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RAPPORTO SULL’ECONOMIA DEL FRIULI VENEZIA GIULIA Start-up, imprese creative e culturali L’economia reale dal punto di osservazione delle Camere di Commercio maggio 2016

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RAPPORTO SULL’ECONOMIA DEL FRIULI VENEZIA GIULIA

Start-up, imprese creative e culturali

L’economia reale dal punto di osservazione delle Camere di Commercio

maggio 2016

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Rapporto redatto dai Centri Studi – Unioncamere FVG

Emanuela Fattorel – Segretario di Unioncamere

Bensi Fabia – Trieste

Boaro Laura – Pordenone

Buiatti Francesca – Udine

Cappello Maria – Udine

Delfrate Alessandro – Trieste

Piva Cinzia - Pordenone

Zavan Roberto - Gorizia

Passon Mario coordinatore - Udine

Il Rapporto è scaricabile dai siti camerali e dal sito www.starnet.unioncamere.it Si autorizza la riproduzione, la diffusione e l’utilizzazione della presente pubblicazione a condizione di citare la fonte.

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Indice Indice................................................................................................................................................ 3  Premessa ......................................................................................................................................... 5  Sezione I - Scenario macro internazionale e nazionale............................................................... 7 

Il quadro macroeconomico internazionale ..................................................................................................... 7 Il quadro macroeconomico nazionale .......................................................................................................... 14 Le prospettive dell’economia italiana nel 2016 ............................................................................................ 19

Sezione II – Le imprese: andamento e caratteristiche del sistema produttivo del Friuli Venezia Giulia................................................................................................................................ 20 

L’artigianato.................................................................................................................................................. 28  Sezione III – Le start-up innovative e le imprese giovanili........................................................ 31 

La normativa sulle start-up innovative ......................................................................................................... 31 Le start-up innovative: panoramica nazionale ............................................................................................. 33 Le start-up innovative: la situazione in Friuli Venezia Giulia ....................................................................... 36 L’imprenditoria giovanile .............................................................................................................................. 39 

Sezione IV – Imprese creative e culturali.................................................................................... 44 

Le industrie creative in Italia ........................................................................................................................ 45 Le industrie creative in Friuli Venezia Giulia................................................................................................ 49 

Sezione V – I mercati internazionali ............................................................................................ 53 

I principali mercati di destinazione e provenienza delle merci..................................................................... 54 I principali prodotti di esportazione e di importazione.................................................................................. 57 

Bibliografia .................................................................................................................................... 61  Capitoli delle Tavole allegate....................................................................................................... 63 

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Premessa

La Giornata dell’Economia rappresenta uno degli eventi più importanti programmati e

realizzati dal Sistema delle Camere di Commercio; un momento nel quale si presentano i rapporti

economici in cui, oltre a fornire informazioni e chiavi di lettura originali sull’evoluzione dei sistemi

produttivi locali, si affrontano e si approfondiscono temi, si valorizzino informazioni di importanza

strategica per lo sviluppo del nostro Paese e per la definizione di politiche di crescita a livello

locale.

Nel caso della nostra regione, il Friuli Venezia Giulia, questo evento viene programmato e

realizzato da Unioncamere regionale, con lo scopo di offrire un quadro complessivo dell’economia

regionale, sia sotto l’aspetto dell’analisi congiunturale sia della sua evoluzione strutturale.

Il quadro generale nel quale operano le nostre imprese è piuttosto inquieto. L’economia

dell’Europa si caratterizza per una crescita piuttosto significativa del Pil in questo primo trimestre

2016 (+0,5%), così come l'economia italiana presenta segnali positivi associati al miglioramento

della produzione industriale, al consolidamento dell'occupazione permanente, alla riduzione della

disoccupazione e alla crescita del potere di acquisto delle famiglie. Anche l’economia del Friuli

Venezia Giulia ha vissuto un 2015 sostanzialmente positivo per la manifattura, per la logistica e

almeno con riferimento al secondo semestre anche per commercio e servizi dell’ospitalità.

L'evoluzione del clima di fiducia di imprese e famiglie rimane incerta, anzi per l’Italia

segnala rischi di un rallentamento dell'attività economica nel breve periodo. In Italia questo clima è

senza dubbio il risultato di recenti (e tristi) vicende che hanno coinvolto alcune banche, combinate

però ad altre circostanze sfavorevoli in primis una crisi economica durata sette anni (“sette anni di

vacche magre”).

Come ridare fiducia a imprese e famiglie?

L’obiettivo non è solo quello di costruire e far applicare un sistema di regole migliore, in

questo caso il ruolo delle Camere di Commercio è importante per la consolidata esperienza

maturata nelle attività di “regolazione del mercato”, ma anche di far crescere la cultura

dell’economia aiutando i cittadini a capire che l’economia è una materia comprensibile e non un

luogo dove tutto si decide passando sopra le nostre teste. Anche in questo caso il ruolo delle

Camere è fondamentale perché nel tempo hanno affinato la loro capacità di dare informazioni

economiche corrette ed affidabili.

Inoltre è sempre vero il principio che le politiche economiche nazionali e locali, si

definiscono e si realizzano partendo da informazioni, leggendo ed interpretando l’evoluzione e le

prospettive di sviluppo dei nostri territori: il valore dei dati è questo.

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Il focus della 14.a Giornata riguarda “le imprese del Sistema Produttivo culturale”.

Questa filiera è costituita da imprese che fanno della cultura e della creatività il proprio core

business; il loro impatto sul sistema economico risulta sempre più significativo in quanto queste

imprese influenzano e collaborano con i settori produttivi tradizionali permettendo un incremento

del valore aggiunto dell’intera economia.

Le imprese del Sistema Produttivo Culturale italiano sono le industrie culturali, le industrie

creative, quelle di performing arts e arti visive, le attività legate alla gestione del patrimonio storico

artistico e produzioni di beni e servizi a driver creativo.

Il Rapporto del Friuli Venezia Giulia analizza i seguenti argomenti:

Sezione I – Lo scenario macro internazionale e nazionale;

Sezione II – Le imprese: andamento e caratteristiche del sistema produttivo regionale;

Sezione III –Le imprese innovative e le imprese giovanili;

Sezione IV – Le industrie creative e culturali;

Sezione V – I mercati internazionali dell’economia del Friuli Venezia Giulia;

L’allegato statistico analizza, mediante l’ausilio di circa 360 tabelle, tutti gli aspetti

dell’economia locale: Il tessuto imprenditoriale, Il tessuto imprenditoriale artigiano, Il tessuto

imprenditoriale giovanile, Il tessuto imprenditoriale straniero, Il tessuto imprenditoriale femminile,

Lo stato di salute dell'imprenditoria, Le nuove frontiere dell'imprenditoria, Ambiente e qualità della

vita, La contabilità economica territoriale, L'occupazione delle imprese, L'innovazione, Il

commercio internazionale, Il turismo, Il credito, L'inflazione, La demografia della popolazione, Il

mercato delle costruzioni, Il mercato del lavoro, Benessere e società, Ordine e sicurezza,

L'agricoltura, La Finanza Locale, La Congiuntura.

Il Presidente Giovanni Pavan

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Sezione I - Scenario macro internazionale e nazionale

Il quadro macroeconomico internazionale

Il ciclo economico internazionale è ancora caratterizzato da una crescita lenta ma

soprattutto incerta: mentre le economie avanzate conoscono una modesta ripresa, le attività delle

economie emergenti rimangono assai lente.

L’andamento dell’economia mondiale nel 2016 non sarà, infatti, diverso da quanto

registrato nel 2015, cioè con il ritmo di crescita più lento degli ultimi 5 anni. L’interscambio

commerciale e gli investimenti sono deboli e la debolezza della domanda porta ad una bassa

inflazione e ad una crescita inadeguata di salari e occupazione1. Il ridimensionamento delle

prospettive dell’economia mondiale, rispetto alle stime elaborate alla fine del 2015, è su ampia

scala, comprende cioè sia le economie avanzate sia le maggiori economie emergenti: per gli Stati

Uniti, l’area euro e per le economie che più si appoggiano sull’esportazione di materie prime, quali

Brasile e Canada. Restano elevati i rischi di instabilità finanziaria così come la vulnerabilità di

alcune economie emergenti rispetto alla volatilità dei flussi di capitale e agli effetti dell’alto debito

nazionale.

Rallentano dunque le economie emergenti che rappresentano un elemento di rischio per la

crescita mondiale. in primis quella della Cina che per molti anni ha trainato l’economia. Anche il

forte calo del prezzo del petrolio non si è tradotto in un rafforzamento dell’attività globale.

Sia l’OCSE sia il Fondo Monetario Internazionale prevedono una crescita dell’economia

globale attorno al 3% nel 2016 e del 3,2/3,3% nel 2017. Si tratta di una previsione di crescita

inferiore a quanto “necessario per una parlare di ripresa delle economie avanzate”2.

La crescita degli Stati Uniti sarà del 2,4% quest’anno e del 2,5% nel 2017, mentre per il

Regno Unito si prevede una crescita dell’ 1,8% nel 2016 e del 2,2% nel 2017. Per il Canada si

stima una crescita dell' 1,5% quest’anno e dell’ 1,9% nel 2017, mentre per il Giappone la crescita

sarà di +0,5% nel 2016 e del -0,1% nel 2017. Per l’area euro si prevede una crescita dell' 1,5% nel

2016 e dell' 1,6% nel 2017: in Germania +1,5% nel 2016 e +1,6% nel 2017, in Francia +1,1% nel

2016 e +1,3% nel 2017, mentre per l’Italia si avrà una crescita dell' 1% nel 2016 e dell’ 1,1% nel

2017.

Per la Cina è previsto un ribilanciamento dell’economia dalla produzione ai servizi con una

crescita del 6,5% nel 2016 e del 6,2% nel 2017. L’India continua il forte processo di crescita con il

1 International Monetary Fund, World Economic Outllook, April 2016 2 OCSE, Perspectives économiques intermediaires de l’OCDE, Parigi, 18 febbraio 2016

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+7,5% nel 2016, confermato nel 2017. Viceversa l’economia del Brasile sta conoscendo una

profonda recessione, con un calo del -3.8% nel 2016, e una crescita solo a partire dal 2018.

Le misure monetarie adottate sembrano insufficienti per sostenere la domanda e produrre

una crescita soddisfacente, mentre la politica fiscale ha avuto effetti di contrazione in molte

economie. Secondo l’OCSE le politiche monetarie dovrebbero rimanere accomodanti nelle

economie avanzate fino a quando l’inflazione non darà segni di muoversi stabilmente uscendo

dalla soglia di deflazione.

Fig. 1.1 - I nuovi equilibri internazionali: previsioni 2016

ASEAN 5:* Filippine, Indonesia Malesia, Thailandia e Vietnam

Fonte: International Monetary Fund, World Economic Outlook, aprile 2016

Anche le proiezioni macroeconomiche per l’area dell’euro, formulate nel marzo 2016 dalla

BCE, prevedono una crescita annua del PIL in termini reali pari all’1,4% nel 2016, all’1,7% nel

2017 e all’1,8% nel 2018. Queste prospettive per l’espansione del PIL in termini reali sono state

riviste lievemente al ribasso per le maggiori incertezze riguardo all’evoluzione dell’economia

mondiale, ma anche per i rischi geopolitici di più ampia portata3.

3 Banca Centrale Europea, Bollettino mensile, marzo 2016

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Per quanto riguarda il commercio mondiale nel 2015 alcuni mercati hanno saputo

sfruttare i trend congiunturali per migliorare le proprie posizioni, mentre altri hanno subito la caduta

del prezzo delle materie prime e alcune aspre condizioni finanziarie, come ad esempio la stretta

nella politica monetaria degli Stati Uniti a fronte di politiche monetarie espansive poste in essere da

una molteplicità di economie avanzate.

Quasi tutti i paesi emergenti hanno comunque rallentato il loro ritmo di crescita; in primis la

Cina, un rallentamento che risponde in parte al normale esaurirsi del ciclo di crescita basato

sull’export: ridottosi il gap di produttività delle imprese cinesi rispetto ai concorrenti, era naturale

che si assistesse ad una fase di assestamento4.

Dalla fine del 2010 i flussi di commercio internazionale hanno subito un rallentamento

fino a toccare il minimo nel 2012 quando l’aumento è risultato di “solo” il +2,8%. A partire dal 2013

si registra una ripresa del commercio internazionale che cresce del +3,5% nel 2013, di +3,4%, nel

2014, ma torna ad un minimo di +2,8% nel 2015, mentre si prevede un +3,1% nel 2016 ed un

+3,8% nel 2017. Questo impulso sarà determinato dalle importazioni dei Paesi avanzati (+3,4% nel

2016).

Tav. 1.1 - Indicatori congiunturali dell’economia internazionale (PIL: variazione % congiunturale)

4.o trim '14 1.o trim ’15 2.o trim ’15 3.o trim ’15 4.o trim ’15 1.o trim ’16

STATI UNITI +0,5% +0,2% +1,0% +0,5% +0,3% +0,1%

EURO 19 +0,4% +0,6% +0,4% +0,3% +0,3% +0,5%

Italia -0,1% +0,4% +0,3% +0,2% +0,2% +0,3%

Fonte: Eurostat, Euroindicateurs, 13 maggio 2016

In un contesto internazionale così incerto, il prodotto interno lordo dell’Eurozona è

cresciuto a un ritmo moderato, pari a +0,6% e +0,4% nel primo e secondo trimestre 2015 e +0,3%

sia nel terzo e sia quarto.

La crescita è sostenuta dalla domanda interna: in particolare dall’incremento del potere

d'acquisto delle famiglie, stimolato dal calo dei prezzi del petrolio e quindi dei prodotti petroliferi.

