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di VENERDÌ 17 GENNAIO 2014

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Sanità, ecco i voti del Ministero alle regioni:bocciate Puglia, Calabria e CampaniaLa 'classifica' dei sistemi sanitari nel 2012 secondo 21 indicatori: in testa Emilia Romagna,Veneto e Toscana. Perde posizioni la Lombardia. Il sud in difficoltàdi MICHELE BOCCI

ROMA - Estensione delle vaccinazioni, prevenzionedegli incidenti sul lavoro, posti letto nelle residenze peranziani, percentuali di cesarei. I dati del ministeromettono in riga la sanità delle Regioni italiane in base a21 indicatori che si riferiscono all'attività del 2012. Ildocumento definitivo è pronto per essere licenziato edanalizzandolo si ricava una classifica delle tante sanitàitaliane che ancora una volta rivela i problemi del Sud ele eccellenze del Centro-Nord.

I punteggi assegnati si basano sul rispetto o meno dei Lea, cioè i livelli essenziali di assistenza, leprestazioni che tutte le Regioni sono obbligate ad assicurare ai propri cittadini come stabilito a livellonazionale. Tra l'altro la lista dei migliori e dei peggiori ricavata grazie alla cosiddetta "griglia Lea" serveanche a calcolare come viene suddivisa una parte del fondo sanitario nazionale, quindi ha a che fare conquanto c'è di più importante per i sistemi sanitari, i finanziamenti.

2011 VALUTAZIONE 2012 VALUTAZIONE

1° Emilia Romagna 213 1° Emilia Romagna 208

2° Lombardia 195 2° Veneto 192

3° Umbria 184 2° Toscana 192

4° Veneto 182 4° Lombardia 182

5° Piemonte 170 5° Piemonte 180

6° Toscana 168 6° Umbria 174

7° Basilicata 167 7° Liguria 173

8° Liguria 166 8° Marche 165

9° Marche 161 8° Basilicata 165

10° Lazio 152 10° Sicilia 156

11° Sicilia 147 11° Lazio 154

12° Abruzzo 145 12° Abruzzo 146

13° Molise 142 13° Molise 144

14° Calabria 128 14° Puglia 138

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RASSEGNA WEB repubblica.it Data Pubblicazione: 16/01/2014

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TAG ospedali, sanità , regioni, MINISTERO DELLA SALUTE

( 16 gennaio 2014 ) © RIPRODUZIONE RISERVATA

15° Puglia 123 15° Calabria 132

16° Campania 101 16° Campania 116

Fonte: MINISTERO DELLA SALUTE . Al sistema Lea non partecipano Valle d'Aosta, Sardegna, Friuli-Venezia Giulia eTrentino-Alto Adige

Nel 2012 l'Emilia Romagna si conferma la Regione più in forma d'Italia. Al secondo posto ci sono a parimerito Toscana e Veneto, seguite dalla Lombardia, che fa un salto indietro di due posizioni. Vienesopravanzata cioè da un'altra regione governata dalla Lega, quel Veneto il cui sistema sanitario siconferma tra i migliori e in crescita. Stesso discorso vale per la Toscana, che anche a causa di problemi nelcalcolo del 2011 fa un grande scatto in avanti e arriva sul podio. Il Piemonte è stabile mentre l'Umbriaarretra un po'. Si tratta comunque di Regioni considerate sane, per trovare i problemi bisogna spostarsiverso sud. Alle ultime tre posizioni si piazzano Puglia, Campania e Calabria. Nel documento sui Lea vienepresa in considerazione solo una delle Regioni a statuto speciale, la Sicilia.

L'intenzione del ministero, che ha raccolto i dati e inviati alle Regioni, non è certo quella di creare laclassifica, piuttosto di chiarire quali sono i problemi e le eccellenze dei vari sistemi sanitari, per apportarecorrettivi e distribuire al meglio i finanziamenti. I 21 indicatori si basano su vari aspetti dell'attività sanitaria.Si prende appunto in considerazione la copertura dei vaccini, quelli per i bambini e quello dell'influenza, maanche degli screening oncologici. Poi ci sono indicatori dedicati all'assistenza ai malati cronici, agli anziani eai disabili, oppure alla diffusione di esami come la risonanza magnetica. Si prendono in considerazioneanche il tasso di ospedalizzazione e la rapidità con cui avvengono gli interventi in media di emergenza delleambulanze. Ad ogni indicatore è dato un punteggio in numeri e alla fine si forma la graduatoria.

