi istituzionali. La spesa (che include indennità, rimborsi, vitalizi e contributi ai gruppi) è aumentata del52,3% in dieci anni (vedi grafico a lato)

IL FUNZIONAMENTO L'andamento delle spese per organi istituzionali. Dati in milioni e variazione sull'anno precedente 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 452,6 558,7 558,6 558,6 625,5 643,1 722,7 700,9 767,5

04'

Fonte: Elaborazione Il Sole 24 Ore

08,2 rlàiIiIÌrdt I trasferimenti agli enti santa

la cifra totale relativa ai trasferimenti agli enti sanitari nei 2012..Nel 2001, an no di modifica del titolo V della Costituzione, che introduceva i principi del federalismo,i trasferimenti ammontavano a 74 miliardi

Gianni Trovati MILANO

Il boom delle spese per consumi in Campania, quello delle consulenze in Puglia e nel Lazio e l'impennata dei costi della politica in Calabria. Sono solo tre delle voci che balzano all'occhio nella geografia della spesa raccontata dai bilanci re-gionali, messi a confronto con quelli che dieci anni fa si erano presentati al debutto del fede-ralismo avviato nel 2001 con la riforma del Titolo V.

Politica a parte, il cuore del problema'-regioni è quello delle uscite, e in particolare della spe-sa corrente che rappresenta l'am-pia maggioranza dei conti dei go-vernatori e abbraccia anche le "uscite improduttive" messe ora nel mirino della spending re-

view. Una massa, quella delle spese correnti regionali, cresciu-ta dai 107,6 miliardi del zoo]. ai 151 miliardi impegnati nel 2010, con un aumento del 4O,3% che aiuta non poco a spiegare il peso cre-scente del Fisco territoriale. Pro-prio le uscite correnti, insomma, sono la parte più vivace di quelle spese totali regionali che negli ul-timi dieci anni hanno visto cre-scere di due punti il loro peso ri-spetto al Pil (dal 9,45% àll'11,48%; si veda il Sole 24 Ore di ieri).

LA CORSA Tra 1990 e 2011 i costi dei consumi intermedi negli enti sanitari sono aumentati dei 277%, contro il +138% fatto segnare dal Pil

La tabella qui sotto compara i numeri degli ultimi dieci anni di conti regionali certificati dall'Istat, mettendo a confronto le performance della spesa regi-strata dalle diverse amministra-zioni. Per chi è a caccia di prima-ti, si può partire dai costi della po-litica calabrese, che con il loro +373% fanno impallidire il rad-doppio secco registrato nello stesso periodo dagli «organi isti-tuzionali» delle Regioni nel loro complesso. Sul personale, inve-ce, il record non è una sorpresa e arriva in Sicilia, l'unica regione italiana a sfondare quota un mi-liardo l'anno nella spesa per gli stipendi. Il miliardo e 4o milioni registrato nel 2010 rappresenta un aumento del 71,9% rispetto a dieci anni prima, ma la storia non è finita lì: l'ingresso in orga-

Consumi delle Regioni su del 40%

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28/09/2012

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La dinamica delle spese

Le uscite correnti delle Regioni fra 2001 e 2010. Valori in migliaia di euro

ORGANI ISTITUZIONALI

Diff % 2010

sul 2001

PERSONALE;

Diff 2010 sul 2001

CONSUMI CONSULENZE E

COI LABORAZIONI; AFFITTI; TRASFERIMENTI1

AZIENDE SANITARIE1

Diff % 2010 u12001

SPESE CORRER II TOTALI

Diff % 2010

sul 2001

SPESE CORRENTI ESCLUSA SANITÀ

Diff % 2010

sul 2001 2010

Diff % sul 2001

2010

Diff % sul 2001

2010 Diff %

sul 2001

Piemonte 57.159 205.044 40,40 308.708 1,4 37.882 -26,7 39.947 75,5 8.208.504 39,8 10.535.167 44,9 2.326 663 66,0 Liguria 34.982 182, 52.564 17,4 48.043 -48,2 6.975 5,2 4.348 7 3.016.852 24,9 3.7. 2.638 20,1 715.786 3,4 Lombardia 33.504 100,4 214.930 -0,4 80.251 77,7 24.494 a 13.717 -21, 17.367.963 44,7 23.998.568 4, 6.630.605 13,7 Veneto 46.984 36,6 138.443 22,8 66.807 45,6 26.753 43,0 9.321 42,5 7.915.640 10 373.883

38, - Emilia Romagna 37.843 199,5 150.198 29,5 125.919 55, 11.342 -56,4 21.867

- - 143,0 8.267.537 57,7 10.094.716 1.827 178 29

Toscana 29.674 49,9 145.563 2 56.901 21 18.003 44,9 24.015 123,8 6.328.680 8.503.217 37,4 2.174.537 6 Umbria 11.098 69,9 80.643 24.050 2 23.140 50,1 1.365 -45,1 1.592.576 45, 2.040.587 42,4 448.011

Marche 20.911 57,0 84.978 5 19.569 -28, 8.870 -38,7 5.118 2.815.055 51,1 3.490.573 4 675.518 2 Lazio 65.655 228.928 150.645 77,1 25.029 134,3 21.544 100,9 3.211.789 7 , 16.169.802 74: 2.958.013

Abruzzo 30.669 159,4 65.168 17 49.741 104,6 10.756 ,0 4.888 81,0 2.283.578 40,3 2.845.150 , 561.573 2 4 Molise 10.708 44,0 50.789 26.631 8.337 82,7' 2.262 57,5 623.146 56,3 804.752 181.606

Campania 89.271 14 375.381 -.4, 427.146 44 2 9.651 17.144 1.6 8.799 417 31.1 11160.848 2.361.430 0,7 Puglia 44.924 147,8 168.266 12, 28.472 2 23.797 664,7 0.038 9, 7.119.855

47,2 8.238.838 39,6 1.118.983

Basilicata 11 019 17, 57.628 25.503 83,0 20.008 144, 04 -76,9 970.070 48,8 1.370.934 41,8 400.863 27,3 Calabria 88.175 373,2 104.666 44,0 41.932 -70,8 33.354 -57,9 7.685 6,7 3.060.490 32,3 4.002.276 20,5 941.786 -6,5 Valle d'Aosta 16.567 30,2 247.806 36.3 118.960 84, 55.613 2.348 93,7 264.401 69,1 1.106.207 51,4 841.806 46,6 Prov. Bolzano 8.310 1.007.371 46,2 146.961 0,7 38.627 -0,9 8.108 17,1 1.056.479 48,9 3.541.742 2.485.262

Provincia Trento 15.023 715.681 49,6 81.929 -6,3 10.418 0,0 10.474 16, 1.058.753 2.864.958 44,6 1.806204 40,4 Friuli V. G. 22.870 2 ,8 175.643 0,2 75.063 X12,2 16.217 763 76 2.317.384 49 4.903.049 64,3 2.585.665 79.8 Sicilia 163339

Ic 1.040.258 71, 373.717 61,8 52.591 311,9 48.142 8.683.325 44,5 14.893.462 25, 6.210.137 2

Sardegna 82.863 ,5 288.306 2 168.980 54 ,0 135.866 540,9 25.733 3.284.744 654 6.117.692 67 2.832.948 70,5 [ Fonte: elaborazione del Sole 24 Ore su dati Istat - bilanci delle Regioni

nico di circa 4.500 persone ha consolidato il primato nel 2011, mentre sul tentativo di stabiliz-zazione dell'esercito ancora più' ampio dei precari degli enti loca-li (a carico quasi integrale della Regione) il Governatore Lom-bardo ha giocato una delle sue ul-time partite pre-dimissioni.

Se il confronto decennale mo-stra quali sono le voci che più hanno beneficiato degli anni di crescita libera da controlli, sono i valori assoluti a offrire i dati più significativi per l'equilibrio dei conti. Per rendersene conto si può guardare ai costi della politi-ca in Emilia-Romagna: fra 2001 e 2010, secondo l'Istat, sono cre-sciuti di un pesante 199%, ma guardando al dato assoluto si scopre che la Liguria, con poco più di un terzo degli abitanti, ha

livelli di spesa simili, mentre la Puglia (4,1 milioni di residenti contro i 4,4 dell'Emilia) spende oltre 7 milioni all'anno in più.

Naturalmente non tutte le spese sono uguali, e l'analisi prova a distinguere quelle "im-produttive" dal complesso del-le uscite. Con una lettura fedele all'indirizzo lanciato dal Gover-no attraverso il decreto sulla spending review, l'attenzione deve andare prima di tutto sui consumi, cioè gli acquisti di «beni non durevoli» che servo-no alla macchina amministrati-va ma precedono l'erogazione del servizio. Questa voce è au-mentata del 39% a livello nazio-nale, ma il dato più preoccupan-te arriva dalla Campania, dove questa voce ha superato i 427 milioni nel 2010 moltiplicando-

si di oltre 5 volte rispetto allo stesso dato del 2001. Risultato: questi acquisti costano 73 euro a cittadino, valore pari a quello registrato in Sicilia, contro i 43 euro della Basilicata, i 37 dell'Abruzzo e i 26 del Lazio.

