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Rapporto sulla stabilità finanziaria numero 2 novembre 2011

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Rapporto sulla stabilità finanziaria

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Rapportosulla stabilità finanziaria

Numero 2 Novembre 2011

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© Banca d’Italia, 2011Per la pubblicazione cartacea: autorizzazione del Tribunale civile di Roma n. 209/2010 del 13 maggio 2010Per la pubblicazione telematica: autorizzazione del Tribunale civile di Roma n. 212/2010 del 13 maggio 2010

Direttore responsabileDr. Fabio Panetta

Comitato di redazioneFabio Panetta (coordinamento), Paolo Angelini, Martina Bignami, Pietro Catte, Andrea Generale, Raffaela Giordano, Giorgio Gobbi, Giuseppe Grande, Claudio Impenna, Sergio Nicoletti Altimari, Giandomenico Scarpelli

Alla redazione hanno contribuito Ugo Albertazzi, Luca Arciero, Marcello Bofondi, Fabio Busetti, Francesco Calise, Angela Caporrini, Giuseppe Cappelletti, Francesco Caprioli, Sara Cecchetti, Agostino Chiabrera, Antonio De Socio, Alessio De Vincenzo, Giuseppe Della Corte, Antonio Di Cesare, Fabrizio Fabi, Marco Fattore, Paolo Finaldi Russo, Antonella Foglia, Pietro Franchini, Carlo Gola, Giovanni Guazzarotti, Aviram Levy, Alberto Locarno, Silvia Magri, Giuseppe Maresca, Vincenza Marzovillo, Stefania Matteucci, Salvatore Nasti, Stefano Nobili, Gerardo Palazzo, Alberto Panicucci, Giovanni Pepe, Marcello Pericoli, Federico Pierobon, Anna Rendina, Marco Rocco, Rosario Romeo, Laura Santuz, Marco Savegnago, Massimo Sbracia, Alessandro Schiavone, Federico Signoretti, Sergio Sinisi, Carla Stamegna, Marco Taboga, Annarita Tonet, Enrico Tosti, Rossiana Turturro, Francesco Zollino

Aspetti editoriali e graficiGiuseppe Casubolo, Roberto Marano, Valentina Memoli, Rita Tosi, Rosanna Visca

IndirizzoVia Nazionale 91, 00184 Roma - Italia

Telefono+39 0647921

Sito internethttp://www.bancaditalia.it

Tutti i diritti riservati. È consentita la riproduzione a fini didattici e non commerciali, a condizione che venga citata la fonte

Aggiornato con i dati disponibili alla seconda metà del mese di ottobre del 2011, salvo diversa indicazione

Stampato nel mese di novembre del 2011 presso la Divisione Editoria e stampa della Banca d’Italia

Le altre pubblicazioni economiche della Banca d’Italia sono le seguenti:

Relazione annualeUn resoconto annuale dei principali sviluppi dell’economia italiana e internazionale

Bollettino economicoUn resoconto trimestrale degli andamenti congiunturali dell’economia italiana e internazionale

Economie regionaliUna serie di analisi sull’economia delle regioni italiane

Temi di discussione (Working Papers)Collana di studi economici, empirici e teorici

Questioni di economia e finanza (Occasional Papers)Una miscellanea di studi su tematiche di particolare rilevanza per l’attività della Banca d’Italia

Newsletter sulla ricerca economicaUn aggiornamento sulle ricerche e sui convegni recenti

Quaderni di Storia EconomicaCollana di analisi storica dell’economia italiana

Queste pubblicazioni sono disponibili su internet all’indirizzo www.bancaditalia.itoppure in formato cartaceo presso la Biblioteca (Via Nazionale 91, 00184 Roma) e presso le Filiali della Banca d’Italia

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INDICE

PRESENTAZIONE 5

SINTESI 7

1 I RISChI mACROECONOmICI E I mERCATI INTERNAZIONALI 10

1.1 Le prospettive e i rischi macroeconomici 101.2 I rischi nel sistema finanziario 171.3 I mercati immobiliari 23

2 LA CONDIZIONE FINANZIARIA DELLE FAmIGLIE E DELLE ImPRESE 26

2.1 La condizione finanziaria delle famiglie 262.2 La condizione economica e finanziaria delle imprese 30

3 IL SISTEmA BANCARIO E FINANZIARIO 343.1 La valutazione del mercato sulle banche italiane 343.2 Il credito 373.3 La provvista delle banche, il rischio di liquidità, il rischio di rifinanziamento 43 3.4 Gli altri rischi 46 3.5 La redditività 493.6 Il patrimonio 503.7 Gli intermediari finanziari non bancari 51

4 I mERCATI, IL SISTEmA DEI PAGAmENTI E LE INFRASTRUTTURE 55

4.1 Il mercato della liquidità 554.2 Il ricorso delle banche italiane al rifinanziamento presso l’Eurosistema 564.3 Il mercato azionario 584.4 Il mercato dei titoli di Stato 594.5 Il mercato dei credit default swap 624.6 Le infrastrutture di mercato e di regolamento 63

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AVVERTENZE

Le elaborazioni, salvo diversa indicazione, sono eseguite dalla Banca d’Italia;per i dati dell’Istituto si omette l’indicazione della fonte.

Segni convenzionali:

– il fenomeno non esiste;

.... il fenomeno esiste, ma i dati non si conoscono;

.. i dati non raggiungono la cifra significativa dell’ordine minimo considerato;

:: i dati sono statisticamente non significativi;

() i dati sono provvisori.

INDICE DEI RIQUADRI

La sostenibilità dei conti pubblici 13

La dinamica del debito pubblico dell’Italia 14

L’impatto del rischio sovrano sulla raccolta delle banche 18

Interconnessione finanziaria in Europa 21

La vulnerabilità finanziaria delle famiglie indebitate 28

L’esposizione delle imprese al peggioramento del quadro congiunturale 32

Gli indicatori di dipendenza tra banche 34

Le proposte regolamentari sulle istituzioni finanziarie a rilevanza sistemica 51

I detentori di debito pubblico e di titoli di Stato italiani 60

Le misure adottate per contrastare i fails e le vendite allo scoperto 65

Il rischio di liquidità infragiornaliero in TARGET2-Banca d’Italia 65

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BANCA D’ITALIA Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011 5

Il sistema finanziario internazionale è attraversato da tensioni profonde. Il ridimensionamento delle prospettive di crescita globale e l’avversione al rischio hanno acuito i timori degli operatori circa la solidità degli emittenti, pubblici e privati, con alto indebitamento. Gli orizzonti di investimento si sono ridotti; è cresciuta la preferenza per le attività a basso rischio.

Le tensioni hanno investito l’Italia, provocando un significativo aumento dei premi sui titoli sovrani. Nel giudizio degli investitori la nostra economia risente dell’alto debito pubblico e della bassa crescita. ma essa presenta elementi di forza, esaminati in questo Rapporto: la tendenza al riequilibrio dei conti pubblici; il basso indebitamento privato; l’assenza di squilibri sul mercato immobiliare; il contenuto debito estero.

Il sistema bancario italiano non è fonte di instabilità. La sua posizione patrimoniale è solida; sarà ulteriormente rafforzata nell’ambito delle iniziative in corso a livello europeo. Le analisi contenute nel Rapporto mostrano però che esso sta subendo i contraccolpi delle tensioni sul debito sovrano e del rallentamento congiunturale. Simili tensioni investono i sistemi bancari degli altri maggiori paesi, ma con minore intensità.

Per riconquistare la fiducia degli investitori e ridurre in maniera permanente il rischio sovrano, per preservare la stabilità del sistema finanziario è necessario proseguire con decisione nell’azione di risanamento delle finanze pubbliche. Con pari determinazione vanno rimossi gli ostacoli a uno sviluppo sostenuto dell’economia. L’impegno assunto in sede europea a ridurre il debito pubblico e avviare un ampio programma di riforme strutturali va onorato, con rapidità e coerenza.

Ignazio Visco

Novembre 2011

PRESENTazIoNE

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BANCA D’ITALIA Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011 7

Il peggioramento delle pro-spettive di crescita dell’eco-nomia mondiale ha raffor-zato i timori circa la solidità degli emittenti, sia pubblici

sia privati, con alto indebitamento. Le tensioni hanno investito il sistema bancario internaziona-le, facendo emergere rischi per la stabilità finan-ziaria a livello globale. Nell’area dell’euro la crisi del debito sovrano si è estesa all’Italia e alla Spa-gna. Vi hanno contribuito difficoltà nell’attuare adeguate politiche di contrasto della crisi da parte delle autorità.

Emergono timori che la fase di debolezza dell’eco-nomia mondiale possa pro-trarsi nel tempo, con possi-bili ripercussioni negative

sulle decisioni di consumo e di investimento.

I maggiori paesi avanzati stanno intensificando gli sforzi, necessari, per risana-re i conti pubblici. In assen-za di riforme strutturali in

grado di agire sulle aspettative di reddito futuro e di sostenere la domanda, misure di consolida-mento fiscale attuate simultaneamente in più paesi potrebbero tuttavia innescare una spirale negativa tra il calo dell’attività produttiva e il deterioramento delle finanze pubbliche.

Il grado di leva finanziaria di famiglie e imprese rallen-ta o si riduce, soprattutto

nelle economie con livelli elevati di indebitamen-to. Se eccessivamente rapida e diffusa, questa ten-denza – pur necessaria – rischia anch’essa di depri-mere la domanda.

Nell’area dell’euro le tensio-ni sul debito sovrano si ri-percuotono sulle capacità di

raccolta a medio e a lungo termine delle banche e sulla loro valutazione da parte dei mercati. Nel breve termine l’offerta di fondi da parte dell’Euro-sistema consente agli intermediari di far fronte alla illiquidità dei mercati della raccolta all’ingrosso. Il prolungarsi delle tensioni rischia tuttavia di provo-care una contrazione dei bilanci bancari e un ina-sprimento delle condizioni di offerta di credito.

La crisi del debito in Euro-pa rappresenta il principale fattore di rischio per l’eco-nomia mondiale. Gli scena-ri discussi in questo Rap-porto tengono conto

dell’aggravamento registrato nei mesi scorsi; si ba-sano sull’ipotesi che le azioni di contrasto già de-cise, o che potranno essere definite in futuro, evi-teranno il materializzarsi degli scenari peggiori.

Nei mesi a cavallo tra il 2008 e il 2009 le autorità europee intervennero con successo per ricapitalizzare le banche e per garantirne la raccolta. Nell’attuale conte-

sto i margini per interventi da parte del settore pubblico sono limitati: le difficoltà delle banche sono strettamente connesse con quelle degli emit-tenti sovrani. Le misure decise in ottobre dal Con-siglio europeo affrontano allo stesso tempo i due problemi attraverso il rafforzamento della capacità di azione dello European Financial Stability Facility (EFSF), l’adozione di un nuovo program-ma di sostegno alla Grecia, la predisposizione di un piano di ricapitalizzazione dei maggiori inter-mediari e la concessione di garanzie alle emissioni di obbligazioni bancarie. Rivestono particolare importanza le modalità di attuazione di queste mi-sure, in via di definizione.

Nel giudizio degli investito-ri l’Italia risente dell’alto de-bito pubblico e, soprattutto, della bassa crescita. ma il

Il deterioramento delle prospettive di crescita acuisce le tensioni finanziarie

Si teme che la debolezza ciclica possa prolungarsi nel tempo…

…per effetto delle necessarie misure correttive sui conti pubblici…

…del deleveraging del settore privato…

…e delle difficoltà del settore bancario

La crisi del debito rappresenta il principale fattore di rischio macroeconomico

L’Europa necessita di una strategia complessiva di risoluzione della crisi

L’economia italiana presenta debolezze, ma anche punti di forza

SINTESI

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Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011 BANCA D’ITALIA8 BANCA D’ITALIA Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011

nostro paese presenta elementi di forza quali il contenuto livello del disavanzo di bilancio rispetto ad altre maggiori economie, il basso indebitamen-to del settore privato, la solidità delle banche, il li-mitato debito estero. Il Governo prevede che nel prossimo triennio il rapporto debito/PIL diminui-sca significativamente; se gli obiettivi di risana-mento saranno rispettati, nostre elaborazioni indi-cano che il rapporto si ridurrebbe o si stabilizzerebbe anche qualora i rendimenti dei ti-toli di Stato registrassero significativi aumenti.

Per ridurre in maniera permanente il rischio sovra-no sono tuttavia necessarie misure volte a innalzare il potenziale di crescita, che in questa fase sono stret-tamente collegate con la stabilità finanziaria. Gli impegni presi in sede europea per un’incisiva azione di riforma vanno attuati con rapidità.

Le imprese stanno risenten-do dell’indebolimento del-l’attività economica. I son-daggi presso le aziende segnalano aspettative di un

peggioramento dei livelli di attività e delle condizio-ni di accesso al credito. Qualora queste aspettative si materializzassero, nel 2012 le condizioni finanziarie potrebbero peggiorare per molte imprese.

La situazione finanziaria delle famiglie è nel comples-so solida. Il grado di indebitamento è contenuto; la cospicua ricchezza com-

plessiva è composta per la maggior parte da attività a basso rischio. Le nostre analisi indicano che i ri-schi di un significativo aumento degli oneri finan-ziari sono contenuti. Tensioni potrebbero emerge-re tra le famiglie con minor reddito, cui fa capo una quota limitata dei prestiti bancari.

Le difficoltà che il sistema bancario italiano si trova oggi a fronteggiare hanno origine al di fuori di esso. L’esposizio-ne verso i paesi oggetto di

programmi di sostegno finanziario è molto bassa sia sul mercato dei titoli, sia su quello dei credit default swap (CDS). È significativo, come in altri sistemi bancari, il peso delle attività nei confronti dell’emit-tente sovrano nazionale. Anche per questo motivo, i premi sui CDS delle banche hanno seguito la ten-denza crescente rilevata per lo Stato italiano.

Nostre stime, che ipotizza-no una graduale trasmis-sione dei recenti rialzi dei rendimenti sui titoli pub-blici ai tassi bancari, sugge-

riscono che la dinamica del credito alle imprese, attualmente sostenuta, fletterebbe leggermente nel 2012; quella dei prestiti alle famiglie rimar-rebbe inalterata. Il credito potrebbe rallentare in misura più decisa qualora le difficoltà di accesso ai mercati all’ingrosso da parte delle banche do-vessero persistere.

Il flusso di sofferenze in rapporto agli impieghi sta calando, ma con lentezza. Le prospettive rimangono

però incerte, con rischi al rialzo in particolare per i prestiti alle imprese.

L’esposizione estera delle banche italiane si ridu-ce; al suo interno, aumenta quella verso i paesi dell’Europa centrale e orientale, caratterizzati da buone prospettive di crescita, ma anche da rischi macroeconomici elevati.

La provvista al dettaglio si espande a ritmi costanti, ma l’illiquidità dei mercati internazionali dei capitali condiziona la capacità di

raccolta delle banche. Nel fronteggiare queste ten-sioni gli intermediari italiani traggono sostegno dall’alto peso della raccolta al dettaglio, caratteriz-zata da elevata stabilità; dall’assenza di titoli in scadenza con garanzie pubbliche; dalla posizione di liquidità equilibrata, pur se in calo.

In assenza di una riapertura dei mercati all’ingrosso, il ricorso delle banche italiane al rifinanziamento presso l’Eurosistema – già aumen-

tato nei mesi scorsi, al pari di quanto accaduto per gli intermediari di altri maggiori paesi europei – è destinato a espandersi ulteriormente. Per il siste-ma bancario italiano nel suo complesso le attività stanziabili a garanzia presso la banca centrale sono ingenti.

La redditività bancaria è stabile ma le sue prospettive sono offuscate dall’evolu-

Si è interrotto il miglioramento delle condizioni delle imprese

La situazione finanziaria delle famiglie è solida

Il sistema bancario sta risentendo della crisi del debito sovrano

Nel 2012 il credito al settore privato continuerebbe a espandersi

Il flusso di sofferenze in rapporto ai prestiti è in calo

Cresce la raccolta al dettaglio, ma cala quella all’ingrosso

Le tensioni sul debito sovrano si ripercuotono sulla liquidità…

…e sulla redditività delle banche

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zione dell’economia reale e dalle tensioni sui mer-cati finanziari. Un ruolo chiave nel recupero di profittabilità dovrà essere svolto dal contenimento dei costi.

Nel 2011 le banche italiane hanno rafforzato in misura significativa la loro dotazio-ne patrimoniale mediante aumenti di capitale e la

capitalizzazione degli utili. Questa azione prose-guirà, nell’ambito delle iniziative a livello europeo. Più elevati buffers di capitale consentiranno agli intermediari italiani di resistere a eventuali shock mantenendo una solida posizione patrimoniale e di riattivare la raccolta sui mercati all’ingrosso.

Gli scambi interbancari si sono ridotti e sono rimasti concentrati sui contratti più adatti a contenere i ri-schi di controparte e di li-

quidità. Le negoziazioni avvengono prevalente-mente mediante operazioni collateralizzate e assistite dall’interposizione della controparte cen-trale. Nella componente non garantita rimane ampio il ricorso al canale over-the-counter, attra-verso il quale transita la gran parte delle operazio-ni con controparti estere.

Sul mercato secondario dei titoli di Stato la liquidità si è ridotta significativamente nelle fasi di tensione. Sul mercato primario il colloca-mento dei titoli è avvenuto

con regolarità. Il rapporto tra quantità domanda-ta e offerta di titoli è stato costantemente superio-re all’unità, registrando solo occasionalmente lievi riduzioni.

I sistemi di pagamento e di regolamento dei titoli hanno operato regolarmente e con continuità.

È in corso un ulteriore rafforzamento del patrimonio

Sul mercato monetario prevalgono scambi collateralizzati e intermediati dalla controparte centrale

Il mercato dei titoli di Stato ha perso liquidità ma ha continuato a operare con regolarità

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Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011 BANCA D’ITALIA10 BANCA D’ITALIA Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011

1.1 LE PRoSPETTIvE E I RISChI maCRoECoNomICI

Dalla metà del 2011 il bru-sco e inatteso peggioramen-to delle prospettive di cresci-ta dell’economia mondiale (fig. 1.1) ha accresciuto l’av-versione al rischio degli in-

vestitori e rafforzato i timori circa la solidità degli operatori, sia pubblici sia privati, con alto grado di indebitamento. Nell’area dell’euro la crisi del debi-to sovrano si è aggravata, estendendosi all’Italia e alla Spagna. Le tensioni hanno investito il sistema bancario internazionale, facendo emergere rischi per la stabilità finanziaria a livello globale.

La durata e la profondità della fase di rallentamento ciclico sono tra le maggiori fonti di incertezza per l’eco-

nomia globale. L’indebolimento congiunturale potrebbe risultare di breve durata, in quanto ri-flesso di fattori temporanei (quali il rincaro del petrolio e il terremoto in Giappone, con i conseguenti problemi nella fornitura di beni intermedi). Ad attenuare l’intensità del rallentamento ciclico potrebbe-ro contribuire l’allontanamento nel tempo della prospettiva di rialzo dei tassi di politica monetaria nei principali paesi, nonché le misure di sostegno all’economia e alle banche decise tra settembre e ottobre dalle maggiori banche centrali (cfr. Bollettino economico, n. 66, 2011).

Vi è tuttavia il rischio che la fase di debolezza congiunturale si prolunghi nel tempo, per effetto di politiche di bilancio restrittive e di possibili nuove tensioni finanziarie. Segnali che timori di questa natura si starebbero radicando nelle attese degli operatori provengono dagli indici desumibili dalle valutazioni dei responsabili degli acquisti

delle imprese mondiali (PmI), prossimi a livelli compatibili con una contrazione dell’attività economica (fig. 1.2.a), e dal deterioramento del clima di fiducia delle famiglie negli Stati Uniti e nell’area dell’euro. Anche le forti correzioni sui mercati azionari internazionali osservate da luglio e la repentina riduzione della penden-za della curva dei rendimenti (fig. 1.2.b) sono coerenti con un quadro di prolungata debolezza congiunturale.

Oltre che dal peggioramento delle prospettive di crescita, i timori sulla sostenibilità dei debiti pubblici sono acuiti dalle indecisioni che hanno finora caratterizzato le politiche di contrasto della crisi in più paesi. Negli Stati Uniti il sofferto accordo raggiunto dal Congresso sulle misure di consolidamento fiscale e i dubbi sul conte-nuto di alcuni interventi correttivi futuri hanno accentuato i timori sulle prospettive

Il brusco deterioramento delle prospettive di crescita genera rischi sistemici

Il rallentamento ciclico riflette fattori temporanei…

…ma emergono rischi di una debolezza prolungata

Le indecisioni delle autorità acuiscono le tensioni e l’incertezza…

I RISChI maCRoECoNomICI E I mERCaTI INTERNazIoNaLI1

Figura 1.1

Previsioni di crescita del PIL nel 2012: revisioni effettuate nel corso del 2011 (1)

(dati mensili; valori percentuali)

0,5

1,0

1,5

2,0

2,5

3,0

3,5

gen. feb. mar. apr. mag. giu. lug. ago. set. ott.6,0

6,5

7,0

7,5

8,0

8,5

9,0

Stati Uniti Area euro Giappone BRIC (2)

Fonte: elaborazioni su dati Consensus Economics.(1) Previsioni formulate nel mese indicato sull’asse orizzontale. – (2) Scala di destra; media ponderata delle previsioni relative a Brasile, Russia, India e Cina, con pesi calcolati sulla base dei corrispondenti valori del PIL nel 2010, valutato alla parità dei poteri d’acquisto.

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Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011 BANCA D’ITALIA BANCA D’ITALIA Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011 11

dei conti pubblici. Nell’area dell’euro preoccupano in primo luogo le precarie condizioni fiscali ed economi-che della Grecia. Vi è inoltre scetticismo circa le reali capacità del meccanismo intergovernativo di sostegno ai paesi in difficoltà (lo European Financial Stability Facility, EFSF) di far fronte a un aggravamento della crisi. hanno pesato infine la mancanza di accordo tra le autorità e la lentezza del processo decisionale, so-prattutto con riferimento al potenziamento dell’EFSF.Nel vertice europeo del 26 ottobre, i Capi di Stato e di governo hanno varato misure volte a ripristinare la piena funzionalità dei mercati dei titoli sovrani e della raccolta bancaria all’ingrosso: è stata rafforzata la capacità di intervento dell’EFSF, con la possibilità di fornire garanzie alle emissioni di titoli pubblici e la creazione di un veicolo finanziario che potrà attrarre risorse da investitori (privati e pubblici) e inter-venire sui mercati dei titoli o fornire sostegno al sistema bancario; è stato adottato un nuovo programma in favore della Grecia che prevede la partecipazione degli investitori privati al costo dell’aggiustamento; è stato predisposto un piano per fornire capitale e garanzie alle banche, tenendo conto degli effetti della crisi del debito sovrano sul loro bilancio (cfr. anche il capitolo 3).

Nei mercati dei titoli pubblici dell’area dell’euro, l’incertezza prevalente tra gli operatori si è riflessa in un forte aumento della volatilità implicita, risalita su livel-li non discosti da quelli raggiunti in occasione del dissesto di Lehman Brothers (fig. 1.3.a). L’elevata avversione al rischio ha generato una massiccia ricomposizio-

ne dei portafogli in favore delle attività ritenute più sicure, quali i titoli pubblici di Stati Uniti e Germa-nia, l’oro e il franco svizzero. Le diffuse vendite di strumenti considerati più rischiosi aumentano i rischi di contagio, riflessi nella crescente sincronia tra i movimenti dei premi per il rischio sovrano nell’area dell’euro (fig. 1.3.b). Il rialzo dei premi per il rischio si è trasmesso al settore bancario, interessando anche gli intermediari dei paesi finanziariamente più solidi (figg. 1.3.c e 1.3.d).

I premi per il rischio sui titoli pubblici, misurati dal differenziale di rendimento rispetto al Bund tedesco, si sono ampliati in particolare nei paesi con alto debito pubblico o privato e con incerte prospettive di crescita, quali l’Italia, la Spagna e,

seppure in misura minore, il Belgio (fig. 1.3.e); un leggero incremento si è registrato, in ottobre, per lo spread francese. L’impatto sul livello dei tassi di interesse di questi paesi è stato tuttavia più contenuto (fig. 1.3.f ), in quanto l’ampliamento del differenziale riflette in buona parte la riduzione dei rendimenti dei titoli pubblici tedeschi, scesi a livelli eccezionalmente bassi; i titoli italiani e spagnoli hanno inoltre beneficiato degli acquisti effettuati a partire da agosto dalla Banca centrale europea (BCE). Negli ultimi

…e accrescono la volatilità e i rischi di contagio

Le tensioni sul debito sovrano si sono estese

Figura 1.2

Indicatori delle attese sul ciclo economico

(a) indici PMI dell’economia mondiale (1) (b) curva dei tassi a termine a un anno, in euro e in dollari (3)

0

1

2

3

4

5

6

apronti

1annoin

avanti

2 anniin

avanti

3 anniin

avanti

4 anniin

avanti

5 anniin

avanti

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avanti

7 anniin

avanti

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avanti

9 anniin

avanti

0

1

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dollaro(28 ott.)

euro(28 ott.)

dollaro(11 apr.)euro

(11 apr.)

'98 '99 '00 '01 '02 '03 '04 '05 '06 '07 '08 '09 '10 '1120

30

40

50

60

70

20

30

40

50

60

70

servizi: livello di attivitàmanifattura: nuovi ordinimanifattura: Purchasing Manager Index (2)

Fonte: Markit ed elaborazioni su dati Thomson Reuters Datastream. (1) Dati mensili; numeri indice. Indici desumibili dalle valutazioni dei responsabili degli acquisti (PMI) e relativi all’andamento dell’attività economica nel settore manifatturiero e in quello dei servizi a livello mondiale. – (2) Indicatore sintetico dell’andamento della produzione, degli ordini, dell’occupazione, dei prezzi degli acquisti e delle scorte. – (3) Valori percentuali; dati relativi all’11 aprile (curve tratteggiate) e al 28 ottobre (curve continue) del 2011.

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Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011 BANCA D’ITALIA12 BANCA D’ITALIA Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011

mesi i premi per il rischio sui titoli sovrani sono invece diminuiti in Irlanda, dove le politiche adottate hanno mostrato rispondenza ai piani di aggiustamento fiscale concordati con le autorità internazionali.

Nel giudizio degli investitori l’Italia è penalizzata dall’elevato debito pubblico e dal-la bassa crescita, che riflette in ampia misura la progressiva perdita di competitività. In assenza di misure in grado di aumentare il potenziale di sviluppo dell’economia, questa situazione potrebbe protrarsi e alla lunga accrescere significativamente il ri-schio sovrano. L’Italia presenta, tuttavia, numerosi elementi di forza (cfr. il riquadro:

La sostenibilità dei conti pubblici). Inoltre, nostre elaborazioni che utilizzano come scenario di base l’evolu-zione del rapporto debito/PIL incorporato nelle ultime previsioni del Governo (cfr. Bollettino economico, n. 66, 2011) mostrano che esso calerebbe o si stabilizzerebbe sui livelli attuali anche qualora i tassi di inte-resse sui titoli di Stato dovessero registrare un ulteriore, forte aumento rispetto ai valori recenti (cfr. il ri-quadro: La dinamica del debito pubblico dell’Italia).

L’economia italiana presenta debolezze, ma anche importanti punti di forza

Figura 1.3

Crisi del debito sovrano nell’area dell’euro: indicatori di volatilità, rischio di credito e tassi di interesse(dati giornalieri)

(a) titoli di Stato a 10 anni: volatilitàimplicita nelle opzioni (1)

(b) CDS sovrani: correlazione con quellidi Grecia, Irlanda e Portogallo (2)

(c) CDS sovrani e CDS bancari (3)

2010 20110

50

100

150

200

250

300

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400

0

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300

350

400

emittenti sovrani banche

2010 2011-0,6

-0,4

-0,2

0,0

0,2

0,4

0,6

0,8

1,0

-0,6

-0,4

-0,2

0,0

0,2

0,4

0,6

0,8

1,0

Belgio Spagna

Italia Franciatassi tedeschi tassi statunitensi

2008 2009 2010 20114

6

8

10

12

14

4

6

8

10

12

14

(d) CDS bancari: correlazione con i CDS sovrani di Grecia, Irlanda e Portogallo (4)

(e) titoli di Stato a 10 anni: differenzialidi interesse con i titoli tedeschi (5)

(f) titoli di Stato a 10 anni:tassi di interesse (6)

2009 2010 20110

3

6

9

12

15

0

3

6

9

12

15

Germania Portogallo Irlanda

Italia Spagna Belgio

2010 20110

500

1.000

1.500

2.000

2.500

0

500

1.000

1.500

2.000

2.500

Grecia Portogallo Irlanda

Italia Spagna Belgio

2008 2009 2010 2011-0,2

0,0

0,2

0,4

0,6

0,8

-0,2

0,0

0,2

0,4

0,6

0,8

Germania Regno Unito

Francia Stati Uniti

Fonte: elaborazioni su dati Bloomberg e Thomson Reuters Datastream.(1) Punti percentuali in ragione d’anno. Volatilità implicita nelle opzioni sui futures quotati all’Eurex e al Chicago Board of Trade. – (2) Per ciascun paese, media semplice della correlazione, calcolata su una finestra mobile di 6 mesi, dei premi sui CDS a 5 anni di quel paese con i premi sui CDS sovrani di Grecia, Irlanda e Portogallo. – (3) Punti base. Indici iTraxx relativi a panieri di CDS su emittenti sovrani e su emittenti finanziari (in prevalenza, banche) con rating investment grade. – (4) Media mobile a 3 mesi della correlazione (calcolata sulla base di un modello statistico di tipo GARCH(1,1)) tra le variazioni giornaliere dell’indice dei CDS bancari del paese indicato e le variazioni giornaliere del valore medio dei premi sui CDS relativi agli emittenti sovrani di Grecia, Irlanda e Portogallo. L’indice dei CDS bancari di un dato paese è pari alla media semplice dei premi sui CDS sulle singole banche. – (5) Punti base. – (6) Valori percentuali.