Ma ministero e Regioni stanno facendo anche un lavoro più ampio, la cui revisione avviene in questi giorni,contemporaneamente a quella della cosiddetta "griglia Lea". Si prendono in considerazione molti più fattorie si verifica quali realtà locali li rispettano. Sono solo tre quelle che quest'anno hanno raggiunto l'obiettivodi essere "in regola" in tutti i campi. Si tratta di Toscana, Lombardia e Veneto. Ad andar peggio, ancora unavolta le realtà del sud. La Campania, ad esempio, è inadempiente, tra l'altro, nei settori assistenzaospedaliera, liste di attesa, prevenzione, sperimentazione ed innovazioni gestionali, assistenza protesica,sanità penitenziaria, attività trasfusionale, percorso nascita, emergenza-urgenza. Il Lazio in assistenzaospedaliera, liste di attesa, assistenza domiciliare e residenziale, riorganizzazione rete dei laboratori, curepalliative, sistema Cup, percorso nascita, riabilitazione.

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ANTEPRIMA Benchmark 2012: Emilia Romagna prima, Toscana e Veneto seconde nella classifica di applicazione dei Lea 16 gennaio 2014 Prima l'Emilia Romagna. Seconde a parimerito Toscana e Veneto. Poi Lombardia e Piemonte. Sono le prime cinque Regioni (a statuto ordinario) nella classifica realizzata con la «griglia Lea» (il meccanismo che serve a valutare l'efficacia dell'erogazione dei servizi). Un risultato che ha un peso determinante anche nella scelta delle Regioni benchmark per il 2014: della classifica 2011 le prime quattro Regioni della nuova griglia Lea sono anche stae inserite tra le cinque tra cui scegliere quelle di riferimento per il riparto del fondo sanitario. E per la classifica "finale" oltre all'erogazione dei servizi dovranno arrivare i voti sugli aspetti economici della sanità regionale. La classifica è calcolata considerando promosse le Regione che superano il punteggio di 160, sotto osservazione fino a 130 e bocciate da 130 in giù. E come ogni classifica che si rispetti ci sono anche i fanalini di coda. Agli ultimi posti, con i punteggi minori, c'è come maglia nera la Campania, preceduta nell'ordine da Calabria, Puglia, Molise e Abruzzo. Una classifica ancora ufficiosa, ma che in attesa delle controdeduzioni locali già delinea come ogni anno le criticità di ogni Regione. Da cui l'unica "bocciata" sarebbe la Campania, in compagnia lo scorso anno di Calabria e Puglia che nel 2012 sono migliorate e passate "sotto osservazione" assieme a Lazio, Abruzzo, Sicilia e Molise che già lo erano l'anno precedente.. Le Regioni promosse, oltre le prime cinque in classifica, sono Liguria, Umbria, Marche e, unica del Sud, Basilicata. Qualche indamepienza o, come le definisce il comitato Lea, "adempienza con impegno", ce l'hanno anche le Regioni promosse. Prima tra tutte quella comune a molte (sei su nove) sul percorso nascita, puntando il dito spesso sulla chiusura dei punti nascita con meno di 500 parti.e sui cronoprogrammi per la loro riorganizzazione. Si tratta comunque di situazioni risolvibili secondo la relazione del comitato Lea, che indica alle Regioni i tasselli mancanti per rispettare gli impegni. Emilia Romagna (208 punti) Le adempienze con impegno sono relative obblighi informativi statistici, all'assistenza ospaedaliera (perché sia data «concreta attuazione» alla riorganizzazione proposta), al'assistenza domiciliare residenziale, all'accreditamento istituzionale. Le due inadempienze segnalate riguardano invece il percorso nascita e il piano nazionale di aggiornamento del personale sanitario Toscana (192 punti) Tra le adempienze con impegno ci sono liste di attesa, obblighi informativi, assistenza domicialiare e residenziale, controllo cartelle cliniche, cure palliative e percorso nascita. Veneto (192 punti) Non ci sono segnalazioni particolari per la Regione, se non la considerazione che

