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Rassegna bibliografica infanzia e adolescenza Anno 8, numero 3 luglio - settembre 2007 Istituto degli Innocenti Firenze Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza Centro di documentazione per l’infanzia e l’adolescenza Regione Toscana

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Rassegna bibliograficainfanzia e adolescenza

Anno 8, numero 3

luglio - settembre 2007

Istituto degli Innocenti

Firenze

Centro nazionaledi documentazionee analisiper l’infanziae l’adolescenza

Centrodi documentazioneper l’infanziae l’adolescenzaRegione Toscana

Ministero della solidarietà sociale

Centro regionale di documentazione per l’infanzia e l’adolescenza

Direttore responsabileAldo Fortunati

Direttore scientificoEnzo Catarsi

Comitato di redazioneAntonella Schena (responsabile), Anna Maria Maccelli

Catalogazione a cura diFrancesca Foscarini e Cristina Ruiz;indici a cura di Rita Massacesi

Hanno collaborato a questo numeroLuigi Aprile, Valeria Gherardini, Maria Rita Mancaniello, Luigi Mangieri,Marisa Pavone, Raffaella Pregliasco, Riccardo Poli, Roberta Ruggiero, Clara Silva, Fulvio Tassi, Riziero Zucchi

Coordinamento editoriale e realizzazione redazionalePaola Senesi, Maria Cristina Montanari

Progetto graficoRauch Design, Firenze

Realizzazione graficaBarbara Giovannini

In copertinaIl mio giardino di Shu Ya Guan(Pinacoteca internazionale dell’età evolutiva Aldo Cibaldi del Comune di Rezzato - www.pinac.it))

Istituto degli InnocentiPiazza SS. Annunziata, 1250122 Firenzetel. 055/2037343 – fax 055/2037344e-mail: [email protected] Internet: www.minori.it

Periodico trimestrale registrato presso il Tribunale di Firenze con n. 4963 del 15/05/2000

Eventuali segnalazioni e pubblicazionipossono essere inviate alla redazione

Percorso di lettura

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Nei due secoli che ci hanno precedu-to vi è stata una costante crescita nellaconsapevolezza e nella conquista dei di-ritti sociali da parte delle persone disabili.Il processo della loro emancipazione –ancora in progress – si è intrecciato con l’e-voluzione della società in tutte le suemolteplici dimensioni: culturale, giuridi-ca, educativa, politica, economica, ammi-nistrativa, ecc. Tale itinerario è testimo-niato da un’immensa mole di esperienzeumane, conquiste, modelli culturali, con-suetudini, rappresentazioni collettive, chesi è sedimentata sotto forma di documen-tazione formale e informale.

Per una consapevolezza critica sullo“stato dell’arte” del cammino inclusivo ri-guardante la popolazione in situazione dihandicap è inevitabile una recensione delmateriale bibliografico e multimedialeesistente, sia in ambito nazionale sia in-ternazionale. Vista l’ampiezza e la com-plessità della “letteratura” sull’argomento– che rende conto di un dibattito maturo

– pare opportuno proporre alcuni colpidi sonda per mettere in luce tematiche si-gnificative che permettano un possibileorientamento. «Nell’epoca un po’ malan-data in cui siamo, abbiamo bisogno di es-ser richiamati alla necessità di riflettere la-vorando» (Canevaro, 2006).

Una chiave di lettura privilegiata, tra-sversale alla rassegna, può essere l’impo-stazione pedagogica, che assume il valoredell’educabilità come modello di approc-cio alla persona, qualunque sia la sua con-dizione. Gli snodi in cui si sviluppa l’inda-gine riguardano la questione disabilità conuno sguardo attento all’evoluzione storica,per poi indagare, nella contemporaneità,le modalità con cui si articolano le dina-miche dell’integrazione, con particolareinteresse per quella scolastica. La persona-lizzazione, dimensione caratterizzante l’e-sperienza formativa nella scuola, com-prende sia gli aspetti di specificità indivi-duale, sia la visione evolutiva, in una pro-spettiva progettuale di compensazione

L’handicap e le sfide della modernità*

Marisa Pavone docente straordinario di Pedagogia speciale e didattica all’Università di Torino, è direttri-ce della rivista L’integrazione scolastica e sociale

Riziero Zucchidocente a contratto di Pedagogia generale e sociale all’Università di Torino, è cultore di Pe-dagogia speciale e redattore della rivista Handicap & scuola

* Il saggio è una produzione organica, progettata congiuntamente dagli autori. La prima e seconda parte so-no state elaborate da Marisa Pavone (paragrafi 1 e 2); la terza e la quarta parte sono state elaborate da Riziero Zuc-chi (paragrafi 3 e 4).

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biologica e sociale del deficit. La scelta diprivilegiare il protagonismo del soggettodisabile non può prescindere dal ricono-scimento, da parte dei professionisti, delruolo di partenariato della famiglia.

I contenuti proposti non hanno lapretesa di essere esaustivi, piuttosto vo-gliono mettere a fuoco ambiti di indaginee di operatività che rappresentano cantie-ri aperti, un trampolino di lancio versoulteriori approfondimenti e ricerche.

1. L’integrazione dei disabili:un processo che ringiovaniscecon il tempo

«Non sono rimasti molti terreni solidisu cui gli individui possono edificare leloro speranze di salvezza», è la considera-zione di Bauman, uno tra i maggiori so-ciologi contemporanei, nel suo ultimosaggio. Una provocazione e una sollecita-zione rivolte a quanti sono pensosi dellesorti umane. L’autore rievoca, tramite lametafora, una delle figure della moder-nità: il giardiniere, consapevole del fattoche gli è stata affidata una piccola o unagrande parte del mondo: «Sono i giardi-nieri i più appassionati ed esperti delleutopie» (Bauman, 2007 p. 113).

L’affermazione ricorda l’utopia educa-tiva richiamata da Delors (1997) nel rap-porto presentato all’UNESCO, finalizzataallo sviluppo dei talenti di ogni personaconsiderata nella sua singolarità, la cuicrescita costituisce misura e premessa diquella della collettività. Occorre richia-mare la necessità di questa utopia, sotto-lineando quegli itinerari umani che, spescontra spem, si sono realizzati e di cui dob-

biamo evidenziare il percorso, rivederlostoricamente e riproporlo come terrenosolido per edificare nuove speranze.

Il processo di integrazione delle per-sone disabili ripercorre la storia di unosviluppo umano collettivo, che evidenziala possibilità di uscire dai limiti impostidalla natura e dalla società. È uno deicampi di riflessione della Nussbaum, filo-sofa statunitense che nei suoi saggi svi-luppa i temi dell’emancipazione (2002);esaminando il valore dell’educazione inun mondo animato da identità diverse, ri-prende la metafora della necessità dell’in-tegrazione dalla tragedia di Sofocle, il Fi-lottete (Sophocles, edizione curata da G.Avezzù, 2003) dove, da una parte presen-ta l’emarginazione di chi soffre o vive unacondizione di handicap, dall’altra indicache le qualità della persona in situazionedi disagio sono fondamentali per vincerela sfida dell’emancipazione umana. Lacompensazione del deficit rivela nuovevie per l’evoluzione.

Un difficile passatoRiscoprire il valore dell’integrazione

delle persone disabili significa esplorarel’evoluzione dei sistemi sociali e del lororapporto con chi ha un corpo o un com-portamento definito imperfetto; la loroesistenza sembra non lasciare traccia agliocchi e al pensiero dei contemporanei. Atale proposito Nussbaum suggerisce la let-tura di un romanzo americano (Ellison,1993), in cui una persona di colore nonriesce a esistere di per sé, ma è costretta adiventare stereotipo, analogamente ai di-sabili che, spersonalizzati, sembrano esi-stere solo in dimensione diagnostica: sor-do, cieco, paraplegico, ecc.

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Anche la storiografia sembra non con-servare indizi della loro presenza: l’ano-malia va cancellata dagli annali, le crona-che sono scritte dai vincitori. Integrare si-gnifica, invece, anche ricercare ciò chemanca – che è secondario, che non si im-pone in modo evidente – a tutti i livelli,compreso quello storico. Riscrivere la pa-gina strappata o ignorata non ha solo va-lore di risarcimento per gli interessati; èfunzionale alla presa di coscienza dellacomune umanità, alla ri-composizionedella persona e della sua molteplicità.

Chi si occupa di evoluzione storicadell’handicap è costretto a una visioneglobale in cui occorre evidenziare gliaspetti apparentemente meno significati-vi, con l’orgoglio di chi

percorre una storia sconosciuta, penetra nelprofondo degli stereotipi collettivi, riflette suframmenti di politica e avverte l’estrema im-portanza dei fattori culturali. Spesso significasubire uno choc dovuto all’inaspettata ampiez-za del problema preso in esame. La ricerca per-mette di capire che la questione non è specificama fa scoprire nuovi itinerari verso problemiche non necessariamente riguardano solo l’han-dicap (Stiker, 1982, p. 6).

Canevaro e Goussot hanno coordina-to un’interessante incursione collettivanella “difficile” storia degli handicappati,fornendo indicazioni di metodo sui rap-porti tra le vicende generali e quelle par-ticolari, sottolineando che «integrazione èproprio cercare di trovare la connessionefra le storie e la storia, fra narrazioni indi-viduali e l’orizzonte più ampio» (2000, p.13). Il libro è una polifonia di suggestionifunzionali a una messa a fuoco delle fon-ti, dei concetti e delle problematiche che

si incontrano nell’individuazione dei filo-ni storici riguardanti la disabilità. Gous-sot, in un capitolo metodologico, conclu-de citando le indicazioni dello psicologosovietico Vygotskij, che permettono distoricizzare la nozione di handicap e diinserire nel flusso del tempo persone chela diagnosi ha collocato in un limbo sen-za dimensioni cronologiche:

Vygotskij ci fornisce una griglia interpretati-va per scrivere una storia sociale dell’handicap;una storia che misura la produzione dell’handi-cap, la sua configurazione nel rapporto tra defi-cit e posizione sociale nello sviluppo della per-sona con un ‘difetto’ storicamente determinato.L’handicap è un prodotto storico culturale delprocesso di sviluppo sociale e del meccanismodi compensazione individuale. (Canevaro,Goussot, 2000, p. 73)

Inserire una persona nel corso dellastoria di tutti significa attribuirle dignitàdi soggettività e di capacità autonoma dicambiamento, possibilità di esser permea-bile alle sollecitazioni che la fanno uscireda una situazione ritenuta statica. Vieneposto il problema dell’educabilità dellepersone portatrici di deficit che, con vi-cende alterne, ha ricevuto una spinta pro-pulsiva nelle epoche in cui l’evoluzioneha avuto un’accelerazione. È quanto do-cumenta lo stesso Canevaro, in collega-mento con Gaudreau, pedagogista cana-dese di Montréal, identificando nell’etàdei lumi il momento in cui inizia un pro-cesso di presa di coscienza sociale dell’e-ducabilità degli handicappati, innescatoda figure come Itard, Séguin, l’Abbé del’Epée, Hauy. «Le loro opere, una voltaspogliate delle contingenze dell’epoca,conservano una freschezza tale che gli

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educatori di oggi, soprattutto quelli chelavorano con bambini handicappati, nonsaprebbero negare» (Canevaro, Gaudreau,1988, p. 15).

L’educabilitàAppare, quindi, legittima e auspicabi-

le una rilettura in chiave contemporaneadell’attività dei primi educatori delle per-sone disabili, per ridare forza al modellodell’integrazione, che attualmente sembraun poco appannato e carente di slancio.Richiamare alcune delle opere dei grandimaestri è utile per ricavarne indicazioniteoriche e operative. Moravia, analoga-mente a Malson in Francia, ha pubblica-to in Italia gli scritti di Jean Itard (Mora-via, 1972). Nella sua ricostruzione storica,sottolinea le differenze metodologiche trai due esperti che esaminano Victor, il ra-gazzo selvaggio. Lo psichiatra Pinel utiliz-za un metodo che potrebbe esser definitofenomenologico comparativo: osserva ilsoggetto nel comportamento esteriore, loassimila ai malati mentali e conclude chedeve esser rinchiuso nell’ospedale psichia-trico di Bicêtre. Itard, medico ma ancheeducatore all’Institut des jeunes sourds diParigi, lo studia dal punto di vista storicoculturale: il ragazzo selvaggio, come ogniessere umano, è caratterizzato da una suacultura, frutto di una storia, che può essermodificata; è diventato ritardato in segui-to all’abbandono e può essere riportato“alla normalità” attraverso l’interventoeducativo.

Con sensibilità pedagogica che si af-fianca alla sua professione di medico, de-cide di occuparsene direttamente e disperimentare le ipotesi formulate. L’iti-nerario che illustra nelle Mémoirs, pre-

sentate al Ministero degli interni france-se, «conferma il principio della fonda-mentale educabilità dell’uomo, di tuttigli uomini e stabilisce, oltre che la supe-riorità della vita sociale sulla vita natura-le, l’immenso potere educativo e pro-gressivo della civilisation su tutti gli esse-ri umani». Nella teoria e nella pratica«viene rifiutata l’istituzione di un confi-ne oltre il quale la cultura (l’educazione)non può operare sulla natura e contem-poraneamente la determinazione di pa-rametri e contenuti univoci che defini-rebbero a priori che cos’è educazione esoprattutto la destinazione del processoeducativo ai soli individui sani» (Mora-via, 1972, p. 26, 45).

La metodologia di Itard possiede unospessore talmente significativo che il suoallievo Séguin la riprenderà per l’educa-zione dei ragazzi allora definiti “idioti” eche ai giorni nostri riceverebbero la dia-gnosi di ritardo di grado profondo. Il suometodo è di grande attualità; non a casoGiovanni Bollea chiede all’editore Ar-mando di ripubblicare Trattamento morale,igiene ed educazione degli idioti, edito dal-l’autore nel 1846 (Séguin, 1970).

Quando la Montessori costruirà lefondamenta del suo edificio pedagogicoe stabilirà i principi essenziali del metodo,non citerà contemporanei, ma si riferiràa testi di Itard e Séguin; maestri che assi-milerà, traducendoli con la stessa dedi-zione di una giovane studentessa. L’ap-plicazione dei modelli procedurali ideatidai pedagogisti francesi ai soggetti ritar-dati darà risultati insperati. Con il medi-co marchigiano, l’educazione e l’istru-zione “speciale” diventano educazionedi qualità:

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Riuscii a far leggere e scrivere correttamentee in calligrafia alcuni deficienti del manicomio iquali poterono poi presentarsi a un esame nellescuole pubbliche insieme ai fanciulli normali esuperarne la prova. Questi effetti meravigliosiavevano quasi del miracolo per coloro che li os-servavano. Per me i ragazzi del manicomio rag-giungevano quelli normali agli esami pubblicisolo perché guidati lungo una via diversa. Eranostati aiutati nello sviluppo psichico […]. Pensa-vo che se un giorno l’educazione speciale cheaveva così meravigliosamente sviluppato gliidioti si fosse potuta applicare allo sviluppo deifanciulli normali, il miracolo sarebbe scompar-so […]. (Montessori, 1999, p. 29)

Come altri grandi maestri, Montessorici parla del futuro: sottolinea che l’impe-gno di chi ricerca vie inesplorate per l’e-ducazione dei minori con problemi co-gnitivi apre nuove strade per tutti.

Un altro medico italiano più vicino aigiorni nostri rispetto alla Dottoressa, cheha contribuito a valorizzare la dimensio-ne educativa della riabilitazione dei sog-getti portatori di gravi deficit è AdrianoMilani Comparetti, fratello del più cono-sciuto don Lorenzo Milani. L’ispirazionedi fondo del pensiero e dell’opera delneuropsichiatria infantile sta nella con-vinzione della necessità di interventi edu-cativi che abbraccino l’universo dinamicodel minore, colto nella sua unità psico-biologica – prima e più che nelle partimalate del suo corpo – nelle sue esigenzedi vita, nei problemi della sua famiglia,con la consapevolezza «che non può es-serci riabilitazione tecnica in età evoluti-va senza una contemporanea riabilitazio-ne sociale» (Papini, Mannucci, 2006, p.6). Il suo contributo al primato della in-tenzionalità educativa nei confronti dei

disabili si muove su più versanti. Da unaparte, quello di «limitare il sistema ospe-daliero e l’assistenza specialistica median-te interventi sociali di educazione alla sa-lute, di “presa in cura” appunto delle per-sone, a partire dalla loro vita quotidiana edai loro bisogni primari», ma anche – co-me amava dire – «dalla loro “voglia di vi-vere” e da una creatività capace di far su-perare in tutto o in parte la propria realtàpatologica» (Butturini, 2007, p. 53). Dal-l’altra, quello di sostenere – lui, medico,già alla fine degli anni Settanta – un con-cetto di integrazione quanto mai moder-no: «La socializzazione non è solo lo sco-po della riabilitazione, ma se mai ne ècontemporaneamente motivazione e me-todo» (Milani Comparetti, 1978, p. 1-2).

Gli organismi internazionali e la disabilità

Il concetto di educabilità proposto dagrandi figure come Itard, Séguin, Montes-sori innesca un percorso storico e cultu-rale di emancipazione degli individui condeficit, culminato ai giorni nostri nellaConvenzione internazionale sui diritti dellepersone con disabilità. È, questo, il primoaccordo sui diritti umani del ventunesi-mo secolo, adottato dall’Assemblea gene-rale dell’ONU il 13 dicembre 2006 e ratifi-cato da 83 Paesi, che si impegnano a farproprie le norme contenute nel docu-mento. «Numerose sono le trasformazio-ni culturali, sociali, politiche e tecnicheintrodotte dal testo, dall’incapacità comeproblema individuale alla discriminazio-ne prodotta dalla società; dalla condizio-ne di cittadini invisibili a quella di perso-ne titolari di diritti umani […], da ogget-ti di decisioni prese dagli altri a soggetti

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consapevoli che vogliono decidere dellapropria vita (ONU, 2007 Convenzione, In-troduzione di G. Griffo, p. V).

I principi contenuti si collegano alleindicazioni dell’ICF, International Classifi-cation of Functioning, Disability and Health– il nuovo sistema di classificazione dellacondizione di salute/disabilità elaboratodall’Organizzazione mondiale della sa-nità (OMS) – secondo cui la disabilità nondeve costituire uno stigma, ma è una con-cezione ordinaria che ogni essere umanopotrebbe trovarsi a vivere temporanea-mente o permanentemente nel corso del-la propria esistenza.

Il modello ICF, che si affianca a quellodeterminato dall’ICD, International Classifi-cation of Diseases, basato sulla malattia e lemenomazioni, riorienta l’attenzione delmondo sanitario verso il funzionamento,le capacità e le abilità della persona, te-nendo conto, da una parte, delle strutturee delle funzioni corporee e dall’altra dellesue attività e della sua partecipazione allavita sociale. La disabilità non viene intesacome problema di una minoranza, ma co-me esperienza che tutti possono provarenel corso dell’esistenza. Non si tratta di in-dividuare solo quello che una persona nonpuò fare, quanto soprattutto quello che puòfare (OMS, 2002). La classificazione ICFprende in considerazione gli aspetti socialidella disabilità, che non viene più conside-rata solo come problema medico o biolo-gico. Questo paradigma ha notevole im-portanza per l’integrazione sociale e lavo-rativa dei disabili, perché offre uno stru-mento fondato sulle capacità, che permet-te una lettura più agevole e più utilizzabi-le delle indicazioni non più solo di carat-tere sanitario, ma anche socioambientale.

Altrettanto importanti sono le ricadu-te dell’ICF nell’ambito dell’inclusione sco-lastica. In un saggio sul rapporto fra l’ICFe la diagnosi funzionale – lo strumentopropedeutico all’itinerario dell’inserimen-to degli allievi con deficit nella scuola –Ianes si propone di formare i curanti e gliinsegnanti rispettivamente all’elaborazio-ne e all’utilizzazione del modello concet-tuale, «per rifondare la diagnosi funziona-le secondo un approccio più pedagogico,più legato alle dinamiche educative e del-l’apprendimento» (Ianes, 2004, p. 9).

Niente su di noi senza di noiI documenti citati innescano cambia-

menti di approccio che assumono e fan-no proprio il modello della disabilità ba-sato sul rispetto dei diritti umani e sulloslogan del movimento mondiale dellepersone con disabilità: Niente su di noisenza di noi. È questo il titolo di un sag-gio di Charlton, disabile e direttore delcentro Access Living di Chicago, in cuipresenta una panoramica delle iniziativeper la conquista dei diritti civili di quasi500 milioni di disabili a livello mondia-le. Tali attività testimoniano, nonostanteil peso delle differenze politico-economi-che e socioculturali, «il diffondersi negliultimi vent’anni di azioni di empower-ment, indipendenza e integrazione dimutuo sostegno e autodeterminazione.Appare quindi necessario precisare lepriorità globali identificate sull’ugua-glianza, il rispetto e il controllo direttodelle risorse poste a favore dei disabili»(Charlton, 1998, p. 4). Il metodo col qua-le è stato costruito il saggio è basato sulrapporto diretto coi protagonisti, chel’autore ha intervistato, approfondendo

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in modo particolare la situazione del Ter-zo mondo, al cui interno vive l’80% deltotale della popolazione disabile del pia-neta. Il merito della ricerca è di collegarenarrazioni di esperienze, quelle che l’au-tore chiama lessons from life, alle dimen-sioni storico-culturali e sociali dei Paesein cui vivono i protagonisti.

Il saggio di Charlton si inserisce in undibattito aperto nei Paesi anglosassoni, ri-guardante il costruzionismo sociale e i co-siddetti cultural studies. Vi è il tentativo dicreare una teoria sociale della disabilità, alcui interno acquista importanza centraleil linguaggio con cui viene definito l’han-dicap. È la tesi del volume collettivo cu-rato da due studiose britanniche, Corkere French, che si propone di «identificare imodi coi quali le persone disabili vengo-no isolate, marginalizzate e discriminate,l’assunto è di sottolineare non tanto i li-miti o le disabilità individuali, quanto unambiente sociale spesso ostile e emargi-nante» (Corker, French, 1999, p. 1). Lastoria, la politica e le azioni del movi-mento per i diritti civili delle persone di-sabili sono analizzate da Campbell, presi-dente del British Council of DisabledPeople dal 1991 al 1995, e da Oliver, di-sabile e titolare dell’unica cattedra esi-stente nel Regno Unito riguardante i Di-sability Studies (Campbell, Oliver, 1996).

In Francia il dibattito si pone all’inter-no della prospettiva che intende stigma-tizzare gli schematismi classificatori, peruna cittadinanza piena di tutti, in parti-colare delle persone in situazione di han-dicap che devono diventare citoyens à partentiére. Stiker, autore di uno dei primi vo-lumi di analisi storica sulla disabilità, sot-tolinea l’esigenza e l’urgenza di

far uscire il problema handicap dal cerchio ri-stretto degli specialisti, la priorità non è di tipotecnico, quanto politica e antropologica. L’invi-to è di uscire dalla ‘riserva indiana’ aprire un di-battito a largo raggio coinvolgendo le personenei loro luoghi di vita e di lavoro sul diritto ditutti alla cittadinanza, in particolare gli handi-cappati. (Stiker, 2000, p. 19)

Lo strumento è la personalizzazione:guardare in volto la persona in situazionedi handicap e coloro che la circondano,come indica metaforicamente la serie diquattro volumi curati dal francese Gar-dou, Le handicap en visage (Gardou, 1996-2000): sulla nascita e sul progetto di vitaper i disabili, sui genitori, sui fratelli e lesorelle e sui professionisti. L’opera collet-tiva raccoglie in una dinamica di analisiqualitativa le storie dei protagonisti del-l’integrazione come strumento autenticodi conoscenza diretta. È un filone di ri-cerca che l’autore approfondisce per mo-dificare la prospettiva sociale dell’handi-cap: non più inteso come disgrazia indivi-duale, ma come uno dei problemi genera-li dell’umanità; costituisce la premessaper un cambiamento culturale che deveavvenire in tutti: chi è in situazione dihandicap e chi non lo è, affinché «si aprauna breccia nel visibile, per ‘intessere’ ilrapporto» (Gardou, 2006, p. 195).

2. Il ruolo strategicodell’integrazione scolastica

Le dinamiche dell’inclusioneIn Italia il dibattito sull’inclusione è

aperto da tempo. A più di trent’anni dal-le prime iniziative riguardanti l’integra-zione scolastica, per fare un bilancio sono

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utili le riflessioni che alcuni pedagogististanno conducendo in una dimensionevolta al futuro, che non si attarda a osser-vare con compiacimento il cammino per-corso, ma incita a proseguire indicandoquestioni ancora irrisolte (Canevaro,2006). Un problema cruciale riguardal’incontro delle competenze dei protago-nisti: verificare se davvero l’impegno perl’inclusione sia esclusivamente tecnico.Non esistono risposte definitive; occorreesser sempre aperti alle sfide del reale,avere la capacità di riposizionarsi rispettoalle vite degli altri. Le competenze pro-fessionali devono rendersi disponibili alsociale, adottando un linguaggio aperto,che permetta la partecipazione dei nonspecialisti, così da valorizzare la dimen-sione del prendersi cura, forse una delle ca-ratteristiche distintive degli umani.

Una fase utile all’inclusione, che spes-so presuppone conoscenze specifiche, èquella di una delega momentanea, stru-mentale, da parte dei familiari ai tecnici,che permetta di capire per agire, che sti-moli autonomia nel tempo delle dipendenze.L’inclusione amplia le proprie prospetti-ve, a partire dai momenti più alti e deli-cati come la nascita di un bimbo disabile,in cui si incontrano due competenze:quella medica e quella genitoriale, chenon sempre si armonizzano. Un progettodi vita il più ampio possibile, strategicodurante l’età evolutiva, prevede il percor-so in una scuola su misura e non esclude apriori l’accesso all’università, la quale de-ve apprendere a percorrere nuove vie inuna sorta di alfabetizzazione istituzionaleche abiliti a nuove accoglienze.

Le dinamiche dell’inclusione si ampli-ficano, si infittiscono, acquistano mag-

gior spessore, anche teorico. Occorre unametodologia robusta che sostenga unosforzo di continua ricerca, di individua-lizzazione in un contesto collettivo; oc-corre allearsi con chi promuove tale sfor-zo. Il percorso di integrazione attraversatutte le età, dai primi giorni di vita all’etàadulta e si declina nella dialettica dell’in-contro, della conoscenza e dell’accompa-gnamento. Ciascuna di queste piste di la-voro si articola in una pluralità di inter-venti che incontrano professionalità di-verse: sanitarie, scolastiche, sociali; cia-scuna con una sua specificità ma anchecon la necessità di raccordarsi alle altre(Balzaretti, Canevaro, Rigon, 1997).

Acquista senso l’aggettivo speciale, chequalifica la pedagogia dell’inclusione, ca-ratterizzata da scelte difficili, che pro-muovono la qualità per tutti, con unapresa di coscienza critica dell’approccioclassificatorio e con la valorizzazione del-l’unicità della persona.

Mentre nella categorizzazione si chiudeuna conoscenza, nella costruzione del soggettosi apre una conoscenza […]. Per la pedagogiaspeciale assumere tale posizione vuol dire rove-sciare i termini con cui si pone rispetto alle al-tre discipline e rispetto al contesto, non più co-me contenitore che difende la normalità dalleintrusioni della anomalia, ma costruzione diuna nuova rete per capirne i vincoli e capire lacostruttività delle ricerche di comunicazione(Canevaro, 2006, p. 121).

La visione critica accompagna tutto ilpercorso inclusivo, per verificare se losguardo positivo apre una prospettiva reale diriduzione dell’handicap, in particolarenel contesto scolastico, in una pedagogiae una didattica orientate all’accoglienza

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del diverso. Una pedagogia dell’integra-zione, condotta secondo tali principi, de-ve essere in grado di individuare indicato-ri di qualità, specifici della situazione diinsegnamento-apprendimento, da quellipiù semplici – il come, il dove, il cosa, ilquando, il perché – a quelli più comples-si (Canevaro, 1999). Paradigmatica al pro-posito è la ricerca condotta da Nocera eGherardini sulla presenza a scuola degliallievi con sindrome di Down, che pro-pone ulteriori e più sofisticati strumentiutili a valutare le dinamiche dell’inclusio-ne (Nocera, Gherardini, 2000).

Le sfaccettature del processo sono in-finite e si riflettono in un arco di ricercheche compongono un mosaico di propostee soluzioni. La pedagogia speciale abbrac-cia un itinerario che considera il percorsoscolastico come preparazione alla vita. Inquesta ottica è necessario accompagnarenon solo la persona con difficoltà, ma an-che i genitori in un cammino che prevedeil Dopo di noi, cioè la qualità della vita nel-l’età adulta del disabile. Tale prospettivarappresenta la nuova frontiera di ricerca,tesa a rilevare le caratteristiche di struttu-re di qualità per l’accoglienza delle perso-ne in situazione di handicap, adulte e an-ziane, che non possono rimanere nel con-testo di origine (D’Alonzo, 2006).

L’integrazione è un processo e nonuna realizzazione compiuta una volta pertutte; un processo delicato che esige ope-ratività e riflessione e soprattutto condivi-sione di competenze che prevedono unaosmosi dinamica tra chi fa ricerca e chiopera direttamente nella scuola. Nella so-cietà della globalizzazione occorre colle-garsi con tutte le esperienze, anche quelled’Oltralpe. La prospettiva dell’integrazio-

ne non è un fenomeno italiano, ma è unadinamica che percorre tutto il mondo; leindagini di Lucia De Anna (1998) per-mettono «di capire l’ampiezza di una pro-spettiva sicuramente faticosa quanto fon-damentale». Una precedente analisi di ti-po comparativo a livello internazionale èquella coordinata dalla cattedra di Peda-gogia speciale dell’Università di Bolognasulle esperienze di inserimento scolasticoin alcune aree di tre Paesi europei: Fran-cia, Germania e Italia. Il volume consen-te di conoscere esperienze diverse, favori-te dal programma Helios, finanziato dallaComunità europea (Canevaro, Cocever,Weis, 1996).

La rassegna non può escludere un sag-gio di notevole valore umano e docu-mentario: la ricerca comparativa sullarealtà dell’integrazione scolastica dei disa-bili in Italia e in Francia, condotta da Clé-ment Mazier (Mazier, 1992). L’autore éun insegnante legato alle metodiche del-l’éducation nouvelle, consigliere pedagogi-co e genitore di un bimbo in situazionedi handicap. La sua è un’indagine di pri-ma mano compiuta con l’acribia del ri-cercatore, ma soprattutto con l’impegnodel genitore che intende verificare le so-luzioni migliori per il figlio. Le conclu-sioni sono sintetizzate in una domanda:«Perché non in Francia?». La risposta è:«Sì, è possibile dal punto di vista scienti-fico e culturale, ma è sul piano dell’orga-nizzazione socio-politico-amministrativache occorre agire, con un’impostazionelegislativa, chiara precisa, senza ambiguità(Mazier, 1992, p. 162).

Queste indagini e conclusioni ci in-troducono alla necessità di un approfon-dimento delle dinamiche dell’inclusione

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in Italia, con specifica attenzione perquella scolastica, in una prospettiva chetenga conto di tutte le componenti.Un’indagine seria e accurata deve pren-dere in considerazione la dimensionestorica dell’integrazione, funzionale auna visione prospettica, che permetta dimetter a fuoco i principali problemi, leeccellenze ma anche le criticità. Richia-mare l’esperienza passata delle classi dif-ferenziali e speciali è utile per sgombraredeterminati dubbi, in particolare sulla va-lidità delle esperienze di integrazione deisoggetti in situazione di gravità, che pe-riodicamente tornano ad affacciarsi pres-so gli addetti ai lavori e l’opinione co-mune, soprattutto quando la situazionesembra stagnante e non vi è saldezza diprincipi e di professionalità sufficiente arivitalizzare le dinamiche dell’integrazio-ne e a riproporle all’attenzione di tutti.Bene fa Gelati (2004) a sottolineare lacrucialità dell’integrazione per la Pedago-gia speciale italiana, mettendone a fuocole componenti principali: sia le figureprofessionali sia gli strumenti educativi edidattici. Uno dei problemi più spinosiper un avanzamento dei processi di in-clusione scolastica è senza dubbio la for-mazione, sviluppata esclusivamente ver-so i profili specializzati al sostegno e scar-samente indirizzata agli insegnanti curri-colari. Il saggio dell’autrice sottolinea ilvalore delle tecnologie per la didatticaorientata all’integrazione e i fattori uma-ni che ne determinano la qualità: la rela-zione educativa, la progettualità per la vi-ta e soprattutto una visione integrata del-la persona, in una dimensione biograficafunzionale al superamento di pregiudizie stereotipi.

Lettura pedagogica della normativa

Non esistono veri e propri Annali del-l’integrazione, che aiutino a considerare intutte le sue componenti il processo inclu-sivo; un contributo in tale direzione è co-stituito dal saggio di Nocera (2001), chepermette una visione articolata e globale.L’ottica è quella giuridica, ma inserita nelcontesto storico che consente di conte-stualizzare gli interventi normativi. L’epo-ca in cui viviamo è caratterizzata da unadimensione di eterno presente indotta daimedia: una visione prospettica aiuta a re-cuperare radici e antenne.

Occorre ricordare che si è partiti daun’esperienza di istituzionalizzazione incui la logica sanitaria e di recupero riabi-litativo prevaleva su quella educativa e di-dattica e che il cammino di integrazionescolastica – consolidatosi lentamente ne-gli anni Settanta-Novanta del secolo scor-so – è esito di un ampio movimento so-cio-politico-culturale, che ha sollecitato lachiusura delle istituzioni speciali e unastretta collaborazione, nel contesto di vi-ta quotidiana, tra le famiglie, il mondodella scuola e della sanità. Alcuni autorihanno sostenuto, iperbolicamente, chel’inclusione degli allievi in situazione dihandicap ha rappresentato la più ampia estrutturale riforma che ha attraversato tra-sversalmente il nostro sistema scolastico,negli ultimi trent’anni (Ianes, Tortello,1999b, p. 355-361).

Il nuovo corso, avviato con la legge 30marzo 1971, n. 118, Conversione in legge delD.L. 30 gennaio 1971, n. 5 e nuove norme infavore dei mutilati ed invalidi civili, vienesostanziato con il “Documento Falcucci”(dal nome della senatrice all’epoca Mini-

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stro della pubblica istruzione), allegato al-la ben nota circolare del 1975, nella qua-le vengono richiamati i principi fondantil’integrazione degli allievi disabili nelleclassi comuni della scuola pubblica. Do-po i primi tentativi di inserimento consi-derati sperimentali, il processo trova di-gnità legislativa con la legge 517/1977 e inseguito – dopo un ventennio di consoli-damento e ampliamento in tutti gli ordi-ni e gradi di scuola – con la legge 5 feb-braio 1992, n. 104, Legge-quadro per l’assi-stenza, l’integrazione sociale e i diritti delle per-sone handicappate. Questi dispositivi costi-tuiscono la trama essenziale dell’integra-zione scolastica, concepita «come sistemacoordinato di servizi programmati in retesu progetti» (Nocera, 2001, p. 16).

Complementare al volume di Noceraè la raccolta sistematica di disposizioni le-gislative e amministrative, iniziata nel1996, curata da Pavone e Tortello, conraccoglitori a schede che ne permettonol’aggiornamento fino al 2000. L’aspettoinnovativo e interessante dell’opera è ilcommento pedagogico alla normativa,che permette di superare la falsa contrap-posizione tra l’interpretazione giuridico-amministrativa dell’integrazione e quelladella prospettiva educativa.

Integrazione scolasticaÈ utile considerare l’integrazione sco-

lastica snodo fondamentale della ricercain Pedagogia speciale. Nel trentesimo an-niversario della legge 517/1977, che rego-larizza l’integrazione dei soggetti disabilinelle classi comuni, è inevitabile non so-lo fare il punto, ma raccordare la rifles-sione sull’inclusione a uno scenario so-cioculturale e istituzionale in continuo

movimento. Questi ultimi anni hanno vi-sto cambiare vertiginosamente le struttu-re della scuola, che da sistema rigidamen-te centralizzato si è trasformato in una co-stellazione di istituzioni scolastiche auto-nome, le quali tendono a caratterizzarsitramite l’offerta formativa e a collegarsi inrete con altre istituzioni.

Pavone (2001) accetta la sfida di uniredue anelli del sistema formativo che introppe sedi continuano a esser disgiunti:quello relativo alle riforme scolastiche inatto e quello inerente l’educazione e l’i-struzione delle persone in situazione dihandicap. La scuola dell’autonomia devediventare sempre più la scuola della co-munità (Sergiovanni, 2000), in cui si svi-luppano rapporti orizzontali tra docenti eallievi, docenti e docenti, studenti e stu-denti, scuola e famiglia, scuola ed enti lo-cali e sanità. In questo intreccio di com-petenze e collaborazioni, la famiglia rico-pre un ruolo privilegiato, ponendosi co-me partner cui vanno riconosciute re-sponsabilità educative primarie e specifi-che conoscenze riguardo al figlio, in par-ticolare se disabile.

In ambiente scolastico, la dialettica trasviluppo dell’identità personale e atten-zione alla diversità si manifesta nell’ade-sione al modello della personalizzazioneeducativa e didattica e della diversifica-zione dell’offerta formativa. Nel volumeEducare nelle diversità viene sviluppata lagamma dei diversi interventi interistitu-zionali e interprofessionali che si vengo-no a integrare, partendo dal momento de-licato dell’accoglienza dell’allievo in diffi-coltà a scuola: un primo incontro che de-ve risultare funzionale alla conoscenzadei suoi bisogni, da interpretare come ri-

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sorse e occasioni per scelte pedagogichecondivise (Pavone, 2001).

Il sistema scolastico accoglie il bambi-no-persona e la complessità di questoconcetto rimanda alla categoria dell’uma-no e alle sue componenti: individualità,prospettiva evolutiva, dimensione rela-zionale. In questo senso, «l’attributo dipersona appartiene a tutti, dunque pure aisoggetti disabili, non “al di là” della con-dizione di deficit, ma in riferimento “an-che” alla condizione di deficit» (Pavone,2004a, p. 19).

Dunque la prospettiva dell’integrazio-ne assume la connotazione di un proget-to che parte da un’accurata conoscenzaindividualizzata del soggetto – riscontra-bile nella diagnosi funzionale – e assumedimensioni progettuali nel Profilo dinami-co funzionale (PDF) e nel Piano educativo in-dividualizzato (PEI), condivisi da curanti,docenti e famiglia. Una integrazione diqualità non può trascurare la specificità dialcune tipologie di deficit, in particolarequelli sensoriali, che richiamano strumen-ti comunicativi specifici come il ricorsoalla Lingua dei segni (per i sordi profon-di) e il Braille (per i ciechi). È quanto sipropone di approfondire il volume di Pa-vone e Tortello, che intende essere unostrumento di aiuto agli insegnanti curri-colari e di sostegno per gestire le più evi-denti tipologie di minorazione presentinel contesto scolastico: l’alunno non ve-dente, l’alunno non udente, l’alunno condeficit intellettivo (2002).

Cardine del processo inclusivo sono ilProfilo dinamico e il Piano educativo indivi-dualizzato (Ianes, Cramerotti, 2007), fon-damenti di una individualizzazione-per-sonalizzazione proattiva, che vanno ela-

borati sinergicamente da insegnanti curri-colari e di sostegno, specialisti, genitori.Per poterli costruire occorre saper inter-pretare adeguatamente, in un’ottica edu-cativa, le evidenze della Diagnosi funzio-nale, capire i bisogni reali dell’alunno edefinire gli obiettivi a lungo e breve ter-mine. Oltre a sancire che il diritto alla for-mazione e all’istruzione per i minori di-sabili si estende per tutto l’arco tempora-le dal nido all’università, la legge quadrosull’handicap indica le finalità generaliche il percorso scolastico, nei suoi varisegmenti, deve garantire: lo sviluppo del-le potenzialità della persona handicappa-ta nell’apprendimento, nella comunica-zione, nelle relazioni e nella socializza-zione. L’itinerario educativo personalizza-to previsto nella scuola secondaria di pri-mo e secondo grado viene lucidamentedescritto nel manuale Handicap e scuolamedia superiore, in cui l’integrazione vieneproposta in termini di diritto e come fon-te di apprendimento, le cui esigenze nonvengono meno dopo la scuola dell’obbli-go; nell’opera collettanea si sottolineanoanche le opportunità che la normativamette a disposizione della scuola, fra que-ste: i progetti di continuità, i gruppi di la-voro, le figure assistenziali, gli accordi diprogramma (Pavone, Tortello, 1995).

Nell’istituzione scolastica il ruolo delminore disabile coincide con l’essere stu-dente: la scuola è comunità di apprendi-mento per tutti ma ha anche, tra le sue fi-nalità, quella di preparare all’inserimentonella società adulta e a trovare in essa, pos-sibilmente, un’identità e un ruolo lavora-tivo: il progetto scolastico deve costituireun ponte verso il progetto di vita anche perl’allievo con problemi. Rispetto al piano

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educativo individualizzato, il progetto divita dovrebbe rappresentare un orienta-mento di prospettiva, interno alle varie at-tività, continuo e costantemente attivonella definizione degli obiettivi a lungotermine, nella scelta dei criteri per gliobiettivi a medio termine, nelle attività divalutazione autentica, di sviluppo psicolo-gico (Ianes, Cramerotti, 2007, p. 44-49). Èevidente che questo sguardo lontano po-trà diventare più concreto in prossimitàdella preadolescenza, ma la prospettivadell’adultità del soggetto disabile devemantenere attualità durante tutto il per-corso scolastico, presso gli adulti che siprendono cura educativa del soggetto.

La sfida dell’integrazione si gioca an-che sul piano della vocazione cognitiva edisciplinarista della scuola, passando at-traverso la valutazione degli apprendi-menti. Pavone affronta la delicata que-stione con l’ipotesi di fondo che i sistemidi valutazione riguardanti «la “generalità”degli alunni possono esser migliorati pro-prio grazie alle situazioni “eccezionali”.Nella specificità dei bisogni possono essermeglio comprese le esigenze di tutti e diciascuno». Anche gli alunni in situazionedi handicap vanno valutati, con riguardoal loro rendimento scolastico. Nei loroconfronti, i docenti devono procedere al-la valutazione «tenendo presenti i colle-gamenti tra le diverse fasi dell’azione edu-cativa»: la programmazione educativa edidattica, l’individualizzazione dell’inse-gnamento, le peculiarità di uno sviluppoeterocronico e le conseguenze sull’ap-prendimento, i rapporti con le finalità co-muni da raggiungere (Pavone, 2000).

In questi anni è in atto un dibattitoche coinvolge in minor o maggior misu-

ra tutta l’educazione scolastica, solleci-tandola a essere sempre meno formale edecontestualizzata; sempre più adeguataalla realtà umana e sociale; sempre piùlegata alla specificità della persona. Incampo docimologico, procedimentistandardizzati di verifica/valutazione –in particolare i test – mettono in luce laloro incongruità, sotto diversi aspetti. Sirichiama l’esigenza di una rilevazioneautentica, formativa e orientativa deiprogressi personali, meno formalizzata estandardizzata. Dai Paesi anglosassonigiunge la proposta del Portfolio, comestrumento di documentazione/autovalu-tazione del rendimento dell’allievo nelsuo sviluppo dinamico, corredato dalleosservazioni degli adulti di riferimento:insegnanti e genitori. Per gli allievi disa-bili, il dispositivo può contribuire a va-lorizzare l’identità personale del minore,ponendo in luce i traguardi anche mini-mi raggiunti, gli interessi, i processi men-tali (Pavone, 2006).

La personalizzazione didattica, neces-saria per favorire i progressi scolastici del-l’allievo, non corrisponde all’attività indi-viduale, ovvero al fatto che egli lavori inclasse (o fuori classe, nell’auletta/labora-torio) per conto proprio: lungi dall’op-porsi alla socializzazione, la personalizza-zione trova stimoli e forza dall’integra-zione dell’allievo. Ciò comporta alcunifondamentali principi, in particolare: ilraccordo tra la programmazione per tuttigli allievi e il Piano educativo individualiz-zato, in una prospettiva di differenziazio-ne/flessibilità progettuale e metodologi-ca; la previsione di un panorama di situa-zioni interattive articolato: da quella del-l’intero gruppo, a quella di piccolo grup-

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po, oltre naturalmente a quella del rap-porto uno a uno.