Questi fattori hanno sostenuto e dovrebbero sostenere anche nel 2016 i consumi privati, così

come il rilevante flusso di profughi alimenterà i consumi pubblici e i trasferimenti. La ripresa degli

investimenti, legata al crescente utilizzo della capacità produttiva, seguirà un ritmo crescente nei

primi tre trimestri del 2016, favorita dal basso costo del denaro.

4 Ministero dello Sviluppo Economico, Scambi con l’estero, Note di aggiornamento, n. 4, 2015

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Per quanto riguarda l’Italia nel quarto trimestre del 2015 il prodotto interno lordo (PIL) è

aumentato di +0,1% rispetto al trimestre precedente e di +1,0% nei confronti del quarto trimestre

del 2014 mostrando però, nel corso del 2015, un progressivo indebolimento. Tutti principali

aggregati della domanda interna sono aumentati in maniera significativa, con incrementi dello

0,3% per i consumi finali nazionali e dello 0,8% per gli investimenti fissi lordi. Le importazioni e le

esportazioni sono cresciute, rispettivamente, dell' 1,0% e dell' 1,3%5.

Nel 1.o trimestre 2016, l’attività economica nell’area dell’euro è cresciuta di +0,5% così

come nell’UE28, e si conferma in area positiva da ben dodici trimestri. In Italia sempre nel primo

trimestre del 2016 il prodotto interno lordo (PIL) è aumentato di +0,3% rispetto al trimestre

precedente e dell’ 1,0% nei confronti del primo trimestre del 2015. Questa variazione congiunturale

è la sintesi di un aumento del valore aggiunto nei settori dell’industria e dei servizi presi nel loro

complesso e di un calo in quello dell’agricoltura. Dal lato della domanda, vi è un contributo positivo

della componente nazionale (al lordo delle scorte) e uno negativo della componente estera netta6.

Graf. 1.1 - Andamento congiunturale del PIL: confronto tra Stati Uniti, Zona Euro e Italia

Fonte: elaborazione su dati Eurostat ed ISTAT

5 Istat, Conti economici trimestrali, IV trimestre 2015, Statistiche Flash, 4 marzo 2016 6 ISTAT, Stima preliminare del Pil: I trimestre 2016, Statistiche Flash , 13 maggio 2016

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Nel 1° trimestre 2016 il PIL è aumentato in termini congiunturali dello 0,5% in Francia, dello

0,4% nel Regno Unito e dello 0,1% negli Stati Uniti. In termini tendenziali, si è registrato un

aumento del 2,1% nel Regno Unito, dell’ 1,9% negli Stati Uniti e dell’ 1,3% in Francia.

Il mercato del lavoro dell’Area Euro presenta elementi positivi: nel 2015 è cresciuto il

tasso di occupazione (20-64 anni) passando dal 69,3% del 2014 al 70,1% del 2015, un valore che

si avvicina al punto di massimo (70,3%) registrato nel 2008. L’obiettivo previsto dalla Strategia

“Europe 2020” prevede per l’Unione Europea, un tasso di occupazione pari ad almeno il 75%,

obiettivo da raggiungere appunto entro il 2020.

In realtà il valore medio europeo esprime una forte variabilità tra i Paesi: Germania (78%),

Regno Unito (76,9%), Danimarca (76,5%) e Svezia (80,5%) hanno già raggiunto l’obiettivo del

75%. I valori più bassi si riscontrano in Grecia (54,9%), in Croazia (60,5%), in Spagna (62%).

Nel 2015, il tasso di occupazione (20-64 anni) è cresciuto i quasi tutti i Paesi; in modo

particolare in Ungheria, Estonia Spagna, Bulgaria, Lettonia, Irlanda e Slovacchia7.

Complessivamente l'occupazione cresce grazie al maggior dinamismo dell'attività

economica, ma la disoccupazione anche se diminuisce rimane a livelli elevati.

Graf. 1.2 – Tassi di occupazione (20-64 anni) in alcuni Paesi dell’Europa: anno 2015

Fonte: elaborazione su dati Eurostat ed ISTAT

7 Eurostat, comunicato stampa del 26 aprile 2016

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Nel 2015 il tasso di disoccupazione nell'UE è calato; per l’UE 28 dal 10,2% del 2014 al

9,4% del 2015, per la zona Euro dal 11,6% del 2014 al 10,9% del 2015.

A marzo 2016 nella zona euro (UE19), era pari al 10,2%, in leggero calo rispetto al mese di

febbraio (10,4%) e decisamente più basso dell’ 11,2% di marzo 2015. Per l’UE28, il tasso di

disoccupazione registrato a marzo 2016 è stabile all’8,8%.

Molto significative le differenze trai Paesi: si passa dai valori di una disoccupazione

fisiologica della Germania (4,2%), a situazioni do forte crisi dei mercati del lavoro come in Grecia

(24,4%), Spagna (20,4%). Anche in Italia il tasso di disoccupazione appare piuttosto alto (11,4%)

soprattutto se confrontato con quello di Germania e Austria.

Graf. 1.3 – Tasso di disoccupazione in Unione Europea (marzo 2016): confronto tra alcuni Paese

Fonte: elaborazione su dati Eurostat

Secondo Eurostat8, ufficialmente sono 21,4 milioni le persone che cercano lavoro

nell'Unione europea, di cui 16,4 milioni nella sola zona euro. I tassi di disoccupazione più bassi

sono stati registrati in Danimarca (4,1%), Austria (5,8%), Germania (4,2%), i più alti in Grecia

(24,4%), Spagna (20,3%), Croazia (14,9%) e Portogallo (12,1%). La Francia come l’Italia continua

a superare la media europea (che è del 8,8%), così come l'Italia il cui tasso di disoccupazione si

attesta ufficialmente al 10%. Per confronto il tasso di disoccupazione calcolato a marzo 2016 negli

Stati Uniti è del 5,0%.

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Uno dei fattori congiunturali positivi per l’economia europea è stato il prezzo del petrolio

che nel 2015 ha oscillato tra i 44 ed i 62 dollari al barile, un prezzo decisamente inferiore ai quello

del 2014 che in luglio ed agosto avevano raggiunto i 110 dollari.

A dicembre 2015, il Brent è stato quotato attorno 52 dollari, mentre un anno prima, cioè a

dicembre 2014, il prezzo oscillava attorno ai 70 dollari, e se ci riferiamo a dicembre 2013 il costo

era di 110 dollari al barile. Il forte calo si è verificato nel 2° semestre del 2014 quando siamo

passati dai 110 dollari di giugno ai 50 dollari al barile di gennaio 2015, prezzo che ha subito delle

variazioni anche nel corso del 2015 ma che si è confermato nella media dei 50/52 dollari.

Graf. 1.4 - Andamento temporale del prezzo del petrolio Brent ($/barile), gennaio 2007-gennaio 2016

Fonte: elaborazione su dati Ministero dello Sviluppo Economico

Il secondo fattore è rappresentato dai tassi di cambio tra l’euro ed il dollaro. Il

deprezzamento dell’euro, registrato nel 2014, si è consolidato nel 2015 e nei primi mesi del 2016

attorno all’ 1,10. Anzi in quest’ultimo periodo il tasso di cambio effettivo dell’euro si è apprezzato

(da dicembre 2015 ad aprile 2016). Questo apprezzamento è rispetto al dollaro statunitense, ma

anche rispetto alla sterlina britannica, al rublo russo, al renminbi cinese e sulle divise delle

economie emergenti e dei paesi esportatori di materie prime. Viceversa la maggiore volatilità e

8 Eurostat, comunicato stampa del 29 aprile 2016

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l’attenuarsi della propensione al rischio hanno sostenuto lo yen giapponese, provocando un

indebolimento dell’Euro nei confronti della valuta nipponica.

Resta il guadagno di competitività accumulato dall’economia europea e quindi anche

dall’Italia che è stato piuttosto significativo se si pensa che ora il cambio dollaro/euro è di 1,13

mentre nella primavera del 2014 (cioè due anno fa) era di 1,37.

Graf. 1.5 - Andamento temporale del cambio euro/dollaro, gennaio 2007-aprile 2016

Fonte: elaborazione su dati Eurostat

Il quadro macroeconomico nazionale

L’economia italiana continua a presentare alcuni elementi di incertezza sia dal lato delle

spinte alla crescita dell’offerta di beni e servizi; sia dal lato della domanda si mantiene stabile la

crescita dei consumi, accompagnata dalla lieve ripresa degli investimenti9. Nei primi mesi del 2016

l’attività economica ha beneficiato del riavvio della manifattura, cui si è aggiunto il consolidamento

della ripresa nel settore dei servizi e nel comparto edile. Resta il fatto che la fase di profonda

recessione attraversata dall’economia italiana ha riportato, a partire dal 2009, il Pil pro capite in

termini reali a un livello inferiore a quello del 2000, con una diminuzione del 9,9% negli ultimi dieci

anni. In particolare dal 2009 la quota dei consumi finali interni in rapporto al Pil si attesta intorno

all'82%, mentre continua la discesa, iniziata nel 2008, della quota di investimenti. Tra il 2010 e il

9 Istat, Nota mensile sull’andamento dell’economia italiana, aprile 2016

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2014 la produttività del lavoro nel settore dell'economia di mercato è aumentata solamente dello

0,3%, e dopo l'aumento dell'1,2% del 2013, la produttività del lavoro è diminuita dello 0,9% per

effetto congiunto del calo del valore aggiunto (-0,6%) e di un modesto incremento dell'input di

lavoro (+0,2%).

Graf. n. 1.6 – Italia: Andamento del PIL, 1° trimestre 2005–1° trimestre 2016

Fonte: elaborazione su dati ISTAT

L’indice della produzione industriale ha mostrato un andamento mensile altalenante

segnando un marcato aumento in gennaio (+1,7% rispetto al livello di fine 2015), seguito da un

calo in febbraio (-0,6%), resta stabile a marzo. A marzo, infatti, l'indice destagionalizzato della

produzione industriale segna una variazione nulla rispetto a febbraio, mentre nella media del

trimestre gennaio-marzo 2016 la produzione è aumentata dello 0,7% rispetto al trimestre

precedente. Per quanto riguarda i settori di attività economica, a marzo 2016 i comparti che

registrano la maggiore crescita tendenziale sono quelli della fabbricazione di macchinari e

attrezzature industriali (+7,3%), della fabbricazione di mezzi di trasporto (+1,9%) e delle altre

industrie manifatturiere, riparazione e installazione di macchine ed apparecchiature (+1,6%).

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Le diminuzioni maggiori si registrano nei settori della produzione di prodotti farmaceutici di

base e preparati farmaceutici (-6,5%), delle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-

6,0%) e della fornitura di energia elettrica, gas, vapore ed aria (-2,4%)10.

Graf. 1.7 - Indice destagionalizzato della produzione industriale, gennaio 2012-marzo 2016 (base 2010=100)

Fonte: elaborazione su dati ISTAT

I miglioramenti nel mercato del lavoro sono stati significativi: si registra un miglioramento

dell’occupazione nel 2015 per effetto sia la ripresa dell’attività economica sia i provvedimenti

adottati dal Governo. Vi è evidenza che la nuova disciplina dei rapporti di lavoro e, in misura più

ampia, gli sgravi contributivi abbiano stimolato una ricomposizione delle assunzioni a favore di

contratti a tempo indeterminato e un’espansione dei livelli occupazionali complessivi. Resta

tuttavia ancora elevata la disoccupazione, soprattutto quella giovanile.

Nel 2015 in Italia il tasso di occupazione 20-64 anni sale al 60,5% (+0,6 punti sul 2014),

confermando però un forte squilibrio di genere. Prosegue la crescita del tasso di occupazione dei

55-64enni, cresciuto di 2 punti sul 2014 e non lontano dal 50% della strategia europea. L'aumento

di occupazione riguarda soprattutto i dipendenti a termine, la cui incidenza arriva al 14%, circa

mezzo punto in più rispetto al 2014. Prosegue, ma con minore intensità, la crescita degli occupati

part time, soprattutto tra le donne. Torna a crescere anche il lavoro a tempo pieno. Il lavoro

10 Istat,Produzione industriale, marzo 2016, Statistiche flash, 10 maggio 2016

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sommerso incide in misura rilevante a livello nazionale (il 12,8% degli occupati nel 2013). Tale

fenomeno è tuttavia particolarmente presente in alcune aree e settori produttivi.

Il tasso di disoccupazione scende di 0,8 punti rispetto al 2014, riportandosi dopo due anni

sotto il 12%. Più elevata la riduzione del tasso tra i 15-24enni (-2,4 punti), che si conferma però più

elevato tra le donne (42,6% a fronte del 38,8% degli uomini). Poco meno di sei disoccupati su dieci

cercano lavoro da oltre un anno, in riduzione dal 60,7% di un anno prima. Il tasso di mancata

partecipazione, che dà conto di quanti sono disponibili a lavorare pur non cercando attivamente

lavoro, rallenta per la prima volta dal 2006 (0,4 punti in meno rispetto al 2014).

L’inflazione continua ad essere sempre prossima allo zero: contribuisce la decisa flessione

dei prezzi dei beni energetici, e la debole domanda al consumo. Secondo le aspettative di famiglie

e imprese la dinamica dei prezzi si manterrà molto contenuta anche nel 2016. In Italia e nell’area

dell’euro la debolezza dei prezzi e dei salari risente in misura non trascurabile degli ancora ampi

margini di capacità produttiva e di forza lavoro inutilizzati.

Graf. n. 1.8 – Italia e Friuli Venezia Giulia: Andamento dei prezzi al consumo

Fonte: elaborazione su dati ISTAT

Il credito migliora gradualmente favorito dal contributo espansivo delle misure di politica

monetaria; i prestiti alle imprese manifatturiere crescono a tassi superiori al 3%; ma restano in

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flessione quelli al settore delle costruzioni e alle società di minore dimensione. Per il sistema

bancario nel suo insieme la raccolta non ha risentito delle recenti tensioni finanziarie: l’aumento dei

depositi e l’espansione della raccolta interbancaria sull’estero hanno più che compensato la

riduzione delle obbligazioni.