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le domuntazioni trasmesse hanno fatto superare i dubbi sull'aggiornamento del personale sanitario e sui punti nascita. Lombardia (182 punti) Adempeinza con impegno sul percorso nascita, in particolare sul cronoprogramma Piemonte (180 punti) Le inadempienze riguardano obblighi informativi, liste di attesa, contabilità analitica, prevenzione, lea aggiuntivi, sanità penitenziaria, sistema CUP, prevenzione in sicurezza alimentare e sanità pubblica veterinaria, linee guida per la dematerializzazione. Le adempienze con impegno invece l'assistenza domiciliare e residenziale, i dati NSIS-SISM, i punti nascita e l'emergenza-urgenza. Umbria (174 punti) Due le inadempienze, su percorso nascita ed emergenza-urgenza. Poi le adempienze con impegno su: obblighi informativi statistici, liste d'attesa, assistenza residenziale e territoriale, accreditamento istituzionale, cartelle cliniche, cure palliative, sanità penitenziaria, dati NSIS-SISM, dati NSIS-SIND. Liguria (173 punti) In questo caso l'inadempienza riguarda l'appropriatezza per il mancato superamento dell'impegno dell'anno 2011. Le adempienze con impegno invece sono sugli obblighi informativi statistici e sul mantenimento erogazione dei Lea. Poi liste di attesa, assistenza protesica, cure palliative, sanità penitenziaria e percorso nascita. Basilicata (165 punti) Tre indadempienze: percorso nascita, emergenza-urgenza, prevenzione in sicurezza alimentare e Sanità pubblica veterinaria. Poi le adempienze con impegno: obblighi informativi statistici, liste d'attesa, contabilità analitica, flusso informativo assistenza-domiciliare SIAD, riorganizzazione rete laboratoristica, sanità penitenziaria, dati NSIS - SISM, sistema Fascicolo Sanitario Elettronico, riabilitazione. Marche (165 punti) Anche in questo caso tre inadempienze: percorso nascita, prevenzione in sicurezza alimentare e Sanità pubblica veterinaria, altri aspetti dell'assistenza farmaceutica. E per le adempienze con impegno: liste d'attesa, flusso informativo assistenza domiciliare e residenziale FAR, prevenzione, accreditamento istituzionale, cartelle cliniche, dati NSIS - SIND, sistema Fascicolo sanitario elettronico, emergenza-urgenza, Flusso informativo EMUR, riabilitazione. Sicilia (156 punti) Aumentano le inadempienze della zona "sotto osservazione" e alla Regione il comitato Lea le contesta su: erogazione lea, contabilità analitica, confermabilità direttori generali, prevenzione, lea aggiuntivi, accreditamento istituzionale, cartelle cliniche, dati NSIS-SISM, punti nascita, emergenza-urgenza, riabilitazione, prevenzione in sicurezza alimentare e sanità pubblica veterinaria, altri aspetti dell'assistenza farmaceutica. Adempienze con impegno riguardano: obblighi informativi statistici, assistenza domiciliare e residenziale, piano nazionale aggiornamento del personale, cure palliative.

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Lazio (154 punti) Le inasdempienze: obblighi informativi, assistenza ospedaliera, liste di attesa, conferimento dati al SIS, contabilità analitica, dispositivi medici, assistenza domiciliare e residenziale, percorsi diagnostico-terapeutici, lea aggiuntivi, accreditamento, sperimentazioni gestionali, riorganizzazione rete laboratoristica, cartelle cliniche, cure palliative, sanità penitenziaria, sistema CUP, sistema FSE, percorso nascita, riabilitazione, linee guida per la dematerializzazione, altri aspetti dell'assistenza farmaceutica. Adempienze con impegno invece sono:rischio clinico, emergenza-urgenza, cure primarie. Abruzzo (146 punti) Inadempienze su: erogazione dei lea, appropriatezza, liste di attesa, contabilità analitica, assistenza domiciliare e residenziale, prevenzione, lea aggiuntivi, accreditamento istituzionale, cure palliative, emergenza-urgenza, riabilitazione. Le inadempienze con impegno sono: obblighi informativi statistici, assistenza ospedaliera, fascicolo sanitario elettronico, attività trasfusionale, percorso nascita. Molise (144 punti) La Regione è inadempiente su: obblighi informativi economici, obblighi informativi statistici, erogazione dei Lea, assistenza ospedaliera, liste di attesa, contabilità analitica, assistenza domiciliare e residenziale, prevenzione, percorsi diagnostico-terapeutici, riorganizzazione rete laboratoristica, cartelle cliniche, cure palliative, sanità penitenziaria, rischio clinico, sistema CUP, attività trasfusionale, percorso nascita, emergenza-urgenza, riabilitazione. Ed adempiente con impegno sui dati NSIS SISM. Puglia (138 punti) Inadempiente su: erogazione lea, assistenza ospedaliera, assistenza domiciliare e residenziale, lea aggiuntivi, cartelle cliniche, rischio clinico,percorso nascita, prevenzione in sicurezza alimentare e sanità pubblica veterinaria,altri aspetti dell'assistenza farmaceutica. Adempiente con impegno su: liste di attesa, accreditamento istituzionale, sanità penitenziaria, dati NSIS SISM, dati NSIS SIND, emergenza-urgenza, riabilitazione. Calabria (132 punti) Le inadempienze sono su: obblighi informativi statistici, erogazione dei lea, assistenza ospedaliera, appropriatezza, liste di attesa, contabilità analitica, dispositivi medici, assistenza domiciliare e residenziale, prevenzione, lea aggiuntivi, accreditamento istituzionale, riorganizzazione rete laboratoristica, cartelle cliniche, dati NSIS SISM, fascicolo sanitario elettronico, attività trasfusionali, emergenza-urgenza, linee guida per la dematerializzazione, altri aspetti dell'assistenza farmaceutica. Le adempienze con impegno sono su: flusso informativo assistenza domiciliare e residenziale FAR, piano nazionale aggiornamento del personale, dati NSIS SIND, percorso nascita, riabilitazione. Campania (116 punti) La Regione è inadempiente su: erogazione dei lea, assistenza ospedaliera, liste di attesa, contabilità analitica, prevenzione, piano nazionale aggiornamento personale, percorsi diagnostico-terapeutici, lea aggiuntivi, accreditamento istituzionale, sperimentazioni ed innovazioni gestionali, cartelle cliniche, assistenza protesica, cure palliative, sanità penitenziaria, rischio clinico, attività trasfusionale, percorso nascita. emergenza-urgenza, riabilitazione, linee guida per la dematerializzazione, altri aspetti dell'assistenza farmaceutica. Adempienze con impegno invece: obblighi informativi economici, obblighi informativi statistici, dati NSIS SIND, cure primarie.

