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C E N S I S RIPENSARE LA REMUNERAZIONE DEL LAVORO Le prospettive legate all’internazionalizzazione Rapporto finale Roma, maggio 2009

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C E N S I S

RIPENSARE LA REMUNERAZIONE DEL LAVORO

Le prospettive legate all’internazionalizzazione

Rapporto finale

Roma, maggio 2009

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Questo testo è stato realizzato da un gruppo di lavoro diretto da Maria Pia Camusi e composto da Fabio Veronica, Vittoria Coletta, Gabriella Addonisio, la società Codres.

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INDICE

1. Introduzione Pag. 1

1.1. Premessa “ 1 1.2. Nota introduttiva “ 1

2. La dimensione internazionale a scala ridotta “ 5 3. Il consolidamento occupazionale della proiezione all’estero “ 27 4. Il merito che aggancia l’innovazione dei mercati “ 45 5. La competitività? Una questione di clima “ 69 6. Nota metodologica “ 101

6.1. I dati strutturali “ 101 6.2. Il panel delle imprese “ 101 6.3. Il metodo di lavoro “ 102

7. Un database salariale per le imprese italiane che operano all'estero. “ 102

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1. INTRODUZIONE

1.1. Premessa

Questo testo presenta i risultati finali del progetto “Ripensare la remunerazione del lavoro. Le prospettive legate all’internazionalizzazione”, commissionato al Censis dalla società Eri (Economic Research Institute)- Gradus International.

Il lavoro contiene le principali evidenze di una ricerca finalizzata a descrivere e ad interpretare il cambiamento in atto nella struttura dei salari e la loro relazione con le strategie e le dimensioni di internazionalizzazione delle imprese.

Al commento dei dati raccolti nel corso dell’indagine segue l’indicazione delle caratteristiche dei casi analizzati e della metodologia adottata.

1.2. Nota introduttiva

La correlazione fra politiche salariali e livello di internazionalizzazione delle imprese italiane non è sempre evidente, né è stata in passato particolarmente studiata, ma non c’è dubbio che per le aziende che sono orientate a sviluppare la loro presenza estera il rapporto con l’assetto retributivo interno sia una dimensione importante.

Certamente, l’apertura delle imprese italiane alla dimensione internazionale non riesce a compiere quel salto di qualità necessario a rendere questa caratteristica non un eccezione, ma la regola. Sono gli stessi dati ufficiali a testimoniare della difficoltà che le aziende hanno a pensarsi proiettate oltre i confini nazionali.

Il processo di internazionalizzazione delle imprese italiane, peraltro, è ancora una volta in frenata, come mettono in luce i dati più recenti al momento in cui si scrive. Nel mese di gennaio 2009 le esportazioni complessive sono diminuite del 25.8 % rispetto al gennaio del 2008 e le importazioni del 24,1%, trascinando il saldo, che ha segnato un valore in negativo pari a 3.585 milioni di euro. Segnali non meno problematici arrivano da fonti internazionali che indicano per l’anno in corso una riduzione altrettanto critica degli scambi su base mondiale.

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Questi dati segnalano l’evidenza che sempre meno aziende sperimentano la possibilità di provarsi in mercati non nazionali - a maggior ragione in una congiuntura internazionale come quella attuale che scoraggia il modello sperimentato fin qui di economia globalizzata, ad alta intensità finanziaria –.

Al tempo stesso, emerge una tipologia di imprese che reggono agli urti del mutamento di paradigma degli scambi e che sviluppano invece strategie di presenza sull’estero, rappresentando un gruppo sicuramente dinamico. Si tratta di imprese di dimensioni più elevate di quelle micro, che sono capaci di contare su un orientamento al mercato articolato e innovativo.

L’indagine realizzata per conto di Eri-Gradus ha messo in luce che il livello di internazionalizzazione presente nelle imprese le rende diverse da tutte le altre, prefigurando due mondi in cui giocano valori e obiettivi che hanno un influenza diretta sul “destino” delle risorse impiegate, sulla gestione del lavoro e sul ruolo assunto dalla retribuzione.

Le imprese internazionalizzate subordinano il lavoro umano a questa loro propensione e non viceversa, perché i loro orizzonti sono oltre il managing delle risorse nazionali e viaggiano verso il raggiungimento di standard e di prestazioni che prescindono per lo più dalle questioni in house.

Una prima considerazione importante riguarda il collegamento fra internazionalizzazione delle imprese e sicurezza occupazionale, ossia le aziende che hanno collegamenti o addirittura sedi all’estero sono anche quelle più in grado di offrire al loro personale contratti a tempo indeterminato, inducendo quindi una indiscutibile stabilità lavorativa. Le imprese che dichiarano nell’indagine di avere una sensibile attività all’estero, sono anche quelle che adottano più di altre contratti standard e meno contratti flessibili, facendo pensare che la continuità del lavoro sia funzionale alla proiezione oltre confine.

Altrettanto sensibile al processo di internazionalizzazione è il modello di gestione delle risorse umane. Questo modello si può pensare idealmente articolato in due componenti principali:

- il clima interno e la soddisfazione del lavoro;

- il ruolo occupato dalla retribuzione nel rapporto di lavoro.

Sotto il primo profilo, emerge che le imprese internazionalizzate offrono ai propri dipendenti motivi di soddisfazione legati soprattutto alla dinamicità implicita nelle loro strategie, che si traduce in valorizzazione delle

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competenze manageriali e nella promozione verso percorsi di carriera interna.

Nelle imprese in cui, invece, non c’è una significativa proiezione all’estero, ciò che soddisfa il lavoratore è la sicurezza del posto di lavoro e la possibilità di mantenere buoni livelli di autonomia. Ancora una volta si capisce che le aziende internazionalizzate hanno oggettivamente una marcia in più sul versante della reputazione interna, nonostante condividano con le altre gli strumenti per rendere migliore l’ambiente di lavoro, dalla formazione alla qualificazione degli ambienti fisici.

Sempre sul versante del clima interno, tutte le imprese mostrano di avere gli stessi problemi, concentrati soprattutto nella sicurezza del lavoro, nell’affaticamento dell’attività produttiva per i problemi dei singoli lavoratori e nella necessità di offrire formazione alle proprie forze – lavoro.

Sotto il secondo profilo, quello degli aspetti legati alla retribuzione e al suo significato nel rapporto di scambio competenze vs. posto di lavoro, la matrice internazionale delle imprese stabilisce ancora una volta una linea piuttosto netta di demarcazione. Le aziende che sono proiettate all’estero hanno la necessità di arricchire la propria offerta salariale di componenti che manifestino il loro interesse per le risorse umane utilizzate: la quota di merito presente nella struttura salariale, ad esempio, aumenta di più in queste imprese di quanto non accada in quelle non internazionalizzate e il significato stesso del salario si lega in proporzioni maggiori al concetto di valorizzazione del merito.

Per non parlare delle forme di remunerazione non monetaria, che sempre nello stesso tipo di imprese sono presenti in percentuali più elevate: dai premi di produttività all’indennità di trasferta alle coperture assicurative.

Il piano su cui sono le imprese a mercato nazionale a distinguersi è quello dei rapporti con i dipendenti, improntati generalmente a fiducia e collaborazione, mentre nelle imprese internazionalizzate questi rapporti sono piuttosto impersonali, quanto non tesi e conflittuali. Sembrerebbe che la maggiore tenuta nei mercati globali debba comportare non proprio un allentamento della coesione interna, ma una sorta di finalizzazione delle relazioni di impresa a norme standardizzate e comuni a mercati diversi. Ma, d’altra parte, è proprio grazie al rispetto di standard e di regole che le aziende diventano competitive e possono accedere a circuiti più complessi di mercato. E per queste imprese la retribuzione è specchio e misura del merito nel concorrere attivamente a raggiungere e ad implementare tali processi.

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In sostanza, la ricerca conferma alcune linee di tendenza già osservate in precedenti studi del Censis, in primo luogo l’evidenza per cui le imprese che sono in buono stato di salute, fino a proporsi come energie vitali per il sistema, sono quelle che non innovano solo il prodotto o i processi, ma che riorganizzano in modo integrale il loro stile di fare impresa. In questo senso, viene data maggiore attenzione alle funzioni a valle e a monte della produzione: il miglioramento della funzione commerciale, di quella finanziaria e della logistica, ad esempio, e la stessa proiezione sui mercati esteri.

Questa ricerca sottolinea che le imprese che rafforzano le loro strategie di presenza oltre confine non solo investono su reti logistiche e distributive nella prospettiva di conoscere meglio il cliente, ma investono anche sulle risorse umane utilizzate, con cui dialogano di più nell’ambito delle regole gestionali che presiedono ai processi di internazionalizzazione. Non colpisce tanto che a parità di qualifica i dipendenti all’estero vengano pagati di più, quanto che, per queste imprese, il merito e la partecipazione allo sforzo aziendale siano specificamente remunerati.

Anche se la crisi economica globale ha messo in crisi il concetto stesso di modello di eccellenza, è verosimile ritenere che le imprese internazionalizzate rimarranno emblematiche come strutture in grado di far ripartire lo sviluppo. E di tanto le loro risorse umane saranno sempre più centrali per garantire loro di raggiungere gli obiettivi prescelti, di altrettanto le ragioni dello scambio retributivo sotteso al loro lavoro potranno essere di interesse per la restante platea di imprese. Magari incentivandole a provarsi sulla stessa strada di modernizzazione.

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2. LA DIMENSIONE INTERNAZIONALE A SCALA RIDOTTA

L’internazionalizzazione dei mercati, anche in presenza di perduranti turbolenze finanziarie, rimane uno dei fattori di competitività per il tessuto imprenditoriale del nostro paese.

I processi di internazionalizzazione per le imprese, da tempo, non sono più solamente esportazione di beni e servizi nei mercati esteri ma, soprattutto in periodi di frenata globale dei consumi delle famiglie e delle imprese, interessano la stessa produzione, con investimenti produttivi nelle aree emergenti come elemento di compensazione.

Eppure, analizzando i dati relativi alle diverse modalità con cui le aziende italiane del campione osservato si confrontano con la sfida dei mercati internazionali, colpisce sia la totale assenza di investimenti diretti, sia l’assenza tout court di esportazioni che riguardano il 52,1% di esse. Segno che sono in corso dinamiche di restringimento del contesto internazionale per le imprese italiane (fig. 1). Difficoltà legate più a fattori endogeni che riconducibili alle dirette responsabilità interne all’impresa.

È pur vero che quando l’azienda esporta, nel 34,2% dei casi osservati ricorre all’esportazione diretta, un sistema che, se da una parte mostra costi e rischi più elevati, dall’altra assicura alle aziende il controllo totale sul marketing dei prodotti, ma soprattutto un knowledge sul mercato d’esportazione utile all’impresa soprattutto nel medio-lungo periodo.

Le aziende interessate da questa modalità di business sono prevalentemente quelle attive nel Friuli-Venezia Giulia, con il 45,5%, dal punto di vista dimensionale, le medie imprese (quelle con addetti compresi tra i 50 e i 199) dove la percentuale è del 40,3% e che operano nell’Industria, il 60,3% (tabb. 1, 2 e 3).

Solo il 7,9% delle imprese, affidandosi ad agenti, società commerciali o altre forme di intermediazione, ricorre all’esportazione indiretta, una modalità che penalizza le imprese proprio sul versante delle conoscenze utili per un maturo processo di internazionalizzazione, prima ancora che per il basso livello di controllo sulla distribuzione e sul marketing del prodotto nel mercato estero.

Non tute le regioni adottano allo stesso modo questo tipo di esportazione. È, infatti, interessante osservare i dati divergenti relativi alle aziende del Friuli-

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Venezia Giulia e a quelle della Lombardia, rispettivamente al 13,6% e al 3,2%. Anche in questo caso parliamo di imprese che operano soprattutto nell’Industria, nell’11,9% dei casi osservati.

Proprio per porre rimedio a questi limiti le aziende ricorrono spesso ad accordi di cooperazione con imprese del paese straniero riuscendo così ad aumentare il proprio controllo sulla distribuzione e la vendita del prodotto. Nei casi osservati questa modalità interessa solamente il 5,8% delle imprese, in prevalenza quelle localizzate nelle regioni settentrionali (Lombardia 9,5%, Friuli-Venezia Giulia 9,1%) e nelle grandi imprese, quelle con più di 200 addetti (11,8%).

Nel complesso, emergono alcuni segnali di arretramento delle imprese nei processi di internazionalizzazione legati più che altro a fattori non direttamente riconducibili all’interno dell’azienda.

Una contrazione confermata anche dai dati relativi alle quote di fatturato che le aziende hanno realizzato all’estero negli ultimi 3 anni. Confrontando i risultati di due diverse analisi di campo realizzate dal Censis nell’intervallo di tempo 2003-2007, emerge che nel 2003 la quota di fatturato riconducibile all’internazionalizzazione produttiva delle imprese osservate è stata pari al 39,9%, nel 2007 la percentuale è scesa al 34,7% (tab. 4).

In merito alle principali difficoltà che le aziende incontrano nella globalizzazione dei nuovi mercati relativamente alle riscorse umane, al primo posto troviamo, per il 15,8% del campione di imprese interpellato, i costi elevati della mobilità internazionale (tab. 5). A seguire, per il 13,3%, gli eccessivi vincoli alla mobilità internazionale dei lavoratori e, per l’11,7% dei casi osservati, gli eccessivi adempimenti burocratici.

Tutte difficoltà direttamente riconducibili al di fuori dell’organizzazione aziendale e che evidenziano il carattere esogeno dei principali fattori ostativi l’internazionalizzazione delle imprese.

In modo particolare per quelle lombarde che, relativamente a questa tipologia di difficoltà, mostrano percentuali sopra la media. Solo nelle regioni centro meridionali del Lazio e della Sicilia il peso della burocrazia appare essere più sostenibile, con valori al di sotto della media e ben al di sotto delle regioni centrosettentrionali: se in Sicilia solo il 7% delle imprese osservate ritiene eccessivi gli adempimenti burocratici, in Lombardia ed Emilia-Romagna la percentuale sale al 14,3%.

Per quanto riguarda le difficoltà legate agli eccessivi costi della mobilità internazionale questi sembrerebbero gravare più sulle imprese della Sicilia

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(20,9%), della Lombardia (19%) e del Friuli-Venezia Giulia (18,2%), e meno su quelle dell’Emilia-Romagna (8,2%) e del Lazio (12,2%).

Solo l’11,3% delle imprese riconosce come vincolo all’internazionalizzazione l’assenza/insufficienza di personale qualificato per seguire tale processo all’interno dell’azienda (in Lombardia sono solo l’1,6% delle imprese osservate), mentre il 9,2% ammette difficoltà nella gestione del personale operante all’estero, particolarmente avvertita in Friuli-Venezia Giulia (15,2%).

Il livello di difficoltà riscontrato nel reclutamento di risorse umane da inviare all’estero non mostra valori elevati e viene indicato solo dal 7,9% delle imprese con un grado di difficoltà maggiore per le imprese siciliane (11,6%), minore per quelle laziali (4,9%).

Anche la scarsa disponibilità dei lavoratori italiani all’espatrio per motivi di lavoro non trova conferma dai dati: viene segnalata come difficoltà solamente dall’8,3% delle imprese interpellate. Più disponibili a recarsi all’estero i lavoratori della Lombardia e del Lazio (rispettivamente 4.8% e 4,9%), meno quelle del Friuli-Venezia Giulia e Sicilia (15,9% e 11,6%).

Se per le piccolissime imprese, quelle con un numero di addetti inferiore alle 50 unità, le difficoltà maggiori sono rappresentate dai costi della mobilità internazionale (17,2%) e dall’assenza/insufficienza di personale qualificato (11,2%), per quelle con un numero di addetti compresi tra i 50 e i 199, a frenare l’internazionalizzazione dell’impresa sono soprattutto gli eccessivi vincoli alla mobilità internazionale (19,4%) e gli eccessivi adempimenti burocratici (15,3%) (tab. 6).

I vincoli alla mobilità internazionale, i suoi costi elevati e l’assenza/insufficienza di personale qualificato, invece, sono le difficoltà maggiori dichiarate dalle grandi imprese, quelle con più di 200 addetti, con valori rispettivamente del 17,6%, 17,6% e del 14,7% dei casi osservati.

Come illustrato in tabella 7, quello dei costi elevati della mobilità internazionale è una difficoltà avvertita prevalentemente nel settore dell’Industria (23,8%), meno in quello dei Servizi (10,1%).

Anche per quanto riguarda l’assenza/insufficienza di personale qualificato (Industria 16,8%, Servizi 7,2%), e la scarsa disponibilità all'espatrio delle risorse italiane (Industria 13,9%, Servizi 4,3%), i valori mostrano una diversa sensibilità rispetto a queste problematiche per le imprese che operano nei due differenti comparti produttivi.