Una quota cruciale di spese improduttive, però, si nascon-de anche sotto la voce dei trasfe-rimenti alle Asl, in totale a quo-ta 108,2 miliardi di impegni 2010, +45,1% sul 2011. A denun-ciarlo è stata nelle settimane scorse la Ragioneria generale, spiegando che tra 1990 e 2011 i costi dei consumi intermedi ne-gli enti sanitari sono aumentati del 277%, contro il +138% fatto segnare nello stesso periodo dal Prodotto interno lordo.

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Consumi delle Regioni su del 40%

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Reffiont pronto il piano-controlli

28/09/2012

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lls°11dOIS Direttore Responsabile: Roberto Napoletano

Regiom, pronto il piano-controlli Verso un decreto la prossima settimana con misure sui costi della politica e tetto agli stipendi

• • • •

Marco Rogari ROMA

Un nuovo sistema di con- trolli con maggiori poteri alla Corte dei conti e piena traspa- renza dei bilanci e della gestio- ne delle spese. Parte da questi due punti fermi il decreto legge che il Governo sta pensando di varare per avviare una prima ri-

IL PACCHETTO Maggiori poteri alla Corte dei conti anche sulle spese politico-istituzionali. Sarà assorbita parte delle proposte dei Governatori

forma dei meccanismi con cui è attualmente regolata la vita Re- gioni. Difficilmente il provvedi- mento vedrà luce nel Consiglio dei ministri di questa mattina, che avrà un ordine del giorno ri- dotto a causa degli impegni in- ternazionali del premier Mario Monti. La riflessione sul dos- sier Regioni sarà comunque av- viata con l'obiettivo di dare il via libera nella prossima riunio-

ne dell'Esecutivo in calendario il4 ottobre a un provvedimento il più possibile organico, che re- cepirà anche parte delle propo- ste formulate dai Governatori.

Il decreto dovrebbe poi esse- re accompagnato da un disegno di legge costituzionale con cui sarà proposto un nuovo assetto territoriale delle Regioni (con tanto di accorpamenti) e sarà prevista una revisione del fede- ralismo. Nelle prossime setti- mane il Governo valuterà con attenzione l'opportunità di pre- sentare questo testo. L'idea al momento è, come ha ribadito ie- ri il ministro della Pubblica am- ministrazione, Filippo Patroni Griffi, di lasciare «in eredità al- la prossima legislatura l'accor- pamento delle Regioni» e il re- styling del titolo V della Costitu- zione per consentire una discus- sione approfondita in sede par- lamentare, che ora non sarebbe possibile essendo ormai quasi alle porte le elezioni.

Secondo Patroni Griffi va «ri- pensato il sistema delle Regioni e favorita una maggiore aggre- gazione dei Comuni, più della metà dei quali ha meno di 5mila

abitanti» Il ministro della Pub- blica amministrazione si è sof- fermato anche sulle misure allo studio del Governo per ridurre i costi della politica, versante re- gionale compreso: «Sono inter- venti delicati sul piano tecnico -ha detto -bisogna studiarli be- ne, non si può arronzare, fare la cosa frettolosamente». E infatti

Legge costituzio nale

• Si tratta di un atto normativo adottato dal Parlamento con una procedura più complessa rispetto alle leggi ordinarie: è necessaria una doppia votazione da parte di entrambe le Camere a distanza di tre mesi e con una maggioranza di più della metà dei parlamentari. Se nella seconda votazione non ottiene due terzi dei voti il testo può essere sottoposto a referendum

dopo aver pensato in un primo momento di accelerare il più possibile già ieri mattina Palaz-zo Chigi sembrava orientato a rinviare il varo del decreto leg-ge alla prossima settimana.

La decisione di ritardare di qualche giorno il varo del prov-vedimento (a meno di sorprese dell'ultima ora) deriva anche dalla necessità di valutare con attenzione le proposte arrivate dai Governatori, soprattutto nella versione perfezionata ieri mattina dopo la prima bozza di piano piesentata mercoledì dai presidenti delle Regioni al capo dello Stato e al sottosegretario alla Presidenza, Antonio Catri-calà. E tra Governo e Regioni c'è più di un punto di conver-genza. Primo fra tutti quello sul-la necessità di estendere il con-trollo della Corte dei conti a tut-ti i costi della politica e di dare la massima trasparenza ai bilan-ci. Ci sarà poi la riduzione degli stipendi di presidenti e consi-glieri regionali e il taglio della spesa dei gruppi consiliari. Cer-ta anche la riduzione del nume-ro dei consiglieri regionali.

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ICA IM AGOECONO FOTOGRAMMA

LE PERFORMANCE DELLE REGIONI

2281,6 euro 8.419 euro 23 10.467 euro

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Reffiont pronto il piano-controlli

28/09/20/2

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pressunE

ll'erldOIS Direttore Responsabile: Roberto Napoletano

La divisione dei contenuti

DECRETO LEGGE

Contitrasparenti La prima tranche di interventi per avviare la riforma h

e meccanismi che regolanoi la vita delle Regioni verrà attuata con decreto legge, Nel provvedimento sarà disciplinato un nuovo sistema di controlli con maggiori poteri alla Corte dei conti e piena

traspgestione delle s

arenza dei bilanci e della pese. Il Dl, che

recepirà ancheparte delle proposte avanzate nei giorni scorsi dai Governatori, arriverà in Consiglio dei

inistri R4 ottobre

COSTITUZIONALE

Federalismo da rivedere Nelle intenzioni del Governo il decreto legge dovrebbe essere accompagnato da un disegno di legge costituzionale per definire un nuovo assetto territoriale delle Regioni, con.tanto di accorpamenti. Sarà anche prevista una revisione del federalismo con la riscrittura del Titolo V. Palazzo Chigi valuterà con attenzione l'opportunità di presentare questo testo. Da lasciare in eredità alla prossima legislatura

* Indennità netta mensile più rimborsi mensili massimi previsti dalla normativa regionale

Fonte: Elaborazione del sole 24 Ore su dati di Regioni, Conferenza dei presidenti delle Regioni, Burle ministero dell'Economia

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Quali sono i ministeri a buon punto nel realizzare il programma

28/09/20/2

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Direttore Responsabile: Roberto Napoletano

Le richieste dei governatori

Un tetto per i gruppi e i benefit degli eletti

Ora sul piatto mettono an-che lo stop al proliferare dei gruppi e un colpo d'accetta ai ge-nerosi benefit che vengono poi girati ai consiglieri. Ma anche unapotatura delle commissioni. E insistono: riduzione immedia-ta di tutti gli emolumenti a presi-denti, assessori e consiglieri e ta-glio (dalla prossima legislatura) di assessori e consiglieri. Il tutto subito, per decreto legge. Riuni-ti in via straordinaria a Roma, i governatori hanno rilanciato nuovamente ieri la proposta del-le Regioni di autoriforma dei co-sti della politica.

Il documento, in cinque pun-ti, rimanda la palla sul campo del Governo. Con palazzo Chi-gi, sotto la silenziosa ma stretta vigilanza del Quirinale, i rap-porti sono continui e prosegui-ranno fino alla stesura finale del testo atteso in Consiglio dei ministri giovedì prossimo. Quel che manca sono i dettagli.

RATIt4624 -DOMENICA SUL SOLE 24 O il Soie 24 Ore ha assunto un impegno con i suoi lettori ogni mese, effettua

1 lettori: troni • monitoraggio dello stato di attuazione dei provvedimenti decisi dal Governo e approvati dal Parlamento* Domenica ii primo appun tamento.

O meglio, la vera polpa: quanto si taglierà realmente alle buste paga e ai gettoni vari, quanti consiglieri salteranno, quali «parametri» si impiegheranno e quali «costi standard» si uti-lizzeranno per azzerare i catti-vi costi della politica.

Le parole chiave del docu-mento di ieri dei governatori so-no infatti i «nuovi parametri per Regione» e i «costi stan-dard» da adottare per «omoge-neizzare» trattamenti economi-ci e attività istituzionali. La ridu-zione degli emolumenti di con-siglieri, presidenti e assessori sarà infatti «parametrata»: ri-spetto alla popolazione? secon-do quali valori standard? Il ta-glio del numero di consiglieri e assessori, poi, dovrà attuare il D1138/2011, nel caso adeguando gli Statuti: ma con quanti eletti (e stipendiati) in meno? Appli-cando la legge salterebbero cir-ca 290 consiglieri (un terzo de-gli attuali), ma il numero salireb-be incidendo anche sui 42 asses-sori di troppo rispetto alla legge del 2011 che prevede un numero di assessori pari al massimo al 20% (1/5) dei consiglieri. Il ta-glio dei consiglieri scatterebbe dalle prossime elezioni, quello degli assessori di troppo si po-trebbe realizzare subito.

Ecco poi la riduzione delle commissioni: minimo 4, massi-mo 8, in base al numero di consi-glieri. E la limatura ai gruppi poli-tici, che potranno essere costitu-iti solo se corrisponderanno alle liste elette. Con tanto di tagli agli stessi gruppi, cancellando qualsiasi benefit ma salvando le spese per le funzioni «politico-istituzionali»: vigilerà la Corte dei conti. Ma quanto dare ai gruppi? Qualcuno tra i governa-tori aveva proposto di eliminare qualsiasi contributo, altri di asse-gnare una somma (20 centesi-mi) per ciascun abitante. Calcoli difficili, così s'è evitato di scio-gliere il nodo. Anche su questo "dettaglio" apparentemente de-ciderà solo il Governo.