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Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011 BANCA D’ITALIA BANCA D’ITALIA Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011 13

Indicatori di sostenibilità finanziaria(in percentuale del PIL)

 Disavanzo pubblico (1) Avanzo primario (1) Debito pubblico (1)

2010 2012 2013 2010 2012 2013 2010 2012 2013

Italia 4,6 2,4 1,1 -0,1 2,6 4,1 118,4 121,4 120,1Germania 4,3 1,1 0,8 -1,8 0,8 1,2 83,2 81,9 81,0Francia 7,1 4,6 4,0 -4,6 -2,1 -1,4 82,3 89,4 90,8Spagna 9,3 5,2 4,4 -7,4 -3,1 -2,1 61,0 70,2 72,8Grecia 10,6 6,9 5,2 -5,0 0,8 3,3 144,9 189,1 187,9Portogallo 9,8 4,5 3,0 -6,8 0,1 1,9 93,3 111,8 114,9Irlanda 31,3 8,6 6,8 -28,2 -4,4 -1,5 94,9 115,4 118,3

Area euro 6,2 2,3 …. …. …. …. 85,4 .... ....

Regno Unito 10,3 7,0 5,1 -7,3 -4,1 -2,2 79,9 84,8 85,9Stati Uniti 10,3 7,9 6,2 -8,4 -6,3 -4,6 94,4 105,0 108,9Giappone 9,2 9,1 7,8 -8,1 -7,7 -6,2 220,0 238,4 242,9

  Caratteristiche del debito pubblico Indicatori di sostenibilitàDebito privato a

fine 2010 Posizione verso

l'estero a fine 2010

 

Quotain scadenza più disavan-zo nel 2012

Vita media residua dei

titoli di Stato nel 2011

(anni)

Quotadetenuta da non residenti nel 2011 (2)

(in percentua-le del debito)

Indica-tore S2

(3)

Indice di vulne-rabilità

(4)

Indica-tore FMI

(5)

Famiglie Impre-se non finan-ziarie

Saldo di conto corrente

Posizione netta

sull'estero

Italia 23,5 7,2 42,4 2,3 0,41 4,1 45,0 81,1 -3,5 -24,0Germania 10,5 5,6 50,1 5,0 0,18 4,6 61,6 65,4 5,7 38,4Francia 20,8 7,0 57,9 5,5 0,32 7,9 55,1 104,7 -1,7 -10,0Spagna 20,6 6,2 42,1 12,0 0,52 10,4 85,8 140,5 -4,6 -89,5Grecia 16,5 6,9 55,1 .... 0,60 19,0 60,7 62,9 -10,1 -95,8Portogallo 22,3 6,0 50,3 .... 0,61 13,8 95,2 152,2 -10,0 -107,4Irlanda 13,9 6,2 55,6 15,2 0,48 13,5 119,0 185,9 0,5 -90,9

Area euro ….  …. 52,1 6,4 .... .... 66,3 101,4 -0,5 -13,4

Regno Unito 14,7 13,9 23,1 9,6 0,41 13,3 114,2 100,1 -2,5 -13,5Stati Uniti 30,4 5,1 29,6 .... .... 17,0 91,7 74,3 -3,2 -17,0Giappone 58,6 5,8 6,5 .... .... 14,3 62,2 96,6 3,6 52,5

Fonte: FMI, Eurostat, BCE, Commissione europea, conti finanziari e bilance dei pagamenti nazionali. (1) I dati del 2010 dei paesi della UE sono tratti dal comunicato stampa dell’Eurostat del 21 ottobre 2011 e incorporano le più recenti revisioni apportate sia ai dati di bilancio sia al PIL. Le previsioni per il 2012 e per il 2013 (FMI, Fiscal Monitor, settembre 2011) si fondano su valori di consuntivo per il 2010 precedenti quest’ultimo aggiornamento. – (2) La quota relativa all’area dell’euro si riferisce al 2010. – (3) Aumento del rapporto avanzo primario/PIL (rispetto al valore del 2010) necessario, date le proiezioni demografiche e macroeconomiche, a soddisfare il vincolo di bilancio intertemporale delle Amministrazioni pubbliche; la stima tiene conto del livello del debito, delle prospettive di crescita dell’economia, dell’evoluzione dei tassi di interesse e del flusso degli avanzi primari futuri, su cui influisce la dinamica delle spese legate alla demografia. I dati sono tratti dalle valutazioni della Commissione europea dei più recenti programmi di stabilità e di convergenza, che riportano aggiornamenti dei valori presentati nel Sustainability Report 2009. – (4) Indice costruito sulla base di un ampio insieme di variabili fiscali e macrofinanziarie: un valore superiore a quello soglia (stimato, sulla base di episodi passati, pari a 0,51) segnala la possibilità di una crisi fiscale; stime provvisorie della Commissione europea, Report on Public Finances in EMU 2011. – (5) Aumento del rapporto avanzo primario/PIL che deve essere conseguito entro il 2020 (e mantenuto per un altro decennio) per portare il rapporto debito/PIL al 60 per cento entro il 2030. Il valore include l'aumento previsto delle spese in campo sanitario e pensionistico tra il 2010 e il 2030.

LA SOSTENIBILITÀ DEI CONTI PUBBLICI

Il deterioramento delle prospettive di crescita globale e l’aumento dell’avversione al rischio hanno forte-mente accresciuto l’attenzione posta dagli investitori sul livello dei debiti sia pubblici sia privati, a scapito dell’analisi prospettica della solvibilità degli emittenti. Un tale orientamento ha contribuito a rendere più onerose le condizioni di finanziamento per lo Stato italiano; esso potrebbe tuttavia non tenere pienamente conto dei punti di forza della nostra economia, quali la prudenza seguita nella conduzione della politica fiscale negli anni recenti, la salda situazione patrimoniale di famiglie e imprese, il basso indebitamento estero, l’assenza di squilibri nel settore immobiliare e la solidità del sistema bancario (cfr. anche il par. 1.3 e i capitoli 2 e 3).

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Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011 BANCA D’ITALIA14 BANCA D’ITALIA Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011

Secondo il Fondo monetario internazionale (FmI), nel prossimo biennio il rapporto tra debito pub-blico e prodotto interno lordo continuerebbe a salire in tutti i principali paesi, con l’eccezione della Germania e dell’Italia (cfr. tavola). Nel nostro paese il rapporto inizierebbe a ridursi nel 2013 (nel 2012 secondo le previsioni governative), grazie alla forte contrazione del disavanzo programmata per il prossimo biennio. Le risorse necessarie a finanziare nel 2012 il debito in scadenza e il nuovo disavanzo ammonterebbero in Italia al 23,5 per cento del PIL, un valore inferiore a quello degli Stati Uniti (30,4 per cento) e del Giappone (58,6) e di poco superiore a quello di Francia e Spagna.

Gli indicatori tradizionali di sostenibilità del debito pubblico segnalano inoltre per l’Italia una situa-zione relativamente favorevole. La Commissione europea, ad esempio, valuta che il miglioramento dell’avanzo primario necessario a stabilizzare il rapporto debito/PIL sarebbe pari a 2,3 punti percen-tuali di PIL per l’Italia, contro 6,4 per il complesso dell’area dell’euro e 9,6 per il Regno Unito. Un indicatore analogo calcolato dall’FmI conferma la posizione favorevole dell’Italia anche rispetto a Stati Uniti e Giappone. Il risultato dell’Italia beneficia delle riforme in campo pensionistico intro-dotte a partire dagli anni novanta, che hanno significativamente ridotto le spese age-related (le quali a regime aumenterebbero di 1,5 punti percentuali di PIL rispetto a oggi, a fronte di 3,4 per il com-plesso dell’area). Indicazioni simili emergono da un altro indicatore sviluppato recentemente dalla Commissione per tenere conto di informazioni aggiuntive circa la vulnerabilità di un paese a rischi macroeconomici.

L’analisi delle condizioni di un paese richiede inoltre la valutazione di fattori non specificatamente di finanza pubblica che includono, tra gli altri, l’esposizione debitoria del settore privato e la posizione netta verso l’estero. In Italia il debito finanziario complessivo di famiglie e imprese non finanziarie am-monta al 126 per cento del PIL (cfr. anche il capitolo 2), contro il 168 nell’area dell’euro, il 166 negli Stati Uniti e oltre il 200 per cento nel Regno Unito.

Per l’Italia la quota del debito pubblico detenuto da non residenti è pari al 42 per cento, a fronte del 52 in media per l’area dell’euro. Una bassa quota di debito detenuto da operatori esteri è generalmente considerata positivamente nella valutazione del rischio sovrano, sia per una maggiore predisposizione degli investitori nazionali a mantenere l’esposizione nei confronti del proprio paese sia per un maggiore incentivo dei governi a onorare gli impegni presi con i creditori nazionali.

La posizione debitoria netta dell’Italia verso l’estero è pari al 24 per cento del PIL, superiore alla media nell’area dell’euro (13 per cento), ma molto inferiore a quella di Portogallo (107), Grecia (96), Irlanda (91) e Spagna (89). Dalla metà degli anni novanta l’Italia ha registrato un deterioramento dei conti con l’estero determinato principalmente dal saldo merci, in connessione con una progressiva perdita di competitività. Sulla base di nostre analisi, il disavanzo del conto corrente si ridurrebbe in misura si-gnificativa nel medio termine, riflettendo sia un andamento più favorevole dei volumi scambiati sia un miglioramento delle ragioni di scambio, penalizzate nell’ultimo biennio dai forti incrementi dei prezzi dei beni energetici.

LA DINAMICA DEL DEBITO PUBBLICO DELL’ITALIA

Un elevato livello e un’eccessiva volatilità dei rendimenti dei titoli sovrani possono accrescere i timori del mercato circa la sostenibilità del debito pubblico, soprattutto per le economie – come quella italiana – gravate da un alto debito in rapporto al PIL. Esercizi di simulazione, che utilizzano come scenario di base le ultime stime ufficiali del Governo, mostrano tuttavia che anche qualora i tassi di interesse all’emissione dovessero aumentare significativamente, il rapporto debito/PIL calerebbe o si stabilizzerebbe. Secondo le stime ufficiali che incorporano il rialzo dei tassi osservato fino a settembre e le misure di consolidamento

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Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011 BANCA D’ITALIA BANCA D’ITALIA Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011 15

Le forti tensioni sui debiti pubblici stanno determinando un’intensificazione delle politiche di consolidamento di bilancio nelle economie avanzate. Se non accompa-gnate da riforme strutturali che agiscano sulle aspettative di reddito futuro e sosten-gano la domanda interna, politiche fiscali restrittive attuate simultaneamente in più paesi potrebbero indebolire ulteriormente la crescita, innescando una spirale negati-va tra il calo dell’attività produttiva e il deterioramento delle finanze pubbliche.

Le tensioni finanziarie stanno inoltre inducendo gli operatori privati a contenere il proprio indebitamento. Il rapporto tra debiti e reddito disponibile delle fami-glie è in calo soprattutto nei paesi in cui era cresciuto più rapidamente negli anni precedenti la crisi (negli Stati Uniti e, in Europa, nel Regno Unito, in Spagna e in Germania; fig. 1.4.a); in più paesi tali tendenze sono accentuate dalla debolez-

za del mercato del lavoro. Il processo di riduzione della leva finanziaria è proseguito per le imprese non finanziarie statunitensi e britanniche, mentre per le aziende dell’area dell’euro la crescita ha rallentato

In assenza di riforme strutturali, le necessarie misure correttive rischiano di avere effetti restrittivi

Prosegue il deleveragingdel settore privato non finanziario…

approvate nel corso dell’estate (1), il rapporto debito/PIL si ridurrebbe dal 120,6 per cento nel 2011 al 112,6 nel 2014 (cfr. figura).

Per valutare come questo andamento sarebbe influenzato da uno shock al costo della raccol-ta, in un primo scenario alternativo si è ipo-tizzato che dal gennaio 2012 i rendimenti su tutte le nuove emissioni di titoli pubblici su-biscano un incremento di 2,5 punti percen-tuali rispetto al quadro di base. Si tratta di un’ipotesi estrema: nell’estate 2011, in una fase di elevata instabilità dei mercati finanziari, il rendi-mento lordo dei BTP decennali è aumentato di circa un punto percentuale. In un secondo scena-rio si è ipotizzato che l’aumento dei rendimenti si ripercuota negativamente sulla crescita, annullan-dola nel triennio 2012-14; tale ipotesi è coerente con le stime disponibili circa gli effetti di un aumento degli spread sull’attività economica. In entrambi gli esercizi si sono utilizzate elasticità standard del bilancio pubblico rispetto a variazioni del quadro macroeconomico. In particolare, si ipotizza che un calo di un punto percentuale della crescita riduca l’avanzo primario di 0,5 punti percentuali del PIL (2), e che un aumento di un punto percentuale dei tassi aumenti la spesa per interessi dello 0,2 per cento del PIL nel primo anno, dello 0,4 nel secondo e dello 0,5 nel terzo; la gradualità dell’impatto riflette l’elevata vita media residua dei titoli di Stato (oltre sette anni) e la limitata incidenza di titoli a tasso variabile.

I risultati indicano che anche nel primo scenario sfavorevole il rapporto debito/PIL si ridurrebbe fino al 115,5 per cento nel 2014. Nel secondo, nonostante la stagnazione prolungata dell’economia reale, il debito pubblico italiano si stabilizzerebbe poco al di sopra del 120 per cento del PIL.

Rapporto debito/PIL(punti percentuali)

110

112

114

116

118

120

122

2010 2011 2012 2013 2014110

112

114

116

118

120

122

previsioni ufficialishock di 2,5 punti percentuali ai tassishock di 2,5 punti percentuali ai tassi e crescita nulla

Fonte: elaborazioni su Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2011.

(1) Cfr. Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2011. L’indebitamento netto scenderebbe dal 3,9 per cento del PIL nel 2011 allo 0,1 nel 2013, per raggiungere un lieve avanzo (0,2 per cento) nel 2014; la crescita dell’economia sarebbe pari allo 0,7 per cento nel 2011, allo 0,6 nel 2012, allo 0,9 nel 2013 e all’1,2 nel 2014; il costo medio del debito aumenterebbe gradualmente, dal 4 per cento nel 2010 al 4,9 nel 2014, riflettendo il rialzo dei tassi di interesse degli ultimi mesi e quello previsto dagli operatori per i prossimi anni.(2) Cfr. Bouthevillain C. et al., Cyclically Adjusted Budget Balances: an Alternative Approach, «ECB Working Paper», 77, 2001.

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Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011 BANCA D’ITALIA16 BANCA D’ITALIA Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011

o si è interrotta (fig. 1.4.b). Un rientro dagli alti livelli di debito privato raggiunti in alcuni paesi è positivo per la stabilità finanziaria; se eccessivamente rapido e diffuso, tuttavia, esso rischia di pesare in misura significativa sulla spesa per consumi e investimenti e di innescare una seconda spirale negativa, tra il calo dell’attività produttiva e la sostenibilità dei debiti privati.

Anche le principali banche internazionali hanno continuato a ridurre la leva fi-nanziaria (fig. 1.5.a). Il deterioramento delle condizioni di raccolta sui mercati all’ingrosso (cfr. il par. 1.2) e, in una fase di debolezza ciclica, il peggioramento della qualità del credito potrebbero accentuare la spinta alla contrazione dei bilan-

ci e inasprire le condizioni di offerta di prestiti all’economia. Segnali di restrizione creditizia sono già

…e delle banche, con rischi per l’attività economica

Figura 1.5

Leva finanziaria delle banche e indicatori di restrizione dell’offerta di credito a famiglie e imprese

(a) maggiori banche internazionali: leva finanziaria (1)

(b) criteri di offerta di credito alle famiglie (2)

(c) criteri di offerta di credito alle imprese (2)

2009 2010 2011-30

-15

0

15

30

45

60

75

-30

-15

0

15

30

45

60

75

Area euro Regno Unito

2009 2010 2011-30

-15

0

15

30

45

60

75

-30

-15

0

15

30

45

60

75

Stati Uniti

'10'09'08'07'06'05'04'03'02'00 '01'99 '110

10

20

30

40

50

60

70

0

10

20

30

40

50

60

70

5-25 25-5050-75 75-95media totale media Europamedia USA

Fonte: Banca d’Inghilterra, BCE, Bloomberg e Riserva federale.(1) Dati trimestrali. Rapporto tra attività di bilancio e patrimonio netto. Le fasce colorate con gradazioni di rosso rappresentano scarti tra i percentili indicati in legenda. L’insieme delle maggiori banche internazionali preso in considerazione comprende istituzioni finanziarie europee e statunitensi di grandi dimensioni che svolgono diverse tipologie di attività bancaria, anche su scala internazionale: Banco Santander, Bank of America, Barclays, BNP Paribas, Citigroup, Crédit Agricole, Credit Suisse, Deutsche Bank, Goldman Sachs, HSBC, ING, Intesa Sanpaolo, JPMorgan Chase, Morgan Stanley, Royal Bank of Scotland, Société Générale, UBS e UniCredit. – (2) Dati trimestrali; punti percentuali. Per Stati Uniti e area dell’euro: differenza tra la percentuale di banche che riferiscono di aver ristretto e quella di banche che riferiscono di aver allentato le condizioni di accesso al credito rispetto al trimestre precedente; per il Regno Unito: indice di diffusione.

Figura 1.4

Indebitamento del settore privato(punti percentuali)

(a) indebitamento delle famiglie (1) (b) indebitamento delle imprese (2)

Spagna Stati Uniti Area euro

20102009200820072006200540

60

80

100

120

140

160

40

60

80

100

120

140

160

Regno Unito Germania Italia

2011 2005 2006 2007 2008 2009 2010 201140

60

80

100

120

140

160

40

60

80

100

120

140

160

Fonte: conti finanziari nazionali.(1) Dati trimestrali. Rapporto tra debito totale delle famiglie e media mobile a 4 termini del reddito disponibile. – (2) Fino al 2009, dati annuali; dal 2010, dati trimestrali. Rapporto tra debito finanziario delle imprese e PIL.

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Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011 BANCA D’ITALIA BANCA D’ITALIA Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011 17

affiorati in più paesi dell’area dell’euro nei confronti sia delle imprese sia delle famiglie (figg. 1.5.b e 1.5.c). Si rischia dunque l’avvio di un circolo vizioso tra il calo dell’attività produttiva e la sostenibilità dei bilanci bancari. In questo contesto è essenziale garantire idonei livelli di capitalizzazione delle mag-giori banche internazionali e un’adeguata offerta di liquidità.

Per le economie emergenti i principali rischi sono legati all’elevata inflazione (ol-tre il 7 per cento), che potrebbe pesare sulla domanda interna e provocare politi-che restrittive; a un possibile rallentamento delle esportazioni, in connessione con il peggioramento del quadro economico mondiale; infine, alla elevata volatilità dei movimenti dei capitali, che potrebbero dar luogo a un significativo deflusso di fondi. Nel complesso, tuttavia, queste economie dovrebbero poter continuare a sostenere la crescita della domanda mondiale.

1.2 I RISChI NEL SISTEma FINaNzIaRIo

La crisi del debito sovrano in Europa si sta ripercuotendo attraverso molteplici cana-li sulla capacità di raccolta a medio e a lungo termine delle maggiori banche (cfr. il riquadro: L’impatto del rischio sovrano sulla raccolta delle banche). L’aumento dei premi per il rischio innalza i costi di provvista sui mercati interbancari, delle obbligazioni e delle azioni (figg. 1.6.a, 1.6.b e 1.6.c). I collocamenti di carta commerciale e di certi-

ficati di deposito si sono ridotti considerevolmente e hanno subito un accorciamento della durata media (fig. 1.6.d). Le emissioni di obbligazioni bancarie hanno registrato una caduta più pronunciata di quella che si era verificata nei mesi precedenti il dissesto di Lehman Brothers (fig. 1.6.e). Andamenti analoghi hanno interessato le principali banche extraeuropee, pur se con minore intensità. Gli intermediari europei incon-trano inoltre difficoltà a reperire finanziamenti in dollari, soprattutto a causa della minore offerta da parte dei fondi monetari statunitensi. I problemi di raccolta delle banche destano preoccupazione specialmente in considerazione degli elevati volumi di obbligazioni bancarie che giungeranno a scadenza nel 2012 (fig. 1.6.f ) e del consistente ricorso al mercato che si profila da parte dei prenditori sia pubblici sia privati.

Per le economie emergenti i rischi derivano dall’elevata inflazione e dalla volatilità dei movimenti di capitale

La crisi aumenta i rischi di finanziamento delle banche sui mercati all’ingrosso…

Figura 1.6

Condizioni di accesso delle banche ai mercati di finanziamento all’ingrosso(dati giornalieri e in punti base, ove non altrimenti specificato)

(a) premi sui CDS sovrani e spread interbancari in euro

(b) spread sulle obbligazioni delle società finanziarie (3)

(c) costo del capitale per le banche (4)

2007 2008 2009 2010 20115

10

15

20

25

5

10

15

20

25

Francia PortogalloGermania ItaliaRegno Unito Stati UnitiSpagna

2010 2011150

200

250

300

350

400

450

150

200

250

300

350

400

450

obbligazioni in euro

obbligazioni in dollari

2010 20110

500

1.000

1.500

2.000

2.500

3.000

0

20

40

60

80

100

120

Belgio, Italia, Spagna (1)Grecia, Irlanda, Portogallo (1)Euribor-Eurepo (2)

Fonte: elaborazioni su dati Bloomberg, Dealogic, Merrill Lynch e Thomson Reuters Datastream.(1) Per i paesi indicati, media semplice dei premi sui CDS sui rispettivi emittenti sovrani. – (2) Scala di destra. Differenza tra il tasso Euribor a 3 mesi e il corri- spondente tasso a 3 mesi delle operazioni pronti contro termine (repo). – (3) Obbligazioni a tasso fisso, con vita residua non inferiore all’anno e con rating investment grade, emesse da società finanziarie. – (4) Dati mensili. Per ciascun paese, media delle stime del costo del capitale, in termini reali, ottenute in base a tre modelli diversi (Cyclically adjusted earnings yield, Beta model, Dividend discount model).

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Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011 BANCA D’ITALIA18 BANCA D’ITALIA Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011

L’IMPATTO DEL RISCHIO SOVRANO SULLA RACCOLTA DELLE BANCHE

Un aumento del rischio sovrano si ripercuote negativamente sul costo e sulla disponibilità di finanzia-menti alle banche attraverso molteplici canali. In primo luogo, una caduta dei prezzi dei titoli pubblici provoca perdite sul portafoglio finanziario degli intermediari, indebolendone i bilanci e aumentandone la rischiosità. L’impatto è generalmente rilevante nel caso di un deprezzamento dei titoli nazionali, che hanno un’incidenza significativa sul capitale delle banche (fig. A). Le esposizioni verso gli Stati esteri sono

segue Figura 1.6

Condizioni di accesso delle banche ai mercati di finanziamento all’ingrosso(dati giornalieri e in punti base, ove non altrimenti specificato)

(d) emissioni di carta commerciale e certificati di deposito

da parte di banche europee (5)

(e) emissioni di obbligazioni da parte di banche dell’area dell’euro:

confronto con il 2008 (7)

(f) obbligazioni in scadenza di società finanziarie e non (8)

'12'11'10'09'08'07'06'05'04'03'020

200

400

600

800

0

200

400

600

800

Europa finanziarie (9) Europa non finanziarie (9)

USA non finanziarie USA finanziarie

0

5

10

15

20

25

30

aprilemaggio

giugnoluglio

agostosettembre

ottobre0

5

10

15

20

25

30

2008

2011

2007 2008 2009 2010 201130

50

70

90

110

130

40

80

120

160

200

240

emissioni durata media (6)

Fonte: elaborazioni su dati Bloomberg, Dealogic, Merrill Lynch e Thomson Reuters Datastream.(5) Dati mensili. Emissioni, in miliardi di euro, effettuate sul mercato internazionale da banche dell’area dell’euro e del Regno Unito. – (6) Scala di destra. La durata media è misurata all’emissione, espressa in giorni e ponderata per l’importo emesso. – (7) Dati mensili. Emissioni effettuate sul mercato internazionale, in miliardi di euro. Sono escluse tutte le forme di obbligazioni con collaterale o con garanzia pubblica. – (8) Dati annui, in miliardi di euro. Obbligazioni con durata all’emissione di 2 o più anni emesse sui mercati interni o su quello internazionale e classificate sulla base della residenza e del settore di appartenenza della capogruppo. – (9) Emittenti dell’area dell’euro e del Regno Unito.

Figura A

Esposizioni bancarie verso i settori pubblici nazionali ed esteri (1)(in percentuale del capitale)

Esposizioni complessive Dettaglio delle esposizioni estere (3)

0

20

40

60

80

100

120

140

CY BE LU PT FR DE MT ES SI NL DK AT GB IE IT FI SE GR HU NO PL0

20

40

60

80

100

120

140ES, IT, BE

GR, IE, PT

0

50

100

150

200

250

300

350

DE BE LU GR FR GB SE MT AT IT ES CY NL SI PL NO PT HU DK IE FI US(2)

JP(2)

0

50

100

150

200

250

300

350Esposizione estera

Esposizione nazionale

Fonte: Autorità bancaria europea (European Banking Authority, EBA), Riserva federale e Banca del Giappone.Legenda paesi: AT = Austria, BE = Belgio, CY = Cipro, DE = Germania, DK = Danimarca, ES = Spagna, FI = Finlandia, FR = Francia, GB = Regno Unito, GR = Grecia, HU = Ungheria, IE = Irlanda, IT = Italia, JP = Giappone, LU = Lussemburgo, MT = Malta, NL = Paesi Bassi, NO = Norvegia, PL = Polonia, PT = Portogallo, SE = Svezia, SI = Slovenia, US = Stati Uniti.(1) Per i paesi europei i dati si riferiscono alle esposizioni lorde, su base consolidata, del campione di banche che ha partecipato allo stress test dell’EBA del luglio 2011; dati al 31 dicembre 2010 in percentuale del capitale regolamentare totale. Per gli Stati Uniti e il Giappone, esposizioni in titoli di Stato del governo centrale e locale; la definizione del capitale è di tipo contabile. – (2) Le esposizioni estere non sono riportate. – (3) Esposizioni nei confronti dei paesi indicati; per le banche di questi paesi sono escluse le esposizioni verso il rispettivo settore pubblico nazionale.

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invece solitamente contenute, anche se alcune banche dell’area dell’euro localizzate in economie con solide condizioni finanziarie mostrano esposizioni non trascurabili verso taluni dei paesi più colpiti dalla crisi del debito.

Un secondo canale di trasmissione è rappresentato dalla perdita di valore dei titoli pubblici utilizzati come collaterale per la raccolta bancaria all’ingrosso (ad esempio mediante operazioni pronti contro termine) o presso la banca centrale. Oltre a comprimere il valore delle garanzie disponibili, un innalza-mento del rischio sovrano può determinare la richiesta di ricostituzione dei margini (margin calls) o di aumenti degli scarti di garanzia (haircuts); in casi estremi, può portare all’esclusione dei titoli dal novero degli strumenti utilizzabili come collaterale nelle operazioni di raccolta. Nei mesi scorsi l’impatto di questo canale sulla disponibilità di finanziamenti per le banche in Grecia, Irlanda e Portogallo è stato attenuato dagli interventi della BCE, che ha adeguato i criteri per la definizione delle garanzie utilizzabili nelle proprie operazioni di rifinanziamento all’evolvere delle condizioni di mercato. I timori sulla solvibilità di uno Stato si ripercuotono sugli intermediari anche attraverso una riduzio-ne del valore delle garanzie pubbliche, sia esplicite sia implicite, sulle passività bancarie. I programmi di garanzie esplicite varati successivamente al dissesto di Lehman Brothers nel 2008 hanno cessato di operare nella quasi totalità dei paesi (cfr. il riquadro: Gli interventi a sostegno del sistema finanziario in Rapporto sulla stabilità finanziaria, n. 1, 2010). Nell’incontro del 26 ottobre il Consiglio europeo ha previsto la reintroduzione di garanzie per la raccolta bancaria a medio e a lungo termine, sottoli-neando che nelle attuali condizioni di mercato esse dovranno essere strettamente coordinate a livello europeo. Dalla fine del 2009 il valore delle garanzie implicite – legate alle attese di intervento dello Stato in caso di difficoltà degli intermediari nazionali, soprattutto se di rilevanza sistemica – ha avuto un calo pronunciato nelle economie con problemi acuti di bilancio (quali Grecia, Irlanda e Porto-gallo; fig. B); la riduzione è stata significativa anche per paesi avanzati di maggiori dimensioni, quali Germania e Italia.Un quarto meccanismo di trasmissione dei rischi sovrani alle banche deriva dal legame che esiste tra i rating degli emittenti pubblici e privati: un declassamento dei titoli di Stato è infatti generalmente

Figura B

Relazione tra il merito di credito degli emittenti sovrani e quello delle banche

Garanzie pubbliche implicite alle grandi banche (1) Riduzioni del merito di credito dei sovrani e delle banche nazionali dal novembre 2009 (3)

0

20

40

60

80

100

ES GR IE IT PT US JP0

20

40

60

80

100

percentuale media di banche declassate dopo il sovrano (4)n° di declassamenti del sovrano

0

2

4

6

8

10

DE ES FR GR IE IT PT GB US0

2

4

6

8

10

dicembre 2009 ottobre 2011 (2)

Fonte: elaborazioni su dati Bloomberg e Moody’s. Legenda paesi: DE = Germania, ES = Spagna, FR = Francia, GR = Grecia, IE = Irlanda, IT = Italia, JP = Giappone, PT = Portogallo, GB = Regno Unito, US = Stati Uniti. (1) Gli istogrammi misurano il valore delle garanzie implicite (sostegno esterno dello Stato al rating delle banche, misurato come differenza tra il rating com-plessivo della banca e quello della banca stessa considerata isolatamente, il cosiddetto standalone rating) in “tacche” di merito di credito; dati al 17 ottobre 2011. Numero di “grandi banche” incluse per ciascun paese: Stati Uniti: 6; Italia: 5; Regno Unito e Francia: 4; Irlanda, Portogallo e Grecia: 3; Germania e Spagna: 2. – (2) Per Grecia e Irlanda, il dato è pari a zero. – (3) Dati relativi alle riduzioni del merito di credito a lungo termine in valuta estera di Fitch, Moody’s e Standard & Poor’s; dati al 17 ottobre 2011. Le banche nazionali sono definite come quelle la cui capogruppo finale è domiciliata nello stesso paese del sovrano. – (4) Quota media delle banche nazionali che hanno avuto una riduzione del merito di credito entro 3 mesi dalla riduzione del merito di credito del sovrano. Il dato relativo al Giappone è pari a zero.