Un’operazione complessa come l’iti-nerario di integrazione ha bisogno di unacabina di regia: curanti, docenti e genitori,ma anche di un coordinatore in grado diaiutare i colleghi a tener conto dei bisogniformativi dello studente portatore di defi-cit, all’interno del sistema complesso del-la classe. La specializzazione e soprattuttoil mancato aggiornamento di dirigenti edocenti curricolari sulla specificità dell’in-clusione scolastica ha portato alla delegaal docente specializzato per le attività disostegno, al quale viene affidata non laconduzione dell’integrazione, quantol’allievo stesso, spesso in una “auletta disostegno”, residuo di vetuste prassi dieducazione separata. Occorre metter afuoco questa figura professionale poiché

realizzare una vera integrazione dell’alunno insituazione di handicap (che impone e persegueil “fare con” gli altri alunni) è possibile solo segli insegnanti specializzati ri-definiscono la lo-ro professionalità superando uno stretto ruolodi tecnici dell’educazione speciale per diventa-re attivatori e coordinatori di processi educativirealizzati in rete (Piazza, 1996, p. 75).

Banco di prova per l’integrazione è lascolarizzazione dei cosiddetti soggetti insituazione di gravità, sui quali si è focaliz-zato l’interesse degli esperti fin dalle pri-me azioni inclusive; la caratteristica è sta-ta sempre di fondare sulla prassi, appren-dendo dall’esperienza e dai risultati con-creti. Accanto alle indagini di Cuomo(1982) si pone un classico dell’inclusione,frutto delle pluriennali esperienze del Co-mitato per l’integrazione scolastica, editoredella rivista Handicap & scuola (Rollero Fa-

loppa, 1988). In contemporanea, negliStati Uniti viene pubblicata un’interessan-te raccolta di buone prassi, da parte dellaFerguson, docente di pedagogia all’Uni-versità dell’Oregon e madre di un bimbodisabile. Nel volume Curriculum DecisionMaking for Student with Severe Handicaps,l’autrice illustra gli effetti per i cosiddetti“gravi” della legge americana sull’inclusio-ne Education for All Handicapped ChildrenAct del 1975: «il loro status ufficiale cam-biò; sanzionati dall’esclusione come “in-toccabili” o “incapaci di beneficiare dall’i-struzione”, come affermava letteralmentela vecchia legge, a soggetti con diritto al-l’istruzione a tutti gli effetti e ai vantaggirelativi» (Ferguson, 1987, p. IX).

Negli USA il dibattito sull’integrazionescolastica è vivace e nel loro pragmatismoi docenti americani richiedono indicazio-ni chiare e proposte precise. MargheritaWang del Centro di ricerca sullo sviluppoumano della Temple University ha coor-dinato un manuale sull’educazione spe-ciale (1995), che presenta in forma pianae chiara lo stato dell’arte. Il problema del-l’integrazione viene articolato in relazio-ne alla specificità dei vari deficit: ciechi,sordi, intellettivi, psichici, sostanziando iltesto, nell’ultima parte, con una rassegnadegli strumenti e delle reti di sostegno; diparticolare interesse le proposte di colle-gamento tra i docenti, la famiglia e il con-testo sociale.

Un bilancio degli interventi di inclu-sione scolastica negli Stati Uniti in corre-lazione con altre situazioni, in particolarequella europea, è stato compiuto in occa-sione del convegno su Inclusive Schooling:National and International Perspectives, i cuiatti sono stati pubblicati a cura di Vitello,

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della Rutgers University e di Mithaug delTeachers College della Columbia Univer-sity (Vitello, Mithaug, 1998).

Formare per integrareEducare nelle diversità diventa sempre

di più una dimensione “naturale” dei si-stemi formativi; la qualità dell’educazio-ne e dell’istruzione offerta dalle istituzio-ni scolastiche si misura sulla loro capacitàdi soddisfare l’eterogeneità dei bisogniformativi degli studenti, superando le tra-dizionali forme di insegnamento standar-dizzato. Tuttavia, questa istanza ideale fa-tica a prendere corpo nelle concrete arti-colazioni progettuali, organizzative e di-dattiche delle singole scuole e nel climasocio-operativo d’aula e di laboratorio. Viè ancora cammino da percorrere per avvi-cinarsi al traguardo di una formazione de-gli insegnanti che sia sufficientemente buona– usando l’espressione nel senso indicatoda Winnicott – per condurre la proget-tualità educativa in ottica inclusiva.

In particolare, per quanto riguarda glistudenti disabili, nonostante la proclama-zione di buoni propositi, come si è dettosopra, prevale il modello implicito che siail singolo allievo, con il sostegno del suoinsegnante, a dover prendere l’iniziativadi omologarsi alla logica del sistema. Ildocente di sostegno rimane ancora la fi-gura dominante, l’arbitro delle caratteri-stiche e della qualità dell’integrazione. Ingenerale gli insegnanti, soprattutto quellicurricolari, ma pure quelli specializzati,non sono adeguatamente formati per pro-muovere attività educativo-didattiche diprospettiva inclusiva. Le problematicheche connotano questa situazione di conti-nua emergenza formativa riguardano sia la

preparazione iniziale – a livello universi-tario – sia la formazione continua, in ser-vizio, soprattutto in relazione alle esigen-ze specifiche espresse dalle minorazionisensoriali e dai deficit in situazione di gra-vità (Canevaro, 2002 e 2004; Cairo, Fran-cia, Oppici, 2004).

Un nuovo modello di formazione de-ve prevedere di coinvolgere sia i docentidi sostegno sia quelli curricolari. Per i pri-mi «emerge l’intento di formare inse-gnanti consapevoli della propria funzionedi mediatori […] capaci di parlare in po-sitivo delle disabilità, avendo come riferi-mento lo stato di salute e il funziona-mento» personale del soggetto, come sug-gerisce il documento ICF dell’Organizza-zione mondiale della sanità. Tale forma-zione dovrebbe privilegiare la prospettivametacognitiva – «intesa come consapevo-lezza del proprio e dell’altrui funziona-mento, cognitivo ed emotivo, e dei mec-canismi di regolazione di questo funzio-namento» – e l’esperienza sul campo (ti-rocinio) (Albanese, 2006, p. 5). Nei con-fronti dei docenti di classe occorre pensa-re a percorsi di preparazione orientati aimplementare competenze che preveda-no la creazione di ambienti scolastici in-tegrati e flessibili sotto il profilo program-matico, organizzativo, socio-relazionale-affettivo, strumentale. L’impianto forma-tivo per tutti gli insegnanti dovrebbe in-quadrare la dimensione programmaticain un orizzonte progettuale, attento a leg-gere i cambiamenti personali del minore– seppur minimi – inserendoli in una di-mensione evolutiva (disciplinare e tra-sversale) di carattere generale, che si ar-monizzi con la dimensione esistenzialeextrascolastica.

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3. Interpretare le diagnosi in termini educativi

Dalla classificazione alla personalizzazione

Fino al XIX secolo le tassonomie han-no avuto grande influenza in ambito psi-comedico: classificare i disabili per speci-ficare l’intervento è eredità del positivi-smo, funzionale all’istituzionalizzazione.Negli ultimi decenni del secolo scorso, inconcomitanza con il processo di integra-zione scolastica, sorgono i primi dubbi suun eccesso di categorizzazione e soprat-tutto su una concezione medicalizzantedella disabilità, che mette in ombra gliaspetti pedagogici, sociali e culturali.

Attualmente si preferisce adottare laprospettiva della personalizzazione/indi-vidualizzazione degli interventi educativi(Pavone, 2004a), che privilegia l’identifi-cazione delle caratteristiche positive fun-zionali all’integrazione del soggetto. Nona caso il Piano educativo, documento pre-liminare all’integrazione, viene definitoindividualizzato, specificando che il pro-getto scolastico è costruito a misura dellecapacità esistenti e delle potenzialità. Lalegge 104/1992 sottolinea al comma 5dell’art. 12 che, nell’itinerario dell’inclu-sione scolastica, «le capacità possedutedevono esser sostenute, sollecitate e pro-gressivamente rafforzate e sviluppate nelrispetto delle scelte culturali della personahandicappata».

Richiamare la specificità può risultareutile all’individualizzazione, come propo-ne il testo a più voci curato da Pavone eTortello (Pavone, Tortello, 2002). Nel vo-lume viene posto l’accento su tre tipologiedi minorazione, che richiamano interven-

ti didattici differenziati e forme alternativedi comunicazione: cecità, sordità e deficitintellettivo. Un problema ancora attualeper gli insegnanti e i genitori è la difficoltàa orientarsi nell’eccessivo tecnicismo dellediagnosi, a cui sembra corrispondere unamolteplicità di interventi parcellizzati,nonché la loro traduzione in termini edu-cativi. La ricerca del futuro dovrà porsi ilproblema della funzionalità delle descri-zioni diagnostiche ai fini dell’integrazionescolastica; occorreranno a questo proposi-to un grande equilibrio e una significativacollaborazione interprofessionale, chepermetta un orientamento progettualecondiviso: una questione che rimane an-cora aperta e di difficile soluzione.

Basilare è l’impostazione che valorizzagli aspetti di normalità personale e identi-fica nella quotidianità il fattore principa-le di crescita, come sottolinea fin daglianni Settanta Milani Comparetti, il qua-le, come spiega Roser, imposta il rappor-to tra medicina e pedagogia, quotidianitàe riabilitazione:

Si tratta di valorizzare il più precocementepossibile le “competenze” legate alla vita quoti-diana, per arrivare a quelle utilizzate nel rappor-to con il mondo esterno, fin dalle prime espe-rienze di socializzazione, aiutando il “piccolod’uomo” sì a fare disegni o pittura o a “fare mu-sica”, ma non musicoterapia; parlare ed espri-mersi, ma il meno possibile logoterapia; gioco equotidianità, ma non ludoterapia o terapia oc-cupazionale, muoversi nel mondo, magari conl’aiuto dell’esperto, ma il meno possibile la clas-sica seduta di fisioterapia. (Roser, 1986, p. 2)

CecitàUno dei primi testi che affronta il te-

ma della cecità con spirito “laico” e cu-

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riosità scientifica è la Lettera sui ciechi aduso di quelli che vedono di Denis Diderotdel 1749 (Diderot, 1984). Nell’opera vie-ne evidenziata l’esistenza di modalità co-noscitive fondate sulla vicarianza dei sen-si, che permettono una vita sociale e lapossibilità di coltivare interessi culturali.

In questa direzione lo scrittore H.G.Wells, nel racconto lungo Il paese dei ciechi(1959), allargando il discorso a una visioneculturale più ampia, propone un apologoin cui una persona vedente è costretta amisurarsi con un mondo costruito sulleesigenze della diversità. Il ribaltamentodella realtà produce un effetto di strania-mento: non solo fisico, ma anche morale,facendo riflettere sulla condizione di chi sideve adeguare a una cultura dominante esulla necessità di un’integrazione dei biso-gni, ma anche delle competenze.

Altrettanto significativa è l’esperienzaautobiografica narrata in Il dono oscuro, diJohn Hull (1992); l’autore, divenuto pro-gressivamente cieco, registra e descrivesensazioni e sentimenti e soprattutto l’e-sperienza quotidiana del periodo di transi-zione, da “persona che vede con gli occhi”a “persona che vede con tutto il corpo”. Illibro è una miniera di spunti e osservazio-ni per scoprire e condividere la dimensio-ne personale e sociale della cecità, poichéchi scrive è nella condizione migliore percomunicare la sua situazione. Cresciutonello status di vedente, deve accettare quel-lo dei ciechi, ridefinendo la sua nuovaidentità. Il lucido e struggente diario diHull aiuta a trovare risposte ai problemiche devono affrontare coloro che vivono eoperano accanto ai non vedenti.

L’approdo all’integrazione è l’esito diun itinerario storico, in grado di illustrare

il cambiamento nel tempo degli interven-ti educativi, sottolineandone l’evoluzionee l’applicabilità nelle varie situazioni, daquella sociale a quella scolastica. È quan-to viene proposto nel volume di Zappa-terra Braille e gli altri (2003), all’interno delquale viene presa in esame anche la storiadell’educazione di disabili portatori di al-tre tipologie di deficit.

Con una connotazione didattica, ilsaggio di Giuliana Conte Oberto (1983)riassume un ventennio di ricerche e speri-mentazioni nel campo dell’insegnamen-to-apprendimento; di particolare interes-se la scheda riguardante il Decalogo dibuone prassi per tutti gli insegnanti che sioccupano di integrazione.

Nel volume curato dalla Caldin Per-corsi educativi nella disabilità visiva (2006)l’obiettivo è impostare interazioni socialipositive con i ragazzi affetti da queste pa-tologie, per aiutarli a scoprire e sviluppa-re le loro potenzialità e a raggiungere unbuon grado di autonomia. L’autrice pro-pone una visione sistemica dell’integra-zione, che tiene conto degli ambienti incui si realizza la vita dei soggetti coinvol-ti, evidenziando occasioni strutturate disocialità, come ad esempio un’esperienzadi attività teatrale realizzata con bambiniciechi e ipovedenti.

SorditàNel saggio Vedere voci. Un viaggio nel

mondo dei sordi troviamo una visione am-pia e approfondita della sordità. Il libro èopera di Oliver Sacks, il neurologo anglo-sassone capace di trasformare in narrazio-ne artistica le vicende delle persone condifficoltà incontrate nel corso della suapratica clinica. L’autore unisce l’abilità di

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approfondire dati medici, storici ed edu-cativi, trattati in modo empatico, con ilrispetto per la dignità di chi ha compe-tenze diverse. Il volume è una vera e pro-pria introduzione, sagace e curiosa, allasordità. «Pur non dimenticando mai lo“status” medico dei sordi, dovevo ora ve-derli in una luce nuova, “etnica”, comeun popolo dotato di un linguaggio suoproprio, di una sua sensibilità, di una suacultura» (Sacks, 1991, p. 15).

Capire e condividere la sordità, viver-la dall’interno, accostarsi a essa, attraver-so la sensibilità dei protagonisti è possibi-le anche tramite la narrazione di un’attri-ce sorda di successo, Emmanuelle Labo-rit, che ha ottenuto nel 1993 il prestigio-so premio Moliére per l’interpretazioneteatrale di Figli di un Dio minore. La sua au-tobiografia non è solo la testimonianza diuna vita piena, intensamente vissuta, maun percorso di formazione duro, difficile,a volte disperato. Il suo valore dipendedall’esser stato scritto a caldo, quando lesensazioni della fanciullezza e dell’adole-scenza non erano ancora sbiadite o rein-terpretate attraverso l’esperienza e il vis-suto adulto (Laborit, 1995).

Le competenze comunicative dei sor-di sono state studiate a lungo dall’équipedi lavoro coordinata da Virginia Volterra,presso l’Istituto di psicologia del Consi-glio nazionale delle ricerche di Roma.Molte delle indagini del gruppo sono do-cumentate in numerosi saggi; in partico-lare, in Linguaggio e sordità. Gesti, segni eparole nello sviluppo dell’educazione (Caselli,Maragna, Volterra, 2007) il tema è la lin-gua dei segni, posta in collegamento conle capacità comunicative di tutti. Di par-ticolare importanza è l’analisi comparata

circa l’acquisizione delle competenzeespressive da parte del bambino sordo edi quello udente. Il volume illustra i varimetodi che possono esser utilizzati perl’educazione dei sordi: l’oralismo, l’italia-no segnato esatto e l’educazione bilingue.

Un interessante confronto critico fraqueste diverse modalità comunicative ededucative è proposto nel volume Il bambi-no sordo, di Patrizia Gaspari (2005). Nellasezione sull’alunno sordo, curata da Bru-no Gervasoni e da Silvana Baroni nel vo-lume collettivo Individualizzazione e inte-grazione. Insegnare agli alunni handicappatinella scuola di tutti, è possibile trovareunità didattiche sperimentate dagli autoriper favorire l’apprendimento cooperativo(Pavone, Tortello, 2002).

Utile è la consultazione della Biblio-grafia italiana sui disturbi della vista, dell’u-dito e del linguaggio a cura di Lagati pub-blicata dal 1972 fino al 1984 a scadenzabiennale e poi annuale.

Deficit mentaleL’ipotesi convenzionale di “passività

strategica” delle persone con ritardomentale attribuisce le loro difficoltà adapprendere all’incapacità di dominarel’uso delle strategie in possesso e di adat-tarle spontaneamente a compiti diversi.Tuttavia, molte ricerche suggeriscono cheanche i soggetti con insufficienza intel-lettiva possono dimostrare potenzialitàdi base di autoregolamentazione cogniti-va, che consentono loro di generalizzaree di inventare percorsi di apprendimentoin presenza di determinate condizioni(Vianello, Cornoldi, 1997). In particola-re, numerosi studi sulle dinamiche del-l’apprendimento, condotti nell’ambito

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della psicologia cognitiva, hanno per-messo di individuare nuove possibilitànell’acquisizione e nella governance delleabilità mentali, anche da parte di indivi-dui compromessi.

Pur non essendosi occupato diretta-mente di deficit intellettivo, lo psicologonordamericano Gardner ha offerto unimportante contributo scientifico nelladirezione di mettere in discussione l’ideadell’intelligenza come dotazione immo-dificabile, sfociato nella teoria delle intelli-genze multiple: non esiste un’unica intelli-genza definibile e misurabile con stru-menti psicometrici, quanto una pluralitàdi abilità intellettive qualitativamente di-verse e in divenire (Gardner, 1983).

Un altro filone di ricerche, di cui èesponente particolarmente noto Feuer-stein, si è indirizzato a indagare la modi-ficabilità dell’intelligenza e lo sviluppodel potenziale intellettivo, in seguito al-l’intervento di mediazione da parte di unadulto esperto (Feuerstein, Rand, Ryn-ders, 1995). Altri autori hanno rivisitato,attualizzandolo, il punto di vista vygot-skijano secondo cui le potenzialità cogni-tive individuali possono essere incremen-tate non solo attraverso il sostegno delmediatore adulto, ma anche tramite ilconfronto con il gruppo dei pari, all’in-terno della classe (Dixon-Krauss, 1998).

In un’ottica sistemica, puntando versol’integrazione in una comunità di appren-dimento in cui la persona-allievo vieneposta al centro dell’interazione tra i pari –mediata dall’azione dei docenti – Ianescura alcuni volumi collettanei in cui si ap-profondisce il rapporto tra ritardo menta-le, apprendimento e insegnamento. Gliautori propongono teorie e ricerche su

autoregolazione, metacognizione e gene-ralizzazione, funzionali a un arricchimen-to cognitivo che si avvale delle tecnichepiù moderne di sollecitazione mentale edegli sviluppi didattici del cooperative lear-ning (Ianes, 1990, 1996).

Se allarghiamo l’orizzonte del proces-so inclusivo dal contesto scolastico versola dimensione sociale riscontriamo ulte-riori critiche ad atteggiamenti di pregiudi-ziale sfiducia nei confronti di chi ha unadiagnosi di debolezza mentale (Gateaux-Mennecier, 2001; Trent, 1994). NicoleDiederich (2004), sociologa dell’INSERM(Institut National de la Santé et de la Re-cherche Médicale) di Parigi dà la parola agiovani definiti “handicappati mentali”,alle loro famiglie e alle persone del loroambiente sociale. Apre un nuovo scena-rio sulla loro condizione, sulla percezioneche ne hanno e sulla violenza esercitatasu di loro, basata su di una presunta infe-riorità, mettendo in luce la possibilità diprestare attenzione a qualità e capacitàche una società competitiva si rifiuta divalorizzare.

AutismoL’autismo come condizione di interes-

se medico risale ai pionieristici studi diKanner, Asperger e Goldstein, compiutiall’inizio degli anni Quaranta del secoloscorso. Descritto da Bettelheim da unpunto di vista psichiatrico, negli anniCinquanta – con l’ipotesi di un’eziologiaparentale oggi superata sul piano scienti-fico – più tardi Rimland ha sostenuto l’i-dea della base biologica del disturbo.

Una sintesi dell’imponente massa diricerche attuali è condotta dalla Frith,che utilizza i paradigmi della psicologia

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cognitiva: rifiuta l’interpretazione psico-dinamica e il mito delle madri incapacidi relazione con i figli, come causa delloro deficit. Mecacci, nella prefazione allibro sottolinea che: «a parità di dannobiologico o neurologico la differenza tradue bambini e tra due futuri adulti la fan-no il contesto affettivo familiare e le op-portunità di educazione e di inserimentoche la società riconosce loro» (Frith,1999, p. XII).

Una tra le ultime ipotesi sull’eziolo-gia dell’autismo è attribuibile a Hermelin,Leslie e Baron Cohen, i quali sostengonoche alla radice di questa sindrome scon-certante c’è una carenza se non addirittu-ra l’assenza di una teoria delle altre men-ti. La teoria della mente richiama l’abilitàdi capire gli stati mentali altrui – vale a di-re i loro pensieri, opinioni, desideri, emo-zioni – e la facoltà di usare tale informa-zione per interpretare il loro comporta-mento (Camaioni, 1998).

La complessità e gli aspetti umani del-la sindrome sono stati evidenziati con lapubblicazione di scritti prima biografici,poi autobiografici. A partire dagli anniNovanta vi è stato un vero e proprio fio-rire di libri su individui autistici o scrittidagli stessi autistici. Un’autobiografia co-me quella di Temple Grandin (1986) per-mette uno sguardo dall’interno di estre-ma consapevolezza, proposto da chi sapadroneggiare non solo gli strumenti del-la scrittura, ma anche quelli della scienza.

Nell’educazione di un soggetto auti-stico riveste un ruolo essenziale la colla-borazione tra genitori e operatori, cheSchopler definisce come incontro tra duetipi di professionalità: gli operatori sonoesperti dell’educazione e dell’autismo in

generale, i genitori sono i migliori espertidella loro prole. Nei suoi scritti, mettecoerentemente in pratica tale principiodando voce all’esperienza di molti fami-liari che hanno avuto successo nella ge-stione delle problematiche dei figli (Scho-pler, 1998). Tra i libri più importanti in talsenso vi sono i due saggi della ClaibornePark, docente universitaria e madre di Jes-sie, diagnosticata autistica. L’assedio, scrit-to nel 1967, biografia dei primi otto annidella figlia (1982), è il primo resocontodall’interno dello sviluppo e della vita diun bambino autistico. Così lo commentasinteticamente Sacks:

Era scritto con un’intelligenza, una lucidità,una profondità e un amore che mettevano pie-namente in luce la totale estraneità, l’alteritàdella mente autistica. Il libro metteva in evi-denza quanto un’affettuosa comprensione po-tesse esser d’aiuto per metter sotto assedio l’iso-lamento apparentemente impenetrabile dell’au-tismo (dalla Prefazione di Sacks a ClaibornePark, 2001, p. 7).

Il secondo, Via dal Nirvana, uscito nel2001, propone una storia lunga qua-rant’anni: l’intero dischiudersi di Jessy,dalla bambina di otto anni quasi muta al-la persona piena di qualità, che è divenu-ta in seguito, malgrado l’autismo persi-stente.

La ricerca attuale sull’autismo sipreoccupa di fare il punto sia sulla molte-plicità di cause che stanno alla base dellasindrome, sia sulle strategie mirate a in-staurare un rapporto con le persone dia-gnosticate autistiche, attraverso differentimodalità comunicative (Cottini, 2002a,2002b, 2002c, 2006; Biklen, 1993).

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4. Identità evolutiva e narrazione

Il ruolo della famigliaLa famiglia è portatrice della dimen-

sione di una normalità esistenziale rivolta aldivenire adulto, che il mondo della scuo-la e della sanità non possono trascurare sevogliono garantire un’attenzione globalealla personalità del minore.

Vi è un’impostazione che privilegiauna visione pregiudizialmente debole,non resiliente della famiglia, per la qualesi preoccupa di individuare sostegni e pro-porre itinerari di formazione all’essere ge-nitori. Ma vi sono anche metodologie eapprocci che intendono restituire alle fa-miglie le loro competenze, individuando-ne la forza e proponendo la genitorialitàcome professionalità. L’itinerario parte dauna consapevolezza che si esprime e pren-de coscienza dell’azione quotidiana e con-creta delle famiglie e utilizza uno stru-mento specifico per rilevare e valorizzarele loro conoscenze e abilità: la narrazione.

Si fa strada la consapevolezza della re-silienza familiare, che permette di identifi-care i genitori come soggetti attivi, in gra-do di operare in sinergia con la scuola e leagenzie sanitarie e sociali dell’extrascuola.Viene attribuita dignità culturale alla fa-miglia, riconoscendola autrice di un sape-re privilegiato nei confronti dei figli – inparticolare per quanto riguarda la cono-scenza degli aspetti storico-evolutivi per-sonali e progettali – che deve esser accet-tato dai professionisti che si occupano dirapporti umani (insegnanti, medici, giudi-ci, assistenti sociali, educatori, ecc.). La re-sponsabilità educativa della famiglia vienericonosciuta in una dimensione di sussi-

diarietà orizzontale: «le persone sono por-tatrici non solo di bisogni ma anche di ca-pacità che devono esser messe a disposi-zione della comunità per contribuire a ri-spondere alle esigenze collettive, per cui leamministrazioni pubbliche favorisconol’autonoma iniziativa dei cittadini singolie associati per lo svolgimento di attività diinteresse generale» (Arena, 2006, p. VII).

Secondo l’illustre sociologo Donati(2003), raccogliere le narrazioni dei per-corsi educativi dei genitori significa ren-dere visibile un capitale sociale invisibile,in quanto la famiglia rappresenta anchenel XXI secolo uno dei luoghi di maggio-re innovazione socioculturale. Una rac-colta di saggi curata da Pavone e Tortellopropone un itinerario che definisce a cer-chi sempre più ampi gli ambiti in cui siesprimono il nucleo familiare e le reti so-ciali che a questa agenzia si collegano, perrenderne efficace il percorso formativo; lafamiglia rivela una forza vitale insospetta-ta nel farsi carico di situazioni ritenutesenza via d’uscita e una capacità di adat-tamento positivo alla presenza, al suo in-terno di persone in difficoltà (Pavone,Tortello, 1999).

Per costruire sempre maggior consape-volezza sociale delle competenze familia-ri, il modello metodologico Pedagogia deigenitori, promosso dal Centro nazionaledocumentazione e ricerca del Comune diCollegno (TO), propone di raccogliere,pubblicare e diffondere gli itinerari edu-cativi dei genitori come verifica delle lorocompetenze e strumento di formazioneper gli esperti che si occupano di rappor-ti umani, in modo da considerare la fa-miglia partner consapevole col quale ope-rare un patto formativo (Moletto, Zucchi,

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2001, 2006). Di particolare importanza lapresentazione dei figli Con i nostri occhi,che permette una visione positiva impo-stata sul funzionamento, utile all’itinera-rio dell’integrazione scolastica, da affian-care alla relazione osservativa dei docentie alla diagnosi funzionale dei curanti.

Handicap, da problema a risorsa

Una nuova sfida è rappresentata dallacultura della disabilità fondata sul con-cetto di diversità come normalità dellacondizione umana. L’invito, ricco di im-pegno progettuale, è quello di considera-re le persone con deficit come diversa-mente abili o diversabili (Imprudente,2003): si vuole così privilegiare una pro-spettiva rivolta alla storia e al percorso dicrescita del soggetto che reinterpreta il de-ficit all’interno di un originale, eterocro-nico sviluppo personale. L’idea non èesente da ambiguità e in effetti non coa-gula il consenso della generalità delle as-sociazioni di categoria, alcune delle qualiesprimono la preoccupazione che il mo-dello della diversabilità possa ulteriormen-te emarginare gli individui colpiti da me-nomazioni gravi o gravissime, che difficil-mente possono essere considerati diversa-mente abili (Pavone, 2004b).

La nuova cultura dell’handicap, che sinutre delle opere e del pensiero dei disabi-li stessi, è stata rivendicata da Claudio Im-prudente: persona in situazione di gravità,che comunica indicando con gli occhi suuna tavoletta di plexiglass le lettere delleparole poi interpretate da un assistente. Lanovità e la freschezza del suo imprudentepensiero è nei titoli dei libri da lui scritti,come Vita!: l’autobiografia in cui narra la

sua esperienza (Imprudente, 1990), allaquale ha fatto seguire un testo di riflessio-ne, dove presenta le basi per considerare ladisabilità come risorsa. Il titolo, E se gli in-diani fossero normali (1992), riprende la me-tafora del conflitto tra la popolazione in-diana e i coloni del Nord America. Il pen-siero associa disabilità/normalità a india-ni/cow boy; la riflessione va al genocidiodei pellerossa, alla responsabilità della nor-malità che spesso ricaccia la diversità nellariserva. I primi a passare per il camino nel-la Germania nazista furono i disabili e ilventre che generò tali follie è ancora fe-condo. Vi sono saggi che fanno rifletteresulle teorie eugenetiche degli scienziati chepromossero quegli orrori: una lettura ne-cessaria in quanto chi non apprende dallastoria è spesso destinato a ripercorrerla(Friedlander, 1995; Ricciardi von Platen,2000; Black, 2003).

Imprudente si impegna in prima per-sona come organizzatore di cultura scri-vendo saggi, fiabe e racconti funzionaliall’integrazione e alla costruzione di unnuovo approccio alla diversa abilità. HPAcca parlante è il titolo della rivista nellaquale egli non rischia di fare la fine delgrillo (parlante): non dà consigli, ma pre-senta testimonianze e attività per spinge-re fuori dalla riserva mentale gli individuinormali. La sua impostazione valoriale siinserisce in una dinamica più vasta, con-tribuendo a offrire stimoli ulteriori all’in-terno di un processo di integrazione so-ciale che da diversi decenni appartiene al-la cultura del nostro Paese e si è concre-tizzato prima di tutto in ambito scolasti-co. Come abbiamo già detto, la presenzadegli allievi disabili nelle classi normaliha rappresentato un’occasione per la ri-

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cerca educativa e didattica e per il miglio-ramento e la qualificazione del sistemaformativo per tutti gli studenti (Caneva-ro, 1993; Canevaro, Ianes, 2001).

Biografie e autobiografie Il genere narrativo viene sempre più

valorizzato e utilizzato come strumentoconoscitivo nell’ambito delle scienzeumane (Bruner, 1968, 1997). Il dilemmaproposto nella prima metà del secoloventesimo – la contrapposizione tra im-postazione nomotetica e idiografica – sisviluppa attualmente anche nella direzio-ne di una valorizzazione delle compo-nenti umane ed emotive in un contestostrutturato come narrazione. Questa per-mette di inserire le vicende esistenziali inuna storia che non è solo individuale, maacquista valenza sociale. L’io narranteapre una dimensione evolutiva, funziona-le all’intervento educativo, che pone alprimo posto lo sviluppo delle capacitàdella persona.

Raccontare l’esistenza del soggetto di-sabile rappresenta una rivoluzione coper-nicana; presuppone il porre in primo pia-no la propria identità storico sociale. Li-bera l’handicappato dal limbo della me-dicalizzazione e della diagnosi in cuispesso non vi è sviluppo o evoluzione,quanto esistenza uguale a se stessa scan-dita dagli interventi terapeutici. Marian-gela Giusti approfondisce il valore diquella che definisce «pedagogia della nar-razione della disabilità […] momentoproteso da se stesso verso gli altri […].Accettare di percorrere il trinomio perce-zione/conoscenza/scrittura equivale adaffermare di voler ricevere il mondo in sestessi ed esprimerlo». Le storie di disabi-

lità interessano la pedagogia «perché lascrittura non è mai un lavoro assistenzia-le su di sé (accetta l’esistente); è al contra-rio un lavoro propriamente pedagogico(che intende modificare l’esistente)» (Giu-sti, 1999, p. 7).

In questi ultimi anni la narrazione sul-la disabilità si è diffusa grazie a una mag-gior sensibilità della società alle proble-matiche dell’handicap. Si afferma comerivendicazione della soggettività dellepersone disabili, che intendono testimo-niare in modo autentico sulla loro situa-zione prima invisibile, legata a stereotipio proposta in termini di pietismo o assi-stenza. Nolan, la cui prosa è stata acco-stata a quella di Joyce, nell’autobiografiascritta in terza persona per evitare eccessidi patetismo sottolinea che: «l’accesso almondo della normalità era stato reso pos-sibile da quella sua evasione nel meditatomondo della scrittura» (Nolan, 1988, p.4). Questo approccio possiede anche unacomponente scientifica, permettendo diandare al di là dell’apparenza, di indagarela comune umanità, di inglobare nella lo-gica della vita di tutti chi è stato emargi-nato da classificazioni astratte, di scoprirequalità diverse dovute ai fenomeni dellacompensazione.

È possibile classificare la grande messedi biografie, autobiografie e narrazionipubblicate in questi ultimi tempi, orga-nizzandone la molteplicità di forme in cate-gorie stilistiche: autobiografie, testi poli-morfi, biografie, narrazioni romanzate(Giusti, 1999). Le autobiografie, raccontidella propria vita redatti in prima o terzapersona, costituiscono un genere moltodiffuso con caratteristiche diverse: dalclassico Il mio piede sinistro di Christopher

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Brown, dal quale è stato tratto un film disuccesso diretto da Sheridan (Brown,1990), allo scritto dal valore intrinseca-mente artistico della neozelandese Frame(1996), costretta in ospedale psichiatrico.

Testi polimorfi sono quelli riguardan-ti persone disabili, scritti anche da autoridiversi con modalità espressive varie: rac-conti riflessioni, brani di cronaca o no-velle fantastiche. Spicca Il libro di Alice, in-tessuto di poesie e prose, scritto da unadodicenne stroncata dall’atrofia muscola-re (Sturiale, 1996), dal quale emerge unavolontà e una voglia di vivere, analoga aquella espressa da Rosanna Benzi in Giro-tondo in una stanza, che testimonia la suavita profondamente attiva: dagli articoliper la rivista Gli altri, alle fiabe scritte percomunicare i suoi messaggi ai bimbi cheandavano a trovarla nella stanza del pol-mone d’acciaio (Benzi, 1987). Un libromolto interessante è quello scritto daHunt, ragazzo Down, redatto con lo stes-so stile svagato e ammiccante de Il giova-ne Holden di Salinger. Il padre e il medicocurante sono consapevoli dei pregiudiziche circondano questa sindrome e nellapremessa sottolineano l’attendibilità dellascrittura, dovuta all’impegno dell’autore eall’educazione familiare che ha costante-mente stimolato la mente del ragazzo,proponendogli mete significative e digni-tose (Hunt, 1987).

Sono state scritte molte biografie dipersone in situazione di handicap, so-prattutto da parenti, amici o genitori, chehanno voluto testimoniare percorsi di ec-cellenza – come quello dello scienziatoHawking, premio Nobel per la fisica (Bo-slough, 1990) – o mettere in luce un rap-porto affettivo particolarmente intenso,

come quello di Hourdin per la figlia Ma-rie-Anne (Hourdin, 1985).

Nello spazio delle “narrazioni roman-zate” si inseriscono opere che raccontanoin prima o in terza persona le vicende diun personaggio o di un gruppo di perso-naggi, reali o inventati, inseriti in sfondiambientali contemporanei, storici o fanta-stici. Il romanzo più significativo è senzadubbio Nati due volte di Pontiggia, unico,come sottolinea la presentazione, «nel suoessere non una confessione o un resocon-to autobiografico o un pamphlet sull’assi-tenza ai disabili, bensì un vero e proprioromanzo, assolutamente immune dal pa-tetico, giocato sul tono di una leggerezzache sa anche episodicamente aprirsi a unaprofonda autoironia e che tempera in unostraordinario equilibrio la drammaticitàcomunque incancellabile della situazioneche descrive» (Pontiggia, 2000).

Narrazione filmica e handicapIl cinema propone occasioni di rifles-

sione attraverso sollecitazioni e provoca-zioni che stimolano l’autoapprendimento,la ricerca, il porsi domande e il ragionaresulle situazioni più varie, comprese quelleriguardanti la disabilità. Fa riflettere sullesituazioni umane, aiuta a capirle ad accet-tarle, suggerendo soluzioni, indicando vienon battute.

I film rispondono alle esigenze cultu-rali attuali per immediatezza ed efficacia edunque possono essere valorizzati, inun’epoca come la nostra, come mediatoridi tematiche e contenuti che vedono pro-tagoniste anche persone in situazione dihandicap. Il cinema, per la sua efficacianarrativa e didascalica, ha la capacità dientrare nell’analisi dei caratteri; per l’in-

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trinseca forma di rappresentazione puòcontribuire alla formazione di una sensibi-lità sociale volta alla cultura dell’inclusio-ne. Molti film evidenziano in modo ine-quivocabile i vantaggi di tali caratteristi-che: in particolare, riescono a presentaresituazioni riguardanti la disabilità con am-bientazioni a forte impatto sul pubblico,affrontando in modo globale le più svaria-te esperienze esistenziali (Gabbard, 1999).

La selezione di film che presentano ri-svolti educativi sull’handicap richiedeun’attenta analisi e un lavoro di ricerca,sperimentazione e valutazione. L’utilizzopuò esser diverso: da un cineforum inambito cittadino, per la sensibilizzazionesui problemi e per la creazione di una vi-sibilità sociale della disabilità, alla presen-tazione nelle scuole di determinate tema-tiche, all’utilizzo di scene specifiche, fun-zionali all’apprendimento o alla discus-sione di dinamiche relazionali in situa-zioni di training formativo con gli adulti(SIPEM, 2005).

Le immagini in movimento possonoesser collegate al genere letterario, permet-tendo di capire, da un’altra angolazione,

le motivazioni dei protagonisti. Molti filmcome Anna dei miracoli (1962), Il mio piedesinistro (1989) o Figli di un Dio minore(1986) dipendono da narrazioni o auto-biografie che hanno preceduto l’adatta-mento cinematografico (Jouannet, 1999).Il mondo del cinema si sta occupando inmodo sempre più rigoroso e documenta-to della disabilità e con risultati di eccel-lenza: rappresentazioni cinematografichesull’handicap hanno ricevuto riconosci-menti come l’Oscar a Marlee Matlin perla partecipazione a Figli di un Dio minore, aDaniel Day Lewis, interprete de Il mio pie-de sinistro o la Palma d’oro del festival ci-nematografico di Cannes all’attore DownPascal Duquenne, protagonista de L’ottavogiorno (1996). Occorre tuttavia mantenereuna visione critica, poiché nella rappre-sentazione filmica possono intervenire, espesso intervengono, miti e stereotipi le-gati al periodo storico in cui sono statirealizzati e alle scelte culturali di chi li haprodotti. Per un’analisi corretta è oppor-tuna una preparazione propedeutica allavisione e un inquadramento filologica-mente attendibile (Norden, 1994).

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L’handicap e le sfide della modernità

Rassegna bibliografica 3/2007 33

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L’handicap e le sfide della modernità

Rassegna bibliografica 3/2007 34

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L’handicap e le sfide della modernità

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L’handicap e le sfide della modernità

Rassegna bibliografica 3/2007 36

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Firenze, Giunti Barbera1991a Un piccolo libro una grande memoria, prefazione di J.S.Bruner, Roma, Editori riuniti 1991b Un mondo perduto e ritrovato, prefazione di O. Sacks Roma, Editori riunitiMalaguti, E.2005 Educarsi alla resilienza. Come affrontare crisi e difficoltà e migliorarsi, Trento, EricksonMalson, L.1964 Les enfants sauvages. Mythe et réalité, Paris, Union Générale d’EditionsMartinelli, M.1998 L’handicap in classe, Brescia, La scuolaMazier, C.1992 ‘Ouvrez la porte de l’école’. L’intégration des enfants handicapés en Italie et en France, Pa-

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L’handicap e le sfide della modernità

Rassegna bibliografica 3/2007 37

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L’handicap e le sfide della modernità

Rassegna bibliografica 3/2007 38

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Erickson

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L’handicap e le sfide della modernità

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zione Lombardia, n. 2 Sophocles2003 Filottete, introduzione e commento di P. Pucci, testo critico a cura di G. Avezzù,

traduzione di G. Cerri, Fondazione Lorenzo Valla, Milano, Arnaldo Mondadorieditore

Sorrentino,A.1995 Handicap e rabilitazione, Roma, CarocciStiker, H.J.1982 Corps infirmes et sociétés, Paris, Aubier Montaigne2000 Pour le débat démocratique: la question du handicap, Paris, Editions du CTNERHI (Cen-

tre Technique National d’Etudes et de Recherches sur le Handicap et les Inadap-tations)

Sturiale,A.1996 Il libro di Alice, Firenze, PolistampaTopping, K.1997 Tutoring: l’insegnamento reciproco tra compagni, Trento, EricksonTortello, M.1999 L’integrazione scolastica verso il 2000, in Ianes D., Tortello M., La qualità dell’integra-

zione scolastica, Trento, EricksonTortello, M., Pavone, M., Rollero, P.1999 Partecipare alla ‘cultura del compito’: dagli apprendimenti all’atmosfera culturale dell’ap-

prendere, in D. Ianes M. Tortello 1999, Handicap e risorse per l’integrazione Trento,Erickson

Toulmin, S.2001 Return to Reason, Cambridge Mass, Harvard University Press

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L’handicap e le sfide della modernità

Rassegna bibliografica 3/2007 40

Trent,W.J.1994 Inventing the Feeble Mind. An History of Mental Retardation in the United States,

Berkeley, University of California PressTrisciuzzi, L.1999 Manuale di didattica per l’handicap, Bari, LaterzaTrisciuzzi, L., Fratini, C., Galanti, M.A.1996 Manuale di pedagogia speciale, Bari, LaterzaTrisciuzzi, L., Galanti, M.A.2001 Pedaogia e didattica speciale per insegnanti di sostegno e operatori della formazione, Pisa,

Edizioni ETSVenni, M.2004 Il posto giusto per me, Trento, EricksonVianello, R.1999 Difficoltà di apprendimento, situazioni di handicap, integrazione, Bergamo, JuniorVianello, R., Cornoldi, C.1997 Metacognizione e sviluppo della personalità, Bergamo, JuniorVico, G.1994 Handicappati, Brescia, La scuolaVignaux, G.1999 Le démon du classement: penser/organiser, Paris, SeuilVitello, S.J. Mithaug, D.E.1998 Inclusive Schooling. National and International Perspectives, New York, ErlbaumVygotskij, L.S.1974 Storia dello sviluppo delle funzioni mentali superiori, Firenze, Giunti 1986 Fondamenti di difettologia, Roma, BulzoniWang, M. Reynolds, M.C.Walberg, H.J.1995 Handbook of Special and Remedial Education. Research and Practice, 2. ed., New York,

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za, Torino, Einaudi Zappaterra,T.2003 Braille e gli altri. Percorsi storici di didattica speciale, Milano, UnicopliZavallonci, R.1986 Introduzione alla pedagogia speciale, Brescia, La scuola

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L’handicap e le sfide della modernità

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Anna dei miracoli, Arthur Penn (USA, 1962)

Figli di un Dio minore, Randa Haines (USA, 1986)

Il mio piede sinistro, Jim Sheridan (Inghilterra-Irlanda, 1989)

Nel paese dei sordi, Nicolas Philibert (Francia, 1992)

Dove siete? Io sono qui, Liliana Cavani (Italia, 1993)

Go now, Michael Winterbottom (Inghilterra, 1996)

L’ottavo giorno, Jaco van Dormael (Francia-Belgio, 1996)

Marianna Ucria, Roberto Faenza (Italia, 2002)

Le chiavi di casa, Gianni Amelio (Italia/Germania/Francia, 2004)

Un silenzio particolare, Stefano Rulli (Italia, 2004)

Filmografia

Segnalazioni bibliografiche

AvvertenzaLe segnalazioni bibliografiche si presentano ordinate secondo lo Schema diclassificazione sull’infanzia e l’adolescenza realizzato dall’Istituto degli Innocenti.All’interno di ogni voce di classificazione l’ordinamento è per titolo. Le pubblicazionimonografiche e gli articoli segnalati sono corredati di abstract e della descrizionebibliografica che segue gli standard internazionali di catalogazione. Per quanto riguarda ladescrizione semantica, l’indicizzazione viene effettuata seguendo la Guidaall’indicizzazione per soggetto, realizzata dal GRIS (Gruppo di ricercasull’indicizzazione per soggetto) dell’Associazione italiana biblioteche. La documentazionequi di seguito presentata costituisce parte del patrimonio documentario della BibliotecaInnocenti Library, nata nel 2001 da un progetto di cooperazione fra l’Istituto degliInnocenti e l’Innocenti Research Centre dell’UNICEF, e deriva da un’attività di spoglio dellepiù importanti riviste di settore e da una ricognizione delle monografie di maggiore rilievopubblicate di recente sugli argomenti riguardanti l’infanzia e l’adolescenza.

monografia

130 Famiglie

La famiglia di fatto

Domenico Riccio

Il testo offre una panoramica completa e aggiornata della regola-mentazione giuridica della famiglia di fatto. Nella prima parte siesamina il nuovo diritto di famiglia e vengono in particolare evi-denziati i valori cui si orienta l’attuale normativa. Viene rilevato co-me, dopo la riforma del 1975, il legislatore si sia indirizzato versouna forte affermazione dell’autonomia del gruppo, che si esprimenel principio dell’accordo per l’indirizzo della vita familiare e nelparallelo principio dell’accordo per le decisioni inerenti l’eserciziodella potestà. La rilevanza delle scelte compiute dalla coppia nell’at-tuazione del rapporto reciproco e dei rispettivi compiti verso i figliconfigura un sistema giuridico abbastanza aperto ai diversi tipi diesperienza matrimoniale e familiare presenti nella realtà sociale.