Gli indicatori di finanza pubblica sono oggetto di particolare interesse non solo per la

programmazione economica dell'area euro: in questo senso l'indebitamento netto della Pubblica

amministrazione in percentuale del Pil costituisce un importante indicatore di natura

macroeconomica, per la valutazione dello stato dei conti pubblici. Come noto negli accordi di

Maastricht sull'adesione all'Uem è stato fissato un deficit massimo del 3%, valore su cui converge

l'Italia dal 2012. Il rapporto debito/Pil nel 2014 era salito al 132,3, nel 2015 è al 132,7%

In particolare nel 2015 l'indebitamento netto delle Amministrazioni Pubbliche (-42.388

milioni di euro) è stato pari al 2,6% del Pil, risultando in diminuzione di circa 6,5 miliardi rispetto al

2014 (-48.936 milioni di euro, corrispondente al 3,0% del Pil). Il saldo primario (indebitamento netto

al netto della spesa per interessi), invariato rispetto al 2014, è risultato positivo e pari all'1,6% del

Pil. Quindi alla fine del 2015 il debito pubblico, misurato al lordo delle passività connesse con gli

interventi di sostegno finanziario in favore di Stati Membri della UEM, era pari a 2.171.671 milioni

di euro (132,7% del Pil). Rispetto al 2014 il rapporto tra il debito delle AP e il Pil è aumentato di 0,2

punti percentuali.

Tav. 1.2 – Principali aggregati di finanza pubblica (anni 2011-2015, dati in milioni di euro e valori percentuali)

2011 2012 2013 (a) 2014 (a) 2015 (a)

Indebitamento netto -56.955 -47.536 -46.956 -48.936 -42.386

in percentuale del PIL -3,5% -2,9% -2,9% -3,0% -2,6%

Debito pubblico (d) 1.907.479 1.989.781 2.069.847 2.136.204 2.171.671

in percentuale del PIL 116,4 123,3 129,0 132,5 132,7

Interessi passivi 76.417 83.566 77.568 74.340 68.439

in percentuale del PIL 4,7 5,2 4,8 4,6 4,2

Saldo primario (è l'indebitamento al netto della spesa per interessi)

19.462 36.028 30.609 25.404 26.052

in percentuale del PIL 1,2% 2,2% 1,9% 1,6% 1,6%

Prelievo fiscale 681.201 703.231 698.994 703.012 713.458

in percentuale del PIL 41,6% 43,6% 43,6% 43,6% 43,6%

PIL 1.638.857 1.613.265 1.604.478 1.611.884 1.636.372

(a) dati provvisori Fonte: Istat, 21 aprile 2016

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Le prospettive dell’economia italiana nel 201611

Si prevede un aumento del prodotto interno lordo (Pil) italiano pari all'1,1% in termini reali,

un tasso di crescita superiore a quello registrato nel 2015 (+0,8%). La domanda interna al netto

delle scorte contribuirebbe positivamente alla crescita del Pil per 1,3 punti percentuali, mentre la

domanda estera netta e la variazione delle scorte fornirebbero un contributo negativo pari a un

decimo di punto percentuale ciascuna. La spesa delle famiglie in termini reali è stimata in aumento

dell'1,4%, alimentata dall'incremento del reddito disponibile e dal miglioramento delle condizioni

del mercato del lavoro. Si prevede inoltre una ripresa degli investimenti (+2,7%) che beneficeranno

del rafforzamento delle attese sulla crescita dell'economia e del miglioramento delle condizioni del

mercato del credito.

Il consolidamento dei progressi sul fronte occupazionale (+0,8% in termini di unità di lavoro)

è previsto accompagnarsi ad una riduzione del tasso di disoccupazione, che è stimato attestarsi

all'11,3%.

Un rallentamento più deciso del commercio internazionale e l'eventuale riaccendersi di

tensioni sui mercati finanziari costituiscono dei rischi al ribasso per l'attuale quadro previsivo.

All'opposto, una ripresa più accentuata del processo di accumulazione del capitale, legata allo

sviluppo delle politiche nazionali ed europee, costituirebbe un ulteriore stimolo alla crescita

economica (si veda l'approfondimento). Le previsioni incorporano le misure descritte nel

Documento di economia e finanza diffuso ad aprile 2016.

Tav. 1.3 – Previsioni per l’economia - Pil e principali aggregati (variazioni % sull’anno precedente)

2014 2015 2016

Prodotto interno lordo -0,3 +0,8 +1,1

Importazioni di beni e servizi +3,2 +6,0 +2,4

Esportazioni di beni e servizi +3,1 +4,3 +1,7

Spesa delle famiglie +0,6 +0,9 +1,4

Unità di lavoro +0,3 +0,8 +0,8

Tasso di disoccupazione 12,7 11,9 11,3

Spesa delle A.P. -1,0 -0,6 +0,2

Investimento fissi lordi -3,4 +0,8 +2,2 Fonte: Istat, Le prospettive per l’economia italiana nel 2016, 17 maggio 2016

11 Istat, Le prospettive per l’economia italiana nel 2016, 17 maggio 2016

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Sezione II – Le imprese: andamento e caratteristiche del sistema produttivo del Friuli Venezia Giulia

Se guardiamo al movimento anagrafico delle imprese anche il 2015 è stato un anno difficile

per l’economia del Friuli Venezia Giulia, ma si intravede una leggera ripresa: la crisi congiunturale

sta lentamente rallentando, restano i problemi strutturali come il debito pubblico e la credibilità

finanziaria dell’Italia, l’economia sommersa, il difficile rapporto imprese-credito.

La demografia delle imprese, relativa a tutto il 2015 ci mostra un’economia regionale

ancora in difficoltà, infatti, nel Friuli Venezia Giulia sono nate 5.706 imprese, a fronte di 5.978

cancellazioni: il saldo negativo è di 272 unità a fonte delle 1.083 unità del 2014. Il tasso di

cancellazione diminuisce leggermente passando dal 6,4%, del 2014 al 5,7% del 2015 mentre si

registra un drastico calo delle iscrizioni, che nell’arco degli ultimi 15 anni raggiungono un minimo

storico.

Il numero delle imprese registrate in Friuli Venezia Giulia è pari a 104.634 unità, di queste

92.020 sono attive. Analizzando proprio le imprese attive il lavoro del centro studi evidenzia per

queste ultime un calo dello 0.8% (-2,3% nel 2013-2014) rispetto al 2014 passando da 92.761 a

92.020. Guardando le caratteristiche di queste imprese attive si nota un calo anche delle imprese

artigiane, delle imprese femminili e di quelle giovanili.

Preoccupa soprattutto il dato riferito alle nuove iscrizioni e alle imprese giovanili, che

riflettono un momento di forte sfiducia da parte dei nostri giovani e rappresentano un ambito sul

quale le Camere di Commercio devono puntare i propri sforzi per un necessario rinnovamento

dell’economia.

L’analisi congiunturale registra che l’economia delle imprese sta cambiando anche secondo

la natura giuridica: continuiamo a registrare quel fenomeno che gli economisti chiamano

“ispessimento” del tessuto produttivo, che si sostanzia in una crescita delle imprese più strutturate

ed organizzate. Nel caso del Friuli Venezia Giulia questo fenomeno lo registriamo con la crescita

delle società di capitale che rappresentano un quarto del sistema imprenditoriale. Per contro le

maggiori cancellazioni dai Registri camerali sono da imputare ad imprese semplici, soprattutto

individuali, che molto spesso hanno difficoltà di passaggio generazionale o che comunque sono

rimaste ai margini del mercato.

L’analisi delle dinamiche economiche regionali prende avvio dalla verifica dei dati del

Registro delle Imprese, con i risultati di seguito presentati.

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Tav. 2.1 – Friuli Venezia Giulia: Movimento delle imprese, periodo 2006-2015

Anno Registrate Attive Tasso di crescita

dello stock

2006 116.497 102.397 0,12%

2007 114.540 101.097 -1,68%

2008 111.400 100.423 -2,74%

2009 109.828 98.794 -1,41%

2010 109.952 98.464 0,11%

2011 109.658 97.927 -0,27%

2012 108.530 96.418 -1,03%

2013 107.418 94.900 -1,02%

2014 105.205 92.761 -2.06%

2015 104.634 92.020 -0.55% Fonte: elaborazioni su dati InfoCamere

Nell’analisi della natalità-mortalità, le cui componenti (iscrizioni e cancellazioni)

determinano in massima parte l’andamento dello stock delle imprese da alcuni anni, in particolare

dal 2006, in base al D.P.R. 247 del 23 luglio 2004 e alla successiva circolare applicativa, si deve

tenere presente dell’attività meramente amministrativa, non derivante dall’andamento

congiunturale. Si tratta delle cancellazioni d’ufficio, attività amministrativa attraverso la quale le

Camere di Commercio possono procedere alla cancellazione d’ufficio dal Registro delle Imprese di

aziende non più operative da almeno tre anni. Queste cancellazioni determinano la variazione

della consistenza delle imprese ma di fatto non concorrono a determinare gli andamenti tendenziali

e congiunturali del sistema imprenditoriale.

Per tenere conto di tali attività amministrative, ai fini statistici e di analisi economica i

confronti si fanno togliendo dalle cancellazioni complessive quelle disposte d’ufficio. Con questa

avvertenza va letta ed interpretata la successiva tabella che illustra la nati-mortalità delle imprese

del Friuli Venezia Giulia.

Il saldo fra imprese iscritte e cessate nel corso del 2015 risulta negativo e pari a –272 unità,

come evidenziato nella Tav. 2.2. Qui è riportata la serie storica 2008-2015 dei flussi di imprese: il

saldo fra iscrizioni e cancellazioni risulta negativo per tutto il periodo con l’unica eccezione

dell’anno 2010 che si è chiuso con segno positivo in tutte e quattro le realtà provinciali della

regione.

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Tav. 2.2 – Friuli Venezia Giulia: Iscrizioni e cessazioni, 2008-2015

Anno Iscrizioni Cessazioni* Saldo

2008 6.804 7.269 -465

2009 6.256 7.112 -856

2010 6.871 6.442 429

2011 6.410 6.584 -174

2012 5.840 6.678 -838

2013 6.180 7.287 -1.107

2014 5.766 6.849 -1.083

2015 5.706 5.978 -272 * Le cessazioni sono calcolate al netto delle cancellazioni d'ufficio Fonte: elaborazioni su dati InfoCamere

Graf. 2.1 - Friuli Venezia Giulia: Imprese attive per settore di attività, 2015

Fonte: elaborazioni su dati InfoCamere

Dai dati di stock del Graf. 2.1, emerge che un quarto delle imprese attive opera nel

comparto dei Servizi (precisamente il 19% nei Servizi alle imprese e il 7,3% nei Servizio alle

famiglie) , il 23% nel Commercio, il 16% rientra nelle Costruzioni, il 16% è classificato come attività

del Primario (Agricoltura, Silvicoltura e Pesca) e l’11% appartiene all’Industria; trascurabile la

percentuale delle imprese attive non classificate.

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Come stanno cambiando i diversi comparti?

La Tav. 2.3 fa emergere che risultano in flessione quasi tutti i comparti, ad eccezione dei

Servizi; indubbiamente le imprese hanno vissuto anche nel 2015 un anno difficile ma la situazione

risulta meno preoccupante rispetto gli anni scorsi. L’aumento invece delle imprese attive

nell’ambito dei servizi conferma un trend positivo che continua già da un triennio.

Tav. 2.3 – Friuli Venezia Giulia: Imprese attive per macrosettore di attività. Confronto fra dati 31 dicembre 2015 e 31 dicembre 2014

Settori di attività 2015 2014 Differenza 2015 - 2014

Var. 2015 / 2014 (%)

Agricoltura e pesca 14.378 14.759 -381 -2,58

Industria 9.811 9.966 -155 -1,56

Costruzioni 14.575 14.832 -257 -1,73

Commercio 21.328 21.507 -179 -0,83

Alloggio e ristorazione 7.967 7.935 +32 +0,40

Servizi alle imprese 17.306 17.202 +104 +0,60

Servizi alle persone 6.628 6.523 +105 +1,61

Imprese non classificate 27 37 … ….

Totale 92.020 92.761 -741 -0,80 Fonte: elaborazioni su dati InfoCamere

Analizzando la forma giuridica delle imprese regionali, dalle seguenti Tavv. 2.4 e 2.5

emerge che le imprese individuali attive sono 56.108 e continuano ad essere la forma prevalente

d’impresa con il 61% del totale imprese. Rispetto al 2010 il loro peso è però diminuito per effetto di

un calo di oltre 5.000 mila imprese attive. Considerando il periodo 2010-2015 diminuiscono anche

le società di persone: a fine 2015 sono pari a 17.115 unità, cioè 1.635 in meno rispetto a fine 2010,

ma cala di poco il loro peso e attualmente rappresentano il 18% del totale imprese. Aumentano

invece le società di capitali, segno questo che dimostra che un’impresa più strutturata ed

organizzata riesce meglio ad affrontare le problematiche legate alla crisi economica.

Tav. 2.4 – Friuli Venezia Giulia: Imprese attive per forma giuridica.