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Nei paesi più colpiti dalla crisi (Grecia, Irlanda e Por-togallo) i depositi in conto corrente di famiglie e im-

prese sono in forte calo, mentre i tassi di remune-razione medi sui depositi sono aumentati dall’ini-zio del 2010 di circa un punto percentuale.

Nel breve termine, gli effet-ti potenzialmente destabi-lizzanti che derivano dalle difficoltà delle banche a raccogliere finanziamenti a

medio e a lungo termine sono attenuati dagli in-terventi dell’Eurosistema, che ha accresciuto l’of-ferta di liquidità sia in euro (fig. 1.7) sia in dollari, allungandone la durata media (cfr. Bollettino eco-nomico, n. 66, 2011). Un eccessivo, prolungato ricorso ai finanziamenti della banca centrale finirebbe tuttavia per incontrare un limite nella disponibi-lità di collaterale. Una persistente carenza di finanziamenti di mercato a scadenza protratta potrebbe inoltre distorcere le strategie delle banche, orientandole verso forme di investimento a breve termine o accentuando la spinta alla contrazione dell’attivo.

L’ordinato funzionamento del mercato del credito e la stabilità finanziaria ri-chiedono decise misure al fine di ripristinare, con rapidità, la fiducia degli inve-stitori nei confronti degli intermediari europei. Nel periodo a cavallo tra il 2008 e il 2009, le autorità europee intervennero con successo per rafforzare la capita-lizzazione delle banche e per garantirne la raccolta a lungo termine sui mercati

dei capitali. Nel nuovo contesto, il problema del consolidamento dei bilanci bancari e quello della risoluzione della crisi del debito sovrano sono strettamente interconnessi. Per tale motivo, il piano definito in ottobre dalle autorità europee contiene misure volte al tempo stesso a contrastare la crisi del debito e a rafforzare i bilanci e la capacità di raccolta delle banche.

…e, nei paesi più colpiti, anche in quelli al dettaglio

L’Eurosistema è intervenuto a sostegno della liquidità…

…ma occorrono altri interventi per ripristinare la fiducia nelle banche

seguito dall’abbassamento del merito di credito degli altri prenditori nazionali (in particolare le ban-che), anche perché il rating sovrano rappresenta di norma un tetto per le valutazioni assegnate dalle agenzie ai debitori privati. Tra il novembre del 2009 e oggi, i sette paesi avanzati che hanno subito un declassamento del rating sovrano hanno anche registrato in media, entro i tre mesi successivi, una riduzione del merito di credito di circa il 40 per cento degli intermediari (oltre il 60 per cento nei paesi che hanno subito molteplici declassamenti). Una riduzione del rating accresce il costo della raccolta bancaria; in casi estremi può determinare l’esclusione delle passività bancarie dal paniere di titoli acquistabili da determinate categorie di investitori (quali, ad esempio, fondi pensione e compa-gnie di assicurazione).Le tensioni sul debito sovrano di un paese si possono trasmettere alle banche estere sia attraverso i legami interbancari internazionali sia attraverso le esposizioni verso i debitori privati dei paesi oggetto di ten-sioni. Considerando le banche delle principali economie avanzate, le esposizioni interbancarie estere nei confronti dei tre paesi europei più colpiti dalle tensioni sui titoli sovrani erano pari alla fine del secondo trimestre del 2011 a circa lo 0,2 per cento del totale degli attivi; le esposizioni nei confronti del settore privato non finanziario e quelle relative a contratti derivati, garanzie e impegni di credito erano pari all’1,6 per cento. I corrispondenti valori per le esposizioni nei confronti di Belgio, Italia e Spagna erano lo 0,7 e il 3,5 per cento, rispettivamente.

Figura 1.7

Ricorso al finanziamento dell’Eurosistema (1)(dati mensili; in percentuale degli attivi totali)

201120100

5

10

15

20

25

0

5

10

15

20

25

Francia Germania Grecia IrlandaItalia Portogallo Spagna

Fonte: BCE e banche centrali nazionali.(1) Dati di fine mese; per la Francia, media nel periodo di mantenimento avente inizio nel mese indicato.

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La redditività delle banche internazionali, in calo già nel secondo trimestre del 2011 (fig. 1.8.a), potrebbe peggiorare ancora nei prossimi mesi, principalmente per effet-to di tre fattori. In primo luogo, il deterioramento del quadro macroeconomico potrebbe interrompere il miglioramento della qualità dei prestiti che si era avviato

all’inizio del 2010 (fig. 1.8.b). Inoltre, l’aumento dei costi della raccolta a medio e a lungo termine, se prolungato nel tempo, potrebbe comprimere il margine di interesse. Infine, i ricavi da servizi potrebbero registrare una contrazione qualora proseguisse il calo dell’attività sul mercato dei capitali osservato nei mesi scorsi (il valore delle operazioni di fusione e acquisizione si è ridotto del 20 per cento, i collocamenti ob-bligazionari e azionari del 40 e 60 per cento, rispettivamente). Le banche degli Stati Uniti fronteggiano anche significativi rischi legali per effetto delle dispute relative ai criteri adottati nella gestione delle proce-dure esecutive (foreclosures) e nella vendita di attività connesse con i mutui ipotecari.

Oltre che attraverso le esposizioni bancarie, le tensioni finanziarie possono tra-smettersi tra paesi attraverso le posizioni attive e passive transfrontaliere detenute da altri settori residenti. In Europa, e soprattutto nell’area dell’euro dove l’inter-connessione finanziaria è stata accelerata dall’introduzione della moneta unica, tale meccanismo potrebbe alimentare il contagio dai paesi finanziariamente più deboli agli altri (cfr. il riquadro: Interconnessione finanziaria in Europa).

La redditività delle banche potrebbe ridursi

In Europa l’interconnessione finanziaria può amplificare la trasmissione delle tensioni

Figura 1.8

Maggiori banche internazionali (1)

(a) rendimento del capitale (ROE) (2) (b) accantonamenti per perdite su prestiti (3)

'10'09'08'07'06'05'04'03'02'00 '01'99 '11-1

0

1

2

3

4

5

6

-1

0

1

2

3

4

5

6

75-95 media totalemedia Europa

'11'99 '01'00 '02 '03 '04 '05 '06 '07 '08 '09 '10-50

-40

-30

-20

-10

0

10

20

30

40

-50

-40

-30

-20

-10

0

10

20

30

40

5-25 25-50 50-75 media USA

Fonte: elaborazioni su dati Bloomberg.(1) Somma mobile su 4 trimestri di dati trimestrali, espressi in valore percentuale. Le fasce colorate con gradazioni di rosso rappresentano scarti tra i percentili indicati in legenda. Per alcune banche i dati di bilancio riportati nelle figure non sono tutti disponibili. Le banche prese in considerazione sono elencate nella fig. 1.5. – (2) Rendimenti trimestrali annualizzati. – (3) In percentuale del volume complessivo di crediti.

INTERCONNESSIONE FINANZIARIA IN EUROPA

Un quadro d’insieme del grado complessivo di integrazione finanziaria tra paesi può essere ottenuto utilizzando i dati della Banca dei regolamenti internazionali sulle esposizioni transfrontaliere dei sistemi bancari nazionali e i dati sulla bilancia dei pagamenti e sulla posizione patrimoniale verso l’estero, che comprendono le attività e le passività detenute dagli altri settori residenti (1).

La figura A riporta l’andamento delle attività lorde totali detenute dal complesso dei residenti nei principali paesi dell’Unione europea (Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi e Regno Unito) nei confronti di Grecia, Irlanda e Portogallo, nonché di Belgio, Italia e Spagna.

(1) Vengono considerati i principali strumenti finanziari: titoli di debito, azioni e fondi comuni (dati bilaterali raccolti dall’FmI nell’ambito della Coordinated Portfolio Investment Survey) e investimenti diretti (dati bilaterali di fonte Eurostat). Una iniziativa congiunta del G20 e del Financial Stability Board mira a potenziare e a coordinare la raccolta di queste statistiche, e in generale delle misure di interconnessione tra paesi.

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La crescita delle attività lorde nei confronti di questi sei paesi nel corso dell’ultimo decennio è stata significativa per la Francia, che alla fine del 2009 mostrava un’esposizione complessiva pari a circa il 60 per cento del PIL. Nel caso della Germania l’aumento è stato più moderato, ma ha comunque condotto a un’esposizione complessiva superiore al 30 per cento del PIL. Nel Regno Unito è cresciuta particolar-mente l’esposizione verso Grecia, Irlanda e Portogallo (a oltre il 25 per cento del PIL). Per i Paesi Bassi, il cui grado di apertura e quello di finanziarizzazione sono particolarmente elevati, l’incidenza sul PIL delle attività nei confronti dei sei paesi supera il 100 per cento, un valore che riflette anche la massic-cia presenza di società veicolo (special purpose entities) riconducibili a imprese finanziarie europee. Per l’Italia l’esposizione complessiva verso i paesi con tensioni sul debito sovrano (escluso il nostro paese) si attesta su livelli decisamente più contenuti (meno del 15 per cento del PIL) rispetto agli altri grandi paesi europei.

Sia nel caso della Francia sia in quello della Germania la principale componente dell’esposizione è costi-tuita da titoli di debito (che includono titoli di Stato e obbligazioni societarie), seguita in ordine di im-portanza dai prestiti delle banche (fig. B). Per il Regno Unito, l’esposizione riflette soprattutto le rilevanti attività bancarie nei confronti dell’Irlanda.

Figura A

Attività dei residenti per paese investitore e per strumento nei confronti di Italia, Spagna, Belgio e Grecia-Irlanda-Portogallo (1)

(dati annuali; in percentuale del PIL)

Belgio Spagna Grecia-Irlanda-Portogallo Italia

'01 '02 '03 '04 '05 '06 '07 '08 '090

5

10

15

20

25

30

35Regno Unito

'01 '02 '03 '04 '05 '06 '07 '08 '09

Paesi Bassi

'01 '02 '03 '04 '05 '06 '07 '08 '09

Italia

'01 '02 '03 '04 '05 '06 '07 '08 '09

Germania

0

5

10

15

20

25

30

35

'01 '02 '03 '04 '05 '06 '07 '08 '09

Francia

Figura B

Titoli di debito Azioni e fondi comuni Investimenti diretti Prestiti delle banche

'01 '02 '03 '04 '05 '06 '07 '08 '09 '100

10

20

30

40

50

60Regno Unito

'01 '02 '03 '04 '05 '06 '07 '08 '09 '10

Paesi Bassi

'01 '02 '03 '04 '05 '06 '07 '08 '09 '10

Italia

'01 '02 '03 '04 '05 '06 '07 '08 '09 '10

Germania

0

10

20

30

40

50

60

'01 '02 '03 '04 '05 '06 '07 '08 '09 '10

Francia

Fonte: elaborazioni su dati BRI, Eurostat e FMI.(1) I grafici includono le attività di tutti i residenti in ciascun paese investitore (Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi e Regno Unito). Le attività compren-dono: titoli di debito, azioni e fondi comuni, investimenti diretti (fino al 2009) e prestiti delle banche (fino al 2010); quest’ultima voce dell’attivo include anche i depositi interbancari. Per l’Italia sono state prese in considerazione le attività nei confronti degli altri 5 paesi.

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Sul mercato azionario la spinta derivante dalla ripresa degli utili societari, che nei mesi scorsi ha contribuito a contenere il calo delle quotazioni (fig. 1.9.a), potreb-be esaurirsi a seguito del deterioramento delle prospettive di crescita. Inoltre, in assenza di chiari progressi verso la soluzione della crisi del debito sovrano, le atte-se di una discesa della volatilità dei corsi azionari (desumibili dai mercati futures;

fig. 1.9.b) potrebbero risultare eccessivamente ottimistiche, con conseguenze negative per i premi per il rischio, già elevati.

1.3 I mERCaTI ImmoBILIaRI

Il mercato immobiliare sta-tunitense continua a mo-strare segni di debolezza. Con riferimento al com-parto delle abitazioni, il

mercato dei futures suggerisce che i prezzi, tor-nati a scendere nell’estate del 2010, si ridurreb-bero ancora nei prossimi mesi. Le compravendi-te complessive stentano a risalire dagli attuali bassi livelli (tav. 1.1), nonostante il calo di quasi un punto percentuale dei tassi di interesse dall’inizio dell’anno; quelle di nuove abitazioni, sui valori minimi degli ultimi cinquant’anni, mostrano ancora una tendenza al calo. Difficoltà emergono anche nel segmento degli immobili commerciali, dove le quotazioni sono prossime ai valori minimi degli ultimi dieci anni. I tassi di morosità sui mutui ipotecari residenziali e com-merciali rimangono assai elevati.

La fase di alta volatilità dei corsi azionari potrebbe proseguire

Negli Stati Uniti il mercato immobiliare mostra ancora segni di debolezza

Tavola 1.1

Quotazioni e compravendite di abitazioni (variazioni percentuali sul periodo precedente)

Italia Francia Spagna Regno Unito

Stati Uniti

Quotazioni

2008 2,6 1,2 0,7 -6,7 -16,72009 -0,4 -7,1 -7,4 -7,4 -13,02010 0,1 6,4 -3,9 5,8 2,1 2° sem. 2010 0,4 6,3 -1,5 -0,8 -1,1 1° sem. 2011 0,5 1,8 -3,5 0,0 -2,2

Numero di compravendite

2008 -15,2 -19,7 -32,5 -44,2 -16,62009 -11,3 -7,9 -17,8 -4,6 2,72010 0,4 8,2 5,9 3,1 -5,2 2° sem. 2010 -4,7 9,4 -11,2 -0,9 -16,9 1° sem. 2011 -1,2 5,6 -28,5 -3,0 11,8

Fonte: Agenzia del Territorio per l’Italia, Insee per la Francia, Inea per la Spagna, HM Revenue & Customs per il Regno Unito, Thomson Reuters Datastream per gli Stati Uniti.

Figura 1.9

Indicatori finanziari relativi ai mercati azionari

(a) determinanti delle variazioni trimestrali dei corsi azionari nel 2011 (1) (b) volatilità azionaria corrente e futura (2)

4° trim.2010

1° trim.2011

2° trim.2011

3° trim.2011

-30

-20

-10

0

10

20Area euro

-30

-20

-10

0

10

20

4° trim.2010

1° trim.2011

2° trim.2011

3° trim.2011

Stati Uniti

rendimento totale contributo del tasso di interesse

contributo degli utili contributo del premio per il rischio 201120100

20

40

60

0

20

40

60VIX VIX a 7 mesi

0

20

40

60

0

20

40

60

VSTOXX VSTOXX a 6 mesi

Fonte: elaborazioni su dati Bloomberg, IBES, Morgan Stanley e Thomson Reuters Datastream.(1) Dati trimestrali; valori percentuali. La scomposizione del rendimento trimestrale nei contributi delle tre determinanti fondamentali (utili attesi, tassi a lungo termine e premio per il rischio) viene effettuata ipotizzando che il premio per il rischio sia pari alla differenza fra il rendimento nominale delle azioni (pari al rapporto fra gli utili per azione previsti dagli analisti finanziari del panel IBES per i 12 mesi successivi e l’indice azionario) e il tasso sui titoli di Stato decennali. – (2) Dati giornalieri; punti percentuali in ragione d’anno. Indice VIX per gli Stati Uniti e indice VSTOXX per l’area dell’euro della volatilità implicita a pronti dei corsi azionari e analoghi indicatori a termine tratti dai contratti futures sui due indici.

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Nell’area dell’euro le condizioni del mercato immobiliare sono tuttora nel com-plesso favorevoli, ma mostrano crescenti divari tra paesi. I prezzi delle abitazio-ni sono in deciso aumento in Germania e in Francia, ma in ulteriore calo in Spagna e nei Paesi Bassi; le compravendite, in netto recupero in Francia, hanno

continuato a contrarsi in Spagna. In prospettiva, sul comparto immobiliare pesano la lentezza del recupero del mercato del lavoro, l’orientamento restrittivo delle politiche fiscali e le tensioni che van-no emergendo nell’offerta di credito in alcuni paesi.

In Italia i segnali di ripresa del settore immobiliare hanno lasciato il posto nei mesi più recenti a sintomi di debolezza, soprattutto nel comparto delle abitazioni. Nel-la prima metà del 2011 gli investimenti in costruzioni sono tornati a diminuire; il

numero delle compravendite di abitazioni è sceso ai livelli più bassi da dieci anni (fig. 1.10.a). I prezzi delle case sono pressoché stabili. Rimango-no deboli anche le condizioni del comparto non residenziale, caratterizzato da prezzi stagnanti e da una nuova diminuzione delle compravendite, soprattutto per i locali adibiti a uffici.

Sulla base degli indicatori prospettici, nei prossimi mesi le condizioni del mer-cato immobiliare italiano

rimarrebbero stabili, pur in un quadro di incer-tezza. Il clima di fiducia delle imprese edili rileva-to dall’Istat in estate è rimasto pressoché invaria-to; la produzione nel comparto edile rimane assai bassa, ma mostra una lieve tendenza all’incremen-to. Secondo il sondaggio trimestrale condotto in

Nell’area dell’euro si accentuano i divari tra paesi

In Italia emergono sintomi di debolezza del ciclo immobiliare…

…con segnali di stabilizzazione nei prossimi mesi

Figura 1.10

Il mercato immobiliare in Italia

(a) compravendite e prezzi delle abitazioni (1)(numeri indice 2005=100)

(b) attese degli agenti immobiliari (2)(saldi percentuali delle risposte)

-30

-15

0

15

30

45

60

4° trim. 2010 1° trim. 2011 2° trim. 2011 3° trim. 2011-30

-15

0

15

30

45

60

attese a breve sui nuoviincarichi a vendere

attese a breve sulproprio mercato

attese a 2 annisul mercato nazionale

2005 2006 2007 2008 2009 2010 201170

80

90

100

110

120

70

80

90

100

110

120

prezzi

numero di compravendite

Fonte: elaborazioni su dati Banca d’Italia, Agenzia del Territorio, Il Consulente Immobiliare e Tecnoborsa.(1) Dati trimestrali destagionalizzati. – (2) Dati trimestrali, tratti dal sondaggio Banca d’Italia, Tecnoborsa e Agenzia del Territorio. Saldi fra le percentuali di risposte che indicano andamento favorevole e andamento sfavorevole. Le attese sui nuovi incarichi a vendere e sul proprio mercato si riferiscono al trimestre successivo a quello indicato; per quelle sul mercato nazionale l’orizzonte è di 2 anni in avanti.

Figura 1.11

Capacità di accesso al mercato immobiliare e rapporto tra prezzi

e canoni di locazione in Italia(dati semestrali; numeri indice media 1992-2009=100)

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 201130

40

50

60

70

80

90

100

110

92

94

96

98

100

102

104

106

108

Rapporto prezzo/affitti (1) Capacità di accesso (2)

Fonte: elaborazioni su dati Banca d’Italia, Istat, Il Consulente Immobiliare e Agenzia del Territorio. (1) Scala di destra. – (2) L’indicatore è dato dal rapporto tra il servizio dei nuo-vi mutui ipotecari – approssimato dal prodotto tra quotazioni e tassi di interes-se – e il reddito disponibile delle famiglie; un calo segnala un miglioramento della capacità di accesso al mercato delle abitazioni da parte delle famiglie.

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ottobre dalla Banca d’Italia insieme con Tecnoborsa e l’Agenzia del Territorio presso un campione di agenzie immobiliari, gli incarichi a vendere segnerebbero una ripresa contenuta nel corso dei prossimi mesi (fig. 1.10.b). Le attese degli agenti immobiliari rimangono stazionarie con riferimento all’anda-mento a breve del proprio mercato di riferimento, ma segnano un peggioramento circa le prospettive di medio termine del mercato nazionale, plausibilmente scontando un crescente pessimismo circa il qua-dro economico generale.

In Italia i rischi di sopravvalutazione delle case rimangono contenuti. Il rappor-to tra prezzi e affitti rimane in prossimità dei valori di lungo periodo (fig. 1.11). L’indice della capacità di accesso al mercato da parte delle famiglie (affordability index) si colloca su valori di gran lunga più favorevoli rispetto a quelli medi di

lungo periodo. L’ipotesi di assenza di segnali di sopravvalutazione trova sostegno in analisi econome-triche che pongono in relazione i prezzi con le principali determinanti della domanda e dell’offerta di case, quali il reddito disponibile delle famiglie, i canoni di locazione, il costo dei fabbricati, la super-ficie abitabile per cittadino residente, il costo del credito. Le valutazioni più recenti degli agenti im-mobiliari censiti nel sondaggio trimestrale confermano che il rischio di repentini aggiustamenti dei prezzi nei prossimi mesi è limitato; in particolare, le rilevazioni di ottobre indicano che circa metà delle agenzie immobiliari si attendono prezzi stabili.

In Italia i rischi di sopravvalutazione sono contenuti

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2.1 La CoNDIzIoNE FINaNzIaRIa DELLE FamIGLIE

Nel confronto internaziona-le la ricchezza totale netta delle famiglie italiane è par-ticolarmente elevata, con valori stimabili in circa otto

volte il reddito disponibile nel 2010. All’interno di questo aggregato è ampia – pari a oltre due terzi – la quota delle attività reali; data la stabilità delle quotazioni sul mercato immobiliare italiano (cfr. il par. 1.3), questa composizione ha protetto le fami-glie dalle turbolenze dei mercati. Nel triennio 2008-2010 la ricchezza totale netta è aumentata dell’1,7 per cento; la crescita è il risultato di un flusso di risparmio che, sebbene in riduzione, ha più che compensato le lievi perdite di valore dovu-te alla flessione dei prezzi delle attività finanziarie.

Il valore delle attività finan-ziarie delle famiglie in rap-porto al reddito disponibile (pari a 3,5) è rimasto pressoché invariato e superiore a quello degli altri principali

paesi dell’area dell’euro (fig. 2.1). L’impatto della crisi è stato contenuto dal basso grado di rischio del portafoglio finanziario, caratterizzato da un peso elevato di depositi, titoli obbligazionari pubblici e privati, riserve assicurative e pensionistiche (cfr. il capitolo 14: La condizione finanziaria delle famiglie e delle imprese nella Relazione sull’anno 2010). Inoltre, il possesso delle attività più rischiose è concentra-to presso una quota assai limitata di nuclei familiari con maggior reddito: le famiglie italiane che possie-dono azioni sono il 6 per cento del totale (il 7 quelle che detengono fondi comuni) e appartengono in larga misura al quartile più elevato della distribuzione di frequenza del reddito equivalente (una misura che tiene conto della dimensione della famiglia). Il possesso di attività finanziarie poco rischiose permet-te di attenuare l’impatto di possibili riduzioni del reddito sui consumi. Le famiglie che non hanno atti-vità finanziarie sono circa un decimo del totale; di esse, solo una quota limitata è indebitata.

Il debito finanziario delle famiglie italiane in rapporto al reddito disponibile è cresciuto negli anni più recenti, anche a seguito della contrazione del reddito pro-vocata dalla crisi. Nel confronto internazionale esso rimane basso, soprattutto nella componente dei mutui (fig. 2.2).

L’Indagine sui bilanci delle famiglie italiane (IBF) condotta dalla Banca d’Italia rive-la che il basso grado di indebitamento rilevato a livello aggregato riflette in larga misura la modesta quota di nuclei familiari indebitati (pari al 24 per cento nel 2008 – l’ultimo dato disponibile – contro valori

La ricchezza delle famiglie italiane è elevata nel confronto internazionale

La quota di attività finanziarie rischiose in portafoglio è contenuta

Il debito delle famiglie è basso, ma è in aumento soprattutto tra i nuclei meno abbienti

La CoNDIzIoNE FINaNzIaRIa DELLE FamIGLIE E DELLE ImPRESE 2

Figura 2.1

Attività finanziarie lorde delle famiglie (1)(in rapporto al reddito disponibile lordo)

1,5

2,0

2,5

3,0

3,5

4,0

4,5

5,0

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 20101,5

2,0

2,5

3,0

3,5

4,0

4,5

5,0

Francia Germania Italia Spagna

Area euro Regno Unito Stati Uniti

Fonte: Banca d’Italia e Istat per l’Italia; Eurostat e BCE per i paesi dell’area dell’euro; Central Statistical Office per il Regno Unito; Federal Reserve System - Board of Governors e Bureau of Economic Analysis per gli Stati Uniti.(1) I dati si riferiscono alle famiglie consumatrici e produttrici; per gli Stati Uniti il dato si riferisce alle sole famiglie consumatrici.

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compresi tra il 40 e il 50 per cento nelle maggiori economie dell’area dell’euro e oltre il 60 per cento negli Stati Uniti e nel Regno Unito). Tale quota è peraltro in crescita, soprattutto per effetto dell’ac-cesso al mercato del credito di nuclei familiari con un basso reddito e di quelli residenti nelle regio-ni meridionali. Per le famiglie indebitate, il valore mediano del rapporto fra debito e reddito è au-mentato anch’esso, fino a sfiorare il 50 per cento; il rapporto tra debito e attività totali, un indicatore della capacità di rimborso del debito, si collocava al 12 per cento, un dato inferiore a quello di altri paesi per cui sono disponibili informazioni.

Qualora le attuali difficoltà di raccolta delle banche ita-liane sui mercati all’ingrosso dovessero proseguire (cfr. il par. 3.3), i tassi di interesse

sui prestiti alle famiglie potrebbero aumentare in misura considerevole. Nel complesso, tuttavia, i rischi di un incremento significativo dell’onere del debito sopportati dalle famiglie italiane appaiono contenuti. In primo luogo, i mutui a tasso variabi-le stipulati in passato (circa il 70 per cento della consistenza complessiva dei mutui) sono legati al tasso Euribor, per il quale i mercati si attendono una riduzione nei prossimi mesi. Inoltre, la bassa quota di prestiti alle famiglie in scadenza nel pros-simo biennio (fig. 2.3) suggerisce che le nuove ero-gazioni, il cui costo risentirà delle tensioni sui mer-cati della provvista per le banche, saranno di am-montare contenuto. Infine già ora, dopo il peggio-ramento delle condizioni di costo osservate nei mesi scorsi, il margine rispetto al tasso Euribor a tre mesi applicato sui nuovi mutui a tasso variabile risulta elevato rispetto al passato (1,6 punti percentuali, contro circa 1 punto in media nel triennio prece-dente la crisi) e non molto inferiore a quello che si osserva in paesi dell’area dell’euro che da tempo subi-scono gli effetti della crisi del debito sovrano e di una prolungata caduta dei prezzi degli immobili.

Si vanno esaurendo gli effetti delle misure a sostegno delle famiglie indebitate at-tuate durante la crisi finanziaria. In gennaio verrà meno la moratoria promossa dall’ABI in accordo con le principali associazioni dei consumatori, che consente alle famiglie in difficoltà di sospendere il pagamento della rata del mutuo; fino all’agosto scorso avevano fatto ricorso a tale iniziativa oltre 50.000 mutuatari con debiti residui pari a 6,3 miliardi. I provvedimenti statali avviati nel 2010 (il Fondo di solidarietà per i mutui per l’acquisto della prima casa e il Fondo di credito per i

nuovi nati) si vanno concludendo. Nonostante il recente avvio di due ulteriori iniziative pubbliche per il sostegno alle giovani coppie e agli studenti, il venir meno delle precedenti misure – rivolte a una più ampia platea di destinatari – potrebbe far emergere condizioni di vulnerabilità presso nuclei a basso red-dito e con un elevato servizio del debito.

Il rischio di un aumento significativo degli oneri finanziari è contenuto

Il venir meno delle iniziative di sostegno potrebbe pesare sulle condizioni finanziarie delle famiglie indebitate

Figura 2.2

Indebitamento delle famiglie (1)(in percentuale del reddito disponibile lordo)

0

30

60

90

120

150

180

2002 2010 2002 2010 2002 2010 2002 2010 2002 2010 2002 2010 2002 2010

Italia Francia Germania Spagna Area euro RegnoUnito

Stati Uniti

0

30

60

90

120

150

180

mutuicredito al consumoaltri prestiti

Fonte: Banca d’Italia e Istat per l’Italia; Eurostat e BCE per i paesi dell’area dell’euro; Central Statistical Office e Banca d’Inghilterra per il Regno Unito; Federal Reserve System - Board of Governors e Bureau of Economic Analysis per gli Stati Uniti.(1) I dati si riferiscono alle famiglie consumatrici e produttrici e includono le sofferenze; per gli Stati Uniti il dato si riferisce alle sole famiglie consumatrici.

Figura 2.3

Prestiti bancari per scadenza residua (1)(in percentuale del totale del settore)

0

10

20

30

40

50

60

70

80

famiglie totale economia0

10

20

30

40

50

60

70

80

fino a 1 annoda 1 a 2 annioltre 2 anni

Fonte: segnalazioni di vigilanza.(1) I dati si riferiscono a giugno 2011.