R. Tu. C RIPRODUZIONE RISERVATA

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28/09/20/2

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Direttore Responsabile: Roberto Napoletano

Imprese e Pa. Nuovo Consiglio dei ministri giovedì prossimo

Slitta il pacchetto crescita Confronto sulle coperture Davide Colombo ROMA

Slitta di una settimana l'ap-puntamento per il varo del nuovo pacchetto crescita. Al termine di una giornata fitta di riunioni tecni-che, dedicate soprattutto al nodo coperture delle misure messe a punto per un fabbisogno da fi-nanziare di circa 400 milioni, è una nota di palazzo Chigi a uffi-cializzare il rinvio, motivato principalmente con l'agenda in-ternazionale del premier e di al-tri componenti dell'esecutivo. «In considerazione di concomi-tanti impegni internazionali del presidente Monti e di ministri», spiega una comunicazione di Pa-lazzo Chigi, il Consiglio convoca-to per questa mattina esaminerà solo un decreto legislativo sulla Croce rossa e alcune leggi regio-nali «tenuto conto dell'imminen-te scadenze dei termini». •

Il piatto forte su cui hanno lavo-rato in queste settimane in primis i ministri Corrado Passera e Filip-po Patroni Griffi verrà invece af-frontato nella riunione già convo-cata per giovedì 4 ottobre alle 10,30, una data molto vicina alla scadenza di legge (15 ottobre) per il varo del disegno di legge di sta-bilità, al quale secondo alcune fon-ti potrebbero essere collegati i de-creti in preparazione.

Oggi per la verità non solo il premier è vincolato ad impegni fuori Italia, alla fine della missio-ne Usa per l'assemblea generale delle Nazioni Unite. Anche il mi-nistro dell'Economia, Vittorio Grilli; in giornata dovrebbe vola-re a Berlino per partecipare ai la-vori di un workshop di Aspen In-stitute Italia. Tuttavia il vero no-do sarebbe ancora una volta il de-creto sviluppo, e la difficile media-zione Passera-Grilli sulle risorse. Nelle settimane scorse la Ragio-neria dello Stato ha passato minu-ziosamente al setaccio le norme proposte in materia di Agenda di-gitale, agevolazioni per le start up

e infrastrutture, individuando parte delle risorse necessarie (in tutto 400 milioni, come detto) ma lasciando in sospeso l'ultimo pac-chetto da circa 70 milioni. Su que-sta cifra c'è ancora bisogno di un supplemento di lavoro: Passera avrebbe ancora una volta sottoli-neato sia al premier che al collega Grilli l'importanza di un varo rapi-do e senza depotenziamenti.

CAMBIA L'AGENDA «Rinvio per impegni internazionali di Monti e dei ministri». Dl sviluppo: manca l'ultima tranche di risorse, Passera in forcing, Grilli frena

ISTAT

Giovannini: forse Pi12012 un po' meglio di -2,4% 4« I valori di crescita indi-

cati nella Nota di aggiorna-mento al D ef(ovvero una flessione del Pil pari al 2,4% nel 2012, ndr) si possono rite-nere «realistici» anche se «il leggero recupero della fi-ducia delle imprese manifat-turiere e delle costruzioni, la stabilizzazione della fidu-cia delle famiglie, l'aumen-to degli ordinativi industria-li e primi segnali di ripresa delle importazioni di beni intermedi e strumentali fan-no ritenere possibile uno scenario leggermente più fa-vorevole». Lo ha sottolinea-to ieri il presidente dell'Istat, Enrico Giovanni-ni, nel corso di un'audizione nelle commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato.

Se il confronto non si sblocche-rà, si replicherà in qualche modo il film già visto con la tormentata genesi del primo decreto cresci-ta, quando un prolungato braccio di ferro tra Sviluppo economico e Tesoro impose diversi rinvii e un ridimensionamento del provvedi-mento. L'ultima bozza (si veda Il Sole-240re di mercoledì) confer-ma un impianto orientato essen-zialmente a favorire la nascita di imprese innovative e lo switch off dalla carta al digitale in numerosi campi, dalla sanità alla giustizia all'istruzione. Indebolito il pac-chetto per le start up con lo stral-cio del Fondo dei fondi, mentre sa-rebbe ancora in bilico un altro pezzo forte del piano: il contratto tipico che si applicherebbe alle nuove aziende innovative nei pri-mi quattro anni di vita.

Stando alle indicazioni circola-te ieri, oltre al nodo coperture per le principali misure per lo svilup-po, la settimana di lavoro in più servirà ai tecnici anche per assem-blare al meglio le tante norme di semplificazione amministrativa arrivate a palazzo Vidoni anche da altri ministeri (per esempio dall'Agricoltura).

Intanto nella mini-riunione di oggi, cui il premier potrebbe an-che non partecipare, andrà in sce-na il decreto di riordino della Croce rossa dopo gli ultimi quat-tro anni di commissariamento, un provvedimento disegnato per garantire «la massima salvaguar-dia possibile delle risorse umane e della storia della Croce Rossa» ha promesso il ministro della Sa-lute, Renato Balduzzi, ai rappre-sentanti dei sindacati incontrati alla Camera. Slitta anche l'atteso provvedimento (un decreto del Viminale) per la messa in sicurez-za degli enti locali in dissesto; l'ipotesi è che il testo venga ora integrato con le misure ipotizza-te negli ultimi giorni per il taglio dei consiglieri regionali.

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t QINUTIOUNO ECIINUSLIED.1:111.11MICII 11: POUTICO 9

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Direttore Responsabile: Pierluigi Magnaschi

28/09/2012

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Pd e Pdl: siano eleggibili in parlamento

Province fio? Salvi i presidenti

DI ALESSANDRA Ricciuti

Ii presidenti delle province, con la riforma voluta dal governo Monti, non saranno più il risultato dell'elezione

diretta da parte dei cittadini. E allora non ha senso mantenere il divieto che possano candidarsi in parlamento, visto che, è il ragio-namento, non potranno fare «un uso distorto dei poteri connessi alla carica» pur di avere voti. La riforma delle province in verità non è ancora andata in porto, ma Pd e Pdl si sono portati avanti con il lavoro e hanno presentato al senato, primi firmatari Fran-cesco Nitto Palma, pdl, ed Enzo Bianco, pd, un disegno di legge che cancella fra le cause di ine-leggibilità in parlamento la fattispecie di chi, contestual-mente all'elezione, ricopre la carica di presidente di provin-cia. «Le ipotesi di ineleggibili-tà tipizzate dal legislatore mirano ad evitare che attraverso l'uso distorto dei poteri connessi alla carica rico-perta presso

l'ente locale si possano verificare deprecabili fenomeni di captati() benevolentiae e di metus publicae potestatis», scrivono i due sena-tori. Tale esigenza, tuttavia, con specifico riferimento ai presidenti delle province «non può più esse-re ritenuta attuale, in ragione dell'entrata in vigore dell'articolo 23 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201». La nuova provin-cia sarà espressione dei comuni e svolgerà funzioni di indirizzo e coordinamento. Il consiglio pro-vinciale sarà eletto dagli organi elettivi dei comuni del territorio e non dagli elettori; i consiglieri

eleggeranno a loro volta il presiden-te. Che, a questo punto, può pure fare il deputato o il senatore. oRipmduzio- rw riservata

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Pagina 8 Smdael pio. liberi di candidarci

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28/09/2012

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Il presidente dell'Anci vuol eliminare le dimissioni sei mesi prima delle elezioni politiche • Sindaci pm liberi di candidarsi

Della norma beneficerebbero sia Renzi che Graziano Delrio inGIORGIO PONZIAMO

a Leganord va all'attac-co di Graziano Delrio, sindaco di Reggio Emi-lia nonché presidente

dell'Anci, l'associazione dei Comuni italiani.

Il capogruppo al Comune di Reggio, Giacomo Giovanni-ni, ha presentato un'interro-gazione urgente, una sorta di buccia di banana deposta di-nanzi all'ufficio del sindaco, il personaggio più noto della no-menklatura pidiessina schie-rato con Matteo Renzi.

Ed è proprio un'iniziativa voluta da Delrio ad avere fatto trasalire i consiglieri comunali reggiani e a spingere la Lega-nord ad affilare le armi.

La «pensata» del sindaco, poi diventata posizione ufficiale dell'Anci e per germinazione dell'Upi, la cugina associazio-ne delle Province, consentireb-be di prendere due piccioni con una fava. I piccioni sono lui stesso e il suo candidato alle primarie, Matteo Renzi. La fava è la norma che cancella IX disposizione esistente che prevede che un sindaco, per candidarsi al parlamento, deb-ba dimettersi sei mesi prima delle elezioni politiche.

Il provvedimento venne in-trodotto per evitare che un sindaco potesse effettuare la campagna elettorale da sin-daco e quindi avere un pro-babile vantaggio sugli altri concorrenti, soprattutto nel caso decidesse di utilizzare la macchina (e il bilancio) comu-nale per promozionarsi.