©RIPRODUZIONE RISERVATA documenti

La certificazione della griglia Lea 2012

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Patto per la Salute. Firma entro febbraio. Lorenzin assicura sui 2 miliardi in più per il fondo 2014 Si riparte e stavolta c'è ottimismo. Tant'è che l'impegno è chiudere la partita entro il prossimo mese. Regioni e ministero al lavoro per sviluppare i punti già avanzati nelle proposte regionali di fine ottobre. Ministero Salute dovrà avere più poteri di controllo sul rispetto dei Lea, sul coordinamento scientifico e la prevenzione. 16 GEN - Visione e pragmatismo per arrivare ad un Patto della Salute concreto con impegni stringenti. Il tutto con un rafforzamento dell’attività di controllo da parte del ministero della Salute. Per accompagnare chi è in difficoltà verso il risanamento. È questa la linea d’azione – decisa oggi nel corso della prima riunione del 2014, a Lungotevere Ripa – che Salute e Regioni porteranno avanti per chiudere a stretto giro di posta il nuovo Patto della salute. Un accordo che si definirà a partire dalle schede regionali di fine ottobre sulle quali i tecnici ministeriali e regionali torneranno a lavorare insieme a ritmo serrato. Obiettivo è chiudere presto, prima che scatti la "mannaia" di Cottarelli e della spending review che potrebbe rimettere in discussione gli stanziamenti per la sanità. Un punto caldissimo, questo, sul quale Lorenzin è stata chiara nel riaffermare la volontà del Governo di mettere sul piatto i 2 miliardi in più per il ticket, a patto però che il negoziato sul Patto per la salute si chiuda presto, proprio per evitare che i giochi siano fatti altrove. “La riunione è andata molto bene – ha dichiarato il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin - ci siamo visti con il comitato ristretto e siamo d’accordo su due punti di quello che deve essere il nuovo Patto: deve contenere visione e pragmatismo. Visione vuol dire avere l’ambizione di traghettare un progetto di pianificazione del Ssn che regga alle sfide attuali e dei prossimi anni. La prima sfida è quella della sanità transfrontaliera, la seconda è la sostenibilità del Ssn a fronte delle crisi economiche e del problema demografico con un a popolazione sempre più vecchia che sta cambiando il suo fabbisogno di salute”. Per quanto riguarda il pragmatismo, il ministro ha ricordato che i precedenti Patti sono stati attuati al 40-50%: “Questo perciò deve essere un Patto concreto con impegni stringenti da parte delle Regioni in accordo con Governo per fare le cose che si sono dette. Quindi anche con un sistema di verifica e di monitoraggio”. E ancora, ha evidenziato Lorenzin “è emerso inoltre da parte di tutti l’esigenza di un rafforzamento dell’attività di controllo da parte del ministero della Salute sugli aspetti sanitari sui Lea, sul coordinamento scientifico e sulla prevenzione. Sono molto contenta di questa richiesta, perché ci dà la possibilità anche di rispondere alle nuove esigenze epidemiologiche che abbiamo nel Paese. Ci saranno dei tempi molto stretti, i capitoli sono dieci e