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Nei prossimi mesi i maggiori rischi per le condizioni finanziarie delle famiglie indebitate sono legati alla flessione della dinamica del reddito disponibile e a possibili ulteriori significativi aumenti dei tassi di interesse. Una analisi dell’im-patto che questi rischi potranno avere sui nuclei familiari più vulnerabili è con-tenuta nel riquadro: La vulnerabilità finanziaria delle famiglie indebitate.

I rischi sono legati soprattutto alla tenuta del reddito disponibile e all’aumento dei tassi di interesse

LA VULNERABILITÀ FINANZIARIA DELLE FAMIGLIE INDEBITATE

In questo riquadro si valuta la vulnerabilità delle famiglie indebitate a shock derivanti da un au-mento dei tassi di interesse o da una improvvisa riduzione del reddito. L’indicatore utilizzato è il rapporto tra il servizio del debito e il reddito disponibile; la soglia di attenzione per identificare le famiglie vulnerabili è stabilita al 30 per cento, in linea con le metodologie utilizzate nelle analisi sulla stabilità finanziaria condotte da autorità estere e con i criteri frequentemente seguiti dagli interme-diari finanziari nella concessione del credito.

In base ai dati dell’IBF, nel 2008 valori dell’indicatore superiori al 30 per cento si registravano per il 2,4 per cento delle famiglie totali (il 10,3 per cento di quelle indebitate) (1), cui faceva capo il 23,4 per cento dell’indebitamento complessivo (tavola). Nel quartile di reddito più basso le famiglie vulnerabili erano il 5,6 per cento e detenevano l’11,7 per cento dei debiti complessivi. Per l’insie-me delle famiglie vulnerabili, il rapporto tra le passività nette (debiti al netto di attività finanziarie e reali) e il debito del settore – un indicatore della perdita che le banche sopporterebbero in caso di insolvenza – era pari allo 0,65 per cento, ed era quasi interamente riconducibile alle famiglie a basso reddito. Calcolando le passività nette con l’inclusione delle sole attività reali (più facilmente acquisibili dagli intermediari finanziari nelle procedure di insolvenza), le perdite potenziali deri-vanti dai prestiti alle famiglie finanziariamente vulnerabili salgono allo 0,8 per cento dei prestiti al settore (2).

(1) Se la soglia di attenzione viene aumentata al 40 per cento, la quota di famiglie indebitate vulnerabili scende al 5 per cento, unvalore pari a circa un terzo di quello rilevato dalle indagini sulle famiglie in Spagna (nel 2008) e negli Stati Uniti (nel 2007).(2) Le perdite effettive subite dalle banche in caso di insolvenza delle famiglie vulnerabili potrebbero essere più elevate delle passi-vità nette, sia perché parte delle attività detenute dalla famiglie non sono assoggettabili alla procedura di recupero del credito, sia perché nelle vendite giudiziarie il valore delle attività è spesso ridimensionato.

Indicatori di vulnerabilità finanziaria delle famiglie con debito (1)(dati relativi al 2008; valori percentuali)

QUARTILI DI REDDITO

Quota di famiglievulnerabili (2)

Quota di famiglie indebitate vulnerabili (3)

Quota di debito delle famiglie vulnerabili (4)

Passività nette delle famiglie vulnerabili in percentuale del

debito complessivo delle famiglie (5)

1° quartile 5,6 28,4 11,7 0,54

2° quartile 1,9 7,9 5,2 0,11

3° quartile 1,2 5,2 3,2 0,0

4° quartile 1,0 3,8 3,3 0,0

Totale 2,4 10,3 23,4 0,65

Fonte: Banca d'Italia, Indagine sui bilanci delle famiglie italiane. (1) Le famiglie finanziariamente vulnerabili sono quelle con servizio del debito superiore al 30 per cento del reddito disponibile. Il reddito è espresso al lordo degli oneri finanziari. I quartili sono definiti in base al reddito equivalente. – (2) Percentuali sul numero di famiglie presenti in ogni quartile e nell’intero campione. – (3) Percentuali sul numero di famiglie indebitate presenti in ogni quartile e nell’intero campione. – (4) Percentuali sul debito complessivo delle famiglie. Il totale è pari alla somma dei dati riportati per riga. – (5) Le passività nette sono pari alla differenza tra passività e attività delle famiglie vulnerabili. Il totale è pari alla somma dei dati riportati per riga.

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Per valutare il grado di vulnerabilità finanziaria delle famiglie a shock al costo del debito o al reddito disponibile, si è stimata sotto diversi scenari sfavorevoli la quota di debito che nel 2012 sarebbe detenuto dalle famiglie vulnerabili.

Poiché i dati microeconomici dell’IBF si riferiscono al 2008, è stato necessario stimare il dato del reddito e dell’onere del debito relativi al 2010 (3). Per il 2011 e il 2012 si è delineato uno scenario di base, in cui si prevede che il reddito disponibile nominale delle famiglie cresca del 2,5 e dell’1,1 per cento rispettivamente (simulazioni effettuate con il modello trimestrale della Banca d’Italia, tenendo conto delle manovre di finanza pubblica del 2011). Si è inoltre ipotizzato che le tensioni già registra-te sul mercato del debito sovrano provochino, con un ritardo, un aumento dei tassi di interesse sui prestiti alle famiglie significativo, pari a circa 90 punti base nella seconda parte del 2011 e a oltre un punto percentuale nel 2012 (cfr. la nota 1 nel capitolo 3). Questo esercizio produce una stima della quota di debito detenuto dalle famiglie vulnerabili nel 2011 e nel 2012 (4) (5).

Per il 2012 sono stati considerati tre scenari alternativi connessi con possibili shock sfavorevoli. Nel primo scenario si è ipotizzato che il rendimento dei titoli di Stato a lunga scadenza cresca ulterior-mente, di 60 punti base nel quarto trimestre del 2011 (la metà dell’incremento osservato nel terzo trimestre), provocando nel 2012 un rialzo di 40 punti base dei tassi sui prestiti alle famiglie rispetto

Quota di debito detenuto dalle famiglie vulnerabili (1)(valori percentuali)

(a) famiglie totali (b) famiglie per quartili di reddito

2

5

8

11

14

2010 2011 2012 2010 2011 2012 2010 2011 2012 2010 2011 2012

1° quartile 2° quartile 3° quartile 4° quartile

2

5

8

11

14

scenario sfavorevole (A)+(B)scenario base

10

15

20

25

30

2008 2010 2011 2012 2012 2012 2012

aumentotassi (A)

calo delreddito

reale (B)

(A)+(B)

scenario base scenari sfavorevoli nel 2012

10

15

20

25

30

Fonte: elaborazioni su dati dell’Indagine sui bilanci delle famiglie italiane relativi all’anno 2008.(1) Per ottenere le previsioni del 2010, ai dati delle famiglie della IBF del 2008 sono state applicate le dinamiche di reddito, tassi di interesse e credito osservate a livello aggregato nel biennio 2009-2010. Per il 2011 e il 2012 sono ipotizzati quattro diversi scenari. Nello scenario base il reddito nominale delle famiglie cresce rispettivamente del 2,5 e dell’1,1 per cento; i tassi di interesse aumentano di 90 punti base nella seconda metà del 2011 e di oltre 1 punto percentuale nel 2012. Nello scenario di aumento dei tassi (A), si ipotizza che le tensioni sul mercato dei titoli di Stato si accentuino nel quarto trimestre del 2011, provocando nel 2012 un ulteriore rialzo dei tassi sui prestiti alle famiglie di 40 punti base. Nello scenario (B) il reddito reale delle famiglie consumatrici si riduce del 5 per cento nel 2012. Nello scenario finale (A+B) si combinano i due scenari precedenti. Nel pannello (b) le famiglie sono distinte in base al reddito equivalente.

(3) A tal fine, i redditi del 2008 sono stati proiettati in avanti sulla base degli andamenti osservati nella Rilevazione sulle forze di lavoro dell’Istat distinti per quartili di reddito; in un’altra simulazione si è tenuto conto della dinamica dell’andamento del tasso di disoccupazione e della Cassa integrazione guadagni. L’onere complessivo del debito delle famiglie è stato invece stimato in base all’evoluzione osservata dei tassi di interesse e del debito.(4) A fini di robustezza, l’esercizio è stato replicato sotto una serie di ipotesi tecniche alternative ugualmente plausibili, ed è stata selezionata la stima mediana.(5) Nelle simulazioni relative al 2011 e al 2012 sono stati innalzati unicamente i tassi di interesse sui nuovi mutui erogati nei due anni considerati. Il costo dei mutui a tasso variabile concessi negli anni precedenti (solitamente indicizzati al tasso Euribor) è stato invece mantenuto invariato; poiché le attese dei mercati sono di un calo del tasso Euribor nei prossimi mesi, tale ipotesi presumibilmente sovrastima l’onere del debito per le famiglie. I tassi sulle operazioni di credito al consumo sono stati aumentati, in ragione della breve durata dei contratti e della possibilità per le banche di rivedere le condizioni del prestito; esercizi di sensitività mostrano che lasciando invariati i tassi di interesse per una parte di questi contratti l’effetto sui risultati della simulazione è contenuto.

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Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011 BANCA D’ITALIA30 BANCA D’ITALIA Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011

2.2 La CoNDIzIoNE ECoNomICa E FINaNzIaRIa DELLE ImPRESE

I dati sulle imprese mostrano i primi effetti della debolezza della ripresa congiuntu-rale. Nel giugno del 2011 il margine operativo lordo (mOL) ha decelerato all’1,4 per cento, dal 3,3 dello scor-so dicembre. Il peso degli oneri finanziari sul mOL ha interrotto la discesa registra-ta nei mesi precedenti, atte-

standosi su livelli superiori a quelli precedenti la crisi (fig. 2.4). Il fabbisogno finanziario è aumenta-to, riflettendo una crescita dell’autofinanziamento inferiore a quella degli investimenti.

L’affievolirsi della ripresa ha inoltre influenzato il numero dei fallimenti aziendali, il cui tasso di crescita è tornato ad aumentare nel secondo tri-mestre del 2011; la manifattura e l’edilizia restano i settori con la maggiore incidenza di fallimenti, ma il recente peggioramento appare principal-mente ascrivibile alle imprese dei servizi.

Prosegue con lentezza il miglioramento dei tempi di pagamento nelle transazioni commerciali, il cui

La debolezza congiunturale frena la redditività delle imprese e ne accresce il fabbisogno

allo scenario base. Il secondo scenario alternativo assume che nel 2012 il reddito disponibile reale delle famiglie si riduca del 5 per cento, più di quanto osservato durante la recessione del 2009. L’ultimo scenario combina i due precedenti, valutando l’effetto congiunto nel 2012 di un maggiore aumento dei tassi di interesse e di una forte recessione. Le stime relative al 2010 indicano che la quota di debito delle famiglie vulnerabili sarebbe rimasta sostanzialmente invariata rispetto al 2008, attorno al 23 per cento (figura, pannello a), come risultato della riduzione del reddito reale delle famiglie controbilanciata dal calo del servizio del debito indotto dalla diminuzione dei tassi di interesse nel biennio 2009-2010. Per gli anni successivi, secondo lo scenario di base la quota del debito detenuto dalle famiglie vulnerabili aumenterebbe, raggiungendo un valore superiore al 27 per cento nel 2012 (quattro punti percentuali in più rispetto al 2010). Nello scenario sfavorevole di un maggiore aumento dei tassi di interesse la quota potrebbe aumentare sino a superare il 28 per cento nel 2012 (oltre un punto in più rispetto allo scenario base). Uno shock al reddito disponibile avrebbe un impatto simile. L’effetto cumulato dei due shock accrescerebbe la quota di debito delle famiglie vulnerabili fino a oltre il 29 per cento. Il pannello (b) della figura riporta i risultati dello scenario di base e quelli dell’effetto congiunto dei due shock, distinguendo le famiglie in base al quartile di reddito di appartenenza. L’analisi rivela che l’incremento della quota di debito osservato tra il 2010 e il 2012 nello scenario base è distribuito in maniera relativamente omogenea tra le diverse classi di reddito. Gli shock addizionali sembrerebbero colpire soprattutto le famiglie del terzo quartile. Il basso effetto sulle famiglie meno abbienti va letto con cautela, considerando che i redditi a livello familiare sono stati proiettati in avanti usando la di-namica del reddito aggregato, che potrebbe sovrastimare quella del reddito di queste famiglie. Nel complesso i risultati indicano un peggioramento degli indicatori di vulnerabilità nello scenario base, ma una modesta esposizione delle famiglie vulnerabili agli ulteriori shock considerati.

Figura 2.4

Oneri finanziari e fabbisogno finanziario delle imprese (1)

(valori percentuali)

'00 '01 '02 '03 '04 '06 '07 '08 '09 '10'05 '1120

35

50

65

80

10

14

18

22

26

fabbisogno finanziario/investimenti fissi

lordi (2)

oneri finanziari/margine operativo lordo (3)

Fonte: Banca d’Italia e Istat.(1) Stime basate sui dati dei conti economici nazionali del settore istituzion-ale delle società non finanziarie. I dati utilizzati nel calcolo degli indicatori sono pari alla somma dei quattro trimestri terminanti in quello di riferimento. – (2) Scala di sinistra. Il fabbisogno finanziario è dato dalla differenza fra inve-stimenti e autofinanziamento. – (3) Scala di destra.

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Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011 BANCA D’ITALIA BANCA D’ITALIA Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011 31

allungamento è stato uno dei sintomi delle ten-sioni reddituali e finanziarie durante la crisi: i dati relativi ai crediti commerciali smobilizzati dalle imprese presso il sistema finanziario mostrano che nel secondo trimestre del 2011 la quota di crediti pagati in ritardo si è ridotta al 13,2 per cento, dal 13,6 di fine 2010. L’indicatore è sceso nei com-parti dei servizi e dell’industria, ma è peggiorato in quello delle costruzioni (fig. 2.5).

Il sondaggio congiunturale condotto dalla Banca d’Ita-lia in settembre su un cam-pione di circa 4.000 impre-

se industriali e dei servizi avvalora l’indicazione di una stasi della condizione reddituale delle aziende italiane. Rispetto al 2010 è sostanzialmente stabile sia la quota di aziende con un fatturato in crescita (42 per cento), sia la percentuale di aziende che prevede di chiudere in utile il bilancio del 2011 (58 per cento, dieci punti in meno rispetto ai livel-li pre-crisi). Nell’ultimo biennio hanno mostrato difficoltà di recupero della redditività soprattutto le aziende del mezzogiorno, quelle con meno di 50 addetti e quelle operanti nel settore dei servizi. Sono risultate più frequenti rispetto all’anno scor-so le revisioni al ribasso dei piani di investimento, che le imprese attribuiscono principalmente a fat-tori finanziari, organizzativi e all’aumento dell’in-certezza sull’evoluzione del quadro macroecono-mico. Il fabbisogno di fondi esterni sarebbe au-mentato per il 28 per cento delle imprese.

Le aspettative per i prossimi mesi sono orientate a un peggioramento. Gli ordini e il fatturato sono previsti in rallentamento, soprattutto da parte degli esportatori, delle imprese di maggiore dimensione e di quelle mani-

fatturiere. Le attese sugli investimenti sono in calo, in particolare tra le aziende più piccole. Prevalgono aspettative di un peggioramento delle condizioni di accesso al credito, riferite sia al costo sia alla disponi-bilità di nuovi finanziamenti; questi timori sono diffusi principalmente tra le imprese di media dimensio-ne e tra quelle della manifattura e del commercio.

In prospettiva, i principali rischi per le imprese derivano dal rallentamento della con-giuntura economica e da un peggioramento nelle condizioni di finanziamento conse-guente alle tensioni sul fronte della raccolta bancaria. Nonostante il livello relativamen-te basso dei debiti finanziari in rapporto al PIL (fig. 2.6), il rischio di tasso di interesse delle imprese italiane è elevato, in ragione soprattutto dell’alta quota di debiti con sca-denze ravvicinate (circa il 60 per cento dei debiti bancari ha una scadenza inferiore a due anni), il cui rinnovo potrebbe consentire alle banche di aumentare i margini (cfr. il ri-quadro: L’esposizione delle imprese al peggioramento del quadro congiunturale). Contri-

buisce alla vulnerabilità delle imprese la scarsa diversificazione dei debiti, per oltre due terzi di fonte bancaria.

Il sondaggio presso le imprese conferma tensioni…

…e indica attese di peggioramento congiunturale

Il rallentamento dell’economia e il peggioramento delle condizioni di finanziamento sono i maggiori rischi per le imprese

Figura 2.5

Quota di crediti commerciali scaduti (1)(valori percentuali)

10

14

18

22

26

30

I II III IV I II III IV I II III IV I II III IV I II

2007 2008 2009 2010 2011

10

14

18

22

26

30

totale industria servizi costruzioni

(1) Dati basati sui crediti commerciali smobilizzati presso il sistema finanziario mediante operazioni di factoring, sconto di portafoglio o altre forme tecniche, e relativi ai soli titoli per i quali sia nota l’impresa debitrice.

Figura 2.6

Rapporto tra debiti finanziari delle imprese e PIL(valori percentuali)

0

30

60

90

120

150

Italia Francia Germania Spagna RegnoUnito

StatiUniti

0

30

60

90

120

150

2007

2010

Fonte: Banca d’Italia e Istat per l’Italia; Eurostat e BCE per i paesi dell’area dell’euro; Central Statistical Office per il Regno Unito; Federal Reserve System - Board of Governors e Bureau of Economic Analysis per gli Stati Uniti.

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Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011 BANCA D’ITALIA32 BANCA D’ITALIA Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011

L’ESPOSIZIONE DELLE IMPRESE AL PEGGIORAMENTO DEL QUADRO CONGIUNTURALE

In questo riquadro si esaminano diversi scenari relativi all’evoluzione delle condizioni finanziarie delle imprese nel 2011 e nel 2012, effettuando esercizi controfattuali al fine di valutare l’impatto di shock sfavorevoli. I risultati segnalano il rischio di un significativo peggioramento delle condizioni finan-ziarie delle imprese: la quota di aziende finanziariamente fragili potrebbe superare il valore raggiunto nel 2009.L’indicatore utilizzato per valutare le condizioni finanziarie delle imprese è il rapporto tra one-ri finanziari e mOL, che viene comunemente impiegato da analisti finanziari e banche per giudicare la capacità delle aziende di onorare i debiti. A fronte di soglie di attenzione gene-ralmente comprese tra il 50 e il 75 per cento, si utilizza una soglia del 50, al fine di effettuare una stima prudente della condizione finanzia-ria delle imprese (1).Per le oltre 500.000 aziende censite nell’ar-chivio Cerved, dal 2004 il rapporto medio tra oneri finanziari e mOL è progressivamente au-mentato, fino a toccare un massimo del 31,3 per cento nel 2008 (tavola), per poi scendere in parallelo con la riduzione del costo del credito. La dispersione attorno ai valori medi è ampia (come testimoniato dal forte divario del rap-porto per le imprese del primo quartile rispetto a quelle dell’ultimo) e in crescita negli anni più recenti (2). Indicazioni simili si ottengono con-siderando la quota di imprese con un rappor-to superiore al 50 per cento: il livello massimo (34,3 per cento) è stato raggiunto nel 2009; l’anno successivo la quota sarebbe tornata al 32,3 per cento, un valore ancora elevato rispetto agli anni precedenti la crisi.Sulla base dei bilanci relativi al 2010 è stata stimata la quota di imprese che nel 2011 o nel 2012 mostrerebbe oneri finanziari superiori al 50 per cento del mOL in diversi scenari macroeconomici. Nello scenario di base l’evoluzione aggregata del mOL, del credito e dei tassi sui prestiti bancari da applicare ai valori di bilancio delle singole imprese relativi al 2010 sono stimati mediante il modello econometrico della Banca d’Italia, tenendo conto delle recenti misure di aggiustamento dei conti pubblici (3). Gli scenari sfavorevoli, relativi al 2012, sono stati elaborati ipotizzando: a) una ridu-zione del mOL reale pari alla metà di quella osservata nella recessione del 2009; b) un maggiore incremento dei tassi sui prestiti bancari provocato da un ulteriore shock al rendimento dei titoli di

(1) Questa scelta è coerente con i risultati di analisi econometriche, secondo cui oltre tale soglia si riducono notevolmente l’intensità dell’accumulazione del capitale, la redditività e la capacità di finanziare gli investimenti con risorse generate all’interno dell’impresa. (2) L’ampiezza della dispersione riflette la preponderanza delle microimprese, tra le quali sono numerose sia quelle prive di debiti, sia quelle con mOL negativo.(3) Ai fini del calcolo degli oneri finanziari, le variazioni dei tassi di interesse sono applicate solo ai debiti a breve termine e ai nuovi debiti a medio e a lungo termine. I debiti a medio e a lungo termine preesistenti sono in larga parte indicizzati a tassi di mercato, quali l’Euribor a tre mesi, il cui livello non dovrebbe variare significativamente nei prossimi mesi in base alle indicazioni desumibili dai contratti futures.

Incidenza degli oneri finanziari sul MOL (1)(valori percentuali)

 

media 25° percentile mediana 75°

percentile

Quota di imprese con oneri finanziari sul MOL superiore al 50% (2)

2002 25,4 4,2 21,8 110,0 33,0

2003 26,0 4,3 21,2 108,1 32,5

2004 20,2 3,7 19,3 95,4 30,9

2005 21,8 3,4 18,5 91,7 30,6

2006 23,7 3,0 17,3 75,0 29,3

2007 25,0 3,0 18,8 80,7 30,4

2008 31,3 3,3 22,2 125,0 33,8

2009 25,0 2,9 20,3 300,0 34,3

2010 (3) 21,4 1,1 16,8 184,7 32,3

Fonte: elaborazioni su dati Cerved.(1) Per il calcolo dei percentili e della quota di imprese con un indicatore superiore al 50 per cento, alle imprese con MOL pari o inferiore a zero (circa un quinto del campione) è stato attribuito il valore del 99° percentile, cor-rispondente a un livello di oneri finanziari pari a circa quattro volte il MOL. − (2) Percentuali del numero totale di imprese. − (3) La disponibilità dei bilanci è limitata a circa 130.000 imprese; per le altre l’evoluzione degli oneri finanziari e del MOL è stata stimata in base ai dati di contabilità nazionale e dei conti finanziari.

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Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011 BANCA D’ITALIA BANCA D’ITALIA Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011 33

Stato (pari a 60 punti base, circa la metà di quello osservato nella scorsa estate); c) la combinazione dei due scenari precedenti (4).Nello scenario di base il mOL e i debiti finanziari crescerebbero a ritmi contenuti; i tassi di interesse bancari aumenterebbero notevolmente (di oltre 250 punti base nell’intero periodo; cfr. il par. 3.2). La quota di imprese finanziariamente fragili (con un rapporto tra oneri finanziari e mOL superiore alla soglia) salirebbe di circa due punti nel 2011 e di altri tre nell’anno successivo, raggiungendo un livello elevato (37,4 per cento; figura, pannello a). Le simulazioni relative agli scenari sfavorevoli ipotizzati nel 2012 indicano che sia il calo del mOL sia l’ulteriore aumento dei tassi bancari comporterebbero un peggioramento limitato della quota di aziende vulnerabili, poco più di mezzo punto percentuale rispetto allo scenario di base. Invece, qualora i due eventi sfavorevoli si verificassero simultaneamente, la percentuale di imprese vulnerabili risulterebbe più elevata di un punto e mezzo (38,9 per cento). In tutti gli scenari considerati la quota di imprese finanziariamente fragili crescerebbe in misura maggio-re tra le aziende piccole e medie (figura, pannello b). Il peggioramento risulterebbe inoltre accentuato per le imprese localizzate nelle regioni nord-orientali e per quelle dell’edilizia, della manifattura e dell’agricoltura.

Quota di imprese con un rapporto tra oneri finanziari e MOL superiore al 50 per cento (1)(valori percentuali)

(a) totale imprese (b) classi dimensionali

28

30

32

34

36

38

40

2010 2011 2012 2010 2011 2012 2010 2011 2012 2010 2011 2012

imprese micro imprese piccole imprese medie imprese grandi

28

30

32

34

36

38

40

scenario sfavorevole (A)+(B)scenario base

28

30

32

34

36

38

40

2009 2010 2011 2012 (A)riduzione

MOL

(B)aumento

tassi

(A)+(B)

scenario base scenari sfavorevoli nel 2012

28

30

32

34

36

38

40

Fonte: elaborazioni su dati Cerved. (1) Nello scenario di base per il 2011 e il 2012 il MOL cresce rispettivamente del 3,8 e del 3,4 per cento; i tassi di interesse aumentano di circa 90 e 170 punti base. Negli scenari sfavorevoli per il 2012 si è ipotizzato che il MOL nominale si riduca dell’1,8 per cento (scenario A), che i tassi bancari aumentino di 220 punti base (scenario B) e che si verifichino entrambe le variazioni (scenario A+B).

(4) In mancanza di previsioni sull’ammontare complessivo dei debiti finanziari delle imprese, le simulazioni sono state effettuate ipotizzando una crescita dei debiti finanziari (obbligazioni, finanziamenti erogati da banche italiane ed estere o da altri soggetti) pari a quella prevista per i prestiti delle banche italiane (cfr. il par. 3.2). Considerando una crescita dei debiti finanziari inferiore o superiore della metà di quella dei debiti bancari, la quota di imprese con un peso elevato degli oneri finanziari si modifica di circa mezzo punto percentuale.

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Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011 BANCA D’ITALIA34 BANCA D’ITALIA Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011

IL SISTEma BaNCaRIo E FINaNzIaRIo33.1 La vaLUTazIoNE DEL mERCaTo SULLE BaNChE ITaLIaNE

La crisi del debito sovrano si sta ripercuotendo sulle banche europee. La pubblica-zione, in luglio, dei risultati delle prove di stress non ha rassicurato gli investitori. Per le banche italiane tensioni sono segnalate dall’aumento dei premi sui credit default swap (CDS) e dei tassi attesi di insolvenza desunti dai mercati azionari

(figg. 3.1.a e 3.1.b). La dilatazione dei premi per il rischio (fig. 3.1.c) e il calo degli utili attesi (fig. 3.1.d) comprimono il rapporto tra valore di mercato e valore di bilancio delle banche italiane, oggi su livelli molto bassi. Tensioni significative investono anche le altre principali banche europee, provocando un generalizzato peggioramento degli indicatori di rischio sistemico a livello internazionale (cfr. il riquadro: Gli indicatori di dipendenza tra banche).

Gli indicatori desunti dai mercati segnalano timori di nuove tensioni

GLI INDICATORI DI DIPENDENZA TRA BANCHE

I movimenti delle azioni delle principali banche italiane mostrano un elevato grado di sincronia, come risulta sia dagli indici di correlazione dei rendimenti (fig. A.a) sia da misure di dipendenza in caso di forte contrazione dei prezzi di borsa (fig. A.b). Correlazioni elevate si riscontrano anche tra i corsi azionari delle maggiori banche europee e statunitensi. La sincronia riflette sia fattori di rischio comuni – quali il peggioramento delle prospettive di crescita, le difficoltà di reperire fondi a medio e a lungo termine, l’esposizione verso i debitori privati o pubblici nei paesi colpiti dalla crisi – sia la stretta inter-connessione tra i sistemi finanziari nazionali (cfr. il riquadro: Interconnessione finanziaria in Europa).

Figura A

Banche italiane: indicatori di comovimento dei corsi azionari

(a) indici di correlazione (1) (b) valore atteso del numero di banchecon forte contrazione dei prezzi di borsa (5)

2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 20111,4

1,6

1,8

2,0

2,2

2,4

2,6

2,8

-7

-6

-5

-4

-3

-2

-1

0

numero di banche (6)

variazione dei prezzi (7)

2010200920082007200620052004200320022001 20110,0

0,2

0,4

0,6

0,8

1,0

0,0

0,2

0,4

0,6

0,8

1,0

tutte le banche (2)prime 5 banche (3)prime 3 banche (4)

Fonte: elaborazioni su dati Thomson Reuters Datastream.(1) Dati giornalieri. Media semplice delle correlazioni tra i rendimenti azionari di coppie di banche calcolate su dati giornalieri e finestre mobili di 6 mesi. – (2) Banche incluse nell’indice FTSE Italia All-share. – (3) UniCredit, Intesa Sanpaolo, Banca Monte dei Paschi di Siena, Unione di Banche Italiane e Banco Popolare. – (4) UniCredit, Intesa Sanpaolo e Banca Monte dei Paschi di Siena. – (5) Campione di 5 banche composto da: UniCredit, Intesa Sanpaolo, Banca Monte dei Paschi di Siena, Unione di Banche Italiane e Banco Popolare. – (6) Scala di sinistra. Valore atteso del numero di banche del campione che registrerebbero rendimenti azionari inferiori al 5° percentile della loro distribuzione (stimata sull’ultimo anno) qualora almeno una di esse avesse rendimenti inferiori a tale soglia. – (7) Scala di destra. Valori percentuali. Variazione media dei corsi azionari delle banche incluse nel campione condizionatamente al fatto che la variazione del prezzo di almeno una di esse risulti inferiore al 5° percentile della propria distribuzione.

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Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011 BANCA D’ITALIA BANCA D’ITALIA Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011 35

Utilizzando modelli statistici è possibile stimare, a partire dalle quotazioni dei CDS a cinque anni, la probabilità che più intermediari si trovino contemporaneamente in una situazione di difficoltà (joint probability of distress, JPoD) (1). Rispetto al marzo del 2011 la probabilità di una crisi finanziaria è aumentata per tutti i sistemi bancari considerati (fig. B). L’incremento è stato considerevole per le mag-giori banche portoghesi, che in alcune fasi hanno toccato valori prossimi al 20 per cento. Dall’estate la JPoD è aumentata per le banche italiane e, in misura minore, per quelle francesi e spagnole. Alla fine di ottobre le JPoD si attestavano al 5,8 per cento per l’Italia, al 4,9 per la Spagna, al 3,9 e 3,4 rispetti-vamente per la Francia e il Regno Unito e al 2,8 per le banche tedesche.