Adesso Delrio ha consegna-to a Mario Monti la richiesta Anci-Upi di cancellare questa norma. Ovvero i sindaci po-trebbero candidarsi nelle liste elettorali politiche, dimetten-dosi solo 60 giorni prima, pra-ticamente a ridosso del voto. Il ché, tradotto in ipotetici (ma non tanto) casi specifici, significa che Matteo Renzi po-trebbe rimanere sindaco fino alla vigilia delle elezioni e pro-porsi aspirante parlamentare e la stessa cosa potrebbe fare Graziano Delrio, a cui manca un anno e mezzo alla fine del secondo mandato di sindaco e non può ricandidarsi.

«La proposta», sostiene il capogruppo comunale reggia- no della Leganord, «è letta ,. .

soprattutto in chiave politica nazionale come un aiutino di Delrio al compagno di corrente Renzi ma calata a livello loca-le potrebbe risultare ritaglia-ta su misura anche per lui e quindi gli chiedo di esprimèr-si: intende candidarsi al par-lamento?».

La mossa Anci-Upi avreb-be anche un altro regista, Roberto Reggi, spin doctor della campagna elettorale di Renzi. Reggi è stato vicepresi-dente Anci quando era sinda-co di Piacenza ed è stato tra i grandi elettori di Delrio alla presidenza dell'associazione, giocando un ruolo importan-te nell'infliggere una sonora sconfitta a Piero Fassino, candidato ufficiale di Pier Luigi Bersani alla guida dell'Anci.

Per Renzi la questione è di non poco conto, l'ineleggibilità è un grosso macigno lungo la sua marcia verso la vetta. Una contraddizione che ha spinto anche l'Unità a intervenire: «Senza modifica della legge, se Renzi non lascia a breve il suo incarico a Firenze, non potrà candidarsi alle politiche. Vuol dire che qualora vincesse le primarie non potrebbe gui-dare le liste Pd per il Parla-mento».

Così l'organo del Pd (Ber-sani consenziente?) avanza un'ipotesi: la segreteria Pd appoggi la richiesta Anci-Upi e si adoperi per l'abrogazione della norma che non consente ai sindaci di candidarsi ma Renzi accetti l'albo delle pri-marie, cioè che vengano iden-tificati gli elettori in modo che in cabina vadano solo gli iscritti al Pd o alla coalizione di centro-sinistra.

«Renzi punta molto sul voto degli elettori moderati e di centrodestra», conclude l'Uni-

tà, «legittimo e anche utile al centrosinistra. Tuttavia, non può fare spallucce quando gli viene posto il problema di un possibile inquinamento del voto».

Ci sarà questo scambio di favori tra Renzi e Bersani?

Per ora il sindaco di Firen-ze non sembra apprezzare la mediazione e nega di essere il beneficiario della norma pro-domo-sua «Non ero a cono-scenza del fatto», dice, «e non mi interessa perché confermo la mia decisione di non cor-rere per un seggio parlamen-tare sia in caso di sconfitta che di vittoria alle primarie. Aggiungo che le proposte per rimuovere l'ineleggibilità fra sindaci e parlamentari in casa Anci risalgono a dieci anni fa e che l'Anci da libera associa-zione che mi risulta essere le ha sempre presentate e soste-nute».

Ma quali saranno le reazioni di Mario Monti e del ministro competente, quello degli Inter-ni, Anna Maria Cancellieri? Infatti chi èubita dell'utilità di modificare questa regola avanza pure perplessità che si possa fare con un articolo inserito in un decreto sulla finanza locale (come suggge-riscono Anci-Upi), magari vo-tato obtorto collo attraverso la

fiducia. Ma c'è pure chi ricor-da che è ingiusto che il veto in vigore per i sindaci non valga per i ministri, tanto che Rena-to Brunetta, da ministro, si candidò a sindaco di Venezia, venendo per altro umiliato dal candidato del centrosinistra, Giorgio Orsoni. E se, come si dice, Corrado Passera deci-derà di continuare l'avventura politica si candiderà rimanen-do ministro?

Nella città di Delrio c'è fi-brillazione dentro e fuori il Pd. Alle festa pidiessina è ar-rivato Renzi, che dal palco ha tessuto gli elogi del sindaco, tanta gente ma il segretario locale Pd, Roberto Ferrari, chiosa che si è trattato solo di curiosità: «mi è parso che a nessuno importasse alcunché di ascoltare la presentazione del suo libro».

Intanto a Renzi arriva an-che uno spiacevole j'accuse da parte di un dipendente della Provincia di Firenze, Alessandro Maiorano. La corte dei conti ha aperto un fascicolo: quando Renzi era presidente della Provincia le spese di rappresentanza sarebbero ammontate a 20 milioni. Non poco per cene, viaggi e fiori. Un rottamatore paperone? O Riproduzione riservata

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La risposta del Lavoro ai professionisti

Integrativo 4% anche con le p.a.

DI GIOVANNI GALLI

nche le pubbliche ammi- nistrazioni sono tenute a pagare al professionista

contributo integrativo al 4% e non al 2%. Questo il senso della risposta fornita dal vicemi- nistro al Lavoro Michel Martone a un'interrogazione proposta alla camera dal deputato Antonino lo Presti. Un'apertura di credito nel senso dalla possibilità di applica- zione a pieno titolo anche nel caso delle pubbliche amministrazioni, che coinvolge e interessa tutti i liberi professionisti iscritti alle Casse di nuova generazione fino- ra penalizzati da un'interpreta- zione in senso contrario del mini- stero dell'economia. La legge «Lo Presti», dal luglio 2011, ha fornito la possibilità ai liberi professio- nisti di aumentare la loro pen- sione attraverso l'utilizzò di una parte del contributo integrativo riconosciuto in fattura dal clien- te al momento di liquidare una prestazione professionale. Ma a una condizione: che il contributo fosse debitamente aumentato dal 2 al 4%. Questo principio, però, era stato circoscritto dal ministe- ro dell'economia che metteva al riparo le pubbliche amministra- zioni dal riconoscere la possibili- tà di applicare il 4% al posto del 2, coinvolgendo i professionisti iscritti alle Casse del 103: biolo-

gi, infermieri, psicologi, periti in-dustriali e le quattro professioni legate alla Cassa pluricategoriale (attuari, chimici, dottori agrono-mi e forestali, geologi).

Insomma, il ministero dell'eco-nomia introduceva il principio del doppio binario• quando lavori per un privato, il contributo integrati-vo si applica al 4%, quando lavori per il pubblico, quel contributo re-sta fermo al 2%. In questo caso, per i liberi professionisti avrebbe significato niente possibilità di mettere da parte più denari per la futura pensione.

Il viceministro Martone, però, ha aperto a una revisione dell'interpretazione, rispondendo all'interrogazione parlamentare presentata dallo stesso onorevole Lo Presti (seduta 689 del 21 set-tembre). Martone ha riconosciuto che sono intervenuti due fattori che meritano un ripensamen-to della lettura limitativa della legge 133/2011• anzitutto sono stati aboliti i minimi tariffari e, in secondo luogo, è palese come sia incostituzionale discrimina-re alcune categorie professionali rispetto ad altre, spesso coinvolte in lavori sostanzialmente simili.

Pagina 28 Sicurezza con modello standard

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a zz« on Deznii°annaio in socceordseogdl e onr degli spazi degli immobili in lilla complessa p

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press LinE t

9 ECIINUM11:0.1:111.'IMICII 11: POUTICO

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uso alle . legge

e e/ sensi delral•tico comma 9 del decre- e le sella sPendillg"view (il di n• 95/2012), l'Agenzia del Demanio avvia

> web, per favorire le amministrazioni

radd:1;aoartitevvinfl::::,mi:›ziotizaziihSucialalo:iera nselit testo oidebliaigeel'Etel°1*nesemnte2060dis_delsda

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che si e resa ' nuova funzionalità che co

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lino 'illiT' enttilloovada efunmituolieldintoti4dimodalità .tallite obbligo. Lo rende n to1a

Come si ricoroe,rao dila norma hiainato pone a carico (toeplieeraziarnmonijnidi strazioiu

• l'obbligo °rIELa. sopra ric , entro 90 giorni dalla pubblienzio ne dell -

. eyier ciascun immobile pubblico che è p istema.

de,careptpoo(siletigge n.135/2012 pubblicate . a legge di conversione del

a.sPoPortando gli stessi Della n+in‘latop, ovviamente, lanilldzierfallzazioinoanliarizzadzeiki.liolleuffislilecgSilie°siallailaziea,

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* sPosizioni contenute nel dl n. 95/2012, l'obbligo di ,pre'disrpe lorra reeilaptiiaui dovrà essere ttealim entro aPerato il p il' rossim'

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11 -11enzio rilinio 111

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28/09/2012

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La tassa rifiuti segue i cambi di residenza La tassa sui rifiuti seguirà il cambio di residen-za. Niente più strade parallele, che faticano a incrociarsi, per la dichiarazione di cambio di residenza e per quella relativa al nuovo tributo sui rifiuti e sui servizi, in vigore dal 1° gennaio 2013, che prenderà il posto della Tarsu. Nelle bozze del decreto legge semplificazione, forse già oggi all'esame del consiglio dei ministri, è stata inserita, infatti, una norma per gli adem-pimenti connessi al cambio della residenza o del domicilio. La previsione si aggiunge al con-tenuto del regolamento che il comune dovrà adottare in tema di tributo comunale sui rifiuti e sui servizi, la nuova Tarsu. Oltre dunque alla classificazione delle categorie di attività .o alla disciplina delle riduzioni tariffarie, il comune dovrà prevedere le modalità con le quali con-testualmente alla dichiarazione di cambio del-la residenza o del domicilio del contribuente, vengono acquisite le dichiarazioni di iscrizione, variazione o cessazione relative al tributo, con riferimento alle unità abitative coinvolte dalla variazione anagrafica.