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Le aziende che in questi anni hanno innovato attraverso sistemi produttivi competitivi adeguati a sostenere in modo più efficace la sfida del mercato mondiale, cominciano a mostrare i primi segnali di raffreddamento. I dati relativi sia alla frequenza, sia alle modalità d’invio del personale all’estero evidenziano come le aziende oggi adottino strategie organizzative più caute, segnando un certo grado di arretramento circa le modalità più innovative ed efficaci alla loro internazionalizzazione.

Osservando i dati relativi al Rapporto Censis su “L’innovazione nei processi di internazionalizzazione”, nel 2005 emerse che la frequenza dell’invio di personale all’estero aveva interessato oltre il 73% delle imprese, mentre quelle che avevano risposto di non inviare personale all’estero erano solamente il 26,7% del campione interpellato.

Oggi, invece, il numero di imprese interessate da questa modalità organizzativa è scesa al 55,9% ed è salita considerevolmente la percentuale di quelle che dichiarano di non ricorrere mai all’invio di personale all’estero: il 44,1% del campione (fig. 2). Solo il 17,9% delle imprese invia spesso personale all’estero, il 18,8% qualche volta e il restante 19,2% raramente.

A dichiarare di non inviare mai il proprio personale all’estero sono soprattutto le aziende del Lazio (53,6%), dell’Emilia-Romagna (51%) e della Sicilia (48,8%) (tab. 8). Aziende che operano soprattutto nei Servizi (57,5%) e di piccole dimensioni (50,1%), quelle con un numero di addetti compreso tra i 15 e i 49 addetti (tabb. 9 e 10).

La frequenza con cui le aziende inviano il proprio personale all’estero è strettamente correlata al tipo di modalità che si sceglie per internazionalizzare il proprio business. Come mostrano i dati in tabella 11, infatti, ad inviare spesso il proprio personale all’estero sono soprattutto quelle imprese che adottano l’esportazione diretta come forma di internazionalizzazione, il 69,8%, e quelle che ricorrono ad accordi di cooperazione con una percentuale tre volte superiore alla media, il 16,3%.

Proprio l’assenza di un’economia internazionale dell’impresa fa venire meno la necessità di ricorrere alla mobilità internazionale delle risorse umane. È evidente quindi che quando l’azienda non esporta, l’85% delle aziende osservate, non invia mai proprio personale all’estero.

E quando le aziende ricorrono alla mobilità internazionale si limitano a farlo sempre più per rispondere ad esigenze contingenti. Relativamente alle diverse modalità con cui i lavoratori coinvolti nel processo di

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internazionalizzazione vengono inviati all’estero, 9 aziende su 10 oggi preferiscono infatti adottare l’istituto della trasferta breve, nel 90,3% dei casi osservati (fig. 3). Il 6% ritiene più opportuna alle strategie competitive dell’azienda la trasferta lunga, mentre solo il 3,7% ricorre ad una trasferta superiore ai 6 mesi.

Processi di mobilità internazionale che, osservando i dati disaggregati per classe dimensionale delle aziende e per regioni prese in esame, mostrano differenze rilevanti che confermano, in modo netto, il tradizionale divario tra il Nord e il Sud del Paese.

La variabile dimensionale dell’impresa conferma quanto già emerso in tabella 8 sui costi della mobilità internazionale più difficili da sostenere per realtà imprenditoriali eccessivamente ridotte. Ne consegue che solo l’1,5% delle imprese con meno di 50 addetti attivino processi di mobilità superiori ai 6 mesi, mentre sono il 4,4% le aziende con un numero di addetti complesso tra i 50 e i 199 e il 9,6% nel caso delle grandi aziende, quelle con più di 200 addetti (tab. 12).

Al Centro-Sud prevale la tipologia di trasferte brevi (Lazio 94,7%, Sicilia 90%) e sono del tutto assenti quelle di lungo periodo, mentre al Nord la percentuale delle aziende che attivano trasferte di lungo periodo, sopra i 6 mesi, sale al 5,1% per le aziende del Friuli-Venezia Giulia e al 2,6 per quelle della Lombardia (tab. 13).

Nell’analisi dei dati relativi ai differenti comparti produttivi emerge che la trasferta lunga sembra essere la tipologia preferita dalle imprese dei servizi, (6,8%), mentre quelle che operano nei settori industriali, per il 92,1% prediligono la trasferta breve (tab. 14).

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Fig. 1 - Modalità prevalente di internazionalizzazione dell'azienda (val. %)

Fonte: indagine Censis, 2009

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Tab. 1 - Modalità prevalente di internazionalizzazione dell'azienda, in base all’area geografica (val. %)

Regione Totale Modalità Lombardia Friuli

Venezia Giulia

Emilia Romagna

Lazio Sicilia

Esportazione indiretta 3,2 13,6 10,2 7,3 7,0 7,9 Esportazione diretta 34,9 45,5 34,7 19,5 34,9 34,2 Cooperazione 9,5 9,1 - 7,3 2,3 5,8 L'azienda non esporta 52,4 31,8 55,1 65,9 55,8 52,1 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2009

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Tab. 2 - Modalità prevalente di internazionalizzazione, in base alla classe dimensionale (val. %)

Addetti Totale Modalità Da 15 a 49 Da 50 a 199 200 e più Esportazione indiretta 9,0 9,7 - 7,9 Esportazione diretta 31,3 40,3 32,4 34,2 Cooperazione 5,2 4,2 11,8 5,8 L'azienda non esporta 54,5 45,8 55,8 52,1 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2009

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Tab. 3 - Modalità prevalente di internazionalizzazione, in base al comparto produttivo (val. %)

Settore Totale Modalità Industria Servizi Esportazione indiretta 11,9 5,0 7,9 Esportazione diretta 60,3 15,1 34,2 Cooperazione 5,0 6,5 5,8 L'azienda non esporta 22,8 73,4 52,1 Totale 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis 2009

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Tab. 4 - Percentuale media di fatturato realizzato all'estero negli ultimi tre anni (val. %) % 2003 39,9 2007 34,7 Fonte: indagine Censis-Eca Italia, 2004 e indagine Censis, 2009

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Tab. 5 - Difficoltà principali legate all'internazionalizzazione sotto il profilo delle risorse umane, in base all’area geografica (val. %)

Regione Totale Difficoltà Lombardia Friuli

Venezia Giulia

Emilia Romagna

Lazio Sicilia

Assenza/insufficienza di personale qualificato

1,6

18,2

16,3

12,2

11,6

11,3

Difficoltà di reclutamento 9,5 6,8 6,1 4,9 11,6 7,9 Eccessivi vincoli alla mobilità internazionale

17,5

6,8

14,3

14,6

11,6

13,3

I costi elevati della mobilità internazionale

19,0

18,2

8,2

12,2

20,9

15,8

Le difficoltà di gestione del personale operante all'estero

4,8

15,9

8,2

7,3

11,6

9,2

Scarsa disponibilità all'espatrio delle risorse italiane

4,8

15,9

6,1

4,9

11,6

8,3

Gli eccessivi adempimenti burocratici 14,3 11,4 14,3 9,8 7,0 11,7 Non saprei 57,1 40,9 51,0 58,5 46,5 51,3 Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis 2009

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Tab. 6 - Difficoltà principali legate all'internazionalizzazione sotto il profilo delle risorse umane, in base alla classe dimensionale (val. %)

Addetti Totale Difficoltà Da 15 a 49 Da 50 a 199 200 e più Assenza/insufficienza di personale qualificato 11,2 9,7 14,7 11,3 Difficoltà di reclutamento 5,2 11,1 11,8 7,9 Eccessivi vincoli alla mobilità internazionale 9,0 19,4 17,6 13,3 I costi elevati della mobilità internazionale 17,2 12,5 17,6 15,8 Le difficoltà di gestione del personale operante all'estero

7,5 13,9 5,9 9,2

Scarsa disponibilità all'espatrio delle risorse italiane

6,0 11,1 11,8 8,3

Gli eccessivi adempimenti burocratici 10,4 15,3 8,8 11,7 Non saprei 56,7 43,1 47,1 51,3 Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis 2009

Page 20: Rapporto finale Censis

Tab. 7 - Difficoltà principali legate all'internazionalizzazione sotto il profilo delle risorse umane, in base al comparto produttivo (val. %)

Settore Totale Difficoltà Industria Servizi Assenza/insufficienza di personale qualificato 16,8 7,2 11,3 Difficoltà di reclutamento 11,9 5,0 7,9 Eccessivi vincoli alla mobilità internazionale 12,9 13,7 13,3 I costi elevati della mobilità internazionale 23,8 10,1 15,8 Le difficoltà di gestione del personale operante all'estero 11,9 7,2 9,2 Scarsa disponibilità all'espatrio delle risorse italiane 13,9 4,3 8,3 Gli eccessivi adempimenti burocratici 12,9 10,8 11,7 Non saprei 34,7 63,3 51,3 Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis 2009

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Fig. 2 - Frequenza di invio di personale dall'Italia all'estero (val. %)

Fonte: indagine Censis 2009

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Tab. 8 - Frequenza di invio di personale dall'Italia all'estero, in base all’area geografica (val. %) Regione Totale Frequenza Lombardia Friuli

Venezia Giulia

Emilia Romagna

Lazio Sicilia

Spesso 19,0 31,8 20,4 9,8 7,0 17,9 Qualche volta 22,2 20,5 20,4 9,8 18,6 18,8 Raramente 15,9 22,7 8,2 26,8 25,6 19,2 Mai 42,9 25,0 51,0 53,6 48,8 44,1 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2009

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Tab. 9 - Frequenza di invio di personale dall'Italia all'estero, in base al comparto produttivo (val. %)

Frequenza Settore Totale Industria Servizi Spesso 29,7 9,4 17,9 Qualche volta 23,8 15,1 18,8 Raramente 20,8 18,0 19,2 Mai 25,7 57,5 44,1 Totale 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis 2009

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Tab. 10 - Frequenza di invio di personale dall'Italia all'estero, in base alla classe dimensionale (val. %)

Addetti Totale Frequenza Da 15 a 49 Da 50 a 199 200 e più Spesso 11,9 25,0 26,5 17,9 Qualche volta 17,9 19,4 20,6 18,8 Raramente 20,1 19,4 14,7 19,2 Mai 50,1 36,2 38,2 44,1 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis 2009

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Tab. 11 - Modalità prevalente di internazionalizzazione dell'azienda, per frequenza di invio di personale dall'Italia all'estero (val. %)

Frequenza personale all'estero Totale Modalità Spesso Qualche

volta Raramente Mai

Esportazione indiretta 2,3 11,1 17,4 4,7 7,9 Esportazione diretta 69,8 62,2 30,4 9,4 34,2 Cooperazione 16,3 11,1 2,2 0,9 5,8 L'azienda non esporta 11,6 15,6 50,0 85,0 52,1 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis 2009

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Fig. 3 - Tipologie di trasferta del personale inviato dall'Italia all'estero (val. %)

Trasferta breve Trasferta lunga Annuale/Pluriennale Trasferta di oltre 6 mesi

90,3

6 2,2 1,5

Fonte: indagine Censis 2009

Page 27: Rapporto finale Censis

Tab. 12 - Tipologie di trasferta del personale inviato dall'Italia all'estero, in base alla classe dimensionale (val. %)

Addetti Totale Tipologia Da 15 a 49 Da 50 a 199 200 e più Trasferta breve 92,5 91,3 80,9 90,3 Trasferta lunga 6,0 4,3 9,5 6,0 Trasferta di oltre 6 mesi - 2,2 4,8 1,5 Annuale/Pluriennale 1,5 2,2 4,8 2,2 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis 2009

Page 28: Rapporto finale Censis

Tab. 13 - Tipologie di trasferta del personale inviato dall'Italia all'estero, in base all’area geografica (val. %)

Regione Totale Tipologia Lombardia Friuli

Venezia Giulia

Emilia Romagna

Lazio Sicilia

Trasferta breve 88,8 91,0 87,5 94,7 90,9 90,3 Trasferta lunga 2,8 3,0 12,5 5,3 9,1 6,0 Trasferta di oltre 6 mesi 2,8 3,0 - - - 1,5 Annuale/Pluriennale 5,6 3,0 - - - 2,2 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis 2009

Page 29: Rapporto finale Censis

Tab. 14 - Tipologie di trasferta del personale inviato dall'Italia all'estero, in base al comparto produttivo (val. %)

Settore Totale Tipologia Industria Servizi Trasferta breve 92,1 88,1 90,3 Trasferta lunga 5,3 6,8 6,0 Trasferta di oltre 6 mesi 1,3 1,7 1,5 Annuale/Pluriennale 1,3 3,4 2,2 Totale 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis 2009

Page 30: Rapporto finale Censis

3. IL CONSOLIDAMENTO OCCUPAZIONALE DELLA PROIEZIONE ALL’ESTERO

L’analisi qualitativa sull’inquadramento dei dipendenti delle imprese osservate, consente di ricostruire il background contrattuale della struttura salariale, così come la sua evoluzione e la sua composizione per qualifiche.

E questo è ancor più utile potendo approfondire il confronto tra le due principali tipologie di impresa: quelle che rimangono ancora relegate ad una dimensione nazionale e quelle che riescono ad internazionalizzarsi, facendo “il salto” nel mercato globale.

Come mostra il grafico riprodotto in figura 4, la distribuzione percentuale delle singole qualifiche dei lavoratori nelle imprese osservate, vede al primo posto gli operai comuni e specializzati che sono il 44,4%, seguiti dagli impiegati d’ordine e qualificati, il 37,4%. Valori molto distanti dai primi due gruppi di qualifiche , per quanto riguarda gli addetti alla vendita (6,4%), i direttivi/quadri (5,5%), i professional/specialisti (3,7%) e, infine, i dirigenti/alta dirigenza (2,8%).

Una composizione che muta anche in funzione della classe dimensionale di appartenenza dell’impresa. Mentre gli operai comuni e specializzati diminuiscono al crescere dell’impresa, dal 54,6% della PMI al 40,6% della grande azienda, gli impiegati d’ordine e qualificati si muovono lungo un trend esattamente inverso con valori più bassi nella piccola impresa (31,7%), e più alti nella media (33,1%) e nella grande (39,6%). Medesimo discorso per i direttivi/quadri, anche se in questo caso è nella media impresa che si registrano i valori più alti (7,1%). Differenziali molto marcati, infine, riguardano gli addetti alla vendita che crescono più del doppio, dai 3,2% presenti nelle piccole imprese ai 7,9% di quelle con più di 200 addetti (tab. 15).

Il diverso livello di internazionalizzazione delle imprese è un fattore capace di incidere sulla diversa composizione dei dipendenti, riscontrabile quando un’azienda dichiara di non avere quote di fatturato estero, e quando, diversamente, compete nei mercati internazionali. Queste ultime sono quelle dove si registrano le percentuali più alte di impiegati (39,9%), addetti alla vendita (7,6%) e di professional/specialisti (4,7%).

Mentre, una dinamica “a forbice” contraddistingue le imprese non internazionalizzate; da una parte prevalgono le fasce più basse assistiamo a

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della forza lavoro, operai comuni e specializzati (51,4%), dall’altra, proprio le figure apicali dell’impresa, i direttivi/quadri (7%) e i dirigenti/alta dirigenza (3,4%) (tab. 16).

Analizzando i comportamenti delle aziende nelle sedi estere osserviamo che quando l’azienda utilizza personale del posto l’offerta interessa prevalentemente le qualifiche di impiegati d’ordine e qualificati e operai comuni e specializzati, al contrario si ricorre al mercato del lavoro internazionale soprattutto per i ruoli apicali della sede estera dell’azienda, dirigenti/alta dirigenza e direttivi/quadri. Peraltro, come mostrano i dati in tabella 17, in questo caso gli scarti tra le figure professionali più e meno qualificate è molto più marcato.

Diverso il discorso nel caso di ricerca di personale internazionale da parte delle imprese osservate. Solo il 15,4% di queste dichiara di aver fatto ricerca di personale internazionale soprattutto per reperire operai comuni o specializzati e impiegati d’ordine e qualificati, mentre tra le qualifiche che si cercano meno nel mercato internazionale del lavoro figurano i posti chiave per la gestione manageriale dell’azienda, come i dirigenti, i quadri e i professional (figg. 5 e 6).

Anche il comparto produttivo in cui opera l’azienda è una variabile determinante che nel caso dell’industria mostra una marcata dicotomia nei valori. In questo caso, infatti, l’offerta di lavoro delle aziende al personale del posto sale al 72,7%, e solo per il 27,3% interessa anche il personale internazionale. Una forbice che nel comparto dei servizi tende a chiudersi con valori più allineati tra i due mercati del lavoro osservati (personale del posto per il 41,7% ed anche internazionale per il 58,3% dei casi) (tab. 18).