(1) La JPoD viene stimata con metodologie non parametriche (Consistent Information Multivariate Density Optimizing) in grado di cogliere le interazioni (lineari e non) tra un numero, anche ampio, di banche (cfr. m. A. Segoviano e C. Goodhart, Banking Stability Measures, «ImF Working Paper», 4, 2009).

Figura B

Probabilità congiunta di tensione (JPoD) per le maggiori banche internazionali (1)(dati giornalieri; valori percentuali)

201120100

2

4

6

8

10

12

14

16

18

20

0

2

4

6

8

10

12

14

16

18

20

Italia Francia Regno Unito Germania Portogallo Spagna

Inasprimento della crisi in

IrlandaPubblicazione risultati stress test europei

Crisi debito sovrano in Grecia

Crisi di governo in Portogallo e downgrade

del debito pubblico

Pubblicazione risultati stress test europei (15 luglio); annuncio ampliamento fondo EFSF (21 luglio)

Fonte: elaborazioni su dati Bloomberg.(1) Italia: UniCredit, Intesa Sanpaolo; Francia: BNP Paribas, Societé Générale; Germania: Deutsche Bank, Commerzbank; Portogallo: Banco Espirito Santo, Banco Comercial Portugues; Regno Unito: Barclays, Royal Bank of Scotland; Spagna: Santander, Banco Bilbao Vizcaya Argentaria. Per ciascuno dei paesi sono state selezionate le prime due banche caratterizzate da un’elevata liquidità dei contratti di credit default swap.

Figura C

Indicatore di stabilità del sistema bancario internazionale (BSI) relativo a 10 grandi gruppi bancari cross-border (1)

(dati giornalieri)

201120103,0

3,5

4,0

4,5

5,0

5,5

6,0

3,0

3,5

4,0

4,5

5,0

5,5

6,0

Inasprimento della crisi in

Irlanda

Pubblicazione risultati stress test europei

Crisi debito sovrano in Grecia Crisi di governo in

Portogallo e downgrade del debito pubblico

Pubblicazione risultati stress test europei (15 luglio); annuncio ampliamento fondo EFSF

(21 luglio)

Fonte: elaborazioni su dati Bloomberg.(1) Sull’asse delle ordinate si riporta il numero di banche. I 10 grandi gruppi sono: UniCredit, Intesa Sanpaolo, Banca Monte dei Paschi di Siena, Santander, BNP Paribas, Deutsche Bank, UBS, Barclays, Lloyds TSB, Citigroup.

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Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011 BANCA D’ITALIA36 BANCA D’ITALIA Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011

Indicazioni di un aumento del rischio sistemico nel settore bancario internazionale si ricavano anche dal banking stability index (BSI), che fornisce una stima del numero di grandi banche inter-nazionali che entrerebbero in crisi nel caso in cui almeno una di esse si trovasse in gravi difficol-tà. Con riferimento a un campione di dieci grandi gruppi bancari internazionali con operatività cross-border, il BSI ha subito un forte incremento nell’agosto del 2011, raggiungendo il valore di 5,5 (fig. C). Alla fine di ottobre, quando la probabilità che almeno una delle banche del campione si potesse trovare in difficoltà era stimata al 9,4 per cento, l’indice si collocava intorno a 5, un va-lore già toccato dopo il dissesto di Lehman Brothers nel 2008.

Figura 3.1

Banche quotate italiane nel confronto internazionale (1)

(a) premi sui CDS (2) (b) tassi attesi di insolvenza (3)

201120100,0

0,5

1,0

1,5

2,0

2,5

3,0

0,0

0,5

1,0

1,5

2,0

2,5

3,0

EDF mediana per le banche europeeEDF mediana per le banche statunitensiEDF mediana per le banche italiane

201120100

200

400

600

800

1.000

1.200

1.400

0

200

400

600

800

1.000

1.200

1.400

Italia Francia Germania

Portogallo Regno Unito Spagna

(c) determinanti dei rendimenti delle azioni bancarie nel 2011 (4) (d) utili attesi a 12 mesi (5)

2006 2007 2008 2009 2010 20110

50

100

150

200

250

300

0

50

100

150

200

250

300

Italia Europa Stati Uniti

-60

-45

-30

-15

0

15

Regno Unito Germania Francia Italia-60

-45

-30

-15

0

15

variazione totale contributo degli utilicontributo dei tassi di interesse contributo del premio per il rischio

Fonte: elaborazioni su dati Bloomberg, FTSE, IBES, Thomson Reuters Datastream e Moody’s KMV.(1) Nel pannello (a) sono incluse le seguenti banche: per l’Italia: UniCredit, Intesa Sanpaolo, Banca Monte dei Paschi di Siena; Francia: BNP Paribas, Société Générale, Crédit Agricole; Germania: Deutsche Bank, Commerzbank; Portogallo: Banco Espirito Santo, Banco Comercial Portugues; Regno Unito: Barclays, Royal Bank of Scotland, HSBC, Lloyds; Spagna: Santander, Banco Bilbao Vizcaya Argentaria. Nei pannelli (b) e (d) i dati si riferiscono al se-guente campione di banche: per l’Italia, UniCredit, Intesa Sanpaolo, Banca Monte dei Paschi di Siena; per l’Europa, UniCredit, Intesa Sanpaolo, Banca Monte dei Paschi di Siena, BNP Paribas, Société Générale, Crédit Agricole, Dexia, Deutsche Bank, Commerzbank, ING, Banco Santander, Banco Bilbao Vizcaya Argentaria, HSBC, Barclays, Royal Bank of Scotland, Lloyds, UBS, Credit Suisse; per gli Stati Uniti, Citigroup, JPMorgan Chase, Bank of America, Goldman Sachs e Morgan Stanley. Nel pannello (c), dati riferiti alle banche quotate incluse negli indici FTSE. – (2) Dati giornalieri, punti base. Premi sui CDS a 5 anni. – (3) Dati giornalieri, in punti percentuali. I tassi attesi di insolvenza (expected default frequencies, EDF), calcolati sulla base del prezzo e della volatilità dei titoli azionari degli intermediari cui si riferiscono, misurano la probabilità che il valore di mercato delle attività risulti inferiore a quello delle passività in un orizzonte di un anno. – (4) Valori percentuali. La scomposizione del rendimento nei contributi delle tre determinanti fondamentali (utili attesi, tassi a lungo termine e premio per il rischio) viene effettuata ipotizzando che il premio per il rischio sia pari alla differenza fra il rendimento nominale delle azioni (pari al rapporto fra gli utili per azione previsti dagli analisti finanziari del panel IBES per i 12 mesi successivi e l’indice azionario) e il tasso sui titoli di Stato decennali. – (5) Media semplice degli utili per azione attesi nei 12 mesi successivi. Dati settimanali. Indici: ultimo dato del 2008=100. I dati relativi alle banche britanniche e svizzere sono convertiti in euro.

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Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011 BANCA D’ITALIA BANCA D’ITALIA Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011 37

3.2 IL CREDITo

Il finanziamento dell’economia

La dinamica del credito al settore privato si è stabilizzata dall’estate, in conco-mitanza con l’affievolirsi della ripresa congiunturale, che in precedenza aveva alimentato il recupero dei finanziamenti alle imprese (fig. 3.2.a). L’andamento recente potrebbe in parte riflettere la crescente cautela adottata dalle banche nelle scelte di affidamento e le loro difficoltà nel reperire fondi a medio e a lun-

go termine. Questa interpretazione è coerente sia con l’aumento dei tassi attivi (fig. 3.2.b), tuttora contenuto ma superiore (soprattutto per le imprese) a quanto sarebbe giustificato dalla dinamica dei tassi di mercato, sia con le risposte fornite dagli intermediari italiani nell’ambito dell’indagine sul credito (Bank Lending Survey). Segnali di maggiore prudenza delle politiche di offerta delle banche italiane sono desumibili anche dalle indagini presso le imprese. Indicazioni non dissimili emergono per l’intera area dell’euro.

In base a nostre stime, nei prossimi mesi la dinamica dei prestiti alle imprese rimarrebbe sui livelli attuali, sostenuta dal fabbisogno di fondi necessario a fi-nanziare gli investimenti (fig. 3.3.a); si ridurrebbe poi gradualmente per effetto dell’indebolimento dell’attività produttiva e dell’aumento del costo del credito indotto dal recente rialzo dei tassi sui titoli di Stato. I mutui concessi alle fami-glie per l’acquisto di abitazioni continuerebbero a crescere a ritmi analoghi a quelli odierni (fig. 3.3.b), riflettendo principalmente la tenuta delle quotazioni

immobiliari. Il quadro congiunturale sottostante queste stime incorpora l’effetto delle misure di ag-giustamento fiscale varate nell’estate e dell’aumento dei tassi sul debito sovrano italiano; si ipotizza inoltre che i tassi sui titoli di Stato registrino un’evoluzione coerente con le attese di mercato implici-

La crescita del credito si è stabilizzata; sono in aumento i tassi attivi

Nel 2012 il credito alle imprese rallenterebbe; la crescita dei mutui alle famiglie resterebbe robusta

Figura 3.2

Evoluzione del credito e dei tassi di interesse

(a) credito al settore privato non finanziario in Italia (1)

(dati mensili; variazioni percentuali sui 3 mesi annualizzate)

(b) tassi di interesse sui nuovi prestiti in Italia e nell’area dell’euro (2)

(dati mensili; valori percentuali)

201120101,5

2,0

2,5

3,0

3,5

4,0

1,5

2,0

2,5

3,0

3,5

4,0

Italia: tasso medio nuove erogazioni mutui alle famiglieArea euro: tasso medio nuove erogazioni mutui alle famiglieItalia: tasso medio nuove erogazioni alle impreseArea euro: tasso medio nuove erogazioni alle imprese

2006 2007 2008 2009 2010 2011-4

0

4

8

12

16

-4

0

4

8

12

16

società non finanziariefamigliesettore privato non finanziario

Fonte: elaborazioni su dati Banca d’Italia e BCE. (1) Le variazioni percentuali sono calcolate al netto di riclassificazioni, variazioni del cambio, aggiustamenti di valore e altre variazioni non derivanti da transazioni. I prestiti includono anche una stima di quelli non rilevati nei bilanci bancari in quanto cartolarizzati. I dati sono depurati della componente stagionale, quando presente. – (2) I tassi di interesse si riferiscono a operazioni in euro e sono raccolti ed elaborati secondo la metodologia armonizzata dell’Eurosistema.

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Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011 BANCA D’ITALIA38 BANCA D’ITALIA Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011

te nell’attuale struttura a termine e che le loro variazioni si trasmettano gradualmente ai tassi sugli impieghi praticati a imprese e famiglie (1).

Vari fattori potrebbero frenare la crescita prevista del credito. La prosecuzione delle attuali tensioni sul fronte della raccolta bancaria all’ingrosso (cfr. il par. 3.3) potrebbe far emergere fenomeni di razionamento (non considerati nelle stime), in linea con quanto registrato nei trimestri successivi al dissesto di Lehman Brothers.

La crescita dei mutui alle famiglie potrebbe essere inoltre frenata sia da un indebolimento del mercato immobiliare italiano, le cui prospettive restano ca-ratterizzate da ampia incertezza (cfr. il capitolo 1), sia da un peggioramento delle condizioni finan-ziarie delle famiglie (cfr. il capitolo 2).

La qualità del credito

Il flusso dei prestiti in soffe-renza in rapporto agli im-pieghi complessivi è sceso al di sotto dei picchi toccati

nel 2009-2010, e si situa su valori inferiori alla metà di quelli osservati all’indomani della reces-sione dei primi anni novanta (fig. 3.4). La nuova fase di debolezza dell’economia italiana potrebbe però frenare il calo del flusso di sofferenze, ren-dendo assai lento il ritorno ai livelli pre-crisi.

(1) Nostre stime indicano che un aumento dello spread sovrano ha effetti non lineari sui tassi attivi bancari: incrementi superiori a una certa soglia (attualmente superata) si trasmettono al costo del credito alle imprese per circa la metà entro un trimestre e per intero nell’arco di un anno; la trasmissione è più lenta e incompleta per i mutui alle famiglie.

I rischi di questo scenario sono al ribasso

Si riduce il flusso di nuove sofferenze in rapporto ai prestiti

Figura 3.3

Prestiti bancari in Italia (1)(dati trimestrali; variazioni percentuali sul trimestre corrispondente)

(a) prestiti alle società non finanziarie (b) prestiti alle famiglie per l’acquisto di abitazioni

10°-20° percentile e 80°-90° percentile 20°-30° percentile e 70°-80° percentile 30°-40° percentile e 60°-70° percentile

40°-60° percentile Simulazione di base

20102007 2008 2009 201320122011-4

0

4

8

12

16

-4

0

4

8

12

16

200920082007 2010 2011 2012 2013-4

0

4

8

12

16

-4

0

4

8

12

16

(1) I prestiti includono anche una stima di quelli non rilevati nei bilanci bancari in quanto cartolarizzati. La distribuzione di probabilità delle previsioni (che consente di valutare la dimensione dei rischi che caratterizzano la previsione di base) è stata calcolata sulla base di simulazioni stocastiche effettuate con estrazioni casuali della distribuzione degli shock del modello econometrico trimestrale della Banca d’Italia. La distribuzione viene rappresentata graficamente, per classi di percentili.

Figura 3.4

Tasso di ingresso in sofferenza (1)(valori percentuali)

'90 '91'92 '93 '94 '95'96 '97 '98 '99 '00 '01 '02 '03 '04 '05 '06 '07 '08 '09'10'110

1

2

3

4

5

0

1

2

3

4

5

famiglie consumatriciimprese

totale economia

Fonte: segnalazioni di vigilanza e Centrale dei rischi.(1) Flusso trimestrale di sofferenze rettificate in rapporto alle consistenze dei prestiti alla fine del trimestre precedente; dati annuali fino al 4° trimestre 1995. Dati depurati dalla componente stagionale, dove presente, e riportati ad anno.

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Questa ipotesi è coerente con gli indicatori prospettici della qualità degli impieghi. In primo luogo, l’in-dice della qualità del credito, basato sulla transizione dei prestiti alle imprese non finanziarie tra le diverse classificazioni qualitative del credito, ha continuato a risalire ma il miglioramento si è quasi arrestato nel primo semestre del 2011 (fig. 3.5.a). Inoltre, le stime delle probabilità di ingresso in sofferenza delle imprese mostrano anch’esse un miglioramento, ma contenuto (fig. 3.5.b). Infine, la quota degli impieghi verso soggetti in temporanea difficoltà (i cosiddetti incagli) nei mesi più recenti è rimasta pressoché stabi-le sia per le imprese (intorno al 6,0 per cento; fig. 3.5.c), sia per le famiglie (al 2,3 per cento).

Nostre stime indicano che per le imprese il miglioramento del flusso di sofferenze proseguirebbe per tutto il 2012 (fig. 3.6 a), riflettendo con gli usuali ritardi la ri-presa dell’attività produttiva registrata tra il 2010 e il 2011. La successiva inversio-ne di tendenza sarebbe ascrivibile alla risalita degli oneri finanziari delle imprese, nell’ipotesi che il costo del credito aumenti significativamente a causa del persiste-re delle tensioni sul debito sovrano. Per le famiglie, il tasso di ingresso in sofferen-

za si ridurrebbe fino alla fine del 2013 (fig. 3.6.b), come effetto della tenuta del mercato immobiliare ipotizzata nello scenario di riferimento.

Queste stime sono connotate da elevata incertezza. Nel complesso i rischi del quadro previsivo appaiono al rialzo, in relazione soprattutto al rallentamento in atto dell’attività produttiva e al possibile peggiora-mento delle condizioni dei mercati finanziari.

In base alle relazioni consolidate dei primi cinque gruppi bancari italiani, nello scorso giugno i crediti deteriorati mostravano un rallentamento, al 4,4 per cento (tav. 3.1), dal 7,3 del giugno 2010. Al netto delle rettifiche di valore, essi sono rimasti stabili al 60 per cento del patrimonio di vigilanza. Per i crediti in sofferen-

Il calo delle nuove sofferenze proseguirebbe nel 2012, ma con rischi al rialzo

Rallentano i crediti deteriorati delle maggiori banche

Figura 3.5

Indicatori della qualità del credito

(a) passaggi dei crediti tra le diverse classificazioni (1)

(in percentuale dei prestiti di inizio periodo)

(b) probabilità di ingresso in sofferenza entro un anno (2)

(valori percentuali)

(c) quota dei prestiti verso imprese in temporanea difficoltà (3)

(valori percentuali)

20102009200820072006 20110

1

2

3

4

5

6

7

8

0

1

2

3

4

5

6

7

8

banche maggiori banche grandi e mediebanche piccole banche minoritotale

-5,0-5,1-5,5

-6,6

-5,9

-3,8

-2,5-2,1

-8

-6

-4

-2

0

2

dic.07

giu.08

dic.08

giu.09

dic.09

giu.10

dic.10

giu.11

-8

-6

-4

-2

0

2

peggioramenti miglioramenti saldo

0

1

2

3

4

5

NordOvest

NordEst

Centro Sud Isole Totaleimprese

0

1

2

3

4

5

giugno 2010 giugno 2011

Fonte: Centrale dei rischi e bilanci societari.(1) L’indice considera i passaggi dei crediti alle imprese tra le diverse classificazioni del credito (prestiti privi di anomalie, sconfinamenti, crediti scaduti, ristrutturati, incagliati o in sofferenza). Esso è calcolato come il saldo tra la quota di finanziamenti la cui qualità è peggiorata nei 12 mesi precedenti e quella dei crediti che hanno registrato un miglioramento. – (2) Le probabilità di ingresso in sofferenza sono stimate con riferimento a circa 800.000 società di capitali sulla base di indicatori di vul-nerabilità tratti dai bilanci aziendali e di indicatori di tensione finanziaria relativi ai rapporti creditizi. – (3) Includono sia i prestiti verso affidati classificati dagli intermediari come incagli sia i prestiti ristrutturati. La suddivisione in classi dimensionali è effettuata sulla base della composizione dei gruppi bancari a ottobre 2011 e del totale dei fondi intermediati non consolidati a dicembre 2008. Banche maggiori: banche appartenenti ai gruppi UniCredit, Intesa Sanpaolo, Banca Monte dei Paschi di Siena, Unione di Banche Italiane, Banco Popolare. Banche grandi e medie: banche appartenenti a gruppi o indipendenti con totale dei fondi intermediati compresi tra 21.532 e 182.052 milioni di euro. Banche piccole: banche appartenenti a gruppi o indipendenti con totale dei fondi intermediati compresi tra 3.626 e 21.531 milioni di euro. Banche minori: banche appartenenti a gruppi o indipendenti con totale dei fondi intermediati inferiori a 3.626 milioni di euro. Sono escluse le filiali di banche estere.

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za, il tasso di copertura (ossia il rapporto tra le rettifiche e l’ammontare lordo delle sofferenze) era pari al 57,9 per cento, cinque punti percentuali al di sotto del valore medio registrato nel triennio 2006-08; si stima che per riportare il tasso di copertura sui livelli pre-crisi sarebbero necessari ulteriori accantona-menti per circa 4 miliardi (lo 0,3 per cento delle esposizioni creditizie).

Le esposizioni al rischio sovrano nell’area dell’euro

Lo scorso giugno l’esposizione in crediti e titoli delle banche italiane verso Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna ammontava a 36 miliardi, pari all’1,3 per cento delle attività totali (tav. 3.2); all’interno di questo aggregato, i titoli di Stato sono pari a 5,6 miliardi, un importo molto contenuto nel confronto internazionale. Il valore degli strumenti finanziari emessi nei quattro paesi e depositati presso le banche italiane dalla clientela (a titolo di custodia, amministrazione o gestione di portafo-

gli) ammonta a 21,5 miliardi e al 2,1 per cento del complesso dei titoli obbligazionari detenuti in depo-sito. Questo valore, sebbene contenuto, potrebbe comportare rischi reputazionali per gli intermediari.

L’esposizione delle banche italiane verso Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna è bassa

Figura 3.6

Tasso di ingresso in sofferenza (1)(valori percentuali, medie mobili su 4 trimestri)

(a) prestiti alle imprese (b) prestiti alle famiglie

10°-20° percentile e 80°-90° percentile 20°-30° percentile e 70°-80° percentile 30°-40° percentile e 60°-70° percentile

40°-60° percentile Simulazione di base

2007 20102008 2009 2011 201320120,5

1,0

1,5

2,0

2,5

3,0

0,5

1,0

1,5

2,0

2,5

3,0

20102007 2008 2009 2011 2012 20130,5

1,0

1,5

2,0

2,5

3,0

0,5

1,0

1,5

2,0

2,5

3,0

Fonte: segnalazioni di vigilanza e Centrale dei rischi.(1) Flusso trimestrale di sofferenze rettificate in rapporto alle consistenze dei prestiti alla fine del trimestre precedente. Dati depurati dalla componente stagio-nale, dove presente. La distribuzione di probabilità delle previsioni (che consente di valutare la dimensione e la direzione dei rischi che caratterizzano la previ-sione di base) è stata calcolata sulla base di simulazioni stocastiche effettuate con estrazioni casuali dalla distribuzione degli shock del modello econometrico trimestrale della Banca d’Italia; essa viene rappresentata graficamente, per classi di percentili.

Tavola 3.1

Qualità del credito erogato dai 5 maggiori gruppi bancari italiani (1)(milioni di euro e valori percentuali)

 Valore

Variazione percentuale rispetto a

dicembre 2010

Quota sul totale dei crediti verso clientela Tasso di copertura (2)

  giu. 2011 dic. 2010 giu. 2011 dic. 2010 giu. 2011

Esposizioni lorde deteriorate 151.515 4,4 10,7 11,1 41,3 42,0

sofferenze 86.175 7,0 5,9 6,3 57,7 57,9incagli 42.739 -0,8 3,2 3,1 24,6 24,6esposizioni ristrutturate 15.134 7,5 1,0 1,1 14,3 15,6esposizioni scadute deteriorate 7.467 0,7 0,5 0,5 11,3 10,8

Fonte: comunicati stampa, relazioni e presentazioni degli intermediari agli analisti.(1) UniCredit, Intesa Sanpaolo, Banca Monte dei Paschi di Siena, Banco Popolare, Unione di Banche Italiane. Crediti verso clientela ordinaria, al lordo delle rettifiche di valore. – (2) Il tasso di copertura è dato dall'ammontare delle rettifiche di valore in rapporto alla corrispondente esposizione lorda.

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Nello scorso giugno l’esposizione complessiva (sotto forma sia di crediti sia di titoli) dei cinque mag-giori gruppi bancari nazionali verso lo Stato italiano ammontava a 173 miliardi di euro (pari al 63 per cento dell’esposizione complessiva verso gli Stati sovrani) e al 9,5 per cento delle attività complessive. La componente costituita da titoli di Stato era di 128 miliardi, di cui poco più di un terzo era detenuto per finalità di negoziazione (trading book).

Le attività sull’estero

L’esposizione in crediti e titoli dei gruppi bancari italiani verso non residenti am-monta a 668 miliardi di euro, il 4,4 per cento in meno rispetto a un anno prima (tav. 3.3). Tre quinti delle attività estere fanno capo a unità insediate nel paese della controparte, per lo più filiazioni; il 90 per cento fa capo ai due maggiori gruppi

bancari, che operano attraverso banche locali sia all’interno sia all’esterno dell’area dell’euro. Per questi due intermediari le attività estere rappresentano il 45 per cento del totale dei crediti e dei titoli in portafoglio.

Tra le esposizioni estere sono aumentate quelle nei confronti dei paesi dell’Euro-pa centrale e orientale, dove i gruppi bancari italiani presentano un’operatività rilevante e dove le prospettive economiche sono positive (secondo le stime del Fondo monetario internazionale la crescita media sarebbe del 4,3 e 2,7 per cento rispettivamente nel 2012 e nel 2013, con andamenti sostanzialmente omogenei tra paesi). In relazione a queste prospettive, e al buon andamento dell’economia

Le attività sull’estero mostrano una lieve riduzione…

...con un aumento di quelle verso i paesi dell’Europa centrale e orientale, con buone prospettive economiche…

Tavola 3.2

Esposizioni dei gruppi e delle banche italiane verso residenti nei paesi dell’area dell’euro per settore di controparte (1)

(miliardi di euro al 30 giugno 2011)

PAESI  Settore pubblico Banche Società

finanziarieFamiglie

e imprese Totale

In percentuale sul totale

delle esposizioni segnalate

alla BRI (2)

Italia 262,9 125,3 106,1 1.463,6 1.957,8 301,3

Germania 36,8 39,6 15,9 97,3 189,5 15,6

Austria 10,0 9,5 2,0 55,4 76,9 38,5

Francia 1,7 21,0 3,7 8,0 34,4 3,7

Spagna 4,4 4,7 4,8 6,9 20,8 4,1

Lussemburgo 0,4 4,6 10,1 3,7 19,0 5,1

Paesi Bassi 0,3 5,0 6,6 6,2 18,1 3,2

Irlanda 0,4 3,1 6,3 0,6 10,4 3,2

Portogallo 0,4 1,3 0,2 0,8 2,7 1,9

Grecia 1,3 0,1 0,1 1,1 2,6 2,9

Altri (3) 4,3 2,5 1,1 17,3 25,2 4,2

Totale 323,0 216,7 156,9 1.661,0 2.357,5

Fonte: segnalazioni di vigilanza consolidate per i gruppi bancari; segnalazioni individuali per le banche non appartenenti a un gruppo.(1) Esposizione verso il “debitore ultimo”, al lordo delle sofferenze e al netto delle svalutazioni. – (2) In percentuale del totale delle esposizioni estere a fine giugno 2011 verso ciascun paese segnalate alla BRI da un ampio gruppo di intermediari internazionali. – (3) La voce include: Slovenia, Slovacchia, Belgio, Finlandia, Cipro, Malta.

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osservato in alcuni paesi, i due maggiori gruppi bancari italiani hanno adeguato il flusso complessivo delle rettifiche in rapporto alla consistenza dei prestiti, portandolo a 151 punti base (da 180 nel 2010). Essi hanno seguito politiche particolarmente prudenti laddove i rischi creditizi sono più elevati (in Ucraina, Romania e Ungheria le svalutazioni apportate sono pari a 382, 321 e 316 punti base, rispet-tivamente). La consistenza delle rettifiche sui crediti deteriorati nel complesso dei paesi di quest’area rimane elevata (circa il 70 per cento per le sofferenze).

La crisi finanziaria e il rallentamento economico nell’area dell’euro potrebbero avere effetti negativi su queste economie. Inoltre, la situazione finanziaria di famiglie e

imprese rimane fragile, anche a causa dell’elevata percentuale di prestiti espressi in valute diverse da quella locale (circa il 47,8 per cento del totale per il complesso dell’area, senza considerare i crediti in valuta loca-le indicizzati a valute estere, per i quali non sono disponibili informazioni) (2). Infine, le quotazioni sul mercato immobiliare nell’area si caratterizzano tuttora per un andamento cedente, sebbene si osservino primi segnali di normalizzazione, in particolare in Polonia. In sintesi, il deterioramento della qualità del credito rimane il principale fattore di rischio per l’attività bancaria in questi paesi.

(2) Tra i principali paesi, l’incidenza è particolarmente elevata in Romania, Serbia, Ungheria, Bulgaria e Croazia (60 per cento o più), più contenuta in Polonia, Slovenia e nella Repubblica Slovacca (sotto il 25 per cento). Alla crescita della quota di prestiti in valuta estera osservata a partire dalla metà dello scorso decennio si associa anche l’aumento (particolarmente significativo in paesi come Lettonia, Romania e Lituania) del rapporto tra impieghi e depositi.

...ma non senza rischi

Tavola 3.3

Esposizione consolidata dei gruppi bancari e delle banche italiane verso non residenti (1)(miliardi di euro)

  30 giugno 2010 30 giugno 2011

Variazioni percentuali

crediti e titoli

In percentuale sul totale

delle esposizioni segnalate

alla BRI (2)  Crediti e titoli

Garanzie, impegni e derivati

Crediti e titoli

Garanzie, impegni e derivati

giu. 2011/ giu. 2010

Area dell’euro 431,6 205,3 400,7 192,1 -7,2 7,1

Altri paesi industriali 92,9 240,3 88,2 205,3 -5,0 1,1

Istituzioni internazionali 4,0 0,5 3,7 0,7 -8,5 4,2

Paesi in via di sviluppo 157,6 39,1 164,0 41,2 4,1 4,7Europa e paesi ex URSS 136,8 30,0 140,8 31,8 2,9 14,1

di cui: Polonia 31,5 6,3 32,8 7,3 3,9 15,8Croazia 22,7 4,6 24,0 4,2 5,8 42,0Ungheria 17,7 2,0 16,2 1,7 -8,7 20,6Russia 16,2 3,6 16,8 3,7 4,0 12,4Rep. Ceca 10,1 3,1 11,5 2,9 14,8 7,8Romania 9,1 2,2 9,5 2,3 3,9 11,8Bulgaria 6,1 1,8 6,0 1,2 -2,2 23,9Serbia 5,2 1,2 5,9 1,4 13,4 29,6Turchia 2,8 3,1 3,4 3,4 20,5 2,5Ucraina 5,4 0,3 4,5 1,2 -16,4 19,2

Africa e Medio Oriente 8,9 4,2 8,3 3,7 -6,5 2,0Asia e Pacifico 7,6 3,9 10,0 4,1 32,1 0,8Centro e Sud America 4,3 1,0 4,9 1,7 12,0 0,6

Centri offshore e non classificabili 12,8 5,9 11,6 4,6 -9,0, 0,8

Totale esposizione verso non residenti 698,9 491,2 668,2 443,9 -4,4 3,5

Per memoria            

Esposizione totale (3) 2.582,3 759,0 2.625,9 694,5 1,7  

Fonte: segnalazioni di vigilanza consolidate per i gruppi bancari e individuali per le banche non appartenenti a un gruppo.(1) Esposizione verso il “debitore ultimo”, al lordo delle sofferenze e al netto delle svalutazioni. – (2) In percentuale del totale delle esposizioni estere a fine giugno 2011 verso ciascun paese segnalate alla BRI da un ampio gruppo di intermediari internazionali. – (3) Esposizione totale verso residenti e non residenti.