Una camera di compensazione per i dissensi in materia ambientale. Se un'amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica inco-lumità ha motivi per dissentire la questione è rimessa a una deliberazione del consiglio dei ministri con intesa delle regioni interessate. L'obiettivo è quello di arrivare in tempi rapidi a individuare una soluzione condivisa rispetto al piano originario.

Camiciola universitari anche in inglese. Non solo, nel capo ulteriori semplificazione compare anche la previsione per cui le università, e gli istituti equiparati, potranno rilasciare le certi-ficazioni relative ai titoli di studio e agli esami sostenuti, su richiesta dell'interessato, anche in lingua inglese.

Per gli alberghi servizio di bar e ristorante senza autorizzazione per i non ospiti. Sulla scia delle semplificazioni all'attività del commer-cio, e in particolare all'attività di somministrazio-ne di alimenti e bevande, arrivano novità per gli esercizi alberghieri che hanno già l'autorizzazio-ne a somministrare cibi e bevande agli alloggiati. Gli hotel non dovranno più richiedere una auto-rizzazione ad hoc (sia che si tratti di autorizza-zione più forte, sia che si tratti di segnalazione certificata di inizio attività) per poter offrire il servizio anche a chi non alloggia nelle loro strut-ture. L'ad della banca può comprare obbligazio-ne dell'istituto. Con un .tratto di penna, sempre con decorrenza primo gennaio 2013, è abrogato l'articolo 136 del dlgs 385/1993 del Testo unico bancario. La disposizione cancellata disciplinava il divieto, per chi svolge funzioni di amministra-zione, direzione e controllo presso una banca, di contrarre obbligazioni di qualsiasi natura o compiere atti di compravendita direttamente o indirettamente con la banca che amministra, dirige o controlla. La cosa era possibile ma solo se ci fosse stata la deliberazione dell'organo di amministrazione a seguito di particolari votazio-ni. Ora invece non è più divieto.

Cristina Bartelli

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- Le imprese aderenti a contratti di rete saranno ammesse alle gare di appalto con le regole dei raggruppamenti temporanei e dei consorzi ordinari

- Alzata la percentuale di svingolo delle cauzioni definitive dai 75% all 80%

- Agevolazioni allo svincolo delle garanzie in caso di opere entrate in esercizio da almeno un anno ma non ancora collaudate

- Ridotti i requisiti per ottenere la qualificazione II categor ia (opere impiantistiche)

- Eliminato il silenzio rifiuto per sul permesso di costruire in caso di vincoli

contratto di rete dovranno con-figurare la propria «aggregazio-ne» secondo le regole proprie di queste due tipologie di soggetti raggruppati. Va anche rilevato, però, che il decreto prevede co-munque che qualche problema di adeguamento e coordinamen-to vi possa essere, dal momento che si premura di precisare che le disposizioni dell'articolo 37 trovano applicazione alla parte-cipazione alle procedure di affi-damento delle aggregazioni tra le imprese aderenti al contratto di rete, «in quanto compatibili».

Con ulteriori modifiche al Codi-ce dei contratti pubblici vengono anche modificate le percentuali per lo svincolo delle garanzie di buona esecuzione (la cauzione definitiva) La norma toccata è l'articolo 113 del Codice dei contratti che stabilisce che la cauzione prestata sia progres-sivamente svincolata, a misura dell'avanzamento dell'esecuzio-ne, nel limite massimo del 75 per cento dell'iniziale importo garantito. Il decreto alza del 5% questa percentuale, arrivando fino all'80%, consentendo quindi

alle imprese di avere un livello minore di impegni. SI introdu-ce poi una norma sulle opere in esercizio stabilendo che, anche prima del collaudo, l'esercizio protratto per oltre un anno pro-duca, a determinate condizioni, lo svincolo automatico delle garanzie di buona esecuzione prestate a favore dell'ente ag-giudicatore, senza necessità di alcun benestare, ferma restan-do una quota massima del 20% da svincolare all'emissione del certificato di collaudo.

Viene poi modificata la norma

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Il silenzio lifinto finisce in soffitta

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28/09/2012

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SEMPLIFICAZIONI/ Le disposizioni della bozza di decreto in materia di contratti pubblici

Il silenzio rifiuto finisce in soffitta Provvedimento espresso sulle costruzioni in caso di vincoli

DI ANDREA MASCOLINI

Ammesse alle gare di appalto le imprese che hanno sottoscritto un contratto di rete, ma

con le regole dei raggruppamen-ti temporanei e dei consorzi; agevolato lo svincolo delle ga-ranzie di buona esecuzione rese dalla imprese di costruzioni, an-che per le opere in esercizio non ancora collaudate; eliminato il silenzio rifiuto sul permesso di costruire in caso di vincoli; più agevole la qualificazione delle imprese che operano nel setto-re impiantistico. Sono queste alcune delle novità previste nel-la bozza di decreto legge sulla semplificazione che dovrebbe andare oggi in Consiglio dei mi-nistri. Diverse le modifiche ap-portate al Codice dei contratti pubblici, in primis per quel che riguarda la qualificazione delle imprese di costruzioni operanti nell'ambito della categoria OG 11 (impianti tecnologici), la bozza di decreto legge prevede (anche se sono possibili anco-ra riformulazioni da parte del ministero delle infrastrutture) che siano modificate le percen-tuali previste dal regolamento del Codice dei contratti pubblici di possesso di requisiti speciali previsti per tre categorie spe-cialistiche (0S3, impianti idri-ci, OS 28, impianti termici e OS 30, impianti elettrici e telefoni-ci). In particolare le percentuali passano dal 40% al 20% per la 0S3, dal 70% al 40% per la OS 28 e per la OS 30.

Un'ulteriore novità è rap-presentata dall'inserimento fra i partecipanti alle gare di appalto possano esservi anche le aggregazioni tra imprese aderenti al contratto di rete ai sensi del comma 4-ter, dell'ar-ticolo 3, del decreto legge 10 febbraio 2009, n. 5. Si tratta di inmprese appartenenti a un network ma che mantengono la propria individualità regolando i rapporti giuridici derivanti da una collaborazione stabile ba-sata su obiettivi strategici. Il decreto prevede che alle aggre-gazioni tra imprese aderenti al contratto di rete si applichino le disposizioni dell'articolo 37 del Codice dei contratti pubblici, che a sua volta detta le regole per la costituzione e il funzio-namento dei raggruppamenti temporanei di imprese e dei consorzi ordinari di concorrenti. Ciò dovrebbe significa che le im-prese che abbiano sottoscritto il

del codice dei beni culturali che disciplina l'autorizzazio- ne paesaggistica su immobili e

aree vincolate rilasciata dalla regione, dopo avere acquisito il parere vincolante del soprin-tendente eliminando il silenzio assenso decorsi 90 giorni. Si prevede inoltre che l'autoriz-zazione paesaggistica sia resa nel rispetto delle previsioni e delle prescrizioni del piano paesaggistico, entro il termine di quarantacinque giorni dalla ricezione degli atti, decorsi i quali l'amministrazione com-petente provvede sulla doman-da di autorizzazione.

Una seconda modifica viene introdotta al comma 9 dello stesso articolo 146, ove si pre-

vede che decorsi inutilmente venti giorni senza che il so-printendente abbia reso il pre-scritto parere, è direttamente l'amministrazione a provvede-re sulla domanda di autorizza-zione. Viene quindi eliminata la parte della precedente di-sposizione che prevedeva la facoltà di richiedere l'auto-rizzazione alla regione anche attraverso un commissario ad acta. Viene anche prevista l'eliminazione del silenzio ri-fiuto sul permesso di costruire in caso di vincoli prevedendosi che il procedimento sia comun-que concluso con l'adozione di un provvedimento espresso, seguendo le regole previste dall'articolo 2 della legge sul procedimento amministrativo. Importante notare che viene soppressa la norma che con-sentiva di applicare le regole del procedimento per il rila-scio del permesso di costruire anche ad interventi in deroga agli strumenti urbanistici, a seguito dell'approvazione del-la deliberazione del Consiglio comunale. ©Riproduzione riservata

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TIPOLOGIA DI PROGETTO progetti elurtennall di cooperazione Azioni di cooperazione Progetti di traduzione letteraria Progetti dl cooperazione con paesi terzi Sostegno al festival culturali europei Sostegno agli enti attivi a livello europeo nel campo della cultura Progetti di cooperaziOritra enti IMpegn nell'analisi delle politiche culturali

RISORSE SCADENZA 24.000.000 cura 21.100.000 euro

7 novembre 2012

novembre 2012 7 novembre 2012 6 febbraio 2013 3 maggio 2013

5 dicembre 2012

10 ottobre 2012

899 263 euro 2.650.000 euro 2:700.000 euro

6.100.000 euro

700.000 euro

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Gli obiettivi del programma comunitario 2007-2013. Ammessi gli enti pubblici e privati

Dalla Ue 60 min € per la cultura Incentivi alla mobilità degli operatori, festival e cooperazione

Pagina a cura DI ROBERTO LENZI

ncentivare la mobilità tran- snazionale degli operatori in campo culturale, sostenere la circolazione transnazio-

male di opere e beni artistici e culturali, promuovere il dialogo interculturale. Questi sono gli obiettivi del Programma comu-nitario cultura 2007-2013, il cui bando da 60 milioni di euro è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 22 settembre 2012. Il Programma è accessibile a tutte le categorie di operatori culturali nella misura in cui le organizzazioni coinvolte eser-citino delle attività culturali senza scopo di lucro. I candidati ammissibili devono essere enti pubblici o privati dotati di per-sonalità giuridica e la cui atti-vità principale è incentrata nel settore della cultura, nonché avere la propria sede sociale in uno dei paesi partecipanti al programma, tra cui l'Italia.