Quanto alla composizione dell’assetto contrattuale, i dati nel loro insieme smontano molti dei luoghi comuni che gravitano spesso attorno al fenomeno della flessibilità del lavoro, soprattutto quando associata alla globalizzazione dei mercati. Non solo perché la quasi totalità dei lavoratori delle aziende interpellate ha un contratto standard, a tempo pieno ed indeterminato, il 95,1%, (mentre solamente il 4,5% ha un contatto di tipo flessibile), ma soprattutto perché il c.d. “posto fisso” aumenta proprio tra le aziende maggiormente internazionalizzate (fig. 7).

Incrociando i dati con la presenza di quote di fatturato estero delle imprese, infatti, la percentuale dei contratti standard sale al 96,6,%, a fronte del 92,5% tra le imprese non proiettate all’estero (tab. 19). Diminuisce, così, la quota di lavoro flessibile che nelle imprese internazionalizzate scende al

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3,2% di contratti non standard, a fronte del 6,8% in quelle che fanno riferimento al solo mercato interno.

Confermata, invece, la tendenza che vede le grandi imprese regolarizzare in modo stabile il rapporto di lavoro con il proprio dipendente. La distribuzione percentuale dei lavoratori con contratti a tempo indeterminato aumenta con il crescere della classe dimensionale dell’impresa; dal 91,2% nelle imprese con meno di 50 addetti, al 93,1% in quelle medie, fino al 96,3% nelle imprese con più di 200 addetti (tab. 20). Il ricorso al lavoro interinale è un pratica che interessa più le PMI (1,6%) ed è quasi assente nella grande impresa (0,1%). Minore, infine, la quota di flessibilità nelle imprese dell’industria, il 2,8%, rispetto ai valori registrati in quelle dei Servizi, il 6,5% (tab. 21).

La struttura occupazionale delle imprese osservate sembrerebbe ancora fortemente ancorata al tradizionale modello contrattuale, e questo, come abbiamo visto, anche nelle realtà produttive più avanzate. La trasformazione di una cultura del lavoro nella direzione di una maggiore flessibilità ed innovazione sembra arrivata ad un punto di saturazione, confermato anche dai dati relativi all’evoluzione dei contratti negli ultimi 3 anni.

Anche in questo caso gli unici contratti a registrare una crescita considerevole, secondo le imprese ascoltate, sono quelli standard, che vengono considerati in aumento dal 30% delle imprese (fig. 8). Seguono i contratti non standard precedenti alla L.30/2003 considerati in aumento dal 25,1% e quelli introdotti dalla c.d. “Riforma Biagi”, che secondo le imprese aumentano del 16,7%.

L’applicazione di strumenti di flessibilità contrattuale sembra convincere poco soprattutto la grande impresa, dove si registra il maggior numero di imprese che considerano in aumento il ricorso al contratto standard con valori molto sopra la media (43,8%), una percentuale che scende con il diminuire della dimensione aziendale: il 31,9% di imprese tra quelle medie e il 25,6% tra le PMI (tab. 22).

Una flessibilità che non sembra aumentare in modo significativo neanche quando l’azienda dichiara di avere quote di fatturato all’estero. In questo caso, aumentano tra le imprese ascoltate, quelle che tendono ad esternalizzare il rapporto lavorativo attraverso l’outsourcing, con l’utilizzo di manodopera dipendente da soggetti terzi (18%). Ai contratti flessibili introdotti dalla L. 30/2003 (indicati in aumento più dalle imprese che non internazionalizzano), le imprese che hanno quote di mercato estero

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preferiscono il contratto standard, che il 36,2% delle imprese ascoltate da in aumento (tab. 23). Fig. 4 - Distribuzione dei lavoratori in percentuale nelle categorie (val. %)

44,4

37,4

6,4

5,5

3,7

2,8

Operai comuni e specializzati 

Impiegati d'ordine e qualificati 

Addetti alla vendita 

Direttivi, Quadri 

Professional/Specialisti 

Dirigenti/Alta dirigenza 

Fonte: indagine Censis, 2009

Page 34: Rapporto finale Censis

Tab. 15 - Distribuzione dei lavoratori in percentuale nelle categorie, in base alla classe dimensionale (val. %)

Addetti Totale Da 15 a 49 Da 50 a 199 200 e più Dirigenti/Alta dirigenza 3,5 3,2 2,5 2,8 Direttivi, quadri 3,8 7,1 5,2 5,5 Impiegati d'ordine e qualificati 31,7 33,1 39,6 37,4 Professional/Specialisti 3,2 2,4 4,1 3,7 Operai comuni e specializzati 54,6 51,2 40,6 44,4 Addetti alla vendita 3,2 3,1 7,9 6,4 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2009

Page 35: Rapporto finale Censis

Tab. 16 - Distribuzione dei lavoratori in percentuale nelle categorie, in base alla presenza di quote di fatturato estero dell’impresa (val. %)

Fatturato all'estero Totale Si No Dirigenti/Alta dirigenza 2,4 3,4 2,8 Direttivi, quadri 4,6 7,0 5,5 Impiegati d'ordine e qualificati 39,9 32,6 37,4 Professional/Specialisti 4,7 1,6 3,7 Operai comuni e specializzati 40,7 51,4 44,4 Addetti alla vendita 7,6 4,1 6,4 Totale 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2009

Page 36: Rapporto finale Censis

Tab. 17 - Qualifica del personale della sede estera, in base alla nazionalità (val. %) Personale del posto Personale

internazionale Dirigenti/Alta dirigenza 52,4 55,6 Direttivi, quadri 57,1 44,4 Impiegati d'ordine e qualificati 85,7 11,1 Professional/Specialisti 52,4 22,2 Operai comuni e specializzati 61,9 22,2 Addetti alla vendita 42,9 11,1 Il valore non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 2009

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Fig. 5 - Ricerca e impiego fatto dall'azienda di personale internazionale (val. %)

Fonte: indagine Censis, 2009

Page 38: Rapporto finale Censis

Fig. 6 - Livello del personale internazionale richiesto (val. %)

Fonte: indagine Censis, 2009

Page 39: Rapporto finale Censis

Tab. 18 - Tipo di personale (non italiano) utilizzato nella sede estera, in base al comparto produttivo (val. %)

Settore Totale Tipo Industria Servizi Personale del posto 72,7 41,7 56,5 Personale del posto ed internazionale 27,3 58,3 43,5 Totale 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2009

Page 40: Rapporto finale Censis

Fig. 7 - Distribuzione dei lavoratori in percentuale in base al tipo di contratto (val. %)

Contratti standard 95,1

Contratti non standard 

precedenti alla L,30/03 3,4

Contratti non standard 

introdotti dalla L,30/03 1,1

Utilizzo manodopera dipendente da altri soggetti 

0,4

Fonte: indagine Censis, 2009

Page 41: Rapporto finale Censis

Tab. 19 - Tipologia di contrato di lavoro, in base alla presenza di quote di fatturato estero (val. %) Fatturato all'estero Totale Si No Contratti standard 96,6 92,5 95,1 Contratti non standard precedenti alla L.30/2003 2,1 5,6 3,4 Contratti non standard introdotti dalla L.30/2003 1,1 1,2 1,1 Utilizzo manodopera dipendente da altri soggetti 0,2 0,7 0,4 Totale 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2009

Page 42: Rapporto finale Censis

Tab. 20 - Tipologia di contrato di lavoro, in base alla classe dimensionale (val. %) Addetti Totale Da 15 a 49 Da 50 a 199 200 e più Contratti standard 91,2 93,1 96,3 95,1 Contratti non standard precedenti alla L.30/2003 4,7 5,2 2,7 3,4 Contratti non standard introdotti dalla L.30/2003 2,5 0,8 1,0 1,1 Utilizzo manodopera dipendente da altri soggetti 1,6 0,9 0,1 0,4 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2009

Page 43: Rapporto finale Censis

Tab. 21 - Tipologia di contrato di lavoro, in base al comparto produttivo (val. %) Settore Totale Industria Servizi Contratti standard 97,0 92,9 95,1 Contratti non standard precedenti alla L.30/2003 2,1 5,0 3,4 Contratti non standard introdotti dalla L.30/2003 0,7 1,5 1,1 Utilizzo manodopera dipendente da altri soggetti 0,2 0,6 0,4 Totale 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2009

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Fig. 8 - Evoluzione dei contratti negli ultimi 3 anni (val. %)  

30,025,1

16,7 15,012,7

21,617,5 15,9

57,353,3

65,869,1

Contratti standard  Contratti non standard precedenti alla L, 30/03 

Contratti non standard introdotti dallaL, 30/03 

Utilizzo manodopera dipendente da altri 

soggetti 

aumentato diminuito Invariato

Fonte: indagine Censis, 2009

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Tab. 22 - Evoluzione dei contratti negli ultimi 3 anni, in base alla classe dimensionale (val. %) Addetti Totale Da 15 a 49 Da 50 a 199 200 e più Contratti standard Aumentato 25,6 31,9 43,8 30,0 Diminuito 13,5 12,5 9,4 12,7 Invariato 60,9 55,6 46,8 57,3 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Contratti non standard precedenti alla L. 30/2003

Aumentato 28,9 22,6 19,2 25,1 Diminuito 16,9 22,6 34,6 21,6 Invariato 54,2 54,8 46,2 53,3 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Contratti non standard introdotti dalla L. 30/2003

Aumentato 13,8 17,5 25,0 16,7 Diminuito 13,8 27,5 6,3 17,5 Invariato 72,4 55,0 68,7 65,8 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Utilizzo manodopera dipendente da altri soggetti

Aumentato 17,2 15,8 - 15,0 Diminuito 15,5 15,8 18,2 15,9 Invariato 67,3 68,4 81,8 69,1 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2009

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Tab. 23 - Evoluzione dei contratti negli ultimi 3 anni, in base alla presenza di quote di fatturato estero (val. %)

Fatturato all'estero Totale Si No

Contratti standard Aumentato 36,2 24,0 30,0 Diminuito 10,3 14,9 12,7 Invariato 53,5 61,1 57,3 Totale 100,0 100,0 100,0 Contratti non standard precedenti alla L. 30/2003 Aumentato 25,3 25,0 25,1 Diminuito 20,7 22,6 21,6 Invariato 54,0 52,4 53,3 Totale 100,0 100,0 100,0 Contratti non standard introdotti dalla L. 30/2003 Aumentato 14,3 19,6 16,7 Diminuito 19,0 15,7 17,5 Invariato 66,7 64,7 65,8 Totale 100,0 100,0 100,0 Utilizzo manodopera dipendente da altri soggetti Aumentato 18,0 10,9 15,0 Diminuito 18,0 13,0 15,9 Invariato 64,0 76,1 69,1 Totale 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2009

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Tab. 24 - Evoluzione dei contratti negli ultimi 3 anni, in base al comparto produttivo (val. %)

Settore Totale Industria Servizi

Contratti standard Aumentato 35,4 26,1 30,0 Diminuito 8,1 15,9 12,7 Invariato 56,5 58,0 57,3 Totale 100,0 100,0 100,0 Contratti non standard precedenti alla L. 30/2003 Aumentato 25,7 24,8 25,1 Diminuito 24,3 19,8 21,6 Invariato 50,0 55,4 53,3 Totale 100,0 100,0 100,0 Contratti non standard introdotti dalla L. 30/2003 Aumentato 9,4 23,0 16,7 Diminuito 15,1 19,7 17,5 Invariato 75,5 57,3 65,8 Totale 100,0 100,0 100,0 Utilizzo manodopera dipendente da altri soggetti Aumentato 11,3 18,5 15,0 Diminuito 13,2 18,5 15,9 Invariato 75,5 63,0 69,1 Totale 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2009

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FONDAZIONE CENSIS 45

4. IL MERITO CHE AGGANCIA L’INNOVAZIONE DEI MERCATI

Dopo le grandi stagioni delle rivendicazioni sindacali collettive, il salario sta acquisendo una dimensione sempre più individualizzata e come tale viene percepito dalle imprese e dai lavoratori. Questo è vero soprattutto tra le imprese internazionalizzate, quelle che più di altre vivono le ricadute sul costo del lavoro della trasformazione dei mercati globali.

Sarà pertanto utile osservare anche le dinamiche che seguono i sistemi di retribuzione individuale nella loro diversa composizione. Capire, in ultima analisi, quanto siano diffusi alcuni fattori innovativi legati ad una maggiore differenziazione delle retribuzioni indicizzate sulla base di parametri di performance individuali. E quanto questa innovazione investa le imprese maggiormente internazionalizzate.

L’analisi dei dati relativi alla dimensione retributiva offerta dalle imprese italiane oltre a mostrare un ampio range tra i sei gruppi di qualifiche esaminati (dirigenti, direttivi e quadri, professional, impiegati qualificati, operai comuni e specializzati e addetti alle vendite), mette in evidenza anche un scarto assoluto molto rilevante, a parità di qualifica, tra i lavoratori italiani e il personale della sede estera.

È però importante sottolineare che, relativamente alle retribuzioni delle singole qualifiche, la lettura dei dati deve essere improntata alla massima cautela; le aziende, infatti, si mostrano quasi sempre molto prudenti nel mettere a disposizione dati che interessano aspetti economici interni alla loro gestione. Pertanto, con i dati disponibili, che si riferiscono ad un panel e non ad un campione di aziende, è corretto parlare di una tendenza e non di un dato assodato che in ogni caso indica che i livelli retributivi per le medesime qualifiche sono più elevati nelle sedi estere dell’azienda.

Dalla rilevazione sui profili retributivi emerge una retribuzione media lorda che, se per alcuni gruppi di qualifiche mostra uno scarto differenziale minimo, per altri presenta il divario ben più marcato.

Nelle sedi estere dell’azienda per i primi 4 gruppi di qualifiche, i differenziali retributivi fra sedi dell’azienda all’estero e in Italia rimangono contenuti ed abbastanza allineati fra loro: il 22,4% per i quadri/direttivi, il 28,8% per gli impiegati qualificati, il 33,2% per gli operai comuni e specializzati e il 35,5%, infine, per i professional/specialisti (fig. 9).

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Di diversa entità lo scarto retributivo delle retribuzioni lorde annue per le qualifiche dirigenziali. Infatti, se la retribuzione lorda di un dirigente italiano corrisponde a poco più di 86mila euro lordi l’anno, quella del suo equivalente della sede estera può arrivare ad una media di 139mila euro con 53mila euro in più, pari al 61,4% in più.

L’unico gruppo di qualifiche che non sembra presentare variazioni retributive significative tra il mercato italiano e quello estero sono gli addetti alla vendita, la cui retribuzione lorda annua rimane pressoché invariata: solo lo 0,1% in più retribuito all’estero.

Incrociando i dati in base alla classe dimensionale dell’impresa è interessante osservare come se l’impresa è localizzata in Italia tutti i gruppi di qualifiche percepiscono retribuzioni lorde annue che aumentano al crescere della dimensione dell’impresa. Ed anche in questo caso lo scarto differenziale maggiore interessa i dirigenti che percepiscono poco più di 74mila euro nelle piccole imprese, 93mila nelle medie e 97mila in quelle con più di 200 addetti (tab. 25).

I dati riportati in tabella 26 mostrano le differenze retributive a livello territoriale con i dirigenti che raggiungono la massima retribuzione in Friuli-Venezia Giulia (101mila euro, il 17,4% sopra la media) e la minima in Emilia-Romagna (66mila). Nel caso in cui le funzioni dirigenziali investano la sede all’estero, la Lombardia è la regione con i parametri retributivi lordi annui più elevati (140mila).

Diverso il discorso per quanto riguarda i direttivi/quadri; in questo caso è l’Emilia-Romagna a retribuire meglio questo ruolo professionale (54mila euro, pari all’8% sopra la media), mentre in Sicilia, per la medesima funzione, la retribuzione si ferma a 42mila euro.

Interessante sottolineare che mentre si osserva un sostanziale appiattimento nelle retribuzioni degli operai comuni e specializzati, nel caso degli addetti alla vendita la forbice retributiva è piuttosto ampia, compresa tra i 41mila euro percepiti da coloro che svolgono l’attività in Lombardia e i 17mila euro percepiti da quelli che la medesima attività la svolgono in Sicilia: il 140% in meno. Una gradualità di differenziale che riscontriamo simile anche tra i professional/specialisti che, anche in questo caso, percepiscono retribuzioni maggiori in Lombardia (43mila euro) e minori in Sicilia (20mila).

Tra i due macro comparti produttivi le retribuzioni medie più elevate si riscontrano 5 volte su 6 nell’Industria; solo nel caso dei professional/specialisti, infatti, le retribuzioni le riscontriamo di poco più elevate nei Servizi (tab. 27). E questo è ancora più vero per le aziende con

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sede estera; in questo caso, gli scarti retributivi tra i due comparti produttivi sono decisamente più elevati: contrariamente alla sede italiana, in quella estera i professional/specialisti percepiscono retribuzioni più alte nell’Industria, con incrementi anche del 150% sui servizi.