Forma giuridica 2010 2011 2012 2013 2014 2015

Società di capitale 16.311 16.519 16.525 16.601 16.765 17.002

Società di persone 18.750 18.643 18.290 17.994 17.519 17.115

Imprese individuali 61.627 60.977 59.799 58.317 56.684 56.108

Altre forme 1.776 1.788 1.805 1.988 1.793 1.795

Totale 98.464 97.927 96.418 94.900 92.761 92020 Fonte: elaborazioni su dati InfoCamere

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Graf. 2.2 - Friuli Venezia Giulia: Imprese attive per natura giuridica

Fonte: elaborazioni su dati InfoCamere

Tav. 2.5 – Friuli Venezia Giulia: incidenza percentuale delle imprese per forma giuridica, 2010- 2015

Forma giuridica 2010 2011 2012 2013 2014 2015

Società di capitale 16,6 16,9 17,1 17,5 18,1 18,5

Società di persone 19,0 19,0 19,0 19,0 18,9 18,6

Imprese individuali 62,6 62,3 62,0 61,5 61,1 61,0

Altre forme 1,8 1,8 1,9 2,0 1,9 1,9

Totale 100 100 100 100 100 100 Fonte: elaborazioni su dati InfoCamere

Quasi la metà delle imprese del Friuli Venezia Giulia ha sede in provincia di Udine (48.4%),

seguono Pordenone con il 26,1%, Trieste con il 15,4% ed infine Gorizia con il 10% del totale.

Le province di Udine e Pordenone si distinguono per una maggiore presenza di imprese

agricole (oltre un quinto del totale provinciale) e Pordenone anche per una maggiore incidenza di

imprese dell’industria. Gorizia e Trieste si caratterizzano invece per una percentuale più elevata di

imprese del settore alloggio e ristorazione e del settore commercio. Infine a Trieste è molto più

accentuata anche la presenza di imprese dei servizi (Tav. 2.6).

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Tav. 2.6 – Friuli Venezia Giulia: Imprese attive per macrosettore di attività. Dati al 31.12.2015

Settori di attività Gorizia Pordenone Trieste Udine Friuli

Venezia Giulia

Agricoltura e pesca 1.129 4.753 424 8.072 14.378

Industria 940 2976 1.067 4.828 9.811

Costruzioni 1.508 3.445 2.567 7.055 14.575

Commercio 2.317 5.437 3.901 9.673 21.328

Servizi 3.311 7.421 6.250 14.919 31.901

Imprese non classificate 6 5 1 15 27

Totale 9.211 24.037 14.210 44.562 92.020

Fonte: elaborazioni su dati InfoCamere

Per quanto riguarda la dinamica imprenditoriale, fra la fine del 2014 e la fine del 2015 si è

verificato un calo delle imprese attive in tutte e quattro le province: Udine perde 0,92% (contro il –

2,2% del 2014), Pordenone registra una perdita del 0,81% (-3,2% nel 2014); situazione

leggermente migliore per Gorizia che perde lo 0,61% (-1,7% nel 2014). Trieste invece riesce a

contenere la perdita dimostrando un calo dello 0,56% rispetto all’anno precedente, che si attestava

ad un valore percentuale del –1,2%.

Il settore dell’agricoltura e della pesca (-2,65%) risulta quello più penalizzato, valore in ogni

caso più positivo rispetto al 2014 che contava un -6,8%; in questo caso il decremento è risultato

piuttosto sostenuto in provincia di Udine e Gorizia che registrano un calo del -2,99%, e Pordenone

con un –1,77%, in positivo invece Trieste con un tasso di crescita dello 0,24%.

Tav. 2.7 – Friuli Venezia Giulia: Imprese attive per provincia e per macrosettore di attività. Confronto fra dati a fine 2014 e a fine 2015

Settori di attività Gorizia Pordenone Trieste Udine Friuli

Venezia Giulia

Agricoltura e pesca -2,99% -1,77% 0,24% -2,99% -2,65%

Industria -1,20% -0,64% -3,09% -1,95% -1,58%

Costruzioni -0,86% -1,74% -1,60% -2,03% -1,76%

Commercio -0,91% -0,51% -1,28% -0,83% -0,84%

Servizi 0,18% 0,96% 0,80% 0,76% 0,76%

Sul Totale imprese -0,61% -0,81% -0,56% -0,92% -0,81%

Fonte: elaborazioni su dati InfoCamere

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Graf. 2.3 - Friuli Venezia Giulia: Imprese attive per provincia, anno 2015

Fonte: elaborazioni su dati InfoCamere

Il confronto con il contesto nazionale descrive un’economia regionale in forte difficoltà, per

due motivi che possiamo leggere nei dati contenuti nella seguente tavola 2.8, il primo riguarda

ancora tasso di crescita negativo, registrato sia per il 2014 sia per il 2015, il secondo riguarda

l’intensità di questo calo, poiché sia nel 2014 che nel 2015 si registra il calo più consistente proprio

nella nostra regione.

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Tav 2.8 - Nati-mortalità delle imprese per regioni - Anno 2015

Regioni Iscrizioni Cessazioni* Saldo Stock al 31.12.2015

Tasso di crescita

2015

Tasso di crescita

2014

PIEMONTE 26.155 26.663 -508 442.862 -0,11% -0,44%

VALLE D'AOSTA 756 774 -18 13.012 -0,13% -0,77%

LOMBARDIA 59.130 51.071 8.059 953.890 0,85% 0,93%

TRENTINO A. A. 5.827 4.934 893 109.692 0,82% 0,65%

VENETO 27.932 26.431 1.501 490.207 0,31% 0,08%

FRIULI VENEZIA GIULIA 5.706 5.978 -272 104.634 -0,26% -1,02%

LIGURIA 9.470 9.307 163 163.418 0,10% 0,11%

EMILIA R. 27.292 27.018 274 462.625 0,06% -0,21%

TOSCANA 27.031 23.397 3.634 414.757 0,88% 0,56%

UMBRIA 5.272 4.781 491 95.375 0,52% 0,13%

MARCHE 9.605 9.719 -114 173.573 -0,07% -0,40%

LAZIO 42.595 31.834 10.761 635.161 1,71% 1,80%

ABRUZZO 8.689 8.556 133 148.205 0,09% 0,20%

MOLISE 2.035 1.877 158 35.019 0,45% 0,37%

CAMPANIA 38.632 29.802 8.830 571.955 1,56% 1,04%

PUGLIA 24.719 21.014 3.705 379.518 0,98% 0,11%

BASILICATA 3.016 3.119 -103 59.044 -0,17% 0,01%

CALABRIA 11.385 9.024 2.361 182.081 1,31% 0,97%

SICILIA 27.000 23.284 3.716 455.159 0,82% 0,53%

SARDEGNA 9.458 7.941 1.517 167.460 0,91% 0,61%

ITALIA 371.705 326.524 45.181 6.057.647 0,75% 0,51%

* Le cessazioni sono calcolate al netto delle cancellazioni d'ufficio

Fonte: Unioncamere-InfoCamere, Movimprese

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L’artigianato

L’impresa artigiana è un’impresa che risponde a specifici requisiti dettati dalla normativa

(Legge quadro n. 443/1985) e che è, per obbligo di legge, iscritta all’Albo delle imprese artigiane.

In regione le imprese artigiane a fine 2015 erano 28.869 e rappresentavano una quota del 31,27%

del totale delle imprese attive (Tav. 2.11); Udine è la provincia della regione che detiene la quota

più elevata di imprese artigiane (31,9%) mentre Gorizia presenta l’incidenza più contenuta

(29,56%).

Tav. 2.11 – Friuli Venezia Giulia: Distribuzione e incidenza delle imprese artigiane per provincia, 2015

Province Totale

imprese attive

Imprese artigiane

attive

Incidenza imprese

artigiane sul totale (%)

Distribuzione totale imprese

(%)

Gorizia 9.211 2.709 29,41% 9,41%

Pordenone 24.067 7.460 31,00% 25,92%

Trieste 14.210 4.443 31,27% 15,44%

Udine 44.562 14.169 31,80% 49,23%

Friuli Venezia Giulia 92.020 28.781 31,27% 100%

Fonte: elaborazioni su dati InfoCamere

Graf. 2.5 - Friuli Venezia Giulia: Imprese artigiane per provincia, anno 2015

Fonte: elaborazioni su dati InfoCamere

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29

Circa la distribuzione delle imprese artigiane attive per settore economico prevalgono

quelle delle costruzioni (41%), dell’industria (22%). Nel commercio le imprese artigiane sono quasi

tutte concentrate nella “Riparazione di autoveicoli e motocicli”.

Tav. 2.12 – Friuli Venezia Giulia: Movimento delle imprese artigiane, periodo 2009-2015

Anno Registrate Attive Tasso di crescita

dello stock

2009 30.641 30.537 -1,30%

2010 30.446 30.345 -0,57%

2011 30.354 30.260 -0,30%

2012 29.786 29.707 -1,84%

2013 29.445 29.366 -1,15%

2014 29.080 28.999 -0,85%

2015 28.869 28.781 -0,73%

Fonte: elaborazioni su dati InfoCamere

Dal 2010 l’artigianato, in Friuli Venezia Giulia ha perso 3.673 imprese, soprattutto nel

settore dei Servizi si nota un calo del 21%, nell’Industria dove il calo è pari all’14.2% e nelle

Costruzioni che registra una diminuzione di 1065 imprese artigiane attive (-9,15%). Anche le

imprese commerciali artigiane soffrono, in fase di ripresa invece il settore Agricolo e della Pesca

con una crescita superiore al 7%.

Tav. 2.13 – Friuli Venezia Giulia: Iscrizioni e cessazioni di imprese artigiane: 2009-2015

Anno Iscrizioni Cessazioni* Saldo

2009 2.239 2.643 -404

2010 2.202 2.378 -176

2011 2.266 2.358 -92

2012 1.964 2.521 -557

2013 2.008 2.349 -341

2014 1.961 2.210 -249

2015 1.642 1.742 -100 * Le cessazioni sono calcolate al netto delle cancellazioni d'ufficio Fonte: InfoCamere

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Tav. 2.14 – Friuli Venezia Giulia: Imprese artigiane attive per macrosettore di attività. Confronto fra dati 2010 e 2015

Settori di attività 2010 2015 Differenza 2015 - 2010

Var. 2015 / 2010 (%)

Agricoltura e pesca 251 271 20 7,38%

Industria 6.981 6.288 -693 -14,2%

Costruzioni 12.701 11.636 -1.065 -9,15%

Commercio 1.551 1.548 -3 -0,58%

Altri servizi 11.014 9.093 -1.927 -21,2%

Imprese non classificate 38 33 -5 …

Totale 32.536 28.869 -3.673 -12,72%

Fonte: elaborazioni su dati InfoCamere

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Sezione III – Le start-up innovative e le imprese giovanili

Negli ultimi anni, soprattutto a seguito della crisi economica, una serie di disposizioni

legislative sta promuovendo istituti e forme d’impresa volti a favorire la crescita e la capacità

competitiva del sistema imprenditoriale italiano. Nella presente sezione, visto il carattere di novità

per l’ordinamento del nostro Paese, si analizza la situazione recente delle start-up innovative,

partendo da una panoramica nazionale e focalizzando poi l’attenzione sulle realtà iscritte al

Registro Imprese delle Camere di Commercio del Friuli Venezia Giulia.

La normativa sulle start-up innovative

Le start-up innovative sono una tipologia di imprese per le quali il legislatore ha previsto

una serie di vantaggi in termini di agevolazioni fiscali, deroghe al diritto societario e disciplina dei

rapporti di lavoro. La loro definizione è contenuta nel D.L. n. 179/2012 (“Ulteriori misure urgenti per

la crescita del Paese”), convertito dalla L. n. 221/2012 e recentemente modificato dalla L. n.

33/2015. In particolare il secondo comma dell’articolo 25 recita:

“ … l'impresa start-up innovativa, di seguito «start-up innovativa», è la società di capitali,

costituita anche in forma cooperativa, le cui azioni o quote rappresentative del capitale sociale non

sono quotate su un mercato regolamentato o su un sistema multilaterale di negoziazione, …”

Sempre all’interno del suddetto articolo sono poi elencati una serie di requisiti più precisi,

necessari affinché una società di capitali così definita possa essere qualificata come start-up

innovativa. La lista di requisiti è piuttosto lunga e rende molto stringente l’identificazione del nuovo

tipo d’impresa:

“a) (abrogato);

b) è costituita da non più di sessanta mesi;

c) ha la sede principale dei propri affari e interessi in Italia;

d) a partire dal secondo anno di attività della start-up innovativa, il totale del valore della

produzione annua, così come risultante dall'ultimo bilancio approvato entro sei mesi dalla chiusura

dell'esercizio, non è superiore a 5 milioni di euro;

e) non distribuisce, e non ha distribuito, utili;

f) ha, quale oggetto sociale esclusivo o prevalente, lo sviluppo, la produzione e la

commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico;

g) non è stata costituita da una fusione, scissione societaria o a seguito di cessione di

azienda o di ramo di azienda;

h) possiede almeno uno dei seguenti ulteriori requisiti:

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1) le spese in ricerca e sviluppo sono uguali o superiori al 15 per cento del maggiore valore

fra costo e valore totale della produzione della start-up innovativa… Le spese risultano dall'ultimo

bilancio approvato e sono descritte in nota integrativa. In assenza di bilancio nel primo anno di vita,

la loro effettuazione è assunta tramite dichiarazione sottoscritta dal legale rappresentante della

start-up innovativa;

2) impiego come dipendenti o collaboratori a qualsiasi titolo, in percentuale uguale o

superiore al terzo della forza lavoro complessiva, di personale in possesso di titolo di dottorato di

ricerca o che sta svolgendo un dottorato di ricerca presso un'università italiana o straniera, oppure

in possesso di laurea e che abbia svolto, da almeno tre anni, attività di ricerca certificata presso

istituti di ricerca pubblici o privati, in Italia o all'estero, ovvero, in percentuale uguale o superiore a

due terzi della forza lavoro complessiva, di personale in possesso di laurea magistrale ai sensi

dell’articolo 3 del decreto ministeriale 22 ottobre 2004, n. 270;

3) sia titolare o depositaria o licenziataria di almeno una privativa industriale relativa a una

invenzione industriale, biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o a una nuova

varietà vegetale ovvero sia titolare dei diritti relativi ad un programma per elaboratore originario

registrato presso il Registro pubblico speciale per i programmi per elaboratore, purché tali privative

siano direttamente afferenti all'oggetto sociale e all'attività d'impresa.”