Sostegno di progetti di cooperazione culturale. Il bando concede un sostegno agli orgdnismi culturali per progetti

di cooperazione transnaziona-le e di ideazione e sviluppo di attività culturali e artistiche. L'idea principale di, questa misura è di incoraggiare enti, quali teatri, musei, associazioni professionali, centri di ricerca, università, istituti culturali e autorità pubbliche, provenien-ti da paesi diversi fra quelli ammessi al programma, al fine di accrescere la cooperazione fra diversi settori e ampliare il loro campo d'azione culturale e artistico oltre i confini nazio-nali. Relativamente ai progetti

di cooperazione pluriennale, il bando prevede un contributo da un minimo di 200 mila euro a un massimo di 500 mila euro per anno; il sostegno comunita-rio può coprire solo fino al 50% dei costi ammissibili totali. La sovvenzione è finalizzata a sostenere o a estendere la por-tata geografica di un progetto, garantendone la sostenibilità al di la della durata del finan-ziamento. Per quanto riguarda i progetti di cooperazione di durata massima biennale, gli importi disponibili vanno da

un minimo di 50 mila euro a un massimo di 200 mila euro; il sostegno comunitario può coprire solo fino al 50% dei co-sti ammissibili totali. Infine, i progetti di cooperazione con paesi terzi, devono coinvolgere non meno di tre operatori cul-turali, provenienti da minimo tre paesi partecipanti al pro-gramma, garantire una coope-razione culturale con almeno un'organizzazione del paese terzo selezionato e prevedere attività culturali nello stesso. Gli importi disponibili vanno da 50 mila euro a 200 mila euro; il sostegno comunitario può co-prire solo fino al 50% dei costi ammissibili totali.

Sostegno a festiva! cultu-rali europei. Il fine di questa misura è il sostegno ai festival che abbiano una dimensione europea e che contribuiscano al raggiungimento degli obiettivi specifici del programma, ossia la mobilità dei professionisti, la circolazione di opere e il dialogo interculturale. L'importo massi-mo della sovvenzione è di 100 mila euro, che rappresenta un massimo del 60% dei costi am-

missibili. Il sostegno può essere garantito per una edizione del festival.

Progetti di cooperazione tra organizzazioni coinvol-te in analisi delle politiche culturali. Il bando finanzia progetti di cooperazione tra or-ganizzazioni pubbliche o priva-te quali dipartimenti culturali di autorità nazionali, regionali o locali, osservatori culturali o fondazioni, dipartimenti di uni-versità specializzate nell'am-bito culturale, organizzazioni professionali e reti.

Tali soggetti devono possede-re esperienza pratica e diretta nell'analisi, valutazione o valu-tazione d'impatto delle politiche culturali a livello locale, regio-nale, nazionale e/o europeo. Le azioni devono coinvolgere un minimo di tre organizzazioni legalmente costituite in alme-no tre paesi partecipanti al programma.

L'importo massimo della sovvenzione è di 120 mila euro all'anno, che rappresenta un massimo del 60% dei costi am-missibili. O Ripmduzione riserv ata

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IMIla Le 00 min la reilliora

Pagina 23 di 28

Pagina 39 Sorrogo solo ai coltsiglieri

pressunE t

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28/09/2012

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L'articolo 45 del decreto 267/2000 non sí applica al primo cittadino

Surroga solo ai consiglieri L'istituto non si estende al sindaco sospeso

istituto della surroga / provvisoria del con-

sigliere comunale, disciplinato dall'art.

45 del dlgs n. 267/2000, è ap-plicabile anche all' ipotesi della sospensione del Sindaco dispo-sta ai sensi dell' art. 59 del dlgs citato?

Uart. 45 del dlgs n. 267/2000, al comma 2, dispone che «nel caso di sospensione di un con-sigliere ai sensi dell'art. 59, il consiglio (...) procede alla tem-poranea sostituzione affidando la supplenza per l'esercizio delle funzioni di consigliere al candi-dato della stessa lista che ha riportato, dopo gli eletti, il mag-gior numero di voti».

Tuttavia, la fattispecie in que-stione, relativa alla sospensione del Sindaco, non ricade nell'am-bito applicativo dell'art. 45, ma in quello dell'art. 53, il quale, ine-quivocabilmente, prevede che il vicesindaco sostituisce il sindaco «in caso di assenza o impedimen-to temporaneo, nonché nel caso di sospensione dall'esercizio della funzione ai sensi dell'art. 59»

Pertanto, la disciplina dell'art.

45, che si riferisce unicamente ai consiglieri comunali, non può trovare applicazione in caso di sospensione dall'esercizio delle funzioni del sindaco, il quale è sicuramente componente del consiglio comunale, ma non con-sigliere comunale.

CONSIGLIERE DECADUTO Quesito: Può conside-

rarsi decaduto un con-sigliere comunale per mancata partecipazione alle sedute del consiglio? È applicabile la discipli-na statutaria - ai sensi della quale sono dichia-rati decaduti i consiglie-ri che, senza giustificato motivo, siano assenti dal consiglio per tre sedute consecutive - in caso di autosospensione, da par-te di consiglieri comunali di minoranza, effettuata allo scopo di evidenziare il pro-prio dissenso?

L'istituto della decadenza per mancata partecipazione alle se-dute è previsto dall'art. 43, com-

ma 4, del dlgs n. 267/2000 che demanda allo statuto comunale la relativa disciplina, «garanten-do il diritto del consigliere a far valere le cause giustificative».

La giurisprudenza ha chiari-to che la decadenza dalla carica di consigliere appartiene alla categoria di quelle limitazioni

all'esercizio di un diritto al mu-nus publicum che devono essere interpretate restrittivamente.

Di conseguenza la decadenza non può riguardare il deliberato astensionismo di un gruppo po-litico che rientra nel novero delle facoltà ordinariamente a disposi-

zione delle forze di opposizione, ma piuttosto sanziona compor-tamenti negligenti dei consiglieri dai quali possano derivare disagi all'attività dell'organo la cui va-lutazione, meramente discrezio-nale e di esclusiva competenza del solo consiglio comunale , co-stituisce il fondamento giuridico

del provvedimento. Il Tar Lombardia, Brescia

sez. II, con la sentenza del 28-4-2011 n. 638, nell'acco- gliere un ricorso avverso una deliberazione di decadenza di un consigliere per manca- ta partecipazione alle sedute del consiglio, ha ribadito che l'astensionismo ingiustifica- to di un consigliere comunale costituisce legittima causa di decadenza sul presupposto del disinteresse e della ne- gligenza che l'amministra- tore mostra nell'adempiere

il proprio mandato e che rientra nel diritto del consigliere comu- nale l'impiego di tutti gli stru- menti giuridici offerti dall'ordi- namento per opporsi a decisioni non condivise (quali, ad esempio, l'espressione di voti contrario, l'astensione dal voto o l'omessa

partecipazione alla seduta anche al fine di impedire il formarsi del quorum strutturale).

Pertanto, tali principi giuri-sprudenziali dovrebbero costitu-ire paradigma di riferimento di un' eventuale deliberazione del consiglio del comune ai sensi del proprio statuto comunale, pur rientrando nella discrezionalità del suddetto organo assembleare la valutazione in ordine alla sus-sistenza dei presupposti previsti dalla citata fonte normativa.

Si soggiunge che l'art. 43 del dlgs n. 267/2000 demanda allo statuto dell'ente di stabilire i casi di decadenza per mancata partecipazione alle sedute, fermo restando il diritto del consigliere a far valere le cause giustificati-ve delle assenze nonché fornire eventuali documenti probatori (ex multis Tar Sicilia sent. 14 marzo 2011, n. 464).