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3.3 La PRovvISTa DELLE BaNChE, IL RISChIo DI LIQUIDITÀ, IL RISChIo DI RIFINaNzIamENTo

La raccolta complessiva delle banche italiane ha continuato a espandersi; a settem-bre il tasso di crescita sui dodici mesi era pari al 5 per cento (fig. 3.7). La sua composizione è però mutata nel tempo. Le consistenti emissioni obbligazionarie effettuate nei primi mesi dell’anno e, dall’estate, la crescita del ricorso al rifinan-ziamento presso l’Eurosistema hanno compensato il rallentamento della provvista

estera. Quest’ultimo ha riguardato sia i depositi da non residenti, sia i pronti contro termine effettuati attraverso le controparti centrali. Il leggero contributo negativo fornito dai depositi dei residenti (peral-tro annullatosi ad agosto) è interamente riconducibile alla componente delle società finanziarie (3); i depositi delle famiglie hanno invece continuato a espandersi, seppur a ritmi contenuti.

La raccolta al dettaglio è cresciuta, in larga misura per l’aumento delle obbliga-zioni. A giugno di quest’anno essa si collocava al 54,1 per cento della provvista complessiva (nel resto dell’area dell’euro tale quota si colloca in media al 48,8 per cento; fig. 3.8). Sia i prezzi sia il volume della raccolta al dettaglio tendono

a risentire delle tensioni sui mercati finanziari in misura contenuta e con ritardo rispetto alle altre forme di provvista.

Il funding gap delle banche italiane – misurato dalla quota dei prestiti non finanziati dalla raccolta al dettaglio – è rimasto stabile sui valori contenuti dell’anno precedente, attorno al 9 per cento.

Tra la fine del 2010 e lo scorso settembre il costo complessivo della raccolta è cresciuto di 4 decimi di punto, all’1,7 per cento (fig. 3.9). L’aumento è derivato in parte dalla ricomposizione della raccolta al dettaglio (i depositi a vista sono

stati sostituiti con pronti contro termine, più remunerativi per la clientela), in parte dall’aumento dei

(3) Questa componente ha risentito di operazioni di natura straordinaria, condotte nel 2010 da un intermediario, che hanno deter-minato uno spostamento verso l’estero dei servizi di banca depositaria forniti a una società di gestione di fondi comuni.

È stabile la dinamica della raccolta,ma varia la sua composizione

Aumenta la raccolta al dettaglio, rimane basso il funding gap…

…ma il costo della raccolta aumenta

Figura 3.7

Crescita della raccolta in Italia: contributi delle diverse componenti (1)(dati mensili; punti percentuali; variazioni percentuali sui 12 mesi)

2009 2010 2011-4

-2

0

2

4

6

8

-4

-2

0

2

4

6

8

depositi da residenti obbligazioni depositi da non residenti

passività nette nei confronti di controparti centrali rifinanziamento da Eurosistema raccolta complessiva

Fonte: segnalazioni di vigilanza.(1) La somma dei contributi è pari alla variazione percentuale sui 12 mesi della raccolta complessiva. Le variazioni percentuali delle singole componenti sono calcolate al netto degli effetti di riclassificazioni, variazioni del cambio, aggiustamenti di valore e altre variazioni non derivanti da transazioni. Non sono conside-rate le passività nei confronti di IFM residenti. Le passività nette nei confronti di controparti centrali rappresentano la raccolta in pronti contro termine con non residenti effettuata per mezzo delle controparti centrali.

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rendimenti delle singole componenti. I tassi sui depositi in conto corrente e su quelli rimborsa-bili con preavviso sono saliti in linea con quanto osservato in analoghe fasi congiunturali del pas-sato; quelli sulle nuove erogazioni di depositi con durata prestabilita e sui pronti contro ter-mine, più reattivi alle condizioni del mercato monetario, sono cresciuti in misura leggermente superiore. Ciò potrebbe aver in parte riflesso la maggiore concorrenza fra banche su questi seg-menti, in una fase di tensioni sui mercati all’in-grosso. Nel complesso, l’aumento del costo me-dio della raccolta è risultato sostanzialmente in linea con quello dei tassi del mercato monetario.

Nei primi mesi dell’anno i principali intermediari ita-liani hanno fatto un ricorso massiccio ai mercati ob-bligazionari all’ingrosso. Già nello scorso luglio

l’ammontare della provvista lorda superava il volume dei titoli in scadenza nell’intero 2011 (fig. 3.10).

Nei mesi più recenti tutta-via i mercati internazionali della raccolta all’ingrosso hanno cessato di funziona-

re. Da luglio i collocamenti di obbligazioni da parte di intermediari europei sono stati assai contenuti; emissioni sporadiche si sono registra-te per le obbligazioni bancarie garantite.

Anche i mercati dei certificati di deposito e della carta commerciale hanno perso spessore, soprattutto nel segmento in dollari. Tra giugno e settembre la raccolta complessiva effettuata dalle banche italiane mediante questi strumenti è scesa dai 72 miliardi iniziali a 24. Per i nostri intermediari i potenziali rischi derivanti da un ulteriore inaridimento di tali mercati sono con-tenuti dal basso peso di queste forme di finan-ziamento sulla provvista complessiva (0,9 per cento). Nel corso dell’estate si sono sostanzialmente azzerate le sottoscrizioni di passività a breve termine emesse dalle banche italiane da parte dei fondi monetari statunitensi, che erano comunque ridotte (l’1,3 per cento degli investimenti dei principali fondi a dicembre 2010). Questa fonte di raccolta è invece ancora rilevante per i gruppi francesi e tedeschi, che alla fine di agosto rappresentavano rispettivamente l’11,2 e il 4,8 per cento degli investimenti di questi fondi. Inoltre, il peso assai contenuto di attivi denominati in dollari nei portafogli delle banche italiane limita i rischi derivanti da un’ulteriore riduzione delle disponibilità di finanziamenti in questa valuta.

Le principali banche hanno anticipato il rifinanziamento delle obbligazioni in scadenza nel 2011...

...ma la provvista risente della illiquidità dei mercati…

Figura 3.8

Composizione della raccolta delle banche(valori percentuali a giugno 2011)

0

25

50

75

100

Italia Altri paesi dell'area dell'euro0

25

50

75

100

raccolta all'ingrosso da non residenti (4)raccolta all'ingrosso da residenti (3)

obbligazioni al dettaglio (2)depositi al dettaglio (1)

Componenti meno sensibili all'andamento

dei mercati

Fonte: segnalazioni di vigilanza su base non consolidata.(1) Depositi del settore privato non finanziario e delle Amministrazioni pubbliche. – (2) Titoli di debito al netto di quelli detenuti da IFM residenti nell’area dell’euro. Solamente per l’Italia è possibile suddividere questa componente in obbligazioni sottoscritte da famiglie (13 per cento a giugno 2011) e titoli detenuti da altri soggetti (5 per cento). – (3) Depositi di IFM e società finanziarie e assicurative residenti e obbligazioni detenute da IFM residenti. – (4) Depositi di IFM e società finanziarie e assicurative non residenti e obbligazioni detenute da IFM non residenti.

Figura 3.9

Rendimenti sui depositi bancari in Italia (1)(dati mensili; valori percentuali)

2006 2007 2008 2009 2010 20110

1

2

3

4

5

6

0

1

2

3

4

5

6

costo della raccolta conti correnti

Euribor 3 mesi durata prestabilita

Fonte: elaborazioni su dati Banca d’Italia e Thomson Reuters Datastream.(1) I tassi sui depositi si riferiscono a operazioni in euro e sono raccolti ed elaborati secondo la metodologia armonizzata dell’Eurosistema. Il costo del-la raccolta è definito come la media dei tassi corrisposti sulle diverse compo-nenti (incluso l’interbancario), ponderati per le relative consistenze.

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Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011 BANCA D’ITALIA BANCA D’ITALIA Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011 45

Nei prossimi mesi si profila un cospicuo fabbisogno di finanziamento sui mercati obbligazionari all’ingrosso da parte delle banche europee. Per i 32 principali gruppi bancari italiani la cui posi-

zione di liquidità è sottoposta a monitoraggio su base settimanale, i titoli in scadenza entro il 2012, concen-trati nel primo e nel quarto trimestre dell’anno, ammontano al 3,3 per cento delle passività complessive (88 miliardi). La situazione dei 5 maggiori gruppi è sostanzialmente allineata a quella degli altri principali inter-mediari europei (fig. 3.11), con titoli in scadenza pari a circa un quarto di quelli in circolazione.

Nel fronteggiare l’ingente volume di rimborsi, gli intermediari italiani trarranno vantaggio da punti di forza quali: l’alto peso della raccolta obbligazionaria al detta-glio (fig. 3.12), caratterizzata da elevata stabilità; l’assenza di titoli in scadenza con garanzie pubbliche, che

conterrà l’incremento dell’onere del rifinanzia-mento; la posizione di liquidità tuttora equilibrata, pur se in calo rispetto ai mesi scorsi (fig. 3.13).

Tuttavia, per le banche ita-liane, al pari di quelle euro-pee, la difficoltà di reperire adeguati volumi di raccolta a medio e a lungo termine rappresenta la principale fonte di rischio. Il deterio-

ramento del merito di credito dello Stato italiano si sta riflettendo in una riduzione del valore dei titoli pubblici in portafoglio, con ripercussioni negative sulle disponibilità liquide delle banche (cfr. il riquadro: L’impatto del rischio sovrano sulla raccolta delle banche). Nei prossimi mesi, in assen-za di una riapertura dei mercati all’ingrosso, è possibile prevedere un ulteriore incremento (dopo

…alla vigilia di scadenze di ingenti volumi di obbligazioni all’ingrosso

Le banche italiane presentano punti di forza…

…ma la disponibilità di finanziamenti all’ingrosso rappresenta la principale fonte di incertezza

Figura 3.11

Scadenze obbligazionarie delle principali banche italiane ed europee entro il 2012 (1)

(miliardi di euro e valori percentuali)

0

30

60

90

120

150

180

210

BelgioFrancia

GermaniaItalia

SpagnaRegnoUnito

PaesiBassi

IrlandaGrecia

PortogalloAustria

0%

5%

10%

15%

20%

25%

30%

35%

obbligazioni in scadenza entro il 2012

di cui: obbligazioni garantite da stati sovrani

obbligazioni in scadenza entro il 2012 su stock obbligazioni (scala di destra)

media 24%

Fonte: Dealogic.(1) I dati riportati si riferiscono a tutte le obbligazioni censite non collocate presso investitori al dettaglio e non trattenute a bilancio. Il campione è com-posto dai primi 5 gruppi italiani, i primi 5 intermediari di Francia, Spagna, Germania e Regno Unito, i primi 3 di Paesi Bassi, Portogallo e Grecia, i primi 2 di Belgio, Austria e Irlanda. Lo stock di obbligazioni è calcolato come som-ma dei titoli in scadenza entro il 2041.

Figura 3.12

Incidenza della raccolta obbligazionaria al dettaglio e dei titoli in scadenza entro il 2012 (1)

(valori percentuali)

20

30

40

50

60

70

80

90

1° quartile 2° quartile 3° quartile 4° quartile5,5

6,0

6,5

7,0

7,5

8,0

8,5

9,0

incidenza delle obbligazioni al dettaglio sul totale delle obbligazioni (scala di sinistra)

incidenza delle obbligazioni in scadenza entro il 2012 sul totale attivo (scala di destra)

Fonte: dati relativi a un campione di 32 gruppi bancari riferiti alla fine di ago-sto 2011, trasmessi alla Banca d’Italia nell’ambito del monitoraggio periodico sulla posizione di liquidità.(1) I quartili sono calcolati sulla dimensione delle banche, misurata dall’attivo totale (il primo quartile include quelle di minore dimensione).

Figura 3.10

Flusso cumulato di emissioni e scadenze obbligazionarie sui mercati all’ingrosso nel 2011

(miliardi di euro)

2011

0

10

20

30

40

50

60

gen feb mar apr mag giu lug ago set ott nov dic0

10

20

30

40

50

60

emissioni completate

scadenze

Fonte: Dealogic.

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quello registrato nei mesi più recenti) del ricorso al rifinanziamento presso l’Eurosistema, che ha peraltro intensificato il sostegno alla liquidità dei mercati e delle banche (cfr. Bollettino economico, n. 66, 2011). In particolare, data l’ampia disponi-bilità di attivi stanziabili presso la banca centrale (cfr. il par. 4.2), i nostri intermediari potranno beneficiare dell’introduzione delle aste a dodici mesi a tasso fisso e quantità illimitata. Inoltre, il nuovo programma di acquisti di obbligazioni ga-rantite (Covered Bond Purchase Programme) per 40 miliardi di euro annunciato in ottobre dalla Banca centrale europea offre opportunità per le banche italiane, che potranno accrescere il ricorso a questo strumento di raccolta relativamente poco costoso.

3.4 GLI aLTRI RISChI

Il rischio di tasso di interesse

I dati relativi a un campione di 11 grandi banche che utilizzano modelli interni per quantificare l’esposizione ai movimenti della curva dei tassi privi di rischio (approssimata con la curva dei tassi swap) indicano che variazioni anche ampie dei rendimenti di mercato avrebbero effetti limitati (fig. 3.14.a). Per tutte le banche la variazione di valore di attività e passività provocata da uno spostamento paral-

lelo di 200 punti base dell’intera curva, sia al ribasso sia al rialzo, determinerebbe un impatto significa-tivamente inferiore alla soglia di attenzione definita dal Comitato di Basilea (20 per cento del patrimo-nio di vigilanza). Nella maggior parte dei casi lo scenario sfavorevole è rappresentato da un innalzamen-to della curva dei rendimenti, che agirebbe soprattutto attraverso una riduzione del valore dei mutui e del fair value dei titoli a lunga scadenza contabilizzati nel banking book.

L’esposizione al rischio di tasso di interesse è contenuta

Figura 3.13

Posizione di liquidità a un mese dei gruppi sottoposti a monitoraggio (1)

(percentuale dell’attivo)

2008 2009 2010 2011-6

-3

0

3

6

9

12

-6

-3

0

3

6

9

12

cash flow cumulati attività stanziabili posizione netta di liquidità

Fonte: dati relativi a un campione di 32 gruppi bancari trasmessi alla Banca d’Italia nell’ambito del monitoraggio periodico sulla posizione di liquidità.(1) Valori medi. La posizione netta di liquidità è calcolata come somma algebri-ca tra le scorte di attività stanziabili ai fini del rifinanziamento presso l’Eurosi-stema e i flussi di cassa cumulati attesi; l’orizzonte temporale di riferimento è di un mese; in via prudenziale, tutte le scadenze con controparti istituzionali si assumono non rinnovate.

Figura 3.14

Esposizione al rischio di tasso dei principali intermediari italiani: impatto sul patrimonio di vigilanza di uno spostamento parallelo della curva dei tassi di 2 punti percentuali (1)

(valori percentuali)

(a) sull’intero bilancio (b) sulle poste in bilancio con durata fino a 5 anni

0

2

4

6

8

10

12

0

2

4

6

8

10

12banche esposte a un calo dei tassi di

interesse

banche esposte a un aumento dei tassi di interesse

0

2

4

6

8

10

12

0

2

4

6

8

10

12banche esposte a un calo dei tassi

di interesse

banche esposte a un aumento dei tassi di

interesse

Fonte: rilevazione rischio tasso di interesse relativa a 11 grandi gruppi bancari.(1) Per ciascuna delle 11 banche del campione, rappresentate in maniera anonima nelle figure (a) e (b), è riportato il rapporto percentuale tra la riduzione di valore delle attività nette e il patrimonio di vigilanza a seguito di una variazione parallela di +/- 200 punti base della curva dei tassi privi di rischio. Nella figura (b) è esclusa una banca per la quale non sono disponibili dati sufficientemente dettagliati. Nella figura (a), la variazione di 200 punti base è applicata a tutte le poste del banking book; nella figura (b), sono invece escluse le poste a tasso fisso con scadenza superiore ai 5 anni. L’analisi relativa all’orizzonte di medio periodo consente di tenere conto della minore variabilità dei rendimenti a lungo termine rispetto a quelli a breve.

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Limitando l’attenzione alle poste che scadono entro i cinque anni, le stime per il rischio di tasso indicano valori più contenuti; per la maggior parte delle banche del campione l’evento sfavorevole è costituito da un abbassamento della curva dei rendimenti, che comprimerebbe il margine di interesse (fig. 3.14.b).

Le stime sull’esposizione al rischio di tasso dipendono in misura significativa dalle valutazioni circa la durata finanziaria delle poste attive e passive del banking book prive di durata prefissata; assumo-no rilievo, in particolare, le valutazioni relative alla durata finanziaria dei depositi al dettaglio (cfr. il riquadro: Le metodologie per la misurazione del rischio di tasso, in Rapporto sulla stabilità finanziaria, n. 1, 2010). Gli intermediari inclusi nel campione attribuiscono ai depositi una durata finanziaria intorno ai due anni; un innalzamento del tono concorrenziale del mercato dei depositi potrebbe ren-dere necessaria una revisione di tali stime, già in corso presso alcune banche.

I rischi di mercato e di controparte

Dalla metà del 2010 i rischi di mercato sul portafoglio di negoziazione (trading book) facenti capo alle banche maggiormente attive sui mercati finanziari, ossia quelle che valutano i requisiti patrimoniali mediante modelli interni di Value at risk (VaR), hanno mostrato un calo progressivo, per poi stabilizzarsi nella prima metà dell’anno in corso. Tale andamento riflette sia la contenuta volatilità dei

mercati nella seconda parte del 2010 e nella prima di quest’anno, sia il ridimensionamento dei portafo-gli di negoziazione.

I rischi di mercato nel banking book sono invece aumentati, soprattutto come conse-guenza del forte incremento del volume di attività – in larga misura titoli pubblici – che le banche classificano in questo comparto, al fine di accumulare riserve di strumenti liquidi e di trarre vantaggio dal favorevole trattamento prudenziale (che

non comporta assorbimento di capitale per i titoli con elevato merito di credito). Nel complesso, il VaR calcolato considerando sia il trading book sia il banking book è rimasto costante. In prospettiva tuttavia l’innalzamento della volatilità osservata a partire dalla scorsa estate sui mercati finanziari (in particolare quella dei titoli pubblici italiani) si tra-durrà verosimilmente in un nuovo, significativo aumento dei rischi di mercato stimati dal VaR. Ad accrescere i requisiti patrimoniali sul trading book contribuirà inoltre, a partire dal prossimo anno, l’entrata in vigore delle nuove norme stabilite dal Comitato di Basilea (cfr. il riquadro: Il calcolo dei requisiti patrimoniali sui rischi di mercato, in Rap-porto sulla stabilità finanziaria, n. 1, 2010).

Il rischio di controparte fa-cente capo alle banche ita-liane deriva per tre quarti dalle operazioni in derivati scambiati dai maggiori in-

termediari nei mercati over-the-counter (OTC); la parte restante è riconducibile ai prestiti concessi a controparti finanziarie mediante operazioni di pronti contro termine.

I rischi di mercato sul portafoglio di trading si sono ridotti…

…quelli complessivi (includendo il banking book) sono costanti

ll valore lordo dei derivati è in forte calo; il rischio di controparte è basso

Figura 3.15

Fair value positivi e negativi sui derivati delle banche italiane (1)

(dati riferiti a giugno del 2011; miliardi di euro)

0

30

60

90

panieredi

debitori

singolodebitore

lineari opzioni lineari opzioni lineari opzioni

CDS azioni tassi di cambio emerci

tassi di interesse

0

30

60

90

fair value negativo

fair value positivo

Fonte: BRI, Indagine periodica sui derivati OTC.(1) Valore di mercato delle posizioni in contratti derivati delle 5 banche italiane che partecipano all’indagine BRI, suddivise tra posizioni in utile (“positivo”) e in perdita (“negativo”). Ciascuna colonna indica il valore complessivo dei derivati accorpati per fattore di rischio sottostante: tassi di interesse, cambi, azioni, credito e merci. Per ciascun fattore di rischio viene mostrato il contributo dei diversi strumenti classificati in base alla relativa complessità: tra i prodotti lineari rilevano principalmente i contratti di tipo forward e swap. Per quanto attiene ai derivati creditizi, viene fornito il dettaglio fra i CDS in cui si vende protezione su di un singolo emittente (singolo debitore) e quelli che si riferiscono contemporaneamente a più emittenti (paniere di debitori).

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Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011 BANCA D’ITALIA48 BANCA D’ITALIA Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011

Nel giugno del 2011 il valore lordo (valutato a fair value) dei derivati delle banche italiane (calcolato sommando le posizioni sia positive sia negative) ammontava a 243 miliardi di euro (fig. 3.15), poco più della metà del valore rilevato nel giugno precedente. La gran parte dei contratti riguarda strumenti di copertura da rischi di variazioni dei tassi di interesse (per lo più operazioni di swap fra contratti a tasso fisso e variabile). L’esposizione netta in derivati delle banche italiane alla fine di settembre 2011 era pari a 7 miliardi, in diminuzione del 28,5 per cento rispetto a ottobre dell’anno precedente (4). Di tale importo, circa il 20 per cento è riconducibile a esposizioni delle filiazioni italiane di banche estere nei confronti delle rispettive capogruppo. La parte restante si riferisce quasi integralmente a controparti con elevato merito di credito, con le quali intrattengono rapporti tutte le banche italiane attive sui mercati finanziari (fig. 3.16). Nel complesso, nel giugno del 2011 i requisiti patrimoniali connessi con il rischio di controparte erano inferiori di circa il 20 per cento rispetto a un anno prima.

I rischi operativi

Nel 2010 l’ammontare complessivo delle perdite operative delle banche italiane si è ancora leggermente ridotto in rapporto al margine di intermediazione (al 2,6 per cento), soprattutto a seguito del calo delle frodi commesse dal personale dipendente

e della minore incidenza dei malfunzionamenti dei sistemi informatici; una ripresa si è registrata per le perdite derivanti da contenziosi con la clientela che scaturiscono da negligenze o inadempienze nell’attivi-tà di emissione e collocamento di titoli. Crescente importanza vanno assumendo le perdite su operazioni connesse con l’attività creditizia (negligenze ed errori nella concessione, erogazione e gestione dei finanzia-menti o frodi da parte della clientela debitrice); l’emersione di tali rischi si riflette negativamente sulla ca-pacità di recupero dei crediti inesigibili.

(4) Secondo la normativa, il rischio di controparte viene misurato compensando i derivati con fair value positivo con quelli con fair value negativo, a condizione che i contratti si riferiscano alla stessa controparte e che con quest’ultima sia stato stipulato un accordo di compensazione. A contenere ulteriormente tale tipologia di rischio contribuiscono le garanzie (in denaro e in titoli) che ciascun intermediario esige dalla controparte qualora il proprio saldo netto creditorio ecceda una soglia prefissata.

Le perdite operative continuano a ridursi…

Figura 3.16

Esposizioni su derivati non garantite (1)(milioni di euro e punti base)

Deutsche Bank; 17

Societe Generale; 15

Banco de Sabadell; 1

Bank of America; 13Barclays; 19

BNP Paribas; 19

Caja Madrid; 2

Commerzbank; 15

Credit Mutuel CIC; 3

HSBC; 12

ABN Amro Bank; 1

Banco Bilbao Vizcaya Argentaria; 9

Banco Santander; 13

BayerischeLandesbank; 3

BPCE Banque PopulaireCaisse d Epargne; 11

Citigroup; 10

Credit Agricole; 15

Credit Suisse; 14

Dexia; 10

Goldman Sachs; 11

ING Bank; 8

UBS; 20

0

100

200

300

400

500

600

700

800

900

0 100 200 300 400 500 600 700 800 900

CDS a 5 anni (punti base)

0

100

200

300

400

500

600

700

800

900

Esp

osiz

ioni

ai v

alor

i di m

erca

to (

mili

oni d

i eur

o)

Fonte: segnalazioni di vigilanza.(1) L’asse orizzontale riporta i premi sui CDS a 5 anni delle controparti estere, rilevati alla fine di agosto 2011. L’asse verticale riporta il rischio di controparte del sistema italiano verso gli intermediari esteri, misurato dall’ammontare delle esposizioni in derivati con fair value positivo al netto degli accordi di compensazione (se il fair value positivo dei contratti compresi nell’accordo di compensazione supera quello negativo, l’esposizione è pari al saldo netto; nel caso opposto, in cui la banca italiana è debitrice netta, non viene riportata alcuna esposizione verso la controparte). La dimensione di ciascuna sfera è proporzionale al numero di banche esposte, indicato dalla cifra accanto al nome di ciascun intermediario estero. Nel grafico non è riportata l’esposizione verso la banca KFW (pari a circa un miliardo di euro), per la quale non si dispone del CDS. Sono escluse le controparti con esposizione inferiore a 50 milioni.

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Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011 BANCA D’ITALIA BANCA D’ITALIA Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011 49

Nei mesi scorsi il numero delle banche che calcola i requisiti a fronte di rischi operativi mediante i meto-di avanzati (cfr. il riqua-

dro: La regolamentazione sui rischi operativi, in Rapporto sulla stabilità finanziaria, n. 1, 2010) si è ampliato, fino a rappresentare la metà del fab-bisogno patrimoniale complessivo del sistema. Nel 2010 il VaR relativo ai rischi operativi di queste banche è cresciuto dal 10 all’11,5 per cento del margine di intermediazione (fig. 3.17). L’aumento è in larga parte attribuibile alla caute-la adottata dalle banche nel calcolo del VaR, in ragione del deterioramento del contesto macro-economico e delle rilevanti perdite operative su-bite da operatori esteri (utilizzate, assieme alle analisi di scenario, per quantificare l’esposizione ai rischi operativi).

3.5 La REDDITIvITÀ

Nella prima metà del 2011 il rendimento del capitale e delle riserve (ROE) dei 14 principali gruppi bancari quotati è stato pari al 4,5 per cento in ragione d’an-

no, stabile rispetto allo stesso periodo del 2010. La crescita del margine di interesse (2,8 per cento) è stata frenata dai maggiori costi di raccolta; l’aumento sostenuto del margine di intermediazione (4,9 per cento) riflette essenzialmente il miglioramento dei risultati dell’attività di negoziazione, che hanno più che compensato il leggero calo delle commissioni (-2,2 per cento).

Grazie a costi operativi rimasti stabili (con un cost-income ratio sceso di circa tre punti percentuali, al 64 per cento), il risultato di gestione è cresciuto del 10,4 per cento. Gli accantonamenti complessivi sono diminuiti del 10,4 per cento; al loro

interno, quelli dovuti al deterioramento della qualità dei prestiti sono diminuiti del 14,7 per cento. A fronte di una crescita degli utili lordi del 35,6 per cento, gli utili netti sono aumentati solo del 2,2 per cento; questi ultimi, infatti, hanno beneficiato in misura minore rispetto all’anno precedente dei pro-venti delle attività in via di dismissione.

L’attuale fase congiunturale e le tensioni di natura finanziaria rendono meno favo-revoli le prospettive della redditività delle banche italiane. La profittabilità è con-dizionata dalla bassa crescita dell’economia: un rallentamento degli impieghi comprimerebbe il margine di interesse, che risentirebbe anche del rincaro della

raccolta in presenza di un duraturo aumento del rischio sovrano; il rallentamento congiunturale si riflet-terebbe sulla qualità del credito. I ricavi da negoziazione risentiranno nella seconda parte dell’anno della fase di elevata volatilità sui mercati dei capitali. Nonostante la prova di solidità fornita durante la crisi finanziaria, superata senza richiedere sostegno pubblico, e il recente ampliamento dei mezzi patri-moniali, sulle prospettive di redditività dei nostri intermediari pesa un’incertezza tuttora elevata; nei mesi scorsi gli analisti finanziari hanno rivisto al ribasso le aspettative sugli utili dei nostri maggiori gruppi bancari per il triennio 2012-14. In questo quadro le banche italiane devono proseguire, raffor-zandola, l’opera volta alla razionalizzazione dei costi in rapporto ai ricavi.

…ma in prospettiva i rischi potrebbero aumentare

La redditività è stabile

Le perdite su crediti si riducono

Rimangono incerte le prospettive di redditività

Figura 3.17

VaR sui rischi operativi in rapporto al margine di intermediazione e all’ammontare

delle perdite operative subite (1)

7,2

7,9

0%

2%

4%

6%

8%

10%

12%

VaR 2009 VaR 20106,8

7,0

7,2

7,4

7,6

7,8

8,0

altro processi

contenzioso con clientela frodi interne

rapporto tra VaR e perdite subite (scala di destra)

rapporto tra VaR e perdite

rapporto tra VaR e marginedi intermediazione

Fonte: dati aziendali e segnalazioni di vigilanza per i gruppi bancari che adot-tano i metodi AMA.(1) Sulla scala di sinistra è riportato il rapporto percentuale tra Value at risk (VaR) e margine di intermediazione; sulla scala di destra il rapporto tra VaR e perdite subite dall’intermediario.