L’evoluzione del concetto di famiglia ha poi ricevuto una note-vole spinta anche dalla nuova visione della filiazione. Ciò è avve-nuto attraverso due direzioni. La prima riguarda la parificazionedel figlio legittimo al figlio naturale e la seconda attiene alla cre-scente importanza che ha avuto l’interesse del figlio nelle sceltedella famiglia. In particolare, per effetto della sentenza dichiarativadi paternità e di maternità ovvero del volontario riconoscimentoeffettuato dal o dai genitori, il figlio naturale acquista uno status fa-miliare che ben può dirsi di (quasi) totale equiparazione allo statuse alle prerogative del figlio legittimo sia per quanto concerne lepretese che può avanzare nei confronti dei genitori, sia per ciò chetocca i diritti a lui spettanti a titolo di successione mortis causa sulloro patrimonio, quindi può dirsi quasi del tutto superata – secon-do l’autore – la denominazione differenziata tra i figli legittimi equelli naturali. Ma l’evoluzione lessicale rappresenta proprio unchiaro e sicuro sintomo di cambiamento concettuale nel diritto difamiglia: segnaliamo il termine “concubinato”, con cui si qualifica-vano un tempo le convivenze, sostituito oggi dalla formula “convi-venza more uxorio” che evoca una connotazione neutra del feno-meno facendo riferimento alla consuetudine di vita in comune, a

Rassegna bibliografica 3/2007 45

prescindere di solito dalla presenza di figli, secondo modalità ecomportamenti assimilabili a quelli propri dei coniugi.

In relazione, poi, ai vuoti lasciati dall’attuale disciplina normati-va che regola i rapporti familiari in particolare in materia di fami-glia di fatto, l’autore sottolinea come quest’ultima abbia una formae un ciclo di vita potremmo dire simili a quelli della famiglia legale,per cui si pongono le stesse istanze di regolamentazione. Anche lafamiglia di fatto ha quindi una sua fase genetica, un momento fun-zionale e, infine, un termine, con tutte le annesse questioni facil-mente enucleabili per converso e, con le dovute modifiche del ca-so, dalla disciplina predisposta per la famiglia legale. Inoltre, per lafamiglia di fatto, si rappresentano alcune singole ipotesi tipiche incui la rilevanza esterna ha assunto il connotato del riconoscimentolegale (diritto anagrafico, tributario, pensionistico, processuale pena-le, ecc); altre, invece, dove pur non avendo avuto l’espressa men-zione della norma, comunque quest’ultima si applica indistinta-mente sia alla famiglia legale sia a quella di fatto (ad esempio neldiritto penale). In ogni caso, si conclude che pare non esserci nes-sun elemento di diritto immune dall’influenza di tale fenomeno.Per questo motivo, per testimoniare la rilevanza e l’ampiezza dei te-mi toccati dal dibattito emerso sulla regolamentazione della fami-glia di fatto, vengono, in chiusura, segnalate le attuali tensioni giuri-sprudenziali e legislative, fornendo una chiave di lettura unitariadell’istituto e anche le possibili evoluzioni dello stesso.

130 Famiglie

La famiglia di fatto / Domenico Riccio. — Padova : Cedam, 2007. — XXVIII, 657 p. ; 24 cm. —(Collana di diritto di famiglia. Gli orientamenti dei tribunali ; 8). — Bibliografia: p. 597-629. —ISBN 978-88-13-27453-5.

Famiglie di fatto – Italia

Rassegna bibliografica 3/2007 46

130 Famiglie

Unioni di fatto, matrimonio, figli Tra ideologia e realtà

Carlo Casini

Il volume si inserisce nell’attuale dibattito culturale e politicosulla reale opportunità e utilità di un riconoscimento formale delleunioni di fatto.

Una delle tesi di questa pubblicazione è che le istanze di perso-ne che vivono insieme, se legittime, sono già soddisfatte dall’ordi-namento giuridico e che quindi non c’è affatto bisogno di un rico-noscimento delle convivenze di fatto. Per sostenere tale tesi, l’auto-re sottolinea come in molti atti internazionali (prima fra tutti la Di-chiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948, articolo 16) ein quasi tutte le Costituzioni nazionali la famiglia viene considerataquale nucleo fondamentale della società e dello Stato e come taledeve essere riconosciuta e protetta. L’argomento più frequentemen-te ripetuto per chiedere una legge che dia riconoscimento legale alleunioni di fatto, comprese quelle omosessuali, è quello dell’ugua-glianza. Se tutti, infatti, siamo uguali – ci si chiede spesso – indi-pendentemente dalle condizioni di età, salute, razza, situazioneeconomica, perché dovremmo essere considerati diversi in base al-l’orientamento sessuale? Ma secondo l’autore uguaglianza non si-gnifica trattare tutti in modo identico, ma riservare un’uguale disci-plina a situazioni uguali e trattamenti diversi a situazioni diverse.Perciò il confronto tra l’unione matrimoniale e altri tipi di unionesuppone una preliminare indagine sull’identità: costituiscono rap-porti sostanzialmente identici oppure sono diversi? E se sono diver-si, come descrivere la differenza? La famiglia qui viene consideratadi grande importanza per la società e lo Stato in quanto risponde aun evidente interesse, generale, pubblico. La famiglia non riguardasoltanto le aspirazioni e le esigenze dei suoi membri, ma riguarda leaspettative di tutti i membri della società. Per questo motivo l’attoche fonda la famiglia non può essere un evento privato, ma deveessere partecipato con una cerimonia, una festa, un gesto che locollochi in una dimensione pubblica. Si prende d’altra parte attodel fatto che le grandi trasformazioni della società moderna hanno

monografia

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130 Famiglie

Unioni di fatto, matrimonio, figli : tra ideologia e realtà / Carlo Casini. — Firenze : Società editricefiorentina, c2007. — 147 p. ; 20 cm. — (Etica). — ISBN 978-88-6032-019-3.

Famiglie di fatto – Italia

Rassegna bibliografica 3/2007 48

investito profondamente la famiglia tradizionale. Basta riflettere sul-la fortissima caduta della natalità, sulla rilevante diminuzione deimatrimoni, sull’aumento delle separazioni e dei divorzi, sull’au-mento dei figli naturali, sulla diffusione delle convivenze di fatto.La famiglia è quindi profondamente cambiata. Ma secondo l’autoreoggi la famiglia, il concetto di famiglia, vive una rinascita. Parados-salmente, infatti, gli stessi fenomeni di disagio che hanno investitoe che continuano a investire la famiglia ne hanno messo in eviden-za l’importanza. Si rileva come molte indagini abbiano dimostratociò che, del resto, è un dato di comune esperienza: i pesanti costisociali che derivano dalla dissoluzione della famiglia stessa. Sonostate poi evidenziate anche le correlazioni tra difficoltà familiari efenomeni socialmente preoccupanti come la tossicodipendenza, laprostituzione, il disadattamento psichico, l’emarginazione. Provadell’efficacia terapeutica e di “recupero” della famiglia è data, per ci-tare un esempio, dal fatto che per dare una risposta efficace al disa-dattamento delle persone, specie se minori, si ricorre a strumentiche imitano il modello familiare: basti pensare alle case famiglia co-me alternativa agli istituti e al modo di organizzarsi di talune co-munità terapeutiche. La famiglia viene quindi riconosciuta comeun’istituzione di rilevante interesse pubblico estremamente utile –per l’autore – in particolare per l’allevamento e la crescita dei bam-bini, degli adolescenti e dei giovani.

135 Relazioni familiari

Genitori e adolescenti

Michael Carr-Gregg

Tra le fasi della vita, l’adolescenza è quella che non ha eguali,un periodo di transizione nel quale vi è un susseguirsi di cambia-menti fisici, psicologici ed emotivi tutti assolutamente naturali.Una crescita repentina, velocissima, che si sviluppa principalmen-te in tre distinte fasi: la prima adolescenza, caratterizzata dalladomanda “Sono normale?”, la media adolescenza, dove la do-manda è “Chi sono?” e la tarda adolescenza nella quale la que-stione è “Dove sto andando?”. La risposta a queste domande nonè né semplice, né immediata, ma sono lo stimolo da cui parte laridefinizione identitaria. Un percorso di crescita fatto da un altotasso di sofferenza per tutta l’incertezza che questo stravolgentecambiamento si porta dietro. Un processo necessario, finalizzatoinconsciamente a svincolarsi e ad affrancarsi dalle sicurezze chehanno caratterizzato l’infanzia e che si ripercuote soprattutto sulrapporto con i genitori. Da una parte l’adolescente sente la spintae il richiamo verso la libertà, chiedendo all’adulto di stare lonta-no, dall’altra ha bisogno di sentire la forza dell’amore dei genito-ri e la loro vicinanza. Ogni adulto ha una sorta di “copione” delbravo genitore, e questo porta a diverse categorie di stili genito-riali, quelli dei genitori esigenti, quelli comprensivi, quelli autori-tari, ma qualunque sia lo stile genitoriale ci sono alcuni compor-tamenti e modi di vivere la relazione che sono necessari per unbuon sviluppo del ragazzo. Cercare di essere presenti alla vita fa-miliare e far partecipare l’adolescente alle decisioni, così comedargli fiducia, instaurare un dialogo profondo e aperto, sono tuttielementi molto importanti per vivere una serena adolescenza.Questo non vuol dire che non vi siano forme di conflitto o as-senza di discussioni, perché queste servono anche a quel processodi individuazione che l’adolescente sta vivendo e che è importan-te che viva, ma esse assumono questo connotato evolutivo solose gli adulti ne comprendono la portata e il valore e accolgono ildistacco positivamente.

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Uno degli ambiti dove il ragazzo esprime appieno questa suatrasformazione è la scuola e molte sono le difficoltà che in essa in-contra, non ultimi i fenomeni come il bullismo, nel quale i genito-ri hanno un ruolo chiave sia che il figlio faccia parte delle vittimesia che rivesta la parte del propotente. Momenti importanti sonoquelli in cui gli adolescenti cominciano la loro autonomia in am-bito sociale e “prendere la patente” è un momento che va suppor-tato sia tecnicamente che emotivamente. Accanto allo svilupparsidi queste forme di indipendenza, vi sono anche altre scoperte chevanno nella direzione dell’adultità e che il genitore deve saper ac-compagnare con pazienza. L’approccio al sesso, alla relazione dicoppia, per l’adolescente sono compiti molto complessi da affron-tare ed esperienze emotivamente forti da vivere. Per molti genitoriquesti sono argomenti imbarazzanti da toccare, ma la sfida princi-pale di un genitore è creare un ambiente in cui il ragazzo si sentalibero di parlare anche del tema della sessualità. In questo modo larelazione con una profonda parte di sé è favorita e sostenuta inmodo da integrare nuove sensazioni e nuovi impulsi con le altrecomponenti emotive e sentimentali, tanto da dare all’adolescenteuna positiva modalità di vivere la relazione con l’altro sesso.

Alcuni aspetti di problematicità sono sempre potenzialmentepresenti, come per esempio l’uso di droghe, ma il dialogo e la ricer-ca di quali significati possono stare dietro a questi comportamentidevono essere ciò che guida l’azione del genitore, che deve cercaredi capire e deve aiutare il proprio figlio anche in situazioni difficilie di sofferenza. Proprio per le molte sollecitazioni emotive che vive,il genitore è bene che si ricordi ogni tanto che non è solo un geni-tore, ma anche un uomo o una donna, avendo cura di sé e impa-rando a vivere con equilibrio queste due paritetiche dimensioni.

135 Relazioni familiari

Genitori e adolescenti / Michael Carr-Gregg. — Milano : Armenia, c2007. — 120 p. ; 21 cm. —(Genitori e figli). — Trad. di: Surviving adolescents. — ISBN 978-88-344-1964-9.

Figli adolescenti – Rapporti con i genitori

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150 Affidamento familiare

Affidamenti Mandato autoritario e responsabilità di cura

Isabella Bernardi, Lucilla Castelfranchi

L’affidamento costituisce un’istituzione che comprende diffe-renti tipologie. In tutti i casi, tuttavia, si pone il problema del rap-porto tra un servizio tecnico-professionale con la magistratura edell’antinomia aiuto-controllo. I due temi appaiono interconnessiperché, se è vero che in ogni relazione tra operatore e utente si in-trecciano elementi dettati dall’esigenza di prendersi cura con ele-menti basati sul rispetto delle regole, è altrettanto vero che esisto-no interventi, propri dei servizi pubblici, in cui la valenza del con-trollo può sembrare prevalente, perché risponde a precise norme dilegge, che condizionano alcune fondamentali libertà individuali. Sifa qui riferimento ai vincoli che possono essere imposti per la cu-stodia di un figlio dopo una separazione, o per la verifica della ca-pacità educativa di una famiglia o, ancora, per testare la qualità diun inserimento di un bambino in un nucleo adottivo o affidatarioo, infine, per controllare i comportamenti di adulti e minorenni,entrati nel circuito penale a causa della commissione di reati.

Nel corso del volume vengono descritti i compiti e le responsa-bilità del servizio sociale in ciascun tipo di affidamento. A ciascu-no di essi è dedicato un capitolo, che si sviluppa secondo un per-corso che comprende la definizione, l’evoluzione storico legislati-va, le strategie di intervento e i nodi critici.

• L’affidamento al servizio sociale in materia civile. Ha le stessecaratteristiche che una volta connotavano il cosiddetto affida-mento rieducativo. La potestà genitoriale non decade ma vie-ne piuttosto limitata. Il servizio sociale prende in carico l’u-tente con la responsabilità duratura e impegnativa ben più diquanto si richieda ai servizi primari rivolti alla cittadinanza, iquali non ricevono un incarico dall’autorità giudiziaria. Taleattribuzione non è solo un adempimento istituzionale: signifi-ca espletare un’azione di cura, instaurare un rapporto indivi-dualizzato, porsi come punto di riferimento e accompagnarel’affidato fino al completamento del percorso trasformativo.

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• L’affidamento preadottivo. È questa la fase conclusiva delcomplesso procedimento che determina la dichiarazione diadozione. Esso nasce dall’esigenza di monitorare e garantire ilsuperiore interesse del minore a inserirsi con lo status di figlioin una nuova famiglia. Gli operatori devono riferire periodica-mente al tribunale per i minorenni sull’andamento dell’inseri-mento, l’impegno si conclude con una relazione riepilogativache dia conto del successo del provvedimento, in modo che sipossa procedere con la dichiarazione di adozione.

• L’affidamento familiare. È il collocamento temporaneo di unminore presso persone singole o famiglie, con o senza figli.Esso può essere consensuale, quando vi è intesa tra gli opera-tori, la famiglia di origine e la famiglia affidataria; giudiziario,quando i genitori non danno l’assenso, per cui viene decreta-to dal tribunale dei minorenni nell’interesse del minore.

• L’affidamento al servizio sociale in materia penale minorile: lamessa alla prova. Quest’ultima riguarda l’accettazione da partedel minore di assumere un impegno a osservare le regole e asvolgere determinati compiti. La messa alla prova sospende ilprocesso e quindi la pronuncia della condanna e fa dipenderel’estinzione del reato dall’esito positivo della misura.

• L’affidamento in prova al servizio sociale nel settore penaleadulti. Si tratta in questo caso di una misura penitenziaria chesi distingue dalla messa alla prova minorile perché riguardal’esecuzione di una condanna già irrogata in via definitiva, mache si realizza in regime non detentivo, a condizione appuntoche si rispettino determinati impegni.

150 Affidamento familiare

Affidamenti : mandato autoritario e responsabilità di cura / Isabella Bernardi, Lucilla Castelfranchi. — Roma :Carocci Faber, 2007. — 118 p. ; 22 cm. — (Il servizio sociale ; 107). — Bibliografia: p. 115-118. —ISBN 978-88-7466-485-6.

Affidamento familiare

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180 Separazione coniugale e divorzio

Crisi coniugaleObbligo di mantenimento e accertamento dei redditi

Alessandra Sbressa Agneni, Stefania Sbressa Agneni

Il volume analizza con cura la crisi coniugale focalizzando l’at-tenzione del lettore sull’aspetto economico e patrimoniale delleproblematiche relative all’assegno di mantenimento nei procedi-menti di separazione e divorzio. Tale aspetto viene trattato sotto ilprofilo civile, processuale, fiscale e tributario, penale e legislativo.Ciò che caratterizza il volume è il particolare approccio adottatoche fa riferimento al valore esistenziale che il denaro rappresentain una famiglia e al conseguente riconoscimento del danno esisten-ziale. All’interno, infatti, del nucleo familiare, il denaro, o megliola mancanza di esso, si riflette sulla qualità e lo stile di vita o me-glio sulla realizzazione personale e dei propri progetti, sulla possi-bilità di muoversi liberamente e di scegliere con serenità ciò che lavita prospetta e su quant’altro attenga alla sfera dell’esistenza uma-na. Quando i mezzi economici sono insufficienti, inevitabilmente,si riducono i divertimenti e gli sport, le spese per lo studio e la cul-tura, per l’abbigliamento e le vacanze, per le stesse cure mediche eodontoiatriche e perfino per l’alimentazione. Di conseguenza ven-gono meno tutte le opportunità sociali, di promozione individua-le, culturale, professionale, pregiudicando il futuro della persona.Entra, quindi, in gioco il tema dell’esistenzialità del nostro essereossia del diritto alla realizzazione personale che rappresenta l’inter-faccia del danno esistenziale, causato dal comportamento illecitodi un membro del nucleo familiare.

Tenendo quindi presente questa impostazione, viene esaminatauna giurisprudenza di estremo interesse in particolare per la porta-ta estensiva dell’area della risarcibilità del danno, che non vienesoltanto considerato come danno patrimoniale ma anche esisten-ziale ovvero compromissione illecita delle attività realizzatrici dellapersona. Il volume prende in considerazione in particolare il temadella responsabilità risarcitoria del genitore per il mancato mante-nimento del figlio, il quale subisce una lesione dannosa per un se-reno sviluppo della personalità umana.

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Per quanto riguarda invece la posizione dei coniugi nell’ambitodei procedimenti di separazione e divorzio, viene qui rilevato co-me accada spesso che uno di loro cerchi di nascondere all’altro lapropria reale situazione economico-finanziaria in modo da sottrar-si all’obbligo di versare l’assegno di mantenimento. I mezzi utiliz-zati a questo scopo sono diversi, quali intestare beni a terzi, trasfe-rire denaro all’estero, fare donazioni e ancora imputare spese effet-tuate per scopi personali alla società di cui la parte è titolare, nelcaso in cui svolga lavoro autonomo.

Gli strumenti che il nostro ordinamento offre per poter sma-scherare in giudizio il coniuge che si finge povero a scapito dell’al-tro, solitamente più debole e indifeso dal punto di vista economi-co in quanto privo di reddito o avente un reddito che non gli con-sente di condurre lo stesso tenore di vita di cui godeva in costanzadi matrimonio, non sono molti e si basano per lo più su presun-zioni. Tuttavia, il nostro sistema prevede che sia nel procedimentodi divorzio che in quello di separazione, i coniugi siano obbligati apresentare fin dalla prima udienza presidenziale la propria dichia-razione dei redditi e nel caso in cui sorgano delle contestazioni traconiugi in relazione alla loro complessiva situazione finanziaria, iltribunale, qualora ne riscontri la necessità, possa disporre indagini,avvalendosi anche dell’ausilio della polizia tributaria.

180 Separazione coniugale e divorzio

Crisi coniugale : obbligo di mantenimento e accertamento dei redditi / Alessandra Sbressa Agneni, StefaniaSbressa Agneni. — Milano : A. Giuffrè, c2007. — XVII, 252 p. ; 24 cm. — (Fatto & diritto). —Bibliografia: p. 247-252. — ISBN 88-14-12697-6.

Separati e divorziati – Obbligo di mantenimento – Italia

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180 Separazione coniugale e divorzio

Il nuovo rito del contenzioso familiaree l’affidamento condivisoLe riforme del diritto di famiglia viste dagli avvocati:commenti, formulari e documenti

G. Facchini, A. Fissore, M. Naggar, G. Oberto, A.C. Ronfani

Il diritto di famiglia è, per sua natura, destinato a subire, forsepiù ancora di altri settori dell’ordinamento, le influenze della so-cietà, del costume e dei relativi mutamenti e in ogni epoca il legi-slatore ha sentito il bisogno di farsene, anche se spesso con ritardie contraddizioni, interprete. Spesso, l’intervento del legislatore nonè stato in grado di apportare soluzioni efficaci ma ha contribuitoall’incertezza che regna in numerose aree del diritto di famiglia. Inparticolare, secondo l’autore, la legge 54/2006 rappresenta un chia-ro esempio di intervento normativo scomposto e contraddittorioin quanto avrebbe sconvolto l’assetto normativo del contenziosofamiliare sia sul versante sostanziale che su quello processuale.Avrebbe in particolare introdotto principi che se, da un lato, sipongono in controtendenza rispetto a quelle che sembravano le li-nee direttrici acquisite (si pensi alla consapevolezza della necessitàdi uniformare i riti della separazione e del divorzio, cui ha invecerisposto un ulteriore fase di rincorsa tra le due discipline, che con-tinuano a muoversi su due piani diversi e del tutto sfasati), dall’al-tro vengono ad alterare soluzioni faticosamente raggiunte (teniamopresente il dibattito sulle competenze giurisdizionali in tema dipotestà dei figli naturali), gettando naturalmente scompiglio esconforto fra gli interpreti e scatenando inestricabili conflitti dicompetenza tra giudici ordinari e giudici minorili.

L’idea che sta alla base di quest’opera è maturata proprio nelcorso di una serie di attività di formazione organizzate da un grup-po di avvocatesse del Foro di Torino per rispondere alle crescenticontraddizioni legislative in materia di diritto di famiglia con unapprofondimento che richiedesse, valorizzandolo, il coinvolgimen-to degli interpreti e degli operatori.

Il volume si divide in tre parti fondamentali: la prima partetende a fornire una panoramica generale in particolare sulla legge54/2006 sull’affidamento condiviso; si precisa qui, tra l’altro, cometale riforma rimetta in via prioritaria all’intesa dei genitori la rego-

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lamentazione dei profili attinenti alla gestione dei rapporti con laprole minorenne, relegando il ruolo del giudice – come d’altrondeappare corretto parere dell’autore – a quello di mero garante del-l’insussistenza di una situazione di contrasto delle intese dei geni-tori rispetto al preminente interesse dei figli oltre che, ovviamente,di risolutore del contrasto, nel caso in cui l’intesa non possa essereraggiunta.

La seconda parte si concentra maggiormente sulle principaliquestioni sostanziali e processuali toccate dalle riforme relativa-mente alla separazione e al divorzio, quali ad esempio la difesatecnica delle parti in causa, le domande aventi contenuto econo-mico, prima fra tutte l’assegnazione della casa coniugale, e, infine,l’ascolto del minore.

La terza parte è dedicata ai profili attinenti ai figli delle coppienon coniugate, nonché alle modifiche del diritto penale che inve-stono le materie in esame. Nelle sezioni denominate “formulari” sisono inseriti, capitolo per capitolo, dei facsimile di atti o provvedi-menti, dal sapore talora anche provocatorio: si pensi alla citazionedi una separazione consensuale “fai-da-te”, o alle condizioni conte-nenti una clausola penale per violazione di accordi di coniugi se-parati. Chiude il lavoro una parte dedicata ai documenti, in cui so-no state raccolte svariate decisioni del Tribunale e della Corte d’ap-pello di Torino, oltre a un questionario elaborato e diffuso dall’Os-servatorio torinese sulla giustizia civile.

180 Separazione coniugale e divorzio

Il nuovo rito del contenzioso familiare e l’affidamento condiviso : le riforme del diritto di famiglia viste dagliavvocati : commenti, formulari e documenti / G. Facchini, A. Fissore, M. Naggar, G. Oberto, A.C. Ronfani ;a cura di Giacomo Oberto. — Padova : Cedam, 2007. — XVI, 369 p. ; 24 cm. — Bibliografia: p. 361-366. — ISBN 978-88-13-27811-3.

1. Affidamento condiviso – Italia2. Separazione coniugale e divorzio – Italia

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180 Separazione coniugale e divorzio

Quando i genitori si dividono Le emozioni dei figli

Silvia Vegetti Finzi

Il fenomeno della separazione recentemente ha assunto una rile-vanza non solo per chi si trova a viverla “dal di dentro”, ma sempredi più per tutti i professionisti che a vario titolo operano all’internodi servizi psicologici e sociali rivolti alla gestione dei conflitti e allamediazione della separazione. Da un lato la famiglia che, nella faseseparativa, ma anche nelle fasi successive alla separazione, ha sem-pre più la necessità di essere guidata nella conoscenza delle dinami-che che tipicamente si verificano, dall’altro, gli operatori, che hannola necessità di integrare le loro competenze in quanto quelle tradi-zionali non risultano più adeguate alle richieste emergenti dalla co-munità. La sfida attuale è dunque quella di creare una “cultura del-la separazione”, che partendo dall’esperienza vissuta, tragga gli ele-menti necessari per non compiere i medesimi errori e per indivi-duare quelle modalità che consentono di usare la sofferenza comeoccasione di crescita, non solo individuale, ma collettiva.

Questo testo nasce dall’esigenza di rispondere a tali bisogni, os-sia di trovare un aiuto e un sostegno competente ed efficace nel-l’affrontare la divisione coniugale e i malesseri che la precedono ela seguono. In tal senso oggetto del testo è il disfarsi della famiglia,o meglio delle famiglie, in quanto vi sono modi sempre più diver-sificati di vivere insieme. Tra questi non compare alcuna distinzio-ne tra coppie coniugate o conviventi in quanto, di fronte ai pro-blemi della separazione, non si riscontrano differenze sostanziali.Le differenze sorgono tra genitori e figli, in quanto se i primi han-no numerosi contesti in cui possono parlare della separazione,esprimere le proprie preoccupazioni e i propri desideri, i figli, so-prattutto se piccoli, vengono tenuti lontani dalle decisioni “deigrandi”, certe volte all’oscuro di tutto, “per il loro bene”. Tuttavia ifigli nel conflitto sono già presenti, ciò fa sì che il tenerli lontaniimplichi il non ascoltare quello che già vedono, che già sono ingrado di raccontare o esprimere. Il testo vuol partire proprio dall’a-scolto dei minori.

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Questo testo nasce, infatti, da un appello che l’autrice ha pub-blicato su una rivista settimanale, in cui si chiedeva ai figli di invia-re le storie dei loro vissuti sulla separazione dei genitori. A questoappello hanno fatto seguito centinaia di lettere, spesso di adulti(dai 30 ai 40 anni) che raccontavano come avevano vissuto tale se-parazione. Le storie presenti nel testo, che diventa dunque un testo“corale”, non sono trattate negli aspetti di aneddotica, bensì ciòche interessa è la loro organizzazione in una narrazione sorrettadalla ricerca di senso, di qui l’importanza di un’autobiografia sor-retta da un contesto che sappia raccoglierla e valorizzarla.

Se nell’epoca dell’anonimia e della indifferenza la separazionediviene una questione privata da risolvere il prima possibile, la sfi-da che questo testo intende operare è quella di rendere collettiva laquestione “genitoriale”, ossia diffonderla e trasferire le crepe e gliaspetti di forza alla comunità.

La finalità è quella di mostrare che è possibile vivere e condivi-dere la separazione familiare senza smarrire il senso della vita, attra-verso le voci di coloro che ci sono passati attraverso, divenendodunque voci parlanti piuttosto che parlate. I brani tratti dalle letterericevute sono in primo luogo organizzati secondo un percorso te-matico e intervallati dalle considerazioni dell’autrice, questo per farsì che da un lato sia la vita e non la teoria a condurre il dialogo, madall’altro per consentire che l’autobiografia non si chiuda in se stes-sa e non divenga elemento asfittico. I testi sono organizzati secon-do un percorso evolutivo, in quanto l’impatto sui figli della separa-zione muta secondo la loro età, pertanto viene a crearsi un panora-ma di tutte le reazioni possibili lungo le fasi dell’età evolutiva, conparticolare attenzione all’adolescenza, il periodo considerato piùdifficile ma anche quello più ricco di possibilità e risorse.

180 Separazione coniugale e divorzio

Quando i genitori si dividono : le emozioni dei figli / Silvia Vegetti Finzi. — Milano : Mondadori, 2007. —328 p. ; 21 cm. — (Oscar saggi ; 829). — ISBN 978-88-04-56633-5.

Genitori – Separazione coniugale e divorzio – Reazioni dei figli

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216 Affettività e attaccamento

L’attaccamento disorganizzato Gli effetti dei traumi e delle separazioni

Judith Solomon e Carol George (a cura di)

Un legame di attaccamento disorganizzato sottende a comporta-menti insensati, contraddittori, intempestivi e mal direzionati, agitidal bambino verso il caregiver dopo un periodo più o meno lungodi separazione. Tali comportamenti costituiscono l’espressione ma-nifesta del crollo delle corrette strategie relazionali che normalmen-te caratterizzano l’espressione dell’attaccamento del bambino versol’adulto. Vari studiosi hanno evidenziato la natura paradossale diquesto legame di attaccamento; in esso coesistono sequenze moto-rie orientate alla ricerca del contatto con quelle funzionali all’allon-tanamento dall’adulto, manifestazioni di affetto e di aggressione,espressioni di angoscia e, a un tempo, di congelamento delle mani-festazioni emozionali. Questo comportamento costituisce una stra-tegia che esemplifica con evidenza la difficoltà del bambino a tro-vare una soluzione coerente di fronte a quello che è stato definito il“paradosso fondamentale”, per cui la figura di attaccamento è, nellostesso tempo, l’origine e la soluzione della sua paura.

Un’analoga tensione tra elementi opposti sembra anche caratte-rizzare la realtà psicologica delle madri dei bambini con attacca-mento disorganizzato. Queste, sul piano comportamentale, se va-lutate sulla base delle risposte alla separazione e al ricongiungi-mento, sembrano particolarmente insensibili, discontinue e con-traddittorie nei confronti dei propri figli, mostrando atteggiamenticaratterizzati ora da intrusività, ora da distacco emotivo. Gli studieffettuati sui bambini disorganizzati e sulle loro madri dimostranocome i comportamenti interattivi da cui emerge la disorganizzazio-ne possono essere sottili ma tali da caratterizzare l’atmosfera dellarelazione, come il comportamento “minacciato-minacciante” delgenitore. Tale definizione dà l’idea di un comportamento talvoltaeccessivo, non integrato, ma, contemporaneamente anche timoro-so e inadeguato, caratteristico di una relazione entro la quale ilcoinvolgimento del bambino nei confronti del genitore è possibilesolo nei termini imposti da quest’ultimo.

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Alla base delle difficoltà del genitore si ipotizza l’esistenza diesperienze traumatiche infantili rimaste irrisolte. L’espressione didolore e di paura di un figlio potrebbe evocare nel caregiver statiaffettivi dolorosi e irrisolti, tanto da indurlo a limitare l’attenzionecosciente nei confronti degli indicatori di questi sentimenti espres-si dal figlio. In sostanza, laddove una figura di cura abbia sviluppa-to una condizione mentale di dissociazione in rapporto a traumi oesperienze di perdita non elaborati, può manifestare una specificadifficoltà a prestare un’attenzione flessibile agli stati affettivi dolo-rosi del figlio, bloccando sul nascere la capacità di modulare e re-golare questi stessi affetti.

Non sono solo le perdite e i traumi del passato del genitore adavere un impatto disorganizzante sul sistema di attaccamento, maanche i traumi recenti, come i vissuti connessi alla disabilità o allamalattia cronica del figlio. Nei casi di disabilità cronica è soprattut-to la capacità della madre di elaborare la rappresentazione internadel figlio e della sua relazione con lui a incidere sulla qualità del-l’attaccamento.

Il tema dell’attaccamento disorganizzato è trattato attraversoun’ampia area dell’esperienza clinica, all’interno della quale sonostati indagati i percorsi evolutivi dei bambini caratterizzati da que-sto tipo di attaccamento e valutate le conseguenze sullo sviluppo alivello cognitivo, affettivo e relazionale. Numerose ricerche dimo-strano che la disorganizzazione dell’attaccamento è in una certamisura predittiva dello sviluppo di disturbi della condotta in etàprescolare e scolare anche in soggetti appartenenti a popolazioninon cliniche. A questo riguardo gli autori invitano tuttavia allacautela, sottolineando l’esigenza di circoscrivere con maggiorechiarezza e omogeneità il costrutto di attaccamento disorganizzatoe di compiere adeguate ricerche longitudinali.

216 Affettività e attaccamento

L’attaccamento disorganizzato : gli effetti dei traumi e delle separazioni / a cura di Judith Solomon e CarolGeorge. — Bologna : Il mulino, c2007. — 402 p. ; 22 cm. — (Prismi). — Trad. di: Attachmentorganization. — Bibliografia: p. 367-402. — ISBN 978-88-15-11537-9.

Attaccamento disorganizzato

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224 Intelligenza

Intelligenza socio-emotivaCos’è, come si misura, come svilupparla

Manuela Franco, Laura Tappatà

Il tema dell’intelligenza ha conosciuto vicende alterne, alle ori-gini della psicologia detta “scientifica” è stato un argomento cen-trale. Tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, infatti,vengono costruiti i primi test d’intelligenza alla Sorbona di Parigida parte di Alfred Binet (1857-1911). Uno strumento di valutazio-ne e indagine dell’intelligenza che verrà progressivamente perfezio-nato, a partire dal collaboratore e successore Théodore Simon(1872-1961) fino all’attuale Scala d’intelligenza Stanford-Binet (dal-la collaborazione di vari studiosi dell’Università di Stanford negliStati Uniti). James McKeen Cattell (1860-1944), oltre a essere ilprimo professore di psicologia in America, fu anche tra i precursoriche utilizzarono il concetto di “test d’intelligenza” per esplorarenatura e funzioni delle strutture mentali. Fra le problematichechiave, quella di definire se la natura dell’intelligenza fosse “unica”o “molteplice”. Charles Edward Spearman (1863-1945) elaborò te-cniche e metodi per cercare di dare una risposta sul piano delle ri-cerche empiriche, utilizzando strumenti statistici complessi qualil’analisi fattoriale (vedere se e quanto le risposte fornite dai sogget-ti a un dato test d’intelligenza correlano tra loro e si raccolgono in-torno a pochi fattori). Studi di anni lo portarono alla conclusioneche l’intelligenza presenta un fattore generale (detto G) e, gerarchi-camente subordinati, fattori specifici, di conseguenza non è possi-bile parlare di intelligenze molteplici, ma di qualcosa di unico chesi applica a diversi ambiti. Questo dibattito condusse Louis LeonThurstone (1887-1955) dell’Università di Chicago (USA) a elaborareuna teoria fattoriale dell’intelligenza, in questo caso quindi sareb-bero ipotizzati fattori distinti dell’intelligenza.

Dagli anni Sessanta agli inizi degli anni Ottanta, in corrispon-denza all’affermarsi della prospettiva cognitivista, il tema dell’intel-ligenza è caduto nel “cono d’ombra”, spostandosi l’interesse deglistudiosi sui processi cognitivi (memoria, attenzione, problem sol-ving, linguaggio). Progressivamente, questa nuova ripresa di studi e

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Rassegna bibliografica 3/2007 61

ricerche sull’intelligenza non soltanto ha condotto alle teorie delleintelligenze multiple, ma anche a ipotizzare la presenza di intelli-genze emotive e socioemotive, come il testo presenta al lettore. In-fatti, il primo capitolo riassume il passaggio dal concetto di quo-ziente intellettivo a quello di intelligenza sociale. Dopo un quadrodelle teorie delle intelligenze multiple di Howard Gardner (1943-vivente) e Robert Sternberg (1949-vivente), il libro espone il con-cetto di intelligenza sociale. Questa è ipotizzata come capacità dirisolvere problemi interpersonali e intrapersonali e di intrattenererapporti interpersonali e sociali. Si viene poi introdotti ai diversimodelli di intelligenza emotiva. Secondo Daniel Goleman (1946-vivente), uno dei principali teorici di questo punto di vista, l’intel-ligenza emotiva sarebbe «l’insieme delle capacità di autocontrollo,di entusiasmo, di perseveranza e di automotivazione», ossia saperleggere i sentimenti più intimi di una persona, saper gestire senzadifficoltà le relazioni con gli altri. Mentre l’intelligenza emotiva-so-ciale sarebbe un costrutto multifattoriale che si «articola in abilitàemotive, personali e sociali, che correlano tra loro per affrontare inmodo efficace le richieste e le pressioni quotidiane». Nel libro, illettore trova numerosi strumenti di misura, anche dei vari stili dipersonalità, con la possibilità di verificarne metodologia ed effica-cia su se stessi. Ad esempio, si è capaci di parlare delle proprieemozioni? Attribuiamo successi o insuccessi a noi stessi o a causeesterne? Affrontiamo la vita con ottimismo o pessimismo? Che ti-po di umorismo possediamo?

224 Intelligenza

Intelligenza socio-emotiva : cos’è, come si misura, come svilupparla / Manuela Franco, Laura Tappatà. —Roma : Carocci Faber, 2007. — 173 p. ; 18 cm. — (I tascabili ; 77). — Bibliografia: p. 161-173. —ISBN 978-88-7466-497-9.

Intelligenza emotiva

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240 Psicologia dello sviluppo

Ascoltare il linguaggio dei bambiniDalla comunicazione preverbale alle prime parole

Marinella Majorano

La psicologia dello sviluppo del linguaggio e della comunica-zione è una disciplina entrata di recente nel panorama formativouniversitario. Soltanto nelle Facoltà di psicologia, nei corsi di lau-rea “triennali” con orientamento evolutivo ed educativo, fa partedelle materie di base, sia pure con un “peso” didattico di appenasei crediti formativi universitari pari a circa 40 ore di didatticafrontale (lezioni). Dal 1990, grosso modo, si assiste a questo inseri-mento nel curriculum universitario. Un ritardo che ha influenzatola ricerca in questi ambiti. Ma anche gli aspetti operativi legati aiprocessi educativi ne hanno subito un rallentamento. Potremmochiederci il perché di tutto questo, dal momento che gli esseriumani esprimono l’essenzialità della loro natura proprio nel lin-guaggio, nella loro capacità di sviluppare strumenti comunicativicomplessi, sia rivolti al mondo esterno che a quello interno.

Il libro di Marinella Majorano, psicologa e dottore di ricercapresso il Dipartimento di psicologia dell’Università di Parma, aiutail lettore a capire alcune delle tappe fondamentali dello studio dicome si sviluppa il linguaggio e la comunicazione negli umani. Iltesto si articola in cinque aree, corrispondenti ad altrettanti capito-li. Una di tali problematiche, particolarmente importanti, è costi-tuita dalla cosiddetta “comunicazione prelinguistica”. È necessariocapire come, quando, perché da “semplici” suoni, i bambini arrivi-no in un tempo rapidissimo (alcuni mesi) a capire e produrre strut-ture complesse come i “fonemi”. Il fonema non è solo un suono,ma una struttura che veicola, organizza “significanti” e, in parte, si-gnificati. Dopo la presentazione di alcuni modelli sull’origine dellinguaggio, l’autrice espone ricerche recenti sulla percezione dellinguaggio nei primi due anni di vita. Le indagini sullo sviluppocomunicativo precoce hanno dato vita a un ampio dibattito sulpassaggio dalla comunicazione non intenzionale a quella intenzio-nale e da quella gestuale alla verbale. Le ricerche hanno evidenzia-to come fin dai primi giorni di vita i bambini sembrano predispo-

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sti “a rispondere in maniera selettiva agli stimoli sociali”. A secon-da degli autori, si è parlato di “danza conversazionale”, “episodi diintersoggettività primaria”, “pseudodialoghi”, “protoconversazioni”.Molti autori hanno sottolineato che la risposta materna fonetica-mente contingente a quella del bambino aumenta la sua ricettivitàe attenzione al linguaggio adulto. Già tra i 10 e 13 mesi, i bambinisono capaci di seguire la linea di sguardo dell’interlocutore e co-minciano a dirigere attivamente l’attenzione e il comportamentodell’adulto verso un evento esterno. La relazione tra questi eventipsicologici e lo sviluppo anatomico e maturazionale neurale vieneesposta al lettore attraverso ricerche e studi. In particolare, sono il-lustrati i modelli dello sviluppo vocale precoce e sulle caratteristi-che fonetiche e sillabiche della “lallazione”. Lallazione e sviluppodel primo linguaggio sembrano strettamente connessi, anche se leipotesi teoriche al riguardo divergono, a volte in misura rilevante.Si va dalla “teoria motoria” a quella “interazionista”. Concludequesto primo capitolo, una ricerca condotta dalla stessa autrice, at-traverso indici quantitativi come la complessità sillabica. Segue poilo studio dello sviluppo delle prime parole e delle tecniche di valu-tazione dello sviluppo linguistico. Il dibattito che vi è connesso ri-guarda le relazioni tra sviluppo linguistico ed evoluzione cognitivae sociale del soggetto. Completano il testo, una serie di studi sui ri-tardi e disturbi del linguaggio in queste prime fasi della vita che,purtroppo, possono condizionare in misura rilevante lo sviluppopsicologico.

240 Psicologia dello sviluppo

Ascoltare il linguaggio dei bambini : dalla comunicazione preverbale alle prime parole / Marinella Majorano. —Milano : Unicopli, 2007. — 195 p. ; 21 cm. — (Psicologia dello sviluppo sociale e clinico. Sez.Monografie ; 20). — Bibliografia: p. 171-195. — ISBN 978-88-400-1174-5.

Bambini – Comunicazione verbale e linguaggio – Sviluppo

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240 Psicologia dello sviluppo

Percorsi evolutivi Forme tipiche e atipiche

Paola Venuti

La descrizione dei percorsi tipici dello sviluppo psicologico, dal-l’infanzia all’adolescenza, si pone come punto di partenza per lacomprensione di alcuni dei principali disturbi evolutivi, quali quellidelineati dall’autismo e dal ritardo mentale. Questo approccio po-stula la centralità di uno sviluppo armonico della relazione conadulti significativi; condizione questa che viene riconosciuta comeessenziale per acquisire competenze cognitive e socioaffettive.

Le esperienze relazionali avute nei primi anni di vita influenza-no in maniera determinante lo sviluppo durante tutto il corso del-la vita. Se le relazioni precoci sono state improntate da interlocu-tori emotivamente poco disponibili, evitanti, ambivalenti, inaffida-bili o intrusivi, l’immagine interiorizzata invece di sicurezza in-durrà confusione, incertezza e preoccupazione. Tutto questo in-fluirà sui modi in cui si recepiranno i segnali trasmessi dagli altri esul tipo di risposta che verrà data.

Le predisposizioni strutturali, funzionali e temperamentali delbambino interagiscono con le predisposizioni dell’adulto a fare ilgenitore e a condividere empaticamente e sintonicamente gli statimentali del piccolo. Da questo gioco di scambi interattivi e di co-municazione reciproca ha origine la reciprocità relazionale, che èalla base delle acquisizioni linguistiche e dell’alternanza del turno,come pure dell’intenzionalità del bambino, necessaria per attivare igesti comunicativi e, successivamente, la comunicazione verbale. Èproprio nell’ambito di questo gioco interattivo che si sviluppano lestrutture e le funzioni cerebrali e si attivano i programmi di matu-razione geneticamente determinati del sistema nervoso.

Diverse sono le cause che possono condurre ad alterazioni nellepredisposizioni di base. Per quanto riguarda il bambino, ci può esse-re una carenza di segnali comunicativi dovuta, ad esempio, a distur-bi sensoriali della vista o dell’udito. Oppure si possono riscontrarealterazioni dei segnali da parte del bambino come avviene nei sog-getti con disturbo nello spettro autistico, che manifestano una com-

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promissione a livello delle espressioni emotive e dei segnali comuni-cativi come il pianto. In entrambi i casi, i segnali essendo pochi epoco chiari, attivano a loro volta risposte poco chiare nei genitori.

Le alterazioni della relazione madre bambino possono dunqueesprimersi nella compromissione di tre dimensioni, fondamentaliper lo sviluppo.

1. Sintonia. Il bambino non sperimenta la capacità di rispostapronta e immediata da parte della madre; di conseguenza puòattivare una relazione di attaccamento insicura, caratterizzatada scarsa fiducia nella disponibilità nel mondo circostante.

2. Reciprocità. Il bambino non sperimenta, tramite l’interazio-ne reciproca, quegli stati di condivisione emotiva che per-mettono di godere di affetti positivi, del piacere dello stareinsieme e dello scambio giocoso. La reciprocità è alla basedelle acquisizione relative all’alternanza del turno e alla refe-renzialità degli oggetti; la sua alterazione, di conseguenza, siripercuote negativamente sullo sviluppo linguistico e sull’ac-quisizione di competenze sociali.