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Dal 15 settembre è partita la previdenza complementare Dal 15 settembre scorso è attivo il Fondo Perseo, il fondo pensione complementare, che si rivolge al personale dei comparti Regioni-autonomie locali e Sanità. Dopo che la Commissione di Vigilanza sui fondi pensione ha autorizzato all'esercizio delle attività, Perseo è il se-condo fondo nazionale, destinato ai lavoratori pubblici, a diventare operativo. Potranno aderire oltre al personale dirigente e non dirigente dei due comparti indicati, anche i segretari comunali, con la sottoscrizione dei relativi accordi di adesione, il personale di enti e organizzazioni regionali e interregionali, i dipendenti di case di cura e il personale di strutture ospedaliere gestite da enti religiosi; l'iscrizione è ammessa anche ai familiari fiscalmente a carico. L'adesione al fondo è volontaria e i lavoratori iscritti hanno diritto a eleggere l'Assemblea dei delegati, composta da 60 membri; il consiglio di amministrazione, composto da 20 membri, ha il compito di gestire il fondo e la sua organiz-zazione funzionale e amministrativa. Ogni lavoratore versa i contributi sulla base di due principi: contribuzione definita e capitalizzazione individuale. Le sonune versate confluiscono nel conto individuale e sono investite in strumenti finanziari, tramite gestori professio-nali; tale conto è costituito, pertanto, sia dai versamenti effettuati che dai rendimenti che derivano dai risultati della gestione finanziaria. L'ammontare della pensione comple-mentare dipenderà dai contributi e dai rendimenti matu-rati e potrà essere richiesta dal lavoratore sotto forma di capitale, in una sola soluzione o in forma mista rendita/ capitale. L'adesione al fondo, a carico del lavoratore e del datore di lavoro, è di 2,75 euro, mentre la quota associativa annuale è fissata, per il 2012, in 16 euro, con prelievo sulle quote men-sili di contribuzione. Le quote di tfr dei dipendenti pubblici non saranno versate direttamente a Perseo, ma saranno ac-cantonate figurativamente nella gestione ex Inpdap, che le contabilizza e le rivaluta sulla base del rendimento medio di un paniere di fondi di previdenza complementare attivi. Alla cessazione del rapporto di lavoro tali somme accantonate sono trasferite al fondo sommandosi ai contributi versati, dal lavoratore e dal datore di lavoro, e dai rendimenti della gestione finanziaria. Versando al fondo, oltre al tfr, una contribuzione volontaria di almeno l'1% della retribuzio-ne, i lavoratori hanno diritto al versamento da parte del datore di lavoro di un contributo fisso dell'1%. L'aliquota di contribuzione a carico del lavoratore può essere elevata rispetto al minimo e per i dipendenti pubblici già assunti alla data del 1° gennaio 2001 è prevista un'ulteriore quota del 1,5%, accantonata dall'ex Inpdap, con le stesse modalità del tfr. L'iscrizione al fondo Perseo è possibile anche online e gli uffici personale degli enti possono scaricare, dal sito internet dedicato, la procedura operativa, la locandina e i pieghevoli da consegnare ai dipendenti, al fine di diffondere la partecipazione al fondo.

Eugenio Piscino

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Riduzione del numero di consiglieri e assessori Passaggio dei consiglieri al sistema previdenziale contributivo consiglieri

Riduzione degli stipendi dei consi-glieri, subordinandoli all'effettiva presenza

Istituzione di un collegio dei revisori dei conti

Dalla prossima legislatura

Dal 1° gennaio 2012

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28/09/2012

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Molte delle misure contenute nel dl 138/2011 avrebbero dovuto trovare applicazione da mesi

Regioni, i tagli sono già previsti Tetto ad assessori e consiglieri e riduzione degli stipendi

DI MATTEO BARBERO

Lo scandalo scoppiato nel Lazio sembra avere innescato un processo di riforma dell'assetto

organizzativo e funzionale delle regioni, che potrebbe affiancarsi a quelli, già in cor-so, concernenti le province e di comuni.

Alcune delle proposte sul piatto (riduzione del numero delle regioni ordinarie, snel-limento delle relative compe-tenze, ridefinizione delle «for-me e condizioni particolari di autonomia» di quelle speciali) richiedono, tuttavia, una mo-difica della Costituzione che, al momento, pare irrealizza-bile sia per ragioni di tempo (la legislatura sta volgendo

al termine) che per motivi di equilibri politici che neppure l'onda di indignazione popo-lare sembra in grado di mo-dificare.

Vi sarebbero, tuttavia, alcu-ni interventi che risultano non

misurandoli altresì all'effettiva parte-cipazione ai lavori dell'assemblea di appartenenza;

4) l'istituzione di un collegio dei revisori dei conti composto da revisori legali profes-sionisti, quale organo

di vigilanza sulla rego-larità contabile, finan-ziaria ed economica della

gestione, in raccordo con le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti;

5) il passaggio dei consiglieri al

sistema pre- videnziale contribu- tivo consi-

glieri. Quest'ulti-

ma misura e i tagli delle pol-trone avrebbero dovuto essere definiti entro la fine del 2011 con effetto dalla prossima le-gislatura regionale, ma le al-tre avrebbero dovuto scattare dal 1° gennaio 2012.

Avrebbero, perché ben po-che regioni si sono adegua-te. Anzi, molte di esse (oltre a quelle speciali, Basilicata, Calabria, Emilia-Romagna, Lombardia, Umbria, Veneto, e, udite udite, Lazio) hanno fatto ricorso alla Corte costi-tuzionale lamentando la lesio-ne delle proprie prerogative autonomistiche, rafforzate dall'infausta riforma costitu-zionale del 2001.

solo possibili in tempi brevi (anche operando solo a livello di legislazione ordinaria), ma addirittura obbligatori.

In particolare, viene in considerazione l'art. 14 del dl 138/2011. Tale disposi-

-

La Consulta, però, ha dato loro torto su quasi tutta la linea (si sono salvate solo le speciali, il cui statuto è blin-dato dalla sua natura costi-tuzionale). La sentenza n. 198 (depositata lo scorso 20 luglio) ha riconosciuto la le-gittimità sia degli obiettivi di «coordinamento della finanza pubblica» perseguiti dal legi-slatore statale che delle mo-dalità attraverso le quali le regioni devono (dovrebbero) concretizzarli, modalità che lasciano ampi margini di di-screzionalità ai governatori, ovvero pongono «precetti di portata generale per il conte-nimento della spesa».

La Corte si è soffermata con particolare attenzione sull'obbligo per le regioni di costituire al proprio interno degli organi di revisione pro-fessionali. In effetti, quasi nessuna regione dispone di si-mili strutture e le funzioni di controllo dei conti sono spesso affidate agli stessi consiglieri, con una inverosimile sovrap-posizione fra controllori e controllati. La norma richia-mata impone di eliminare tale anomalia, introducendo per le amministrazioni regionali un sistema di controllo analogo a quello già previsto, per le amministrazioni locali.

—O Riproduzione riservata—M

zione ha imposto alle regioni di adeguare i pro-pri ordinamenti prevedendo:

1) la riduzio-ne del numero dei consiglieri regionali entro un tetto fissato per fasce di popolazio-ne;

2) la previsione di un numero massimo di as- sessori pari ad un quinto del numero (ridotto) dei consiglieri;

3) la riduzione degli stipendi dei consiglieri entro il limite dell'in- dennità massi-ma spettante ai membri del Par-lamento, com-

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Una ricerca sul federalismo demaniale realizzata da Legautonomie, Luiss e Unicredit

Dismettere gli asset? Non basta Semplificazione e valorizzazione per il patrimonio pubblico

ItaliaOggi pubblica le prefazioni alla Ricerca: «Dal federalismo demaniale alla valorizzazione del patrimo-nio pubblico», realizzata da Legautonomie — Luiss Busi-ness School — Unicredit Cor-porate Banldng.11 testo della Ricerca è scaricabile dal sito www.legautonomie.it.

Il decreto legislativo n. 85/2010 costituisce il primo decreto di at-tuazione della legge 5 maggio 2009, n. 42, recante «Delega al governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione» che pre-vede: «I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno un proprio patrimonio, at-tribuito secondo i principi gene-rali determinati dalla legge dello Stato». Il patrimonio viene quindi collocato e incardinato nell'ambi-to dei nuovi assetti della finanza pubblica e del sistema di finan-ziamento di Regioni ed enti locali diventando esso stesso elemento costitutivo della dotazione di un territorio al pari delle altre risorse che, nella disciplina dell'art. 119 della Costituzione, consentono di finanziare le funzioni attribuite al sistema delle autonomie.

Quando si è deciso di effettuare questa ricerca lo scopo di Legau-tonomie era quello di accompa-gnare gli enti locali verso un cor-retto approccio all'acquisizione dei beni patrimoniali oggetto del confèrimento e fornire uno stru-mento operativo utile ai fini di una loro corretta valorizzazione e messa a disposizione delle col-lettività locali; senza perdere di vista questo legame sistematico con il federalismo fiscale e gli ele-menti di dinamicità che ad esso dovrebbero essere connaturati, pur nel rispetto e nella garanzia per tutti i cittadini dell'uniformi-tà dei livelli essenziali delle pre-stazioni civili e sociali.

Tuttavia l'attuazione del de-creto sembra essersi impantana-ta in un intreccio di difficoltà e contrasti sorti in corrispondenza del parallelo arenarsi del proces-so di attuazione del federalismo fiscale, messo in discussione dalla ricentralizzazione delle leve de-cisionali in materia di finanza pubblica, operata nella convin-zione di poter così garantire al meglio gli obiettivi di risana-mento e di pareggio di bilancio. Sappiamo infatti quali sono i vincoli e i legami che, a partire

dal patto di stabilità, ingessano le leve dell'autonomia finanziaria e fiscale degli enti territoriali e che hanno finito per minare alla radice le basi strutturali stesse del federalismo fiscale.