Il primo requisito ha la finalità di limitare l’arco temporale durante il quale una start-up può

avvalersi delle agevolazioni. È opinione condivisa infatti che un periodo di 60 mesi sia sufficiente a

un’impresa per raggiungere una fase di maturità tale da permetterle di operare sul mercato in

maniera efficace e soprattutto in piena autonomia, senza più bisogno delle condizioni favorevoli

accennate in precedenza.

Anche i requisiti relativi al valore della produzione e alla distribuzione degli utili hanno come

finalità principale quella di escludere dalla categoria le imprese già giunte ad una fase di maturità.

Il requisito più caratteristico e caratterizzante è tuttavia certamente quello legato all’oggetto

sociale, ovvero “… lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi

innovativi ad alto valore tecnologico”. Il punto focale è dunque cercare di definire cosa sia

l’innovazione, elemento critico soprattutto se si pensa che il processo innovativo è per definizione

in fieri. Proprio al fine di agevolare tale definizione, il legislatore propone al punto h) tre indicatori di

innovazione, ovvero un certo ammontare di spese in ricerca e sviluppo, una certa percentuale di

dipendenti con titoli di dottorato sul totale della forza lavoro o il possesso di almeno una privativa

industriale (brevetto). Ecco che il carattere innovativo dell’impresa viene ad identificarsi con il

possesso di almeno uno dei tre indicatori summenzionati.

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Il legislatore ha infine ritenuto opportuno escludere dalla definizione di start-up innovative,

tutte quelle imprese costituitesi a seguito di una fusione o scissione societaria, dal momento che

queste non rappresentano realmente nuove imprese, ma sono solo una “trasformazione” o

evoluzione di realtà già esistenti.

Condizione fondamentale per poter beneficiare degli sgravi previsti è l’iscrizione in una

sezione speciale del Registro delle Imprese appositamente creata.

Le start-up innovative: panoramica nazionale

Tutti i dati analizzati nel seguito sono riferiti al 2 maggio 2016, quando le start-up innovative

iscritte alla sezione speciale del Registro delle Imprese erano 5.623, in aumento del +44,8%

rispetto alle 3.883 imprese rilevate alla stessa data del 2015.

Per quanto riguarda la distribuzione territoriale, è riscontrabile una forte concentrazione di

start-up innovative in alcune regioni del Centro Nord. In particolare la Lombardia è la regione che

ospita, in valore assoluto, il maggior numero di start-up innovative, 1.225 pari al 21,8% del totale

nazionale.

Tav. 3.1 – Graduatoria in ordine decrescente delle start-up innovative per regione

Regione Start-up % su totale nazionale

Lombardia 1.225 21,8

Emilia Romagna 656 11,7

Lazio 567 10,1

Veneto 413 7,3

Piemonte 371 6,6

Campania 341 6,1

Toscana 319 5,7

Marche 269 4,8

Sicilia 263 4,7

Puglia 214 3,8

Trentino Alto Adige 185 3,3

Sardegna 149 2,6

Friuli Venezia Giulia 139 2,5

Calabria 130 2,3

Abruzzo 128 2,3

Liguria 96 1,7

Umbria 83 1,5

Basilicata 42 0,7

Molise 20 0,4

Valle d’Aosta 13 0,2

ITALIA 5.623 100,0 Fonte: elaborazione su dati InfoCamere

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Seguono Emilia Romagna con 656 imprese, Lazio con 567, Veneto con 413, Piemonte con

371 e Campania con 341. Fanalini di coda sono invece Molise, con 20 start-up innovative e Valle

d’Aosta con 13. Il Friuli Venezia Giulia si posiziona al 13° posto con 139 start-up innovative.

Accanto all’osservazione dei valori assoluti, risulta interessante l’analisi del rapporto tra il

numero di start-up innovative e il totale delle società di capitale presenti in ogni regione. In

particolare sembra opportuno considerare nell’analisi solamente le società di capitale attive, vale a

dire tutte le società di capitale registrate che non risultino inattive, cessate, sospese, liquidate,

fallite o con procedure concorsuali aperte. In questo modo è possibile riuscire a cogliere appieno

l’incidenza delle start-up innovative sulle società di capitale effettivamente operanti sul mercato. A

seguito di questa operazione di scrematura (si passa da un milione e mezzo a poco più di un

milione di società), rimane evidente come la diffusione delle start-up innovative sia comunque un

fenomeno piuttosto marginale, seppure in crescita.

Graf. 3.1 – Presenza delle start-up innovative nelle regioni

A livello nazionale esse rappresentano infatti appena lo 0,53% delle società di capitale

attive. A livello regionale è possibile notare una maggiore incidenza in Trentino Alto Adige, 1,22%,

di gran lunga superiore rispetto al dato nazionale, e nelle Marche, 0,97%, mentre Lazio e

Campania sono le due regioni che presentano un’incidenza minore, rispettivamente pari a 0,37% e

a 0,35%. In Friuli Venezia Giulia l’incidenza delle start-up innovative sul totale delle società di

371 

13  1.225 

185 

413 

139 

656 

319 

96 

269 

83 

567 128

20214

341

42

130

263

149 

Media nazionale281 

Meno di 100

Da 100 a 200

Da 200 a 300

Da 300 a 400

Più di 400

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capitale è sensibilmente più elevata rispetto al valore nazionale (0,81%) e la nostra regione sale al

terzo posto nella graduatoria italiana.

Tav. 3.2 – Incidenza delle start-up innovative sul totale delle società di capitale. Graduatoria in ordine decrescente

Regione Start-up Start-up ogni 10.000 società di capitale

Trentino Alto Adige 185 121,9

Marche 269 97,4

Friuli Venezia Giulia 139 81,0

Valle d’Aosta 13 79,8

Emilia Romagna 656 77,9

Sardegna 149 71,2

Piemonte 371 67,3

Calabria 130 63,8

Basilicata 42 60,8

Umbria 83 58,9

Abruzzo 128 56,9

Lombardia 1.225 52,6

Sicilia 263 48,8

Veneto 413 46,7

Liguria 96 45,5

Molise 20 45,3

Toscana 319 44,0

Puglia 214 41,3

Lazio 567 37,0

Campania 341 34,8

ITALIA 5.623 52,9 Fonte: elaborazione su dati InfoCamere

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Graf. 3.2 – Incidenza delle start-up innovative sul totale delle società di capitale (start-up ogni 10.000 società di capitale)

Le start-up innovative: la situazione in Friuli Venezia Giulia

Le start-up innovative in Friuli Venezia Giulia, al 2 maggio 2016, erano 139, mentre al 4

maggio 2015 il loro numero era di 112. Il tasso di crescita seppur elevato e pari al +24,1%, risulta

inferiore di 20 punti percentuali rispetto al tasso medio nazionale.

Si è registrato un aumento in tutte le province, soprattutto in quella di Udine dove, a inizio

maggio 2015, le start-up innovative erano 31 (+11 unità). Seguono Trieste con 8 imprese in più,

Pordenone con 7 e infine Gorizia dove l’incremento è limitato ad 1 sola unità.

67,3 

79,8  52,6 

121,9 

46,7 

81,0 

77,9 

44,0 

45,5 

97,4 

58,9 

37,0 56,9

45,341,3

34,8

60,8

63,8

48,8

71,2 

Media nazionale52,9

Meno di 45

Da 45 a 55

Da 55 a 70

Più di 70

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Graf. 3.3 – Start-up innovative: distribuzione percentuale per provincia

Fonte: elaborazione su dati InfoCamere

La forma giuridica predominante per queste società è, in linea con la tendenza nazionale, la

s.r.l.; l’82% delle imprese considerate infatti adotta questa forma giuridica (a livello nazionale il

dato si attesta al 79,6%). Segue a notevole distanza la s.r.l. semplificata, una forma societaria

relativamente nuova (introdotta dall’art. 3 D.L. 24 gennaio 2012 n. 1, e più volte modificata in

seguito) che consente in sostanza di avviare una nuova attività in tempi brevi e con minori costi. A

livello regionale più di una start-up innovativa su dieci sceglie di adottare questa nuova forma

giuridica. Un’altra forma giuridica prevista dalla normativa e adottata a livello nazionale (oltre il 2%

delle start-up innovative) è quella della società cooperativa, di cui è presente un’unica impresa

nella realtà regionale.

Tav. 3.3 – Start-up innovative per provincia e forma giuridica

Provincia Forma giuridica

Gorizia Pordenone Trieste Udine

Totale FVG

% su totale

S. r. l. 11 30 39 34 114 82,0

S. r. l. con socio unico 1 1 2 2 6 4,3

S. r. l. semplificata 0 3 7 6 16 11,5

S. p. a. 1 1 0 0 2 1,4

Società cooperativa 0 1 0 0 1 0,7

Totale 13 36 48 42 139 100 Fonte: elaborazione su dati InfoCamere

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A livello di settore di attività più di un terzo delle start-up innovative regionali è impiegato

nell’industria e artigianato (34,5%). All’interno di questo macro settore le attività svolte sono

eterogenee, ma è possibile individuare come predominante la metalmeccanica che conta 31 start-

up. Altri settori che in regione comprendono un numero consistente di start-up innovative sono

quello della produzione di software e consulenza informatica (29 start-up), e quello della ricerca

scientifica e sviluppo (sempre con 29 start-up).

Tav. 3.4 – Start-up innovative per provincia e settore di attività

Provincia Settore di attività

Gorizia Pordenone Trieste Udine Totale FVG

% su totale

Commercio 1 1 0 0 2 1,4

Industria e artigianato 6 18 10 14 48 34,5 Produzione di software, consulenza informatica

2 6 10 11 29 20,9

Attività dei servizi di informazione 0 2 6 4 12 8,6 Attività degli studi di architettura e d'ingegneria

1 3 2 0 6 4,3

Ricerca scientifica e sviluppo 3 4 14 8 29 20,9

Altro 0 2 6 5 13 9,4

Totale 13 36 48 42 139 100,0 Fonte: elaborazione su dati InfoCamere

Appare interessante analizzare anche l’evoluzione temporale del numero di start-up

innovative. A tal fine si è scelto di considerare come data di nascita dell’impresa quella di inizio

dell’esercizio effettivo dell’attività. In questo modo è possibile notare un trend di sostanziale

crescita, con un picco nell’avvio di start-up innovative nel 1° semestre 2015, vale a dire il periodo in

cui è stato esteso su scala nazionale il bando agevolativo Smart&Start, in precedenza riservato

alle imprese localizzate nel Mezzogiorno d’Italia e nelle aree del Cratere Sismico Aquilano. Nel

grafico non sono considerate le start-up innovative nate prima del 2012 e in questo avvio di 2016,

in tutto 19 unità. Si ricorda che il periodo massimo di iscrizione alla sezione speciale è di cinque

anni.

Con riferimento agli indicatori di innovazione previsti dalla normativa, si riscontra che 66

start-up del Friuli Venezia Giulia puntano sull’investimento in ricerca e sviluppo, il 48% del totale.

Le imprese che hanno dichiarato di avvalersi di personale altamente qualificato sono 49, mentre

quelle che hanno dichiarato il possesso di almeno una privativa industriale sono 48 (in entrambi i

casi pari al 35% delle start-up). Infine le start-up con una compagine societaria a prevalenza

femminile sono 13, pari a circa il 9% del totale, contro il 13% circa del dato nazionale. Inferiore al

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39

dato nazionale anche la presenza di start-up a prevalenza giovanile (under 35); le 18 start-up

giovanili rappresentano infatti il 13% del totale regionale, contro il 22% circa del dato Italia.

Graf. 3.4 – Friuli Venezia Giulia: start-up innovative per semestre di inizio attività

0

5

10

15

20

25

30

1° sem.2012

2° sem.2012

1° sem.2013

2° sem.2013

1° sem.2014

2° sem.2014

1° sem.2015

2° sem.2015

Fonte: elaborazione su dati InfoCamere

L’imprenditoria giovanile

Si considerano "imprese giovanili" quelle in cui persone di età inferiore ai 35 anni

detengono una partecipazione prevalente, in termini di controllo e di proprietà dell’azienda. Le

statistiche relative a questo segmento imprenditoriale sono disponibili a partire dal 2011.

L’attenzione al fenomeno è stata infatti acuita dalla difficile situazione che attraversano l’economia

e il mercato del lavoro, in particolare giovanile, per cui uno sbocco occupazionale può venire

anche dall’incentivare i giovani a “fare impresa”.

In ambito nazionale a fine 2015 le imprese giovanili rappresentano il 10,7% del totale

imprese. Un apporto consistente viene dalle regioni del Mezzogiorno, dove le ridotte opportunità di

impiego inducono i più giovani ad intraprendere la strada della creazione d’impresa. Come si vede

dal Graf. 3.5 il Friuli Venezia Giulia si conferma la regione d’Italia con la minore incidenza di

imprese “under 35”, con un modesto 8,2%. In ambito regionale le imprese catalogate come

giovanili a fine 2015 sono 7.521, di cui il 48,2% con sede in provincia di Udine, il 24,3% in

provincia di Pordenone, il 15,8% in provincia di Trieste e il rimanente 11,7% in provincia di Gorizia

(Graf. 3.6).

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Graf. 3.5 Incidenza delle imprese “under 35” nelle regioni italiane, 2015

10,2%

9,7%9,5%

8,7%

8,5%

8,2%

8,3%

9,9%

9,6%

9,0%9,5%

11,0%10,6%

11,1%12,4%

14,3%

11,0%

15,2%

13,7%

10,5%

Media nazionale

10,7%

Fonte: InfoCamere

Tutte e quattro le province si collocano nella parte bassa della classifica delle province

italiane (le 105 che hanno istituito il Registro delle Imprese) per incidenza di imprese di giovani. La

migliore è Gorizia che si colloca al 70° posto (con il 9,5%), segue Trieste al 90° posto con l’8,4%,

Udine al 96° posto con l’8,1% ed infine Pordenone che è penultima con il 7,6%, seguita soltanto da

Forlì - Cesena.