3. Intenzionalità. Il bambino non sperimenta la possibilità diavere effetto sugli altri. Il bambino sperimenta l’intenziona-lità in tutte quelle azioni di scambio in cui la madre ripete isuoi movimenti oppure soddisfa le sue richieste, come quan-do egli butta giù un giocattolo e questo viene ripreso, oppu-re quando vocalizza guardando un oggetto e questo gli vieneporto. Se il bambino non ha ottenuto risposte adeguate alleproprie richieste e se l’adulto non ha dato significato ai gestie alle azioni del bambino, l’intenzionalità non può esserepienamente acquisita. Tutto questo conduce a difficoltà nellosviluppo linguistico e comunicativo oltre che a una scarsaautonomia e decisionalità. La carenza di intenzionalità pro-durrà inoltre una difficoltà nella progettazione delle azioni enella sequenzialità del comportamento.

240 Psicologia dello sviluppo

Percorsi evolutivi : forme tipiche e atipiche / Paola Venuti. — Roma : Carocci, 2007. — 198 p. ; 22 cm. —(Dimensioni della psicologia ; 2). — Bibliografia: p. 173-198. — ISBN 978-88-430-4160-2.

Bambini e adolescenti – Sviluppo psicologico

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250 Capacità sociale

SocializzazioniLa costruzione delle competenze relazionalidall’infanzia alla preadolescenza

Paola Corsano

Molteplici sono le dimensioni a cui è possibile riferirsi per ten-tare di dare una definizione generale di competenza sociale, che sidelinea come un costrutto estremamente complesso e articolato.Al di là dell’essere dotato di specifiche abilità, che peraltro varianoin rapporto ai modelli socioculturali, un individuo socialmentecompetente è quello in grado di coordinare e integrare tra loro lediverse forme di regolazione, relative all’ambito dell’azione, delleemozioni e del pensiero.

Ogni specifico contesto stabilisce anche le abilità sociali neces-sarie per interagire al suo interno. Di conseguenza appare più ade-guato, piuttosto che definire a priori tali abilità in senso ideale,considerare la competenza sociale come un processo che si costrui-sce gradualmente nei singoli contesti e nelle specifiche relazioni. Èinteressante rilevare come comportamenti analoghi possano assu-mere significati antitetici in contesti diversi, ad esempio, alcuneforme di comportamento solitario manifestate da bambini in etàprescolare possono essere interpretate, nel contesto scolastico co-me espressione di difficoltà sociali, in quello familiare come indi-catori di autonomia affettiva e relazionale.

È a partire da questa prospettiva che si affrontano alcuni temiclassici della psicologia dello sviluppo sociale. In particolare, si dedi-ca ampia attenzione al ruolo delle variabili familiari e individuali.Tra di esse spiccano: la natura del legame di attaccamento; i diffe-renti stili interattivi adottati dai genitori; le credenze materne e pa-terne sullo sviluppo, che vengono modulate in rapporto alle caratte-ristiche possedute dal bambino alla nascita, influenzando i compor-tamenti dei figli e dando luogo a tipi diversi di socializzazione, emo-tiva, affettiva e cognitiva. A tali variabili, tra loro intrecciate, si ag-giunge la dimensione storico culturale, la quale conduce a conside-rare, ad esempio, ruoli, compiti e obiettivi familiari del tutto nuovi.

La natura del percorso di socializzazione dipende anche dall’a-vere dei fratelli; un fatto questo che contribuisce a costruire rela-

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zioni fortemente differenziate. La letteratura psicologica attualesottolinea con forza come proprio nell’ambito delle relazioni fra-terne si delinei una stupefacente gamma di relazioni; in ragione diuna molteplicità di fattori, individuali, relazionali, familiari e con-testuali e, soprattutto, in ragione di modalità individuali di vivere eattribuire significati diversi alla medesima esperienza.

Anche lo studio delle interazioni e delle relazioni tra pari costi-tuisce un ambito privilegiato per la scoperta di percorsi di socializ-zazione differenti. Nonostante si riconoscano peculiari fasi evoluti-ve, caratterizzate da specifiche modalità di affrontare il sociale, ti-piche dell’età e coerenti con il livello di maturazione raggiunto, sirileva come nella realtà quotidiana, pur nel rispetto delle regolaritàdi base, gli individui pervengano a esiti differenti, che si esprimo-no attraverso condizioni differenti di popolarità nel gruppo, stilidiversi di partecipazione sociale, preferenze per interazioni di tipocooperativo o competitivo, e, infine, attraverso la creazione di le-gami di amicizia con funzioni diverse. Alcuni percorsi sembranofunzionali e conducono l’individuo a una condizione di benesserepsicosociale, altri sembrano invece più orientati verso situazioni dirischio. È il caso dell’isolamento e dell’impopolarità, che possonoesprimersi attraverso il rifiuto da parte dei coetanei o attraversoforme di inibizione e di ritiro dal gruppo.

Il processo di costruzione dell’identità personale costituisce, in-fine, lo sfondo entro cui collocare il percorso di socializzazione diognuno. L’identità si configura, a sua volta, come una sintesi deltutto originale attraverso cui, mediante processi di attribuzione disignificati propri e condivisi, che si svolgono su un piano intraper-sonale e interpersonale, si costruisce la reciproca e complementareconoscenza di sé e degli altri e si realizza l’incontro tra il bisognodi individualità e quello di socialità.

250 Capacità sociale

Socializzazioni : la costruzione delle competenze relazionali dall’infanzia alla preadolescenza / Paola Corsano. —Roma : Carocci, 2007. — 202 p. ; 23 cm. — (Dimensioni della psicologia ; 3). — Bibliografia: p. 177-202. — ISBN 978-88-430-4158-9.

Bambini e preadolescenti – Capacità sociale

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303 Popolazioni

Rapporto sulla popolazioneL’Italia all’inizio del XXI secolo

Gruppo di coordinamento per la demografia, Società italiana di statistica

Il Rapporto sui dati demografici del nostro Paese, promosso dalConsiglio scientifico per la demografia del SIS (Società italiana distatistica), fotografa una situazione in forte cambiamento della po-polazione italiana negli ultimi anni, attingendo a diverse fonti stati-stiche e al contributo di diversi studiosi dei fenomeni demografici.

L’Italia è uno dei Paesi con un tasso di natalità tra i più bassi almondo, ha un tasso di invecchiamento tra i più alti e, pur avendouna presenza di popolazione immigrata inferiore agli altri Paesi eu-ropei, negli ultimi anni ha avuto un tasso di arrivi pari a quello dellealtre nazioni europee. In particolare è rilevante il cambiamento ri-spetto al matrimonio, si registrano infatti meno unioni formali e piùfigli nati fuori dal matrimonio, più separazioni e maggiore instabilitàconiugale, caratteristiche importanti che richiedono un’attenzioneparticolare e strumenti di programmazione politica adeguati.

Alcune analisi riferiscono la diminuzione di natalità a problemidi organizzazione del mercato del lavoro e dei servizi sociali. Altriautori, invece, mettono in evidenza come l’aumento di istruzionemedia delle donne, spesso superiore al livello di istruzione dei ma-schi della stessa età, generi una conseguente aspirazione da partedelle donne a nuovi ruoli sociali in contrasto con un modello fa-miliare tradizionale basato su una divisione maschilista dei ruoli(male breadwinner), rallentando da una lato la formazione di nuovecoppie e dall’altro provocando una diminuzione della natalità.

L’aumento della speranza di vita è uno degli elementi più rile-vanti nel cambiamento demografico. Tra il 1991 e il 2002 c’è statoun aumento medio di 3 anni circa, maggiore per i maschi e minoreper le femmine; in particolare è diminuita la mortalità causata damalattie cardiocircolatorie e dai tumori per entrambi i sessi. Per ledonne la speranza di vita aumenta soprattutto al Centro e al Sud,mentre sono più rilevanti, rispetto agli uomini, le malattie nervosetra le cause di morte. Per le donne si registra ancora una diminu-zione delle morti violente soprattutto al Sud, cosa che dovrebbe

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far riflettere sull’influenza che i cambiamenti culturali possonoavere. Dai dati si rileva che tra i giovani maschi la causa di mortepiù alta è quella traumatica, soprattutto tra i 15 e i 19 anni. Com-plessivamente, dal 1994 al 2000, è aumentata anche la speranza divita in buona salute (2,1 anni per gli uomini, 1,5 per le donne),con differenze notevoli tra le regioni del Nord e quelle del Sud, al-trettanto vale per la speranza di vita senza disabilità.

La mobilità è un elemento altrettanto importante che riguardasia l’arrivo di cittadini stranieri – come detto, in aumento – sia uncontinuo flusso di cittadini italiani all’interno del Paese. Sono tra60.000 e 70.000 all’anno le persone italiane che hanno cambiato re-sidenza dal 2002 al 2007, con una mobilità prevalente dal Sud versole regioni del Nord. Si tratta di una mobilità che, pur ridotta, seguei forti flussi migratori dei decenni precedenti per motivi di lavoro.

La presenza di stranieri è aumentata da 356 mila del 1991 a 2,7milioni del 2006, un numero che rappresenta il 4,5% della popola-zione e corrisponde al numero degli italiani emigranti attualmenteresidenti all’estero; prevalentemente il numero maggiore di immi-grati proviene dall’Albania, dal Marocco e dalla Romania, e la pre-senza maggiore si registra nettamente nel Nord Italia. A questo fe-nomeno corrisponde un aumento delle seconde generazioni (550mila all’inizio del 2007) che pone problemi di integrazione e diadeguamento soprattutto dei sistemi scolastici.

Tutti questi elementi pongono dei problemi e richiedono dellerisposte precise in termini di programmazione politica, relativa-mente allo sviluppo economico, alle scelte sanitarie, ma anche allepolitiche culturali ed educative necessarie ad affrontare adeguata-mente i cambiamenti in corso.

303 Popolazioni

Rapporto sulla popolazione : l’Italia all’inizio del XXI secolo / Gruppo di coordinamento per la demografia,Società italiana di statistica. — Bologna : Il mulino, c2007. — 163 p. ; 21 cm. — (Universale paperbacksIl mulino ; 515). — Bibliografia: p. 155-160. — ISBN 978-88-15-11828-8.

Italia – Popolazione – Sec. 21.

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314 Immigrazione

L’esercito degli invisibili Aspetti economici dell’immigrazione clandestina

Maria Concetta Chiuri, Nicola Coniglio, Giovanni Ferri

Il volume intende colmare una lacuna negli studi sulle migra-zioni, quella relativa all’approfondimento del fenomeno dell’immi-grazione clandestina, che qui viene analizzato soprattutto nellaprospettiva delle scienze economiche. Alla base delle riflessioni edelle proposte presentate dagli autori vi sono i risultati di una ri-cerca sul campo nei centri di permanenza temporanea, di acco-glienza e di ascolto italiani, condotta per conto dell’Università diBari nel quadro di un progetto finanziato dall’Unione europea.Obiettivo degli autori è mostrare anzitutto come tra gli effetti dellaglobalizzazione in atto vi sia un aumento dei flussi migratori cheavviene nonostante i Paesi di attrazione adottino nel complessopolitiche fortemente restrittive nei confronti dell’ingresso di immi-grati. Conseguenza diretta è il forte incremento dell’immigrazioneillegale, che comporta dei costi elevati non solo per i migranti, maanche per i Paesi di origine e per quelli di destinazione. Assuntocentrale del testo è infatti che la clandestinità riduce i benefici eco-nomici della migrazione, benefici che per il Paese di arrivo sareb-bero in realtà di gran lunga superiori ai costi se l’immigrazione fos-se regolare e sviluppata con politiche adeguate. In pratica gli effettidell’immigrazione illegale consistono nella riduzione dello svilup-po economico dei Paesi di origine, nell’attrazione di migranti me-no qualificati, nell’aumento dell’economia sommersa e nell’impat-to negativo sulla formazione dei migranti. Non soltanto, l’immi-grazione clandestina incrementa lo sviluppo delle attività illeciteatte a favorire l’ingresso dei clandestini e il loro impiego come ma-nodopera illegale. Gli autori dimostrano inoltre come, contraria-mente alla convinzione diffusa, l’universo dei migranti illegali pre-senti in Italia sia composto da persone con un tasso di istruzionerelativamente elevato, spinte all’emigrazione dal desiderio di met-tere in atto dei progetti che la condizione di illegalità impedisce lo-ro di realizzare. Ne risulta una forte riduzione delle rimesse verso iPaesi di origine e un’influenza decisamente negativa sulla produtti-

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vità e sull’imprenditorialità di questi soggetti, costretti a vivere nel-la marginalità sociale.

Sebbene si tratti di una realtà difficile da quantificare e pure daindagare, per via del suo carattere illegale e dunque clandestino, gliautori forniscono cifre, stime e pure statistiche dedotte dal campio-ne di immigrati illegali incontrati e intervistati nella ricerca su cuisi fonda questo studio. Nella parte finale del volume sono ancheformulate delle proposte di politica dell’immigrazione volte a ri-durre l’immigrazione clandestina nell’ottica del perseguimento delvantaggio economico anche per il Paese di immigrazione. Tra que-ste vi è la possibilità di programmare permessi di immigrazionetemporanea studiati in modo da disincentivare gli imprenditori adassumere lavoratori irregolari e nello stesso tempo da liberare i mi-granti dalle condizioni di schiavitù cui spesso devono sottostare,massimizzando i benefici per tutti. Tale programma, secondo gliautori, deve essere affiancato da un sistema a punti all’ingresso e initinere che favorisca l’entrata di certi profili professionali e premi icomportamenti positivi del migrante. Ciò consentirebbe la nego-ziabilità della durata dei permessi di soggiorno e l’offerta di premidi cooperazione ai Paesi di origine che meglio aderiscono al pro-gramma. Una lotta seria all’immigrazione clandestina, ricordanogli autori, è tuttavia possibile soltanto a patto che si proceda conuna decisa politica di contrasto del sommerso, ossia dell’impiegodei cosiddetti lavoratori al nero. In quanto, come appare evidente,immigrazione clandestina ed economia sommersa sono due faccedella medesima medaglia.

314 Immigrazione

L’esercito degli invisibili : aspetti economici dell’immigrazione clandestina / Maria Concetta Chiuri, Nicola Coniglio, Giovanni Ferri. — Bologna : Il mulino, c2007. — 151 p. ; 22 cm. — (Studi e ricerche ;557). — Bibliografia: p. 141-151. — ISBN 978-88-15-11532-4.

Immigrazione clandestina – Italia

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314 Immigrazione

L’immigrazione straniera in Italia

Corrado Bonifazi

Il volume intende fornire una lettura complessiva, insiemequantitativa e qualitativa, della realtà dell’immigrazione stranieranel nostro Paese. Si tratta della seconda edizione, ampiamente rive-duta e aggiornata, di un testo uscito nove anni prima presso la me-desima casa editrice. L’esigenza di un aggiornamento dei contenutie dei dati presentati risiede nella notevole trasformazione che il fe-nomeno migratorio ha conosciuto in questo lasso di tempo, a li-vello italiano così come a livello internazionale. Mentre dieci annifa circa la presenza degli immigrati stranieri era decisamente infe-riore a quella di molti altri Paesi dell’Unione europea, oggi l’Italiaè tra le principali nazioni europee di immigrazione. Non soltantorispetto ad allora il numero degli stranieri regolarmente dimorantiè triplicato, ma la stessa realtà dell’immigrazione è diventata assaipiù stabile, con un deciso aumento delle famiglie e dei bambini.Anche le politiche in materia nel frattempo sono cambiate, allor-ché si è preso atto del carattere strutturale e non soltanto emergen-ziale del fenomeno. Una svolta in questo senso è rappresentatacertamente dalla legge 40/1998, insieme ai provvedimenti chel’hanno seguita, atti a programmare e a regolamentare i flussi inentrata e a cercare di far incontrare la domanda con la crescenteofferta di lavoro. Dopo una parentesi politica all’insegna della re-strizione, durante la quale tuttavia il numero degli stranieri regolariè aumentato in maniera esponenziale, l’esecutivo in carica dal2006, dopo aver eliminato molte delle restrizioni introdotte, ha ri-preso la politica di programmazione dei flussi e di sostegno all’in-tegrazione degli immigrati, senza tuttavia recedere dalla lotta al-l’immigrazione clandestina.

Il volume mostra poi come la stessa composizione degli immi-grati sia mutata nel corso degli anni, aumentando in maniera de-terminante la componente degli europei dell’Est, i quali oggi rap-presentano il 40% del totale degli stranieri. Relativamente, poi, alloro inserimento nel Paese, si osserva come poli di attrazione degli

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immigrati non siano più soltanto le grandi città, come Milano eRoma, ma anche le realtà urbane medie, specialmente del Centro-nord. In effetti, a guardare la distribuzione degli immigrati nel Pae-se si possono notare rilevanti differenze, con il Sud e le Isole carat-terizzati da una presenza scarsa e il Nord-est che costituisce l’areadi maggior attrattiva in assoluto. Ciò si spiega con la presenza diun tessuto industriale assai denso e ramificato e con l’offerta sulterritorio di servizi più efficienti, capaci di rispondere alle esigenzenon soltanto dei lavoratori singoli, ma anche delle famiglie. Ben-ché quello dell’immigrazione in Italia sia attualmente un panora-ma assai diversificato, come nota l’autore, l’alto tasso di ricongiun-gimenti familiari e la nascita di molti bambini figli di immigrati hacomportato una novità importante che si riflette, ad esempio, nellascuola. La presenza in costante aumento di allievi immigrati o figlidi genitori immigrati rappresenta, infatti, uno degli indicatori dicambiamento presi in esame nel volume, insieme alla trasforma-zione della condizione abitativa degli immigrati e al grado del lorocoinvolgimento nella devianza sociale. Il testo offre così la possibi-lità di acquisire elementi e dati circa le principali facce di un feno-meno che sta profondamente trasformando non soltanto la nostracomposizione demografica e sociale, ma che possiede anche delleconseguenze rilevanti sul piano culturale, che in questa sede neces-sariamente restano sullo sfondo.

314 Immigrazione

L’immigrazione straniera in Italia / Corrado Bonifazi. — Nuova ed. — Bologna : Il mulino, 2007. — 268p. ; 22 cm. — (Studi e ricerche ; 556). — Bibliografia: p. 243-268. — ISBN 978-88-15-11614-7.

Immigrazione – Italia

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314 Immigrazione

Le politiche dell’immigrazione in Italia dall’Unità a oggi

Luca Einaudi

Il volume ripercorre la storia dei flussi migratori verso l’Italiadalla nascita della nazione fino ai giorni nostri attraverso l’analisidelle politiche statali volte a regolamentare lo status degli stranieri.Tale storia è suddivisa in tappe. La prima, la più lunga, si sviluppalungo cento anni, dal 1861 al 1961, durante i quali l’Italia è un Pae-se di emigrazione. I pochi stranieri che vi giungono non hanno resi-denza stabile e sono costituiti soprattutto da benestanti e da alcunetipologie di lavoratori, provenienti in gran parte dai Paesi europeilimitrofi. Nei loro confronti la politica non è uniforme, poiché iltrattamento dipende soprattutto dal censo, al punto che all’iniziodel Novecento vengono rilasciati passaporti di differenti categorie.Politiche repressive riguardano i nomadi, gli oppositori politici e icittadini degli Stati con i quali l’Italia viene a trovarsi in conflitto.Come è noto, durante il fascismo l’ostilità verso gli stranieri crescefino a culminare nelle deportazioni di cui furono vittime, tra gli al-tri, migliaia di ebrei e zingari di nazionalità non italiana.

Nel secondo dopoguerra, a fronte di un orientamento domi-nante improntato al rispetto dei diritti e all’abolizione delle discri-minazioni, permane la legislazione repressiva precedente, anche sedi nuovo è applicata solo occasionalmente. La seconda tappa vadal 1961 al 1989 ed è caratterizzata dall’assenza di reazione politi-ca all’avvio dell’immigrazione straniera e da una gestione ammini-strativa che oscilla tra tolleranza e repressione, ma che si fa semprepiù restrittiva. L’autore mostra come la mancanza di scelte politi-che determini una presenza straniera quasi interamente illegale.Sarà poi la pressione dei sindacati e delle associazioni di volonta-riato che si battono per il riconoscimento dei diritti degli immigra-ti a stimolare il governo ad adottare una legislazione ad hoc. Nel1986 la prima legge sull’immigrazione riconosce alcuni diritti fon-damentali agli stranieri, accanto a una sanatoria delle presenze irre-golari. Le tappe successive sono invece contrassegnate da una fortepoliticizzazione dell’immigrazione, che nasce in risposta alle ri-

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chieste di intervento di fronte all’esplodere delle prime manifesta-zioni di razzismo, e che si basa su una dura contrapposizione delleforze partitiche. L’esito di questo braccio di ferro è la seconda leg-ge sull’immigrazione, del 1990, caratterizzata dall’apertura versol’immigrazione, ma che negli anni seguenti subisce modifiche disegno repressivo nei confronti dell’immigrazione clandestina. Lamaggiore stabilità politica conseguente all’insediamento del gover-no Prodi, nel 1996, favorisce l’elaborazione di una normativa orga-nica sull’immigrazione che porta alla legge 6 marzo 1998, n. 40,Disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero. Suoobiettivo è favorire i processi di regolarizzazione e nel contempodissuadere la permanenza irregolare. Malgrado la presenza di un’o-pinione pubblica dominata dalla percezione distorta dell’immigra-to come criminale, l’autore mostra come il governo di centrosini-stra attui una politica di programmazione dei flussi che riflette iltentativo di normalizzare l’immigrazione e di far incontrare la do-manda con l’offerta di lavoro.

L’avvento del governo di centrodestra, nel 2001, segna un’inver-sione di rotta, di cui è un riflesso la legge 189/2002 che fa dipen-dere il rilascio del permesso di soggiorno dalla presenza di un lavo-ro. Tuttavia l’autore fa notare come questo sia il periodo di mag-gior crescita della popolazione straniera legale di tutta la storia ita-liana. Ciò sembra dovuto agli effetti della crescente domanda dimanodopera straniera e pure a politiche reali meno restrittive diquanto promesso in sede elettorale. In effetti si assiste in paralleloa una mutazione politica che sfocia nel ripensamento sul diritto divoto agli stranieri, al varo di un’ampia regolarizzazione per colf ebadanti e all’apertura di flussi legali di lavoratori.

314 Immigrazione

Le politiche dell’immigrazione in Italia dall’Unità a oggi / Luca Einaudi. — Roma : Laterza, 2007. — 433 p. ;22 cm. — (Storia e società). — ISBN 978-88-420-8176-0.

Immigrazione – Politiche – Italia – 1861-2006

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332 Comportamento sociale

Non è giusto! Dilemmi morali e senso della giustizia nelle rappresentazioni degli adolescenti

Paola Ronfani (a cura di)

I sentimenti e le rappresentazioni degli adolescenti in merito aquestioni riguardanti la giustizia, l’attribuzione di responsabilità ela tolleranza nei confronti dell’ingiustizia sono utili da analizzare,per comprendere la coscienza normativa di essi. Fino a non moltotempo fa, i bambini e gli adolescenti non erano ritenuti soggettisociali meritevoli di attenzione e non era data loro nessuna rile-vanza in tale ambito. Alcuni orientamenti in ambito psicologico esociologico sull’infanzia e lo sviluppo di una concezione diversadurante tutto l’arco dello scorso secolo, hanno portato gli studiosialla consapevolezza che i bambini e gli adolescenti sono attori so-ciali che posseggono specifiche competenze nel formulare giudizimorali e nell’assumere decisioni etiche. In particolare è nel periodoadolescenziale che i concetti di giustizia e ingiustizia assumonouna valenza operativa molto importante, anche perché è questo ilperiodo in cui i valori che vi sottostanno possono portare ad assu-mere impegni di carattere sociale, culturale, politico o religioso cherappresentano per chi li sottoscrive un momento decisivo dell’in-gresso nella vita adulta come soggetti responsabili. Nelle scienzesociali c’è un forte tentativo negli ultimi anni di raccordare la mo-rale e la sociologia a partire dal sentimento di giustizia, non tantocome percezione emotiva, di impulso non dettato dalla ragione,quanto di razionalità assiologica. La razionalità orientata verso ivalori, di tipo cognitivo-valutativo, consentirebbe agli attori socialidi orientare le loro azioni alla luce non di calcoli strumentali e uti-litaristici, ma di “buone” ragioni, alcune anche di carattere univer-sale, che indicano ciò che appare buono e legittimo da fare in de-terminate circostanze.

Alcuni orientamenti teorici sottolineano la pluralità di codicinormativi ai quali gli attori farebbero riferimento fin dall’infanzia,la loro capacità nell’articolare più criteri di giustizia nei differenticontesti e l’importanza nelle scelte morali, delle motivazioni di na-tura affettiva ed emotiva. Si evidenzia anche la fertilità della pro-

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spettiva per cui i bambini sono capaci, sin da piccoli, di iniziativamorale e di sentimenti morali nell’interazione tra i pari e in quellacon il mondo adulto quando sono posti di fronte a questioni con-cernenti l’equità, la distribuzione di beni e risorse, l’ingiustizia e lasofferenza. Dall’indagine empirica è emerso che gli adolescentihanno competenze elevate anche in ambiti di natura sia privatache pubblica, quali l’ambito contrattuale, giudiziario, amministrati-vo, politico, che sono per molti aspetti estranei alla loro esperienzadiretta. Così come sono risultate molto elevate le capacità di raf-frontare diversi criteri di giustizia e i valori di riferimento nelle ar-gomentazioni che appaiono non discostarsi da quelli rilevati nelleindagini in argomento su popolazioni di adulti. Inoltre, si è vistoanche come nell’ambito morale appaia il “senso della complessità”per cui non si applicano più principi preconcetti, ma li si utilizza-no modulandoli, discutendo sulla loro validità prima di usarli perorientare le proprie azioni e i propri giudizi. L’etica della discussio-ne e della deliberazione sembrerebbe sostituirsi ai divieti e ai tabù,portando a una più forte flessibilità nelle valutazioni morali, maanche a una maggiore attenzione ai valori della tolleranza e al ri-spetto per la dignità umana. La capacità di articolare un pensieromorale complesso mostrata dagli adolescenti deve però essererafforzata con il basso status morale che la società contemporaneageneralmente attribuisce agli adolescenti stessi, che vengono cosìrilegati, sulla base di orientamenti paternalistici di stampo tradizio-nale, in posizioni marginali. Al contrario, una pedagogia indirizza-ta alla formazione di un pensiero morale critico, basata sulla di-scussione e l’argomentazione intorno ai problemi etici, sono i pas-si fondamentali per il consolidamento di una morale civica.

332 Comportamento sociale

Non è giusto! : dilemmi morali e senso della giustizia nelle rappresentazioni degli adolescenti / a cura di PaolaRonfani ; saggi di Roberta Bosisio, Roberto Cammarata, Persio Tincani. — Roma : Donzelli, c2007. —V, 169 p. ; 22 cm. — (L’aquilone). — Bibliografia: p. 163-169. — ISBN 978-88-6036-126-4.

Giustizia – Rappresentazione da parte degli adolescenti

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334 Conflitti armati

Un esercito di bambini Giovani soldati nei conflitti internazionali

David M. Rosen

I bambini, in tutti i tempi, sono sempre stati coinvolti nei con-flitti bellici, spesso come vittime, ma anche come combattenti ar-ruolati per necessità o per obbligo. Il libro espone un punto di vistacritico rispetto alla tendenza comune a valutare solo come sfrutta-mento e violenza sui minori la loro partecipazione ai conflitti,prendendo in esame casi particolari di coinvolgimento dei bambi-ni: in Sierra Leone, in Palestina e nell’Europa orientale durante laSeconda guerra mondiale, sono molti i casi nei quali i bambini e iragazzi scelgono consapevolmente di partecipare al conflitto.

L’autore parte dalla sua esperienza personale in Palestina, dallavicinanza familiare alle persecuzioni subite dagli ebrei nel secon-do conflitto bellico, da studi antropologici sulle esperienze deigiovani in Sierra Leone. Ed è proprio dall’attenzione alle storie, airacconti di bambini e adolescenti che hanno partecipato a conflit-ti, che si comprendono motivazioni, passioni, vicende dolorose e,a volte, situazioni prive di alternative che portano i più giovani ascegliere l’unica strada che sembra loro percorribile: quella di usa-re la violenza.

Nella Seconda guerra mondiale molti ragazzi ebrei anche sottoi 12 anni si arruolavano nei gruppi partigiani con varie motivazio-ni. Se da un lato c’era la necessità di fuggire dai persecutori, dall’al-tro era forte il desiderio di vendetta e di rivalsa. Molti ragazzi era-no stati testimoni di violenze atroci contro familiari e amici, sisentivano in balia della violenza. La possibilità di scegliere le armie di entrare rapidamente a far parte del mondo degli adulti è ricor-data da molti ex bambini combattenti come un fatto importante,un’assunzione di responsabilità forte. Ma non si deve pensare auna conversione repentina dei ragazzi, si deve piuttosto considera-re il fatto che i movimenti giovanili erano molto forti, tra gli ebrei,già prima della guerra e gli ideali di affermazione dei propri dirittierano promossi più dai giovani che dagli adulti. È su questo movi-mento che si innestano molte scelte di resistenza, di contro a un

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atteggiamento remissivo degli adulti. Si possono fare delle similitu-dini con la situazione in Sierra Leone prima della guerra civile, do-ve molti bambini e ragazzi si trovavano ai margini della società evenivano assoldati dal governo per compiere azioni violente ma aquesti si aggiunsero presto ragazzi provenienti dall’attivismo stu-dentesco e dalle frange più colte di giovani imbevuti di ideali radi-cali e rivoluzionari. La mancanza di sistemi di tutela pubblica halasciato spazio ad atti violenti tra i più atroci che si ricordino, ecommessi da minorenni.

Testimonianze in questa stessa direzione si hanno riguardo alconflitto israelo-palestinese dove molti giovani considerarono findagli inizi del 1900 il sionismo come un pericolo per il popolo pa-lestinese e furono infatti i più giovani a rivendicare il diritto adavere una Palestina unita e libera fin dall’arrivo dei primi coloniebrei. Le ragazze che hanno aderito alle azioni armate dichiaranodi avere ideali che devono essere difesi perché nessun adulto lo fa,inoltre ne ricavano un vantaggio in termini di dignità personaleanche nei confronti dei maschi.

L’adesione alla violenza è spesso accompagnata da sentimentidi ascetismo e purezza tra i più giovani, con un radicalismo delleposizioni ideologiche molto profondo. Non servono particolarimanipolazioni da parte degli adulti o violenze e ricatti.

Nell’individuazione da parte degli organismi internazionali (oc-cidentali) di una soglia d’età per definire i “bambini soldato”, l’au-tore avverte il pericolo di sottovalutare i valori e le motivazioni deigiovani coinvolti nei conflitti, con il rischio da un lato di nonadottare strumenti adeguati di repressione della violenza, dall’altrodi non dare la dovuta importanza al coinvolgimento di bambini egiovani nei processi di pacificazione durante e dopo i conflitti.

334 Conflitti armati

Un esercito di bambini : giovani soldati nei conflitti internazionali / David M. Rosen. — Milano : R. Cortina,2007. — XXI, 254 p. ; 23 cm. — (Culture e società ; 20). — Bibliografia: p. 237-244. —ISBN 978-88-6030-101-7.

Bambini soldato

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357 Bambini e adolescenti - Violenza sessuale

L’abuso sessuale all’infanzia Incesto e pedofilia, abusati e abusanti,accertamenti e interventi psicoterapeutici

Vittorio Luigi Castellazzi

Oggetto di approfondimento sono le complesse dinamiche psi-cologiche, in gran parte inconsce, che determinano l’abuso sessualeai minori, sia sotto la forma di incesto che di pedofilia. Sulla basedell’analisi di tali condotte, dei dinamismi psichici sottesi, dei pro-fili psicologici degli abusanti e delle gravi ripercussioni che si regi-strano nella personalità degli abusati, vengono messe a fuoco le va-rie tappe che ne conseguono: la rivelazione o scoperta dell’abusosessuale, la denuncia giudiziaria, la testimonianza del minore, l’ac-certamento clinico e giudiziario, l’ascolto del minore in ambito fo-rense, il tranfert e controtransfert nell’interazione tra il minoreabusato e gli operatori psico-sociosanitari e, infine, gli interventipsicoterapeutici.

L’accertamento dell’abuso sessuale costituisce un compito basi-lare ma problematico. Uno dei nodi più complessi che gli operato-ri devono saper sciogliere è stabilire se si è in presenza di veri o fal-si ricordi. Si deve cioè valutare, con ragionevole sicurezza, se si haa che fare con una memoria di abuso o con un abuso di memoria.Il problema è costituito dal fatto che l’abuso si consuma nel segre-to e che talvolta attiva meccanismi di adattamento, tali da non ma-nifestare particolari sintomi. Indicatori ritenuti idonei possono es-sere presenti anche in bambini non abusati e viceversa. Inoltre, an-che l’abusante è difficilmente inquadrabile in precise tipologie psi-chiche e spesso è mascherato dall’apparente buon funzionamentodella famiglia.

Il bambino sessualmente abusato spesso prova una grave diffi-coltà a parlare del trauma, si sente impotente, paralizzato, ma, co-me lui, spesso si sentono impotenti e paralizzati anche gli operato-ri psico-sociosanitari. Questi, più o meno consciamente, vivono unprofondo conflitto interno tra l’ascoltare la storia dolorosa delbambino sessualmente abusato e, all’opposto, stendervi sopra unvelo d’oblio. Per valutare se si sta reagendo in modo costruttivooppure distorto di fronte alle angosce e alle attese dell’abusato è

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opportuno: avere presenti i propri punti deboli; monitorare atten-tamente tutte le proprie reazioni emotive nei confronti dell’abusa-to; ascoltare con disponibilità i suggerimenti di coloro che a variotitolo non sono emozionalmente coinvolti nella vicenda; verificarese la relazione è fonte o meno di autentico benessere per l’abusato.

Per un bambino che ha subito un abuso sessuale, specie se in-cestuoso, si ritiene indispensabile un trattamento psicoterapeuticoindividuale il più possibile profondo e incisivo. Sono infatti nume-rose e gravi le ferite psichiche che ne conseguono. Esse riguardano:l’io corporeo violato nei suoi confini; l’autonomia affettiva; il sen-so del proprio sé; l’assenza di fiducia in se stesso e negli altri; ilsenso di colpa; la confusione nell’area delle pulsioni libidiche e ag-gressive. Se si ha a che fare con un abuso sessuale intrafamiliare, ènecessario che il minore sia aiutato ad entrare in contatto con isuoi sentimenti ambivalenti, di amore-odio, nei confronti del geni-tore abusante, così da poter esprimere i naturali moti di rabbia e dirisentimento senza sentirsi in colpa.

Se l’abuso riguarda l’incesto parentale, è necessario intervenireanche sui genitori e i fratelli, perché è l’intero gruppo familiare aessere invischiato nel fenomeno dell’abuso.

Un obiettivo fondamentale è rinsaldare il rapporto tra la vittimae il genitore non abusante. Verso quest’ultimo, che in genere è lamadre, va riservata una particolare attenzione. È facile riscontrare inlei sintomi post-traumatici, che la portano a drammatizzare in mo-do esasperato la situazione che si è venuta a creare. A seconda deicasi va quindi aiutata: da un lato, a superare il senso di colpa pernon avere impedito l’abuso, dall’altro a superare la rabbia che puòprovare verso il figlio, perché non si è saputo difendere o perchécon la sua denuncia ha provocato la crisi dell’intera famiglia.

357 Bambini e adolescenti - Violenza sessuale

L’abuso sessuale all’infanzia : incesto e pedofilia, abusati e abusanti, accertamenti e interventi psicoterapeutici /Vittorio Luigi Castellazzi. — Roma : LAS, c2007. — 238 p. ; 24 cm. — (Enciclopedia delle scienzedell’educazione ; 94). — Bibliografia: p. 221-234. — ISBN 88-213-0638-0.

Bambini – Violenza sessuale

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357 Bambini e adolescenti - Violenza sessuale

L’insegnante e la realtà dell’abusoall’infanzia Focus monotematico

Sarah Miragoli e Simona Caravita (a cura di)

Oggetto di approfondimento è il rapporto tra abuso ai dannidell’infanzia e mondo della scuola, ponendo al centro dell’atten-zione il ruolo dell’insegnante come riferimento educativo impre-scindibile, ma soprattutto come potenziale fattore di protezione al-l’interno delle situazioni di rischio.

Il contributo di Miragoli e Carovita propone una riflessione sullafunzione preventiva che l’istituzione scolastica può assolvere attra-verso l’individuazione dei segnali di disagio dei bambini e l’eventua-le segnalazione dei sospetti di pregiudizio. Nelle vicende di abuso emaltrattamento, in cui spesso la vittima è invischiata in una dimen-sione di segreto e silenzio, colpa e vergogna, la presenza di un adul-to attento e affettivamente vicino può essere di effettivo aiuto nellarivelazione e nello svelamento della violenza. Tra i maggiori fattorideterrenti, in grado di influenzare l’abilità degli insegnanti di segna-lare i casi di sospetto di abuso, figurano: un’insufficiente conoscenzasu come rilevare e segnalare l’abuso (una carenza di consapevolezzadegli indicatori dell’abuso all’infanzia e delle procedure di segnala-zione), unitamente al timore per le conseguenze legali e per la disap-provazione da parte dei familiari del bambino e dei colleghi.

L’articolo di Webster et al. focalizza l’attenzione sul delicatorapporto tra rilevazione degli indicatori di disagio e successiva se-gnalazione dei sospetti casi di abuso alle agenzie competenti inmateria di tutela e protezione. Nonostante il mandato legislativosia chiaro e definisca con estrema chiarezza l’obbligo da parte degliincaricati di pubblico servizio di segnalare qualsiasi situazione dipregiudizio in cui il minore possa trovarsi, gli insegnanti si dimo-strano ancora molto titubanti e si sentono poco preparati ad af-frontare le vicende connesse all’abuso e al maltrattamento ai dannidell’infanzia. In particolare, si esamina il fenomeno della mancatasegnalazione da parte degli insegnanti dei casi ritenuti sospetti, ap-profondendo quali siano i fattori che inibiscono la comunicazionetra scuole e servizi sociali/magistratura.

articolo

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I risultati dell’indagine indicano che la mancata segnalazione ri-guarda i casi ambigui, ma è anche associata alle caratteristiche degliinsegnanti. A essa sono maggiormente inclini gli insegnanti con unminore curriculum di studi, coloro che occupano posizioni diri-genziali, che ritengono che la segnalazione potrebbe recare dannoal bambino o all’insegnante, o che non avevano mai svolto un’a-zione del genere. Anche le caratteristiche della scuola incidono. Lamancata segnalazione è meno probabile nelle scuole cattoliche, inquelle con un numero elevato di insegnanti e in quelle primarie.Di contro risulta essere più probabile nelle scuole rurali e in quellecon un elevato numero di studenti.

Infine, l’articolo di Carovita e Miragoli affronta il tema inquie-tante dell’insegnante che da soggetto impegnato nella tutela del-l’infanzia si può trasformare invisibilmente in adulto maltrattante.Esiste infatti una forma di maltrattamento intrascolastico, agito daalcuni docenti, che per la sistematicità e la ripetitività dei compor-tamenti e degli atteggiamenti disfunzionali può essere dannosa elesiva per lo sviluppo degli alunni. Il contributo si focalizza nellospecifico sull’abuso emozionale, che per le sue caratteristiche sipuò confondere con modalità pedagogiche severe. L’analisi riscon-tra un collegamento tra modalità personali di comportamento inaula rigide e direttive e l’insufficiente capacità di percepire i mal-trattamenti in classe come tali. Stili di condotta educativa menoflessibili e aperti si accompagnano a una più facile messa in atto diazioni di maltrattamento psicologico nei confronti degli alunni, inquanto interpretati come prassi educative accettabili. Al tempostesso, è presumibile che fattori di personalità intervengano a mo-derare la relazione tra stile educativo e sensibilità al maltrattamen-to psicologico in classe.

357 Bambini e adolescenti - Violenza sessuale

L’insegnante e la realtà dell’abuso all’infanzia : focus monotematico / a cura di Sarah Miragoli e SimonaCaravita.In: Maltrattamento e abuso all’infanzia. — Vol. 9, n. 1 (mar. 2007), p. 7-66.

Bambini e adolescenti – Maltrattamento e violenza sessuale – Accertamento e prevenzione da partedegli insegnanti

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402 Diritto di famiglia

La famiglia nel diritto internazionaleprivato comunitario

Stefania Bariatti

Oggetto del volume è l’analisi della variegata ed eterogenea ba-se normativa che, nel corso di un processo stratificatosi nel tempo,ha consentito e favorito l’adozione di svariati atti comunitari nel-l’ambito del diritto di famiglia nonché la verifica della situazioneattuale alla luce delle potenzialità prospettate nel Trattato che adot-ta una Costituzione per l’Europa. Nonostante, infatti, la pacificaassenza di una positiva base giuridica nell’ambito del diritto di fa-miglia, il ravvicinamento di principi in tale ambito è una realtà difatto. Questa situazione è andata evolvendo sia per il tramite diquella che viene nel testo denominata “armonizzazione delibera-ta”, effettuata cioè tramite atti normativi emanati dalle istituzionicomunitarie, sia per il tramite di un’“armonizzazione spontanea”realizzatasi in conseguenza di diversi fattori: dalla circolazione del-le persone e dei modelli giuridici rappresentati dalle numeroseconvenzioni internazionali presenti in questo settore, alle conse-guenze del processo di adeguamento alla giurisprudenza non solodella Corte di giustizia delle Comunità europee ma anche dellaCorte europea dei diritti dell’uomo. Tale processo di armonizza-zione è avvenuto in modo talmente graduale da apparire quasi im-percettibile e con modalità tali da non essere immediatamente ri-conoscibile in quanto tale.

È con il Trattato di Amsterdam che si manifesta in modo piùevidente l’adozione di una serie di atti idonei a influire sul dirittodi famiglia. Con tale Trattato è stata, infatti, attribuita alla Comu-nità europea una nuova competenza in materia di diritto interna-zionale privato e processuale, sottraendola agli Stati membri: sullabase dell’art. 65 sono stati, così, adottati numerosi strumenti nor-mativi e altri atti di diversa natura in vari settori. Essi tendono acostituire, nel tempo, un sistema comune di diritto internazionaleprivato e processuale, in tutti i settori che tradizionalmente ne fan-no parte. In particolare, pur in assenza di una attribuzione specifi-ca di competenza alla Comunità in materia di diritto di famiglia,

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uno dei primi strumenti adottati è stato il regolamento n. 1347/2000sulla competenza, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioniin materia familiare, che è stato successivamente modificato con ilregolamento n. 2201/2003 che va a comprendere le decisioni inmateria di potestà genitoriale. Questa produzione normativa nascedalla convinzione in base alla quale l’art. 65 e, in particolare, l’esi-genza di eliminare gli ostacoli alla libera circolazione delle senten-ze, possano fornire una base giuridica adeguata indipendentementedalla materia considerata, anche ove il collegamento con i diritti“economici” garantiti dal Trattato sia meno evidente. I due atti inesame sono considerati dalla dottrina come i primi documenti co-munitari vincolanti in materia di diritto di famiglia, benché limita-tamente ai profili di giurisdizione e di riconoscimento delle sen-tenze. Essi costituiscono così il nocciolo organico e sistematico diun diritto internazionale privato e processuale della famiglia, rego-lando la separazione e il divorzio dei coniugi, il diritto all’assegnoalimentare, la potestà e la custodia sui figli; secondo l’autore, èpresumibile, peraltro, che attorno e sul modello di questo verran-no a collocarsi tra breve altri profili. Numerosi altri atti sono infat-ti allo studio. Basti qui ricordare il Libro verde sulle obbligazionialimentari del 2004 o i due recentissimi Libri verdi del 2005 in ma-teria di successioni e testamenti o di legge applicabile e giurisdizio-ne in materia di divorzio.

402 Diritto di famiglia

La famiglia nel diritto internazionale privato comunitario / Stefania Bariatti ; con la collaborazione di CarolaRicci e Laura Tomasi. — Milano : A. Giuffrè, c2007. — XVI, 664 p. ; 23 cm. — (L’Italia e la vitagiuridica internazionale ; 25). — ISBN 88-14-13330-1.

Famiglie – Diritto internazionale privato comunitario

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402 Diritto di famiglia

La violazione degli obblighi di assistenza familiare

Fabrizia Fierro Cenderelli

Il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, intro-dotto per la prima volta in Italia dal codice del 1930, è sopravvissu-to inalterato alle profonde modifiche intervenute nel corso di que-sti anni nella società, nel costume e, soprattutto, nella legislazionecivile. In quanto norma considerata “elastica”, l’art. 570 cp – cheprevede appunto il reato di violazione degli obblighi di assistenzafamiliare – ha recepito senza problemi la completa equiparazionedella filiazione naturale e adottiva a quella legittima, l’integrale pari-ficazione dei reciproci diritti e doveri dei coniugi e il mutamentodella regolamentazione dei rapporti patrimoniali nella famiglia.