Tra i più significativi parame-tri del decreto legislativo c'è quel-lo della «massima valorizzazione funzionale del bene attribuito», a vantaggio diretto o indiretto della collettività territoriale rap-presentata, assicurando l'infor-mazione alla collettività stessa ed il suo massimo coinvolgimento e partecipazione circa le finalità dei beni oggetto del conferimento, rappresentando ciò un vincolo per le successive decisioni operative dell'ente. -

Questa apertura alla parteci-pazione dei cittadini alla destina-zione funzionale del bene, sia in una logica di attuazione della sussidiarie- tà orizzontale che di maggiore trasparenza sembra però destinata ad essere offuscata dal prevalere di altre logi- che ed obiettivi, pur presenti nello stesso decreto legislativo, ma che rimandano ad un mero processo di alie-, nazione dei beni al fine di concorrere all'ab- battimento del debito; sebbene anche questo lo si possa considerare, in ultima ratio ed in as- senza di chiare proposte alternative da parte dei cittadini, un obiettivo og-gettivamente connaturato agli stessi interessi della collettività amministrata.

Questa è al dunque la principale finalità della legge, quella, cioè, di dare agli enti territoriali la possibilità di abbattere il loro debito me-diante la vendita dei beni ad essi trasferiti gratuitamente da parte dello Stato, ovvero, in assenza di debito, per spese di investimen-to.

Ma se è questo il senso e il contesto in cui si colloca oggi il c.d. federalismo demaniale allo-ra esso va riconnesso a un piano complessivo che riguarda l'inte-ro sistema paese e a processi di valorizzazione/dismissione del patrimonio in cui siano integra-ti gli interventi di tutti i livelli istituzionali coinvolti, secondo una logica e una regia unitaria al fine di creare valore aggiunto sul territorio e il coinvolgimento di risorse e attori privati. , .

Non si tratta semplicemente di dismettere asset patrimoniali ma di accompagnare questa attività con misure di semplificazione amministrativa e processi di va-lorizzazione che siano convenien-ti sia nell'aspetto economico che in quello della riqualificazione urbana e dello sviluppo econo-mico, come può essere nel caso dei Programmi unitari di valoriz-zazione territoriale, che trovano fondamento nella partnership tra tutti i soggetti pubblici e nei

principi di cooperazione e di co-pianificazione degli interventi sul territorio, coerentemente con gli strumenti della programmazione economica e territoriale; ovvero nel conferimento dei beni, com-presi quelli interessati al trasfe-rimento ai sensi del dlgs 85, in fondi comuni di investimento immobiliare, o strumenti analo-ghi, al fine di stimolare l'afflusso di ulteriori risorse anche private e a sostegno di interventi di svi-luppo sostenibile.

La ricerca, che soffre un po' de-gli effetti della rapida evoluzione della disciplina in materia, ha co-munque fissato alcune invarianti con l'intento di dare un contributo operativo al dibattito attraverso due temi di grande interesse e attualità: le scelte per la valo-rizzazione e la

gamma degli strumenti per la concreta attuazione.

Sono passati ben tre anni dalla emanazione della Legge 42/2009 che dava avvio alla riforma fede-ralista voluta dall'allora Gover-no Berlusconi e ben due anni dal decreto legislativo 85/2010, ossia dal cosiddetto «federalismo de-maniale» Un progetto ambizioso di riforma federale dello Stato e di revisione profonda delle au-tonomie locali che ad oggi non si è realizzato. La ragione non è da attribuirsi alla mancanza di volontà politica in quanto il Governo prima e il Parlamento successivamente avevano legife-rato nei tempi che il programma di legislatura si era dato.

Il vero «default» del federali-smo demaniale, in particolare, si è manifestato all'atto di avviare i procedimenti introdotti dalla norma. E ciò è avvenuto fonda-mentalmente per due ragioni: la prima è imputabile alla comples-sità procedurale prevista dalla riforma; la seconda è dovuta alla sostanziale incapacità degli Enti

Territoriali di sostituirsi allo Sta-to nella gestione »economica» di un patrimonio molto eterogeneo che si sarebbe andato ad aggiun-gere al patrimonio proprio, già di difficile gestione. Di fronte a un evidente ed incombente proble-ma più che ad una opportunità, i Comuni prima di tutto, ma anche Province e Regioni hanno evitato in ogni modo di assumersi l'one-re della gestione di un ulteriore patrimonio, considerato più come un costo addizionale da affronta-re che come un vantaggio patri-moniale.

Ci si può domandare a due anni di distanza se effettivamente si è trattato di un'occasione perduta per un più efficace utilizzo del patrimonio pubblico o al contra-rio un'opportunità per ripensare a un diverso modo di gestire e valorizzare i patrimoni pubblici presenti nel paese?

Sicuramente la procedura immaginata dal dlgs 85/2010 di trasferimento agli Enti locali di tutto il patrimonio disponibile dello Stato, su richiesta di que-sti ultimi, non è stata recepita positivamente, soprattutto dopo che sono stati pubblicati e pre-sentati in sede di Conferenza Stato-Regioni gli elenchi dei beni dello Stato trasferibili. 12 mila beni patrimoniali per un valore complessivo di circa 2,3 miliardi di euro, per un valore medio di mercato di 200 mila euro a bene. Relitti, piccoli lo- cali, beni occupati senza titolo, beni locati ma con contenziosi in corso, aree già urbanizzate dai Comuni e di fatto usucapi- te ecc. ecc. Pochi e in pessimo stato manutentivo i beni di un certo valore e di effettivo

interesse per gli Enti locali. Un elenco compilato dall'Agenzia del Demanio solo dopo che le Ammi-nistrazioni centrali dello Stato avevano esercitato il diritto di escludere dal trasferimento beni in uso proprio, per molteplici e alle volte oscure finalità statali. In sostanza le attese dei Comuni di ritrovarsi atuitamente ca-

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serme dismesse, edifici di pregio, edifici a reddito, sono risultate del tutto vanificate all'atto della pubblicazione degli elenchi.

Anche gli Enti territoriali so-vraordinati sono stati delusi nel-le attese relative ai trasferimenti demaniali. La gestione del dema-nio idrico e lacuale era già stata trasferita nel 2001, gli aeroporti di livello regionale, attivi, sono affidati in concessione a società miste per 40 anni e sono gestiti da Enac ed Enav che beneficiano dei canoni relativi, i piccoli aero-porti locali non sono più funzio-nanti e neanche funzionali. La gestione del demanio marittimo è già trasferita a regioni e comuni ed allo Stato è rimasta la riscos-sione dei canoni derivanti dalle concessioni. Le Regioni non si sono certamente mobilitate ad assumersi l'onere di organizzare la riscossione per pochi milioni di euro l'anno (lo Stato ne riscuote complessivamente 70). Il dema-

nio storico-artistico trasferibile, perché di valore non nazionale, può essere utilizzato solo con finalità pubbliche ed esige costi manutentivi molto cospicui.

Sono dunque chiare ed evidenti le ragioni per cui il federalismo demaniale è stato un «fiop». Non si può immaginare che in una congiuntura economica negati-va gli. Enti territoriali possano assumersi l'onere di un patri-monio e demanio statale che, nelle attuali condizioni fisiche, tecniche ed amministrative rap-presenta un onere, anziché un arricchimento. I tempi in cui le ricchezze patrimoniali improdut-tive rappresentavano comunque un'occasione da non perdere sono lontani. Nessuna amministrazio-ne pubblica accetta più un pre-sunto «regalo», senza valutarne gli effettivi impatti sul proprio bilancio. L'approccio di mercato è ormai una regola comune per gli operatori privati come anche per quelli pubblici.

E allora che fare per rendere il federalismo demaniale un'op-portunità?

La risposta è contenuta in ciò che lo Stato ha cominciato a fare con le norme emanate fra la fine del 2011 e il 2012. Ossia fornire innanzitutto agli Enti locali gli strumenti normativi e le procedure che consentono di creare valore e reddito dai beni patrimoniali. Regioni e Comuni

hanno l'esigenza ai creare valore, prioritariamente per i beni di loro proprietà, quelli che pesano sui propri bilanci e solo successiva-mente si possono loro attribuire i beni statali, che realizzano una sinergia con i patrimoni propri.

I beni patrimoniali e demaniali improduttivi devono restare allo Stato che può, con le competenze tecniche ed amministrative più evolute che dispone, affrontare un processo di razionalizzazione e valorizzazione complessivo.

Finalmente oggi si è consape-voli che occorre attivare una regia comune dei diversi detentori di patrimoni pubblici e che si deve procedere, con finalità comuni, ad un progressivo processo di valo-rizzazione e trasformazione del patrimonio locale e statale, assi-stito, fin dal principio anche dalle competenze e le risorse private. Solo a valle di un lungo proces-so di trasformazione e privatiz-zazione è possibile procedere ad una equilibrata ripartizione del patrimonio complessivo fra i di-versi soggetti pubblici, in funzio-ne delle effettive esigenze di uso e di reddito.

Con un processo così congegna-to, dove si trasferiscono valori ef-fettivi e oneri sostenibili, il fede-ralismo demaniale potrà essere realizzato ed avere successo.

Elisabetta Spitz, Architetto

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Dismettere gli ossei? Non ha ta

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