Tav. 3.5 – Numero di imprese giovanili attive e incidenza percentuale, anni 2011 - 2015

Anno 2011 2012 2013 2014 2015

Friuli V. G. 8.610 8.070 7.831 7.694 7.521

% su totale imprese 8,8% 8,4% 8,3% 8,3% 8,2%

Italia 629.994 604.067 578.947 564.000 548.524

% su totale imprese 11,9% 11,5% 11,2% 11,0% 10,7%

Fonte: InfoCamere

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La Regione Friuli Venezia Giulia attribuisce ai giovani un ruolo importante per uscire

dall’attuale situazione di crisi e infatti considera l’imprenditoria giovanile un fattore determinante

dello sviluppo economico e sociale del territorio. Per questo dal 2013 ha previsto un bando per la

concessione di contributi a sostegno di progetti di imprenditoria giovanile. Anche a livello nazionale

sono stati proposti bandi ad hoc per agevolare i giovani imprenditori; ciononostante dalla Tav. 3.5

si nota un costante calo delle imprese “under 35”, sia in valore assoluto che in percentuale sul

totale delle imprese attive.

Tav. 3.6 – Friuli Venezia Giulia: distribuzione e incidenza delle imprese giovanili per provincia, 2015

Province Imprese giovanili

attive

Totale imprese

attive

Incidenza imprese

giovanili sul totale

(%)

Distribuzione imprese giovanili

(%)

Distribuzione totale imprese

(%)

Gorizia 878 9.211 9,5 11,7 10,0

Pordenone 1.827 24.037 7,6 24,3 26,1

Trieste 1.192 14.210 8,4 15,8 15,4

Udine 3.624 44.562 8,1 48,2 48,4

Friuli V. G. 7.521 92.020 8,2 100 100

Fonte: InfoCamere

Graf. 3.6 - Friuli Venezia Giulia: imprese giovanili per provincia, 2015

Fonte: elaborazioni su dati InfoCamere

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L’impresa individuale si conferma l’approccio all’imprenditoria di elezione, soprattutto per gli

under 35, infatti le imprese individuali sono pari all’80,5% delle imprese giovanili (Tav. 3.7), contro

il 61% del totale imprese. Le imprese di under 35 trovano maggior spazio nei settori più

tradizionali, con basse barriere all’entrata e minor fabbisogno di capitale iniziale (Tav. 3.8). I

principali settori per percentuale di imprese giovanili sono infatti i servizi alle persone (11,9% delle

imprese del settore), l’alloggio e ristorazione (11,8%) e le costruzioni (11,0%).

Tav. 3.7 – Friuli Venezia Giulia: distribuzione e incidenza delle imprese giovanili per forma giuridica, 2015

Forma giuridica Imprese giovanili

attive

Totale imprese

attive

Incidenza imprese

giovanili sul totale

(%)

Distribuzione imprese giovanili

(%)

Distribuzione totale imprese

(%)

Società di capitale 849 17.002 5,0 11,3 18,5

Società di persone 551 17.115 3,2 7,3 18,6

Imprese individuali 6.058 56.108 10,8 80,5 61,0

Altre forme 63 1.795 3,5 0,8 2,0

Totale 7.521 92.020 8,2 100 100

Fonte: InfoCamere

Infine un accenno ai dati relativi ai giovani “imprenditori”. Attraverso le informazioni del

Registro Imprese è infatti possibile suddividere i titolari di cariche in azienda per classe d’età degli

stessi. In Friuli Venezia Giulia la percentuale di cariche ricoperte da persone con meno di 30 anni è

molto modesta e pari, a fine 2015, al 3,9% del totale cariche. A livello provinciale i dati sono

abbastanza simili: si va dal 3,5% di Trieste al 4,5% di Gorizia, passando per il 3,7% di Pordenone

e il 4,0% di Udine. La percentuale media nazionale è superiore a quella regionale e pari al 5,0%:

anche in questo caso il Friuli Venezia Giulia si colloca all’ultimo posto della graduatoria per regioni,

guidata dalla Calabria con il 7,5%.

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Tav. 3.8 – Friuli Venezia Giulia: distribuzione e incidenza delle imprese giovanili per macrosettore di attività, 2015

Settori di attività Imprese giovanili

attive

Totale imprese

attive

Incidenza imprese giovanili sul totale

(%)

Distribuzione imprese giovanili

(%)

Distribuzione totale

imprese (%)

Agricoltura e pesca 659 14.378 4,6 8,8 15,6

Industria 520 9.811 5,3 6,9 10,7

Costruzioni 1.604 14.575 11,0 21,3 15,8

Commercio 1.723 21.328 8,1 22,9 23,2

Alloggio e ristorazione 938 7.967 11,8 12,5 8,7

Servizi alle imprese 1.286 17.306 7,4 17,1 18,8

Servizi alle persone 789 6.628 11,9 10,5 7,2

Imprese non classificate 2 27 7,4 … …

Totale 7.521 92.020 8,2 100 100

Fonte: InfoCamere

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Sezione IV – Imprese creative e culturali

Le filiere culturali e creative sono costituite da imprese che fanno della cultura e della

creatività il proprio core business; il loro impatto sul sistema economico risulta sempre più

significativo in quanto queste imprese influenzano e collaborano con i settori produttivi tradizionali

permettendo un incremento del valore aggiunto delle loro produzioni.

L’interesse per queste filiere è giustificato da queste statistiche12;

• il contributo delle imprese creative dell’Unione Europea alla formazione del Prodotto Interno

Lordo è pari a 558 miliardi di euro cioè il 4,5 %;

• se consideriamo anche le imprese indirettamente coinvolte nella filiera, il Valore Aggiunto

rappresenta il 6,9%;

La filiera occupa una quota piuttosto significativa di addetti ma soprattutto stimola la creazione di

nuove professioni; sono 8,5 milioni le persone occupate in Europa, cifra che raggiunge 14,4 milioni

se consideriamo la filiera allargata.

Il sistema della cultura si divide in cinque macrosettori:

a) industrie culturali, includono le attività collegate alla produzione di beni riproducibili,

connessi alle principali attività artistiche a elevato contenuto creativo, in cui le imprese

operano secondo logiche industriali (la cinematografia, la televisione, l’editoria e l’industria

musicale, l’industria dei videogame);

b) industrie creative, comprendono tutte quelle attività del mondo dei servizi che traggono

linfa creativa dalla cultura e che contribuiscono a veicolare significati e valori nelle

produzioni di beni e servizi (Architettura, Comunicazione e branding, artigianato, design,

produzione di stile, creative driven);

c) Patrimonio storico-artistico, comprende le attività imprenditoriali aventi a che fare con la

conservazione, la fruizione e la messa a valore del patrimonio storico e artistico antico e

contemporaneo (musei, biblioteche, archivi, gestione di luoghi o monumenti);

d) Performing art e arti visive, includono le attività che, per la loro natura, non si prestano a

un modello di organizzazione di tipo industriale, o perché hanno a che fare con beni

intenzionalmente non riproducibili (le arti visive), o perché hanno a che fare con eventi dal

vivo che possono essere fruiti soltanto attraverso una partecipazione diretta. (cioè

rappresentazioni artistiche, spettacoli e manifestazioni, convegni e fiere);

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e) Produzione di beni e servizi creative - driven, sono comprese tutte le attività

economiche fortemente connotate da un driver creativo. È un ambito di difficile

quantificazione e in continua evoluzione perché le attività economiche anche tradizionali

creative - driven sono in continua crescita.

La filiera è costituita da un aggregato di attività produttive sia tradizionali, come le attività

artistiche, editoria, architettura) ma anche da imprese nuove per esempio editoria e comunicazione

basate sui nuovi media; entrambe hanno in comune un legame particolare e forte con la cultura, la

creatività, la produzione di significati simbolici e di valore estetico.

Sono attività svolte da imprese vere a proprie (dalle grandi industrie alle botteghe artigiane,

agli studi professionali), ma anche dalla Pubblica Amministrazione (per esempio le Biblioteche, i

Musei, i Teatri Pubblici), e dal Non Profit (per esempio le Fondazioni e le Associazioni).

Le industrie creative in Italia

Le imprese delle filiere culturali e creative producono 78,6 miliardi di euro di valore aggiunto

e ‘attivano’ altri settori dell’economia arrivando a muovere complessivamente il 15,6% del valore

aggiunto nazionale, equivalente a 227 miliardi di euro.

Sono 445mila le imprese che opera nelle filiere del sistema culturale italiano pari al 7,3%

dell’intero tessuto produttivo. Gli occupati sono 1,4 milioni e rappresentano quasi il 6% del totale

degli occupati13. Un tessuto che è cresciuto in modo particolare in questi ultimi anni, anni di piena

crisi dove le imprese che hanno investito in creatività hanno visto crescere il proprio fatturato del

3,2%, mentre tra le non investitrici il fatturato è sceso dello 0,9%, e inoltre le imprese che hanno

investito in creatività sono state premiate con un incremento dell’export del 4,3%, al contrario chi

non ha puntato su questo asset ha visto le proprie esportazioni crescere di un ben più magro

0,6%.

I 78,6 miliardi di euro attivati dalle 445mila imprese del sistema produttivo culturale italiano

si alzano a 84 miliardi circa, equivalenti al 5,8% dell’economia nazionale, se includiamo anche

istituzioni pubbliche e realtà del non profit attive nel settore della cultura. Per questo sistema si

stima un effetto moltiplicatore pari a 1,7 sul resto dell’economia: così per ogni euro prodotto dalla

cultura, se ne attivano 1,7 in altri settori. Quindi gli 84 miliardi, quindi, ne ‘stimolano’ altri 143 e

sommati danno 227 miliardi di euro.

12 Tera Consultants - The economic contribution of the creative industries to the EU GDP and employment – Forum d’Avignon - Settembre 2014.

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Tav. 4.1 Peso economico delle industrie creative in Italia

Valore Aggiunto 78,6 miliardi di Euro 5,4%

Imprese 445mila 7,3%

Occupati 1,4 milioni 5,4%

Fonte: Unioncamere, Symbola, Io sono la cultura: rapporto 2015

Alla performance del sistema produttivo culturale e creativo, sia in termini di prodotto che di

occupazione, contribuiscono soprattutto le industrie culturali e le industrie creative: dalla prime

industrie (quelle culturali e cioè Film, video, radio-tv, Videogiochi e software, Musica, Libri e

stampa) arriva infatti il 46,8% del valore aggiunto e il 39,4% degli occupati, un risultato raggiunto

soprattutto grazie a videogiochi e software.

Dalle industrie creative (e cioè Architettura, Comunicazione e branding, Design, Produzione

di stile, Artigianato un altro consistente 46,5% di valore aggiunto e addirittura il 52,7% degli

occupati, performance raggiunta grazie al contributo preponderante della produzione di beni e

servizi creative driven e dell’architettura.

Decisamente più bassa la quota delle performing arts e arti visive per entrambi i valori

(5,3% del valore aggiunto e 6,2% occupazione) e soprattutto per le attività private collegate al

patrimonio storico-artistico (1,5% e 1,7%).

Tav. 4.2 La dinamicità del sistema produttivo culturale in Italia (2014/2011)

Imprese Valore aggiunto Occupazione

Design +9,6% +2,8% +6,6%

Performing art e arti visive +5,5% +3,3% +6,4%

Videogiochi e software +3,5% +0,9% +5,3%

Sistema produttivo culturale -0,9% -1,4% +1,4%

Totale Economia -1,1% -1,4% -2,0%

Fonte: Unioncamere, Symbola, Io sono la cultura: rapporto 2015

Osservando la geografia del sistema culturale italiano emergono le economie manifatturiere

delle tipicità italiane: Arezzo si conferma al primo posto in Italia sia per valore aggiunto, che per

occupati legati alle industrie culturali (rispettivamente 9,3% e 10,8% del totale dell’economia),

seguono (nella classifica del Valore aggiunto) Pesaro Urbino e Vicenza, attestate rispettivamente

sulla soglia dell’8 e del 7,8%, Pordenone al 7,7% e Treviso e Roma, entrambe al 7,6%, Macerata

13 Unioncamere, Symbola, Io sono la cultura: rapporto 2015, Roma 2015

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con il 7,4%, Milano al 7%, Pisa e Como al 6,9%. Accanto alle economie manifatturiere delle tipicità

italiane ci sono le performances della grandi città (Milano e Roma).

Dal punto di vista dell’incidenza dell’occupazione del sistema produttivo culturale sul totale

dell’economia Arezzo conferma la migliori performance, ma subito dopo troviamo Pesaro Urbino

(9,3%), Vicenza e Treviso (entrambe al 9%), Pordenone (8,5%), Pisa e Macerata (entrambe con

8,3%), Firenze (8%), Como (7,8%) e Milano (7,6%).

Tav. 4.3 Prime dieci provincie per incidenza del Valore Aggiunto e dell’Occupazione del

sistema produttivi culturale

Valore aggiunto Occupazione

Posizione Provincia Incidenza % posizione provincia Incidenza %

1 Arezzo 9,3% 1 Arezzo 10,8%

2 Pesaro /Urbino 8,0% 2 Pesaro /Urbino 9,3%

3 Vicenza 7,8% 3 Vicenza 9,0%

4 Pordenone 7,7% 4 Treviso 9,0%

5 Treviso 7,6% 5 Pordenone 8,5%

6 Roma 7,6% 6 Pisa 8,3%

7 Macerata 7,4% 7 Macerata 8,3%

8 Milano 7,0% 8 Firenze 8,0%

9 Pisa 6,9% 9 Como 7,8%

10 Como 6,9% 10 Milano 7,6%

Fonte: Unioncamere, Symbola, Io sono la cultura: rapporto 2015

IL Sistema Produttivo Culturale esercita un ruolo rilevante anche nella determinazione della

spesa turistica. Dei circa 75,8 miliardi di euro complessivamente stimati di spesa turistica per il

2014, la componente attivata dalle industrie culturali è quantificabile in 28,3 miliardi di euro, pari al

37,3% del totale della spesa turistica del Paese, valore superiore al 36,5% del 201314.