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Patto Salute. Cecconi (Cgil): "Per 'amministrare' i tagli o per rilanciare il Ssn?" Servono segnali di cambiamento, il Governo deve proporre formalmente il riparto del finanziamento 2014 con i due miliardi aggiuntivi. Il Patto deve occuparsi di come ristabilire in tutto il Paese il diritto alla salute, sostenendo in tutte le regioni una riorganizzazione dei servizi fondata sull'appropriatezza, valorizzando il lavoro e superando la precarietà 16 GEN - E’ ripreso il confronto sul nuovo Patto per la Salute. Il maggior rischio è che si riduca ad “amministrare” i tagli decisi in questi anni. Quando servono invece segnali di cambiamento per mettere in sicurezza il Servizio sanitario nazionale e quindi i diritti delle persone. Per cominciare, come primo atto preliminare al confronto sul Patto, il Governo deve proporre formalmente il riparto del finanziamento 2014 con i due miliardi aggiuntivi, come più volte annunciato, per evitare i nuovi ticket. Ma lungimiranza (e coraggio) vorrebbe si discutesse, seriamente, come superare i ticket. Con un exit strategy divenuta necessaria di fronte a milioni di persone che rinunciano a curarsi per l’eccessivo peso della compartecipazione. In questi anni i ticket sono aumentati e, anziché favorire appropriatezza, hanno generato iniquità e distorsioni, favorendo consumi privati, o rinunce. E assicurando sempre meno entrate rispetto alle previsioni (anche a causa degli elevati costi per amministrarli), così che compensarne progressivamente il superamento non sarebbe impresa impossibile. Il Patto deve occuparsi di come sia possibile ristabilire in tutto il Paese il diritto alla tutela della salute e a cure di qualità. Un diritto che oggi non è non garantito a tutti i cittadini, soprattutto in alcune regioni. Si è creato un divario e una frammentazione che vanno aggrediti con strumenti adeguati, di rango costituzionale, proprio per rispettare l’obbligo di garantire i Livelli Essenziali di Assistenza in tutto il territorio nazionale. Non è facile proporre battaglie per la ricostruzione dei diritti e del SSN quando la tempesta dei tagli incombe. Ma non c’è alternativa, vanno fatte entrambe le cose: bisogna associare la lotta per un finanziamento adeguato al welfare a quella per la riqualificazione dei servizi. Solo così è possibile mantenere il ruolo, insostituibile, del SSN pubblico e universale. Per questo bisogna sostenere, in tutte le regioni, una riorganizzazione dei servizi fondata sull’appropriatezza: per cambiare logica ai piani di rientro, ma da fare anche nelle realtà più virtuose. In questo senso, una priorità del Patto, per noi, è la riorganizzazione dell’assistenza nel territorio. I centri sanitari/case della salute che proponiamo (vedi documento) rispondono ai crescenti bisogni delle persone. Ormai le patologie croniche, e la non autosufficienza che spesso le accompagna, sono

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considerate dall’OMS l’epidemia del nostro secolo. Richiedono più cure primarie h24 e di iniziativa, più prevenzione, più integrazione tra sanità e servizi sociali. E questa è anche un’alternativa indispensabile alla riorganizzazione della rete ospedaliera. Ecco perché il rinnovo delle cosiddette “convenzioni”per la medicina territoriale è un’occasione che non va sprecata e che va in qualche modo collegata al Patto per la salute. Sappiamo che per creare questa rete di Centri/Case della salute h 24 in tutto il paese servono investimenti iniziali, per lo start up si direbbe nei piani industriali. Per questo abbiamo proposto di sbloccare anche una parte dei fondi che le regioni aspettano da anni (svariati miliardi “congelati” presso il MEF), che dunque non incidono immediatamente sui saldi di bilancio e che sarebbero comunque vincolati alla riorganizzazione. Conviene fare queste scelte, e rapidamente: dove si è investito nei servizi territoriali è dimostrato che si ottengono benefici sul risanamento dei bilanci e sulla qualità dell’assistenza ai cittadini. Anche così si mette in sicurezza il diritto alla salute. Il Patto sarebbe già una “novità” se decidesse di avviare sul serio questa riorganizzazione, che sposta il baricentro dell’assistenza nel territorio e per l’integrazione tra sociale e sanità. Sapendo che una vera riorganizzazione è possibile solo valorizzando il lavoro, superando le precarietà, i dumping tra settori e professioni e salvaguardando i livelli di occupazione. Perciò deve essere sbloccata la contrattazione con i sindacati del settore. Lo abbiamo detto più volte, gli interventi di protezione sociale e sanitaria sono un’eccellente investimento. Possono garantire diritti e benessere, creare occupazione di qualità. In particolare nei servizi alla persona, dove è in costante aumento la domanda e dove c’è un gap di posti di lavoro da recuperare rispetto ad altri Paesi europei, che a parità di spesa hanno un’occupazione per abitante nel welfare superiore alla nostra. Così si aiuta il nostro Paese a crescere e a migliorare. E bisogna rivendicare che è stato il modello pubblico e universale ad assicurare un governo più appropriato della spesa, contribuendo anche al risanamento dei conti pubblici. Al contrario di dissennate privatizzazioni che distorcono e alla fine fanno crescere la spesa complessiva, come insegna la vicenda della sanità Usa. Ma se il Patto per la Salute vuole uscire da logiche “difensive” e corporative deve essere costruito con un nuovo metodo, che permetta un’ampia partecipazione. Le questioni che devono essere affrontate non sono materia solo per addetti ai lavori, riguardano tutti. Stefano Cecconi Responsabile Politiche della Salute Cgil nazionale 16 gennaio 2014 © Riproduzione riservata