Inoltre, con l’introduzione del divorzio, l’art. 570 cp è stato af-fiancato dall’art. 12 sexies che, disciplinando la garanzia dei rappor-ti economici fra coniugi nella fase di rottura dell’unità matrimo-niale, ha completato il quadro della tutela penale estendendola aldivorziato che, con la perdita della qualità di coniuge (elementocostitutivo del reato in esame), non sarebbe rientrato nell’ambitodell’art. 570 cp. Un limite all’applicabilità della violazione degliobblighi di assistenza familiare si è presentato di recente, con l’in-troduzione, nel testo di legge 54/2006 sull’affidamento condivisodei figli nella separazione personale dei coniugi, di una specificatutela penale nei confronti delle violazioni di carattere economico.In questa fase di rottura dell’unità familiare, si è rafforzata la prote-zione dei diritti dei figli minori e disabili con l’introduzione diuna sanzione penale per ogni forma di inadempimento dei doveripatrimoniali dei genitori, a prescindere dalla presenza di un effetti-vo stato di bisogno. Con questa nuova disciplina normativa, l’am-bito di applicazione dell’art. 570 cp sembrerebbe ridotto in modosostanziale, ma una recente giurisprudenza ha considerato non an-titetiche ma concorrenti le due disposizioni qualora l’inosservanzadegli obblighi economici si traduca in omessa prestazione dei mez-zi di sussistenza.

Per quanto riguarda, poi, i limiti di tutela attinenti alla famigliadi fatto, viene sottolineato come, individuando il bene giuridico

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Rassegna bibliografica 3/2007 87

nella famiglia e, più esattamente, nei singoli rapporti familiari vol-ta a volta richiamati, non si è posto in dubbio che l’art. 570 cp, al1° comma riguardasse esclusivamente la famiglia fondata sul matri-monio. Fondamento di questa concezione è la stessa dizione legi-slativa che descrive comportamenti lesivi dell’assistenza familiareattraverso l’abbandono del domicilio domestico o la condotta con-traria all’ordine o alla morale delle famiglie e fa espresso riferimen-to, in relazione alla soggettività passiva, alla potestà dei genitori oalla qualità di coniuge. Il problema della rilevanza della famiglia difatto nell’ambito dei delitti contro la famiglia, in realtà, è stato po-sto, e risolto positivamente, riguardo al reato di maltrattamenti infamiglia o verso fanciulli (art. 572 cp) ma, prospettato in relazionealla violazione degli obblighi di assistenza familiare, è stato subitorespinto osservando che la convivenza di fatto non è assoggettata,allo stato attuale della legislazione, a obblighi formali di assistenzatipici del rapporto matrimoniale. In altre parole, secondo l’autorel’unione di fatto non giunge, in linea di principio, a includere con-flitti di contenuto economico tra conviventi. Alla stessa conclusio-ne si arriva anche quando la convivenza riguardi due persone cheabbiano entrambi riconosciuto il loro figlio naturale poiché il fattoche in tal caso spetti a essi l’esercizio congiunto della potestà sul fi-glio riconosciuto e convivente non trasforma, di per sè, il rapportotra genitori in unità familiare.

402 Diritto di famiglia

La violazione degli obblighi di assistenza familiare / Fabrizia Fierro Cenderelli. — 2. ed. — Padova : Cedam, 2007. — XIV, 327 p. ; 24 cm. — (Enciclopedia ; 21). — Bibliografia: p. 317-321. —ISBN 978-88-13-27434-4.

Obblighi di assistenza familiare

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550 Partecipazione

I figli del disincanto Giovani e partecipazione politica in Europa

Marco Bontempi e Renato Pocaterra (a cura di)

Chi sono i figli del disincanto politico? Come e quanto l’atteg-giamento disincantato di genitori che hanno visto, a partire dallacaduta del Muro di Berlino, la fine di un modo di vivere la politi-ca fatto di passioni e di ideali, ha determinato un nuovo compor-tamento politico nelle nuove generazioni? Si può dire addio allapartecipazione sociale dei ragazzi ormai disinteressati, isolati inmondi virtuali e incapaci di prendere decisioni sul proprio futuro esu quello della società? Quali sono i loro sogni di neocittadini?

La necessità di rispondere a tali domande, di analizzare la cul-tura politica dei giovani europei del XXI secolo con il suo profon-do processo di rielaborazione dei significati e delle pratiche haaperto un nuovo orizzonte della ricerca sociologica, alla quale isaggi contenuti nel volume intendono fornire un contributo di ap-profondimento e ricerca.

“L’avventura”, come la chiamano gli autori nell’introduzionedel testo, nasce nel 2003 con l’avvio dell’attività di ricerca EUYOU-PART (Political participation of young people in Europe - development ofindicators for comparative research in the European Union) voluta da unconsorzio internazionale di nove istituti di ricerca provenienti daotto Paesi europei: Austria, Estonia, Finlandia, Francia, Germania,Italia, Regno Unito e Slovacchia, il cui obiettivo era la definizionedi indicatori quantitativi sulla partecipazione politica tra i giovaniin Europa e la raccolta di dati.

La ricerca sul campo effettuata su un campione di 8000 giovanitra i 15 e i 25 anni, mette a disposizione un patrimonio di infor-mazioni, ma ne osserva i dati senza poter entrare nei processi dielaborazione degli stessi ed è da qui che parte il lavoro di analisi si-nergico fra la Fondazione IARD e il Centro interuniversitario di so-ciologia politica dell’Università degli studi di Firenze.

I sette saggi di autori diversi contenuti nel testo, che sono ilfrutto di tale collaborazione, esplorano la realtà dei giovani euro-pei, i significati della politica e le forme di partecipazione, le dina-

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monografia

miche dell’informazione politica in rapporto al consumo di massmedia e l’emergere di forme di antipolitica e disaffezione.

Ma quale è il quadro che si delinea? Come si può interpretareil risultato che il 64,7% dei teenager e dei post teenager «non parte-cipa ad alcuna attività politica o sociale»? In realtà le nuove gene-razioni nutrono ancora un interesse nei confronti della società edelle forme attive di partecipazione. È cambiato tuttavia il mododi esprimerlo rispetto alle generazioni precedenti. Tra le “tribù”giovanili “l’antipolitica” risulta molto forte, come dice Renato Po-caterra: «Noi abbiamo definito i giovani dai 15 ai 24 anni i “figlidel disincanto”, perché sono ragazzi nati da una generazione cheaveva già elaborato il distacco dalla politica e questo sentimento èuguale in tutta Europa. È molto più facile che un adolescente sisenta di appoggiare Amnesty International che un partito, o chedecida di boicottare un prodotto piuttosto che partecipare a unamanifestazione».

Allora «cosa si può fare per modificare questo disincanto» sichiedono gli autori? Occorre comprendere le tendenze sociali deigiovani, i significati che essi attribuiscono a concetti come demo-crazia, cittadinanza, politica per poter implementare nuove politi-che di educazione al «sé pubblico e civico» e per promuovere e svi-luppare «una cultura della cittadinanza». La partecipazione politicagiovanile è, infatti, un prerequisito fondamentale alla creazione diuna democrazia stabile e vivibile sia all’interno dei singoli Stati chein Europa.

Il volume, in quest’ottica, rappresenta un utile strumento di la-voro per chi si occupa di giovani, dagli insegnanti agli educatori,dai policy makers ai genitori.

550 Partecipazione

I figli del disincanto : giovani e partecipazione politica in Europa / a cura di Marco Bontempi e RenatoPocaterra. — [Milano] : B. Mondadori, c2007. — XVI, 190 p. ; 21 cm. — (Ricerca). — Bibliografia: p.177-187. — ISBN 978-88-424-2126-9.

Giovani – Partecipazione politica – Paesi dell’Unione Europea

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550 Partecipazione

La partecipazione Modi e percorsi: dai papa boys ai no global

Bianca Gelli e Terri Mannarini (a cura di)

Da anni la realtà italiana in tema di partecipazione sembra po-ter essere rappresentata solo come un Giano bifronte: da un lato,accompagnata da un notevole bagaglio di ricerche e riflessioni dinatura sociologica si assiste alla profonda crisi delle forme di poli-tica convenzionale, dall’altro si assiste a una crescita esponenzialedi forme di partecipazione diverse per provenienza e modalità diazione.

Il testo propone un percorso che si interroga su diverse formedi partecipazione, da quelle autorganizzate a quelle eterorganizza-te, per vedere se in esse esistono dei nuclei psicosociali comuni.

Le variabili di natura sociodemografica, di solito più usate dallaricerca sociologica per interrogare le condotte partecipative, sonoin questo caso affiancate e integrate nell’indagine da variabili dinatura psicosociale.

Sono così oggetto della ricerca le modifiche avvenute nelle for-me di partecipazione comprese tra l’azione politica classica e quel-la non convenzionale per la prima area di indagine; le realtà asso-ciative religiose e le forme di partecipazione giovanile che in esse siesprimono, nella seconda; e infine, per la terza area, sono oggettodi osservazione le forme di volontariato, il lavoro di rete promossonei servizi territoriali di base e i comitati di quartiere.

Per quanto riguarda la prima area di indagine, l’ambito della ri-cerca comprende le forme di politica convenzionale e quelle di na-tura sociale e non strutturata. Al suo interno si trova anche un ap-profondimento di genere, relativo alla scarsa partecipazione politi-ca delle donne. In essa si pone in evidenza la stragrande prevalen-za di queste ultime in quelle forme partecipative non convenzio-nali, nelle quali è inesistente l’apparato burocratico e le relazioni sifondano sull’informalità.

La seconda area di indagine ha come oggetto le forme di parte-cipazione giovanile che si raccolgono intorno ad associazioni reli-giose, focalizzando poi l’interesse sulla partecipazione che si realiz-

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za nei grandi raduni di fedeli. L’attenzione in particolare è rivoltaal fenomeno che si è espresso in Italia durante il giubileo del 2000,con i cosiddetti papa-boys. Identificandoli più come movimentoche come gruppo, la ricerca ne studia le caratteristiche, i valori difondo, i modi di agire, restituendo una rappresentazione dell’iden-tità collettiva del movimento non lineare e in fieri.

La terza e ultima area si concentra sui modi di partecipareascritti intorno al concetto di cittadinanza e per far questo indagaambiti di pratiche diversi.

Il primo ambito è quello legato al volontariato: interrogandosisu come esso si manifesta e su quali sono le variabili che conduco-no i soggetti a mantenere costante nel tempo la loro partecipazio-ne al gruppo e alle attività del gruppo.

Il successivo ambito collega il tema della partecipazione conquello di lavoro di rete e di psicologia di comunità. Viene svilup-pata una considerazione sulle caratteristiche specifiche del tipo diprocesso di attivazione della partecipazione che promuove lo psi-cologo di comunità e che ha come obiettivo prioritario l’emanci-pazione e l’autonomia della comunità, operando una distinzioneempirica tra partecipazione provocata e partecipazione promossa.

E infine, come ultimo ambito di analisi, viene proposta l’espe-rienza dei contratti di quartiere, utilizzati come prospettiva privile-giata di osservazione per la relazione che in essi si crea tra forme dipartecipazione cittadina e processi di pianificazione urbana dellapubblica amministrazione.

550 Partecipazione

La partecipazione : modi e percorsi : dai papa boys ai no global / a cura di Bianca Gelli e Terri Mannarini. —Milano : Unicopli, 2007. — 239 p. ; 21 cm. — (SocialMente ; 19). — Bibliografia: p. 221-235. —ISBN 978-88-400-1175-2.

Partecipazione

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610 Educazione

L’educatore come ricercatore Formare all’uso di strumenti osservativi e relazionali

Alberto Parola, Ugo Avalle, Fabrizio Caravanna,Giovanna Ravazzano

La curiosità a conoscere, il gusto della scoperta, il bisogno diindagare e di esplorare la realtà sono stimoli innati nell’uomo. Ten-tare, cercare, ricercare, è la spinta alla base di ogni attività umana,quel movimento interno ed esterno dell’uomo che si pone doman-de sul suo essere-nel-mondo. A questa spinta, a questa dinamicainterna, originaria, per non perderne la forza è necessario affianca-re un lavoro formativo metodologicamente supportato. Ogni pic-colo stimolo creato dalla curiosità spinge gli individui alla ricercadi “qualche cosa” e appare come un desiderio che occorre soddi-sfare: vi è chi cerca la gratificazione di un buon lavoro, chi la tran-quillità di una famiglia, chi il genio contenuto nelle opere dell’uo-mo, in ogni persona esiste questa “competenza alla ricerca”, ed ècompito dell’educazione sostenere e alimentare questa capacità. Ilgusto di ricercare non è prerogativa solo di chi ha posto il lavorodi ricerca al centro della propria professionalità, ma fa parte dellostesso processo conoscitivo. Nella formazione dell’educatore, lecompetenze teoriche e metodologiche sul lavoro di ricerca dovreb-bero diventare un obiettivo formativo primario, poiché il lavoroeducativo è fatto di scoperte continue e se queste sono sostenuteda un metodo, sono alimentate da una competenza specifica, il la-voro educativo assume una più alta qualità.

L’educatore professionale opera in ambiti di intervento diversi-ficati tra loro e ha il compito di promuovere lo sviluppo del sog-getto o, se soggetti in difficoltà sociale, il suo recupero in terminidi potenzialità. Svolge un processo di educazione intenzionale, fat-ta di azioni programmate, progetti pedagogici che devono sottrarreall’intervento le caratteristiche di impulsività e spontaneismo. Pro-gettare, programmare, gestire, verificare sono tutti passi di un per-corso educativo fondati sul dialogo e sul bisogno di conoscere larealtà sociale e familiare della persona con cui l’educatore lavora.Dal primo contatto, alla raccolta di informazioni, all’intervista at-tuata ai fini dell’analisi dei bisogni dell’utente, ma anche nella rela-

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zione con i colleghi, il colloquio assume una centralità rilevante.Colloquio psicologico, clinico, orientato all’azione, fanno tuttiparte di diverse modalità di impostare il lavoro relazionale ed edu-cativo sulla componente dialogica. Quando l’educatore assume ilvolto di un “ricercatore”, il colloquio diviene per lui fondamentale,poiché è lo strumento interpretativo a servizio della ricerca in cam-po educativo ed è come un utensile che, invece di essere “manipo-lato”, viene adoperato con le capacità relazionali e scientifiche diun individuo, grazie a un percorso significativo che fa dell’operato-re una persona capace e consapevole, che fonda il suo lavoro sustudi rigorosi e su riflessioni circa le teorie, i metodi, le tecniche egli strumenti che gli occorrono. Impostare la propria conoscenzadell’altro, del contesto in cui vive, delle relazioni che ha instaura-to, dei suoi desideri e dei suoi sogni presuppone una grande capa-cità relazionale e una buona competenza comunicativa, intesa co-me capacità di attivare e condurre un colloquio, sollecitare con at-tenzione e rispetto delle singolarità, le narrazioni e i bisogni espres-sivi dell’altro. A fianco del colloquio di ricerca, assume una valen-za significativa anche l’osservazione scientifica, che non è un “ve-dere occasionale”, ma un’attività caratterizzata da intenzionalità esistematicità. La conoscenza della realtà attraverso l’osservazionepresuppone un’organizzazione logico-cronologica di una serie diazioni, in cui si raccolgono, si organizzano, si interpretano i datiche permettono di far emergere una rete di relativi significati di uncomportamento, un fenomeno, una situazione. Nel momento incui l’educatore padroneggia gli strumenti a servizio della ricerca,assume quel connotato di ricercatore che fa della pratica educativa,la sintesi tra conoscenza e sviluppo.

610 Educazione

L’educatore come ricercatore : formare all’uso di strumenti osservativi e relazionali / Alberto Parola, UgoAvalle, Fabrizio Caravanna, Giovanna Ravazzano ; a cura di Alberto Parola. — Milano : Unicopli,2007. — 225 p. ; 21 cm. — (Chiaroscuri ; 7). — Bibliografia: p. 219-225. — ISBN 978-88-400-1177-6.

Ricerca educativa

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615 Educazione interculturale

L’educazione interculturale per lo sviluppo sostenibileProposte di formazione per gli insegnanti

Esoh Elamé, Jean David

Nato nell’ambito di un progetto europeo Socrates-Comenius fi-nalizzato a elaborare e a sperimentare moduli di formazione inter-disciplinare sull’intercultura per gli insegnanti, il testo arricchisce ilventaglio dei contributi sul tema dell’educazione interculturale.Un tema che secondo gli autori va slegato dal suo riferimentoesclusivo al fenomeno migratorio per far spazio ad altre tematicheeducative capaci di rendere i soggetti più sensibili ai problemi cheaffliggono l’uomo contemporaneo. L’interdipendenza tra i Paesi, lafacilità degli spostamenti delle persone, frutto dell’espansione degliscambi economici e dello sviluppo tecnologico degli ultimi secoli,sono alla base del ravvicinamento dei popoli e delle culture. L’im-migrazione, fenomeno anch’esso divenuto planetario, rappresentaun ulteriore elemento che sollecita il sistema educativo a infonderenei giovani un nuovo modo di pensare e agire che consenta a tuttiquanti di convivere in armonia.

Il volume è articolato in due parti. Una di carattere teorico incui vengono illustrati i nodi problematici delle varie tematiche checostituiscono l’orizzonte dell’educazione interculturale e un’altrain cui le tematiche sono presentate dal punto di vista operativo at-traverso l’illustrazione di una rassegna di esperienze condotte nellescuole di alcuni Paesi europei. L’ambito dell’intercultura deve com-prendere anche temi legati all’ambiente, allo sviluppo sostenibile,alla pace, ai diritti umani. In questo ventaglio di temi interconnes-si la tematica dello “sviluppo sostenibile” è oggetto di maggioretrattazione e riflessione poiché la sua traduzione nelle praticheeducative tocca anche gli altri argomenti citati. Lo sviluppo soste-nibile è «quello sviluppo che consente di rispondere ai bisogni delpresente senza compromettere le capacità delle generazioni futuredi rispondere ai loro». L’impegno per uno sviluppo sostenibile si-gnifica allora porre al centro il tema dell’equità, della salvaguardiadell’ambiente, dell’armonia tra gli uomini e tra questi e l’ambientein cui vivono. Affinché questa concezione di sviluppo non resti

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confinata nel linguaggio dei politici e degli uomini di potere che lausano come slogan, ma venga tradotta in atteggiamenti e compor-tamenti collettivi è necessario che diventi contenuto del program-ma formativo per i docenti. Questi a loro volta la devono declina-re all’interno della propria disciplina in proposte educative per glistudenti. La “pluridisciplinarità”, l’“interdisciplinarità”, la “transdi-sciplinarità” e la “peridisciplinarità” vengono a costituire il venta-glio di concetti chiave di un modello educativo allo sviluppo so-stenibile e all’interculturalità, di cui gli autori forniscono la struttu-ra e l’articolazione.

Nella seconda parte del volume viene illustrata una selezione diesperienze educative realizzate in alcune scuole francesi, greche eitaliane, portate ad esempio di come tradurre in pratica le temati-che affrontate sul piano teorico. Esperienze realizzate da insegnan-ti che hanno preso parte al progetto e ai quali è stato chiesto dielaborare una proposta educativa all’interno della propria discipli-na scegliendo un argomento inerente al tema del progetto e di rea-lizzarlo in classe.

Nella prospettiva degli autori l’educazione interculturale è dun-que vista come un orizzonte integratore di saperi, come un ap-proccio trasversale alle discipline. Una prospettiva che fornisce agliinsegnanti e agli educatori indicazioni teoriche per creare una mag-giore connessione fra varie tematiche inerenti all’ambito dell’inter-cultura. Allo stesso modo le esperienze illustrate nel volume fun-gono da esempi su come si possa contribuire attraverso l’educazio-ne alla formazione di una nuova mentalità e a nuovi comporta-menti rispettosi degli altri e della natura, in una concezione dellaTerra come patria di tutti.

615 Educazione interculturale

L’educazione interculturale per lo sviluppo sostenibile : proposte di formazione per insegnanti / Esoh Elamé,Jean David. — Bologna : EMI, c2006 (stampa 2007). — 154 p. ; 21 cm. — (Sussidi didattici). —Bibliografia: p. 145-151. — ISBN 978-88-307-1606-3.

Educazione allo sviluppo e educazione interculturale – Manuali

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615 Educazione interculturale

Il mondo in giocoGiochi di strada per l’educazione interculturale

Paola Maniotti

Il gioco oltre a essere attività spontanea e uno strumento di ap-prendimento naturale per l’infanzia, può diventare vero e propriostrumento didattico. L’autrice propone qui la seconda edizione(dopo dieci anni) di una raccolta di giochi di strada che possonoessere utilizzati per favorire la scoperta e la crescita cognitiva deibambini, ma possono diventare anche uno strumento per favorirel’incontro di culture diverse e, prima ancora, di bambini con storiediverse che si incontrano a scuola. Diventa allora strumento cono-scitivo e di sperimentazione delle relazioni che favoriscono lo starebene insieme.

La scelta è andata sui giochi di strada in quanto questi possonoessere realizzati ovunque e con pochi materiali di appoggio. Sononecessari spazi aperti ma non ci sono limiti di giocatori, né regoletroppo rigide per partecipare. Il gioco di strada permette movimen-to e coinvolgimento fisico, ed è un gioco sostanzialmente liberoche consente di entrare e uscire a piacimento. Sono giochi che fa-voriscono l’improvvisazione lasciando ampio spazio all’immagina-zione, e sono anche i giochi più diffusi nel mondo, in ogni luogoe in ogni tempo.

I giochi qui illustrati sono prevalentemente competitivi, macompetizione e cooperazione sono elementi che devono essereconsiderati in continuità e non in opposizione in quanto permet-tono entrambi la creazione di vincoli e legami di amicizia e favori-scono una crescita emotiva e affettiva.

Il gioco può essere utilizzato per attività di intercultura perchéattraverso di esso è possibile scoprire differenze, varietà e significatiattribuiti alle cose in tempi e luoghi diversi. Per questo i giochi pos-sono essere occasione di ricerca. Sui giochi si possono svolgere del-le ricerche storiche, si può chiedere alle persone anziane con qualigiochi giocavano, e quali possono ancora insegnare ai più giovani.La ricerca dei giochi può servire a scoprire similitudini tra giochiappartenenti a epoche e luoghi diversi, a capire come molti giochi

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siano del tutto simili e sia difficile rintracciare un’origine precisa diessi. Così gli elementi di similitudine e di differenza diventano oc-casione di incontro e condivisione tra generazioni e tra culture, siasul piano conoscitivo sia sul piano delle relazioni; perché non c’èmodo migliore per imparare i giochi che giocare insieme agli altri,insieme agli adulti e ai bambini di ogni età e provenienza.

Il gioco può essere variato notevolmente, si possono assumereelementi di due giochi diversi e mescolarli, si può partire da dueelementi e costruire un gioco, si possono fare giochi al contrario, osemplicemente togliere degli elementi da un gioco. Giocare con igiochi, esattamente come smontare i giocattoli, è una funzioneparticolare di metagioco, ha il valore di appropriarsi delle regole edi ulteriore scoperta del senso, dell’origine e della possibilità di usodi un gioco.

Nel testo sono elencati e comparati numerosi giochi provenien-ti da altri Paesi, spesso sono giochi simili con nomi diversi e ver-sioni leggermente diverse. Sono il risultato di una ricerca svolta daibambini che hanno intervistato persone di altri Paesi chiedendo lo-ro di raccontare i propri giochi di strada. Il lavoro sul gioco è servi-to anche per riconoscere pregiudizi propri e nei giochi, per scopri-re altre realtà e disparità esistenti tra varie parti del mondo dove cisono meno spazi per giocare, meno occasioni, o eventi critici (co-me la guerra o la povertà) che limitano la possibilità di giocare.

615 Educazione interculturale

Il mondo in gioco : giochi di strada per l’educazione interculturale / Paola Maniotti. — Nuova ed. — Torino :EGA, 2007. — 125 p. ; 21 cm. — Bibliografia: p. 121-122. — ISBN 978-88-7670-607-3.

Bambini – Educazione interculturale – Ruolo dei giochi

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620 Istruzione scolastica

Ascoltare altrimenti Adolescenti stranieri a scuola

Claudia Bruni

Basato sull’esperienza quotidiana di chi lavora come psicologonella scuola superiore italiana ed è a contatto con molti adolescen-ti di origine immigrata, il testo presenta una rassegna di casi intor-no ai quali l’autrice riflette alla luce delle teorie dell’etnopsichiatriae dell’educazione interculturale. In particolare sul suo approccioincide fortemente l’esperienza maturata conseguendo un diplomauniversitario di psichiatria transculturale presso la Clinique Tran-sculturelle di Parigi. Si tratta di un approccio incentrato sull’ascol-to e sulla capacità dello psicologo di affrontare la diversità cultura-le senza cadere in facili stereotipie o in una sorta di “accanimentoterapeutico” finalizzato a voler fare del bene all’altro a tutti i costi.Il lavoro prende le mosse dalla riflessione sulla specificità dellacondizione degli adolescenti immigrati, che si trovano a dover la-sciare due Paesi, quello reale dove sono nati o da dove provengo-no i loro genitori, e quello simbolico dell’infanzia. Un doppio ca-rico psicologico cui si associa un’analoga difficoltà dei genitori, al-le prese con l’elaborazione del trauma della migrazione, con i pro-blemi legati all’inserimento nel nuovo contesto e dunque spessoincapaci di ascoltare i figli o di fornire loro il sostegno adeguato.Un sostegno che i ragazzi non sempre incontrano presso i coeta-nei, e per via della diffidenza che può sorgere nei loro confronti, eper via della tendenza a isolarsi di chi soffre o non padroneggiacompletamente la lingua italiana. Anche i fratelli e le sorelle nonrisultano di particolare aiuto perché laddove sono presenti sonospesso chiamati a ricoprire ruoli differenziati e di responsabilità al-l’interno della famiglia, con conseguenti litigi tra i più adulti e ipiù piccoli.

Una difficoltà rilevata dall’autrice è pure quella di un atteggia-mento eccessivamente direttivo e difensivo dei genitori nei con-fronti dei figli, i quali non osano raccontare in famiglia i loro pro-blemi per paura di sanzioni e di incomprensioni, e nel contempoavvertono come un peso eccessivo le forti aspettative dei genitori

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nei loro confronti. In questo quadro la presenza di un adulto di-sponibile all’ascolto e che non ricopre un ruolo valutativo comequello dell’insegnante può fungere da ancora di salvezza per l’ado-lescente, che finalmente trova qualcuno disposto ad ascoltarlo e ingrado di farlo riflettere sulla sua condizione. All’ascolto si accom-pagna una terapia fondata sul dialogo e sullo stimolo al recuperodella memoria dell’esperienza della migrazione come evento chia-ve che spiega le problematiche che stanno sullo sfondo della vitadi questi ragazzi. L’idea è di sviluppare in loro la capacità di riela-borare le proprie vicende in accordo con la loro doppia apparte-nenza culturale, o meglio in accordo con una percezione di sé co-me ponti gettati su due culture. In questo modo è possibile l’accet-tazione di elementi e scelte dalle radici culturali diverse, che intrec-ciandosi formano identità transculturali inedite ma non prive diuna loro coerenza fondata sulla negoziazione quotidiana tra uni-versi distanti. L’autrice mostra come presso questi adolescenti siaelevato il tasso di sofferenza psicologica, con frequenti tentativi disuicidio, alcuni reali, altri simulati per attrarre l’attenzione di chi licirconda e come questi ragazzi necessitino di figure adulte in gra-do di orientarli. Nello stesso tempo si tratta anche di evitare cheessi perseguano strategicamente un’assimilazione forzata in cui“seppelliscono” i loro disagi prendendo a prestito valori dalla cul-tura di immigrazione. Anche in questo caso la sofferenza può rie-mergere, spesso in conseguenza di scelte superficiali come la co-struzione di identità prese a prestito, talora vere e proprie “identitàdi paccottiglia” che possono portare a esiti persino tragici.

620 Istruzione scolastica

Ascoltare altrimenti : adolescenti stranieri a scuola / Claudia Bruni ; prefazione di Marie Rose Moro. —Milano : F. Angeli, c2007. — 152 p. ; 23 cm. — (Adolescenza, educazione e affetti ; 30). —Bibliografia: p. 149-152. — ISBN 978-88-464-8369-0.

Adolescenti immigrati – Integrazione scolastica

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620 Istruzione scolastica

Nella scuola multiculturaleUna ricerca sociologica in ambito educativo

Guido Maggioni e Alessandra Vincenti (a cura di)

Il volume presenta i risultati di una ricerca condotta da un’é-quipe di sociologi dell’Università di Urbino nel quadro di un pro-getto nazionale cofinanziato dal Ministero dell’istruzione, dell’uni-versità e della ricerca. A una parte di approfondimento teorico sul-la multiculturalità e sull’educazione interculturale si affianca un’in-dagine sul campo svolta negli anni 2001-2002 in due realtà perife-riche caratterizzate da un’elevata presenza di immigrati, una inEmilia-Romagna, l’altra nelle Marche. La ricerca si poneva comeobiettivo di analizzare gli aspetti di inclusione e di esclusione so-ciale dei bambini e degli adolescenti immigrati nella concreta at-tuazione dei loro diritti, ossia nel contesto scolastico.

Con un approccio descrittivo, nella prima parte sono messe afuoco le coordinate teoriche entro cui studiare i rapporti tra locali eimmigrati. Gli autori insistono sui concetti di identità e di cittadi-nanza, utili per definire le linee prospettiche lungo le quali si muo-ve il dibattito contemporaneo sulle migrazioni e sulle società com-plesse e insieme per interpretare le dinamiche sociali e politiche del-la multiculturalità in atto. In tal modo viene superata la rigidità dialcune forme di classificazione usuali, spostando l’attenzione dallecategorie cui i soggetti vengono di norma ascritti al loro vissuto ealla rappresentazione che essi hanno di sé o gli altri hanno di loro.La ricognizione della letteratura scientifica è accompagnata daun’indagine delle politiche messe in atto in campo educativo e del-le normative in materia di educazione interculturale. Il lavoro resti-tuisce l’immagine di una scuola che a livello teorico punta sul rela-tivismo culturale e sull’apertura alle differenze, ma che nella quoti-dianità pratica l’assimilazione degli stranieri alla cultura dominantee punta sul conformismo ai modelli della maggioranza.

La seconda e la terza parte del testo sono invece dedicate all’a-nalisi del contesto territoriale ove ha avuto luogo l’indagine sulcampo e all’illustrazione dei risultati emersi da quest’ultima. Attra-verso una metodologia fondata sull’osservazione partecipante e su

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interviste a testimoni privilegiati viene presentata la realtà dei dueComuni montani presi in considerazione, entrambi caratterizzatida un’elevata presenza di immigrati stranieri. La lettura delle politi-che locali in materia di immigrazione fa emergere una certa debo-lezza nel processo di costruzione di una cittadinanza sociale chefunga da vero ponte di inserimento degli stranieri nella comunitàdi residenza. Le istituzioni interessate mostrano infatti un atteggia-mento che oscilla tra accoglienza e indifferenza, e le loro rispostesembrano più dettate dalla pressione dei cittadini, soprattutto au-toctoni, che da una capacità di lettura e di previsione delle trasfor-mazioni sociali in atto. I focus group con bambini delle classi ele-mentari dei due Comuni e le interviste agli insegnanti studiano leazioni educative effettivamente messe in atto nella scuola a soste-gno della relazione tra i bambini locali e quelli immigrati e dell’in-serimento positivo di questi ultimi in classe. Ne risulta che taliazioni sono legate soprattutto al volontarismo degli insegnanti eispirate a modelli e strategie che solo in parte si rifanno alle indica-zioni ministeriali in materia. La comunicazione tra scuola e fami-glie immigrate risulta assai carente e la rappresentazione che la pri-ma si fa delle seconde è decisamente distorta, come dimostra ilconfronto tra le interviste agli insegnanti e quelle ai genitori immi-grati. Emerge che l’impegno familiare nell’educazione dei figli èdeterminante per la loro riuscita scolastica, e che alcuni elementidi differenza culturale, come quello religioso, sono percepiti daisoggetti coinvolti come fattori che aumentano la distanza tra unnoi e un loro che si rivela una costruzione sociale basata su sem-plificazioni.

620 Istruzione scolastica

Nella scuola multiculturale : una ricerca sociologica in ambito educativo / a cura di Guido Maggioni eAlessandra Vincenti ; contributi di Eduardo Barberis, Barbara Di Edoardo, Fatima Farina, SabinaRapari, Cristina Spada. — Roma : Donzelli, c2007. — VI, 329 p. ; 22 cm. — (L’aquilone). —Bibliografia: p. 321-329. — ISBN 978-88-6036-125-7.

Scuole elementari – Bambini immigrati – Integrazione scolastica – Emilia-Romagna e Marche

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620 Istruzione scolastica

La ricerca azione promossa dalla Regione Lombardia e realizzatanel territorio della Brianza e di Monza dalla Fondazione IARD e daalcune associazioni del territorio ha visto la sperimentazione di unpercorso di alternanza scuola-lavoro su un campione di studenti arischio di dispersione scolastica. Il progetto nasce dalla stipula di unprotocollo d’intesa tra Regione Lombardia, Ufficio scolastico regio-nale e Ministero del lavoro, relativamente all’attuazione delle indi-cazioni della legge 53/2003 di riforma dell’istruzione e formazione.

Sono state coinvolte nella ricerca 498 aziende piccole e medio-piccole di tutti i settori produttivi, 360 studenti di 6 istituti supe-riori e gli insegnanti dei ragazzi che hanno partecipato al progetto.A tutti questi è stato fatto compilare un questionario al fine di os-servare quali erano le loro conoscenze e competenze, le aspettativerelativamente al progetto di integrazione scuola-lavoro, gli interessie i valori culturali complessivi del territorio. Oltre a questo è statarealizzata un’analisi qualitativa tramite delle interviste semistruttu-rate a 25 imprenditori e 15 insegnanti.

L’analisi delle interviste e dei questionari evidenzia atteggiamen-ti favorevoli e resistenze dei protagonisti a sostenere percorsi diformazione-lavoro. Se da un lato si ritiene che l’esperienza inazienda funzioni da orientamento al lavoro, per molti insegnantiquesta può comportare il rischio di abbandono del percorso scola-stico, così come per alcuni imprenditori è evidente un aggravio inpiù di compiti per accogliere gli studenti. Per quasi tutti gli intervi-stati è importante poter sperimentare conoscenze apprese duranteil percorso scolastico ed è rilevante un lavoro territoriale di sinergietra scuola e impresa per concretizzare il percorso di apprendimen-to degli studenti.

Confrontando le opinioni di studenti e imprenditori si eviden-zia che per entrambi il tirocinio è stato utile allo sviluppo di com-petenze trasversali, ossia quelle che permettono di lavorare ingruppo, di comprendere i tempi e le necessità del mondo del lavo-

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Ragazzi sospesi Un modello territoriale di alternanza scuola-lavoroper la prevenzione della dispersione scolastica

Fondazione IARD

ro, di organizzarsi e diventare responsabili (studenti 93% di prefe-renze, imprese 99%), subito dopo risulta rilevante l’acquisizione dicompetenze pratiche, relative alle mansioni lavorative (studenti95%, imprese 93%), solo per ultime le competenze teoriche (tra 80e 90%). In totale il 71,9% degli studenti si ritiene soddisfatto del-l’esperienza e il 41,8% ritiene di aver avuto una crescita di compe-tenze. Per l’azienda un primo vantaggio è quello di avere la possi-bilità di conoscere giovani per eventuali successivi inserimenti, maanche quello di migliorare la propria immagine sociale nel territo-rio. La positività di queste esperienze è testimoniata anche dall’au-mento che hanno avuto i tirocini dal 2003 al 2005, sono passati,infatti, da 315 a 3600, sia per la scuola che per le aziende.

Alla luce del forte tasso di dispersione scolastica nella scuolaitaliana, superiore alla media europea, l’esperienza di alternanzascuola-lavoro è risultata molto significativa perché permette ai ra-gazzi di trovare adulti di riferimento utili allo sviluppo personale ea trovare nuove motivazioni in caso di difficoltà o fallimenti nelpercorso scolastico. La presenza di un tutor in azienda si è rivelataparticolarmente significativa per i ragazzi, che hanno trovato inquesta figura anche un riferimento affettivo e di tutela per acquisi-re sicurezza e competenze. Ai fini del coordinamento del progettoè stato molto importante anche il ruolo di una figura terza trascuola e impresa, il “leader di rete”, che ha fatto una sintesi delleesigenze e preoccupazioni delle due parti.

Il percorso sperimentale ha permesso di evidenziare i vantaggidell’alternanza scuola-lavoro per la prevenzione degli abbandoniscolastici, ma ha anche permesso di tracciare delle linee guida perriorganizzare percorsi simili e creare una rete tra tutti i soggetti delterritorio coinvolti.

620 Istruzione scolastica

Ragazzi sospesi : un modello territoriale di alternanza scuola-lavoro per la prevenzione della dispersione scolastica/ Fondazione IARD ; a cura di Stefania Pozzi, Renato Pocaterra. — Milano : F. Angeli, c2007. — 140 p. ;23 cm. — (Collana Fondazione IARD. Sez. 1, Ricerca sociale ; 5). — Bibliografia ed elenco siti web: p. 131-140. — ISBN 978-88-464-8412-3.

Dispersione scolastica – Prevenzione – Progetti – Brianza

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622 Istruzione scolastica - Aspetti psicologici

Scuola e psicologia in dialogoLa figura dello psicologo scolastico

Emanuela Confalonieri e Manuela Tomisich (a cura di)

La psicologia dell’educazione si occupa della presenza dello psi-cologo nella scuola fin dalle sue origini. Edward Lee Thorndike(1874-1949), generalmente indicato come il “padre” di questa disci-plina, pose il problema del rapporto tra psicologia e scuola con ilmanuale che pubblicò nel 1903 dal titolo Educational Psychology.Thorndike stesso insegnò per tutta la sua carriera di professore dipsicologia presso una scuola universitaria per diventare insegnanti.Sono trascorsi oltre cento anni e il tema resta sul tappeto nei Paesiindustrialmente più avanzati, ma anche in quelli in via di svilup-po. Perché lo psicologo a scuola? Cosa può, deve fare? Quali ideehanno su questo argomento genitori, insegnanti, operatori scolasti-ci in senso lato e, perché no, gli stessi alunni, studenti? Sono statecondotte indagini su questi problemi in varie parti del mondo: Ita-lia, Europa, Stati Uniti, Canada. I risultati mostrano che si tende apensare che lo psicologo coincida con una funzione di clinica deidisturbi, delle difficoltà, delle patologie di vari aspetti del compor-tamento scolastico: la condotta, la disciplina, ma anche disordiniemotivi, affettivi che direttamente o no causano contraccolpi suiprocessi di apprendimento. Si pone allora il problema di indivi-duare le difficoltà di lettura, di decifrazione e di comprensione, dicalcolo, aree logico-matematiche, di attenzione, memoria, linguag-gio, stabilire cosa fare in questi casi. Lo psicologo sarebbe quindi iltecnico delle difficoltà, dei disturbi, dei casi difficili, in possesso diun sapere che mette in condizione di intervenire e porre rimedio.La ricerca non è riuscita a trasmettere l’idea che lo psicologo scola-stico può e deve occuparsi di molte altre cose di notevole impor-tanza, connesse a come far funzionare meglio la mente di alunni estudenti e questo nonostante numerosi decenni di lavoro.

Il testo curato da Emanuela Confalonieri e Manuela Tomisich èun ulteriore contributo in questa direzione. Da tempo impegnatepresso l’Università Cattolica di Milano su queste tematiche, hannovoluto passare in rassegna, oggi, nel 2007, le coordinate delle varie

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questioni centrali. Una prima parte, fornisce al lettore la corniceteorica in cui muoversi: «alla ricerca di una possibile definizione eindividuazione». Il rapporto “psicologo e scuola”, definito da unadelle curatrici «scene di un matrimonio complesso». L’importantenodo della formazione dello psicologo scolastico: «per quale psico-logo, in quale sistema scolastico». Completa questa prima parte,un contributo dedicato allo psicologo scolastico “oltre frontiera”,in Europa. Una nota storica introduce il capitolo, con l’avvertenzache nella stesura si è fatto ricorso a una recente pubblicazione «acarattere internazionale, lo Handbook of International School Psycho-logy, che vuol essere una sorta di manuale di psicologia scolasticasia per gli addetti ai lavori sia per chi si accosta per la prima voltaal tema». Il lettore può inoltre acquisire informazioni sullo psicolo-go scolastico e il suo intervento nelle scuole europee: Francia, Spa-gna, Portogallo, Germania, Gran Bretagna, Irlanda, Lussemburgo,Belgio. Dati relativi ai vari sistemi scolastici, insieme a elementisulla formazione, dove è prevista, specifica dello psicologo scolasti-co e sui ruoli effettivi svolti. Un panorama complesso e frastagliatoche porta gli autori del capitolo a concludere che le differenze so-no ben più marcate delle somiglianze. La seconda parte è dedicataa ricerche e interventi che aiutano a comprendere la figura dellopsicologo scolastico. Viene esposta un’indagine sullo psicologoscolastico nel territorio di Milano e hinterland e sui profili che neemergono. Completano il volume tre studi dedicati allo sviluppodella psicologia per la scuola, i centri di informazione e consulen-za, lo psicologo scolastico e l’educazione alla cittadinanza europea.

622 Istruzione scolastica - Aspetti psicologici

Scuola e psicologia in dialogo : la figura dello psicologo scolastico / a cura di Emanuela Confalonieri eManuela Tomisich. — Milano : Unicopli, 2007. — 236 p. ; 21 cm. — (Psicologia dello sviluppo socialee clinico. Sez. Saggi ; 22). — Bibliografia: p. 229-236. — ISBN 978-88-400-1183-7.

Psicologi scolastici

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675 Formazione professionale

La supervisione nelle professionieducative Potenzialità e risorse

Nando Belardi e Gerwald Wallnöfer

La supervisione, per il mondo scolastico e i settori dell’assisten-za sociale ed educativa, significa consulenza e aggiornamento pro-fessionale ed è una forma di riflessione e di comunicazione di carat-tere interdisciplinare che intende promuovere il miglioramento del-le relazioni nel mondo del lavoro. Le professioni formative, in Paesicome la Germania, hanno una lunga tradizione di sostegno me-diante la supervisione, poiché da tempo è stato riconosciuto il pesodelle emozioni e delle proprie esperienze interiori, nonché dei vis-suti relazionali e di esperienza sociale che intervengono nel mo-mento del lavoro educativo. Dall’esperienza tedesca emerge che lasupervisione nella vita professionale dell’insegnante, dell’educatore,dell’assistente all’infanzia è divenuta una prassi utilizzata a più livel-li e con più scopi. Vi sono interventi di supervisione che possonoessere fatti con il singolo, quando le problematiche relazionali in-terpersonali creano una difficoltà personale, maggiormente utilizza-te sono le supervisioni di gruppo, che mirano a rielaborare le espe-rienze problematiche vissute nell’interazione in un contesto educa-tivo. Ambito privilegiato è la supervisione nella scuola, nella qualeviene privilegiato l’uso di una supervisione di gruppo con insegnan-ti appartenenti a scuole diverse. Qui gli insegnanti dal loro isola-mento e, mediante il gruppo, riescono a riflettere sui vissuti, rece-denti positivi o negativi, così come sui sentimenti a essi correlati.

I metodi e i modelli di supervisione sono molteplici, ma quelloche deve risultare chiaro è che la supervisione, pur somigliandoleper molti tratti, non ha i connotati e le caratteristiche della psicote-rapia, dalla quale, proprio per rigore metodologico e fini che si po-ne, prende le distanze in modo chiaro, così come non è un servi-zio di consulenza dalla quale si distingue per metodi e fini. Nelmomento che precede l’intervento di un supervisore, generalmenteè accaduto qualcosa di particolare o al singolo o al gruppo. Un au-mento di problemi e di discussioni all’interno di un gruppo, o dif-ficoltà tra settori o livelli di lavoro differenti, comunque un pro-

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blema sulle relazioni interne o con il mondo estero si è verificato.Il momento in cui si attiva la richiesta di supervisione è un mo-mento fondamentale per comprendere la motivazione e la neces-sità che sta alla base della richiesta di una supervisione. Già dal pri-mo colloquio il gruppo manifesta aspettative ben precise verso lasupervisione e mostra il proprio atteggiamento e la propria dispo-nibilità a entrare in un processo di analisi e ridefinizione, nonchédella messa in discussione di molti aspetti della propria relaziona-lità. Nel momento in cui il gruppo accoglie la proposta di inter-vento del supervisore, un altro passo importante è quello del con-tratto di supervisione, nel quale entrambe le parti devono impe-gnarsi in un percorso comune, pensato, progettato e condiviso.