A livello regionale, la posizione di testa è occupata dalle Marche con una quota di spesa

turistica attribuibile alla attivazione culturale che è arrivata a superare il 50% (51,1%), seguita a

breve distanza dal Friuli-Venezia Giulia (anche in questo caso la quota supera il 50%: 50,9%), e

poi dal Lazio (49,0%), dal Piemonte (48,1%) e dalla Lombardia (46,5%). Meno marcata è invece

l’attivazione in Liguria (28,8%), Sicilia (26,6%), Trentino-Alto Adige (26,6%), Valle d’Aosta (23,9%)

e Sardegna (23,1%), risultati in alcuni casi giustificabili da un’attivazione legata maggiormente ad

attrattività paesaggistiche, in altri meno.

14 Unionamere, Symbola, Io sono la cultura: rapporto 2015

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Tav. 4.4 Valore aggiunto e occupazione del Sistema Produttivo Culturale nelle regioni

italiane

Valore aggiunto Occupazione

Regione milioni di

euro

% sul

totale Italia % sul totale

economia In migliaia

% sul

totale

Italia

% sul

totale

economia

Piemonte 6.461,90 8,2 5,7 119,9 8,4 6,1

Valle d'Aosta 154 0,2 3,8 3,6 0,3 5,9

Lombardia 20.161,90 25,7 6,2 308 21,6 6,5

Trentino-Alto Adige 1.689,00 2,1 4,5 28,9 2 5,2

Veneto 8.358,40 10,6 6,3 157,5 11,1 7,1

Friuli Venezia Giulia 1.800,10 2,3 5,7 34,8 2,4 6,5

Liguria 1.428,20 1,8 3,3 29,6 2,1 4,2

Emilia-Romagna 5.771,50 7,3 4,4 106,7 7,5 5,1

Toscana 5.298,10 6,7 5,5 109,9 7,7 6,7

Umbria 936,8 1,2 4,8 20,3 1,4 5,3

Marche 2.284,20 2,9 6,6 48,5 3,4 7,2

Lazio 11.474,70 14,6 7 172,4 12,1 6,7

Abruzzo 1.226,70 1,6 4,5 25,3 1,8 5,1

Molise 230,4 0,3 4,4 5,6 0,4 5,3

Campania 3.934,50 5 4,5 77 5,4 4,6

Puglia 2.369,70 3 4 55,3 3,9 4,7

Basilicata 441,8 0,6 4,6 11,1 0,8 5,7

Calabria 1.020,00 1,3 3,8 24,3 1,7 4,4

Sicilia 2.498,10 3,2 3,4 60,4 4,2 4,3

Sardegna 1.029,80 1,3 3,7 25,1 1,8 4,5

ITALIA 78.569,70 100 5,4 1.424,10 100 5,9

Fonte: Unioncamere, Symbola, Io sono la cultura: rapporto 2015

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Tav. 4.5 Spesa turistica attivata dall’industria culturale

Regione v.a (in milioni

di euro)

% sul totale

Italia

% sul totale

spesa turistica

Piemonte 1.900,6 6,7 48,1

Valle d'Aosta 197,9 0,7 23,9

Lombardia 3.566,7 12,6 46,5

Trentino-Alto Adige 1.716,8 6,1 26,6

Veneto 3.308,9 11,7 40,4

Friuli Venezia Giulia 792,0 2,8 50,9

Liguria 994,4 3,5 28,8

Emilia-Romagna 2.650,8 9,4 36,4

Toscana 2.424,1 8,6 37,5

Umbria 298,9 1,1 37,8

Marche 947,3 3,4 51,1

Lazio 3.239,5 11,5 49

Abruzzo 660,5 2,3 37,8

Molise 108,6 0,4 33,9

Campania 1.137,4 4 29,7

Puglia 1.090,7 3,9 33,2

Basilicata 192,9 0,7 37,7

Calabria 1.022,4 3,6 33,3

Sicilia 1.400,2 5 26,6

Sardegna 611,6 2,2 23,1

ITALIA 28.262,4 100 37,3

Fonte: Unioncamere, Symbola, Io sono la cultura: rapporto 2015

Le industrie creative in Friuli Venezia Giulia

Nel Friuli Venezia Giulia il sistema produttivo culturale rappresenta una parte importante

dell’economia. Le circa 8.500 imprese registrate nel Friuli Venezia Giulia contribuiscono per circa il

5,7% alla formazione del Valore Aggiunto e occupano il 6,5% del totale degli occupati, valori questi

che collocano la regione ai primi posti della graduatoria nazionale per incidenza del Valore

Aggiunto e dell’Occupazione del sistema produttivo culturale.

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Tav. 4.6 Prime regioni per incidenza del Valore Aggiunto e dell’Occupazione del

sistema produttivo culturale

Valore aggiunto Occupazione

posizione Regione Incidenza % Posizione Regione Incidenza %

1 Lazio 7,0% 1 Marche 7,2%

2 Marche 6,6% 2 Veneto 7,1%

3 Veneto 6,3% 3 Toscana e Lazio 6,7%

4 Lombardia 6,2% 4 Lombardia e Friuli V.G. 6,5%

5 Piemonte e Friuli V.G. 5,7% 5 Piemonte 6,2%

ITALIA 5,4% ITALIA 5,9%

Fonte: Unioncamere, Symbola, Io sono la cultura: rapporto 2015

L’incisività del ruolo delle imprese del settore privato nel sistema produttivo culturale rende

interessante l’analisi della consistenza e delle caratteristiche di tale ramo del tessuto produttivo

regionale.

Il valore aggiunto prodotto dal Sistema Produttivo Culturale del Friuli Venezia Giulia è ci

circa 1.800 milioni di euro, mentre l’occupazione è di circa 35 mila unità. Per quanto riguarda le

imprese il Sistema Produttivo Culturale del Friuli Venezia Giulia rappresenta l’8,1% dell’intera

economia produttiva: il 50% di queste imprese opera in provincia di Udine, il 24,5% a Pordenone, il

17,3% nei comuni della provincia di Trieste ed il restante 8,2% nella provincia di Gorizia.

Il 12% di queste imprese è femminile (1.034 unità), il 4% rientra tra le imprese under 35

(352 unità), un terzo delle imprese creative del Friuli Venezia Giulia è artigiana (2.780 unità).

Per la precisione le imprese registrate sono 8.541 di cui 6.226 industrie creative (73%),

1,899 industrie culturali (22%), 415 imprese che operano nel Patrimonio artistico-culturale e nella

Performing art e intrattenimento (5%).

Anche in Friuli Venezia Giulia, come in Italia, le industrie creative rappresentano l’ambito di

maggiore attenzione per la capacità di generare valore economico. Disaggregando i dati per

settore si evince come all’interno delle industrie creative, il comparto più importante e quello legato

alla Produzione di beni e servizi creative-driven, cuore del made in Italy, un ruolo decisivo è

giocato anche dall’architettura, mentre relativamente inferiori sono le quote che interessano la

comunicazione e il branding così come il design (3,0%).Ad alimentare la ricchezza prodotta dalle

industrie culturali, sono il comparto dei libri e della stampa e quello dei videogiochi e software

(16,6%).

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Gra. 4.1 Industrie del Sistema Produttivo Culturale in Friuli Venezia Giulia distinte per

provincia

Fonte: Unioncamere, Symbola, Io sono la cultura: rapporto 2015

Tav. 4.7 Imprese totali registrate del comparto “industrie creative”

Architettura

Comunicazione e branding

Design Produzione

di stile Artigianato

TOTALE industrie creative

Udine 1.323 262 243 396 1.017 3.241

Gorizia 251 40 32 51 127 500

Trieste 528 90 48 45 216 927

Pordenone 725 147 77 211 397 1.558

FRIULI-VENEZIA GIULIA 2.826 539 400 703 1.758 6.226

ITALIA 152.846 32.452 14.985 18.951 86.448 305.682

Fonte: Unioncamere - Fondazione Symbola su dati Infocamere

Tav. 4.8 Imprese totali registrate del comparto “industrie culturali”

Film, video,

radio-tv

Videogiochi e software

Musica Libri e stampa

Totale industrie culturali

Udine 63 411 13 356 842

Gorizia 14 64 3 77 158

Trieste 54 216 4 178 452

Pordenone 42 194 9 202 446

FRIULI-VENEZIA GIULIA 172 884 29 813 1.899

ITALIA 12.132 45.809 2.328 48.820 109.089

Fonte: Unioncamere - Fondazione Symbola su dati Infocamere

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Graf. 4.2 Friuli Venezia Giulia. I quattro macrosettori delle Industrie Creative e Culturali

(ICC) e relativi sotto-settori: composizione %

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Sezione V – I mercati internazionali

Nel 2015 le esportazioni italiane sono aumentate del 3,8% rispetto all’anno precedente,

sfiorando i 413,9 miliardi di euro; le importazioni (368,7 miliardi) hanno invece fatto registrare un

aumento del 3,3% (Tav.1). Si è in tal modo realizzato per il quarto anno consecutivo un avanzo

commerciale: nel 2015 è stato in particolare di quasi 45,2 miliardi di euro rispetto ai 41,9 del 2014.

Il risultato va ascritto alla buona performance delle esportazioni di prodotti delle attività

manifatturiere (da 382,8 a 397,0 miliardi) e soprattutto alla ulteriore rilevante riduzione del deficit

nell’interscambio di prodotti energetici (-35,3 miliardi rispetto ai -44,2 del 2014).

Tav. 5.1 – Flussi commerciali del Friuli Venezia Giulia a confronto con i dati del Nord Est e dell’Italia, anno 2015 (euro – dati revisionati)

Importazioni Esportazioni

var.%

importazioni

su 2014

var.%

esportazioni

su 2014

Udine 2.716.884.909 4.973.605.601 -3,5 -2,0

Gorizia 841.888.804 1.473.929.551 +13,9 +2,4

Trieste 1.951.673.517 2.108.986.814 +16,1 +6,9

Pordenone 1.552.162.101 3.615.255.255 +10,7 +2,4

Friuli Venezia Giulia 7.062.609.331 12.171.777.221 +6,4 +1,3

NORD EST 86.448.491.074 132.807.237.481 +4,9 +4,7

ITALIA 368.715.332.261 413.881.348.775 +3,3 +3,8

Fonte: elaborazione su dati Istat. www.coeweb.istat.it

Per quanto riguarda il Friuli Venezia Giulia, nel 2015 il valore delle esportazioni è stato pari

a 12.172 milioni di euro, +1,3% rispetto al 2014; mentre le importazioni ammontano a 7.063 milioni

di euro e sono aumentate del 6,2% sempre rispetto al 2014. Il saldo commerciale è positivo per

5.109 milioni di euro. L’export del Friuli Venezia Giulia è composti per 40,9% da Udine, per il

12,1% da Gorizia, per il 17,3% da Trieste e per il 29,7% da Pordenone.

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Tav. 5.2 – Propensione all’export e apertura al commercio estero, 2014-2015

Propensione all’export

(esportazioni/valore aggiunto)

Apertura al commercio estero (interscambio commerciale/

valore aggiunto)

2014 2015 2014 2015

Udine 38,2 37,1 59,4 57,4

Gorizia 46,0 46,5 69,6 73,1

Trieste 29,7 31,1 55,0 59,9

Pordenone 45,5 45,7 63,6 65,4

Friuli Venezia Giulia 39,0 38,9 60,5 61,5

NORD EST 38,7 39,9 63,9 65,9

ITALIA 27,5 28,2 52,2 53,3

Fonte: elaborazione Unioncamere su dati Istat

Graf. 5.1 - Variazione e contributo alla variazione delle esportazioni nazionali per regione, 2015 (%)

Fonte: Istat. Le esportazioni delle regioni italiane, Statistiche Flash, 11 marzo 2016

I principali mercati di destinazione e provenienza delle merci

La Tav. 5.3 evidenzia che nel 2015 le esportazioni del Friuli Venezia Giulia risultano in lieve

diminuzione, rispetto all’anno precedente, verso i Paesi dell’Unione Europea a 28 (-0,9%); restano

invece sostanzialmente stabili le esportazioni verso i Paesi europei extra-UE, il che porta il dato

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complessivo verso l’Europa a un -0,8%. Pur su livelli assoluti ben inferiori anche il continente

americano e quello asiatico hanno segnato incrementi notevoli, rispettivamente +10,6% e +4,8%,

con i mercati africani che si sono invece contratti (-7,4%).

I flussi di esportazione rimangono prevalentemente indirizzati verso i Paesi dell’Unione

Europea dove si concentra il 57,8% del valore complessivo del Friuli Venezia Giulia (Graf. 5.2).

Nella graduatoria dei primi dieci Paesi di destinazione, infatti, sono rappresentati ben sette Stati

dell’Unione: Germania (14,2% dell’export regionale), Francia (8,4%), Regno Unito (5,6%), Austria

(5,0%), Slovenia (3,2%), Spagna (3,1%) e Polonia (2,4%). Gli altri tre Paesi sono gli Stati Uniti

(11,9%, una percentuale determinata sostanzialmente dal comparto della cantieristica), la Turchia

(2,7%), la Cina (2,6%). Con l’eccezione della Turchia, che ha preso il posto della Russia, si tratta

degli stessi Paesi che avevano occupato le prime dieci posizioni nel precedente biennio.