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Costo standard. Lorenzin conferma: "Nel 2014 cambieremo i criteri. Più attenzione anche agli aspetti socio economici" Lo ha spiegato il ministro nel corso di un'audizione presso la Commissione bicamerale sul federalismo fiscale. "Stesso principio dovrà riguardare anche fabbisogni standard e Regioni benchmark". E nel 2014 "gli enormi flussi informativi generati da nuovi strumenti consentiranno un grosso salto di qualità". 16 GEN - Nel 2014 è necessaria” una revisione dei criteri per l’individuazione dei costi e dei fabbisogni standard. Un’azione che riguarderà inevitabilmente anche le regioni indicate come benchmark”. Lo ha spiegato il ministro Beatrice Lorenzin nel corso di un’audizione presso la Commissione parlamentare bicamerale per l’attuazione del federalismo fiscale. “La questione del finanziamento rappresenta l’aspetto dirimente per il futuro del Ssn – ha esordito – in quanto è direttamente legata alla tutela del diritto alla salute. E’ quindi, oggi più che mai, necessario razionalizzare la spesa incidendo in maniera oculata e ragionata sui bilanci regionali. In questo senso i costi standard costituiscono un passaggio essenziale per garantire la sostenibilità del sistema in maniera equa. E l’individuazione delle regioni benchmark permette di monitorare le risorse con efficacia. Si tratta di una modalità decisiva per localizzare e accertare le aree di inefficienza e per ridurre il divario che separa le regioni italiane” Lorenzin ha quindi osservato che per l’anno in corso serviranno “nuovi criteri, che non attengano essenzialmente all’assistenza ospedaliera come accaduto nel 2013”. Stanno infatti emergendo nuovi strumenti, “cioè flussi informativi – ha proseguito – in grado di conferire rilievo a nuovi ambiti, in particolare a quelli legati alla sfera socioeconomica e all’assistenza domiciliare”. Si profilano quindi notevoli passi avanti che “ci consentiranno di toccare livelli di implementazione mai raggiunti sino a questo momento, tramite un’analisi dettagliatissima del dato economico e del fabbisogno sanitario. In particolare grazie a strumenti come il Piano nazionale esiti, l’Anagrafe sanitaria, che ritengo l’infrastruttura basilare, il Nuovo sistema informativo sanitario (Nsis) e le norme relative all’open data arriveremo a conoscere in ogni azienda territoriale la caratura della popolazione, i costi e i rendimenti delle prestazioni erogate. Questo intreccio e incrocio tra dati – ha assicurato – genererà ingenti risparmi e importanti interventi a tutela dei cittadini”. Ma il 2014 dovrà essere anche l’anno della chiarezza “sin dal principio, soprattutto per quanto riguarda un’immediata effettuazione del riparto per l’anno in corso. Richiesta in tal senso, che condivido pienamente, mi è giunta nell’incontro di stamane con le Regioni. Serve infatti certezza affinché le Regioni siano subito operative. Questa mattina abbiamo discusso anche della necessità di non ragionare esclusivamente sui costi standard, verificando anche ulteriori parametri in modo da ottenere una più omogenea standardizzazione degli obiettivi”. E per le Regioni servono anche incentivi, “per esempio meccanismi di premialità per quelle in Piano di rientro che dimostrano di convergere verso gli indicatori standard. E per raggiungere simili obiettivi è imprescindibile introdurre sistemi analitici di controllo e gestione della contabilità che siano utilizzati, senza alcuna eccezione, in tutte le aree geografiche”. Nel complesso per vincere sfide così ambiziose “bisogna costruire nuovi sistemi di governance, che impediscano di scaricare le inefficienze sulle Regioni virtuose e che stronchino sul nascere qualsiasi opzione imperniata sul puro assistenzialismo. Cercheremo poi di rivedere il meccanismo rozzo dei Piani di rientro e di aggiornare i Lea. Le risorse ci sono, ora si concordino con le Regioni modalità di risparmio che considerino le differenze esistenti. E su questo punto il Patto per la Salute è decisivo. L’importante è che non venga modellato all’insegna di una visione contrattualistica, evitando cioè di collocare Stato e Regioni su due sponde opposte. Stiamo cercando una visione più ampia e organica. Deve essere il Patto della concretezza, non come i precedenti che sono stati attuati non oltre il cinquanta per cento”.