Le forme che la supervisione può assumere sono diverse in ba-se alle opportunità di sostegno e di aiuto che essa può offrire. Vi èla supervisione “regolare”, se strutturale nel sistema, come può es-sere nei servizi sociali, “compatta”, quando viene concentrato unlavoro di rielaborazione delle esperienze e dei vissuti in un brevee intenso tempo, a “rotazione”, se l’istituzione è composta da piùgruppi, viene fatta a turno, o “della crisi”, quando l’interventoemerge da una necessità per un problema ormai non più conteni-bile e la supervisione assume la forma consolatoria più che tra-sformativa. Nei diversi modi con cui viene praticata, di fonda-mentale importanza rimane la comunicazione che si sviluppa nelgruppo, la capacità del conduttore del gruppo di saper far espri-mere, contenere, dirigere, assorbire le emozioni che si creano, lacapacità di saper far emergere il vero problema che sottostà spessoa quello visibile, l’attenzione a creare un setting di lavoro funzio-nale e specifico agli obiettivi che con la progettazione dell’inter-vento si sono definiti.

675 Formazione professionale

La supervisione nelle professioni educative : potenzialità e risorse / Nando Belardi e Gerwald Wallnöfer. —Gardolo : Erickson, c2007. — 154 p. ; 24 cm. — (Professione insegnante). — Bibliografia: p. 149-154. —ISBN 978-88-7946-954-8.

Supervisione

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684 Servizi educativi per la prima infanzia

Bambini a disagio nel nido e nella scuola dell’infanzia Un percorso di formazione all’osservazione e all’intervento individualizzato

Barbara Ongari, Francesca Tomasi, Barbara Zoccatelli

La ricerca-azione costituisce una delle forme più avanzate dellametodologia nell’ambito dello sviluppo evolutivo, in quanto haconsentito di far fronte ad alcuni limiti intrinseci sia ai dispositividella sperimentazione classica sia a una pedagogia non sufficiente-mente supportata da dati di carattere empirico. In Italia, dagli anniSettanta, si è aperto un forte dibattito su questi limiti, sulle loroimplicazioni e quindi su come affrontarli. In particolar modo sonostati rilevati due ordini di svolte da dover compiere: da un lato lanecessità di superare l’ottica delle spiegazioni causali nella ricercaeducativa e, soprattutto, l’esigenza di colmare il forte iato tra teoriae prassi – in quanto i risultati delle indagini sperimentali non riu-scivano a esser utilizzati sul campo – dall’altro il disagio manifesta-to dai professionisti delle pratiche educative quotidiane, che la-mentavano l’assenza di competenze specifiche e strumenti idoneirispetto alla loro preparazione professionale.

La ricerca-azione fa dell’integrazione tra ricercatori e professio-nisti quel valore aggiunto senza il quale la teoria continuerebbe arestare all’interno dell’accademia e la pratica a muoversi solo in ri-ferimento a se stessa (a ciò consegue l’autoreferenzialità della rea-lizzazione di progetti educativi). All’interno della ricerca-azione, daun lato i professionisti si rendono disponibili a diventare fonti at-tendibili di dati, dall’altro la ricerca può costituire per i professio-nisti momento di conoscenza. Inoltre, la ricerca mette a disposi-zione quegli strumenti e quelle strategie che consentono di incre-mentare l’efficienza dell’operatività prima ancora che dell’efficacia.

Con questo testo si intende portare una sintesi dell’esperienzadi ricerca-azione che ha visto la realizzazione di un lavoro integra-to tra ricercatori universitari e professionisti del contesto educativoprescolare. Tale progetto ha avuto luogo nel periodo che va dal1999 al 2005, come progetto attivato nell’ambito dei Servizi educa-tivi della prima e seconda infanzia dalla Provincia autonoma diTrento, in collaborazione con il gruppo di formazione e ricerca del

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Dipartimento di scienze umane e sociali dell’Università degli studidi Trento. L’obiettivo della ricerca-azione è stato quello di rilevaresituazioni di disadattamento e disagio socioaffettivo e di interveni-re in termini preventivi rispetto alle stesse. Il tema della prevenzio-ne in questo ambito rappresenta un momento di particolare rile-vanza in quanto le problematiche socioaffettive manifestate dalbambino prescolare possono essere considerate un indicatore di unpossibile rischio nello sviluppo, rendendo necessari, oltre che op-portuni, interventi pronti e tempestivi.

La cornice teorica entro cui si muove questa esperienza è lateoria dell’attaccamento, nello specifico l’analisi degli aspetti emo-tivi ed evolutivi nell’età 0-6 è stata svolta attraverso l’analisi narrati-va dei modelli operativi interni, i quali, alla luce della teorizzazio-ne di Bowbly, sono considerati all’origine della costruzione e delfunzionamento delle rappresentazioni simboliche della realtà daparte del bambino. La ricerca-azione è stata svolta attraverso l’uti-lizzo congiunto di due strumenti osservativi sistematici con l’in-tento di ottenere un quadro informativo sul bambino il più com-pleto ed esauriente possibile.

Il testo si rivolge a tutti coloro che sono interessati a come farericerca quando ci si muove all’interno della metodologia della ri-cerca-azione, e a tutti quei professionisti che lavorano nei contestieducativi che intendono operare secondo un rigore scientifico.

684 Servizi educativi per la prima infanzia

Bambini a disagio nel nido e nella scuola dell’infanzia : un percorso di formazione all’osservazione eall’intervento individualizzato / Barbara Ongari, Francesca Tomasi, Barbara Zoccatelli. — Azzano SanPaolo : Junior, 2007. — 206 p. ; 21 cm. — In testa al front.: Provincia autonoma di Trento, Assessoratoall’istruzione e alle politiche giovanili. — Bibliografia: p. 195-205. — ISBN 978-88-8434-331-3.

1. Asili nido – Bambini piccoli – Disagio – Prevenzione – Progetti – Trento (prov.)2. Scuole dell’infanzia – Bambini in età prescolare – Disagio – Prevenzione – Progetti – Trento (prov.)

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700 Salute

Fondamenti di educazione alla salute Teorie e tecniche per l’intervento psicologico in adolescenza

Angela Guarino

L’Organizzazione mondiale della sanità ha definito la salute co-me «uno stato di completo benessere fisico, psichico e sociale enon semplice assenza di malattia», dando un mandato specifico alcampo dell’educazione e della promozione della salute. Educarealla salute non include solo un’attività di istruzione e altre strategieper cambiare il comportamento della salute individuale, ma anchesforzi organizzativi, direttive politiche, supporti economici, attivitàambientali, mass media e programmi a livello di comunità. Qual-siasi intervento sulla salute deve partire dal concetto di rischio. Trala relazione fra percezione del rischio e comportamenti di salute,emerge una distinzione tra quelli che sono i processi cognitivi chedeterminano la percezione del rischio, quelli che sono i comporta-menti non salutari e che definiscono l’assunzione del rischio e itratti di personalità che intervengono nella propensione al rischio.

A partire dai diversi modelli interpretativi del rapporto tra sog-getto e percezione della propria salute e comportamento, si com-prende che dal punto di vista educativo si deve lavorare a più livel-li. Uno dei momenti della vita in cui il rischio è maggiormentepresente negli stili di comportamento del soggetto è durante l’ado-lescenza. In questo periodo le aree di rischio possono essere consi-derate come costellazioni dinamiche di comportamenti potenzial-mente e oggettivamente pericolosi, sia verso la propria salute fisica,l’equilibrio psicologico, l’integrità del proprio ruolo sociale ecc.,che intersecandosi tra loro aumentano il loro potenziale. L’uso el’abuso di sostanze alcoliche, l’uso e l’abuso di sostanze psicotro-pe, gli agiti violenti contro se stessi e gli altri, ma anche le diffi-coltà relazionali, la scarsa e l’eccessiva attività fisica, sono tuttearee del rischio che devono essere al centro del lavoro educativo.Per poter definire degli interventi efficaci e funzionali, le diversearee del rischio sono state raccolte in tre macroaree che contengo-no al loro interno tutti i diversi comportamenti problematici: lamacroarea della scuola, la macroarea degli incidenti stradali e degli

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agiti violenti e la macroarea della salute. Questa distinzione per-mette di intervenire in modo globale sul soggetto e di agire in mo-do sistemico nella direzione di un’educazione al benessere e allasalute. Rispetto alle altre nazioni, l’Italia mostra una serie di gravimancanze nell’ambito dei comportamenti a rischio, del benesserein campo scolastico e del benessere materiale e questa situazionesembra essere ben percepita dai ragazzi che nelle indagini dichiara-no di valutare basso il proprio stato di benessere. Per raggiungeremigliori risultati sia nei comportamenti che nel valore da dare allapropria salute, gli interventi con gli adolescenti devono utilizzaremetodi e tecniche di intervento che siano profondamente educati-vi e formativi. Tra questi quelli specifici per l’età evolutiva sonoesemplificabili nell’Information Giving Model, nel metodo della Peere Dispeer Education, nel lavoro sulle Life Skills Education, Empower-ment e Self-Empowerment. Non vi è una tecnica migliore delle altre,ma ognuna mira a raggiungere la prevenzione o dismissione dicomportamenti a rischio e la presa di coscienza della propria au-toefficacia nel prendersi cura della propria salute. Compito dell’e-ducatore è quello di saper scegliere di volta in volta il metodo mi-gliore per raggiungere i fini che si prefigge a seconda delle aree dirischio su cui intende lavorare.

700 Salute

Fondamenti di educazione alla salute : teorie e tecniche per l’intervento psicologico in adolescenza / AngelaGuarino. — Milano : F. Angeli, c2007. — 252 p. ; 23 cm. — (Educare alla salute. Sez. 1 ; 2). —Bibliografia: p. 223-252. — ISBN 978-88-464-8564-9.

Adolescenti – Educazione alla salute

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728 Disabilità

Polinrete Il lavoro in rete tra servizi per persone disabili

Davide Miotto (a cura di)

Recentemente la strategia della rete ha assunto un valore sem-pre più rilevante all’interno delle politiche sociali, soprattutto invirtù di una sempre maggiore necessità da parte degli enti deputatialla gestione dei servizi di contrarre le risorse economiche. La retecostituisce infatti una delle strategie per far fronte all’esigenza dievitare l’equivalenza tra riduzione della spesa e riduzione dei servi-zi e per permettere il difficile equilibrio tra razionalizzazione equalità delle prestazioni.

All’interno di tale cornice il progetto Polinrete si pone come unadelle possibili strade per elevare la qualità dell’offerta valorizzandoe mettendo in rete risorse di eccellenza di vari servizi. Il concettodi rete, che segna il punto di partenza del progetto, ma ne caratte-rizza anche tutto il suo sviluppo, è quello relativo all’interconnes-sione dei servizi afferenti a un sistema organizzato di welfare. Larete non è “buona” di per sé, infatti, può avere una funzione di so-stegno sociale, ma può anche avere un ruolo di mantenimento del-lo status quo dei ruoli. Nella storia dell’applicazione della rete comestrategia propria delle politiche sociali questa ottiene generalmentel’effetto di inserire l’utente nel “punto” della rete ritenuto il più ri-spondente ai bisogni della persona, espressi dalla categoria che essorappresenta: da qui ciò che può rappresentare un buon punto diarrivo per una corretta presa in carico del servizio adeguato ai biso-gni della persona può divenire, in un secondo momento, un osta-colo, in quanto rappresenta l’unica risposta deputata a risolvere levarie e differenziate domande della persona assistita. A questo li-mite il progetto Polinrete risponde con il principio di flessibilità deiservizi, dove questi rispondono alle variabili individuali del biso-gno senza necessità di costituirsi ad hoc, ma considerando di reperi-re presso le altre risorse delle rete ciò di cui c’è bisogno.

Questo testo presenta la realizzazione del progetto Polinrete, in-tervento finanziato dalla Fondazione Umana Mente tra il 2003 e il2006, volto all’integrazione di 11 cooperative afferenti a due diver-

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se reti di secondo livello, Consorzio Gino Matterelli e Federazionedell’impresa sociale, per la realizzazione di dieci diversi progetti.La strategia della rete ha puntato sulla valorizzazione e messa inrete dei servizi esistenti: dall’arte all’informatica, dai soggiorni resi-denziali al tempo libero, le attività eccellenti dei servizi sono staterese accessibili a operatori e utenti della rete. Punto in comune tratutte le realtà che hanno partecipato al progetto e, dunque, di tuttele attività realizzate, è il principio del progetto educativo persona-lizzato, a partire dal quale si muovono tutti i processi di individua-zione di opportunità che, se per Polinrete sono circoscritte a 23 ser-vizi, in un’applicazione estesa sono rappresentate dall’intero patri-monio di servizi e risorse di una comunità territoriale.

Nel biennio di realizzazione il progetto ha coinvolto oltre 100operatori. Al di là delle conoscenze tecniche acquisite da questi afronte dei percorsi formativi attivati, la possibilità di interagire traeducatori di diversa appartenenza ed esperienza ha permesso dimoltiplicare le risorse di cui gli operatori possono usufruire, per-tanto laddove sia costruito un percorso educativo individualizzatol’offerta di servizi “cammina” lungo tutta la rete di servizi, di voltain volta individuando i punti di snodo che meglio in quel momen-to sono in grado di rispondere alle esigenze dell’utente.

Il volume racconta il progetto articolando due punti di vista:da un lato la realizzazione e la valutazione da parte degli psicologi,sociologi ed economisti, dall’altro le riflessioni scaturite in meritoal rapporto persona disabile / servizi, al ruolo delle famiglie, allarealtà degli educatori, all’imprenditorialità delle cooperative.

728 Disabilità

Polinrete : il lavoro in rete tra servizi per persone disabili / a cura di Davide Miotto. — Milano : F. Angeli,c2007. — 224 p. ; 23 cm. — (Politiche e servizi sociali ; 222). — Bibliografia ed elenco siti web: p. 201-208. — ISBN 978-88-464-8218-1.

Servizi per disabili – Lavoro di rete – Lombardia

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734 Consumo di alcolici e alcolismo

L’abuso di alcol in adolescenza L’illusione di un confronto, la certezza di un inganno

Graziamaria De Rugeriis (a cura di)

Il volume presenta un’indagine condotta su un campione rap-presentativo di giovani della regione Marche relativamente all’au-tovalutazione del proprio comportamento e delle proprie opinioninei confronti dell’alcol. L’ipotesi di partenza era che attraverso uninvito alla valutazione dei comportamenti e il riconoscimento deirischi connessi a stili di consumo pericolosi i giovani potesserocambiare atteggiamento.

Si è somministrato un questionario semistrutturato a 970 ragazzitra 17 e 20 anni che frequentano le ultime classi degli istituti supe-riori. La ricerca prevedeva un’analisi del territorio con incontri pre-liminari con i ragazzi e una fase di restituzione degli esiti del que-stionario con incontri tra ricercatori e rappresentanti dei ragazzi.

Il campione è composto per oltre la metà da ragazze, con unaetà prevalente di 18 anni. La quasi totalità dei ragazzi intervistati sifrequenta durante il pomeriggio e l’attività prevalente è parlare congli amici. Quasi un terzo del campione dichiara di avere l’abitudinedi bere, e la frequenza è maggiore quando esce in compagnia diamici, cosa che fa pensare a una ritualità dello stare assieme confer-mata dal fatto che il pub è il luogo preferito per gli incontri. I ra-gazzi sono consapevoli che non ci sono ragioni biologiche che in-ducono a bere e attribuiscono il comportamento a scelte personali.Ritengono che si beve perché l’alcol dà una sensazione di piacevo-lezza e facilita i rapporti con gli altri. Tra gli alcolici le preferenzevanno al vino e alla birra, ma sono rilevanti anche i superalcolici.Le risposte sugli effetti avuti dopo aver bevuto troppo, vanno deci-samente (quasi il 50%) verso malessere fisico (vomito). Sono molti iragazzi che si rendono conto della pericolosità del bere e deglisvantaggi che questo provoca, ma richiedono anche maggiore infor-mazione e sensibilizzazione sui pericoli dell’abuso di alcol; tendo-no inoltre ad associare il bere ai pericoli di devianza connessi all’u-so delle droghe, mostrando una certa sensibilità rispetto a pericolifisici e psicologici legati all’abuso di alcol. Secondo la metà degli

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intervistati la conoscenza dei rischi non è un deterrente sufficienteper persuadere a non utilizzare l’alcol e la percezione dei pericolimaggiori legati all’uso di alcol è prevalentemente il rischio fisico(incidenti, stare male ecc.). Sono poche le conoscenze relativamentealla presenza di strutture pubbliche per curare la dipendenza da al-col e i pochi suggerimenti per interventi di recupero vanno verso lacreazione di gruppi di autoaiuto. Quasi il 90% conosce la presenzadi strumenti per valutare il grado alcolemico del sangue e ritiene in-teressante la possibilità di valutare la presenza di alcol dalla saliva,oltre il 50% dichiara di essere disponibile a una misurazione dell’al-col e sono il 2% quelli che dichiarano di aver utilizzato strumentidi misurazione. Oltre il 60% vorrebbe essere assistito da una perso-na competente, mentre circa il 35% vorrebbe farlo da solo. I ragaz-zi ritengono inoltre che la discoteca sarebbe il luogo preferito per lamisurazione del tasso di alcolemia.

La rappresentazione fatta dai ragazzi evidenzia il bisogno diutilizzare gli alcolici come strumento per favorire la socialità e ri-sponde al bisogno di facilitare i rapporti, soprattutto nel periodoadolescenziale. La situazione di fragilità emotiva conseguente allaperdita delle certezze affettive dell’infanzia può indurre a ricercarenuovi elementi di prova attraverso l’uso dell’alcol. I ragazzi intervi-stati hanno mostrato la capacità di riconoscere gli elementi di ri-schio connessi all’uso di alcol e la capacità di costruire relazionipositive, soprattutto se sostenuti da una presenza adulta in gradodi ascoltarli.

734 Consumo di alcolici e alcolismo

L’abuso di alcol in adolescenza : l’illusione di un confronto, la certezza di un inganno / a cura di GraziamariaDe Rugeriis. — Roma : Carocci Faber, 2007. — 117 p. ; 22 cm. — (Laboratorio ; 8). — Bibliografia: p.111-116. — ISBN 978-88-7466-507-5.

Alcolici – Consumo da parte degli adolescenti

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742 Gravidanza

Concepire la nascita L’esperienza generativa in prospettiva pedagogica

Elisabetta Musi

Sebbene la nascita sia un processo che prima ancora di riguar-dare il figlio segna in maniera indelebile la biografia personale e dicoppia, la maggior parte delle pubblicazioni in questo settore è perlo più orientata all’esito della scelta procreativa, cioè la venuta delfiglio. La gravidanza e il parto sono da sempre al centro di studispecialistici in particolare negli aspetti che riguardano la condizio-ne psicofisica della donna.

A partire da tale scenario il testo propone uno scarto di pro-spettiva che pone centralità al valore iniziatico che la nascita assu-me per il ruolo genitoriale. Si tratta di uno studio focalizzato a ri-portare l’attenzione della nascita sugli aspetti educativi che l’ac-compagnano, tenendo conto della costruzione sociale e culturaledella maternità e della paternità, del tempo che precede e interessala gravidanza, il parto, l’allattamento quali tappe di maturazionedella funzione genitoriale, in cui entrambi i genitori sono chiamatia mettersi in gioco, pur nelle rispettive differenze di identità di ge-nere e di biografia personale. Lo studio parte dall’assunto che lafunzione educativa genitoriale vada considerata alla luce di un’in-terpretazione pedagogica della nascita, da cui trae forma un ripen-samento esistenziale della condizione umana in grado di illumina-re e sostenere l’ingresso nel ruolo genitoriale. La nascita qui è con-siderata all’interno di una logica di tipo processuale, tesa a rilevarela transizione dalla coppia alla nuova famiglia, e dalla nuova fami-glia alla società. Per fare ciò la lettura pedagogica deve necessaria-mente entrare in dialogo con discipline altre, quali la psicologia,l’antropologia, la sociologia, la storia e la medicina, per definire ifondamenti di una cultura della nascita che abbracci il percorsoesistenziale che il ruolo genitoriale è chiamato a fare. Per entrareall’interno di una cultura pedagogica della nascita è necessario chenon solo i genitori riscoprano una dimensione spirituale e creativa,ma che anche tutti i soggetti che interagiscano con questa esperien-za – le famiglie di origine, le reti amicali e il sistema dei servizi del-

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le politiche sociali – possano scorgervi la propria responsabilitànella costruzione del senso della nascita come evento complessoche riflette l’intreccio delle diverse prospettive con cui è possibileaccostarla (ad esempio parlare di “maternità” implica porre l’accen-to sull’esperienza della nascita dal punto di vista della madre).

Il testo si articola in due parti. Una prima parte teoretica hauna funzione introduttiva e fornisce il lessico propedeutico e ilquadro epistemologico di riferimento, a partire dal quale vengonoproposti i costrutti attraverso cui cogliere le potenzialità formativedi una riflessione sulla nascita.

La seconda parte tratteggia il precipitato operativo, ossia si con-centra sulla gestazione e sul divenire della relazione genitori-figlio,considerando i sentimenti che scandiscono l’accoglienza di unanuova creatura e quindi un nuovo progetto familiare.

Approfondimenti specifici sono dedicati alla sapienza del cor-po materno, alla necessaria presenza del padre come esperienza ge-nerativa, alle trasformazioni radicali che il ruolo genitoriale incon-tra per trasformare il “bambino ideale” nel “bambino reale”, e a co-struire quel processo di separazione che porterà i genitori a “conse-gnare il figlio al mondo”.

Il testo si rivolge a tutti i professionisti che gravitano attorno alprocesso di nascita (genitori, medici, personale infermieristico,ostetrico, educativo), agli operatori che si occupano di politiche so-ciali e sanitarie.

742 Gravidanza

Concepire la nascita : l’esperienza generativa in prospettiva pedagogica / Elisabetta Musi ; presentazione diVanna Iori. — Milano : F. Angeli, c2007. — 254 p. ; 23 cm. — (Scienze della formazione. 1, Manuali ;12). — Bibliografia: p. 241-254. — ISBN 978-88-464-8435-2.

Nascita – Pedagogia

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762 Sistema nervoso - Malattie. Disturbi psichici

Comunicazione e reciprocità socialenell’autismo Strategie educative per insegnanti e genitori

Kathleen Ann Quill (a cura di)

Leo Kanner (1894-1981) pubblica un contributo scientifico nel1943 su una rivista specializzata che dà origine all’attuale diagnosidi “autismo infantile”. Leo Kanner è un medico pediatra e psichia-tra austriaco emigrato negli Stati Uniti nel 1924, il primo a ricopri-re in quel Paese il ruolo di psichiatra infantile presso l’ospedale pe-diatrico Johns Hopkins Hospital di Baltimora, divenendo professo-re associato dell’omonima università nel 1933. Nel 1935 pubblicail primo trattato di psichiatria infantile edito in lingua inglese. L’or-mai celeberrimo Autistic disturbances of affective contact, titolo origi-nale dell’articolo, in italiano può essere reso secondo varie possibi-lità. Il nucleo sottostante di ogni variante riguarda comunque i “di-sturbi” che evidenziano una chiusura (autistica) alle relazioni, co-municazioni, emotive, affettive, sociali (affective contact). Una chiu-sura presente fin dall’inizio della vita del soggetto. L’autrice, do-cente per molti anni al Lesley College dell’Università del Massa-chusetts di Boston, è direttrice di un Istituto per soggetti autisticinegli USA (Essex). Ha dunque una lunga esperienza di studio, ricer-che, didattica e formazione di operatori nell’ambito della diagnosie trattamento. Nell’impostare la struttura del volume, dedicato aeducatori, genitori, studenti interessati a queste tematiche, Kath-leen Ann Quill è partita proprio dal lavoro di Leo Kanner. Oltrecinquant’anni sono trascorsi. Numerose ricerche e studi hanno da-to origine a teorie spesso contrastanti tra loro, fino a diventare“metodi” che a volte si sono trasformati in “mode”, come sottoli-neano nella presentazione all’edizione italiana i curatori e tradutto-ri Susanna Villa e Giacomo Vivanti, non “metodologie e tecniche”,come auspica il libro, scientificamente validate allo scopo di «lavo-rare seriamente per il benessere dei bambini con autismo».

Alla luce di queste considerazioni, l’autrice ha costruito un te-sto disposto in tre parti. Nella prima, vengono esposte al lettore le“prospettive sull’autismo” che emergono da ricerche e studi più at-tuali, ma anche dai materiali prodotti da soggetti autistici che han-

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no avuto modo di riflettere autobiograficamente su se stessi, comeil caso di Temple Grandin. Non mancano i riferimenti, in questaprima parte, alle esigenze dei genitori, alle strategie per insegnare aibambini con autismo. La seconda e terza parte sono complemen-tari. In una, si illustrano metodologie per promuovere lo sviluppodella comunicazione nei bambini autistici. Si espongono strategienon verbali, per i soggetti che purtroppo non ricorrono al linguag-gio verbale, così come per i soggetti ecolalici (bambini autistici chevivono nella dimensione delle ripetizioni stereotipiche, prive di va-lore comunicativo, diciamo vuote). Due capitoli dedicati ciascunoai bambini autistici che usano il linguaggio e per lo sviluppo delleinterazioni sociocomunicative concludono questa seconda parte.L’ultima sezione è dedicata alla promozione della “reciprocità so-ciale”, l’altra assenza grave notata da Kanner. L’uso strategico digiochi, situazioni sociali, capacità di flessibilità e abilità di risolu-zione di problemi nel comportamento sociale, insieme a sistemiper insegnare l’autocontrollo concludono il volume. Gli autori diciascuno dei dodici capitoli sono studiosi, ricercatori, ma soprat-tutto esperti che hanno lavorato sul campo e quindi arricchisconodi schede, prove, materiali didattici, esemplificazioni i loro contri-buti, al fine di renderli utilizzabili a seconda degli interessi dei let-tori.

762 Sistema nervoso - Malattie. Disturbi psichici

Comunicazione e reciprocità sociale nell’autismo : strategie educative per insegnanti e genitori / Kathleen AnnQuill (a cura di) ; edizione italiana a cura di Giacomo Vivanti e Sara Congiu. — Gardolo : Erickson,c2007. — 387 p. ; 24 cm. — (Guide per l’educazione speciale). — Trad. di: Teaching children withautism. — Bibliografia. — ISBN 978-88-6137-016-6.

Bambini autistici – Comunicazione interpersonale e socializzazione

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762 Sistema nervoso - Malattie. Disturbi psichici

Sindrome di Asperger e autismo Una guida per i genitoriCome affrontare le sfide e aiutare tuo figlio ad avere successo

Sally Ozonoff, Geraldine Dawson, James McPartland

Hans Asperger (1906-1980) pubblica, nel 1944, un articolo suuna rivista specializzata di lingua tedesca su quattro casi osservatiper i quali utilizza la definizione di “psicopatia autistica”. Il suostudio rimane sconosciuto al mondo scientifico internazionale fi-no al 1981. Lorna Wing, studiosa inglese dell’Unità di psichiatriasociale, dell’Istituto di psichiatria di Londra (MRC Social PsychiatryUnit, Institute of Psychiatry, London), pubblica un contributo pro-prio in quello stesso anno dal titolo La sindrome di Asperger che nediffonde la conoscenza. Da allora si sono intensificate le ricerche,così come le indicazioni pratiche, i suggerimenti anche per i nonaddetti ai lavori. Un esempio è il libro di Sally Ozonoff (professo-re associato della cattedra di Psichiatria dell’Istituto MIND dell’Uni-versità della California, a Davis), Geraldine Dawson (professore diPsicologia e direttore dell’Autism Center dell’Università di Wa-shington) e del suo collaboratore James McPartland (dottorando inpsicologia clinica e dello sviluppo dell’Università di Washington).Un libro che si propone come “una guida per i genitori”. Il lettoreviene subito introdotto alla natura della sindrome di Asperger e al-l’autismo cosiddetto ad “alto funzionamento”. Il punto di partenzaè l’illustrazione mediante casi esemplificativi. Joseph, bambinosempre considerato brillante, si esprime in maniera adulta e moltogentile. «Ad esempio, quando la madre gli offriva uno spuntino alcinema Joseph rispondeva: – No, grazie, le M&M’s non sono tra imiei snack preferiti». Joseph impara a leggere da solo ad appena treanni, interessandosi di geografia e scienza. Ma resta privo di inte-resse per giocattoli e passatempi preferiti tipici della sua età. Clintè un ingegnere di circa trenta anni che, pur brillante, non riesce atrovare e mantenere un lavoro, a causa della «sua goffaggine socia-le e i suoi commenti rudi verso i colleghi tipo: – Alza il sedere efai questo». Lauren è un’adolescente con «l’aspetto di una modella.Adora ancora le sue Barbie e colleziona ogni nuovo modello e co-stume». Risulta una studentessa eccellente, con voti alti in mate-

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matica e fisica, ma è completamente isolata dai compagni e di que-sto fatto non mostra alcuna preoccupazione o interesse. Cosa cheinvece angustia giustamente i genitori: la madre giunge a piangereun’intera serata per non essere riuscita a convincerla a uscire con icompagni a una festa studentesca per la quale aveva comprato unbel vestito alla figlia.

Ecco alcune delle caratteristiche della sindrome di Asperger:persone attive, intelligenti, brillanti, a volte anche geniali, ma cheappaiono “strane”, soprattutto con sistematiche difficoltà nelle in-terazioni sociali. «Il loro comportamento in pubblico può talvoltasembrare inappropriato o imbarazzante quando, oltre al mancatouso di certi convenevoli, violano chiaramente certe convinzioni so-ciali, come non tenere certe opinioni per sé o trattenersi dal chie-dere questioni troppo personali». Si tratta di soggetti che non sem-brano capire i sentimenti o i punti di vista degli altri con cui inte-ragiscono. La comunicazione di queste persone spesso presenta unvocabolario ricco, di qualità, tuttavia dall’aspetto troppo formale,quasi pedante. Joseph, un bambino di sette anni, usa «molte affer-mazioni simili a quelle di un professore». Oltre agli aspetti lingui-stici e comunicativi, risultano limitati gli interessi ed emergonocomportamenti inusuali. Quali le potenzialità, cosa accade a que-ste persone nel loro futuro, come si inseriranno nei contesti scola-stici, professionali, affettivi, sociali? Il libro fornisce una guida, ba-sata sui risultati delle ricerche condotte dagli autori.

762 Sistema nervoso - Malattie. Disturbi psichici

Sindrome di Asperger e autismo : una guida per i genitori : come affrontare le sfide e aiutare tuo figlio ad averesuccesso / Sally Ozonoff, Geraldine Dawson, James McPartland. — Roma : Armando, c2007. — 191 p. ;24 cm. — (Collana medico-psico-pedagogica). — Trad. di: A parent’s guide to Asperger syndrome andhigh-functioning autism. — Bibliografia: p. 183-190. — ISBN 978-88-6081-129-5.

Autismo e sindrome di Asperger – Guide per i genitori

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762 Sistema nervoso - Malattie. Disturbi psichici

Vivere con un bambino autistico

Alfred Brauner, Françoise Brauner

La letteratura specialistica e divulgativa sull’autismo è in costan-te crescita. Ne sono testimonianza il numero di libri pubblicati sul-l’argomento, le riviste specializzate (soprattutto in lingua inglese),ma anche testi manualistici per educatori, genitori e quanti altrioperano in questo settore. A questa enorme quantità di materialicui è più o meno facile accedere, fa riscontro una difficoltà “strut-turale” a creare accumulazione di conoscenze, metodi e tecnichedi intervento. Spesso si ha l’impressione di filoni che procedonoparallelamente. Questa sensazione si intensifica leggendo questo li-bro pubblicato per la prima volta in francese nel 1978, tradotto initaliano nel 1980 e ora riproposto dallo stesso editore. Perché untesto a quasi trent’anni dalla sua comparsa su un argomento cheproprio in questi ultimi decenni è balzato anche all’attenzione delgrande pubblico, anche dei non addetti o di coloro che non vi so-no coinvolti? La risposta si trova accostandosi allo studio del librosenza preconcetti, con la volontà di capire cos’è l’autismo e comeè possibile intervenire in soggetti che soffrono dentro o vicino aquesto universo peraltro misterioso. Nella prefazione, gli autoriesprimono la loro forza polemica contro quella che allora era unadelle prospettive teoriche e d’intervento considerata più illustre epromettente: le ricerche di Bruno Bettelheim (nato a Vienna nel1903 e morto suicida negli Stati Uniti nel 1990). Una figura senzadubbio ricca di luci e ombre (come si può leggere negli studi sullasua vita e le sue opere), ma certo molto criticato nella prefazionedegli autori, come il lettore può facilmente constatare di persona.Si può essere d’accordo o pienamente in disaccordo con le opinio-ni e i giudizi espressi dagli autori. Ma queste opinioni dovrebberoessere lasciate sullo sfondo per poter approfondire il significatodelle cose scritte nei cinque capitoli del libro.

Nel primo capitolo, dedicato alle “difficoltà fondamentali rela-tive all’autismo infantile precoce”, sul piano della diagnosi e dellecause (eziologia), il lettore trova il nocciolo concettuale di quanto

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si pensa ancora oggi al riguardo: la difficoltà di fare diagnosi preci-se, nonostante il supporto di strumenti diagnostici molto più sofi-sticati di allora, e soprattutto di dare risposte sicure ai perché del-l’autismo. Da cosa deriva? Quanto pesano gli eventuali fattori ge-netici, o addirittura si tratta essenzialmente proprio di cause geneti-che? Quanto e cosa può migliorare la vita di coloro che soffronodi autismo? Quale il ruolo della famiglia e come può essere soste-nuta nell’affrontare quella che qualunque genitore all’inizio vedecome una tragedia senza speranze? Il testo presenta la realtà quoti-diana di questi bambini “senza linguaggio”, “senza comunicazio-ne”, o “con linguaggio” ma “utilizzato a vuoto”: “l’incredibile stra-nezza del linguaggio autistico”. Bambini che parlano «anche mol-to, ma senza mai verificare se vengano compresi: d’altra parte, essinon esprimono alcuna idea e non si sforzano affatto di farsi capi-re». E in questo terreno il lettore è accompagnato a cercare di capi-re alcune delle caratteristiche di questo linguaggio autistico, consuggerimenti sulle tecniche adottate nel Centro diretto dai due au-tori. Il secondo capitolo consente anche a chi non ha mai visto ca-si di autismo di avvicinarsi alle particolarità del comportamentoautistico. L’angoscia dell’immutabilità manifestata con un rifiutoossessivo e angosciato di ogni cambiamento dell’ambiente circo-stante. I movimenti stereotipati della testa, le smorfie, l’andatura, igesti con le mani, il dondolio, il sonno, i rituali, l’autoaggressività:insomma, frammenti della vita di tutti i giorni mediante i quali illettore può avere un’idea del mondo autistico e di come è possibi-le penetrarvi per aiutare coloro che vi stanno dentro a cercare divenirne fuori.

762 Sistema nervoso - Malattie. Disturbi psichici

Vivere con un bambino autistico / Alfred Brauner, Françoise Brauner. — Firenze : Giunti, c2007. — 255 p. ; 20 cm. — (Psicologia). — Trad. di: Vivre avec un enfant autistique. — ISBN 978-88-09-04114-1.

Bambini autistici

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764 Disturbi dell’alimentazione

Come un chiodo Le ragazze, la moda, l’alimentazione

Giovanna Melandri

La politica deve essere a servizio dei propri cittadini, di tutti,anche di quelli giovani e che fanno fatica a vedere in essa il risvol-to positivo della sua azione nella propria vita. Per gli adolescentisofferenti, con un disturbo pervasivo del corpo e della mente, co-me lo sono i disturbi alimentari, può non essere immediato perce-pire la funzione che possono, e che vorrebbero avere, le realtà so-ciali che li circondano. Affrontare gli adolescenti e far emergerequei vissuti minuti, frammentati nella propria breve esistenza, mache hanno una forza incredibile nel lanciarti verso il baratro, in ve-rità non è per niente semplice. Le istituzioni sentono forte questomandato, perciò, tentano di prendere in carico i fenomeni proble-matici, autolesionistici, di espressione della propria difficoltà che iragazzi rimandano. Un evento significativo in tal senso si è avutonel momento in cui le istituzioni, gli esperti delle problematichedello sviluppo e gli operatori del settore moda si sono incontratiper dare vita al Manifesto di autoregolamentazione della moda italianacontro l’anoressia. Che il problema degli adolescenti che vivono ildisturbo anoressico non nasca da una immagine offerta dai massmedia e dal campo della moda è ormai consapevolezza condivisa,ma che questo sia un campo da cui si può partire per lavorare conloro è altrettanto vero, anche, e soprattutto, perché a questo pianodi azione si è sviluppato un lavoro interministeriale, tra ministeridelle Politiche giovanili e dello sport, dell’Istruzione e della Salute,per svolgere un’azione educativa e di promozione del benessereche possa incidere sul soggetto adolescente in modo globale.

Dal punto di vista clinico è sempre più condiviso il presuppostoche per poter comprendere i disturbi del comportamento alimenta-re occorre assumere un’ottica complessa e multifattoriale. Non sipuò più parlare di motivazioni univoche, né sul piano organico, nésul piano specificamente psicologico, né, a maggior ragione, sul pia-no ambientale. Sono parti di tutti questi fattori messi insieme cheincidono sul soggetto e sulla rappresentazione mentale del proprio

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corpo e della sua cura. Allo stesso tempo, se si vogliono fare degliinterventi preventivi efficaci e realmente incisivi, va costruita unastrategia che tenga di conto di tutti questi fattori messi insieme.Non bisogna scordarsi che questa è una patologia mortale, che af-fligge centinaia di migliaia di adolescenti e il lavoro di prevenzionedeve essere perseguito con forza e determinazione. Il dato che solouna minima parte arriva al livello di “non ritorno” (purtroppo pre-sente nel meccanismo psichico) nel quale neppure più le cure rie-scono a incidere, ci conferma che è una malattia dalla quale si puòguarire e per la quale si può intervenire anche preventivamente ocomunque dove le cure devono essere praticate in modo tempesti-vo per evitare la cronicizzazione del disagio. Questo attribuisceun’importante responsabilità a tutte quelle figure con cui gli adole-scenti si relazionano, insegnanti, genitori, medici, educatori. Nonsono solo questi i contesti di riferimento che gli adolescenti vivono,soprattutto mentalmente, ed è proprio da qui che nasce l’idea dicoinvolgere quei settori indirettamente educativi, ma che incidonofortemente sulle immagini culturali e di senso dei giovani. Proprioda qui è nato il coinvolgimento del mondo della moda, che ha ri-sposto dandosi delle regole, a partire da un monitoraggio delle con-dizioni di salute delle modelle e parametrando con standard di qua-lità le fattezze delle donne che sfilano in passerella e promuovendoun’immagine della donna diversa. Rilanciare la bellezza femminilecome modello sano, solare, mediterraneo, può essere un primo pas-so verso una nuova riflessione creativa sui modelli estetici diversifi-cati, che possa rispondere meglio alle donne reali e alla loro bellez-za, partendo da almeno uno dei segmenti del confine del problemaper giungere ad affrontarne il centro.

764 Disturbi dell’alimentazione

Come un chiodo : le ragazze, la moda, l’alimentazione / Giovanna Melandri ; in collaborazione conBenedetta Silj ; in appendice il “Manifesto nazionale di autoregolamentazione della moda italianacontro l’anoressia”. — Roma : Donzelli, c2007. — 137 p. ; 17 cm. — (Saggine ; 99). — Bibliografia: p.129-132. — ISBN 978-88-6036-132-5.

Disturbi dell’alimentazione – Prevenzione – Politiche sociali – Italia – 2006

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803 Politiche sociali

La regolazione locale delle politichesociali Un percorso d’analisi

Alessandro Martelli

L’autore, ricercatore esperto in trasformazione e organizzazionelocale del welfare, propone un contributo di riflessione sui cambia-menti attivati con l’attuale stagione di riforma della protezione so-ciale, soffermandosi in particolar modo su quelli collegati alla suadimensione territoriale e locale.

Numerosi fattori di varia natura, politica, culturale, normativa efinanziaria, sono intervenuti negli ultimi anni a modificare l’orga-nizzazione e gli assetti delle politiche sociali, sia a livello nazionaleche a livello locale. In particolare si è verificata un’accentuata terri-torializzazione del sistema dei servizi e degli interventi, soprattuttoin relazione all’assistenza, materia tradizionalmente di competenzadelle municipalità e delle comunità locali. La territorializzazionedelle politiche sociali si pone come nuova frontiera del welfare,che si va riformando secondo una prospettiva municipale e comu-nitaria, che si collega alla storia riformistica degli ultimi decennidove si è assistito a una progressiva deistituzionalizzazione degliinterventi e a sperimentazioni programmatorie sul territorio.

A partire dalla seconda metà degli anni Novanta questo pro-gressivo decentramento ha ridisegnato e accentuato le differenzefra i ruoli e le risorse dello Stato e delle autonomie locali. Uno deipiù recenti e significativi passi in questo percorso è rappresentatodalla legge 8 novembre 2000, n. 328 (Legge quadro per la realizzazio-ne del sistema integrato di interventi e servizi sociali), che recepisce apieno questa tendenza, cercando di individuare strumenti e assettipiù adeguati a renderla concretamente attuabile. Numerose sono lenovità introdotte da questa norma, tra cui, per quanto riguarda laprogrammazione, l’avvio dei piani sociali di zona.

Queste trasformazioni portano a un assetto di welfare più pros-simo al bisogno delle persone e con una presenza meno pervasivae autoreferenziale dell’attore pubblico. L’emergente configurazionedelle politiche sociali si muove lungo l’asse della sussidiarietà, del-l’integrazione e della localizzazione, cercando nuovi equilibri fra

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domanda e offerta, anche attraverso nuovi rapporti fra centro e pe-riferia del sistema.

Il volume analizza i principali nodi di questo ampio tema, cer-cando di fornire spunti per comprendere quali siano le forme, icontenuti, gli attori e le risorse che danno vita alla regolazioneemergente delle politiche sociali, altrimenti definita come governan-ce, su un territorio.

Si individuano e si definiscono alcune parole chiave che paionocaratterizzare in modo cruciale questa trasformazione delle politi-che sociali: governance, sussidiarietà, integrazione, cittadinanza atti-va, qualità sociale ecc., e il rapporto che intercorre tra centro e pe-riferia alla luce di questi concetti, come pure tra i vari attori coin-volti in questo scenario e le dinamiche di relazione che si instaura-no tra essi. Si approfondisce anche il rapporto tra le dinamiche diregolazione delle politiche sociali a livello locale rispetto a quellonazionale, per quanto riguarda il tema della spesa sociale.

Il libro presenta, infine, lo studio di una pratica molto significa-tiva di regolazione, quale quella della pianificazione sociale di zo-na di Forlì-Cesena, come significativo esercizio di governance che alivello locale trova nel distretto sociosanitario l’area di estensioneottimale e conferma in alcuni ambiti la connotazione dell’integra-zione sociosanitaria. Allo scopo di contestualizzare la riflessionesuccessiva viene inizialmente presentato un quadro delle principalicaratteristiche socioeconomiche di questo territorio, sia per quantoriguarda il mercato del lavoro che la struttura economica. L’analisiavviene poi attraverso la lettura di più piani: il capitale sociale, lapresenza sul territorio del privato sociale considerato espressione emotore di reciprocità e partecipazione.

803 Politiche sociali

La regolazione locale delle politiche sociali : un percorso d’analisi / Alessandro Martelli. — Milano : F.Angeli, c2006. — 136 p. ; 23 cm. — (Collana di sociologia ; 565). — Bibliografia: p. 129-136. —ISBN 978-88-464-8496-3.

Welfare municipale

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803 Politiche sociali

Lo sviluppo del welfare di comunità Dalle coordinate concettuali al gruppo di lavoro

Franco Vernò

Il volume vuole offrire un aiuto al consolidamento del lavorodi gruppo e ai suoi prodotti integrati, siano essi strumenti pro-grammatori, progetti, singoli processi di aiuto a persone o nucleifamiliari. Si rivolge oltre che agli studenti universitari a quanti, conruoli e funzioni diverse, sono coinvolti nei processi di produzionedel sistema dei servizi alle persone e, in particolare, di coloro chepromuovono gruppi di lavoro o che sono inseriti nei processi disviluppo di comunità.

Il testo assume la prassi e l’operatività come paradigma. Il regi-stro è pertanto a metà tra la riflessione teorica e la descrizione diesiti di ricerche e buone prassi, lasciando il lettore nella necessitàdi contestualizzare, in base alla propria esperienza e alla propriarealtà operativa, le riflessioni suggerite nel testo.