Diverso l’andamento delle altre forme di remunerazione del lavoro previste dall’azienda quando la sede è in Italia o quando è all’estero. In cinque delle otto forme di remunerazione elencate le aziende non internazionalizzate sono quelle che registrano le percentuali più elevate, con valori più marcati soprattutto nel caso della previdenza integrativa complementare (45,5% tra le imprese con sede in Italia e 26,7% nella sede estera) e della copertura assicurativa vita (36,6% tra le aziende in Italia, 26,7% tra le aziende estere) (fig. 10). Percentuali molte elevate anche per l’indennità di trasferta, prevista dal 71,1% di imprese con sede italiana e dal 53,3% di quelle con sede estera.

Tra le sedi estere delle aziende italiane sembrerebbero più diffuse invece, le coperture assicurative sanitarie (60% sede estera, 50,2% sede Italia) e i premi di produttività (66,7% sede estera, 66,8% sede Italia). Poco diffusi servizi come le palestre, i cui valori, anche se ancora molto contenuti, si mostrano più elevati tra i dipendenti delle sedi estere (6,7%) e meno tra quelli italiani, dove solo il 2,6% delle imprese osservate le prevede.

Incrociando i dati con la classe dimensionale delle imprese emerge che la cultura assicurativa è un fenomeno che investe soprattutto quelle di medie e grandi dimensioni, dove vengono stipulate sia più polizze di copertura assicurativa vita, sia più polizze sanitarie. Nella sede estera dell’azienda, la prima polizza ha una diffusione del 33,3% tra le medie imprese e del 50% tra le grandi, per la seconda il 66,7% per le medie e 75% per le grandi (tab. 28). Anche nell’azienda senza proiezioni all’estero si conferma lo stesso trend di crescita nella media e grande impresa, con valori anche più elevati soprattutto in quella con più di 200 addetti (57,6% per le polizze vita, 75,8% per quelle sanitarie).

La diffusione dei buoni pasto e delle palestre cresce, anche in questo caso, con il crescere della classe dimensionale dell’azienda senza proiezioni internazionali, mentre tra quelle che hanno una sede estera si registra una diffusione minore di questo tipo di remunerazione proprio nella grande impresa.

In merito all’indicizzazione delle retribuzioni legate a performance individuali, l’andamento delle diverse componenti della retribuzione segnala l’aumento negli ultimi 3 anni della quota di merito. Il 41,3% delle aziende

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interpellate indica l’evoluzione di questo tipo di quota retributiva, seguita dal 40,3% di quota previdenziale e dal 40% di aziende che ritiene aumentata la quota fiscale (fig. 11).

Una tendenza importante, soprattutto se letta alla luce dei dati relativi alle evoluzioni delle tipologie di strumenti delle condizioni salariali, che vedono aumentare proprio lo strumento del c.d. “fuori busta”. Anche in questo caso l’incremento del 33,9% di una remunerazione più elevata rispetto ai livelli contrattuali (fig. 12) indica la tendenza del datore di lavoro a ricorrere a strumenti discrezionali, ossia erogare unilateralmente quote di retribuzione in base a criteri non contrattati con le organizzazione sindacali. Questo accade in modo particolare nelle medie e grandi imprese, rispettivamente al 40.6% e al 42.4%, mentre il fenomeno è ancora contenuto nella PMI (27,9%) (tab. 29).

Sempre in merito alle evoluzioni delle tipologie di strumenti salariali, al secondo posto per le aziende osservate aumenta la retribuzione variabile rispetto alla remunerazione fissa (24,1%) e l’incremento delle forme salariali complementari (11,2%). In sostanza, la quantificazione della quota di merito del salario differisce da azienda ad azienda, all’interno della stessa azienda e anche all’interno dei singoli livelli di inquadramento.

Analizzando i dati aggregati per classe dimensionale delle imprese il salario di merito cresce in modo proporzionale al crescere dell’azienda, con valori sopra la media nelle imprese più grandi (rispettivamente al 47.1% e al 50%), mentre rimane ancora poco diffusa tra le piccole aziende (36.4%) (tab. 30).

La quota fiscale invece sembrerebbe crescere più nelle medie imprese (44.8%) e nelle grandi (42.9%), e anche in questo caso il peso di questa quota retributiva appare più contenuto nella piccola impresa (36,7%). Stesso discorso per quanto riguarda la quota previdenziale, anche se in questo caso il peso di questa componente del salario nelle grandi imprese aumenta di 10 punti sopra la media (51,7%).

Sul territorio le diverse quote retributive seguono andamenti differenziati. Mentre il merito sembra trovare spazio nelle imprese del Friuli-Venezia Giulia con i valori più alti nell’item sulla quota di merito, il 53.8% delle imprese osservate, l’Emilia-Romagna e la Sicilia mostrano valori lontani dalla media, rispettivamente al 33,3% e al 35% (tab. 31). Più vicine alla media le percentuali di Lombardia e Lazio, rispettivamente al 44,1% e 42,4% delle imprese interpellate.

Nelle imprese laziali sembra invece aumentare la quota fiscale della retribuzione (48,4%), seguono l’Emilia-Romagna (42,2%), il Friuli-Venezia

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Giulia (41%), la Lombardia (40%) e, infine, la Sicilia (30%). La regione dove ad aumentare sembrerebbe, invece, la quota previdenziale è l’Emilia-Romagna (45,7%), che manifesta valori sotto la media in Friuli-Venezia Giulia (35,9%) e, anche in questo caso, in Sicilia (35%).

Dal punto di vista settoriale le imprese che operano nell’Industria sono quelle dove le retribuzioni mostrano quote di merito in aumento negli ultimi 3 anni (43,5%), rispetto a quelle del comparto dei Servizi (40,3%) (tab. 32). L’Industria è anche il comparto produttivo dove le altre due quote retributive, quella fiscale e quella previdenziale, aumentano, secondo quanto dichiarato, in entrambi i casi, al 41,1% delle imprese interpellate.

Interessante al riguardo è indagare su che tipo di andamenti mostra la struttura delle retribuzioni dei dipendenti di aziende internazionalizzate. Tutte e tre le quote retributive aumentano soprattutto nelle società che dichiarano quote di fatturato estero con scarti meno marcati nella quota di merito, che aumenta del 42,2% nelle imprese non internazionalizzate e del 41,1% in quelle con quote di fatturato estero (tab. 33).

Di fronte ad un modello di mercato del lavoro a forte individualizzazione, osservare dal punto di vista semantico il significato attuale del salario e come questo viene percepito dalle imprese, aiuta a capire meglio le attribuzioni di senso e le diverse rappresentazioni che le imprese conferiscono alla dimensione economica del lavoro. Ancor più, nel momento in cui l’evoluzione del lavoro non sembrerebbe sufficientemente accompagnata da un altrettanto solido cambiamento nella cultura di remunerazione del lavoro, ancora troppo legata a vecchie logiche e griglie interpretative superate.

Se il 68,1% delle aziende attribuisce alla remunerazione un significato tendenzialmente neutrale, pragmatico e privo di connotazioni specifiche, riconducendolo ad un giusto riconoscimento del lavoro prestato, per il 24,1% di imprese ascoltate, invece, la retribuzione è una forma di valorizzazione del merito e solo il 7,8% ha una visione della dimensione salariale del lavoro piuttosto spregiudicata, identificando la retribuzione come mero costo incomprimibile (fig. 13).

La retribuzione come forma di valorizzazione del merito è una attribuzione di significato maggiormente riconosciuta dalle grandi imprese (41,9%) e, più diminuisce la classe dimensionale, più il dato perde di corposità; cala al 26,1% nelle medie imprese e al 18,9% nelle piccole, dove invece prevale un approccio più pragmatico, quando non decisamente disinibito (tab. 34).

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Tra le piccole imprese prevalgono quante identificano il salario come giusto riconoscimento del lavoro prestato (71,3%), e sempre tra le piccole imprese, quelle con meno di 49 addetti, troviamo il valore più alto tra quanti hanno indicato in modo schietto di considerarlo un costo incomprimibile, il 9,8%, una percentuale inversamente proporzionale alla dimensione dell’azienda; cala, infatti, al 5,8% nella media impresa e al 3,2% nelle grande.

In tabella 35 vengono riportati i dati territoriali che mostrano divergenze significative. In Lombardia prevale una visione pragmatica con il 77,8% di imprese che vede il salario come giusto riconoscimento del lavoro prestato e i valori relativi all’approccio spregiudicato interessano una percentuale di aziende molto limitata, solo l’1,6% a fronte di una media del 7,8%.

Diverso l’approccio delle aziende del Friuli-Venezia Giulia che privilegiano un approccio di tipo meritocratico, attento ad identificare la retribuzione come valorizzazione del merito, con valori pari al doppio della media del campione osservato, il 43,2%.

Se nel Lazio e in Sicilia aumentano molto i valori relativi all’item sul costo incomprimibile con percentuali rispettivamente del 13,5% e del 12,2%, tra le imprese dell’Emilia-Romagna non si rilevano particolari scarti dai valori medi nelle percentuali rilevate.

Tra le pieghe della marcata terziarizzazione professionale che da tempo caratterizza l’evoluzione del sistema produttivo, troviamo una dimensione sociale del salario diversificata soprattutto nelle imprese dei Servizi; da una parte vista come valorizzazione del merito dal 24,6% delle imprese del terziario (a fronte del 23,5% di quelle a carattere industriale), dall’altra, l’identificazione del salario come costo incomprimibile per il 9%, una visione che interessa solo il 6,1% delle imprese dell’Industria (tab. 36).

Una tendenza che ritroviamo esattamente riprodotta dai valori relativi all’internazionalizzazione delle imprese. Anche in questo caso, infatti, l’approccio più innovativo del merito e quello più spregiudicato del costo incomprimibile, attento cioè alla sola massimizzazione del profitto, sembrerebbero andare di pari passo; nelle aziende che dichiarano quote di fatturato estero ritroviamo, in entrambi i casi, percentuali sopra la media, il 25,2% per l’item della valorizzazione del merito e il 10,4% (il doppio delle imprese che non internazionalizzano) per quello relativo ai costi incomprimibili (tab. 37). Tra le imprese che non dichiarano quote di fatturato estero prevale, invece, l’identificazione del salario come giusto riconoscimento del lavoro prestato, il 71,8%.

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Fig. 9 - Retribuzione media lorda annua delle qualifiche in azienda, in Italia e nella sede estera (in migliaia di euro)

86.287

50.159

30.976 27.237 30.02922.018

139.333

61.400

42.000 35.100 30.00029.333

Aziendaitaliana

Azienda estera

Fonte: indagine Censis, 2009

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Tab. 25 - Retribuzione media lorda annua delle qualifiche, in base alla classe dimensionale (in migliaia di euro) Nell’azienda in Italia Nella sede estera Da 15 a 49 Da 50 a 199 200 e più Da 15 a 49 Da 50 a 199 200 e più Dirigenti/Alta dirigenza 74.386 93.268 97.873 - 140.000 138.000 Direttivi, quadri 49.232 50.790 51.040 - 61.000 62.000 Impiegati d'ordine e qualificati 25.131 28.927 32.359 - 36.667 32.750 Professional/Specialisti 28.965 29.119 37.163 - 60.000 24.000 Operai comuni e specializzati 21.621 21.953 24329 35.000 - 26.500 Addetti alla vendita 29.000 29.317 35.710 - - 30.000 Fonte: indagine Censis, 2009

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Tab. 26 - Retribuzione media lorda annua delle qualifiche, in base all’area geografica (in migliaia di euro)

Nella sede italiana Nella sede estera Lombardia Friuli

Venezia Giulia

Emilia Romagna

Lazio Sicilia Lombardia Friuli Venezia Giulia

Emilia Romagna

Lazio Sicilia

Dirigenti/Alta dirigenza 90.814 101.431 66.171 89.119 83.312 140.000 138.000 - - - Direttivi, quadri 53.954 51.120 54.451 47.721 42.369 66.500 62.000 50.000 - - Impiegati d'ordine e qualificati 30.540 27.764 27.499 28.193 21.485 45.000 32.750 20.000 - - Professional/Specialisti 43.333 32.000 28.939 32.144 20.238 60.000 24.000 - - - Operai comuni e specializzati 23.627 22.645 21.902 23.103 19.243 - 26.500 35.000 - - Addetti alla vendita 41.000 33.231 31.518 37.136 17.846 - 30.000 - - - Fonte: indagine Censis, 2009

Page 57: Rapporto finale Censis

Tab. 27 - Retribuzione media lorda annua delle qualifiche, in base alla sede italiana o estera (in migliaia di euro)

Nell’azienda in Italia

Nella sede estera

Industria Servizi Industria Servizi Dirigenti/Alta dirigenza 91.889 82.869 159.000 100.000 Direttivi, quadri 56.923 46.672 79.500 49.333 Impiegati d'ordine e qualificati 28.149 26.592 48.750 26.000 Professional/Specialisti 30.177 31.702 60.000 24.000 Operai comuni e specializzati 22.177 21.891 31.000 28.500 Addetti alla vendita 39.815 24.087 - 30.000 Fonte: indagine Censis, 2009

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Fig. 10 - Forme di remunerazione del lavoro previste nell'azienda, che ha sede italiana e sede estera (val. %)

2,6

5,5

36,6

45,5

47,7

50,2

66,8

71,1

6,7

13,3

26,7

26,7

46,7

60

66,7

53,3

Palestre 

Altre forme di remunerazione 

Copertura assicurativa vita 

Previdenza integrativa/complementare 

Buoni pasto 

Copertura assicurativa sanitaria 

Premi produttività 

Indennità di trasferta 

Estero

Italia

Fonte: indagine Censis, 2009

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Tab. 28 - Forme di remunerazione del lavoro previste nell'azienda che ha sede italiana e sede estera (val. %) In Italia Nella sede estera Addetti Totale Addetti Totale

Da 15 a 49

Da 50 a 199

200 e più

Da 15 a 49

Da 50 a 199

200 e più

Copertura assicurativa vita 25,0 48,6 57,6 36,6 - 33,3 50,0 26,7 Copertura assicurativa sanitaria 41,7 54,3 75,8 50,2 40,0 66,7 75,0 60,0 Indennità di trasferta 66,7 74,3 81,8 71,1 40,0 50,0 75,0 53,3 Premi produttività 62,1 67,1 84,8 66,8 40,0 83,3 75,0 66,7 Previdenza integrativa/complementare 29,5 60,0 78,8 45,5 - 50,0 25,0 26,7 Buoni pasti 37,9 55,7 69,7 47,7 40,0 66,7 25,0 46,7 Palestre 3,0 1,4 3,0 2,6 20,0 - - 6,7 Altre forme di remunerazione 3,8 7,1 9,1 5,5 - 33,3 - 13,3 Il valore non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 2009

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Fig. 11 – Andamento delle componenti della retribuzione negli ultimi 3 anni (val. %)

41,7 40 40,3

2,3 4,70,9

56 55,358,8

Quota di merito  Quota fiscale  Quota previdenziale 

Aumentata  Diminuita  Invariata 

Fonte: indagine Censis, 2009

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Fig. 12 - Evoluzioni delle tipologie di strumenti delle condizioni salariali (val. %)

33,9

24,1

7,1

11,2

0

2,2

3,1

1,8

0,9

0

51,4

49,6

26,3

43,3

2,2

12,5

23,2

64,8

44,6

97,8

Remunerazione più elevata rispetto ai livelli contrattuali 

Retribuzione più dinamica rispetto alla remunerazione fissa 

Realizzazione di analisi di clima 

Incremento delle forme complemetari salariali 

Altro 

Aumentato  Diminuito  Invariato  Non esiste 

Fonte: indagine Censis, 2009

Page 62: Rapporto finale Censis

Tab. 29 - Evoluzioni delle tipologie di strumenti delle condizioni salariali, in base alla classe dimensionale (val. %)

Addetti Da 15 a 49 Da 50 a 199 200 e più Totale

Remunerazione più elevata rispetto ai livelli contrattuali

Aumentato 27,9 40,6 42,4 33,9 Diminuito 2,5 2,9 - 2,2 Invariato 51,6 49,3 54,6 51,4 Non esiste 18,0 7,2 3,0 12,5 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Retribuzione più dinamica rispetto alla remunerazione fissa

Aumentato 19,7 27,5 33,3 24,1 Diminuito 3,3 2,9 3,0 3,1 Invariato 50,8 45,0 54,6 49,6 Non esiste 26,2 24,6 9,1 23,2 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Realizzazione di analisi di clima Aumentato 3,3 8,7 18,2 7,1 Diminuito 0,8 1,4 6,1 1,8 Invariato 25,4 26,1 30,3 26,3 Non esiste 70,5 63,8 45,4 64,8 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Incremento delle forme complementari salariali

Aumentato 5,7 17,4 18,2 11,2 Diminuito 0,8 1,4 - 0,9 Invariato 38,5 45,0 57,6 43,3 Non esiste 55,0 36,2 24,2 44,6 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Altro Aumentato - - - - Diminuito - - - - Invariato 1,6 2,9 3,0 2,2 Non esiste 98,4 97,1 97,0 97,8 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2009