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ci saranno quindi dieci incontri che stiamo calendarizzando. Crediamo di poter finire in tempi molto brevi”. Quanto ai temi affrontati nel Patto “gli elementi più importanti altre alla riorganizzazione del territorio e della rete ospedaliera, sono capire come affrontare nel futuro la compartecipazione alla spesa, il personale e lo sblocco del turn over, e il meccanismo di aggiornamento dei piani di rientro così come era stati immaginati negli scorsi anni. Abbiamo affrontato il tema della spending interna – ha infine annunciato il ministro - cioè di quantificare in modo chiaro le risorse che si possono recuperare dai risparmi e individuare dove investirle nei prossimi anni”. Insomma, Ministero e Regioni sembrano sempre più coesi nel voler portare avanti una linea d’azione che non metta nell’angolo il sistema sanitario nazionale. Tant’è che, come ha spiegato Luca Coletto, l’assessore del Veneto e coordinatore degli assessori regionali alla Salute, al termine della riunione “Il rafforzamento del controllo da parte del ministero”, la cui esigenza è emersa questa mattina, si truce nel “potere di intervenire soprattutto nelle questioni economiche” e per “accompagnare meglio chi è in difficoltà verso il risanamento”. “Non la vedo come una prevaricazione del titolo V – ha specificato Coletto – ma piuttosto come una cogestione per migliorare le situazioni. La questione, dunque, credo si ponga soprattutto in termini economici perché quando nelle Regioni ci sono sbilanci eccessivi e nessun tipo di intervento da parte dei commissari, continuare su questa strada aggrava i bilanci e non permette un recupero da parte delle Regioni in tempi consoni”. In sostanza “C’è la volontà di collaborare in maniera più importante, in misura maggiore di quanto sia accaduto fino ad ora. Detto questo, non è che il federalismo sanitario abbia fatto male, perché ci sono regioni in attivo, ma certe non riescono e quindi un intervento forte del Governo sarebbe anche auspicabile per risolvere determinate situazioni. Abbiamo tempi molto stretti, ci vedremo già dalla prossima settimana”. Ma si è parlato ovviamente anche di risorse. Come ci conferma l'assessore della Toscana Luigi Marroni: "Il ministro ha ribadito l'impegno a finanziare il fondo sanitario 2014 con 2 miliardi in più derivanti dalla mancata introduzione dei ticket. Anche se, ha avvertito, e siamo d'accordo con lei, che bisogna far presto a chiudere il Patto. Pena il rischio che la spending review arrivi prima restringendo le risorse a nostra disposizione". La fine di febbraio è il termine massimo che Regioni e ministero si sono dati per chiudere. Anche se si spera di poterci riuscire addirittura prima. © Riproduzione riservata

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Responsabilità professionale sanitaria. Le proposte delle Regioni in audizione alla Camera “La responsabilità delle cure fa sempre capo al Ssn, e non può essere elusa” è quanto ha affermato Carlo Lusenti, assessore alla sanità dell'Emilia Romagan illustrando alla Commissione Affari sociali della Camera la posizione delle regioni. Il documento. Il documento delle Regioni. 16 GEN - “La responsabilità delle cure fa sempre capo al Servizio sanitario nazionale e non può essere elusa”. È questa la posizione delle Regioni sul tema della responsabilità professionale sanitaria, illustrata dall’Assessore della Regione Emilia-Romagna, Carlo Lusenti alla Commissione affari sociali della Camera. Un tema questo che deve però essere inquadrato nell’ambito dei Livelli essenziali di assistenza, ovvero nel quadro dei diritti del sistema. Lusenti si è in particolare soffermato su tre questioni fondamentali. “La prima necessità – ha detto Carlo Lusenti – è il lavoro fondamentale per realizzare un vero e proprio cambiamento culturale, considerando che la responsabilità delle cure fa sempre capo al servizio sanitario nazionale, anche quando emergano carenze o aspetti negativi. Esiste cioè – ha spiegato Lusenti – una responsabilità di sistema che non può essere elusa”. Quando il servizio sanitario “fallisce e il cittadino subisce dei danni occorre garantire un risarcimento in tempi contenuti che consideri l’entità del danno stesso, ma che tenga anche conto – come si sottolinea nello stesso documento della Conferenza – che in medicina alcuni errori sono inevitabili. Occorre anche uno sforzo maggiore sul fronte della formazione alla sicurezza”. Il tema, inoltre, deve però essere inquadrato nell’ambito dei Livelli essenziali di assistenza, ovvero nel quadro dei diritti del sistema. È da questo principio che si deve partire, andando anche al di là della parte meramente risarcitoria. Sotto questo profilo occorre considerare anche altri aspetti come quello del “danno reputazionale”, peraltro difficilmente quantificabile, che può colpire ad esempio un medico e, in generale, un clima in cui gli operatori sanitari non si sentono più sicuri nel loro lavoro”. La seconda questione toccata da Lusenti è relativa al ritardo legislativo relativamente al tema delle responsabilità delle professioni sanitarie. “Non esiste ancora un obbligo di assicurare le responsabilità civile nelle Asl. Le Regioni – ha detto Lusenti - giudicano positivamente le proposte