Sono quattro i temi analizzati e strettamente connessi tra loro.La comunità, lo sviluppo locale, le strategie e i principali stru-

menti programmatori previsti dal legislatore che offrono potenzialidi cambiamento se gestiti correttamente. Dario Angelo Colombopropone le coordinate concettuali entro le quali collocare le realtàdi gruppi di lavoro che si costituiscono dentro processi e spazi cheintendono favorire lo sviluppo locale nei sistemi di welfare. Rico-struisce l’evoluzione di funzioni e responsabilità del Comune inquesto ambito, soffermandosi sul principio di sussidiarietà e su cri-ticità e prospettive aperte con la recente stagione della programma-zione locale delle politiche sociali, in cui la crescita dei gruppi dilavoro può divenire espressione delle autonomie sociali delle co-munità e di allargamento degli spazi di democrazia reale.

La governance, la partecipazione, i ruoli e le funzioni che i diver-si soggetti istituzionali e comunitari sono chiamati a esercitare, ne-gli ambiti territoriali adeguati per la programmazione e la gestioneunitaria e integrata dei servizi alla persona. Stefano Buoso in talecontesto rivisita ruolo e funzioni delle istituzioni e delle formazio-ni locali alla luce delle riforme legislative e delle esperienze a parti-

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re dagli anni Ottanta. Puntualizza il ruolo dell’ente locale nel pro-muovere e coordinare la partecipazione nei processi di governancelocale, sottolineando la necessità di presidiare aspetti qualificantidi metodo e processo e l’importanza di orientare le azioni locali inun disegno complessivo e in una strategia unitaria.

I gruppi di lavoro e il welfare locale nel ciclo di vita di un parti-colare strumento programmatorio come i piani di zona, con riferi-mento alle modalità con cui organizzare e far funzionare i gruppi.Franco Vernò e Gianluigi Spinelli entrano nel merito delle partico-lari tipologie di gruppi da attivare e gestire nelle diverse fasi del ci-clo di vita dei piani di zona, specificando l’insieme delle condizio-ni che facilitano un’azione efficace di tali strumenti.

Il buon funzionamento dei gruppi, grazie ad attenzioni che at-tengono all’organizzazione, alla metodologia, alle conoscenze es-senziali condivise da quanti sono chiamati a lavorare insieme, allachiarezza dei metodi di lavoro che chi attiva gruppi di lavoro deveattribuire loro. Vernò e Spinelli collegano i gruppi di lavoro al te-ma della comunità locale ed esplicitano le tre tipologie di gruppiconnesse alla costruzione del sistema di welfare locale: di program-mazione, progettazione e gestione. Forniscono indicazioni operati-ve e attenzioni metodologiche, fattori capaci di garantire qualità diprocesso ed efficacia nei prodotti di lavoro dei gruppi.

Infine, il testo è corredato da un’appendice contenente schededi lavoro sui gruppi che normalmente operano nelle tre fasi del ci-clo di vita dei piani di zona, che potrebbero essere utilizzate daitecnici come supporto metodologico nel lavoro programmatorio,progettuale e gestionale.

803 Politiche sociali

Lo sviluppo del welfare di comunità : dalle coordinate concettuali al gruppo di lavoro / Franco Vernò. — Roma :Carocci Faber, 2007. — 149 p. ; 22 cm. — (Il servizio sociale ; 108). — Bibliografia: p. 143-147. —ISBN 978-88-7466-495-5.

Welfare municipale – Gestione e programmazione – Ruolo del lavoro di gruppo

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806 Famiglie - Politiche sociali

Famiglie e bisogni sociali La frontiera delle buone prassi

Osservatorio nazionale sulla famiglia

La crisi demografica che ha investito tutti i Paesi europei costi-tuisce, oggi, l’orizzonte entro il quale si situa il dibattito sulle poli-tiche sociali per la famiglia. La famiglia italiana, in particolare, èstata lasciata da sola ad affrontare l’onere della crescita e dell’alle-vamento delle nuove generazioni, essendo il Paese europeo chemeno spende per le famiglie, ma anche la nazione che spende peg-gio per l’istruzione (come le basse performance del nostro sistemaformativo testimoniano).

All’interno di un nuovo quadro entro cui collocare il ruolo del-le politiche sociali italiane il presente volume rappresenta il Rap-porto di ricerca per l’anno 2006 pubblicato dall’Osservatorio na-zionale sulla famiglia, quale struttura di ricerca e documentazioneche nel triennio 2003-2006 ha operato presso il Comune di Bolo-gna, capofila di una rete nazionale di Comuni, in base a una con-venzione con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Dal2007 la sua attività confluisce nella competenza del Ministero dellepolitiche per la famiglia e del relativo Dipartimento.

Questo Rapporto è orientato in direzione di uno specifico inte-resse per il monitoraggio degli interventi e misure di politica socia-le concernenti la famiglia, sia a livello nazionale che locale.

La prima parte presenta i risultati di una serie di ricerche origi-nali concernenti le interconnessioni tra famiglia, bisogni sociali eciclo di vita, a partire dai problemi dell’infanzia fino a quelli dellefamiglie con anziani. Qui vengono trattati i temi della qualità divita dell’infanzia, il tema della transizione dei giovani all’età adul-ta. Viene inoltre presentata un’analisi della più recente legislazioneregionale italiana sulla famiglia per valutare le tendenze in atto, tramodelli di welfare istituzionale e modelli di welfare societario.

La seconda parte presenta casi concreti di buone pratiche negliinterventi di sostegno alle famiglie. Gli ambiti trattati sono nume-rosi: dall’affidamento familiare di emergenza al sistema dell’auditper la conciliazione tra famiglia e lavoro, dai problemi di uso dei

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Rassegna bibliografica 3/2007 131

voucher nei servizi alle famiglie a un caso di welfare aziendale, daiservizi di assistenza agli anziani non autosufficienti ai risultati diuna legge regionale di promozione sussidiaria della famiglia (Re-gione Lombardia, LR 23/1999).

La terza e ultima parte presenta una riflessione generale sullebuone pratiche come modalità di innovare le politiche sociali e iservizi a favore delle famiglie in quanto soggetti sociali. Viene di-scusso il senso della qualità del welfare familiare e viene presentatoun modello relazionale di buone pratiche “amiche della famiglia”in quanto ne valorizzano il capitale umano e sociale. La ricerca diuna nuova qualità del welfare familiare è questione tanto più ne-cessaria quanto più il senso di welfare viene collocato non solonell’ambito delle categorie sociali più svantaggiate, ma anche neiconfronti di tutti i soggetti che hanno bisogno di un aiuto pubbli-camente riconosciuto come bene che merita di essere assicurato al-la comunità. In tal senso si sta verificando una svolta culturale inquanto si sta passando da un’ottica per cui il senso del welfare eraristretto entro i limiti dell’assistenza a una prospettiva per la qualeil welfare diviene un diritto sociale di cittadinanza. A fronte di ciòil problema della qualità del welfare coincide con il problema del-l’uscita dall’ottica dell’assistenzialismo.

Il volume è rivolto ai ricercatori e agli operatori che a vario ti-tolo operano all’interno del settore delle politiche per la famiglia.

806 Famiglie - Politiche sociali

Famiglie e bisogni sociali : la frontiera delle buone prassi / Osservatorio nazionale sulla famiglia ; a cura diPierpaolo Donati. — Milano : F. Angeli, c2007. — 472 p. ; 23 cm. — (Politiche e servizi sociali ; 225). —Bibliografia: p. 449-472. — ISBN 978-88-464-8553-3.

Famiglie – Politiche sociali – Italia – Rapporti di ricerca – 2006

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806 Famiglie - Politiche sociali

Nuovi strumenti di sostegno alle famiglie Assegni di cura e voucher sociali

Sergio Pasquinelli (a cura di)

Il volume offre un sguardo d’insieme sulla diffusione e sullaconsistenza di assegni di cura e voucher sociali in Italia operandoun primo bilancio sulla loro utilizzazione.

L’assegno di cura è un trasferimento economico volto a soste-nere un carico familiare, solitamente dato dalla presenza di un sog-getto fragile, non autosufficiente; consiste in una somma libera-mente spendibile dal cittadino e finalizzata a riconoscere economi-camente l’attività di cura svolta.

Il voucher è il controvalore di una somma utilizzabile per l’ac-quisto di specifiche prestazioni erogate da soggetti accreditati, cheviene perso se non è speso per acquistare il servizio corrisponden-te, preventivamente definito.

Anziani e disabili sono le categorie di utenza prevalenti ma so-no in corso sperimentazioni che riguardano anche famiglie nume-rose, con figli, la conciliazione dei tempi di vita e lavoro, l’inseri-mento lavorativo e la formazione professionale.

La loro storia è anche un po’ la storia recente del nostro sistemadi welfare. Si collocano tra il welfare mix e il welfare territoriale rego-lato dei mercati sociali, caratterizzato dall’idea che non basta au-mentare la pluralità dei soggetti e la concorrenza, ma occorre au-mentare la possibilità di scegliere a chi rivolgersi, per premiare chioffre migliore qualità, sostenendo la capacità di spesa delle famiglie.

Entrambe sono strumenti di politica sociale al confine tra ero-gazioni monetarie e sistema dei servizi, sono complementari ad al-tre risorse formali e informali di aiuto, facendo sì che le famiglieprendano autonomamente le decisioni che le riguardano.

Ed è attorno al senso di questa decisione, al modo di impiegodi questi strumenti e ai suoi concreti risultati che il libro si interro-ga, anche sulla base di evidenze empiriche frutto dell’analisi di datidi realtà regionali e locali in cui tali strumenti sono stati utilizzati.

Filo rosso che attraversa tutto il libro è l’ipotesi secondo cui ilegami stabili con il sistema dei servizi, un’analisi non puramente

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amministrativa dei bisogni, azioni di accompagnamento e di pro-gettazione sui casi fanno la qualità di questi strumenti.

Nel primo capitolo si introduce il dibattito, si illustra l’impo-stazione del volume e si propone un bilancio di sintesi di questemisure.

I tre capitoli successivi sono dedicati all’analisi del caso italianoe riportano elementi aggiornati di ricerca e valutazione circa le ca-ratteristiche di assegni di cura, voucher sociali e voucher di conci-liazione.

Dal quinto al settimo capitolo ci si concentra su alcuni temi diparticolare rilevanza nella costruzione e gestione di questi stru-menti. Si esaminano le varie modalità di accreditamento esistenti,evidenziando pregi e limiti, discutendone gli aspetti organizzativi edi mercato. Si descrive la metodologia di lavoro sociale (case mana-gement, valutazione del caso e progettazione individualizzata) chedeve propriamente accompagnare l’utilizzo di questi strumenti e sisottolinea l’importanza dell’esercizio di una funzione regolatoriadel sistema da parte degli enti locali. Si pone in relazione l’impie-go di questi strumenti con il progressivo diffondersi del mercatodelle “badanti” e si analizzano i nodi per la regolamentazione e leprincipali iniziative avviate a livello locale per la qualificazionedella figura dell’assistente familiare.

L’ottavo capitolo porta l’attenzione sulle questioni della valuta-zione di questi strumenti, sia sul piano teorico che pratico. Infine,il capitolo nono offre un ampio esame della situazione europea,aiutando a collocare l’Italia entro scenari e tendenze più vaste.

806 Famiglie - Politiche sociali

Nuovi strumenti di sostegno alle famiglie : assegni di cura e voucher sociali / a cura di Sergio Pasquinelli. —Roma : Carocci Faber, 2007. — 206 p. ; 22 cm. — (Il servizio sociale ; 110). — Bibliografia: p. 197-204. —ISBN 978-88-7466-510-5.

Famiglie – Sussidi economici – Italia

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806 Famiglie - Politiche sociali

Governance per le imprese sociali e il non profit Democrazia, approccio multistakeholder,produttività

Luca Fazzi

Negli ultimi decenni si è assistito in Italia a una significativaevoluzione delle organizzazioni non profit (ONP) sia in terminiquantitativi che qualitativi. Alle ONP tradizionali, caratterizzate daelevati livelli di spontaneismo e volontarismo, si sono venute adaffiancare organizzazioni senza fine di lucro impegnate nella pro-duzione di beni e servizi le quali soddisfano bisogni di pubblicointeresse avvicinandosi, in qualche modo, alla normale configura-zione di imprese di produzione.

Con l’aumento della dimensione produttiva di questo tipo diorganizzazioni, è inevitabilmente mutata e si è accresciuta anchel’attenzione nei confronti dei fattori che permettono alle ONP di ri-spondere in modo congruo alle aspettative che il sistema istituzio-nale e sociale riversa nei loro confronti.

Nella prima sezione del volume si approfondiscono i concettidi multimembership e di governance, quali fattori strategici per l’azio-ne delle ONP e per la regolazione delle politiche di welfare.

In particolare, nel sottolineare la rilevanza del ruolo di queisoggetti che risultano essere portatori di interesse rispetto a una da-ta attività, si evidenzia la peculiarità e l’efficacia di quelle pratichedi governo di impresa che tendono a porre gli stakeholder quali sog-getti al tempo stesso amministratori dell’organizzazione e fruitoridei beni o dei servizi da essa prodotti.

La rilevanza di un livello di governance multistakeholder teorica-mente si sostanzia in svariati vantaggi: la riduzione di deficit infor-mativi, la maggiore efficienza e capacità di autocontrollo, l’aumen-to degli stimoli all’apprendimento e la capacità di generare risorseaggiuntive.

Nella seconda parte si fornisce un riscontro empirico a ciò. Atale scopo vengono riportati gli esiti di un’indagine nazionale effet-tuata su un campione di venti ONP sul tema dell’efficacia ed effi-cienza delle organizzazioni che adottano modelli di governance mul-tistakeholder.

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I risultati che emergono da questa indagine evidenziano che leorganizzazioni multistakeholder tendono a essere efficienti tantoquanto le ONP governate esclusivamente da dipendenti, manife-stando altresì un’assenza di differenze sostanziali in termini diperformance economica.

Sono confermati, inoltre, dall’evidenza empirica, i vantaggi so-pra teorizzati che conducono a una maggiore efficienza ed efficaciadei servizi, anche se i benefici tratti dalle organizzazioni esaminatevariano in ragione delle peculiarità delle stesse ONP, mentre tra i li-miti e gli ostacoli all’attuazione del modello esaminato, emerge ladifficoltà derivante dalla complessità e dall’articolazione dei proces-si analizzati che risultano non accessibili da tutte le organizzazioni,e soprattutto, non negli stessi tempi e con le stesse modalità.

Nella terza e ultima parte del volume, si propone un approfon-dimento dei temi esaminati, fornendo indicazioni utili per la lorogestione pratica sia dal punto di vista del management, che dei siste-mi di regolazione e di politiche di welfare mix.

In conclusione si riconosce alle ONP che adottano modelli digovernance multistakeholder un maggiore livello di produttività ed ef-ficacia, oltre che una maggiore capacità di lettura dei fenomeni edei bisogni, manifestandosi quali elementi significativi per la cre-scita e per lo sviluppo dei sistemi di welfare. Per conseguire, per-tanto, l’obiettivo della promozione dello sviluppo di tali organiz-zazioni, si evidenzia l’importanza dell’attuazione di una duplicestrategia che, da un lato, punti allo sviluppo di sistemi di regola-zione e selezione delle ONP più complessi e raffinati di quelli at-tuali, dall’altro, sostenga lo sviluppo e la diffusione di conoscenzee competenze tali da consentire alle ONP di sviluppare forme orga-nizzative maggiormente articolate e adeguate a rispondere ai biso-gni e alle richieste complesse della società contemporanea.

806 Famiglie - Politiche sociali

Governance per le imprese sociali e il non profit : democrazia, approccio multistakeholder, produttività / LucaFazzi. — Roma : Carocci Faber, 2007. — 159 p. ; 22 cm. — (Laboratorio ; 10). — Bibliografia: p. 151-159. — ISBN 978-88-7466-493-1.

Organizzazioni senza scopo di lucro – Organizzazione – Italia

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810 Servizi sociali

L’assistente sociale allo specchio

Tinina Amadei

La figura dell’assistente sociale è soggetta a molteplici letture,assistente come consulente, come missionaria o confidente e l’in-terpretazione del ruolo ha d’altronde subito modifiche anche nelcorso del tempo. La professione dell’assistente è pertanto ancoraoggi oggetto di possibili letture ma per quanto mutata nel tempomostra comunque degli elementi di continuità sui quali verte la ri-flessione dell’autrice.

Il libro privilegia a un taglio teorico sugli strumenti del mestie-re, la scelta di dare voce agli assistenti sociali stessi tramite la narra-zione di vissuti personali ed esperienze sul campo laddove emergo-no tutte le difficoltà, i passaggi critici, i dubbi e gli snodi criticidell’agito. L’autrice sceglie di prestare ascolto – attraverso lo stru-mento dell’intervista – non solo agli assistenti sociali, ma anche adaltri professionisti, proponendo pertanto un vasto insieme di puntidi vista e facendo emergere così una visione della professione ana-lizzabile su diversi piani e secondo diverse prospettive.

Il libro si articola in tre parti. La prima parte descrive un casoprofessionale di affido familiare in cui la storia di una giovane ra-gazza è esposta prima dall’assistente sociale che ha condotto il casoe poi narrata dalla protagonista stessa. Il confronto tra i due puntidi vista – esposizione del caso dal punto di vista professionale e nar-razione dell’esperienza personale – mette in luce differenze signifi-cative, e nella diversità dei ruoli emerge la specifica competenza ri-chiesta al ruolo dell’assistente sociale, ma allo stesso tempo anche lasua responsabilità e la complessità e delicatezza del contesto entrocui si muove. Inoltre, il caso è spunto di riflessione per una serie didomande e ragionamenti: l’utilità dell’istituto dell’affido familiare,l’analisi del percorso d’affido tra il momento d’avvio e il suo compi-mento e, infine, la modalità di conclusione dell’affido stesso.

La seconda parte raccoglie tredici interviste rivolte ad assistentisociali, da cui emerge come questa professione rischi di avere deiconfini non sempre ben precisi e quindi essere vissuta e percepita

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attraverso criteri soggettivi. In questa sezione vi è pertanto il tenta-tivo di far emergere l’identità della professione così come percepitadagli assistenti sociali. Allo stesso tempo le interviste mettono inluce gli elementi di continuità e discontinuità della professione co-sì come si sono evoluti nel tempo: i cambiamenti occorsi, le pro-blematiche e i nodi critici che emergono dalla descrizione delleesperienze degli intervistati, ma anche i punti fermi e gli aspetti or-mai consolidati.

La terza e ultima parte illustra la professione dell’assistente so-ciale vista dall’esterno, prendendo in esame molteplici punti di vi-sta, quali quelli degli utenti, dei responsabili dei servizi sociali e dialtri professionisti (sociologo, psicologo, educatore, giudice). Cia-scun professionista intervistato porta una valutazione del ruolodell’assistente sociale fondata sulla particolare tipologia di intera-zione che ha con il medesimo, ciò fa sì che emerga una rappresen-tazione del ruolo dell’assistente sociale estremamente variegata,mettendo in luce la sua complessità. Inoltre, l’attenzione si focaliz-za anche sul confronto che ne emerge con l’immagine che gli stessiassistenti sociali hanno di loro stessi.

Il libro, nel dare voce non solo ai protagonisti della professionema anche a tutti gli attori a vario titolo coinvolti nella rete dei ser-vizi per la famiglia, è rivolto sia agli assistenti sociali sia a coloroche intendono conoscere e approfondirne l’operato, nonché a tuttii soggetti coinvolti in rapporti di collaborazione professionale conquesta figura.

810 Servizi sociali

L’assistente sociale allo specchio / Tinina Amadei. — Milano : F. Angeli, c2007. — 190 p. ; 23 cm. —Bibliografia: p. 184-190. — ISBN 978-88-464-8132-0.

Assistenti sociali

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818 Servizi semiresidenziali e di aggregazione

Giovani possibiliAdolescenti e nuovo welfare di comunità

Luigi Regoliosi, Paola Misesti, Alberto Terzi

Riflettere e analizzare la rete dei servizi per i giovani e i centridi aggregazione loro rivolti richiede una mappatura di non facilerealizzazione per la quantità e diversità delle iniziative intrapresenelle diverse realtà del territorio nazionale. La rete CGM (ConsorzioGino Matterelli) ha promosso un viaggio nella penisola italiana,caratterizzato da iniziative di formazione, scambio e ricerca sullebuone pratiche relative ai progetti e ai servizi per adolescenti. L’iti-nerario scelto e la metodologia adottata hanno il pregio di metterein luce sia i nodi critici che le intuizioni e i modelli emersi dal la-voro quotidiano svolto dalla cooperazione sociale in collaborazio-ne con le istituzioni, gli enti e le associazioni presenti in ogni terri-torio. Il nuovo welfare di comunità richiede una diversa centralitàdei cittadini e anche gli adolescenti e i giovani devono essere con-siderati un patrimonio della società e non come oggetto privilegia-to di interventi di controllo sociale. Non deve essere sottovalutatal’esigenza di offrire servizi e opportunità per quelle fasce di adole-scenti che si trovano in difficoltà, ma è necessario un nuovo atteg-giamento con cui guardare alle giovani generazioni.

Nel lavoro per gli adolescenti e i giovani deve essere cambiatala prospettiva, per passare da un’offerta calibrata sul disagio, a unaprogettazione che permetta ai giovani di essere letti come una ri-sorsa e scommettere sulla loro capacità di diventare cittadini attivie responsabili. Per ottenere questi risultati lo stato sociale del futu-ro deve puntare molto di più, rispetto a quanto non sia stato fattosino a oggi, su scuola e cultura e più in generale sull’educazione.Insieme alla dimensione di cura e a quella dell’inclusione, l’educa-zione è, nella visione del gruppo che coopera per un fine comune,elemento portante del nuovo welfare che prefigura. Ciò significache dentro le politiche di welfare sono inserite anche quelle socioe-ducative, che hanno come obiettivo principale l’investimento incapitale umano per mettere in condizione ciascun individuo e lacomunità a cui appartiene, di produrre ricchezza sociale, quella ne-

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cessaria anche finanziariamente allo stato sociale futuro. Il nuovomodo di pensare alla comunità deve essere improntato su un con-cetto di benessere che deve incidere su nuovi modelli di produzio-ne e sulla società dei consumi e ciò comporta aprire un nuovo dia-logo con i giovani, ma soprattutto con gli operatori e gli ammini-stratori pubblici.

Osservando i dati di una ricerca che ha censito 4.097 unità diservizio rivolte ad adolescenti e giovani, si vede che tra le aree diintervento, quella prevalente è l’area “animativo-educativa” conun’offerta sostanziale delle opportunità centrata sulla “normalità”in un’ottica di promozione e prevenzione, più che di assistenza erecupero. I servizi sono prevalentemente strutturati in centri di ag-gregazione giovanile, che si caratterizzano per le attività di anima-zione del tempo libero, sostegno scolastico e promozione culturalee sport. La distribuzione di tali centri e dei servizi per i giovani inItalia è di più del 50% nell’Italia settentrionale, del 20% in quellacentrale, il 20% al Sud e il 10% nelle Isole. Le esperienze realizzatein tali realtà mostrano una notevole varietà di metodologie di in-tervento e attività pratiche, che vanno dalle comunità educative ditipo familiare, alle consulenze psicopedagogiche e psicosociali, apercorsi di formazione professionale, a lavoratori artigianali, pro-fessionalizzanti e non, ad attività di animazione e organizzazionedel tempo libero con attività ricreative, sportive e culturali. Nonmeno importante risulta, però, anche il lavoro di strada, un tipo diintervento specializzato nel quale l’azione di aiuto rivolta ai giova-ni è effettuata direttamente nei luoghi dove si aggregano sponta-neamente e particolarmente utile risulta il lavoro con e per i giova-ni in cui vengono utilizzate metodologie attive e partecipative.

818 Servizi semiresidenziali e di aggregazione

Giovani possibili : adolescenti e nuovo welfare di comunità / Luigi Regoliosi, Paola Misesti, Alberto Terzi. —Molfetta : La meridiana, c2006. — 140 p. ; 25 cm. — (Partenze... per l’adolescenza). — Bibliografia: p.138-140. — ISBN 88-89197-99-4.

Servizi di accoglienza per bambini e adolescenti, servizi per l’età evolutiva e servizi ricreativi per iltempo libero – Italia

Rassegna bibliografica 3/2007 140

820 Servizi residenziali per minori

Strutture residenziali per minori e qualità del servizio socioeducativoRicerca pedagogica nelle strutture SCS/CNOS

Vito Orlando

La legge 149/2001 ha imposto il superamento del ricovero deiminori in istituto entro il 31 dicembre 2006, mediante l’affidamen-to a una famiglia e, ove ciò non fosse possibile, mediante inseri-mento in comunità di tipo familiare caratterizzate da organizzazio-ne e da rapporti interpersonali analoghi a quelli di una famiglia.

Per far fronte a questo impegno la Federazione servizi civili esociali del Centro nazionale opere salesiane ha avviato questo per-corso di trasformazione e ha intrapreso, dal 2005, un lavoro di ve-rifica attraverso la realizzazione di uno studio i cui risultati sonoriportati nel volume in una duplice veste: come atti del convegnodi presentazione dell’indagine, che ha avuto luogo a Roma il 27novembre 2006, e come dettagliato rapporto di ricerca.

L’indagine si è focalizzata prevalentemente su tre aspetti: • quello riguardante gli educatori e tutte le figure coinvolte a

vario titolo (collaboratori, volontari, consulenti, amministrati-vi ecc.), nelle diverse strutture di accoglienza per minori indifficoltà;

• quello relativo alla qualità delle strutture, quindi la presenzadi requisiti, strumenti, risorse e mezzi necessari per dare ga-ranzie di qualità ai servizi educativi;

• quello riferito al tipo di rapporto con i Salesiani e con il terri-torio.

Scopo dello studio è stato verificare l’attuale qualità del servizioeducativo offerto e trovare prospettive e strategie significative disostegno e di promozione per una presenza salesiana che, si affer-ma, deve essere incrementata e sostenuta.

L’indagine è stata svolta mediante un questionario strutturato(riportato in appendice) al quale hanno risposto quasi tutti gli enti(14) facenti parte della Federazione e ha coinvolto 137 operatori.

Nel primo capitolo si presenta la realtà attuale degli operatoridelle strutture socioeducative della Federazione: la loro formazio-ne, la valutazione della preparazione al lavoro educativo, la durata

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Rassegna bibliografica 3/2007 141

dell’esperienza, le motivazioni e l’attuale soddisfazione per il lavo-ro svolto. Nel secondo si procede con l’analisi delle strutture dellaFederazione per valutarne la qualità educativa: la dotazione di stru-menti, il coinvolgimento e la condivisione effettiva del progetto edella filosofia educativa che lo ispira, tipo e livelli di identificazio-ne da parte degli operatori, rischi e garanzie di qualità del lavorosocioeducativo da loro svolto.

I due capitoli successivi cercano di approfondire le dimensionichiave su cui poggia la qualità della proposta salesiana delle strut-ture per minori: la centralità del ragazzo, il suo protagonismo nelsuo itinerario di crescita, la qualità della relazione educativa, il cli-ma familiare e comunitario della struttura, la dimensione religiosae il modo di attuarla, la valutazione data dagli operatori sull’effica-cia educativa delle strutture.

Il quinto capitolo si sofferma sul rapporto delle strutture con iSalesiani e con l’insieme delle realtà del territorio in cui sono inse-rite, completato dalla rilevazione delle attese espresse dagli opera-tori circa le prospettive e possibilità di miglioramento. Infine, neidue capitoli conclusivi, si estrapolano e si analizzano le esigenzeformative espresse dagli operatori, frutto di una più puntuale veri-fica della loro condizione professionale e si identificano alcuneprospettive strategiche di intervento, che possono facilitare una di-versa qualità del servizio socioeducativo per minori. Motivazioni,competenze e interazioni efficaci appaiono gli aspetti che esprimo-no meglio le condizioni richieste agli operatori per un’azione edu-cativa di qualità, nella prospettiva pedagogica dell’educazione ispi-rata al criterio preventivo per il superamento dell’emarginazione,secondo l’ispirazione di don Bosco. Strumenti operativi, mediazio-ne socioculturale efficace della proposta educativa, ambiente ade-guato, stile di relazione, sono invece le condizioni che possono ga-rantire la qualità di una struttura di accoglienza per minori.

820 Servizi residenziali per minori

Strutture residenziali per minori e qualità del servizio socioeducativo : ricerca pedagogica nelle struttureSCS/CNOS / Vito Orlando. — Roma : LAS, c2007. – 272 p. ; 24 cm. — (Enciclopedia delle scienzedell’educazione ; 93). — In testa al front.: Università pontificia salesiana; SCS/CNOS. — Bibliografia:p. 266-267. — ISBN 88-213-0636-4.

Federazione SCS/CNOS – Comunità per minori – Qualità – Valutazione

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830 Servizi sociosanitari

Costruire qualità socialeIndicazioni teoriche e operative per lo sviluppodella qualità nei servizi

Anna Zenarolla

I tempi nei quali le risposte alle domande ai servizi sociali era-no uniche, irripetibili e spontaneistiche sono forse finiti per sem-pre. Oggi sempre più chi eroga servizi nel sociale, da pubblico oda privato, deve confrontarsi con cataloghi di prestazioni e conuna serie di interventi che, pur rispettando la naturale singolaritàdei casi, delle persone e delle situazioni, non può che convergerein una serie di approcci simili fra loro, che devono produrre beni,anche immateriali e che non possono eludere la valutazione deibenefici a esso connessi.

Il volume si propone di qualificare il dibattito sulla qualità,chiarendone in particolare il significato e l’applicabilità al settoredei servizi sociali, integrando l’analisi della dimensione tecnica estrumentale con quelle valoriale e politica, che spesso risultano as-senti negli approcci imprenditoriali e operativi alla qualità.

Nel suo insieme il testo si propone quale strumento per quantivogliano intraprendere un processo di sviluppo della qualità, of-frendo sia il quadro teorico sia l’analisi di un caso concreto. La te-matica e i contenuti si riferiscono a processi di interesse per l’attua-le sistema di welfare, come il concorso di una pluralità di soggettinon pubblici alla costruzione delle politiche sociali e l’introduzio-ne da parte della legge 328/2000 dell’accreditamento. Il volume sioffre pertanto alla lettura sia di decisori pubblici e operatori sia distudenti universitari.

Nel primo capitolo si richiamano sinteticamente i principali si-gnificati che il concetto di qualità ha assunto nel settore economi-co e produttivo privato, delineando i fattori che hanno favorito lasua diffusione in quello dei servizi alla persona pubblici. Tutto ciòal fine di meglio comprendere in quale accezione il concetto diqualità sia stato introdotto nel settore dei servizi alla persona gesti-ti dall’ente pubblico.

Al termine di questa esplorazione la riflessione giunge a indivi-duare nella prospettiva relazionale e costruttivista la cornice teorica

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Rassegna bibliografica 3/2007 143

in cui inserire la tematica della qualità al fine di renderla significa-tiva per i servizi sociali. Questa prospettiva, infatti, porta a inter-pretare il concetto di qualità come processo di costruzione di si-gnificati condivisi e di cambiamento, consentendo di ancorarlo al-le dimensioni caratterizzanti i servizi sociali e di utilizzarlo comestrumento per favorire il loro miglioramento attraverso la parteci-pazione dei cittadini, l’efficacia della relazione d’aiuto e l’appren-dimento organizzativo.

Alla riflessione teorica segue quella più pratica e operativaemersa dall’analisi della sperimentazione dell’accreditamento comemodalità di gestione del servizio di assistenza domiciliare in unodegli ambiti distrettuali del Friuli-Venezia Giulia. L’analisi ha volu-to verificare se l’ipotesi interpretativa del concetto di qualità nellaprospettiva relazionale e costruttivista trovava riscontro nell’appli-cazione di questo strumento – annoverato tra quelli per lo svilup-po della qualità nei servizi sociali – e quale significato aveva avutola sua introduzione per le organizzazioni coinvolte. Oltre ad avva-lersi della documentazione prodotta durante la sperimentazione,l’analisi si è rivolta anche ai soggetti in essa coinvolti per cogliere,attraverso interviste semistrutturate, il loro punto di vista in meritoagli obiettivi perseguiti, ai processi attivati, ai cambiamenti prodot-ti e ai risultati raggiunti.

Nelle conclusioni, infine, si richiamano gli aspetti principaliche nei vari capitoli costituiscono suggerimenti e attenzioni meto-dologiche a cui prestare attenzione, utili a chi voglia intraprendereun processo di sviluppo della qualità nel campo dei servizi socialie sociosanitari.

830 Servizi sociosanitari

Costruire qualità sociale : indicazioni teoriche e operative per lo sviluppo della qualità nei servizi / AnnaZenarolla. — Milano : F. Angeli, c2007. — 176 p. ; 23 cm. — (Grex. 3, Pratiche ed esperienze ; 7). —Bibliografia: p. 168-176. — ISBN 978-88-464-8345-4.

Servizi sociosanitari – Qualità

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920 Mezzi di comunicazione di massa

Media education tra organizzazione e fantasia Esperienze creative in Italia,Austria e Germania

Damiano Felini e Beate Weyland

Gli autori propongono una ricerca comparata sulla media educa-tion analizzando le attività svolte in Italia, Austria e Germania. So-no state prese in esame 11 organizzazioni e strutture che si occu-pano di media education nei tre Paesi attraverso interviste al perso-nale responsabile delle stesse, studio della documentazione prodot-ta, visita alle strutture e analisi dei loro siti Internet. Ne è risultatouno studio delle attività svolte e della capacità creativa di utilizzarei media in ambito educativo, ma anche una valutazione dell’orga-nizzazione di enti e soggetti che collaborano per realizzare le atti-vità educative, come i ministeri, le scuole, le università e altri sog-getti istituzionali.

Il primo obiettivo della ricerca è quello di comprendere i model-li educativi delle organizzazioni individuate, quindi di confrontaretali modelli e capire similitudini e differenze tra i soggetti studiati.

L’analisi svolta mette in luce le differenze creative e organizzati-ve dei soggetti presi in esame, evidenziando come nei Paesi di lin-gua tedesca si sia affermata da tempo la necessità di realizzare atti-vità educative relativamente ai media. In questi ultimi si nota unamaggiore organizzazione delle attività, ma non mancano buoneesperienze realizzate in Italia e in Austria, dove dal punto di vistaorganizzativo esiste un dipartimento del ministero dell’educazionededicato interamente alla media education.

Gli autori individuano tre approcci al tema dei media in ambi-to educativo: il primo è l’educazione alla comprensione dei mes-saggi prodotti dai media, per cui il principale obiettivo dell’educa-zione è quello di rendere le persone in grado di decodificare i mes-saggi; il secondo è improntato a trasmettere le competenze per uti-lizzare gli strumenti di comunicazione; il terzo, infine, mira a svi-luppare le competenze per produrre messaggi attraverso i media. Sipuò dire che questi tre approcci rispondono a esigenze diverse, masono tutti e tre utili a fornire competenze per una fruizione nonpassiva dei media. Uno degli elementi che ostacolano generalmen-

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te le attività educative è la difficoltà degli adulti a comprendere ilfunzionamento dei media e a pensare di poterli utilizzare in atti-vità educative. Così, le molte attività sperimentate, spesso innova-tive ed efficaci, non possono essere facilmente trasferite in man-canza di una formazione dei docenti che permetta loro di lavorareal meglio con i media.

La ricerca evidenzia un percorso parallelo tra l’Italia e i Paesi dilingua tedesca nella sperimentazione di percorsi educativi, anche setutti e tre i Paesi interessati prendono spunto dalle esperienze deiPaesi anglofoni. I percorsi alla fine non sono molto differenti percontenuto e mostrano come siano necessarie caratteristiche ricon-ducibili ai due fattori richiamati dal titolo: fantasia e organizzazio-ne. Intuito e creatività per cogliere ciò che è attuale e significativonei media, ma anche capacità organizzativa, non soltanto indirizza-ta ai percorsi educativi, ma anche rivolta alla creazione di relazionisignificative tra soggetti interessati a promuovere educazione: Statoe politica, scuola e autonomie locali, genitori e privato sociale. Ènecessario formare soggetti capaci di fare da media educator (comegià avviene in Germania) e di diffondere il più possibile le esperien-ze (come cerca di fare Lombardia Cinema Ragazzi), ma è anche ne-cessario coinvolgere attivamente i giovani e promuovere la loro au-tonomia, cosa che si ottiene più facilmente nell’extrascuola che nel-la scuola. Infine, la media education non può essere esclusivamenteindirizzata ai bambini e agli adolescenti, ma deve essere rivolta an-che agli adulti e anziani, in attività di autoformazione.

920 Mezzi di comunicazione di massa

Media education tra organizzazione e fantasia : esperienze creative in Italia,Austria e Germania / DamianoFelini e Beate Weyland ; presentazione di Cesare Scurati. — Gardolo : Erickson, c2007. — 194 p. ; 24cm. — (Media education). — Bibliografia ed elenco siti web: p. 185-191. — ISBN 978-88-6137-000-5.

Educazione ai media – Progetti – Austria, Germania e Italia

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920 Mezzi di comunicazione di massa

Pollicino nel bosco dei mediaCome educare i bambini a un uso corretto dei mezzi di comunicazione

Vincenzo Varagona

I media vengono sempre più spesso considerati un problemadalla società e diventano oggetto di riflessione e commenti degliadulti solo quando fatti di cronaca riguardanti i minorenni li fan-no diventare interessanti. Non è questo l’approccio che sostengo-no gli autori di questo libro che, a partire dall’invito a rifletteresull’utilizzo dei media e su un’educazione preventiva, fatto da Be-nedetto XVI (messaggio alla 41a Giornata mondiale delle comuni-cazioni sociali, 20 maggio 2007), pongono attenzione al tema del-l’educazione e al coinvolgimento degli adulti sul tema dell’educa-zione all’uso dei media.

Il libro parte da una riflessione dell’UCSI (Unione stampa catto-lica italiana) e raccoglie le opinioni di molti soggetti, educatori,gruppi di genitori, parroci che hanno fatto esperienze di educazio-ne nelle loro parrocchie, e altri, a partire dai risultati della ricercasul consumo di media condotta dal CENSIS e commissionata dallostesso UCSI.

I dati della ricerca del CENSIS evidenziano l’aumento del consu-mo di nuovi media da parte dei giovani, e in particolare della dif-fusione del telefonino e di nuovi usi che la tecnologia ha permessocon questo media. Ma la ricerca evidenzia anche un costante au-mento nell’uso dei quotidiani e dei libri che sembravano in nettodeclino precedentemente. Questo rilancia la necessità di affrontareil tema dell’utilizzo dei media con meno pregiudizi e facendo piùattenzione ai significati che i ragazzi attribuiscono loro.

È possibile fare un uso positivo dei media come mezzi che per-mettono di conoscere e scambiarsi conoscenze, così come mostral’uso del telefonino tra i giovani per comunicare, per aggirare i co-sti imposti dalle compagnie telefoniche attraverso squilli o sms enuovi linguaggi creati. La necessità di comunicare è forte ma è ca-rente la capacità di comprendere ciò che è pericoloso. Per questo ènecessario un coinvolgimento sostanzioso degli adulti, i quali spes-so si sentono tagliati fuori dalla complessità della tecnologia e ten-

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dono a demonizzare o ignorare i nuovi media. Gli interventi pos-sono riguardare la regolamentazione di media come la telefonia,Internet, la TV, ma devono interessare anche la capacità che gliadulti hanno di aiutare i giovani a capire i significati dei messaggiche si ricevono e ci si scambiano attraverso i media, non ultimi ivideogiochi con contenuti violenti.

Sono molti gli esempi di interventi didattici prodotti all’internodella scuola ma anche da privati relativamente alla promozione diuna consapevolezza critica dei giovani riguardo ai media. Così,scrivere un giornale in classe, o realizzare esperienze teatrali ascuola, o utilizzare la musica per capire i contenuti emotivi e tra-durre i testi degli autori stranieri, possono essere occasioni per dareresponsabilità e controllo ai ragazzi sui media. Anche imparare acostruire un filmato e a leggere un film oltre al coinvolgimentoemotivo che le immagini inducono, può essere uno strumento cri-tico importante messo in mano ai giovani per saper scegliere inve-ce che essere solo passivi rispetto al contenuto dei film. Anche ri-spetto a Internet sono molte le accortezze che un genitore puòavere e le conoscenze che un minore dovrebbe avere per tutelarsirispetto a possibili rischi, così come indica la polizia postale.

Molti soggetti organizzati a livello nazionale come Zaffiria (in-sieme dei Comuni e della Provincia di Rimini per promuovere l’e-ducazione ai media) si sono occupati di stabilire dei criteri per unamedia education che tenga conto di questi obiettivi (si veda adesempio la Carta di Bellaria), o che come Med, estensione dell’I-SCOS (Istituto superiore di comunicazione sociale), si sono occupa-ti di promuovere attività educative con genitori e parrocchie relati-vamente all’educazione all’uso dei media.

920 Mezzi di comunicazione di massa

Pollicino nel bosco dei media : come educare i bambini a un uso corretto dei mezzi di comunicazione /Vincenzo Varagona ; prefazione di Claudio Giuliodori. — Milano : Paoline, c2007. — 196 p. : ill. ; 21cm. — (Persona e società ; 27). — ISBN 978-88-315-3245-7.

Bambini e adolescenti – Educazione ai media

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924 Televisione e radio

Il governo della TV

Etnografie del consumo televisivo in contesti domestici

Massimiliano Tarozzi (a cura di)

Questo libro prende origine dal lavoro svolto da oltre dieci an-ni dal Comitato TV e minori - FRT & Associazioni sul tema dellaTV. La ricerca presentata declina in modo diverso dai molti libri ri-guardanti il media televisivo ponendo l’accento non tanto sul con-tenuto dei programmi o sulla pubblicità, ma sul modo in cui lepersone utilizzano la televisione nei contesti domestici e sul suo si-gnificato. In particolare, si osserva come viene gestita la televisionedagli adulti che hanno bambini tra i 3 e i 6 anni, quali regole uti-lizzano e in quali contraddizioni incorrono nella sua gestione. IlComitato, in collaborazione con le Università di Trento, Bolognae Napoli, si è fatto promotore di una ricerca etnografica relativa-mente all’utilizzo della televisione in tre grandi città italiane.

La scelta della metodologia etnografica è coerente con l’oggettodi indagine che è proprio il contesto relazionale e familiare nel qua-le si svolge la fruizione del mezzo televisivo, il che ha richiestoun’osservazione partecipante, sono stati inoltre usati criteri di cam-pionamento delle osservazioni e delle interviste che hanno permes-so di comparare i dati osservati ed estrarre una teoria interpretativa.

Dalla ricerca emerge che la televisione può essere utilizzata ab-bastanza variamente all’interno dell’organizzazione familiare. Essapuò influire sull’organizzazione dei tempi domestici, ma può ancheessere l’organizzazione domestica a limitare l’uso e i tempi della te-levisione, così come si sono evidenziate situazioni di equilibrio earmonizzazione dei tempi domestici e dei tempi televisivi. General-mente non c’è un pregiudizio negativo nei confronti della televisio-ne ma si cerca comunque di adottare delle strategie per gestire itempi di visione, per cui si pongono regole, si cerca di offrire alter-native o di stare vicino ai bambini mentre guardano la televisione.In altri casi si cerca di rendere consapevoli i bambini rispetto aicontenuti della televisione e alle cose che sono più adatte per loro,ma in alcuni casi si cerca anche di ingannare sui tempi o sui canaliper evitare che guardino troppa TV. In definitiva la TV diventa una

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Rassegna bibliografica 3/2007 149

delle tante variabili all’interno del contesto domestico che può esse-re utilizzata per gestire i tempi di cura e la complessa conduzionedella casa. Non è mai semplicemente un “sostituto della madre” eraramente si nota un’inconsapevolezza nell’uso della TV.

Tutti i genitori hanno mostrato di avere giudizi sui contenutidella televisione – prevalentemente negativi – ponendo soprattuttoattenzione a quelli violenti, ma emerge anche la consapevolezzache è responsabilità dei genitori dirigere la fruizione della TV e aiu-tare i figli a scegliere, selezionare e comprendere il contenuto deiprogrammi, per questo è necessaria una competenza specifica deigenitori nella comprensione dei contenuti dei programmi e nellascelta di quelli adatti. Madri più competenti hanno mostrato mag-giori capacità di scegliere contenuti più adatti e porre regole più ef-ficaci nella gestione del media. La competenza influenza anche stilidiversi di gestione della TV, che possono essere acquisiti confrontan-dosi con altri genitori o interessandosi al valore che l’utilizzo dellaTV può avere. Così si osserva in positivo uno stile socializzante e di-dattico, che valorizza l’uso della TV per apprendere e per stare insie-me, e stili controllanti o al contrario che affidano i bambini a unautogoverno della televisione. In conclusione si nota che è semprecentrale la figura delle madre nella governance del mezzo televisivo ein particolare sono le madri sole che spesso affidano al mezzo tele-visivo una funzione “organizzante” dei loro tempi. Anche per que-sto è importante dare un sostegno ai genitori nella gestione e nellacomprensione del mezzo per fare in modo che essi possano fron-teggiare in maniera adeguata i propri compiti educativi.