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Tab. 30 - Andamento delle componenti della retribuzione negli ultimi 3 anni, in base alla classe dimensionale (val. %)

Addetti Totale Da 15 a 49 Da 50 a 199 200 e più

Quota di merito Aumentata 36,4 47,1 50,0 41,7 Diminuita 2,5 1,5 3,3 2,3 Invariata 61,1 51,4 46,7 56,0 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Quota fiscale Aumentata 36,7 44,8 42,9 40,0 Diminuita 3,3 6,0 7,1 4,7 Invariata 60,0 49,2 50,0 55,3 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Quota previdenziale Aumentata 36,7 41,8 51,7 40,3 Diminuita 0,8 1,5 - 0,9 Invariata 62,5 56,7 48,3 58,8 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2009

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Tab. 31 - Andamento delle componenti della retribuzione negli ultimi 3 anni, in base all’area geografica (val. %)

Regione Totale Lombardia Friuli

Venezia Giulia

Emilia Romagna

Lazio Sicilia

Quota di merito Aumentata 44,1 53,8 33,3 42,4 35,0 41,7 Diminuita 3,4 - 4,4 - 2,5 2,3 Invariata 52,5 46,2 62,3 57,6 62,5 56,0 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Quota fiscale Aumentata 40,0 41,0 42,2 48,4 30,0 40,0 Diminuita 3,3 5,1 4,4 - 10,0 4,7 Invariata 56,7 53,9 53,4 51,6 60,0 55,3 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Quota previdenziale Aumentata 41,7 35,9 45,7 41,9 35,0 40,3 Diminuita 1,7 - - - 2,5 0,9 Invariata 56,6 64,1 54,3 58,1 62,5 58,8 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2009

Page 65: Rapporto finale Censis

Tab. 32 - Andamento delle componenti della retribuzione negli ultimi 3 anni, in base al comparto produttivo (val. %)

Settore Totale Industria Servizi

Quota di merito Aumentata 43,5 40,3 41,7 Diminuita 2,2 2,4 2,3 Invariata 54,3 57,3 56,0 Totale 100,0 100,0 100,0 Quota fiscale Aumentata 41,1 39,2 40,0 Diminuita 2,2 6,4 4,7 Invariata 56,7 54,4 55,3 Totale 100,0 100,0 100,0 Quota previdenziale Aumentata 41,1 39,7 40,3 Diminuita - 1,6 0,9 Invariata 58,9 58,7 58,8 Totale 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2009

Page 66: Rapporto finale Censis

Tab. 33 - Andamento delle componenti della retribuzione negli ultimi 3 anni, in base alla tipologia di fatturato (val. %)

Fatturato all'estero Totale Si No

Quota di merito Aumentata 41,1 42,2 41,7 Diminuita 2,8 1,8 2,3 Invariata 56,1 56,0 56,0 Totale 100,0 100,0 100,0 Quota fiscale Aumentata 37,7 42,2 40,0 Diminuita 3,8 5,5 4,7 Invariata 58,5 52,3 55,3 Totale 100,0 100,0 100,0 Quota previdenziale Aumentata 37,7 42,7 40,3 Diminuita 0,9 0,9 0,9 Invariata 61,4 56,4 58,8 Totale 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2009

Page 67: Rapporto finale Censis

Fig. 13 - Significato attribuito dall'azienda alla retribuzione del lavoro (val. %)

Giusto riconoscimento 

del lavoro prestato 68,1

Forma di valorizzazione del merito 

24,1

Un costo incomprimibile 

7,8

Fonte: indagine Censis, 2009

Page 68: Rapporto finale Censis

Tab. 34 - Significato attribuito dall'azienda alla retribuzione del lavoro, in base alla classe dimensionale (val. %)

Addetti Totale Significato Da 15 a 49 Da 50 a 199 200 e più Giusto riconoscimento del lavoro prestato 71,3 68,1 54,9 68,1 Forma di valorizzazione del merito 18,9 26,1 41,9 24,1 Un costo incomprimibile 9,8 5,8 3,2 7,8 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2009

Page 69: Rapporto finale Censis

Tab. 35 - Significato attribuito dall'azienda alla retribuzione del lavoro, in base all’area geografica (val. %)

Regione Totale Significato Lombardia Friuli

Venezia Giulia

Emilia Romagna

Lazio Sicilia

Giusto riconoscimento del lavoro prestato

77,8

50,0

63,8

73,0

73,2

68,1

Forma di valorizzazione del merito

20,6

43,2

27,7

13,5

14,6

24,1

Un costo incomprimibile 1,6 6,8 8,5 13,5 12,2 7,8 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2009

Page 70: Rapporto finale Censis

Tab. 36 - Significato attribuito dall'azienda alla retribuzione del lavoro, in base al comparto produttivo (val. %)

Settore Totale Significato Industria Servizi Giusto riconoscimento del lavoro prestato 70,4 66,4 68,1 Forma di valorizzazione del merito 23,5 24,6 24,1 Un costo incomprimibile 6,1 9,0 7,8 Totale 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2009

Page 71: Rapporto finale Censis

Tab. 37 - Significato attribuito dall'azienda alla retribuzione del lavoro, in base alla tipologia di fatturato (val. %)

Fatturato all'estero Totale Significato Si No Giusto riconoscimento del lavoro prestato 64,4 71,8 68,1 Forma di valorizzazione del merito 25,2 23,1 24,1 Un costo incomprimibile 10,4 5,1 7,8 Totale 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2009

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12911_2008 Rapporto finale Ripensare la remunerazione del lavoro

FONDAZIONE CENSIS 69

5. LA COMPETITIVITÀ? UNA QUESTIONE DI CLIMA

La profonda trasformazione che ha investito il sistema produttivo italiano negli ultimi decenni, con il passaggio da un’economia “del bisogno” ad un’economia “dell’emozione”, ha di fatto contribuito a promuovere nuovi modelli di gestione aziendale. Modelli che, in modo sempre più diffuso, hanno riconosciuto il valore della dimensione relazionale del lavoratore in quanto persona.

Sotteso a questa sempre più diffusa forma di rispetto della persona-lavoratore traspare il tratto distintivo di nuove forme di valorizzazione delle singole risorse umane, che acquistano così un ruolo centrale nell’innovazione dei processi aziendali. Rendere ottimale un ambiente di lavoro, tanto sul piano tecnico, quanto su quello sociale, viene riconosciuto oggi come una nuova tipologia di politica del profitto e della produttività.

Anche per questi motivi, tra le iniziative introdotte nelle aziende negli ultimi 3 anni, quella che ha avuto la maggiore incidenza in merito alla generale condizione dei lavoratori, è stato proprio il miglioramento dell’ambiente di lavoro, con il 36,9% (tab. 38).

Incrociando i dati in base alle diverse classi dimensionali dell’impresa è possibile osservare che l’incidenza del miglioramento del clima aziendale aumenta con il crescere delle sue dimensioni; nelle aziende con un numero di addetti tra i 50 e i 199 i valori salgono al 42,4%, mentre, nelle grandi aziende con più di 200 addetti, quelle che riconoscono una maggiore incidenza nella cura dell’ambiente fisico di lavoro sono più della metà: il 51,5%.

Per parte sua, l’attenzione al miglioramento del clima aziendale ha avuto una ricaduta differenziata a livello territoriale con un’incidenza maggiore in Sicilia (47,3%) e in Friuli-Venezia Giulia (44,7%) e minore in Lombardia (33,3%), Emilia-Romagna (31,8%) e nel Lazio (29,4%) (tab. 39).

Al secondo e al terzo posto tra le iniziative adottate in favore dei lavoratori seguono l’attività di formazione, con il 34,7% di aziende che la giudica molto incisiva, e l’introduzione di sistemi retributivi premianti il merito, la c.d. contrattazione di II livello, con il 29,9% di aziende osservate che ritiene

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FONDAZIONE CENSIS 70

abbia inciso molto sulla generale condizione dei lavoratori negli ultimi 3 anni.

Aggregando i dati per classe dimensionale, è possibile osservare il significativo differenziale sulla diversa incidenza delle attività di formazione nelle aziende: ritenute molto incisive solo dal 22,8% delle piccole imprese con meno di 50 addetti, la percentuale sale al 45,4 nelle medie e al 50 in quelle con più di 200 addetti.

Una formazione che sembra essere più incisiva sulla generale condizione dei lavoratori friulani, con il 46,2% delle imprese osservate che la ritiene molto incisiva, e meno tra quelli emiliani, dove la quota di imprese che danno la stessa opzione di risposta scende al 22,7%.

Anche la valorizzazione di un sistema retributivo premiante il merito rimane ancora un processo innovativo circoscritto alle imprese medio - grandi, mentre è ancora poco incisivo nella piccola impresa; solo il 19,8% di queste, infatti, dichiara che l’introduzione di sistemi premianti è stata molto incisiva sulla condizione lavorativa generale negli ultimi 3 anni. Tra le imprese medie e quelle grandi, invece, i valori salgono rispettivamente al 38,8%, e al 48,4%.

A livello territoriale, le innovazioni retributive lasciate alla contrattazione aziendale hanno conosciuto un’incidenza maggiore nelle imprese del Friuli-Venezia Giulia, 35,1%, della Lombardia, 35%, e in quelle della Sicilia, 33,3%. Nella media i valori delle imprese del Lazio, 29,4% e decisamente bassi quelli delle imprese dell’Emilia-Romagna, dove solo il 15,9% dei casi osservati sembrerebbe considerare l’introduzione di questo tipo di retribuzione molto incisiva sulla condizione generale dei lavoratori.

Scostamenti sensibili si riscontrano anche osservando sia i comparti produttivi, sia la presenza di un mercato internazionale dell’impresa. La maggiore incidenza di sistemi retributivi premianti il merito la ritroviamo più nei Servizi (35,8%) che nell’Industria (22%) (tab. 40) e più tra quelle aziende che dichiarano di non realizzare quote di fatturato all’estero (32,1%) piuttosto che tra quelle internazionalizzate (27,6%) (tab. 41).

Il fatto che tra i fattori innovativi introdotti nelle aziende negli ultimi 3 anni quelli che si sono rivelati meno incisivi dal punto di vista della condizione generale dei lavoratori, siano soprattutto i processi di mobilità e

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l’introduzione di nuove figure professionali, indica quanto ancora sia elevato il grado di immobilità del sistema produttivo. E questo, nonostante le innovazioni introdotte per rendere questi strumenti leve efficaci sia per la riallocazione quantitativa delle risorse umane, sia per la stessa modificazione ed innovazione della composizione qualitativa della forza lavoro.

I processi di mobilità sono risultati essere particolarmente deboli nella piccola impresa, quella con meno di 50 addetti; solo il 6%, infatti, li considera molto incisivi. Interessante osservare quanto l’incidenza di questi processi cresca al crescere della dimensione dell’azienda con valori che salgono al 12,3% nelle medie imprese con addetti compresi tra i 50 e i 199, e al 17,2% nelle grandi imprese con più di 200 addetti.

I valori, aggregati per area regionale, mostrano alcune differenze significative; nel Lazio nessuna delle imprese ascoltate considera molto incisivi questo tipo di processi, in Emilia-Romagna solo il 6,8%, in Lombardia l’8,6%, in Friuli-Venezia Giulia il 10,8%. Solo la Sicilia è la regione dove la percentuale cresce più del doppio della media: il 20,5%, a fronte del 9,5% di valore medio.

In base ai due diversi comparti osservati, la mobilità sembrerebbe essere stata più determinante nell’Industria (11,1%) che nei Servizi (8,3%) e in modo particolare nell’Industria che esporta, quella che produce quote di fatturato all’estero (13,5%), rispetto a quella che non presenta quote di fatturato estero (5,7%).

Relativamente alla incidenza che ha avuto sui lavoratori l’introduzione di nuove figure professionali, questa è stata particolarmente bassa nella piccola impresa (12,4%), con valori vicini a quelli medi nelle imprese con un numero di addetti compreso tra i 50 e i 199 (17,9%). Solo nelle grandi imprese questo tipo di innovazione è stata particolarmente incisiva sulla generale condizione dei lavoratori (31,3%).

E questo soprattutto nelle imprese che operano in Friuli-Venezia Giulia (28,2%) e nel Lazio (27,8). Meno interessate a questo tipo di innovazione quelle della Lombardia (13,6%), della Sicilia (11,9%) e soprattutto dell’Emilia-Romagna (6,8%).

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Ed anche in questo caso, in base ai casi osservati, questo tipo di introduzione risulta essere stata meno importante proprio nelle imprese che operano nei Servizi (15,3%, a fronte del 18,8% dell’Industria), e quelle più investite dai processi di internazionalizzazione; nelle aziende che presentano quote di fatturato estero la percentuale di aziende che ritiene che l’introduzione di nuove figure professionali è stata molto incisiva è solo del 14,4%, mentre sale al 19,3% proprio tra quelle che non si sono internazionalizzate.

Le variabili che entrano in gioco nella determinazione della qualità di un buon ambiente di lavoro sono molteplici, così come molteplici sono le dimensioni che compongono la complessità di tale fenomeno.

Nella definizione del contesto qualitativo nel quale si organizzano i processi lavorativi e relazionali fra i soggetti all'interno di una azienda, è importante non prescindere da una attenta valutazione, sia in merito ai livelli di fedeltà all'azienda, sia al senso di appartenenza all’organizzazione, sia, infine, alla dimensione professionale e motivazionale dei dipendenti.

Uno degli indicatori più efficaci per misurare un buon ambiente di lavoro è quello che misura il livello di separazione tra i vertici apicali dell’azienda e i singoli lavoratori; più questa separazione diminuisce, più l’atmosfera lavorativa viene improntata alla fiducia e alla collaborazione.

I dati relativi a questo tipo di relazione, mostrano che nell’87,5% delle aziende osservate, i rapporti tra i lavoratori e i vertici aziendali sono improntati sulla fiducia e sulla collaborazione reciproca (fig. 14). Solo il 9,9% delle aziende li definisce tendenzialmente impersonali e il 2,6% delle imprese li percepisce come rapporti caratterizzati da tensioni e conflitti tra le parti.

Anche in questo caso la variabile dimensionale delle imprese determina un livello di collaborazione e di fiducia maggiore nelle piccole realtà imprenditoriali, dove la relazione tra dipendenti e manager è continua e costante. Ne consegue che nei grandi gruppi imprenditoriali le relazioni tendono per definizione a farsi impersonali e a perdere quel tratto di continuità e collaborazione diretta con la leadership dell’azienda. Come mostrano i dati, infatti, nelle aziende con meno di 50 addetti la percentuale di aziende che definisce i rapporti interni basati sulla fiducia e collaborazione reciproca sale all’89,1% (tab. 42).

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Di contro, nelle grandi imprese, ad aumentare è la percentuale di quelle che riconosce nella gestione dei rapporti interni all’azienda una dinamica tendenzialmente impersonale; se nelle piccola impresa con meno di 50 addetti la percentuale è dell’8,6% dei casi osservati, nelle imprese con più di 200 addetti questa percentuale sale al 12,5%.

Tra le regioni, quella che presenta le minori fluidità dal punto di vista delle relazioni interne all’azienda è l’Emilia-Romagna, che ha la percentuale più alta di aziende che considera le relazioni abbastanza tese e conflittuali, il 6,4%, a fronte di una media del 2,3% (tab. 43). Il Friuli-Venezia Giulia, al contrario, è la regione in cui i rapporti interni vengono percepiti come collaborativi ed impostati sulla reciproca fiducia (90,9%), a differenza della Lombardia dove troviamo i valori più bassi (83,6%) e, al contrario, troviamo la percentuale più alta tra le aziende che dichiarano rapporti impersonali tra i lavoratori e il management (16,4%).

Analizzando i dati aggregati per comparto produttivo, si osserva che le aziende che operano nei servizi sono quelle che presentano una dimensione relazionale interna polarizzata; sono contemporaneamente quelle con i valori più alti sia tra quante indicano rapporti basati sulla fiducia e sulla collaborazione reciproca (90,3%), sia tra quelle che riconosco al loro interno dinamiche tese e conflittuali tra i lavoratori e i vertici aziendali (3%) (tab. 44). Nell’organizzazione interna di un impresa che opera nell’Industria, tra i diversi soggetti sembra invece prevalere una relazione impersonale (14,4%).

Un buon livello di collaborazione che non interessa solamente la relazione dei lavoratori con la loro dirigenza, ma che a livello orizzontale ritroviamo anche tra i singoli dipendenti. Come mostra la figura 15, in nove imprese su dieci il livello di collaborazione tra i lavoratori viene definito medio-elevato (nella media per il 64,2% ed elevato per il 26% delle imprese osservate). Solo l’1,7% delle imprese ritiene scarsa la dimensione collaborativa nelle relazioni orizzontali delle imprese.

Una collaborazione tra lavoratori che aumenta proprio nelle grandi imprese, quelle con più di 200 addetti, dove viene considerata nella media dal 60,6%, elevata dal 36,4% e molto elevata dal restante 3% delle imprese osservate (tab. 45).