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all’attenzione del Parlamento, ma resta il fatto che ancora non si è arrivati ad una legge”. Il terzo tema è quello relativo alla costruzione di un sistema trasparente ed equo: “non ci sono osservatori regionali, mancano un omogeneo sistema di presa in carico e un impianto sistematico e procedurale nella relazioni con le diverse Istituzioni, fra cui la magistratura”. “Le Regioni – ha concluso Lusenti – chiedono al Parlamento di continuare il lavoro per una definizione più puntuale delle responsabilità professionali in ambito sanitario e sono disponibili ad un lavoro congiunto per coniugare al meglio iniziative legislative proprie delle Regioni con le proposte di legge al vaglio del Parlamento”. 16 gennaio 2014 © Riproduzione riservata

Allegati:

Il documento delle regioni sulla responsabilità professionale sanitaria

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Patient summary, ecco le linee guida Ue di Rosanna Magnano 16 gennaio 2014 Sostenere l'obiettivo della continuità delle cure e la sicurezza del paziente a livello transfrontaliero e costruire una base comune per i patient summary elaborati a livello nazionale. È questo l'obiettivo del documento «Guidelines on minimum nonexhaustive patient summary dataset for electronic exchange in accordance with the cross-border directive 2011/24/Eu», approvato il 19 novembre scorso dall'eHealth Network di cui per l'Italia fa parte il Nuovo sistema informativo sanitario (Nsis) del ministero della Salute. Linee guida che definiscono nel dettaglio i contenuti informativi del patient summary: un insieme minimo, non esaustivo, di informazioni che fotografano la condizione clinico-sanitaria di ciascun cittadino, individuano gli standard semantici, sintattici e tecnologici che possono essere adottati dagli Stati membri, le architetture e i modelli di riferimento, i ruoli e le responsabilità nella realizzazione e affrontano gli aspetti legali e culturali riguardanti lo scambio transfrontaliero di informazioni di salute sui cittadini europei. Queste informazioni possono essere scambiate tra gli Stati membri per supportare l'assistenza sanitaria ai cittadini europei in qualsiasi Paese dell'Ue. Va da sé, quindi che ciascuno Stato dovrà garantire che l'archiviazione delle informazioni sensibili sia in linea con gli standard di protezione dei dati. La cornice europea del patient summary era esplicitamente prevista dalla stessa direttiva 2011/24: l'eHealth Network, si legge nella norma madre della Schengen sanitaria, provvede alla elaborazione di «un elenco non esaustivo di dati che devono essere inseriti nei fascicoli dei pazienti e che possano essere scambiati tra professionisti sanitari per garantire la continuità delle cure e la sicurezza del paziente a livello transfrontaliero». Nella attuale formulazione, le Linee Guida si focalizzano sull'assistenza che può essere erogata a cittadini europei che si trovino in un qualsiasi Paese Ue, diverso da quello di appartenenza, in condizioni di emergenza, o in situazioni per le quali è necessario ricorrere a strutture sanitarie urgentemente e in condizioni non preventivabili. «Il Patient Summary può essere utile in ogni incontro clinico e di accesso alle cure - si legge nelle Linee guida - e non sarà limitato a una particolare situazione. Tuttavia, il Patient summary è più utile quando operatore sanitario e paziente non condividono la stessa lingua e quando, come in un incontro non programmato, nessuna informazione è stata precedentemente richiesta.

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All'interno di questo scenario non pianificato, l'assistenza necessaria può essere di emergenza o non di emergenza». Le informazioni contenute nel patient summary. Stato di apprtenenza, data di creazione del patient summary e suo autore, medico curante, persona da contattare in caso di emergenza sono alcune delle informazioni di tipo «amministrativo» da inserire nel patient summary. Ma nel documento vanno segnalate naturalmente anche una serie di informazioni di tipo clinico (ad esempio i dati personali, la storia medica, le terapie in corso, i parametri vitali e il gruppo sanguigno). Sia le informazioni di tipo amministrativo che quelle di tipo clinico sono a loro volta suddivise in informazioni "basic", ovvero informazioni la cui valorizzazione è strettamente necessaria per il perseguimento delle finalità previste dalle Linee guida e in informazioni "extended", ovvero ulteriori informazioni che possono essere utili a meglio descrivere il quadro clinico-sanitario attuale e pregresso del cittadino. Le Linee guida, pur non essendo vincolanti per gli Stati membri, costituiscono un importante riferimento per l'implementazione del patient summary in ciascun Paese. Un tassello di importanza fondamentale, dal momento che definiscono il linguaggio comune sulla base del quale è concretamente possibile supportare l'assistenza sanitaria ai cittadini europei in uno Stato membro diverso da quello di appartenenza, mettendo a disposizione informazioni aggiornate e correttamente interpretabili sulla condizione clinico-sanitaria dell'assistito. Un'operazione complessa e delicata ma necessaria. LEGGI IL SERVIZIO COMPLETO SU IL SOLE 24 ORE SANITA' N. 1/2013

approfondimenti documenti

Le linee guida Ue sul patient summary

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