924 Televisione e radio

Il governo della TV : etnografie del consumo televisivo in contesti domestici / Massimiliano Tarozzi (a curadi) ; contributi di Marco Dallari, Roberto Marcone, Valentina Mazzoni, Francesca Rapanà, PaolaVenuti. — Milano : F. Angeli, c2007. — 174 p. ; 23 cm. — Bibliografia: p. 169-172. —ISBN 978-88-464-8222-8.

Televisione – Uso da parte dei bambini in età prescolare – Ruolo dei genitori

Rassegna bibliografica 3/2007 150

Rassegna bibliografica 3/2007 151

130 FamiglieL’aiuto alla famiglia : guida per gli operatori volon-tari / Matteo Selvini e Gilberto Gillini. – Cini-sello Balsamo : San Paolo, c2007. – 161 p. ; 22cm. – (Piccola enciclopedia della famiglia. Lastagione della formazione della coppia ; 1). –ISBN 978-88-215-5839-9.

Famiglie – Sostegno

135 Relazioni familiariCari genitori / Phil Mcgraw ; traduzione di Da-niela Piccini. – Milano : Sperling & Kupfer,c2007. – XII, 318 p. ; 21 cm. – (Le grandi gui-de). – Trad. di: Family first. – Bibliografia: p. 307-316. – ISBN 978-88-200-4097-0.

Figli – Rapporti con i genitori

La paura di essere padre / a cura di Luciana Pisciottano Manara. – Roma : Magi, c2007. –171 p. ; 21 cm. – (Forma mentis). – ISBN 978-88-7487-215-2.

Paternità

Il tuo bambino e... la gelosia : una guida autorevoleper contenere la rivalità tra fratelli / T. BerryBrazelton, Joshua D. Sparrow. – Milano : R.Cortina, 2007. – 228 p. ; 18 cm. – Trad. di:Understanding sibling rivalry. – Bibliografia:p. 213-215. – ISBN 978-88-6030-091-1.

Fratelli – Gelosia

160 AdozioneGuidelines on post-adoption services / ChildO-NEurope. – Firenze : Istituto degli Innocenti,

stampa 2007. – 70 p. ; 30 cm. – Bibliografia: p. 68-70.

Post adozione

167 Adozione internazionale

Coppie e bambini nelle adozioni internazionali :rapporto della Commissione sui fascicoli dal16/11/2000 al 30/6/2007 realizzato in collabora-zione con l’Istituto degli Innocenti / Presidenzadel Consiglio dei Ministri, Il Ministro dellepolitiche per la famiglia, Commissione per leadozioni internazionali, autorità centrale perla convenzione de l’Aja del 29.05.1993 ; Firen-ze : Istituto degli Innocenti, stampa 2007. – 36p. ; 30 cm.

Adozione internazionale – Italia – 2000-2007 –Statistiche

L’Etiopia : una realtà del continente africano /[Presidenza del Consiglio dei Ministri, Com-missione per le adozioni internazionali ; hacurato la realizzazione del volume RaffaellaPregliasco]. – Firenze : Istituto degli Innocen-ti, stampa 2007. – IX, 267 p. ; 24 cm. – (Studie ricerche). – Bibliografia.

1. Bambini : Etiopi – Adozione internazionale2. Bambini e adolescenti – Condizioni sociali

– Etiopia

180 Separazione coniugale e divorzio

Libertà di stabilimento, affidamento condiviso edaffidamento esclusivo : un difficile rapporto a tre /di Alessandra Arceri.

Altre proposte di lettura

Altre proposte di lettura

Rassegna bibliografica 3/2007 152

In: Famiglia e diritto. – A. 14, n. 5 (magg.2007), p. 483-491.

Genitori separati – Residenza – In relazioneall’affidamento dei figli

216 Affettività e attaccamento

Educare all’affettività : a scuola di emozioni, statid’animo e sentimenti / Dario Ianes ; in collabo-razione con Heidrun Demo. – Gardolo :Erickson, c2007. – 228 p. ; 24 cm. – (Guideper l’educazione). – Bibliografia: p. 223-228. –ISBN 978-88-6137-019-7.

Educazione affettiva

Luoghi di attaccamento : identità ambientale, pro-cessi affettivi e memoria / Tilde Giani Gallino. –Milano : R. Cortina, 2007. – VII, 325 p. ; 21cm. – (Collana di psicologia ; 50). – Bibliogra-fia: p. 309-325. – ISBN 978-88-6030-087-4.

Attaccamento

254 Comportamento interpersonale

Il tuo bambino e... l’aggressività : una guida autore-vole per affrontare rabbia e collera / T. BerryBrazelton, Joshua D. Sparrow. – Milano : R.Cortina, 2007. – 227 p. ; 18 cm. – Trad. di:Mastering anger and aggression. – Bibliografia:p. 209-213. – ISBN 978-88-6030-090-4.

Bambini – Aggressività

330 Mediazione interculturale

Interventi di mediazione nella comunità : tra inte-grazione e nuove forme di cittadinanza.Tit. della cop. – Testi di: Elena Besozzi, Maria-grazia Santagati, Roberta Di Rosa ... [et al.]. In: Politiche sociali e servizi. – A. 8, 1(genn./giugno 2006), p. [3]-121.

1. Bambini e adolescenti immigrati –Integrazione scolastica

2. Mediazione interculturale

402 Diritto di famiglia

Codice della famiglia / a cura di Michele Sesta ;coordinatori: Luigi Balestra, Stefano Canestra-ri, Adriano Di Pietro, Leonardo Lenti, MicheleMiscione, Gian Franco Ricci, Alessandra Za-nobetti, Andrea Zanotti. – Milano : A. Giuf-frè, c2007. – 2 vol. ; 25 cm. – (Le fonti del di-ritto italiano). – ISBN 88-14-12419-1.

Diritto di famiglia – Italia

Diritto di famiglia : repertorio sistematico di giuri-sprudenza / Carlo Rimini, Giulia Viganò ; pre-fazione di Cesare Rimini ; con CD-Rom. –Padova : Cedam, 2007. – LXXXI, 656 p. ; 25cm + 1 CD-Rom. – ISBN 978-88-13-27455-9.

Diritto di famiglia – Italia

610 Educazione

Genitori, osate dire no! : proibizioni e divieti nell’educazione dei bambini / Patrick Delaroche.– Milano : De Vecchi, c2007. – 218 p. ; 21 cm. – Trad. di: Parents, osez dire non!. –ISBN 88-412-8605-9.

Figli – Educazione da parte dei genitori

620 Istruzione

Alunni pazienti : storie di scuola in ospedale /Gianni Ballestrin. – Gardolo : Erickson, c2007.– 163 p. ; 22 cm. – (Capire con il cuore). –ISBN 978-88-6137-044-9.

Scuole in ospedale – Testimonianze

La scuola in Italia / Marcello Dei. – 3. ed. ag-giornata. – Bologna : Il mulino, 2007. – 144 p.; 20 cm. – (Farsi un’idea ; 16). – Bibliografia:p. 143-144. – ISBN 978-88-15-11800-4.

Sistema scolastico – Italia

Straniero in classe : una pedagogia dell’ospitalità /Davide Zolletto. – Milano : R. Cortina, 2007.

Altre proposte di lettura

Rassegna bibliografica 3/2007 153

– 177 p. ; 20 cm. – (Minima ; 86). – Bibliogra-fia: p. 161-177. – ISBN 978-88-6030-092-8.

Bambini stranieri – Accoglienza nelle scuole eintegrazione scolastica

652 Scuole elementari

Attivare la risorsa famiglia : strumenti per cono-scersi, comunicare e aiutarsi / Gianluca Daffi. –Gardolo : Erickson, c2007. – 201 p. : ill. ; 30 cm. – (Materiali per l’educazione). – ISBN 978-88-6137-013-5.

Scuole elementari – Alunni – Genitori –Partecipazione

728 Disabilità

L’assistente alla comunicazione per l’alunno sordo: chi è, cosa fa e come si forma : manuale di riferi-mento per gli operatori, le scuole e le famiglie /di Rosanna Bosi, Simonetta Maragna e Rober-ta Tomassini. – Milano : F. Angeli, c2007. –190 p. ; 23 cm. – (Strumenti per il lavoro psi-co-sociale ed educativo ; 81). – Bibliografia: p. 185-190. – ISBN 978-88-464-8448-2.

Assistenti alla comunicazione

Disabilità, cura educativa e progetto di vita : tra pe-dagogia e didattica speciale / Roberto Franchini. –Gardolo : Erickson, c2007. – 179 p. ; 24 cm. –(Guide per l’educazione speciale). – Bibliogra-fia: p. 175-179. – ISBN 978-88-6137-043-2.

Disabili – Cura ed educazione

762 Sistema nervoso – Malattie.Disturbi psichici

La balbuzie : cosa significa e come superarla /Nucci A. Rota. – Roma : Carocci Faber, 2007.– 119 p. ; 18 cm. – (I tascabili ; 83). – Biblio-grafia: p. 117-119. – ISBN 978-88-7466-508-2.

Balbuzie

La disgrafia senza dislessia : dalla diagnosi alla riabi-litazione / a cura di Carla Basagni ; prefazionedi Giuseppe Talamucci ; con la presentazionedi Lucilla Tonucci. – Tirrenia : Edizioni delCerro, 2007. – 145 p. : ill. ; 24 cm. – (Studi ericerche ; 20). – Bibliografia: p. 142-145. –ISBN 978-88-8216-255-9.

Disgrafia

Dislessia e trattamento sublessicale : attività di re-cupero su analisi sillabica, gruppi consonantici ecomposizione di parole / Susi Cazzaniga, AnnaMaria Re, Cesare Cornoldi, Silvana Poli e Pa-trizio E. Tressoldi. – Rist. – Gardolo : Erickson,stampa 2007. – 272 p. : ill. ; 30 cm + 1 CD-Rom. – (Materiali di recupero e sostegno). –Bibliografia. – ISBN 978-88-6137-028-9.

Bambini – Dislessia – Terapia

Dislessia evolutiva : dall’identificazione del disturboall’intervento / Claudio Vio, Cristina Toso. –Roma : Carocci Faber, 2007. – 167 p. ; 18 cm.– (I tascabili ; 84). – Bibliografia ed elenco sitiweb: p. 153-167. – ISBN 978-88-7466-506-8.

Dislessia

803 Politiche sociali

Le politiche per l’infanzia, l’adolescenza e le fami-glie in Toscana : dall’analisi della condizione allaprogrammazione degli interventi : rapporto 2007/ Regione Toscana, Istituto degli Innocenti diFirenze. – [Firenze. : Istituto degli Innocenti],stampa 2007. – XIII, 485 p. ; 24 cm. – Biblio-grafia: p. 391-459.

Bambini, adolescenti e famiglie – Politichesociali – Toscana – Rapporti di ricerca – 2007

Per un welfare dalla parte dei cittadini.Volume pri-mo, Aspetti territoriali della domanda delle politi-che sociali / a cura di Antonella Ciocia ; pre-sentazione di Enrico Pugliese ; postfazione diAndrea Barbieri. – Roma : Carocci, 2007. –

Altre proposte di lettura

Rassegna bibliografica 3/2007 154

350 p. ; 22 cm. – (Servizi e politiche sociali.Ricerche ; 138). – Bibliografia: p. 325-344. –ISBN 978-88-430-3976-0.

Welfare state – Effetti del decentramentoamministrativo – Italia

808 Terzo settore

Psicologia del volontariato / Elena Marta, MauraPozzi. – Roma : Carocci, 2007. – 111 p. ; 20cm. – (Le bussole. Psicologia ; 247). – Biblio-grafia: p. 100. – ISBN 978-88-430-3905-0.

Volontariato

810 Servizi sociali

Assistenti sociali e problemi migratori / EnzoNocifora.In: Prospettive sociali e sanitarie. – A. 37, n. 8(1 magg. 2007), p. 11-14.

Assistenti sociali – Formazione professionale –Temi specifici : Immigrati – Integrazionesociale – Italia

920 Mezzi di comunicazione dimassa

Bambini e pubblicità / Renata Metastasio. – Roma : Carocci, 2007. – 126 p. ; 20 cm. – (Le bussole. Scienze della comunicazione ;

260). – Bibliografia: p. 119-126. – ISBN 978-88-430-3918-0.

Bambini – Rapporti con la pubblicità

Comunicazione e infanzia : spunti per la 41. gior-nata delle comunicazioni.Tit. della cop. – Testi di: Benedetto XVI, Fran-cesco Belletti, Marina D’Amato… [et al.].In: Famiglia oggi. – A. 29, n. 5/6 (magg./giu-gno 2007), p. 8-63.

1. Bambini e adolescenti – Educazione ai media2. Mezzi di comunicazione di massa

Immigrati e media / Censis.Contiene: L’immagine dell’immigrato in TV;Riflessione europea sui diritti di cittadinanzadelle minoranze etniche nei media.In: Censis. – N. 8/9 (ag./sett. 2006), = A. 42,n. 686, p. [131]-168.

Mezzi di comunicazione di massa – Temispecifici : Immigrati e minoranze etniche –Italia

975 Associazionismo giovanile

Scouts in Europe . – [Firenze] : Istituto degli In-nocenti, stampa 2007. – 59 p. ; 30 cm. – Incop.: Provincia di Firenze; Rower way Italia06; Istituto degli Innocenti; FIS.

Scoutismo – Europa

Rassegna bibliografica 3/2007 155

100 Infanzia, adolescenza. Famiglie130 Famiglie135 Relazioni familiari150 Affidamento familiare160 Adozione167 Adozione internazionale 180 Separazione coniugale

e divorzio

200 Psicologia216 Affettività e attaccamento224 Intelligenza240 Psicologia dello sviluppo250 Capacità sociale254 Comportamento

interpersonale

300 Società. Ambiente303 Popolazioni314 Immigrazione330 Mediazione interculturale332 Comportamento sociale334 Conflitti armati357 Bambini e adolescenti –

Violenza sessuale

400 Diritto402 Diritto di famiglia

500 Amministrazioni pubbliche550 Partecipazione

600 Educazione, istruzione. Servizieducativi610 Educazione615 Educazione interculturale

620 Istruzione scolastica622 Istruzione scolastica –

Aspetti psicologici675 Formazione

professionale684 Servizi educativi per la

prima infanzia

700 Salute728 Disabilità734 Consumo di alcolici e

alcolismo 742 Gravidanza762 Sistema nervoso –

Malattie. Disturbi psichici764 Disturbi

dell’alimentazione

800 Politiche sociali. Servizi socialie sanitari803 Politiche sociali 806 Famiglie – Politiche

sociali808 Terzo settore810 Servizi sociali818 Servizi semiresidenziali

e di aggregazione820 Servizi residenziali

per minori830 Servizi sociosanitari

900 Cultura, storia, religione920 Mezzi di comunicazione

di massa924 Televisione e radio975 Associazionismo

giovanile

Elenco delle voci di classificazioneI numeri di classificazione e le relative voci fanno parte dello Schema diclassificazione sull’infanzia e l’adolescenza e si riferiscono allesegnalazioni bibliografiche presenti in questo numero.

Rassegna bibliografica 3/2007 156

Abbandono degli studiv. Dispersione scolastica

Abbandono scolasticov. Dispersione scolastica

Abilità socialev. Capacità sociale

AccertamentoBambini e adolescenti – Maltrattamento e violenza sessuale – Accertamento

e prevenzione da parte degli insegnantiAccoglienza

Bambini stranieri – Accoglienza nelle scuole e integrazione scolasticav.a. Servizi di accoglienza per bambini e adolescenti

AdolescentiAdolescenti – Educazione alla saluteAlcolici – Consumo da parte degli adolescentiBambini, adolescenti e famiglie – Politiche sociali – Toscana – Rapporti

di ricerca – 2007Bambini e adolescenti – Condizioni sociali – EtiopiaBambini e adolescenti – Educazione ai mediaBambini e adolescenti – Maltrattamento e violenza sessuale –

Accertamento e prevenzione da parte degli insegnantiBambini e adolescenti – Sviluppo psicologicoGiustizia – Rappresentazione da parte degli adolescentiv.a. Figli adolescenti, Servizi di accoglienza per bambini e adolescenti,

Servizi per l’età evolutivaAdolescenti immigrati

Adolescenti immigrati – Integrazione scolasticaBambini e adolescenti immigrati – Integrazione scolasticav.a. Immigrati, Immigrazione

Adozione internazionaleAdozione internazionale – Italia – 2000-2007 – StatisticheBambini : Etiopi – Adozione internazionalev.a. Post adozione

AffidamentoGenitori separati – Residenza – In relazione all’affidamento dei figliv.a. Divorzio, Separazione

Affidamento condivisoAffidamento che prevede la possibilità per il giudice di affidare i figli minori ad

84

153

112116

153151

148, 154

846678

100152

151151

152

Indice dei soggettiOgni stringa di soggetto compare sotto tutti i termini di indicizzazione significativi di cui è composta

Indice dei soggetti

entrambi i genitori. Sancisce il diritto del minore a mantenere un rapporto equilibratoe continuativo con i propri genitori e a ricevere cura ed educazione da entrambi.Affidamento condiviso – Italiav.a. Divorzio, Genitori separati, Separazione

Affidamento familiareAffidamento familiarev.a. Comunità per minori, Famiglie, Federazione SCS/CNOS

Affido familiarev. Affidamento familiare

AggressivitàBambini – Aggressivitàv.a. Maltrattamento

AlcoliciAlcolici – Consumo da parte degli adolescenti

AlunniScuole elementari – Alunni – Genitori – Partecipazionev.a. Bambini, Preadolescenti, Scuole, Sistema scolastico

Asili nidoAsili nido – Bambini piccoli – Disagio – Prevenzione – Progetti – Trento

(prov.)Assistenti alla comunicazione

Figura professionale prevista dalla L. 104/1992, opera in ambito scolastico conl’obiettivo di abbattere le barriere comunicative fra l’alunno sordo, gli altri alunnie gli insegnati e di offrirgli pari opportunità di esprimere pienamente le propriepotenzialità scolastiche. Può operare anche in ambito familiare sopratutto conbambini sordi in età prescolare. Assistenti alla comunicazionev.a. Comunicazione verbale, Integrazione scolastica

Assistenti socialiAssistenti socialiAssistenti sociali – Formazione professionale – Temi specifici : Immigrati

– Integrazione sociale – ItaliaAttaccamento

AttaccamentoAttaccamento disorganizzato

Attaccamento disorganizzatoAustria

Educazione ai media – Progetti – Austria, Germania e ItaliaAutismo

Autismo e sindrome di Asperger – Guide per i genitoriv.a. Capacità sociale, Comunicazione interpersonale, Bambini autistici

BalbuzieBalbuziev.a. Comunicazione verbale

BambiniBambini – Aggressività

Rassegna bibliografica 3/2007 157

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60

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122

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152

Bambini – Comunicazione verbale e linguaggio – SviluppoBambini – Dislessia – TerapiaBambini – Educazione interculturale – Ruolo dei giochiBambini : Etiopi – Adozione internazionaleBambini – Rapporti con la pubblicitàBambini – Violenza sessualeBambini, adolescenti e famiglie – Politiche sociali – Toscana – Rapporti

di ricerca – 2007Bambini e adolescenti – Condizioni sociali – EtiopiaBambini e adolescenti – Educazione ai mediaBambini e adolescenti – Maltrattamento e violenza sessuale – Accertamento

e prevenzione da parte degli insegnantiBambini e adolescenti – Sviluppo psicologicoBambini e preadolescenti – Capacità socialev.a. Alunni, Servizi di accoglienza per bambini e adolescenti, Servizi per

l’età evolutivaBambini autistici

Bambini autisticiBambini autistici – Comunicazione interpersonale e socializzazionev.a. Autismo

Bambini immigratiBambini e adolescenti immigrati – Integrazione scolasticaScuole elementari – Bambini immigrati – Integrazione scolastica –

Emilia-Romagna e Marchev.a. Bambini stranieri, Immigrati, Immigrazione

Bambini in età prescolareScuole dell’infanzia – Bambini in età prescolare – Disagio – Prevenzione

– Progetti – Trento (prov.)Televisione – Uso da parte dei bambini in età prescolare – Ruolo dei

genitoriBambini piccoli

Asili nido – Bambini piccoli – Disagio – Prevenzione – Progetti – Trento(prov.)

Bambini soldatoPersone di età inferiore ai 18 anni arruolate in un esercito o in gruppi armatiper lo svolgimento di tutte le attività connesse alla guerra e alla vita militare.Include i bambini parenti dei soldati e le bambine portate al seguito a scopo disfruttamento sessuale.Bambini soldato

Bambini stranieriBambini stranieri – Accoglienza nelle scuole e integrazione scolasticav.a. Bambini immigrati

Bevande alcolichev.a. Alcolici

BrianzaDispersione scolastica – Prevenzione – Progetti – Brianza

Indice dei soggetti

Rassegna bibliografica 3/2007 158

6415398

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153151

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846668

124120

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102

110

150

110

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104

Indice dei soggetti

Capacità socialeCapacità di gestire le relazioni sociali e di cooperare con gli altri.Bambini e preadolescenti – Capacità socialev.a. Autismo, Sindrome di Asperger, Socializzazione

Comunicazione interpersonaleBambini autistici – Comunicazione interpersonale e socializzazionev.a. Autismo, Sindrome di Asperger

Comunicazione verbaleBambini – Comunicazione verbale e linguaggio – Sviluppov.a. Assistenti alla comunicazione, Balbuzie

Comunità per minoriFederazione SCS/CNOS – Comunità per minori – Qualità –

Valutazionev.a. Affidamento familiare

Condizioni socialiBambini e adolescenti – Condizioni sociali – Etiopia

ConsumoAlcolici – Consumo da parte degli adolescenti

CuraDisabili – Cura ed educazionev.a. Sostegno

Decentramento amministrativoWelfare state – Effetti del decentramento amministrativo – Italiav.a. Welfare municipale

Diritto di famigliaDiritto di famiglia – Italiav.a. Famiglie

Diritto internazionale privato comunitarioFamiglie – Diritto internazionale privato comunitariov.a. Paesi dell’Unione Europea

DisabiliDisabili – Cura ed educazionev.a. Servizi per disabili

DisagioAsili nido – Bambini piccoli – Disagio – Prevenzione – Progetti – Trento

(prov.)Scuole dell’infanzia – Bambini in età prescolare – Disagio – Prevenzione –

Progetti – Trento (prov.)Disgrafia

Difficoltà nell’apprendimento della scrittura, indipendente dal livello mentale delsoggetto e dal suo livello di scolarità; consiste nell’incapacità di collegare i suoni(lettere e parole), che pure vengono compresi, con i rispettivi simboli grafici.Disgrafia

DislessiaBambini – Dislessia – TerapiaDislessia

Rassegna bibliografica 3/2007 159

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110

110

153

153153

Dispersione scolasticaDispersione scolastica – Prevenzione – Progetti – Brianzav.a. Scuole

Disturbi dell’alimentazioneDisturbi dell’alimentazione – Prevenzione – Politiche sociali – Italia – 2006

Disturbo di Aspergerv. Sindrome di Asperger

DivorziatiSeparati e divorziati – Obbligo di mantenimento – Italiav.a. Divorzio

DivorzioGenitori – Separazione coniugale e divorzio – Reazioni dei figliSeparazione coniugale e divorzio – Italiav.a. Affidamento,Affidamento condiviso, Divorziati

Docentiv.a. Insegnanti

EducazioneDisabili – Cura ed educazioneFigli – Educazione da parte dei genitoriv.a. Pedagogia, Ricerca educativa

Educazione affettivaEducazione affettiva

Educazione ai mediaBambini e adolescenti – Educazione ai mediaEducazione ai media – Progetti – Austria, Germania e Italiav.a. Mezzi di comunicazione di massa

Educazione alla saluteAdolescenti – Educazione alla salute

Educazione allo sviluppoAttività educativa che mira a promuovere la conoscenza delle teorie relative allosviluppo economico e sociale di un popolo o di una nazione per quanto riguardagli aspetti economici e quelli culturali. Educazione allo sviluppo e educazione interculturale – Manuali

Educazione interculturaleBambini – Educazione interculturale – Ruolo dei giochiEducazione allo sviluppo e educazione interculturale – Manualiv.a. Mediazione interculturale

Educazione sanitariav. Educazione alla salute

Emilia RomagnaScuole elementari – Bambini immigrati – Integrazione scolastica –

Emilia-Romagna e MarcheEtiopi

Bambini : Etiopi – Adozione internazionaleEtiopia

Bambini e adolescenti – Condizioni sociali – Etiopia

Indice dei soggetti

Rassegna bibliografica 3/2007 160

104

126

54

5856

153152

152

148, 154146

112

96

9896

102

151

151

Indice dei soggetti

EuropaScoutismo – Europav.a. Paesi dell’Unione Europea

FamiglieBambini, adolescenti e famiglie – Politiche sociali – Toscana – Rapporti

di ricerca – 2007Famiglie – Diritto internazionale privato comunitarioFamiglie – Politiche sociali – Italia – Rapporti di ricerca – 2006Famiglie – SostegnoFamiglie – Sussidi economici – Italiav.a. Affidamento familiare, Diritto di famiglia, Obblighi di assistenza

familiareFamiglie di fatto

Famiglie di fatto – ItaliaFederazione SCS/CNOS

Federazione SCS/CNOS – Comunità per minori – Qualità – Valutazionev.a. Affidamento familiare

FigliFigli – Educazione da parte dei genitoriFigli – Rapporti con i genitoriGenitori – Separazione coniugale e divorzio – Reazioni dei figliGenitori separati – Residenza – In relazione all’affidamento dei figli

Figli adolescentiFigli adolescenti – Rapporti con i genitoriv.a. Adolescenti

Formazione professionaleAssistenti sociali – Formazione professionale – Temi specifici : Immigrati –

Integrazione sociale – ItaliaFratelli

Fratelli – GelosiaGelosia

Fratelli – GelosiaGenitori

Autismo e sindrome di Asperger – Guide per i genitoriFigli – Educazione da parte dei genitoriFigli – Rapporti con i genitoriFigli adolescenti – Rapporti con i genitoriGenitori – Separazione coniugale e divorzio – Reazioni dei figliScuole elementari – Alunni – Genitori – PartecipazioneTelevisione – Uso da parte dei bambini in età prescolare – Ruolo dei

genitoriGenitori separati

Genitori separati – Residenza – In relazione all’affidamento dei figliv.a Affidamento condiviso, Separati, Separazione coniugale

GermaniaEducazione ai media – Progetti – Austria, Germania e Italia

Rassegna bibliografica 3/2007 161

154

15386

132151134

46, 48

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152151

58152

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122152151

5058

153

150

152

146

GestioneWelfare municipale – Gestione e programmazione – Ruolo del lavoro

di gruppoGiochi

Bambini – Educazione interculturale – Ruolo dei giochiv.a. Servizi ricreativi per il tempo libero

GiovaniGiovani – Partecipazione politica – Paesi dell’Unione Europea

GiustiziaGiustizia – Rappresentazione da parte degli adolescenti

GuideAutismo e sindrome di Asperger – Guide per i genitori

Handicappativ. Disabili

ImmigratiAssistenti sociali – Formazione professionale – Temi specifici : Immigrati –

Integrazione sociale – ItaliaMezzi di comunicazione di massa – Temi specifici : Immigrati e minoranze

etniche – Italiav.a. Adolescenti immigrati, Bambini immigrati, Immigrazione

ImmigrazioneImmigrazione – ItaliaImmigrazione – Politiche – Italia – 1861-2006v.a. Adolescenti immigrati, Bambini immigrati, Immigrati

Immigrazione clandestinaImmigrazione clandestina – Italia

InsegnantiBambini e adolescenti – Maltrattamento e violenza sessuale – Accertamento

e prevenzione da parte degli insegnantiv.a. Scuole, Sistema scolastico

Integrazione scolasticaAdolescenti immigrati – Integrazione scolasticaBambini e adolescenti immigrati – Integrazione scolasticaBambini stranieri – Accoglienza nelle scuole e integrazione scolasticaScuole elementari – Bambini immigrati – Integrazione scolastica –

Emilia-Romagna e Marchev.a. Assistenti alla comunicazione, Integrazione sociale, Sistema

scolasticoIntegrazione sociale

Assistenti sociali – Formazione professionale – Temi specifici : Immigrati –Integrazione sociale – Italia

v.a. Integrazione scolastica, SocializzazioneIntelligenza emotiva

Intelligenza emotivaItalia

Adozione internazionale – Italia – 2000-2007 – Statistiche

Indice dei soggetti

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Indice dei soggetti

Affidamento condiviso – Italia Assistenti sociali – Formazione professionale – Temi specifici : Immigrati –

Integrazione sociale – ItaliaDiritto di famiglia – ItaliaDisturbi dell’alimentazione – Prevenzione – Politiche sociali – Italia –

2006Educazione ai media – Progetti – Austria, Germania e ItaliaFamiglie – Politiche sociali – Italia – Rapporti di ricerca – 2006Famiglie – Sussidi economici – ItaliaFamiglie di fatto – ItaliaImmigrazione – ItaliaImmigrazione – Politiche – Italia – 1861-2006Immigrazione clandestina – ItaliaItalia – Popolazione – Sec. 21.Mezzi di comunicazione di massa – Temi specifici : Immigrati e minoranze

etniche – ItaliaOrganizzazioni senza scopo di lucro – Organizzazione – ItaliaSeparati e divorziati – Obbligo di mantenimento – ItaliaSeparazione coniugale e divorzio – ItaliaServizi di accoglienza per bambini e adolescenti, servizi per l’età evolutiva

e servizi ricreativi per il tempo libero – ItaliaSistema scolastico – ItaliaWelfare state – Effetti del decentramento amministrativo – Italia

Lavoro di gruppoWelfare municipale – Gestione e programmazione – Ruolo del lavoro

di gruppoLavoro di rete

Servizi per disabili – Lavoro di rete – LombardiaLinguaggio

Bambini – Comunicazione verbale e linguaggio – SviluppoLombardia

Servizi per disabili – Lavoro di rete – LombardiaMaltrattamento

Bambini e adolescenti – Maltrattamento e violenza sessuale – Accertamentoe prevenzione da parte degli insegnanti

v.a. AggressivitàManuali

Educazione allo sviluppo e educazione interculturale – ManualiMarche

Scuole elementari – Bambini immigrati – Integrazione scolastica – Emilia-Romagna e Marche

Mass mediav. Mezzi di comunicazione di massa

Mediazione interculturaleMediazione interculturalev.a. Educazione interculturale

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Mezzi di comunicazione di massaMezzi di comunicazione di massaMezzi di comunicazione di massa – Temi specifici : Immigrati e minoranze

etniche – Italiav.a. Educazione ai media,Televisione

Minoranze etnicheMezzi di comunicazione di massa – Temi specifici : Immigrati e minoranze

etniche – ItaliaNascita

Nascita – PedagogiaNidi

v. Asili nidoObblighi di assistenza familiare

Obblighi di assistenza familiarev.a. Famiglie, Sussidi economici

Obbligo di mantenimentoSeparati e divorziati – Obbligo di mantenimento – Italia

OrganizzazioneOrganizzazioni senza scopo di lucro – Organizzazione – Italia

Organizzazioni senza scopo di lucroOrganizzazioni senza scopo di lucro – Organizzazione – Italiav.a. Volontariato

Paesi dell’Unione EuropeaGiovani – Partecipazione politica – Paesi dell’Unione Europeav.a. Diritto internazionale privato comunitario, Europa

PartecipazionePartecipazioneScuole elementari – Alunni – Genitori – Partecipazione

Partecipazione politicaGiovani – Partecipazione politica – Paesi dell’Unione Europea

PaternitàPaternità

PedagogiaNascita – Pedagogiav.a. Educazione

PoliticheImmigrazione – Politiche – Italia – 1861-2006

Politiche socialiBambini, adolescenti e famiglie – Politiche sociali – Toscana – Rapporti

di ricerca – 2007Disturbi dell’alimentazione – Prevenzione – Politiche sociali – Italia – 2006Famiglie – Politiche sociali – Italia – Rapporti di ricerca – 2006v.a. Welfare state

PopolazioneItalia – Popolazione – Sec. 21.

Post adozionePost adozionev.a. Adozione internazionale

Indice dei soggetti

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Indice dei soggetti

PreadolescentiBambini e preadolescenti – Capacità socialev.a. Alunni

PrevenzioneAsili nido – Bambini piccoli – Disagio – Prevenzione – Progetti – Trento

(prov.)Bambini e adolescenti – Maltrattamento e violenza sessuale – Accertamento

e prevenzione da parte degli insegnantiDispersione scolastica – Prevenzione – Progetti – BrianzaDisturbi dell’alimentazione – Prevenzione – Politiche sociali – Italia – 2006Scuole dell’infanzia – Bambini in età prescolare – Disagio – Prevenzione –

Progetti – Trento (prov.)Progetti

Asili nido – Bambini piccoli – Disagio – Prevenzione – Progetti – Trento(prov.)

Dispersione scolastica – Prevenzione – Progetti – BrianzaEducazione ai media – Progetti – Austria, Germania e ItaliaScuole dell’infanzia – Bambini in età prescolare – Disagio – Prevenzione –

Progetti – Trento (prov.)Programmazione

Welfare municipale – Gestione e programmazione – Ruolo del lavoro di gruppo

Psicologi scolasticiPsicologi scolasticiv.a. Sistema scolastico

PubblicitàBambini – Rapporti con la pubblicità

QualitàFederazione SCS/CNOS – Comunità per minori – Qualità – ValutazioneServizi sociosanitari – Qualità

RapportiBambini – Rapporti con la pubblicitàFigli – Rapporti con i genitoriFigli adolescenti – Rapporti con i genitori

Rapporti di ricercaBambini, adolescenti e famiglie – Politiche sociali – Toscana – Rapporti

di ricerca – 2007Famiglie – Politiche sociali – Italia – Rapporti di ricerca – 2006

RappresentazioneGiustizia – Rappresentazione da parte degli adolescenti

ReazioniGenitori – Separazione coniugale e divorzio – Reazioni dei figli

Relazioniv. Rapporti

ResidenzaGenitori separati – Residenza – In relazione all’affidamento dei figli

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Ricerca educativaRicerca educativav.a. Educazione

ScoutismoScoutismo – Europa

ScuoleBambini stranieri – Accoglienza nelle scuole e integrazione scolasticav.a. Alunni, Dispersione scolastica, Insegnanti, Sistema scolastico

Scuole dell’infanziaScuole dell’infanzia – Bambini in età prescolare – Disagio – Prevenzione –

Progetti – Trento (prov.)v.a. Sistema scolastico

Scuole elementariScuole elementari – Alunni – Genitori – PartecipazioneScuole elementari – Bambini immigrati – Integrazione scolastica –

Emilia-Romagna e Marchev.a. Sistema scolastico

Scuole in ospedaleScuole in ospedale – Testimonianze

SeparatiSeparati e divorziati – Obbligo di mantenimento – Italiav.a. Genitori separati, Separazione coniugale

Separazione coniugaleGenitori – Separazione coniugale e divorzio – Reazioni dei figliSeparazione coniugale e divorzio – Italiav.a. Affidamento,Affidamento condiviso, Genitori separati, Separati

Servizi di accoglienza per bambini e adolescentiServizi di accoglienza per bambini e adolescenti, servizi per l’età evolutiva

e servizi ricreativi per il tempo libero – Italiav.a. Accoglienza,Adolescenti, Bambini

Servizi per disabiliServizi per disabili – Lavoro di rete – Lombardiav.a. Disabili

Servizi per l’età evolutivaServizi di accoglienza per bambini e adolescenti, servizi per l’età evolutiva

e servizi ricreativi per il tempo libero – Italiav.a. Adolescenti, Bambini

Servizi ricreativi per il tempo liberoServizi di accoglienza per bambini e adolescenti, servizi per l’età evolutiva

e servizi ricreativi per il tempo libero – Italiav.a. Giochi

Servizi sociosanitariServizi sociosanitari – Qualità

Sindrome di AspergerSindrome simile all’autismo, i cui sintomi consistono nella difficoltà delsoggetto a interagire e a comunicare con gli altri in un limitato repertorio di

Indice dei soggetti

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Indice dei soggetti

interessi e attività. Lo sviluppo motorio dei soggetti, affetti da questa sindrome,può risultare ritardato e impacciato.Autismo e sindrome di Asperger – Guide per i genitoriv.a. Capacità sociale, Comunicazione interpersonale

Sistema scolasticoSistema scolastico – Italiav.a. Alunni, Insegnanti, Integrazione scolastica, Psicologi scolastici, Scuole,

Scuole dell’infanzia, Scuole elementariSocializzazione

Bambini autistici – Comunicazione interpersonale e socializzazionev.a. Capacità sociale, Integrazione sociale

SostegnoFamiglie – Sostegnov.a. Cura

StatisticheAdozione internazionale – Italia – 2000-2007 – Statistiche

SupervisioneSupervisione

Sussidi economiciFamiglie – Sussidi economici – Italiav.a. Obblighi di assistenza familiare

SviluppoBambini – Comunicazione verbale e linguaggio – Sviluppo

Sviluppo psicologicoBambini e adolescenti – Sviluppo psicologico

TelevisioneTelevisione – Uso da parte dei bambini in età prescolare – Ruolo dei

genitoriv.a. Mezzi di comunicazione di massa

TerapiaBambini – Dislessia – Terapia

TestimonianzeScuole in ospedale – Testimonianze

ToscanaBambini, adolescenti e famiglie – Politiche sociali – Toscana – Rapporti

di ricerca – 2007Trento (prov.)

Asili nido – Bambini piccoli – Disagio – Prevenzione – Progetti – Trento(prov.)

Scuole dell’infanzia – Bambini in età prescolare – Disagio – Prevenzione –Progetti – Trento (prov.)

UsoTelevisione – Uso da parte dei bambini in età prescolare – Ruolo dei

genitoriValutazione

Federazione SCS/CNOS – Comunità per minori – Qualità – Valutazione

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Verificav. Accertamento

Violenza sessualeBambini – Violenza sessualeBambini e adolescenti – Maltrattamento e violenza sessuale – Accertamento

e prevenzione da parte degli insegnantiVolontariato

Volontariatov.a. Organizzazioni senza scopo di lucro

Welfare municipaleWelfare municipale Welfare municipale – Gestione e programmazione – Ruolo del lavoro

di gruppov.a. Decentramento amministrativo

Welfare stateWelfare state – Effetti del decentramento amministrativo – Italiav.a. Politiche sociali

Indice dei soggetti

Rassegna bibliografica 3/2007 169

Amadei, Tinina 138Arceri, Alessandra 151Avalle, Ugo 94Balestra, Luigi 152Ballestrin, Gianni 152Barberis, Eduardo 102Barbieri, Andrea 153Bariatti, Stefania 86Basagni, Carla 153Belardi, Nando 108Belletti, Francesco 154Benedictus XVI, papa 154Bernardi, Isabella 52Berry Brazelton, Thomas 151, 152Besozzi, Elena 152Bonifazi, Corrado 74Bontempi, Marco 90Bosi, Rosanna 153Bosisio, Roberta 78Brauner, Alfred 124Brauner, Françoise 124Bruni, Claudia 100Cammarata, Roberta 78Canestrari, Stefano 152Caravanna, Fabrizio 94Caravita, Simona 84Carr-Gregg, Michael 50Casini, Carlo 48Castelfranchi, Lucilla 52Castellazzi, Vittorio Luigi 82Cazzaniga, Susi 153Censis 154ChildONEurope 151Chiuri, Maria Concetta 72Ciocia, Antonella 153Commissione per le adozioni

internazionaliv. Italia. Commissione

per le adozioni internazionali

Confalonieri, Emanuela 106Congiu, Sara 120Coniglio, Nicola 72Cornoldi, Cesare 153Corsano, Paola 68Daffi, Gianluca 153Dallari, Marco 150D’Amato, Marina 154David, Jean 96Dawson, Geraldine 122De Rugeriis, Graziamaria 116Dei, Marcello 152Delaroche, Patrick 152Demo, Heidrun 152Di Edoardo, Barbara 102Di Pietro, Adriano 152Di Rosa, Roberta T. 152Donati, Pierpaolo 132Einaudi, Luca 76Elamé, Esoh 96Facchini, Giulia 56Farina, Fatima 102Fazzi, Luca 136Federazione italiana

dello scoutismov. FISFelini, Damiano 146Ferri, Giovanni 72Fierro Cenderelli, Fabrizia 88Firenze (Provincia) 154FIS 154Fissore, Alessandra 56Fondazione IARD 104Franchini, Roberto 153Franco, Manuela 62Gelli, Bianca 92George, Carol 60Giani Gallino, Tilde 152Gillini, Gilberto 151Giuliodori, Claudio 148

Indice degli autori

Indice degli autori

Rassegna bibliografica 3/2007 170

Gruppo di coordinamento per la demografia 70

Guarino, Angela 112Ianes, Dario 152Iori, Vanna 118Istituto degli Innocenti 151, 153, 154Italia. Commissione

per le adozioni internazionali 151

Lenti, Leonardo 152Maggioni, Guido 102Majorano, Marinella 64Maniotti, Paola 98Mannarini, Terri 92Maragna, Simonetta 153Marcone, Roberto 150Marta, Elena 154Martelli, Alessandro 128Mazzoni, Valentina 150McGraw, Phil 151McPartland, James 122Melandri, Giovanna 126Metastasio, Renata 154Miotto, Davide 114Miragoli, Sarah 84Miscione, Michele 152Misesti, Paola 140Moro, Marie Rose 100Musi, Elisabetta 118Naggar, Magda 56Nocifora, Enzo 154Oberto, Giacomo 56Ongari, Barbara 110Orlando, Vito 142Osservatorio nazionale

sulla famiglia 132Ozonoff, Sally 122Parola, Alberto 94Pasquinelli, Sergio 134Piccini, Daniela 151Pisciottano Manara, Luciana 151Pocaterra, Renato 90, 104Poli, Silvana 153Pontificia studiorum

universitas Salesianav. Università pontificia salesianaPozzi, Maura 154Pozzi, Stefania 104Pregliasco, Raffaella 151Provincia di Firenze

v. Firenze (Provincia)Pugliese, Enrico 153Quill, Kathleen Ann 120Rapanà, Francesca 150Rapari, Sabina 102Ravazzano, Giovanna 94Re, Anna Maria 153Regione Toscanav. ToscanaRegoliosi, Luigi 140Ricci, Carola 86Ricci, Gian Franco 152Riccio, Domenico 46Rimini, Carlo 152Rimini, Cesare 152Ronfani, Anna C. 56Ronfani, Paola 78Rosen, David M. 80Rota, Nucci Assunta 153Rower way Italia 154Santagati, Mariagrazia 152Sbressa Agneni, Alessandra 54Sbressa Agneni, Stefania 54Scurati, Cesare 146Selvini, Matteo 151Sesta, Michele 152Silj, Benedetta 126Società italiana di statistica.

Gruppo di coordinamento per la demografia

v. Gruppo di coordinamento per la demografia

Solomon, Judith 60Spada, Cristina 102Sparrow, Joshua D. 151, 152Talamucci, Giuseppe 153Tappatà, Laura 62Tarozzi, Massimiliano 150Terzi, Alberto 140Tincani, Persio 78Tomasi, Francesca 110Tomasi, Laura 86Tomassini, Roberta 153Tomisich, Manuela 106Tonucci, Lucilla 153Toscana 153Toso, Cristina 153Trento (Provincia).

Assessorato all’istruzione e alle politiche giovanili 110

Indice degli autori

Tressoldi, Patrizio E. 153Università pontificia

salesiana 142Varagona, Vincenzo 148Vegetti Finzi, Silvia 58Venuti, Paola 66, 150Vernò, Franco 130Viganò, Giulia 152Vincenti, Alessandra 102

Vio, Claudio 153Vivanti, Giacomo 120Wallnöfer, Gerwald 108Weyland, Beate 146Zanobetti, Alessandra 152Zanotti, Andrea 152Zenarolla, Anna 144Zoccatelli, Barbara 110Zoletto, Davide 152

Rassegna bibliografica 3/2007 171

Rassegna bibliografica 3/2007 172

Indice generale

Percorso di lettura

Segnalazioni bibliografiche

Altre proposte di lettura

Elenco delle voci di classificazione

Indice dei soggetti

Indice degli autori

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Finito di stampare nel mese di dicembre 2007presso il Centro Stampa della Scuola Sarda Editrice, Cagliari