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A livello territoriale i rapporti tra i lavoratori sono decisamente ottimi in Sicilia (41,5% elevato-molto elevato) e in Lombardia (41,3% elevato-molto elevato) e meno improntati alla serena collaborazione tra i lavoratori nelle imprese dell’Emilia-Romagna (19,1%) (tab. 46). Infine, nei diversi comparti produttivi risulta più alto il livello di collaborazione tra i lavoratori dei Servizi (39,4%) rispetto a quelli dell’Industria (26,5%) (tab. 47), mentre senza sostanziali differenze i dati relativi al livello di collaborazione tra i lavoratori di un’impresa internazionalizzata e quelli di un’impresa dove sono assenti quote di fatturato estero (tab. 48).

Tra le componenti costitutive del clima aziendale quella che, in termini di produttività e competitività dell’impresa, risulta maggiormente determinante è la dimensione psico-emotiva relativa alla soddisfazione del lavoratore nell’ambito della propria attività all’interno dell’organizzazione.

Dietro ai contesti operativi e relazionali la motivazione, l’entusiasmo e la creatività delle risorse umane sono fattori determinanti non solo per il successo dei processi lavorativi e gestionali di un’impresa, ma anche e soprattutto per quel senso di appartenenza all’organizzazione e di fedeltà all’azienda che ne scaturisce.

Il profilo che emerge dall’analisi dei dati relativi proprio ai motivi di soddisfazione dei dipendenti non sembra tracciare i contorni di un appagamento in termini di realizzazione, di prospettive di carriera e di sviluppo professionale dei lavoratori. Al contrario, tra le attese profonde prevalgono ancora tratti di evidente conservazione strumentale, ossia al primo posto la sicurezza dell’impiego (43,5%) e al terzo la vicinanza del domicilio al posto di lavoro (31,9%) (fig. 16).

Se da una parte il buon clima aziendale e le buone relazioni tra colleghi vengono confermate da quel 38,4% di imprese che indicano la buona integrazione nel gruppo di lavoro come principale motivo di soddisfazione per i lavoratori, dall’altra il merito, l’autorealizzazione e l’apporto delle singole competenze non appaiono ancora sufficientemente riconosciute.

I valori più bassi li troviamo proprio in corrispondenza della libertà nel lavoro (10,3%), nella possibilità di mettere in pratica le proprie idee (12,1%) e nella possibilità di promozione e carriera interna (13,8%) indicate come le motivazioni che più deludono le aspettative dei lavoratori.

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Motivi di soddisfazione più o meno riconosciuti a seconda della dimensione dell’impresa. Mentre nella grande impresa aumenta la domanda di sicurezza dell’impiego (46,9%) che nelle piccole imprese registra il 41,9% di adesioni, nel caso della buona integrazione nel gruppo di lavoro e della vicinanza del domicilio al posto di lavoro i valori più alti si riscontrano, invece, nelle piccole e medie imprese; nel primo caso si passa dal 44,2% delle imprese con meno di 50 addetti al 25% di quelle con più di 200 addetti; nel secondo si passa dal 34,1% al 25% per le medesime classi dimensionali (tab. 49).

Anche in relazione alle motivazioni che soddisfano meno i lavoratori delle imprese osservate, le variazioni percentuali in base alla classe dimensionale sono significative. La libertà nel lavoro viene indicata più nella piccola impresa (12,4%) che nella grande (9,4%); per la possibilità di mettere in pratica le proprie idee sembrerebbe più adatto il contesto operativo della grande impresa (18,8%) e meno quello della piccola (10,1%).

Infine, anche nel caso della possibilità di realizzazione una propria idea e di prospettive di carriera e di sviluppo professionale la capacità competitiva della grande impresa (18,8%) sembrerebbe più adatta, rispetto alla piccola realtà imprenditoriale (11,6%).

È interessante osservare che mentre nella piccola impresa al secondo posto, tra i motivi di soddisfazione, troviamo la buona integrazione del gruppo di lavoro (44,2%), nella media e grande impresa ci si identifica più nel prestigio del datore di lavoro (40,8% nelle medie imprese e 34,4% nelle grandi).

A livello territoriale le diverse motivazioni seguono andamenti differenziati. Nel Lazio la sicurezza dell’impiego (55,3%) e gli orari compatibili con la vita di famiglia (36,8%) raggiungono il loro valore massimo (tab. 50). In Lombardia oltre alla sicurezza dell’impiego (44,4%) troviamo la buona integrazione nel gruppo di lavoro (38,1%), mentre in Friuli-Venezia Giulia più che per la sicurezza dell’impiego (38,1%) si è soddisfatti per una buona integrazione nel gruppo di lavoro (45,2%).

In Emilia-Romagna altra fonte di soddisfazione è anche la vicinanza del domicilio al posto di lavoro (37%). Infine, in Sicilia, oltre al prestigio del datore di lavoro (46,5%), alla sicurezza dell’impiego (41,9%) e alla buona integrazione nel gruppo di lavoro (41,9%), molto sentita è anche la dimensione motivazionale del proprio lavoro: il 32,6% di imprese ritiene che essere convinti dell’utilità e dell’importanza del lavoro sia tra i principali motivi di soddisfazione per i lavoratori.

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Tra le soddisfazioni che sembrano motivare meno i lavoratori nel Lazio troviamo la libertà nel lavoro (2,6%) e la possibilità di mettere in pratica le proprie idee (10,5%). In Lombardia oltre alla libertà nel lavoro (7,9%) soddisfa poco anche l’essere convinti dell’utilità e dell’importanza del lavoro (12,7%), una soddisfazione poco percepita anche in Emilia-Romagna (6,5%). E se in Friuli-Venezia Giulia, invece, è la possibilità di mettere in pratica le proprie idee (9,5%) a deludere, in Sicilia sono principalmente la libertà nel lavoro (7%) e la possibilità di promozione e carriera interna (9,3%).

Le differenze più significative che si osservano analizzando i dati relativi alle diverse soddisfazioni nei due comparti produttivi, quello dell’Industria e quello dei Servizi, sono quelle che riguardano principalmente la libertà nel lavoro (Industria 2% e Servizi 16,5%), il salario elevato (Industria 13,1%; Servizi 23,3%), la vicinanza del domicilio al posto di lavoro (Industria 44,4%; Servizi 22,6%) ed avere un superiore competente ed efficace (Industria 26,3%; Servizi 14,3%) (tab. 51).

Tra le variabili osservate, quella relativa all’internazionalizzazione dell’impresa risulta essere significativamente determinante nella percezione del livello di soddisfazione dei lavoratori. Tra quelle che realizzano quote di fatturato all’estero, i principali motivi di soddisfazione si riscontrano nel campo delle competenze manageriali, nell’innovazione e, in generale, in una maggiore dinamicità dell’impresa, a fronte di forti differenziali rispetto a quelle che non realizzano quote di fatturato estero.

Se avere un superiore competente ed efficace è motivo di soddisfazione per il 13,8% dei lavoratori delle imprese non internazionalizzate, in quelle che realizzano quote di fatturato estero la percentuale sale al 25% (tab. 52). Anche nella dimensione dell’autorealizzazione dei lavoratori si riscontra un più alto livello di soddisfazione dato dalla possibilità di promozione e di carriera interna nelle imprese che internazionalizzano rispetto a quelli che lavorano in imprese che non hanno quote di fatturato estero: rispettivamente al 18,1% e al 9,5%.

Al contrario, la soddisfazione che si ricava dal mettere in pratica le proprie idee sembrerebbe una motivazione maggiormente percepita dai lavoratori delle aziende che non hanno quote di fatturato estero (14,7%) e meno in quelle internazionalizzate (9,5%). La sicurezza dell’impiego viene percepita dai lavoratori più nelle aziende che non realizzano quote di fatturato estero (48,3%) rispetto a quelle inserite nei mercati internazionali (38,8%). Medesimo discorso anche nel caso della buona integrazione nel gruppo di

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lavoro: al 31,9% nelle aziende che internazionalizzano, al 44,8% in quelle che non hanno fatturato estero.

Anche analizzando le diverse problematiche con cui le aziende si sono dovute confrontare negli ultimi 3 anni, emerge un sentiment aziendale e un tessuto di relazioni improntato su fiducia, integrazione e collaborazione reciproca.

Ciò che invece viene segnalato come criticità diffusa è la sicurezza sui posti di lavoro. Il 48,5% delle imprese osservate indica al primo posto proprio gli infortuni sul lavoro, segno di quanta strada bisogna ancora fare nella messa in sicurezza dei luoghi di lavoro (fig. 17). Un problema particolarmente avvertito nella media e grande impresa dove i valori salgono rispettivamente al 64,3% e al 60,6%, soprattutto in regioni come la Lombardia (64,5%) e l’Emilia-Romagna (63,8%) (tabb. 53 e 54).

Seguono i problemi che le aziende hanno con i singoli lavoratori, segnalati dal 40,7% delle aziende osservate. Problemi che, evidentemente, le imprese riescono a gestire e contenere in termini intra-aziendali anche grazie ad una buona relazione con le rappresentanze sindacali che, in termini di criticità, registrano valori molto contenuti; i conflitti con i rappresentanti dei lavoratori vengono segnalati solo dall’8,7% delle aziende.

Seguono le difficoltà di reperimento di figure professionali per il 37,7% con valori che crescono nella piccola e media impresa e soprattutto in quelle che operano nell’industria (44,3%) (tab. 55). Un problema che a livello territoriale viene avvertito soprattutto in Friuli-Venezia Giulia (53,5%) e in Emilia-Romagna (46,8%).

La dimensione relazionale tra i lavoratori è forse quella dove si registrano le criticità minori, e questo anche nei diversi segmenti di popolazione. Una diffusa politica di integrazione della popolazione immigrata ha contribuito certamente a limitare in questi anni i conflitti fra i lavoratori italiani e quelli stranieri che vengono segnalati solamente dal 4,8% delle imprese. I valori più elevati - ma sempre molto contenuti - nelle imprese a carattere Industriale (7,2%), di media grandezza (7,1%) e localizzate perlopiù in Friuli-Venezia Giulia (9,3%) e in Emilia-Romagna (8,5%).

Anche i bassi valori relativi alle difficoltà di relazione tra lavoratori di età diversa contribuiscono a rendere fluido e produttivo il clima nelle aziende; una difficoltà che viene segnalata solo dal 9,5% delle imprese osservate e che tende ad aumentare nelle piccole imprese con meno di 50 addetti (11,7%). Un dato, quest’ultimo, che andrebbe osservato anche - e

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soprattutto - alla luce delle basse percentuali rilevate, invece, nella grande impresa (3%).

A livello territoriale la difficoltà di relazione tra lavoratori di età diversa registra un marcato divario tra le 3 regioni del Nord e le 2 del Centro Sud; se in Lombardia e in Emilia-Romagna i dati mostrano valori contenuti (rispettivamente del 4,8% e del 6,4%), nel Lazio e in Sicilia le percentuali salgono in modo considerevole (rispettivamente al 15,8% e al 14,6%). Più vicini alla media i valori del Friuli-Venezia Giulia (9,3%).

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Tab. 38 - Incidenza delle iniziative rivolte ai lavoratori negli ultimi 3 anni sulla loro condizione lavorativa, in base alla classe dimensionale (val. %)

Addetti Totale Da 15 a 49 Da 50 a 199 200 e più

Introduzione di nuove figure professionali Per niente 48,8 32,8 31,3 41,4 Poco 38,8 49,3 37,4 41,8 Molto 12,4 17,9 31,3 16,8 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Incentivi economici Per niente 29,2 15,2 9,4 22,0 Poco 50,0 45,4 71,8 51,9 Molto 20,8 39,4 18,8 26,1 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Attività di formazione Per niente 28,1 18,2 12,5 22,8 Poco 47,1 36,4 37,5 42,5 Molto 24,8 45,4 50,0 34,7 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Processi di mobilità Per niente 78,5 66,2 51,8 71,0 Poco 15,5 21,5 31,0 19,5 Molto 6,0 12,3 17,2 9,5 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Introduzione di sistemi di valutazione Per niente 66,4 42,4 18,8 51,9 Poco 23,3 30,3 43,7 28,5 Molto 10,3 27,3 37,5 19,6 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Introduzione di sistemi retributivi premianti il merito

Per niente 46,6 26,9 12,9 35,5 Poco 33,6 34,3 38,7 34,6 Molto 19,8 38,8 48,4 29,9 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Miglioramento dell'ambiente fisico di lavoro Per niente 32,5 18,2 16,1 25,7 Poco 37,6 39,4 32,3 37,4 Molto 29,9 42,4 51,6 36,9 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2009

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Tab. 39 - Incidenza delle iniziative rivolte ai lavoratori negli ultimi 3 anni sulla loro condizione lavorativa, in base all’area geografica (val. %)

Regione Totale Lombardia Friuli

Venezia Giulia

Emilia Romagna

Lazio Sicilia

Introduzione di nuove figure professionali

Per niente 64,4 20,5 52,3 22,2 33,3 41,4 Poco 22,0 51,3 40,9 50,0 54,8 41,8 Molto 13,6 28,2 6,8 27,8 11,9 16,8 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Incentivi economici Per niente 30,0 7,9 22,7 16,7 27,5 22,0 Poco 41,7 55,3 56,8 63,9 47,5 51,9 Molto 28,3 36,8 20,5 19,4 25,0 26,1 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Attività di formazione Per niente 28,3 17,9 27,3 20,0 17,1 22,8 Poco 35,0 35,9 50,0 48,6 46,3 42,5 Molto 36,7 46,2 22,7 31,4 36,6 34,7 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Processi di mobilità Per niente 82,8 70,3 72,7 71,9 51,3 71,0 Poco 8,6 18,9 20,5 28,1 28,2 19,5 Molto 8,6 10,8 6,8 20,5 9,5 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Introduzione di sistemi di valutazione

Per niente 52,6 50,0 68,2 42,8 42,5 51,9 Poco 20,3 33,3 27,3 34,3 32,5 28,5 Molto 27,1 16,7 4,5 22,9 25,0 19,6 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Introduzione di sistemi retributivi premianti il merito

Per niente 43,3 18,9 43,2 29,4 35,9 35,5 Poco 21,7 46,0 40,9 41,2 30,8 34,6 Molto 35,0 35,1 15,9 29,4 33,3 29,9 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Miglioramento dell'ambiente fisico di lavoro

Per niente 33,4 15,8 31,8 20,6 21,1 25,7 Poco 33,3 39,5 36,4 50,0 31,6 37,4 Molto 33,3 44,7 31,8 29,4 47,3 36,9 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2009

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Tab. 40 - Incidenza delle iniziative rivolte ai lavoratori negli ultimi 3 anni sulla loro condizione lavorativa, in base al comparto produttivo (val. %)

Settore Totale Industria Servizi

Introduzione di nuove figure professionali Per niente 39,6 42,8 41,4 Poco 41,6 41,9 41,8 Molto 18,8 15,3 16,8 Totale 100,0 100,0 100,0 Incentivi economici Per niente 23,4 21,0 22,0 Poco 53,2 50,8 51,9 Molto 23,4 28,2 26,1 Totale 100,0 100,0 100,0 Attività di formazione Per niente 23,2 22,6 22,8 Poco 38,9 45,1 42,5 Molto 37,9 32,3 34,7 Totale 100,0 100,0 100,0 Processi di mobilità Per niente 73,3 69,2 71,0 Poco 15,6 22,5 19,5 Molto 11,1 8,3 9,5 Totale 100,0 100,0 100,0 Introduzione di sistemi di valutazione Per niente 58,2 47,2 51,9 Poco 30,8 26,8 28,5 Molto 11,0 26,0 19,6 Totale 100,0 100,0 100,0 Introduzione di sistemi retributivi premianti il merito

Per niente 39,5 32,5 35,5 Poco 38,5 31,7 34,6 Molto 22,0 35,8 29,9 Totale 100,0 100,0 100,0 Miglioramento dell'ambiente fisico di lavoro Per niente 28,3 23,8 25,7 Poco 34,8 39,3 37,4 Molto 36,9 36,9 36,9 Totale 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2009

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Tab. 41 - Incidenza delle iniziative rivolte ai lavoratori negli ultimi 3 anni sulla loro condizione lavorativa, in base alla presenza di quote di fatturato estero (val. %)

Fatturato all'estero Totale Si No

Introduzione di nuove figure professionali Per niente 39,6 43,1 41,4 Poco 46,0 37,6 41,8 Molto 14,4 19,3 16,8 Totale 100,0 100,0 100,0 Incentivi economici Per niente 17,4 26,6 22,0 Poco 56,0 47,7 51,9 Molto 26,6 25,7 26,1 Totale 100,0 100,0 100,0 Attività di formazione Per niente 22,5 23,1 22,8 Poco 46,0 38,9 42,5 Molto 31,5 38,0 34,7 Totale 100,0 100,0 100,0 Processi di mobilità Per niente 73,0 68,8 71,0 Poco 13,5 25,5 19,5 Molto 13,5 5,7 9,5 Totale 100,0 100,0 100,0 Introduzione di sistemi di valutazione Per niente 53,3 50,4 51,9 Poco 28,0 29,0 28,5 Molto 18,7 20,6 19,6 Totale 100,0 100,0 100,0 Introduzione di sistemi retributivi premianti il merito