Tav. 5.3 – Friuli Venezia Giulia: flussi commerciali per Area geografica, Anno 2015

Importazioni Esportazioni

var.%

importazio

ni su 2014

var.%

esportazion

i su 2014

EUROPA 5.381.344.800 8.059.445.520 +0,5 -0,8

di cui Unione Europea(EU 28) 4.408.797.260 7.030.856.778 +0,4% -0,89%

AFRICA 168.284.417 540.470.723 +0,7 -7,4

AMERICA 446.652.052 1.855.083.874 +51,5 +10,6

ASIA 1.060.021.214 1.624.472.101 +29,4 +4,8

OCEANIA E ALTRI TERRITORI 6.306.848 92.305.003 +88,0 +9,1

MONDO 7.062.609.331 12.171.777.221 +6,4 +1,3

Fonte: elaborazione su dati Istat. www.coeweb.istat.it

Dal lato delle esportazioni fra i principali Paesi partner della nostra regione si segnalano gli

incrementi in valore assoluto degli Stati Uniti (+321,5 milioni di euro, ascrivibile soprattutto alla

voce Navi e imbarcazioni da 521,1 a 811,4 milioni di euro), la Turchia (+86,9, in particolare nelle

voci Metalli di base e prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti e Apparecchi elettrici),

l’Azerbaigian (+83,3, soprattutto per Macchinari ed apparecchi n.c.a.), il Bangladesh (+44,5,

pressoché esclusivamente per Apparecchi elettrici e Macchinari ed apparecchi n.c.a.), gli Emirati

Arabi Uniti (+44,1, principalmente grazie a Metalli di base e prodotti in metallo, esclusi macchine e

impianti) e infine l’Ecuador (+41,3, per Macchinari ed apparecchi n.c.a.). In forte diminuzione

assoluta invece le esportazioni verso Panama (-177,4 milioni, dei quali ben 157,3 per la voce

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Metalli di base e prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti), Francia (-165,2, in particolare

Navi e imbarcazioni, diminuzione peraltro parzialmente compensata da un forte aumento nelle

esportazioni di Computer, apparecchi elettronici e ottici), Venezuela (-76,6) e Indonesia (-60,4).

Dal lato delle importazioni, invece, sempre confrontando i valori registrati nel biennio

2014-15, si riscontra un minimo aumento (0,9%) di quelle provenienti dai Paesi dell’Unione

Europea a 27; l’Europa nel complesso fa segnare invece solo un +0,5%. Più dinamiche invece,

partendo però da valori assoluti molto inferiori, le importazioni dall’America (+51,5%) e Asia

(+29,4%).

Il 62% delle importazioni del Friuli Venezia Giulia proviene da Paesi dell’Unione Europea

(UE 28) e la percentuale sale al 76,2% se si considera l’intera Europa. Il primo Paese di

provenienza delle merci si conferma la Germania (12,7% delle importazioni regionali), seguita a

distanza da Romania (8,0%), Cina (7,1%) e Austria (6,5%).

Graf. 5.2 – Friuli Venezia Giulia: Aree di destinazione delle esportazioni, 2015

Fonte: elaborazione su dati Istat

America Settentrionale 12,4%

Unione Europea 57,8% -Germania 14,2% ‐Francia 8,4% ‐Austria 5,0% ‐Regno Unito 5,6% ‐Slovenia 3,2% ‐Spagna 3,1%

America Centro- Meridionale 2,8%

Resto Europa 8,40% - Russia 2,1%

Africa 4,4 %

Asia 13,4% - Cina 2,6%

Oceania 0,8%

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Fra i Paesi partner della nostra regione nel 2015 si registrano gli incrementi di importazioni

più elevati in valore assoluto da Russia (+97,7 mln), Cina (+96,1) e Spagna (+66,3); le diminuzioni

più significative derivano invece da Ucraina (-83,6), Ungheria (-39,9) e Romania (-36,8).

La Germania si conferma di gran lunga quale principale partner economico del Friuli

Venezia Giulia sia per l’import sia per l’export.

Le esportazioni nel 2015 ammontavano a 1.723,4 milioni di euro, pari al 14,2% del totale

regionale; le importazioni sono state pari a 896,8 milioni di euro corrispondenti a una quota del

12,7%. Il saldo commerciale con la Germania è risultato dunque positivo per 826,6 milioni.

Il 2015 peraltro ha visto una diminuzione del 2,0% delle esportazioni (circa 36,1 milioni di

euro). Nello specifico rilevanti appaiono le variazioni negative nei Metalli di base e prodotti in

metallo, esclusi macchine e impianti (-62,0 milioni) e nel Legno e prodotti in legno; carta e stampa

(-14,3) in parte contrastate da quelle positive nei Prodotti alimentari, bevande e tabacco (+26,8) e

Computer, apparecchi elettronici e ottici (+17,4).

Le importazioni dalla Germania sono invece aumentate di 32,4 milioni (3,7%). Le variazioni

positive hanno avuto per oggetto innanzitutto gli Apparecchi elettrici (+33,3 mln), i Metalli di base e

prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti (+17,9) e i Macchinari ed apparecchi n.c.a. (+11,5);

le variazioni negative sono ricadute essenzialmente su Sostanze e prodotti chimici (-41,8).

I principali prodotti di esportazione e di importazione

Anche nel 2015 la prima voce di esportazione del Friuli Venezia Giulia è stata quella dei

Mobili, per 1.293,4 milioni di euro (pari al 10,6% delle esportazioni totali); di poco inferiore quella

delle Macchine per impieghi speciali15, pari a 1.271,9 milioni.

Le vendite all’estero di Mobili meritano un particolare approfondimento dato che la regione

Friuli Venezia Giulia conta per il 14,1% del totale nazionale e risulta la terza regione in valore

assoluto dopo la Lombardia (2.565,3 milioni) e il Veneto (2.459,5) e ben sopra a Emilia-Romagna

(631,0) e Toscana (524,4). I Mobili contano per il 18,8% delle esportazioni della provincia di

Pordenone (679,4 milioni), per il 9,2% di quelle di Udine (457,0) e per il 10,5% di quelle di Gorizia

(154,5). Nel 2015 le esportazioni di mobili della regione sono aumentate del 4,1%, (50,5 milioni).

Le esportazioni verso i mercati europei contano per 1.049,0 milioni, quelle verso l’UE a 27

ammontano a 938,6 milioni; i singoli sbocchi principali sono risultati il Regno Unito (285,7 milioni),

la Germania (223,5) e la Francia (170,1).

15 Fabbricazione di macchine per la metallurgia, Fabbricazione di macchine da miniera, cava e cantiere, Fabbricazione di macchine per l'industria alimentare, delle bevande e del tabacco, Fabbricazione di macchine per le industrie tessili, dell'abbigliamento e del cuoio, Fabbricazione di macchine per l'industria della carta e del cartone, Fabbricazione di macchine per l'industria delle materie plastiche e della gomma, Fabbricazione di altre macchine per impieghi speciali nca

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E’ peraltro la Metalmeccanica/Elettronica a costituire il macrosettore più rappresentativo

con il 66,5% dell’export regionale (Graf. 5.3).

Di questo settore fanno parte ben tredici delle prime diciassette voci di esportazione:

- Macchine per impieghi speciali, 10,4%, che ricomprendono molti macchinari di uso

industriale, per la metallurgia, per miniere, cave e cantieri, per l'industria alimentare, per

le industrie tessili, dell'abbigliamento e del cuoio, per l'industria della carta e del

cartone, per l'industria delle materie plastiche e della gomma;

- Prodotti della siderurgia, ovvero ferro, ghisa, acciaio e ferroleghe, 8,1%;

- Navi e imbarcazioni, 7,9%, naturalmente con un rilevante apporto della cantieristica;

- Macchine di impiego generale16, 6,1%, e Altre macchine di impiego generale17, 6,5%

(motori e turbine, apparecchiature fluidodinamiche, pompe e compressori, rubinetti e

valvole, cuscinetti, ingranaggi e organi di trasmissione, ecc.);

- con quote inferiori al 4%, in ordine di importanza: Apparecchi per uso domestico;

Motori, generatori e trasformatori elettrici; Altri prodotti in metallo; Metalli di base

preziosi e altri metalli non ferrosi; Macchine per la formatura dei metalli e altre macchine

utensili; Articoli di coltelleria, utensili e oggetti di ferramenta; Elementi da costruzione in

metallo; Apparecchiature per illuminazione; Apparecchiature per le telecomunicazioni.

Tra le altre voci di esportazione di qualche rilevanza si segnalano gli Articoli in materie

plastiche (3,6% dell’export regionale); gli Altri prodotti alimentari, che includono in particolare il

caffè ma anche cacao, cioccolato, caramelle e confetterie (1,8%); la produzione di Pasta-carta,

carta e cartone (1,7%).

Le voci merceologiche non marginali che hanno segnato il maggiore incremento tra le

esportazioni sono i Motori, generatori e trasformatori elettrici (+63,4%), le Apparecchiature per le

telecomunicazioni (+47,4%) e gli Altri prodotti alimentari (+18,6%); i decrementi più rilevanti invece

hanno riguardato gli Elementi da costruzione in metallo (-31,0%) e le Macchine di impiego

generale (-15,2%).

Anche dal lato delle importazioni la Metalmeccanica si rivela il macrosettore più

rappresentativo con il 57,1% del totale regionale (Graf. 5.4) e otto delle prime dodici voci. In

particolare la prima voce di importazione è costituita dai Prodotti della siderurgia che

16 Fabbricazione di motori e turbine (esclusi i motori per aeromobili, veicoli e motocicli), Fabbricazione di apparecchiature fluidodinamiche, Fabbricazione di altre pompe e compressori, Fabbricazione di altri rubinetti e valvole, Fabbricazione di cuscinetti, ingranaggi e organi di trasmissione. 17 Fabbricazione di forni, bruciatori e sistemi di riscaldamento, Fabbricazione di macchine e apparecchi di sollevamento e movimentazione, Fabbricazione di macchine ed attrezzature per ufficio (esclusi computer e unità periferiche),

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rappresentano, con 980,3 milioni di euro, il 15,0% del totale; al secondo posto si collocano i Metalli

di base preziosi e altri metalli non ferrosi (6,8%) e al terzo gli Autoveicoli (5,5%). Degli altri

macrosettori spiccano in particolare i Prodotti chimici di base, fertilizzanti e composti azotati,

materie plastiche e gomma sintetica in forme primarie (5,4%) e i Rifiuti, che comprendono anche

cascami e rottami metallici, con una quota pari al 5,3%. Risulta interessante anche la quota di

importazioni del macrosettore Altro industria (14,4%), che comprende in particolare i Mobili, gli

Strumenti e forniture mediche e dentistiche, la Gioielleria, bigiotteria e articoli connessi e le pietre

preziose lavorate e gli Articoli sportivi.

Graf. 5.3 – Friuli Venezia Giulia: Esportazioni per macrosettore, 2015 (valori percentuali)

Fonte: elaborazione su dati Istat

Le voci di qualche rilevanza assoluta che hanno registrato una crescita nel 2015 sono

quelle dei Motori, generatori e trasformatori elettrici (+41,5%), delle Altre macchine per impieghi

speciali (+34,5%) e delle Altre macchine di impiego generale (+28,2%). I decrementi più

significativi vanno invece ascritti ai Rifiuti (-22,6%) e alle Apparecchiature per le telecomunicazioni

(-11,3%).

Fabbricazione di utensili portatili a motore, Fabbricazione di attrezzature di uso non domestico per la refrigerazione e l ventilazione, Fabbricazione di altre macchine di impiego generale.

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Graf. 5.4 – Friuli Venezia Giulia: Importazioni per macrosettore, 2015 (valori percentuali)

Fonte: elaborazione su dati Istat

In base alla tassonomia di Pavitt è possibile riclassificare i gruppi merceologici

raggruppando le imprese e i settori di attività in diverse tipologie sulla base del peso in termini di

tecnologia implicita di merci e servizi.

Le importazioni nel 2015 constavano per l’8,4% di prodotti agricoli e materie prime (8,2 nel

2014), per il 57,5% (contro un 60,5) di prodotti tradizionali e standard e per il 34,2% (31,3) di

prodotti specializzati e high-tech, una composizione che si discosta sempre significativamente da

quella media italiana (che importa per il 14,3% prodotti agricoli e materie prime e per il 50,6%

prodotti tradizionali e standard).

Le esportazioni invece si sono suddivise pressoché integralmente in prodotti tradizionali e

standard (47,8%) e prodotti specializzati e high-tech (50,9%), con l’incidenza di questi ultimi in

ulteriore lieve aumento rispetto al 2014. La percentuale di prodotti avanzati esportati è molto

elevata rispetto alla media italiana (43,8%) e a tutte le macro-ripartizioni territoriali italiane. Il dato

risente naturalmente dell’influenza della provincia di Gorizia, nella quale le esportazioni di prodotti

avanzati raggiunge il 66,7% del totale grazie alla produzione cantieristica; sotto questo aspetto non

sono peraltro trascurabili nemmeno le province di Trieste, che raggiunge il 57,9%, e Pordenone

con il 54,4%.

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Capitoli delle Tavole allegate

1.o Capitolo: Il tessuto imprenditoriale

2.o Capitolo: Ambiente e qualità della vita

3.o Capitolo: La contabilità economica territoriale

4.o Capitolo: L’occupazione delle imprese

5.o Capitolo: L’innovazione

6.o Capitolo: Il commercio internazionale

7.o Capitolo: Il turismo

8.o Capitolo: Il credito

9.o Capitolo: L’inflazione

10.o Capitolo: La demografia della popolazione

11.o Capitolo: Il mercato immobiliare

12.o Capitolo: Il mercato del lavoro

13.o Capitolo: Benessere e società

14.o Capitolo: Ordine e sicurezza

15.o Capitolo: L’Agricoltura

16.o Capitolo: La Finanza Locale

17.o Capitolo: Congiuntura (indicatori congiunturali e tendenziali)