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Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011 BANCA D’ITALIA50 BANCA D’ITALIA Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011

3.6 IL PaTRImoNIo

I coefficienti patrimoniali dei 14 principali gruppi bancari italiani quotati sono in rilevante miglioramento. Nello scorso giugno gli aumenti di capitale completati da alcuni di essi (pari a 8 miliardi), insieme all’accantonamento di parte degli utili e alla riduzione delle attività ponderate per il rischio (mediante cessioni di attività e riallo-

cazione dell’attivo verso strumenti a basso rischio), avevano innalzato il coefficiente relativo al patrimonio di migliore qualità (core tier 1 ratio) all’8,5 per cento in media (dal 7,5 di dicembre 2010; fig. 3.18). I coefficienti relativi al patrimonio di base (tier 1 ratio) e al patrimonio complessivo (total capital ratio) erano aumentati, rispettivamente, al 9,7 e al 13,2 per cento (da 8,8 e 12,3 per cento nel dicembre scorso).

I coefficienti miglioreranno ulteriormente grazie agli aumenti di capitale perfezionati dopo la fine di giu-gno, per un ammontare di circa 2,6 miliardi. Complessivamente, l’impatto sul core tier 1 ratio medio di tali aumenti sarebbe pari a circa 20 punti base in termini di attività ponderate per il rischio.

Le prospettive della situazione patrimoniale sono influenzate dalla bassa redditivi-tà e dalla onerosità del ricorso al mercato. Nonostante abbiano tutte passato lo stress test europeo del luglio del 2011, le grandi banche italiane stanno proseguen-do nell’azione di rafforzamento del capitale, al fine di accrescere la capacità di as-sorbire gli effetti di possibili, nuove tensioni finanziarie nell’area dell’euro: le ini-ziative a livello europeo sono volte a incrementare il grado di patrimonializzazione

dei principali intermediari, tenendo conto delle esposizioni al rischio sovrano. Un aumento dei buffers patrimoniali rassicurerà gli investitori sui mercati della raccolta all’ingrosso e fornirà sostegno finanzia-rio all’economia.

Il 26 ottobre l’European Banking Authority (EBA) ha pubblicato informazioni sulle misure concordate in sede europea per rafforzare la capitalizzazione e riattivare la raccolta a medio termine delle banche. In particolare, sono stati diffusi i risultati provvisori dell’esercizio volto a quantificare le esigenze di rafforzamento patrimoniale di 70 banche europee, date le attuali tensioni sui mercati. La costituzione di un buffer temporaneo consentirà alle banche di resistere a eventuali shock mantenendo un’adeguata posizione patrimoniale. L’obiettivo è raggiungere entro giugno 2012 un core tier 1 ratio del 9 per cento.

Per l’Italia, l’esercizio dell’EBA è stato condotto sui primi cinque gruppi bancari (UniCredit, Intesa Sanpaolo, Banca monte dei Paschi di Siena, Banco Popolare e Unione di Banche Italiane): sulla base

Il rafforzamento patrimoniale prosegue

I coefficienti patrimoniali saranno innalzati nell’ambito delle iniziative europee

Figura 3.18

Core tier 1 ratio dei gruppi bancari(valori percentuali)

(a) 14 principali gruppi quotati (b) altri gruppi

1° quartile mediana 3° quartile media ponderata differenza interquartile

6

8

10

12

14

2008 2009 2010 giugno 20116

8

10

12

14

6

7

8

9

10

2008 2009 2010 giugno 20116

7

8

9

10

Fonte: segnalazioni consolidate di vigilanza.

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Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011 BANCA D’ITALIA BANCA D’ITALIA Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011 51

LE PROPOSTE REGOLAMENTARI SULLE ISTITUZIONI FINANZIARIE A RILEVANZA SISTEMICA

Lo scorso luglio sono stati pubblicati due documenti di consultazione sulle proposte relative al trattamento prudenziale delle istituzioni finanziarie con rilevanza sistemica (Sistemically Important Financial Institutions, SIFI). Il primo, pubblicato dal Financial Stability Board (FSB), suggerisce modalità con cui gestire eventuali crisi delle SIFI, al fine di ridurne l’impatto. Il secondo documento, diffuso dal Comitato di Basilea, presenta una metodologia per identificare le banche globali con importanza sistemica (G-SIB) e i presidi prudenziali volti a ridurne la probabilità di fallimento. La metodologia prende in considerazione la dimensione degli intermediari, il loro grado di interconnessione con altre istituzioni finanziarie, la loro sostituibilità come operatori di mercato e fornitori di servizi, l’estensione internazionale della loro attività, il loro livello di complessità. Le G-SIB individuate in base a questi parametri sono suddivise in quattro classi a importanza sistemica crescente e assoggettate a requisiti addizionali di capitale (capital surcharge) compresi tra l’1 per cento per la prima classe e il 2,5 per cento per la quarta. È inoltre costituita una quinta classe, attualmente vuota, con surcharge del 3,5 per cento, al fine di scoraggiare le banche dall’aumentare il proprio grado di sistemicità. Alla classificazione di una banca concorre il giudizio delle autorità di vigilanza; tuttavia, solo in casi eccezionali esso potrà prevalere sulla classificazione riveniente dagli indicatori.La surcharge dovrà essere costituita da mezzi patrimoniali della qualità più elevata (common equity tier 1). Strumenti di contingent capital potranno però essere ammessi per far fronte a surcharge più alte che fossero stabilite discrezionalmente dalle autorità nazionali. Le prime valutazioni della meto-dologia sono state effettuate su un gruppo di 73 banche, e hanno attribuito la qualifica di G-SIB a un sottoinsieme di esse. Le nuove norme sulla surcharge entreranno in vigore nel gennaio del 2019, dopo un periodo transitorio che inizierà nel 2016.

dei dati contabili riferiti a giugno 2011 e delle variazioni dei corsi dei titoli sovrani registrate fino allo scorso settembre, il raggiungimento di un core tier 1 ratio del 9 per cento richiederebbe complessiva-mente 14,8 miliardi di euro. Questa quantificazione è preliminare e va considerata come indicativa del fabbisogno di capitale. L’EBA pubblicherà i dati definitivi in novembre.

Per raggiungere l’obiettivo, ci si attende che le banche limitino la distribuzione di dividendi e la con-cessione di bonus. Le esigenze patrimoniali potranno essere soddisfatte, oltre che dal capitale di più elevata qualità, anche con strumenti di contingent capital (debito convertibile in azioni) di nuova emissione sottoscritti da privati, se dotati di caratteristiche in linea con quelle che saranno stabilite dall’EBA. Le banche dovrebbero far ricorso in prima battuta a capitali privati; se necessario i governi nazionali fornirebbero sostegno. Qualora anche quest’ultima fonte non risultasse sufficiente, la ricapi-talizzazione sarebbe finanziata tramite un prestito dell’EFSF per i paesi della zona euro.

A livello internazionale è stata perfezionata la proposta di trattamento prudenziale per le banche globa-li a rilevanza sistemica (cfr. il riquadro: Le proposte regolamentari sulle istituzioni finanziarie a rilevanza sistemica).

3.7 GLI INTERmEDIaRI FINaNzIaRI NoN BaNCaRI

Gli intermediari specializzati

Il comparto delle società di intermediazione mobiliare (SIm) è caratterizzato da bassa redditività (i redditi a metà anno erano negativi per oltre un terzo degli in-termediari, cui fa capo il 10 per cento delle attività del settore) e, in taluni casi, da una dotazione patrimoniale insoddisfacente, prossima ai minimi previsti dalla re-

Le SIM risentono delle tensioni finanziarie

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Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011 BANCA D’ITALIA52 BANCA D’ITALIA Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011

golamentazione. In prospettiva questi problemi potrebbero essere aggravati sia dal calo dei volumi inter-mediati e del relativo flusso di commissioni, sia dallo spostamento della clientela verso prodotti meno rischiosi (e quindi con margini più contenuti).

Nel primo semestre del 2011 le società specializzate nel leasing e nel credito al consumo hanno registrato una variazione del flusso di crediti contenuta o negativa (1,2 per cento nel primo comparto, -8,8 per cento nel secondo) e un notevole peggioramento della qualità dei prestiti (la consistenza dei crediti deteriorati è sali-ta al 14 e al 15 per cento, rispettivamente). La consistenza complessiva dei crediti erogati in questi due settori è tuttavia assai bassa (100 e 60 miliardi di euro, rispet-

tivamente). Il comparto del factoring ha invece registrato un aumento sostenuto del flusso di crediti (7 per cento) e un ulteriore miglioramento della loro qualità.

Nello scorso giugno segni di difficoltà in termini di patrimonio continuavano a ma-nifestarsi per un gruppo di fondi immobiliari riservati a investitori qualificati e spe-culativi, cui faceva capo il 6,2 per cento del totale delle attività del settore. Non si riscontrano invece significativi segnali di fragilità per i fondi di tipo retail, connotati

da politiche di investimento più prudenti e da un livello di indebitamento moderato.

La volatilità dei mercati finanziari e la debolezza dell’economia reale continuano a ostacolare la realizzazione delle strategie dei gestori dei fondi di private equity. Le svalutazioni delle partecipazioni detenute in portafoglio sono ulteriormente aumentate; le dismissioni sono risultate assai difficili.

Gli exchange traded funds (ETF) si stanno diffondendo tra i risparmiatori italiani, favoriti dal basso livello delle commissioni e dalla flessibilità d’uso: nello scorso luglio le attività gestite quotate su Borsa Italiana ammontavano a 21,5 miliardi di euro. Questi prodotti possono presentare rischi di cui i risparmiatori potrebbero

non essere pienamente consapevoli. Sul mercato italiano sono stati recentemente introdotti prodotti complessi, che replicano l’indice di riferimento senza l’acquisto diretto dei relativi titoli ma con il ricor-so a strumenti derivati, che possono esporre i fondi al rischio di controparte. Nel luglio del 2011, su un totale di 661 ETF quotati presso Borsa Italiana, 71 appartenevano a tale tipologia.

Le assicurazioni

Gli indicatori di mercato segnalano un deterioramento delle prospettive delle compagnie assicurative italiane. L’indice azionario di settore ha continuato a flet-tere (fig. 3.19.a). Le previsioni a un anno sugli utili formulate dagli analisti finan-ziari sono tornate a diminuire (fig. 3.19.b). Le attese sui tassi di insolvenza desun-te dai mercati azionari hanno registrato un peggioramento (fig. 3.19.c), rifletten-do in parte le revisioni al ribasso dei rating di alcune compagnie.

L’impatto della crisi del debito sovrano sui bilanci delle compagnie assicurative italiane viene limitato dal peso relativamente contenuto sul portafoglio comples-sivo dei titoli pubblici dei paesi europei con problemi acuti (circa l’1 per cento nel settembre 2010). Inoltre, sulla base di un recente intervento normativo, le com-pagnie avranno la possibilità di non iscrivere nel bilancio 2011 eventuali minusva-

lenze sugli investimenti classificati come non durevoli, a fronte della costituzione di riserve indisponibi-li. Le assicurazioni risultano tuttavia esposte a una serie di incertezze. In primo luogo, la quota di titoli di Stato italiani alla fine del 2010 è stimata pari a circa il 40 per cento degli investimenti a copertura delle riserve tecniche relative all’insieme delle polizze assicurative, escluse quelle unit e index-linked.

Peggiora la qualità del credito concesso dalle società di leasing e di credito al consumo

Tra i fondi immobiliari si rilevano casi di fragilità

I fondi di private equity hanno effettuato ulteriori svalutazioni

Continua la crescita degli ETF quotati in Italia

Per le assicurazioni i mercati indicano prospettive economiche ancora incerte

La redditività potrebbe risentire delle tensioni sui titoli di Stato italiani…

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Figura 3.19

Società assicurative in Italia

(a) corsi azionari delle assicurazioni (1)(31 dicembre 2009=100)

(b) utili attesi (2)(dicembre 2009=100)

(c) tassi attesi di insolvenza (3)

20112007 2008 2009 20100,0

1,0

2,0

3,0

4,0

5,0

6,0

0,0

1,0

2,0

3,0

4,0

5,0

6,0

mediamediana

Europa

differenza interquartile

2007 2008 2009 2010 201180

100

120

140

160

180

200

220

80

100

120

140

160

180

200

220

utili attesi Italia

utili attesi area euro

20112007 2008 2009 201040

60

80

100

120

140

160

180

200

40

60

80

100

120

140

160

180

200corsi azionari Italia

corsi azionari area euro

Fonte: elaborazioni su dati Thomson Reuters Datastream, IBES e Moody’s KMV.(1) Dati giornalieri. Indici dei corsi azionari delle società assicurative. – (2) Valore medio degli utili attesi per azione nei 12 mesi successivi alla data di riferi-mento. Dati mensili. Per l’Italia i dati si riferiscono alle seguenti società: Assicurazioni Generali, Assicurazioni Milano, Fondiaria, Mediolanum Assicurazioni, Società Cattolica Assicurazioni, UGF Assicurazioni e Vittoria Assicurazioni; per l’area dell’euro i dati si riferiscono alle società incluse nell’indice Morgan Stanley del settore assicurativo. – (3) Medie trimestrali di dati giornalieri (mensili prima dell’agosto 2009 per l’indice europeo), in valori percentuali. I tassi attesi di insolvenza (expected default frequencies, EDF), calcolati sulla base del prezzo e della volatilità dei titoli azionari delle società cui si riferiscono, misurano la probabilità che il valore di mercato delle attività risulti inferiore a quello delle passività in un orizzonte di un anno. Il grafico mostra i valori di mediana, media e differenza interquartile relativi alle medie trimestrali delle EDF delle società assicurative italiane considerate (Assicurazioni Generali, Assicurazioni Milano, Fondiaria, Mediolanum Assicurazioni, Società Cattolica Assicurazioni, UGF Assicurazioni e Vittoria Assicurazioni), nonché la media trimestrale del valore mediano delle EDF relative alle società incluse nell’indice Moody’s KMV del settore assicurativo europeo.

Inoltre, il basso livello dei tassi di interesse sui titoli con elevato merito di creditocontinua a pesare sulla redditività per via dell’ampia offerta di polizze con remu-nerazione minima garantita (la quota di queste ultime sul totale delle riserve

tecniche del ramo vita nel 2010 era pari al 75 per cento). Tale effetto potrà essere contenuto dal calo dei rendimenti garantiti sulle nuove polizze.

Nei primi otto mesi dell’anno la raccolta del ramo vita ha registrato un calo rispet-to allo stesso periodo del 2010, pur rimanendo su livelli simili a quelli prevalenti negli anni precedenti la crisi (fig. 3.20). La fase di debolezza congiunturale po-trebbe in prospettiva determinare un ridimensionamento dei premi e un aumento

…dei bassi tassi di interesse…

…e di un possibile indebolimento della raccolta netta

Figura 3.20

Raccolta premi del ramo vita nei primi 8 mesi di ciascun anno (1)

(miliardi di euro)

0

10

20

30

40

50

60

2005 2006 2007 2008 2009 2010 20110

10

20

30

40

50

60

polizze rivalutabili polizze unit e index-linked altri prodotti vita

Fonte: ANIA.(1) Sono inclusi solo i premi relativi ai nuovi contratti raccolti da imprese italiane e imprese estere operanti in Italia in libera prestazione di servizi.

Figura 3.21

Assicurazioni italiane: indicatori di comovimento dei corsi azionari (1)

200320022001 2004 2006 2007 2008 2009 2010 201120050,0

0,2

0,4

0,6

0,8

1,0

0,0

0,2

0,4

0,6

0,8

1,0

compagnie di assicurazione (2)

prime 3 compagnie di assicurazione (3)

Fonte: elaborazioni su dati Thomson Reuters Datastream.(1) Dati giornalieri. Media semplice delle correlazioni tra i rendimenti azionari di coppie di compagnie di assicurazione su dati giornalieri e finestre mobili di 6 mesi. – (2) Compagnie di assicurazione incluse nell’indice FTSE Italia All-Share. – (3) Prime 3 compagnie di assicurazione in base alla raccolta effettuata dal gruppo di appartenenza (Assicurazioni Generali, Fondiaria e UGF Assicurazioni).

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Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011 BANCA D’ITALIA54

delle richieste di rimborso anticipato del capitale maturato, in particolare per i prodotti con bassi oneri di riscatto. La raccolta del ramo vita potrebbe inoltre subire uno spiazzamento da parte sia dei prodotti bancari (in quanto le banche potrebbero favorire il collocamento delle proprie passività), sia dei titoli pubblici italiani, per effetto del recente rialzo dei rendimenti. Nel ramo danni la raccolta mostra invece segni di ripresa, che si sono riflessi in un miglioramento dei risultati della gestione tecnica.

Questi fattori di rischio comuni contribuiscono a mantenere elevato il grado di comovimento dei corsi azionari delle compagnie di assicurazione italiane (fig. 3.21), un fenomeno che si osserva anche per le compagnie degli altri paesi dell’area dell’euro.

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BANCA D’ITALIA Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011 55

4.1 IL mERCaTo DELLa LIQUIDITÀ

Dallo scorso luglio la liquidità dei mercati italiani è fortemente peggiorata. L’indi-catore sintetico di liquidità è sceso sui valori minimi toccati in seguito al dissesto di Lehman Brothers, per effetto soprattutto del deterioramento registrato sul mer-cato secondario dei titoli di Stato (fig. 4.1). In ottobre le condizioni di liquidità sono lievemente migliorate.

Sul mercato monetario, le banche scambiano fondi soprattutto mediante con-tratti collateralizzati, che consentono di limitare i ri-schi di liquidità e di contro-

parte. Gli scambi di fondi non collateralizzati sono invece rimasti molto contenuti; fa eccezione il segmento over-the-counter (OTC).

Le transazioni assistite da garanzia, effettuate at-traverso operazioni pronti contro termine sui seg-menti general collateral e special repo dell’mTS, hanno rappresentato per gli intermediari italiani il principale canale di finanziamento sul mercato monetario (fig. 4.2). Gli scambi effettuati median-te l’interposizione della controparte centrale sono stati pari al 92 per cento di quelli complessivi.

L’andamento della quota del-le negoziazioni collateralizza-te facenti capo alle banche

non residenti, stabile sul segmento special repo e in aumento sul general collateral (fig. 4.3), segnala che i titoli di Stato italiani vengono utilizzati con con-tinuità dai maggiori operatori internazionali.

Gli scambi di depositi inter-bancari non garantiti effettua-ti sull’e-mID sono rimasti su valori molto bassi. L’attività

su questo segmento, caratterizzato da elevata traspa-renza, ha risentito della riluttanza delle banche a rive-

Le condizioni di liquidità dei mercati italiani sono fortemente peggiorate…

…e hanno spinto le banche verso i mercati collateralizzati e OTC…

…dove rimane elevata l’attività cross-border

Gli scambi non garantiti rimangono contenuti

I mERCaTI, IL SISTEma DEI PaGamENTI E LE INFRaSTRUTTURE4

Figura 4.1

Indicatore sintetico di liquidità (1) (dati giornalieri; numero indice tra -1 e +1)

2009 2010 20112008-1,0

-0,5

0,0

0,5

1,0

-1,0

-0,5

0,0

0,5

1,0

Fonte: elaborazioni su dati Thomson Reuters Datastream, Bloomberg e Banca d’Italia.(1) Valori positivi (negativi) dell’indice corrispondono a livelli della liquidità superiori (inferiori) a quelli medi degli anni 1999-2006; medie mobili a 20 giorni. Per la metodologia di costruzione cfr. Rapporto sulla stabilità finan-ziaria, n. 1, 2010.

Figura 4.2

Volumi scambiati sui mercati telematici italiani della liquidità

(medie mensili di dati giornalieri; miliardi di euro)

201120102009200820070

10

20

30

40

50

0

10

20

30

40

50

e-MID

MTS-general collateral

MTS-special repo

Fonte: elaborazioni su dati e-MID SIM Spa e MTS Spa.

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lare le proprie esigenze di finanziamento in situa-zioni di tensione. Stime ricavate dai dati del sistema di regolamento lordo TARGET2 indicano che le banche italiane hanno invece utilizzato in misura ampia il canale OTC, che per i maggiori operatori costituisce pressoché l’unica fonte di approvvigio-namento di liquidità dall’estero in forma non ga-rantita. Di norma, le banche intrattengono rappor-ti bilaterali OTC con un numero di operatori più ristretto rispetto a quanto si verifica nell’e-mID. È quindi necessaria un’attenta opera di selezione e valutazione degli operatori con i quali svolgere in via continuativa questo tipo di attività.

Le tendenze in atto nei mercati della liquidità italiani, in molti casi emerse già nel precedente biennio, sono determinate dal protrarsi della crisi, che rende gli operatori più sensibili ai rischi di credito e di liquidità. L’aumento degli scambi garantiti e il più esteso ricorso alla controparte centrale permettono di contenere gli effetti di eventuali insolvenze dei prenditori di fondi. L’interposizione della controparte centrale consente inoltre agli operatori di mantenere anonime le transazioni e quindi di non rivelare il proprio fabbisogno di liquidità. Una ridotta visibilità può essere conseguita anche attraverso il ricorso ai mercati OTC, che permettono agli intermediari di contattare direttamente, in modo bilate-rale, le controparti presso le quali dispongono di maggiori linee di credito.

Le tensioni sul debito sovrano si sono riflesse negativamente sulle condizioni di prezzo prevalenti nei mercati italiani. Il tasso sulla scadenza tomorrow next, la più trattata del mercato general collateral, in luglio superava di 15 punti base il corrispondente tasso del mercato Eurepo, dove la garanzia è rappresentata da un

paniere di titoli di Stato dell’area dell’euro (era più basso di 6 punti nei primi mesi del 2011). Nel comparto non garantito il divario tra i tassi overnight negoziati sull’e-mID da banche italiane e il tasso Eonia è salito in media a 7,7 punti base, contro valori negativi nella prima parte dell’anno. Le tensioni sono proseguite con fasi alterne nei mesi successivi.

4.2 IL RICoRSo DELLE BaNChE ITaLIaNE aL RIFINaNzIamENTo PRESSo L’EURoSISTEma

Il ricorso delle banche ope-ranti in Italia al credito dell’Eurosistema ha subito un deciso incremento dallo scorso luglio. A settembre i

finanziamenti concessi alle controparti della Ban-ca d’Italia ammontavano in media a 91 miliardi di euro (contro circa 44 in gennaio), pari al 15,1 per cento del rifinanziamento complessivamente ero-gato dall’Eurosistema nel terzo trimestre (fig. 4.4); in ottobre si è registrato un picco del 18,7 per

Il costo relativo dei fondi sui mercati italiani è aumentato

Le banche italiane hanno aumentato il ricorso all’Eurosistema…

Figura 4.3

Quota degli operatori non residenti sui mercati telematici italiani (1)

(medie mensili di dati giornalieri; valori percentuali)

2007 2008 2009 2010 20110

20

40

60

80

100

0

20

40

60

80

100

MTS-general collateral

e-MID

MTS-special repo

Fonte: elaborazioni su dati e-MID SIM Spa e MTS Spa.(1) Quota calcolata sui volumi negoziati in accesso remoto.

Figura 4.4

Partecipazione italiana al rifinanziamento presso l’Eurosistema (1) (dati trimestrali; miliardi di euro e valori percentuali)

2006 2007 2008 2009 2010 20110

200

400

600

800

0%

5%

10%

15%

20%

rifinanziamento complessivo dell'Eurosistema(scala di sinistra)

quota del rifinanziamento presso la Banca d'Italia sul totalerelativo all'Eurosistema (scala di destra)

Fonte: elaborazioni su dati BCE e Banca d’Italia.(1) Rifinanziamento erogato dalla Banca d’Italia a banche operanti in Italia, comprese le filiali e le filiazioni di istituti esteri.

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cento. L’incremento è stato accentuato per le banche di maggiore dimensione: la quota dei primi cinque gruppi sul totale del rifinanziamento ottenuto dagli intermediari italiani ha raggiunto in settembre il 61 per cento, contro il 33 a gennaio.

A fronte delle maggiori esigenze di rifinanziamento, le banche hanno adeguato le attività a garanzia stanziate presso la Banca d’Italia (collateral pool). Nello scorso agosto il valore delle attività stanziate era pari a 126 miliardi al netto degli scarti di garanzia (haircuts) (contro 94 a gennaio; fig. 4.5.a), dei quali 85 miliardi effettiva-mente impegnati e 41 liberi e prontamente utilizzabili. Questa seconda compo-

nente, il margine disponibile, viene detenuta dalle banche per motivi precauzionali e per approvvigionar-si di liquidità infragiornaliera da utilizzare nel sistema di regolamento TARGET2. L’esigenza di ricorrere maggiormente al rifinanziamento della Banca centrale ha determinato un maggiore utilizzo del pool: il margine disponibile si è quindi ridotto al 33 per cento, dal 50 a gennaio.

…e hanno accresciuto le garanzie stanziate presso la Banca d’Italia

Figura 4.5

Attività stanziabili delle controparti della Banca d’Italia (1) (dati di fine periodo; miliardi di euro e valori percentuali)

(a) importi (b) composizione (agosto 2011)gennaio 2011 agosto 2011

9% 40%

14%

11%

3%

23%

titoli di Statoattività cartolarizzate (ABS)obbligazioni non garantite di istituzioni creditizie e società finanziarieobbligazioni bancarie garantite tradizionali e obbligazioni societarietitoli di amm. locali, obbligazioni bancarie garantite jumbo (3) e altri titoliattività non negoziabili (prestiti bancari)

13%

19% 62%

2%4%

33

42

17

12

45

85

28 5

24

12

41

92

principali 5controparti

(2)

altrecontroparti

italiane

filiali efiliazioni di

bancheestere

totalecontroparti

politicamonetaria

48

45

20

19

47

18 10

47

1227

8

113

principali 5controparti

(2)

altrecontroparti

italiane

filiali efiliazioni di

bancheestere

totalecontroparti

politicamonetaria

attività stanziabili libere davincoli

attività del pool non impegnate(margine disponibile)

attività del pool impegnatepresso l'Eurosistema

+ collateral pool

Fonte: elaborazioni su segnalazioni di vigilanza della Banca d’Italia e dati BCE.(1) Dati riferiti alle banche controparti di politica monetaria della Banca d’Italia ad agosto 2011 (111 banche, delle quali 91 abilitate a partecipare alle aste di po-litica monetaria, incluse le filiali e le filiazioni di banche estere, e 20 con accesso solo alle standing facilities). Sono pertanto escluse le circa 650 banche italiane non controparti di politica monetaria. Alla fine di agosto, il valore delle attività stanziabili libere da vincoli nella disponibilità di queste ultime banche era valutato, al netto degli haircuts, in 46 miliardi. – (2) Principali controparti di politica monetaria per dimensione dell’attivo del gruppo di appartenenza. – (3) Si definiscono jumbo le obbligazioni con un volume di emissione non inferiore a un miliardo di euro e quotate regolarmente da almeno tre market makers.

Al di fuori del collateral pool, le banche operanti in Italia detengono attività stanziabi-li e libere da vincoli valutate, al netto degli haircuts, in 92 miliardi alla fine di agosto (tale importo non comprende altre attività non negoziabili, la cui consistenza non è agevolmente stimabile). Pertanto, a tale data la capacità di ulteriore rifinanziamento del sistema bancario italiano presso la Banca centrale era valutabile in circa 133 mi-liardi, di cui 57 riferiti alle cinque maggiori banche. Per un quinto delle controparti,

l’ammontare degli ulteriori titoli stanziabili era pari a meno della metà del rifinanziamento già ottenuto.

Il valore complessivo delle attività stanziabili libere da vincoli rimane cospicuo

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Ad agosto il collateral pool era costituito prevalentemente da ABS (40 per cento del totale) e da prestiti bancari (23 per cento; fig. 4.5.b). Rispetto alla fine del 2010 la quota di ABS si è significativamente ridotta, anche per effetto dei crite-ri di accettazione delle garanzie più restrittivi entrati in vigore nell’anno (cfr. il capitolo 1: Le funzioni nell’ambito dell’Eurosistema, nella Relazione al Parlamen-

to e al Governo sull’anno 2010), mentre è aumentata quella dei titoli pubblici; modifiche analoghe nella composizione del collateral pool si sono registrate negli altri paesi dell’area dell’euro.

4.3 IL mERCaTo azIoNaRIo

Presso la borsa italiana il rapporto tra i corsi e gli utili delle società quotate corret-to per il ciclo economico si colloca sui valori minimi degli ultimi venti anni (fig. 4.6.a). Le basse quotazioni riflettono il nuovo, ampio incremento registrato dal premio per il rischio a partire dallo scorso maggio (fig. 4.6.b); le attese di cre-scita degli utili si mantengono invece su livelli mediamente elevati (fig. 4.6.c).

In prospettiva, le quotazioni azionarie potrebbero risentire di ulteriori revisioni al ribasso delle aspettative sugli utili indotte dal ridimensionamento delle pre-visioni di crescita economica e dal rialzo dei costi di finanziamento. mentre per le banche italiane le previsioni sugli utili futuri sono già state significativamen-

te riviste al ribasso, per le altre società quotate esse sono mutate solo di poco; la percentuale di so-cietà per le quali gli analisti hanno tagliato le previsioni sugli utili resta bassa rispetto ad analoghe fasi congiunturali del passato. Anche i premi per il rischio, benché elevati, potrebbero innalzarsi ulteriormente in presenza di nuove tensioni sul debito sovrano. Tali premi potrebbero invece ridur-si in presenza di un miglioramento delle prospettive di risoluzione della crisi, con ricadute positive sui corsi azionari.