Per niente 36,2 34,9 35,5 Poco 36,2 33,0 34,6 Molto 27,6 32,1 29,9 Totale 100,0 100,0 100,0 Miglioramento dell'ambiente fisico di lavoro Per niente 22,2 29,2 25,7 Poco 40,8 34,0 37,4 Molto 37,0 36,8 36,9 Totale 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2009

Page 86: Rapporto finale Censis

Fig. 14 - Definizione dei rapporti interni tra lavoratori e vertici aziendali (val. %)

Fonte: indagine Censis, 2009

Page 87: Rapporto finale Censis

Tab. 42 - Definizione dei rapporti interni tra lavoratori e vertici aziendali, in base alla classe dimensionale (val. %)

Addetti Totale Definizione Da 15 a 49 Da 50 a 199 200 e più Tendenzialmente impersonali 8,6 11,1 12,5 9,9 Improntati sulla fiducia e sulla collaborazione reciproca

89,1 84,7 87,5 87,5

Abbastanza tesi e conflittuali 2,3 4,2 - 2,6 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2009

Page 88: Rapporto finale Censis

Tab. 43 - Definizione dei rapporti interni tra lavoratori e vertici aziendali, in base all’area geografica (val. %) Regione Totale Definizione Lombardia Friuli

Venezia Giulia

Emilia Romagna

Lazio Sicilia

Tendenzialmente impersonali 16,4 9,1 6,4 5,1 9,8 9,9 Improntati sulla fiducia e sulla collaborazione reciproca

83,6

90,9

87,2

89,8

87,8

87,5

Abbastanza tesi e conflittuali - - 6,4 5,1 2,4 2,6 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2009

Page 89: Rapporto finale Censis

Tab. 44 - Definizione dei rapporti interni tra lavoratori e vertici aziendali, in base al comparto produttivo (val. %)

Settore Totale Definizione Industria Servizi Tendenzialmente impersonali 14,4 6,7 9,9 Improntati sulla fiducia e sulla collaborazione reciproca 83,5 90,3 87,5 Abbastanza tesi e conflittuali 2,1 3,0 2,6 Totale 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2009

Page 90: Rapporto finale Censis

Fig. 15 - Livello di collaborazione tra i lavoratori (val. %)

Fonte: indagine Censis, 2009

Page 91: Rapporto finale Censis

Tab. 45 - Livello di collaborazione tra i lavoratori, in base alla classe dimensionale (val. %) Addetti Totale Livello Da 15 a 49 Da 50 a 199 200 e più Molto elevato 9,2 8,3 3,0 8,1 Elevato 24,6 23,6 36,4 26,0 Nella media 64,7 65,3 60,6 64,2 Scarso 1,5 2,8 - 1,7 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2009

Page 92: Rapporto finale Censis

Tab. 46 - Livello di collaborazione tra i lavoratori, in base all’area geografica (val. %) Regione Totale Livello Lombardia Friuli

Venezia Giulia

Emilia Romagna

Lazio Sicilia

Molto elevato 4,8 11,4 2,1 5,0 19,5 8,1 Elevato 36,5 22,7 17,0 27,5 22,0 26,0 Nella media 58,7 63,6 78,8 67,5 53,6 64,2 Scarso - 2,3 2,1 - 4,9 1,7 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2009

Page 93: Rapporto finale Censis

Tab. 47 - Livello di collaborazione tra i lavoratori, in base al comparto produttivo (val. %)

Settore Totale Livello Industria Servizi Molto elevato 6,1 9,5 8,1 Elevato 20,4 29,9 26,0 Nella media 72,5 58,4 64,2 Scarso 1,0 2,2 1,7 Totale 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2009

Page 94: Rapporto finale Censis

Tab. 48 - Livello di collaborazione tra i lavoratori, in base alla presenza di quote di fatturato estero (val. %)

Fatturato all'estero Totale Livello Si No Molto elevato 11,2 5,0 8,1 Elevato 20,7 31,1 26,0 Nella media 66,4 62,2 64,2 Scarso 1,7 1,7 1,7 Totale 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2009

Page 95: Rapporto finale Censis

Fig. 16 - Principali motivi di soddisfazione per i lavoratori dell'azienda (val. %)

10,3

12,1

13,8

18,1

19

19,4

21,1

27,2

28,4

31,9

38,4

43,5

Libertà nel lavoro 

Possibilità di mettere in pratica le proprie idee 

Possibilità di promozione e carriera interna 

Essere convinto dell'utilità e dell'importanza  del lavoro 

Salario elevato 

Avere un superiore competente ed efficace 

Realizzarsi con un lavoro stimolante  e interessante 

Prestigio del datore di lavoro e/o azienda 

Orari compatibili con la vita di famiglia 

Vicinanza del domicilio al posto di lavoro 

Buona integrazione nel gruppo di lavoro 

Sicurezza dell'impiego 

Fonte: indagine Censis, 2009

Page 96: Rapporto finale Censis

Tab. 49 - Principali motivi di soddisfazione per i lavoratori dell'azienda, in base alla classe dimensionale (val. %)

Addetti Totale Motivo Da 15 a 49 Da 50 a 199 200 e più Prestigio del datore di lavoro e/o azienda 17,8 40,8 34,4 27,2 Avere un superiore competente ed efficace 17,8 16,9 31,3 19,4 Possibilità di mettere in pratica le proprie idee 10,1 12,7 18,8 12,1 Possibilità di promozione e carriera interna 11,6 15,5 18,8 13,8 Buona integrazione nel gruppo di lavoro 44,2 33,8 25,0 38,4 Vicinanza del domicilio al posto di lavoro 34,1 31,0 25,0 31,9 Salario elevato 14,7 25,4 21,9 19,0 Orari compatibili con la vita di famiglia 31,8 26,8 18,8 28,4 Essere convinto dell'utilità e dell'importanza del lavoro 20,2 15,5 15,6 18,1 Realizzarsi con un lavoro stimolante e interessante 24,0 15,5 21,9 21,1 Sicurezza dell'impiego 41,9 45,1 46,9 43,5 Libertà nel lavoro 12,4 7,0 9,4 10,3 Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 2009

Page 97: Rapporto finale Censis

Tab. 50 - Principali motivi di soddisfazione per i lavoratori dell'azienda, in base all’area geografica (val. %) Regione Totale Motivo Lombardia Friuli

Venezia Giulia

Emilia Romagna

Lazio Sicilia

Prestigio del datore di lavoro e/o azienda 15,9 38,1 17,4 23,7 46,5 27,2 Avere un superiore competente ed efficace 20,6 14,3 21,7 21,1 18,6 19,4 Possibilità di mettere in pratica le proprie idee 20,6 9,5 15,2 10,5 - 12,1 Possibilità di promozione e carriera interna 15,9 11,9 15,2 15,8 9,3 13,8 Buona integrazione nel gruppo di lavoro 38,1 45,2 37,0 31,6 39,5 38,4 Vicinanza del domicilio al posto di lavoro 28,6 38,1 37,0 28,9 27,9 31,9 Salario elevato 31,7 14,3 15,2 15,8 11,6 19,0 Orari compatibili con la vita di famiglia 31,7 21,4 26,1 36,8 25,6 28,4 Essere convinto dell'utilità e dell'importanza del lavoro 12,7 23,8 6,5 18,4 32,6 18,1 Realizzarsi con un lavoro stimolante e interessante 22,2 19,0 21,7 26,3 16,3 21,1 Sicurezza dell'impiego 44,4 38,1 39,1 55,3 41,9 43,5 Libertà nel lavoro 7,9 16,7 17,4 2,6 7,0 10,3 Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 2009

Page 98: Rapporto finale Censis

Tab. 51 - Principali motivi di soddisfazione per i lavoratori dell'azienda, in base al comparto produttivo (val. %)

Settore Totale Motivo Industria Servizi Prestigio del datore di lavoro e/o azienda 23,2 30,1 27,2 Avere un superiore competente ed efficace 26,3 14,3 19,4 Possibilità di mettere in pratica le proprie idee 10,1 13,5 12,1 Possibilità di promozione e carriera interna 16,2 12,0 13,8 Buona integrazione nel gruppo di lavoro 41,4 36,1 38,4 Vicinanza del domicilio al posto di lavoro 44,4 22,6 31,9 Salario elevato 13,1 23,3 19,0 Orari compatibili con la vita di famiglia 31,3 26,3 28,4 Essere convinto dell'utilità e dell'importanza del lavoro

18,2 18,0 18,1

Realizzarsi con un lavoro stimolante e interessante 18,2 23,3 21,1 Sicurezza dell'impiego 38,4 47,4 43,5 Libertà nel lavoro 2,0 16,5 10,3 Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 2009

Page 99: Rapporto finale Censis

Tab. 52 - Principali motivi di soddisfazione per i lavoratori dell'azienda, in base alla presenza di quote di fatturo estero (val. %)

Fatturato all'estero Totale Motivo Si No Prestigio del datore di lavoro e/o azienda 26,7 27,6 27,2 Avere un superiore competente ed efficace 25,0 13,8 19,4 Possibilità di mettere in pratica le proprie idee 9,5 14,7 12,1 Possibilità di promozione e carriera interna 18,1 9,5 13,8 Buona integrazione nel gruppo di lavoro 31,9 44,8 38,4 Vicinanza del domicilio al posto di lavoro 35,3 28,4 31,9 Salario elevato 19,8 18,1 19,0 Orari compatibili con la vita di famiglia 25,9 31,0 28,4 Essere convinto dell'utilità e dell'importanza del lavoro

23,3 12,9 18,1

Realizzarsi con un lavoro stimolante e interessante 21,6 20,7 21,1 Sicurezza dell'impiego 38,8 48,3 43,5 Libertà nel lavoro 6,9 13,8 10,3 Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 2009

Page 100: Rapporto finale Censis

Fig. 17 - Problemi affrontati dall'azienda negli ultimi 3 anni (val. %)  

48,5

40,7

37,7

19,5

17,3

16,0

12,6

12,1

9,5

8,7

7,8

4,8

Infortuni sul lavoro

Problemi con singoli lavoratori

Difficoltà di reperimento di figure professionali

Assenteismo

Sciopero dei lavoratori

Rivendicazioni collettive di aumenti salariali

Inadeguata organizzazione del lavoro

Difficili rapporti con gli uffici pubblici

Relazioni difficili fra lavoratori di età diversa

Conflitti con i rappresentanti dei lavoratori

Malattie professionali

Conflitti fra lavoratori italiani e stranieri

Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 2009

Page 101: Rapporto finale Censis

Tab. 53 - Problemi affrontati dall'azienda negli ultimi 3 anni, in base alla classe dimensionale (val. %)

Addetti Totale Da 15 a 49 Da 50 a 199 200 e più Sciopero dei lavoratori Si 9,4 25,7 30,3 17,3 No 90,6 74,3 69,7 82,7 Totale 100,0 100,0 100,0 100, Rivendicazioni collettive di aumenti salariali

Si 10,9 17,1 33,3 16,0 No 89,1 82,9 66,7 84,0 Totale 100,0 100,0 100,0 100, Inadeguata organizzazione del lavoro Si 10,2 14,3 18,2 12,6 No 89,8 85,7 81,8 87,4 Totale 100,0 100,0 100,0 100, Assenteismo Si 18,8 12,9 36,4 19,5 No 81,2 87,1 63,6 80,5 Totale 100,0 100,0 100,0 100, Malattie professionali Si 5,5 10,0 12,1 7,8 No 94,5 90,0 87,9 92,2 Totale 100,0 100,0 100,0 100, Infortuni sul lavoro Si 36,7 64,3 60,6 48,5 No 63,3 35,7 39,4 51,5 Totale 100,0 100,0 100,0 100, Difficili rapporti con gli uffici pubblici Si 10,2 14,3 15,2 12,1 No 89,8 85,7 84,8 87,9 Totale 100,0 100,0 100,0 100, Problemi con singoli lavoratori Si 39,8 41,4 42,4 40,7 No 60,2 58,6 57,6 59,3 Totale 100,0 100,0 100,0 100, Conflitti con i rappresentanti dei lavoratori

Si 6,3 7,1 21,2 8,7 No 93,7 92,9 78,8 91,3 Totale 100,0 100,0 100,0 100, Difficoltà di reperimento di figure professionali

Si 36,7 40,0 36,4 37,7 No 63,3 60,0 63,6 62,3 Totale 100,0 100,0 100,0 100, Relazioni difficili fra lavoratori di età diversa

Si 11,7 8,6 3,0 9,5 No 88,3 91,4 97,0 90,5 Totale 100,0 100,0 100,0 100, Conflitti fra lavoratori italiani e stranieri

Si 3,9 7,1 3,0 4,8 No 96,1 92,9 97,0 95,2 Totale 100,0 100,0 100,0 100, Fonte: indagine Censis, 2009

Page 102: Rapporto finale Censis

Tab. 54 - Problemi affrontati dall'azienda negli ultimi 3 anni, in base all’area geografica (val. %)

Regione Totale Lombardia Friuli

Venezia Giulia

Emilia Romagna

Lazio Sicilia

Sciopero dei lavoratori Si 17,7 14,0 23,4 15,8 14,6 17,3 No 82,3 86,0 76,6 84,2 85,4 82,7 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Rivendicazioni collettive di aumenti salariali

Si 12,9 23,3 19,1 13,2 12,2 16,0 No 87,1 76,7 80,9 86,8 87,8 84,0 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Inadeguata organizzazione del lavoro Si 6,5 14,0 21,3 10,5 12,2 12,6 No 93,5 86,0 78,7 89,5 87,8 87,4 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Assenteismo Si 37,1 11,6 8,5 21,1 12,2 19,5 No 62,9 88,4 91,5 78,9 87,8 80,5 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Malattie professionali Si 6,5 16,3 6,4 2,6 7,3 7,8 No 93,5 83,7 93,6 97,4 92,7 92,2 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Infortuni sul lavoro Si 64,5 46,5 63,8 36,8 19,5 48,5 No 35,5 53,5 36,2 63,2 80,5 51,5 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Difficili rapporti con gli uffici pubblici Si 9,7 11,6 6,4 15,8 19,5 12,1 No 90,3 88,4 93,6 84,2 80,5 87,9 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Problemi con singoli lavoratori Si 30,6 39,5 55,3 39,5 41,5 40,7 No 69,4 60,5 44,7 60,5 58,5 59,3 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Conflitti con i rappresentanti dei lavoratori

Si 8,1 9,3 4,3 13,2 9,8 8,7 No 91,9 90,7 95,7 86,8 90,2 91,3 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Difficoltà di reperimento di figure professionali

Si 25,8 53,5 46,8 31,6 34,1 37,7 No 74,2 46,5 53,2 68,4 65,9 62,3 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Relazioni difficili fra lavoratori di età diversa

Si 4,8 9,3 6,4 15,8 14,6 9,5 No 95,2 90,7 93,6 84,2 85,4 90,5 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Conflitti fra lavoratori italiani e stranieri Si 3,2 9,3 8,5 - 2,4 4,8 No 96,8 90,7 91,5 100,0 97,6 95,2 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2009

Page 103: Rapporto finale Censis

Tab. 55 - Problemi affrontati dall'azienda negli ultimi 3 anni, in base al comparto produttivo (val. %)

Settore Totale Industria Servizi Sciopero dei lavoratori Si 24,7 11,9 17,3 No 75,3 88,1 82,7 Totale 100,0 100,0 100,0 Rivendicazioni collettive di aumenti salariali Si 21,6 11,9 16,0 No 78,4 88,1 84,0 Totale 100,0 100,0 100,0 Inadeguata organizzazione del lavoro Si 15,5 10,4 12,6 No 84,5 89,6 87,4 Totale 100,0 100,0 100,0 Assenteismo Si 18,6 20,1 19,5 No 81,4 79,9 80,5 Totale 100,0 100,0 100,0 Malattie professionali Si 9,3 6,7 7,8 No 90,7 93,3 92,2 Totale 100,0 100,0 100,0 Infortuni sul lavoro Si 49,5 47,8 48,5 No 50,5 52,2 51,5 Totale 100,0 100,0 100,0 Difficili rapporti con gli uffici pubblici Si 8,2 14,9 12,1 No 91,8 85,1 87,9 Totale 100,0 100,0 100,0 Problemi con singoli lavoratori Si 36,1 44,0 40,7 No 63,9 56,0 59,3 Totale 100,0 100,0 100,0 Conflitti con i rappresentanti dei lavoratori Si 9,3 8,2 8,7 No 90,7 91,8 91,3 Totale 100,0 100,0 100,0 Difficoltà di reperimento di figure professionali Si 44,3 32,8 37,7 No 55,7 67,2 62,3 Totale 100,0 100,0 100,0 Relazioni difficili fra lavoratori di età diversa Si 8,2 10,4 9,5 No 91,8 89,6 90,5 Totale 100,0 100,0 100,0 Conflitti fra lavoratori italiani e stranieri Si 7,2 3,0 4,8 No 92,8 97,0 95,2 Totale 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2009

Page 104: Rapporto finale Censis

6. NOTA METODOLOGICA

6.1. I dati strutturali

Il panel a cui è stato somministrato il questionario è composto complessivamente da 240 imprese distribuite su 5 regioni rappresentative del tessuto economico nazionale, sia in termini di ricchezza prodotta, sia come copertura territoriale delle maggiori macroaree geografiche.

Come riportato in tabella 56, per il Nord Ovest è stata selezionata la Lombardia (con il 26,3% di imprese), per il Nord Est il Friuli-Venezia Giulia (18,3%) e l’Emilia-Romagna (20,4%), per il Centro il Lazio (17,1%) e per il Sud la Sicilia (17,9%). (tab. 57).

In ciascuna regione si è proceduto a contattare dapprima i manager dell’azienda e, in caso di impossibilità a realizzare l’intervista (rifiuto, irreperibilità dell’azienda presente negli elenchi o dei soggetti delegati a rispondere ai quesiti del questionario, recapito telefonico errato), è stato contattato il responsabile del personale. A seguire, i soggetti che occupavano il terzo posto nelle rispettive liste di nominativi estratti.

Alla fine il questionario è stato rivolto principalmente ai manager delle aziende considerate, che insieme rappresentano il 42,1% dei rispondenti; seguiti dai direttori del personale che rappresentano il 40,4%, mentre i proprietari-amministratori delegati-direttori compongono il restante 17,5%.

6.2. Il panel delle imprese

Considerando la forma giuridica, la dimensione e il comparto produttivo delle imprese in questione, emerge che la maggioranza di esse sono Società a Responsabilità Limitata (45,3%) e Società per Azioni (41,7%) (tab. 58).

I settori produttivi interessati sono quelli dell’Industria (42,1%) e dei Servizi (57,9%) mentre in merito alla classe dimensionale delle imprese il 55,8% è rappresentato dalle piccole imprese, quelle con un numero di addetti compreso tra i 15 e i 49, il 30% da imprese con un numero di addetti compreso tra i 15 e i 49 e il restante 14,2% dalle grandi imprese con più di 200 addetti.

Page 105: Rapporto finale Censis

12911_2008 Rapporto finale Ripensare la remunerazione del lavoro

FONDAZIONE CENSIS 102

Riguardo poi alla tipologia del mercato di riferimento, il 46,6% delle imprese ascoltate dichiara di avere un mercato di riferimento nazionale, il 31,7 internazionale e il restante 21,7% opera in un mercato locale/regionale (tab. 58). Inoltre, il 50,4% negli ultimi 3 anni, ha realizzato una quota di fatturato estero pari ad una percentuale media, nel 2007, del 34,7%, ma solo il 9,6% del campione dichiara di avere una o più sedi all’estero (soprattutto negli Usa, nell’Est Europa e in Germania).

Gli obiettivi della ricerca sono finalizzati a verificare i cambiamenti in atto nella struttura salariale del lavoro dipendente, e dai dati raccolti emerge anche il profilo professionale dei dipendenti, con particolare riferimento sia alle diverse fattispecie contrattuali, sia alle singole qualifiche; la quasi totalità dei lavoratori delle imprese interpellate ha, infatti, un contratto di tipo standard, quindi a tempo indeterminato (full-time o part-time, pari al 95,1%), mentre solo il 3,4% ha una tipologia di contratto non standard precedente alla Legge 30/03 (tab. 59). Infine, una percentuale residuale è occupata con i nuovi contratti c.d. flessibili, quelli non standard in base alla legge 30/03 (1,1%).

Passando poi alla qualifica dei singoli lavoratori, nelle imprese delle cinque regioni considerate i lavoratori sono in maggioranza operai comuni e specializzati (44,4%), seguono gli impiegati d’ordine e qualificati (37,4%), gli addetti alla vendita (6,4%), e solo in piccole percentuali sono rappresentate le figura apicali dell’impresa, come direttivi/quadri (5,5%) e dirigenti/alta dirigenza (2,8%).

6.3. Il metodo di lavoro

Gli obiettivi della ricerca e le caratteristiche proprie dei settori e dei comparti produttivi presenti nel campione hanno consigliato l’introduzione di meccanismi di selezione tesi ad escludere aziende di dimensioni eccessivamente limitate (soglia minima di 15 addetti).

I nominativi delle imprese sono stati acquisiti presso gli elenchi forniti dalla Kompass. Allo scopo di disporre di un congruo numero di riserve in grado di garantire il buon esito della rilevazione, inizialmente per ogni regione è stato selezionato un numero di imprese pari a quattro volte le quote di interviste da effettuare, tenendo conto delle differenti fasce di ampiezza delle aziende presenti nelle liste.

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I rilevatori preposti alla conduzione delle attività di rilevazione sono stati preventivamente istruiti nel corso di un apposito briefing coordinato dal Censis, in cui si è provveduto a fornire spiegazioni sugli obiettivi generali della ricerca e sulle domande del questionario che potevano presentare le maggiori difficoltà nella somministrazione.

Le modalità di somministrazione dei questionari sono state organicamente correlate con la complessità dei temi trattati e con le caratteristiche dei soggetti cui è stato sottoposto il questionario: a seconda delle esigenze poste dagli intervistati si è proceduto, pertanto, all’effettuazione dell’intervista tramite telefono, fax o e-mail.

Lo strumento di rilevazione si componeva di 4 sezioni, oltre quella relativa alle informazioni strutturali del campione. La prima sezione è stata costruita per raccogliere informazioni relative al livello di internazionalizzazione delle imprese selezionate; la seconda, finalizzata all’esplorazione dei diversi contratti collettivi nazionali che regolano il rapporto di lavoro delle risorse umane impiegate nelle imprese; la terza, volta ad approfondire la dimensione retributiva e la diversa composizione della struttura salariale; ed infine, l’ultima, che ha voluto indagare sul clima interno alle aziende.

Nel corso dell’indagine si è concretamente riscontrato che l’attuale crisi economica - vissuta dalla maggioranza dei comparti manifatturieri e dei servizi contattati - si ripercuote, comprensibilmente, anche nell’attività di rilevazione in atto. Viene, infatti, registrata dagli intervistatori per lo più una scarsa collaborazione, un limitato interesse dei responsabili delle imprese a rispondere ai quesiti relativi ai temi oggetto di indagine, trattandosi di imprese, a volte, che hanno già fatto ricorso alla Cassa Integrazione.

Per quei comparti in cui si è registrata la presenza di un numero più elevato di rifiuti alla compilazione del questionario è stato necessario estrarre ulteriori e numerosi nominativi al fine di rispettare le quote scientificamente stabilite e previste nel campione inizialmente predisposto. Le interviste sono state somministrate rispettando le norme in materia di tutela della privacy, pertanto non è possibile risalire ai nominativi delle aziende contattate.

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Tab. 56 – Caratteristiche principali delle imprese intervistate (val. %) % Area territoriale Lombardia 26,3 Friuli Venezia Giulia 18,3 Emilia Romagna 20,4 Lazio 17,1 Sicilia 17,9 Totale 100,0 Ruolo del rispondente Proprietario/AD/Direttore 17,5 Direttore del Personale 40,4 Altro manager 42,1 Totale 100,0 Settore di attività Industria 42,1 Servizi 57,9 Totale 100,0 Numero di addetti all'impresa Da 15 a 49 55,8 Da 50 a 199 30,0 200 e più 14,2 Totale 100,0 Fonte: indagine Censis

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Tab. 57 – Settori produttivi delle imprese intervistate (val. %)

Lombardia

Friuli Venezia Giulia

Emilia Romagna Lazio Sicilia

INDUSTRIA 25 25 25 20 20 DG24-25 Fabbric.prodotti chimici e fibre sintetiche artic.in gomma e mat.plastiche 5 5 5 5 5 DK29 Fabbric.macchine ed appar.mecc.,instal. 8 7 9 4 4 DL30 Fabbric.macchine per uff.,elaboratori 1 1 3 1 2 DL31 Fabbric.di macchine ed appar.elettr.n.c.a. 4 3 3 2 2 DL32 Fabbric.appar.radiotel.e app.per comunic. 2 1 1 1 1 DL33 Fabbric.appar.medicali,precis.,strum.ottici 3 5 3 5 4 DM34 Fabbric.autoveicoli,rimorchi e semirim. 1 1 1 1 1 DM35 Fabbric.di altri mezzi di trasporto 1 3 1 1 2 SERVIZI 35 35 35 40 40 G51Comm all'ingrosso e intermediari del commercio, autoveicoli esclusi) 10 10 10 15 15 H55 Alberghi e ristoranti 5 5 5 5 5 I 60-64 Trasporti, magazzinaggio e telecomunicazione 10 10 10 10 10 K 71 Noleggio macc.e attrezz.senza operat. 3 3 3 3 3 K 72 Informatica e attivita' connesse 5 5 5 5 5 K 73 Ricerca e sviluppo 2 2 2 2 2 Totale 60 60 60 60 60 Fonte: elaborazione Censis su dati Infocamere

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Tab. 58 – Livello di internazionalizzazione delle imprese intervistate (val. %) % Forma giuridica S.p.A. 41,7 Società a responsabilità limitata 45,3 Società cooperativa 8,8 Altro 4,2 Totale 100,0 Tipologia del mercato di riferimento dell'azienda Locale-regionale 21,7 Nazionale 46,6 Internazionale 31,7 Totale 100,0 Quote di fatturato all'estero negli ultimi tre anni Si 49,6 No 50,4 Totale 100,0 Sedi all'estero Si 9,6 No 90,4 Totale 100,0 Fonte: indagine Censis

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Tab. 59 - Caratteristiche principali dei lavoratori impiegati nelle imprese intervistate (val. %)

% Qualifiche Dirigenti/Alta dirigenza 2,8 Direttivi, quadri 5,5 Impiegati d'ordine e qualificati 37,4 Professional/Specialisti 3,7 Operai comuni e specializzati 44,4 Addetti alla vendita 6,4 Totale 100,0 Tipo di contratto Contratti standard 95,1 Contratti non standard precedenti alla L.30/03 3,4 Contratti non standard introdotti dalla L.30/03 1,1 Utilizzo manodopera dipendente da altri soggetti 0,4 Totale 100,0 Fonte: indagine Censis

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7. UN DATABASE SALARIALE PER LE IMPRESE ITALIANE CHE OPERANO ALL’ESTERO.

Le imprese si trovano di fronte alla internazionalizzazione, necessaria ed impellente, che non può essere più “d’assalto” ma deve essere pensata e strutturata. Per questo Gradus International sta definendo insieme alle aziende che operano a livello internazionale, un nuovo sistema di compensation in grado di definire in termini ragionevoli una “paga di posto” legata al settore e all’area geografica di applicazione, ma indipendente dal paese di provenienza dei lavoratori.

A tale scopo è nata la richiesta al Censis di questa ricerca, che vuole analizzare come le aziende italiane stiano vivendo questo momento di crisi del mercato.

Gradus International ha identificato nell'Economic Research Institute il più valido supporto per offrire alle aziende uno strumento flessibile, di costo ragionevole e semplice da utilizzare.

L'Economic Research Institute si occupa di ricerche salariali da oltre trent’anni negli Stati Uniti e nel mondo, e mette a disposizione il contenuto della sua enorme banca dati tramite diversi strumenti, fra cui ERI Salary Assessor, Global Salary Calculator, e Salary Planner, a costi altamente competitivi.

In particolare, il Global Salary Calculator, insieme alla metodologia di acquisizione dati per famiglie di posizioni e competenze denominata Matrice C3, permette alle aziende di avere una panoramica dei mercati salariali di 193 paesi del mondo addirittura gratuitamente con una formula di interscambio dati.

Per comprendere la validità dei dati messi a disposizione dall'Economic Research Institute, si allegano alcune esemplificazioni di profili professionali estratti dalle 10.000 posizioni contenute nel Global Salary Calculator di ERI. Altre se ne possono ottenere direttamente tramite il sito www.erieri.it.

Sono indicati, nella prima pagina, i valori riferiti alla posizione “Bilingual Secretary” in alcuni paesi del mondo, e la loro comparazione rispetto alla media nazionale; nella seconda è rappresentata la remunerazione totale.

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Con lo stesso strumento, possono essere disegnate delle scale salariali, di cui riportiamo a titolo esemplificativo due esempi costruiti su alcune posizioni.

Retribuzioni in CinaValori in Remnimbi Yuan - Giugno 2009

Fonte: ERI Global Salary Calculator

0

50.000

100.000

150.000

200.000

250.000

Watchman TelephonistReceptionist

Driver Chauffeur MaintenanceGeneral

SecretaryBilingual

ElectroMechanicalTechnician

Accountant EngineerAutomotive

Plant Manager Sales Manager

Retribuzioni in USAValori in Dollari USA - Giugno 2009Fonte: ERI Global Salary Calculator

0

50.000

100.000

150.000

200.000

250.000

Watchman TelephonistReceptionist

MaintenanceGeneral

Driver Chauffeur SecretaryBilingual

ElectroMechanicalTechnician

Accountant Sales Manager EngineerAutomotive

Plant Manager

Ogni azienda interessata ai mercati salariali di qualsiasi paese del mondo, può ottenere gratuitamente il Global Salary Calculator di ERI con il posizionamento rispetto alla media nazionale del paese in esame, semplicemente fornendo alcuni dati tramite il sito www.erieri.it, e quindi costruirsi autonomamente uno strumento retributivo corrispondente alla propria struttura organizzativa.

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E’ altresì possibile effettuare comparazioni fra posizioni in differenti paesi del mondo, come di seguito riportato a titolo esemplificativo:

Salario medio di una Secretary BilingualValori in Euro - Giugno 2009

Fonte: ERI Global Salary Calculator

0

5.000

10.000

15.000

20.000

25.000

30.000

35.000

Cina Romania Argentina Francia USA Italia Egitto Filippine Kenya

Salario medio di un AccountantValori in Euro - Giugno 2009

Fonte: ERI Global Salary Calculator

0

5.000

10.000

15.000

20.000

25.000

30.000

35.000

40.000

Cina Romania Argentina Francia USA Italia Egitto Filippine Kenya

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Salario medio di un Electromechanical TechnicianValori in Euro - Giugno 2009

Fonte: ERI Global Salary Calculator

0

10.000

20.000

30.000

40.000

50.000

60.000

Cina Romania Argentina Francia USA Italia Egitto Filippine Kenya

Salario medio di un Plant ManagerValori in Euro - Giugno 2009

Fonte: ERI Global Salary Calculator

0

10.000

20.000

30.000

40.000

50.000

60.000

70.000

80.000

90.000

100.000

Cina Romania Argentina Francia USA Italia Egitto Filippine Kenya

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Salario medio di un Finance DirectorValori in Euro - Giugno 2009

Fonte: ERI Global Salary Calculator

0

20.000

40.000

60.000

80.000

100.000

120.000

140.000

160.000

Cina Romania Argentina Francia USA Italia Egitto Filippine Kenya

Tramite appositi strumenti interattivi online, come il Salary Planning Sheet, è possibile costruire un foglio elettronico contenente tutte le posizioni della propria azienda, recuperare dati salariali attuali e futuri e quindi effettuare analisi what-if e simulazioni per una data futura.

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I dati ERI consentono la determinazione della retribuzione per tutti i lavoratori operanti nel mondo globalizzato fornendo un range che apprezza le competenze e l'anzianità di migliaia di job che coprono pressoché tutti i possibili lavori dei settori merceologici più diversificati. Gradus International, in Joint Venture con ERI, può assistere le aziende suggerendo adattamenti, integrazioni e correzioni sia per la prima applicazione del nuovo metodo di determinazione della compensation sia per la sua gestione operativa.

ERI dispone anche di informazioni puntuali per valutare il differenziale costo di vita nel mondo, tramite i software della serie Salary Assessor®: Relocation Assessor®& Cost-of-Living Survey e Geographic Assessor®.

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Vogliamo infine ringraziare l’Istituto per il Commercio Estero, che nelle persone del Presidente, del Direttore generale e del Responsabile dell’Ufficio Studi e Ricerche, ha sentito l’importanza strategica di creare un database di supporto alle imprese italiane, ed ha attivamente collaborato alla raccolta dei dati in oltre cinquanta paesi, nonché il Ministero degli Affari Esteri, che con il patrocinio del Direttore del Personale, si è prodigato per convalidare i dati per una ampia serie di paesi africani e del sud-est asiatico.

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