È mutata anche la composizione delle attività stanziabili

I corsi azionari sono su valori molto bassi in rapporto agli utili…

…ma potrebbero risentire ancora della debolezza ciclica

Figura 4.6

Borsa italiana: livello delle quotazioni azionarie e andamento degli utili

(a) rapporto tra i prezzi e gli utili corretti per il ciclo economico (1)

(b) determinanti delle variazioni trimestrali dei corsi azionari nel 2011 (2)

(c) utili effettivi e attesi:tassi di crescita annui (3)

'02 '03 '04 '05 '06 '07 '08 '09 '10 '11-50

-25

0

25

50

75

-50

-25

0

25

50

75

un anno in avantieffettivi

-25

-20

-15

-10

-5

0

5

10

4° trim.2010

1° trim.2011

2° trim.2011

3° trim.2011

-25

-20

-15

-10

- 5

0

5

10

rendimento totalecontributo del tasso di interessecontributo degli utilicontributo del premio per il rischio

'10'05'00'960

10

20

30

40

50

0

10

20

30

40

50

Area euro (media 1983-2010=18,7)Italia (media 1996-2010 = 21,5)

Fonte: elaborazioni su dati Bloomberg e Thomson Reuters Datastream.(1) Dati mensili. Rapporto tra l’indice dei corsi azionari e la media mobile a 10 anni degli utili per azione, entrambi espressi a prezzi costanti. – (2) Dati trimestrali; rendimenti percentuali nel trimestre. La scomposizione del rendimento trimestrale nei contributi delle tre determinanti fondamentali (utili attesi, tassi a lungo ter-mine e premio per il rischio) viene effettuata ipotizzando che il premio per il rischio sia pari alla differenza fra il rendimento nominale delle azioni (pari al rapporto fra gli utili per azione previsti dagli analisti finanziari del panel IBES per i 12 mesi successivi e l’indice azionario) e il tasso sui titoli di Stato decennali; quest’ultimo è posto pari al tasso sul titolo di Stato benchmark tedesco. – (3) Dati mensili; valori percentuali.

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4.4 IL mERCaTo DEI TIToLI DI STaTo

Il collocamento dei titoli di Stato italiani è prose-guito con regolarità: il cover ratio si è sistematica-mente mantenuto su livel-

li ben superiori all’unità, registrando solo occasionalmente lievi riduzioni (fig. 4.7); i rendimenti di aggiudicazione sono stati gene-ralmente allineati a quelli registrati sul mercato secondario nei minuti precedenti l’asta (fig. 4.8).

L’acuirsi delle tensioni sui debiti sovrani ha avuto effetti significativi sul pre-mio per il rischio richiesto dagli investitori per acqui-stare titoli pubblici italia-ni. Lo spread BTP-Bund,

comunemente utilizzato come misura di tale premio, ha oltrepassato in più occasioni i 400 punti base. Questo indicatore tende tuttavia a sovrastimare l’effetto delle tensioni sui tassi all’emissione, in quanto risente del valore ecce-zionalmente ridotto dei tassi sui Bund, influen-zati dalla preferenza degli investitori per attivi-tà a basso rischio. Nel trimestre luglio-settem-bre i rendimenti all’emissione hanno registrato un rialzo rispetto al trimestre precedente pari in media a circa 90 punti base per le scadenze comprese tra due e cinque anni, di circa 60 punti base per le scadenze oltre i cinque anni (fig. 4.9). Nello stesso periodo lo spread BTP-Bund è cresciuto di 150 punti base sulla scadenza decennale. Inoltre, l’effetto dei più alti rendimenti all’emissione sul costo del debi-to pubblico è attenuato sia dalla riduzione del-le emissioni nette (44 miliardi nei primi nove mesi di quest’anno, contro 83 e 122 miliardi nei corrispondenti periodi del 2010 e del 2009), sia dall’elevata vita media residua dei titoli pubblici italiani (oltre sette anni). Eserci-zi di simulazione indicano che il rapporto de-bito/PIL rimarrebbe costante o si ridurrebbe anche in presenza di tassi all’emissione ben su-periori a quelli osservati nei mesi scorsi (cfr. il riquadro: La dinamica del debito pubblico dell’Italia).

I collocamenti dei titoli di Stato proseguono con regolarità

I tassi sono in aumento, ma l’impatto sulla spesa per interessi è contenuto

Figura 4.7

Cover ratio nelle aste dei BOT a 12 mesie dei BTP a 10 anni (1)

(dati rilevati in occasione delle aste di emissione)

2010 20111,0

1,5

2,0

2,5

1,0

1,5

2,0

2,5

BOT 12 mesi

BTP 10 anni

(1) Rapporto tra quantità richiesta e quantità offerta nelle singole aste dei titoli.

Figura 4.8

Variabilità dei prezzi in asta e differenziale rispetto all’MTS: BTP a 10 anni (1)

(dati rilevati in occasione delle aste; punti base)

2010 2011-20

0

20

40

60

-20

0

20

40

60

variabilità dei prezzi in asta

differenziale con l'MTS

(1) Deviazione standard dei prezzi proposti dagli operatori partecipanti alle singole aste e differenza tra il prezzo di aggiudicazione e il prezzo dello stesso titolo rilevato sull’MTS cinque minuti prima del termine per la presentazione delle domande.

Figura 4.9

Rendimento medio in asta dei titoli di Stato (1)(valori medi ponderati)

2007 2008 2009 2010 20110,0

1,5

3,0

4,5

6,0

0,0

1,5

3,0

4,5

6,0

BOT CCT e CCTeu CTZ e BTP 3-5 anni BTP oltre 5 anni

(1) Le interruzioni riflettono l’assenza di aste o il rinvio del regolamento al mese successivo.

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I rendimenti all’emissione dei titoli di Stato italiani potrebbero risentire nei prossimi mesi dell’elevata concentrazione di scadenze

tra febbraio e aprile 2012 (fig. 4.10). L’importo da rinnovare in quel periodo è elevato, nono-stante che il ministero dell’Economia e delle fi-nanze l’abbia ridotto mediante operazioni di concambio sull’mTS e riacquisti a valere sul Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato.

I titoli pubblici italiani continuano a essere col-locati nei portafogli di un’ampia e diversificata platea di investitori, sia residenti sia non resi-denti (cfr. il riquadro: I detentori di debito pubblico e di titoli di Stato italiani).

Nei prossimi mesi si concentrano ingenti rimborsi di titoli

I DETENTORI DI DEBITO PUBBLICO E DI TITOLI DI STATO ITALIANI

Nel giugno del 2011 la consistenza del de-bito pubblico italiano ammontava a 1.900 miliardi. La quota detenuta da non residenti, pari al 39,2 per cento (fig. A), è relativamen-te contenuta nel confronto internazionale (cfr. il riquadro: La sostenibilità dei conti pub-blici); una percentuale stimabile nel 4,3 per cento fa capo a gestioni patrimoniali e fondi comuni amministrati da operatori esteri ma riconducibili a risparmiatori italiani (1).All’interno del debito pubblico complessivo, i titoli di Stato rappresentano circa quattro quinti del totale. Tra i detentori residenti, le famiglie sono le prime in ordine di impor-tanza, con una quota del 14 per cento, se-guite dalle banche, dalle compagnie di assi-curazione e dai fondi comuni (fig. B.b). Gli operatori esteri possiedono il 46,2 per cento del totale, mentre il 5,2 per cento fa capo a gestioni e fondi comuni esteri riconducibili a risparmiatori italiani.Rispetto alla fase precedente l’avvio della crisi del debito sovrano nell’area dell’euro, la composizione percentuale dei detentori di titoli di Stato non è mutata in misura significativa, se si eccettua l’aumen-to della quota delle banche italiane: gli acquisti dei nostri intermediari avrebbero dunque contribuito a sostenere la domanda di titoli pubblici.La stabilità della quota degli investitori non residenti cela andamenti difformi per le diverse categorie di operatori. Dati dell’Autorità bancaria europea (European Banking Authority, EBA) evidenziano che, nel

Figura A

Detentori del debito pubblico italiano (1)(giugno 2011; valori percentuali)

non residenti39,2

Banca d'Italia3,6

banche e fondi comuni monetari

italiani: titoli12,8

banche italiane: prestiti 13,4

altre istituzioni finanziarie italiane (3)

13,9

famiglie e società non finanziarie

italiane 12,8

titoli di fondi comuni e gestioni

esteri riconducibili a

risparmatori italiani (2) 4,3

(1) Quote calcolate su dati ai valori nominali e al netto del debito pubblico italiano detenuto dalle Amministrazioni pubbliche italiane. Per ciascuna tipo-logia di detentore, la legenda riporta anche il valore della quota in cifre. – (2) Titoli di Stato italiani detenuti da gestioni patrimoniali e fondi comuni amministrati da operatori esteri ma riconducibili a risparmiatori italiani. Dati parzialmente stimati. – (3) Assicurazioni, fondi comuni non monetari, fondi pensione e altri intermediari.

Figura 4.10

Titoli di Stato in scadenza nel 2012(miliardi di euro)

0

20

40

60

80

nov dic gen feb mar apr mag giu lug ago set ott

2011 2012

0

20

40

60

80

(1) La quota complessiva dei non residenti e delle gestioni patrimoniali e di fondi comuni amministrati da operatori esteri ma riconducibili a risparmiatori italiani differisce leggermente dalla quota dei non residenti riportata nel riquadro La sostenibilità dei conti pubblici in quanto quel dato, di fonte FmI, è parzialmente stimato.

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corso del 2010, gli intermediari degli altri paesi europei hanno nel loro complesso ridotto l’esposizione netta di 57 miliardi di euro (di cui 40 facenti capo alle sole banche tedesche). Dati della Banca dei re-golamenti internazionali (non del tutto omogenei ai precedenti) evidenziano che questa esposizione si sarebbe ulteriormente ridotta nel primo semestre del 2011. Poiché la quota complessiva degli operatori esteri è stabile, il calo degli investimenti delle banche europee implica che altri operatori non residenti hanno acquistato volumi cospicui di titoli pubblici italiani, pur se a tassi di interesse crescenti.

Le vendite di titoli di Stato italiani registrate in fasi di forte tensione sui mercati potrebbero quindi aver riflesso, almeno in parte, la condizione di alcuni intermediari europei, che avrebbero ceduto i titoli pubblici italiani al fine di reperire liquidità.

La liquidità del mercato secondario dei titoli di Sta-to si è significativamente ridotta nelle fasi di tensio-

ne. Sul segmento a pronti dell’mTS in estate lo spread medio denaro-lettera quotato dai primary dealers ha superato i livelli raggiunti nel maggio del 2010, in occasione dell’aggravarsi della crisi greca (fig. 4.11); è inoltre aumentata la disper-sione dello spread quotato dai diversi operatori. Sia le quantità proposte in pagina sia quelle scambiate sono scese ai minimi osservati nello scorcio del 2008.

Da luglio la diminuzione dell’attività sull’mTS si è associata a un aumento degli scambi di titoli di Stato italiani nel mercato BondVision, dove le banche negoziano direttamente con gli ope-ratori istituzionali mediante asta, senza dover quotare proposte impegnative (che in fasi di tensione potrebbero esporre gli intermediari alle conseguenze di repentini mutamenti dei prezzi). In ottobre le condizioni di liquidità sono lievemente migliorate: sull’mTS il differenziale denaro-lettera è sceso a poco più di 50 punti base, mentre le quantità di negoziazione proposte hanno registrato un aumento.

Il mercato secondario ha risentito delle tensioni

Figura B

Detentori di titoli di Stato italiani (1)(dati di fine trimestre; valori percentuali)

(a) dicembre 2009 (b) giugno 2011

46,2

5,23,812,6

9,7

14,3

8,2

47,1

5,05,49,8

9,5

14,3

8,9

detentori esteri gestioni e fondi comuni esteri riconducibili a risparmiatori italiani (2)fondi comuni italiani banche italiane

assicurazioni italiane famiglie italianealtri detentori italiani (3)

(1) Quote calcolate su dati ai prezzi di mercato e al netto dei titoli di Stato italiani detenuti dalle Amministrazioni pubbliche italiane. Sono inclusi i prestiti della Repubblica. – (2) Gestioni patrimoniali e fondi comuni amministrati da operatori esteri ma riconducibili a risparmiatori italiani. Dati parzialmente stimati. –(3) Include la Banca d’Italia, le società non finanziarie, i fondi pensione e altre tipologie di investitori.

Figura 4.11

Differenziale denaro-lettera e scambi sull’MTS (1)(dati mensili; miliardi di euro e punti base)

201120102009200820070

2

4

6

8

10

0

20

40

60

80

100

spread

CCT

BTP

BOT e CTZ

scambi

spread

Fonte: elaborazioni su dati MTS Spa.(1) Lo spread è calcolato come media semplice dei differenziali di prezzo denaro-lettera rilevati sui BTP quotati sull’MTS durante la giornata operativa.

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4.5 IL mERCaTo DEI CREDIT DEFaULT SWaP

L’ampia dimensione e la rapida crescita del volu-me internazionale dei CDS (riferiti agli emittenti sia pubblici sia privati) costituisce una significa-tiva fonte di incertezza per i mercati finanziari a livello globale. All’interno di questo mercato, l’esposizione delle banche italiane risulta conte-nuta, di gran lunga inferiore al loro peso sulle attività bancarie complessive dei maggiori paesi.

Alla fine di settembre del 2011 il valore nozionale lordo dei CDS su titoli emessi da residenti italiani

era superiore a 710 miliardi di dollari. Quelli re-lativi a titoli di Stato ammontavano a 310 miliar-di (fig. 4.12); le vendite (offerte di protezione) facevano capo per oltre tre quarti a operatori non appartenenti all’area dell’euro, per la maggior parte statunitensi (fig. 4.13.a); circa l’80 per cento era riconducibile a dieci operatori. I dati sulle esposizioni nette (vendite meno acquisti di CDS) indicano che gli intermediari statunitensi risultano nel loro complesso acquirenti netti di protezione, mentre gli operatori di Germania e Regno Unito sono i maggiori venditori netti (fig. 4.13.b). Alla fine di settem-bre il rapporto tra il valore dei CDS sui titoli pubblici italiani e quello dei titoli consegnabili era pari al 14 per cento, inferiore alla media dei paesi europei (16 per cento). Il rapporto risulta correlato posi-tivamente con il rischio di credito dell’emittente percepito dagli investitori (cfr. Rapporto sulla stabilità finanziaria, n. 1, 2010).

Le banche italiane risultano venditrici di protezione su oltre mille diverse reference entities (emittenti del titolo sottostante), per un valore nozionale netto di 12 miliar-di di dollari alla fine dello scorso settembre. In termini di nozionale lordo, l’80 per cento è rappresentato da reference entities europee. Si tratta in larga parte (85 per

Prosegue la crescita dei CDS su titoli di residenti italiani

L’esposizione in CDS delle banche italiane è relativamente ridotta…

Figura 4.12

CDS con reference entity italiana (dati settimanali; consistenze in miliardi di dollari;

valori nozionali lordi)

20102009 201150

100

150

200

250

300

350

50

100

150

200

250

300

350

non bancari

Repubblica italiana

banche

Fonte: elaborazioni su dati Depository Trust & Clearing Corporation.

Figura 4.13

Esposizione in CDS su titoli di Stato italiani (1)(miliardi di dollari)

(a) esposizione lorda (b) esposizione netta

Italia Stati Uniti

2010 20110

25

50

75

100

125

150

0

25

50

75

100

125

150

Germania Francia Regno Unito

2010 2011-15

-10

-5

0

5

10

15

-15

-10

- 5

0

5

10

15

Fonte: elaborazioni su dati Depository Trust & Clearing Corporation.(1) Posizioni in CDS delle società finanziarie dei paesi indicati. Nel pannello (b), valori positivi (negativi) indicano vendite nette (acquisti netti) di protezione contro il rischio di insolvenza. L’esposizione netta di ciascun paese è calcolata come somma algebrica delle esposizioni nette degli operatori residenti (ultimate parents) sui titoli di Stato italiani. Pertanto, l’esposizione netta comprende anche le negoziazioni di CDS effettuate all’interno di ciascun paese.

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cento) di CDS riferiti a società finanziarie e indu-striali; la quota su reference entities sovrane è limi-tata (15 per cento; fig. 4.14). L’incidenza degli in-termediari italiani sul mercato globale dei CDS (1,2 per cento) resta di gran lunga inferiore al loro peso sulle attività bancarie complessive a livello in-ternazionale (dell’ordine del 5 per cento con riferi-mento ai maggiori paesi).

L’esposizione nozionale lor-da delle istituzioni finanzia-rie italiane sui CDS relativi ai titoli di Stato di Grecia, Irlanda e Portogallo è pari a

5,6 miliardi di dollari, un valore ridotto nel con-fronto internazionale (fig. 4.15.a). Con riferi-mento alle esposizioni nette, gli intermediari sta-tunitensi risultano, nel loro complesso, acquirenti netti di protezione, mentre quelli europei sono venditori netti di protezione, pur se per importi modesti (fig. 4.15.b). L’esposizione netta delle istituzio-ni finanziarie italiane è pari a 1,1 miliardi di dollari per il complesso dei tre paesi (ai quali si aggiungono 0,3 miliardi nei confronti delle società private).

4.6 LE INFRaSTRUTTURE DI mERCaTo E DI REGoLamENTo

Nei primi nove mesi del 2011, in presenza di un’elevata volatilità sui mercati, la Cassa di compensazione e garanzia (CCG) ha rivisto più volte i parametri uti-lizzati per calcolare i margini che i partecipanti sono tenuti a versare a garanzia delle operazioni. Per effetto di queste revisioni l’ammontare totale dei margini

iniziali è aumentato del 39 per cento rispetto al corrispondente periodo del 2010, in seguito soprat-tutto all’incremento registrato dalla componente relativa alle operazioni in titoli di Stato (fig. 4.16).

…anche nei confronti di Grecia, Irlanda e Portogallo

La CCG ha aumentato i margini nel segmento obbligazionario

Figura 4.14

CDS venduti dalle banche italiane: composizione per settore della reference entity (1)

(settembre 2011)

34%

30%

15%

21%

panieri diversificati finanziari sovrani industriali

Valore nozionale lordo: 320 miliardi di dollari

Fonte: elaborazioni su dati Depository Trust & Clearing Corporation. (1) Il valore nozionale lordo dei CDS venduti dalle banche italiane riportato nel grafico non è confrontabile con il valore di mercato (fair value) dei CDS descritto nel par. 3.4.

Figura 4.15

Esposizione in CDS sui titoli di Stato di Grecia, Irlanda e Portogallo (1)(miliardi di dollari)

(a) esposizione lorda (b) esposizione netta

2010 2011-15

-10

-5

0

5

10

-15

-10

- 5

0

5

10

Regno Unito Stati Uniti

2010 20110

20

40

60

80

100

0

20

40

60

80

100

Italia Germania Francia

Fonte: elaborazioni su dati Depository Trust & Clearing Corporation.(1) Posizioni in CDS delle società finanziarie dei paesi indicati. Nel pannello (b), valori positivi (negativi) indicano vendite nette (acquisti netti) di protezione contro il rischio di insolvenza. L’esposizione netta di ciascun paese è calcolata come somma algebrica delle esposizioni nette degli operatori residenti (ultimate parents) sui titoli di Stato di Grecia, Irlanda e Portogallo. Pertanto, l’esposizione netta comprende anche le negoziazioni di CDS effettuate all’interno di ciascun paese.

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Tra maggio e luglio è stato aumentato anche l’importo della componente mutualistica (default fund) a garanzia delle operazioni in titoli obbligazionari, ora quasi doppio rispetto alla fine del 2010.

Dal secondo trimestre dell’anno l’incidenza delle transazioni in titoli non regolate nella giornata prevista (fails) sul complesso delle operazioni immesse nel sistema di regolamento titoli è aumentata, soprattutto nella componente dei titoli di Stato (fig. 4.17). Il fenomeno è dovuto pressoché esclusivamente a operatori esteri, e non

è di entità tale da pregiudicare l’efficiente funzionamento del sistema di regolamento. I fails sembrano in parte riconducibili a calcoli di convenienza economica, come confermato dall’elevata correlazione positi-va, fino a luglio, fra la percentuale di transazioni non regolate e la specialness (la differenza tra il tasso sui contratti pronti contro termine general collateral e quelli special repo, che approssima il costo opportunità di reperire specifiche tipologie di titoli).

Su richiesta della Banca d’Italia e della Consob, la monte Titoli ha avviato in estate la revisione del siste-ma di penalizzazione dei

fails (cfr. il riquadro: Le misure adottate per contra-stare i fails e le vendite allo scoperto). L’annuncio del-le prime misure, lo scorso 5 agosto, ha coinciso con una significativa riduzione dei fails, che sono però tornati ad aumentare in settembre, in concomitan-za con una fase di nuove tensioni sullo special repo (essi sono comunque rimasti su livelli inferiori a quelli di inizio estate). Un giudizio sull’efficacia delle prime misure di contenimento, entrate in vi-gore in settembre, è prematuro; esse potranno esse-re riviste o integrate dalla monte Titoli nell’ambito di una più generale riforma del sistema di penaliz-zazione.

I failssono tornati ad aumentare…

…ma le nuove misure dovrebbero disincentivare il fenomeno

Figura 4.16

Cassa di compensazione e garanzia: posizioni aperte, margini e default funds (1)(dati mensili; milioni di euro e valori percentuali)

(a) comparto obbligazionario (b) comparto azionario

2010 20110

1.000

2.000

3.000

4.000

5.000

6.000

0,0

1,5

3,0

4,5

6,0

7,5

9,0

2010 20110

1.500

3.000

4.500

6.000

7.500

9.000

0,0

0,2

0,4

0,6

0,8

1,0

1,2

margini (scala di sinistra) default fund (scala di sinistra) rapporto margini/posizioni aperte (scala di destra)

Fonte: elaborazioni su dati CCG Spa.(1) I margini iniziali sono fondi o titoli versati a garanzia dai partecipanti in proporzione alla loro attività, volti a fronteggiare eventuali perdite in condizioni di mercato ordinarie. I default funds sono invece fondi mutualistici da utilizzare qualora i margini dell’insolvente risultino insufficienti; essi sono determinati in modo da coprire l’eventuale insolvenza dei tre intermediari con le maggiori esposizioni negative e, di norma, vengono valutati in base a stress test eseguiti due volte al mese. Nella definizione delle garanzie richieste ai partecipanti la CCG adotta criteri condivisi a livello internazionale. Per maggiori dettagli, cfr. il riquadro: La Cassa di compensazione e garanzia, in Rapporto sulla stabilità finanziaria, n. 1, 2010.

Figura 4.17

Fails su titoli di Stato italiani e indicatore di specialness (1)

(medie mobili a 10 giorni di dati giornalieri; punti base e valori percentuali)

2009 2010 20110

1

2

3

4

5

0

10

20

30

40

50

60

percentuale fails (scala di sinistra)specialness (scala di destra)

Fonte: elaborazioni su dati Monte Titoli Spa e Banca d’Italia.(1) Fails registrati sul sistema di regolamento Express II.

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Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011 BANCA D’ITALIA BANCA D’ITALIA Rapporto sulla stabilità fi nanziaria n. 2, novembre 2011 65

LE MISURE ADOTTATE PER CONTRASTARE I FAILS E LE VENDITE ALLO SCOPERTO

Il nuovo schema di penalizzazione ha l’obiettivo di ridurre la quota dei fails non dovuti a problemi di carattere tecnico. Esso sostituisce il precedente meccanismo, che prevedeva l’applicazione di una penale fissa di 200 euro ai partecipanti a Express II in fail ogniqualvolta il controvalore delle operazioni non regolate nel sistema nel suo complesso raggiungeva una predeterminata soglia. Nel nuovo schema le penali vengono applicate nei confronti di ciascun intermediario proporzionalmente all’entità dei suoi fails giornalieri per singolo titolo, valutati ai prezzi di mercato. Le percentuali di penalizzazione sono pari allo 0,001 per cento per le obbligazioni societarie e per i titoli di Stato, e allo 0,02 per cento per gli altri titoli (azioni, warrant, exchange traded funds). Per evitare eccessivi costi amministrativi sono state previste soglie (5 milioni per i titoli obbligazionari e 250.000 euro per gli altri titoli) entro le quali la penale non viene applicata. Gli introiti delle penali sono redistribuiti, proporzionalmente su ciascun titolo, ai parte-cipanti ai quali nel mese di riferimento non sono stati consegnati i titoli oggetto delle penali. In agosto la Consob ha deliberato il divieto di assumere posizioni nette corte, o di incrementare posizioni nette corte esistenti, sui titoli azionari delle società finanziarie, al fine di contrastare la forte caduta dei cor-si azionari osservata tra luglio e agosto. La misura, introdotta anche in seguito a decisioni analoghe delle autorità di altri paesi dell’area dell’euro, inizialmente doveva rimanere in vigore per 15 giorni; successiva-mente, sotto il coordinamento dell’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (European Securities and markets Authority) è stata prorogata fino all’11 novembre. Dal divieto sono stati esclusi i market makers, per i quali la possibilità di effettuare vendite allo scoperto è stata considerata fisiologica.

Nel 2011 il sistema dei pagamenti europeo TARGET2 è rimasto altamente affi-dabile, garantendo con puntualità la chiusura di ciascuna giornata operativa e assicurando piena continuità di funzionamento. Anche il 25 luglio, quando si è verificato un fermo di tre ore in apertura di giornata, l’attivazione dei meccanismi

di sicurezza presenti nel sistema ha consentito di regolare tutti i pagamenti in giornata; il volume delle transazioni è rimasto nella norma, indicando che le banche non hanno dovuto far ricorso a canali alter-nativi.

La liquidità infragiornaliera utilizzata in media dalle banche italiane in TARGET2 si è ridotta da oltre 7 miliardi nel 2010 a 5,7 miliardi, pari al 10 per cento della linea di credito infragiornaliero. Ciò non ha avuto effetti indesiderati sui tempi di regolamento: i due terzi del valore dei pagamenti sono stati regola-ti entro le ore 13.00 (cfr. il riquadro: Il rischio di liquidità infragiornaliero in TARGET2-Banca d’Italia).

Aumenta l’efficienza dell’utilizzo di liquidità infragiornaliera

IL RISCHIO DI LIQUIDITÀ INFRAGIORNALIERO IN TARGET2-BANCA D’ITALIA

Nei sistemi di regolamento lordo in tempo reale la gestione infragiornaliera della liquidità assume una particolare rilevanza, per gli effetti – potenzialmente sistemici – che ritardi nel regolamento dei paga-menti da parte di una banca possono determinare sulle controparti. Il rischio di liquidità infragiorna-liero viene pertanto costantemente valutato in base a diversi indicatori. Un primo indicatore (largest cumulative net outflow, LCNO) è costituito dalla differenza massima tra il valore dei pagamenti cumulati effettuati e quelli ricevuti nel corso della giornata, che misura la liquidi-tà necessaria a un intermediario per effettuare i propri pagamenti nei tempi dovuti (1). Tra il gennaio

(1) Gli LCNO osservati sovrastimano il fabbisogno di liquidità, in quanto le banche possono dilazionare l’immissione di alcuni pagamenti durante la giornata senza significative conseguenze operative e reputazionali. Inoltre, la liquidità detenuta sui conti di regolamento rappresenta il limite inferiore dei mezzi liquidi effettivamente disponibili, poiché le banche possono reperire risorse liquide al di fuori del sistema (ad es. mediante lo stanziamento presso l’Eurosistema di attività idonee e non impegnate o aprendo linee di credito presso altri intermediari).

Page 67: Rapporto sulla stabilità finanziaria€¦ · 2008 e il 2009 le autorità europee intervennero con successo per ricapitalizzare le banche e per garantirne la raccolta. Nell’attuale

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del 2010 e lo scorso settembre, in TARGET2-Banca d’Italia il 90 per cento degli LCNO delle banche italiane si è collocato al di sotto dei 300 milioni; solo il 4 per cento di essi ha superato il miliardo. Nel 2011 le esposizioni debitorie nette infragiornaliere si sono commisurate in media al 30 per cento della liquidità detenuta dalle banche a inizio giornata (fig. A); solo in pochi casi i valori hanno superato il 50 per cento. Un secondo indicatore è dato dalla percentuale di banche che a una determinata ora della giornata sarebbero in grado di regolare tutti i restanti pagamenti a debito anche qualora i successivi pagamenti in entrata venissero cancellati: si valuta cioè la capacità delle banche di far fronte ai pagamenti pen-denti a una data ora nell’ipotesi che esse possano utilizzare le sole disponibilità liquide presenti sul proprio conto di regolamento. L’andamento nel tempo di questo indicatore calcolato in cinque di-verse ore della giornata mostra che la quota dei partecipanti italiani in possesso di liquidità sufficiente a regolare tutti i restanti pagamenti a debito già alle ore 9.00 è elevata (intorno al 60 per cento), e in crescita nei mesi recenti (fig. B); questo insieme comprende pressoché costantemente i maggiori gruppi bancari italiani. Oltre l’80 per cento degli operatori possiede mezzi liquidi per regolare tutti i pagamenti residui entro le ore 11.00. Nel complesso, queste misure denotano un rischio di liquidità infragiornaliero assai limitato. Ciò ri-flette sia il crescente ricorso a modalità garantite di funding nel mercato monetario, regolate di norma nelle ore iniziali della giornata, sia il passaggio al sistema di pooling (2), che ha comportato un aumento delle linee di credito infragiornaliere presso la banca centrale.

(2) Il pooling consente agli intermediari di detenere presso la banca centrale un unico conto di deposito per le garanzie, il cui controvalore garantisce in modo indistinto tutte le operazioni di credito con l’Eurosistema.

Figura A Figura B

Rischio di liquidità infragiornaliero delle banche italiane (1)

(dati medi annuali; valori percentuali)

Impegni infragiornalieri di pagamento e liquidità delle banche italiane

(percentuali di banche)

2009 2010 20110

25

50

75

100

0

25

50

75

100

9.00 11.00 13.00 15.00 fine giornata

0,00

0,25

0,50

0,75

1,00

0,00 0,25 0,50 0,75 1,00

1,00

0,75

0,50

0,25

0,00

banche maggioribanche grandibanche mediealtre italiane

2010

2011

(1) Rapporto tra esposizione giornaliera massima netta cumulata (largest cumulative net outflow, LCNO) e liquidità iniziale detenuta sui conti di gestione (moneta di banca centrale e margine disponibile sulle linee di credito)